Archivio del Tag ‘superlogge’
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Renzi, Grillo e Draghi: piano massonico per far fuori Salvini
Quella di Matteo Salvini è una mossa disperata, ma l’unica possibile: il leader della Lega ha capito che sarebbe stato stritolato entro fine anno. «E’ stato isolato dai 5 Stelle, che hanno votato in modo nazista Ursula von der Leyen, candidata del potere Ue, ed è spaventato dall’inchiesta sul Russiagate: un imprenditore italiano in Russia lo ha tradito, raccontando che gli incontri a Mosca erano stati più d’uno». Ancora una volta Gianfranco Carpeoro, massone, già a capo del “rito scozzese” italiano e con salde relazioni tra i piani alti della massoneria progressista europea, offre clamorose rivelazioni sulla crisi italiana. La scorsa estate aveva svelato la manovra francese, condotta con la collaborazione di Napolitano e Berlusconi per sbarrare l’accesso a Marcello Foa alla presidenza della Rai: denuncia che di fatto ha “smontato” il complotto, aiutando Foa. Ora, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, Carpeoro afferma: «L’unica possibilità per Salvini è che riesca a mobilitare gli italiani, riempiendo le piazze per reclamare le elezioni. E’ una corsa contro il tempo: se non ce la fa, è finito. Ha contro Berlusconi, che rappresenta poteri forti. E ha contro Grillo, che salì sul Britannia e deve riconoscenza a quell’establishment». Salvini ha contro anche Renzi, a cui quegli stessi ambienti (supermassonici e reazionari, in contatto con Berlusconi e Grillo) hanno fatto una promessa: «Gli daranno una chance per tornare in campo, se riuscirà a evitare le elezioni». E Zingaretti? «E’ un altro agnello sacrificale, come Salvini».
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L’euro-ascesa di Gozi, Signor Nessuno e politico senza voti
«Nella Prima Repubblica, quelli come Sandro Gozi erano detti polli in batteria. Allora, i partiti formavano uomini politici identici, per idee e comportamenti. Poi, arrivò il caos della Seconda Repubblica e il suo esercito starnazzante di sprovveduti. Con il quarantanovenne sottosegretario alla presidenza del Consiglio si è tornati all’ordine». Con queste parole assai poco lusinghiere, a fine 2017, Giancarlo Perna presentava, su “La Verità”, quel Signor Nessuno che rispondeva al nome di Sadro Gozi, oggi nella bufera come ministro francese, italiano a Parigi arruolato dal nemico numero uno dell’Italia, Emmanuel Macron. «Come i politici del passato, il renziano Gozi è un individuo a orologeria, costruito a tavolino, perfetto in ogni sua parte», scrive Perna. «Ma la fucina che lo ha prodotto non sono i partiti, ormai inesistenti. Bensì le scuole internazionali, l’ideologia europea, l’elitarismo mondialista». In altre parole, «Gozi è un euroclone. Un ayatollah dell’Ue, come lo definiscono diