Archivio del Tag ‘Gaza’
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“Israele peggio di Hitler”, e Repubblica oscura Odifreddi
Piergiorgio Odifreddi getta la spugna: “Repubblica” gli ha oscurato il blog. Motivo: di fronte all’ennesima strage di innocenti a Gaza, ha osato paragonare il potere militare israeliano a quello di Hitler. “Dieci volte peggio dei nazisti”, era il titolo del post firmato il 19 novembre, che il quotidiano di Ezio Mauro, Eugenio Scalfari e Carlo De Benedetti ha censurato. «Sul quotidiano israeliano “Haaretz” – protesta Pino Cabras su “Megachip” – possiamo trovare articoli estremamente critici verso i crimini della classe dirigente di Israele», mentre su “Repubblica” «non si può». Questo, aggiunge Cabras, perché «“Repubblica” non è la nostra “Haaretz”, ma la nostra “Pravda”». Cancellare un post non è di per sé un grande problema, ironizza Odifreddi, soprattutto se poi il web mette in piazza il suo scomodo contenuto. Per di più, aggiunge l’insigne matematico italiano, a criticare Israele sono personalità autorevolissime, da José Saramago e Noam Chomsky, nonché «molti cittadini israeliani democratici che non approvano la politica del loro governo».
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Arriva una guerra mondiale: lo dicono i guru della finanza
Mentre Israele bombarda Gaza per colpire Hamas, alleato di ferro dell’Iran, all’indomani dello scandalo Petraeus che ha azzoppato la Cia e con essa il generale più prestigioso del Pentagono, i guru della finanza mondiale vedono ormai la guerra come destino imminente dell’umanità, o almeno dell’Occidente stritolato dai debiti: «Crediamo che la guerra sia un’inevitabile conseguenza della attuale situazione economica mondiale», avverte Kyle Bass, super-manager di hedge funds americani e fondatore di “Hayman Capital”. «Trilioni di dollari di debiti saranno ristrutturati – scrive Bass sul “Washington’s Blog” – e milioni di risparmiatori finanziariamente prudenti perderanno una percentuale rilevante del loro potere d’acquisto reale, esattamente al momento sbagliato nella loro vita: ancora una volta, il mondo non finirà, ma il tessuto sociale delle nazioni dilapidatrici sarà sfilacciato e in alcuni casi strappato. Purtroppo, guardando indietro nella storia economica, troppo spesso la guerra è la manifestazione di una semplice entropia economica sostenuta fino alla sua logica conclusione».
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Chomsky: pericolo-Israele, gli americani lo scopriranno
Ci sarebbe solo da vestirsi in giacca e cravatta e andare alle sedi delle grandi imprese, General Electric, JP Morgan Chase, alla Camera di Commercio, al “Wall Street Journal”, e spiegare gentilmente che la politica statunitense in Medio Oriente – il rapporto con Israele – è contraria ai loro interessi. Non è un segreto che il capitale privato ha una enorme influenza sulla politica del governo. Quindi se la “lobby” impone agli Stati Uniti delle politiche che sono contrarie agli interessi di questa gente che dirige effettivamente il paese, dovremmo essere in grado di convincerli. La lobby israeliana potrebbe essere neutralizzata in cinque secondi. Dobbiamo anche domandarci: perché coloro che ideano e decidono la politica del governo statunitense accettano qualcosa che è contrario ai loro interessi?
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Obama premia Bob Dylan, amaro giudice dell’Occidente
Barack Obama è l’uomo che ha fatto frettolosamente inabissare “con rito islamico” la salma-fantasma di Osama Bin Laden nell’Oceano Indiano: calata in mare, si racconta, dal ponte di una portaerei. Pura narrazione, senza uno straccio di documento fotografico. Poco dopo, la Us Navy sarebbe stata impegnata nel Mediterraneo a bombardare a morte la Libia, con un unico obiettivo: l’eliminazione fisica di Muhammar Gheddafi. Sempre lui, Barack Obama, ora si è concesso il lusso di elargire la “Medaglia Presidenziale della Libertà” a diverse “grandi personalità” che hanno avuto un “incredibile impatto” sulla società. Tra queste l’israeliano Shimon Peres, che non mosse un dito quando le truppe di Tel Aviv massacrarono la popolazione civile di Gaza, e l’ex segretario di Stato Madeleine Albright, braccio armato di Bill Clinton nella mattanza della guerra civile balcanica. Tra i premiati anche il mito in persona, il settantenne Bob Dylan: quello che, cinquant’anni fa, malediceva i masters of war giurando che avrebbe sputato sulla loro tomba.
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Vik, vincitore anche da morto: non ho mai smesso di sognare
«Non voglio essere seppellito sotto nessuna bandiera, semmai voglio essere ricordato per i miei sogni. Dovessi morire, tra cento anni, vorrei che sulla mia lapide fosse scritto ciò che diceva Nelson Mandela: un vincitore è un sognatore che non ha mai smesso di sognare. Vittorio Arrigoni, un vincitore». Vittorio si accompagnava con docilità alla grandezza reale dei suoi sogni, ma alludeva inevitabilmente alla nera ombra che si abbinava al suo raro coraggio fisico, un’ombra che lo ha raggiunto prima di quei cent’anni, proprio un anno fa. Un anno dopo la morte di Vittorio Arrigoni siamo interrogati in profondità dal “vincitore”, anche quando scontiamo la sconfitta profanatrice che ha spezzato la sua vita.
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La Nato in Siria: guida i “ribelli” l’agente libico di Bin Laden
«Ancora non sappiamo chi ha ucciso Kennedy: come credere, dunque, all’inverosimile versione ufficiale dell’11 Settembre?». Quando uscì “La guerra infinita”, alla vigilia dell’invasione dell’Iraq motivata con la favola delle “armi di distruzione di massa” di Saddam, il libro raggiunse in pochi giorni le 70.000 copie vendute, e senza una sola recensione sui grandi media, per i quali la tesi di Giulietto Chiesa era semplicemente inaccettabile. Sono gli stessi media che, dieci anni dopo, inabissato in mare “con rito islamico” l’ormai ingombrante fantasma di Bin Laden, non hanno battuto ciglio quando, in prima serata sulla Rai, Giovanni Minoli ha rilanciato i medesimi imbarazzanti interrogativi di Chiesa. Poi è stata la volta della Libia, con la bufala in mondovisione delle “fosse comuni” per coprire le “stragi di civili”. E adesso è il turno della Siria: il capo del sedicente “libero esercito siriano”, si viene ora a sapere, è nientemeno che l’ex comandante militare di Tripoli, già dirigente di Al Qaeda.
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Spaventano la Sardegna i top-gun che terrorizzano Gaza
Manovre acrobatiche nei cieli della Sardegna, così pericolose da mettere a repentaglio l’incolumità dei piloti e quella dei residenti: evoluzioni compiute “senza motivo né vantaggio”, stando al tribunale militare israeliano che ha condannato a sette giorni di carcere (e un anno di sospensione dal volo) il pilota dell’F-16 che giusto un anno fa, durante l’operazione italo-israeliana “Vega”, compì uno spericolato “tonneau” (giro della morte, rotazione a 360 gradi) troppo vicino al suolo e al di fuori di aree di sicurezza. Sotto accusa, il 106° squadrone della Iaf, la Israeli Air Force: il caccia, scrive “PeaceReporter”, ha anche oltrepassato il muro del suolo, causano un “bang sonico” (effetto bomba) non autorizzato e al di sotto dell’altitudine consentita: come quelli che l’aviazione israeliana compie a Gaza, producendo terrorismo psicologico.
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Israele, Golia travestito da Davide: la finta pace sia con voi
Scrivo mentre la Assemblea dell’Onu discute il riconoscimento formale dello Stato Palestinese. Sarà un grande ed inedito passo avanti verso il soddisfacimento dei diritti di quel popolo, conculcati vilmente, cinicamente, dalla cosiddetta comunità internazionale, cioè dai grandi e cinici padroni del mondo, per sessanta interminabili anni. Ma io guardo la cartina geografica e vedo come stanno le cose oggi. Vedo cos’era la Palestina nel 1946, cosa ne fu nel 1947, cosa ne restò nel 1967. E vedo adesso un puzzle di micro territori staccati gli uni dagli altri, un quinto, un decimo, forse meno, di quel territorio originario, fatto di misere nicchie isolate, impoverite, senz’acqua, senza diritti, vessate, martoriate.
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Gaza, eredità della strage: Turchia ed Egitto contro Israele
Durante Hannukah del 2008, Israele ha attaccato Gaza con l’Operazione Piombo Fuso. Ora sta mangiando l’amaro frutto di quell’operazione, che è stata il punto di svolta per l’atteggiamento del mondo e della regione nei confronti di Israele e delle sue politiche belligeranti e violente. Le onde d’urto ci mettono del tempo ad arrivare, ma ora stanno arrivando, e sono belle alte. Ogni giorno ci sono nuovi pericoli. Alcuni sono il risultato delle azioni di Israele, della sua aggressività, della sua euforia, dell’arroganza e della sua negligenza. Risultato: gli unici due Paesi della regione che l’avevano accettato, Turchia ed Egitto, stanno bruciando i loro rapporti con Israele. Il primo lo ha fatto attraverso una decisione del governo, il secondo con una folla inferocita.
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Nuova era, le bombe della Nato piegano Tripoli
Si consuma una grande tragedia, in queste ore, sulle altre sponde del nostro mare, tra Tripoli e Gaza. Sono le avvisaglie di un dramma e di un disordine più vasto, che arriverà addosso anche a milioni di cittadini europei inconsapevoli. In Libia, le notizie provengono in prevalenza dalla Nato, nel suo ruolo di armata coloniale. È una fonte interessata, ed è una fonte che finora è stata smaccatamente inattendibile. Pur scontate le sue menzogne, la spallata contro Tripoli registra un successo militare reale, perfino mettendo da parte le notizie esagerate sulle folle festanti. C’è morte e distruzione e c’è la fine di uno stato sovrano.
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Israele, scuola di odio: oggi bimbi, domani killer in uniforme
Palestinesi? No, meglio: arabi. A meno che non ci sia di mezzo l’argomento principe: il terrorismo. Allora, come d’incanto, gli “arabi” che vivono tra Betlemme e Gaza diventano, magicamente, “palestinesi”. Per il resto, rimangono semplicemente “arabi”, magari a dorso di cammello, vestiti come Ali Babà. «Spregevoli, devianti e criminali, gente che non paga le tasse, che vive a spese dello Stato, che non vuole progredire». E’ quello che raccontano i libri di testo israeliani, che a partire dalla scuola elementare preparano i futuri soldati di leva a prendere a fucilate gli “arabi” dei Territori Occupati e magari qualche scomodo attivista loro amico, come l’americana Rachel Corrie o l’italiano Vittorio Arrigoni. Un’indecenza, alla quale ora si ribella una docente universitaria israeliana, Nurit Peled-Elhanan.
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Le vittime di Utøya volevano boicottare Israele
Le vittime di Utøya, nuove leve della sinistra al governo della Norvegia fatte a pezzi il 22 luglio dal “pazzo” fanatico Anders Behring Breivik, non sapevano di avere un nemico armato e pronto a sterminarli, ma erano perfettamente consapevoli dell’ostilità assoluta di un altro “avversario”, ben più attrezzato: Israele. I nostri media non ne parlano, mentre loro erano addirttura usciti sui giornali norvegesi, per proporre la più drastica delle soluzioni contro Tel Aviv: l’embargo contro lo Stato ebraico, in risposta al genocidio inflitto ai palestinesi. Una minaccia esplicita, formulata dal loro giovane leader, Eskil Pedersen: «Diffidiamo di Israele, che non ascolta le proteste del mondo; chiediamo alla Norvegia di adottare l’embargo economico contro Tel Aviv, anche unilaterale».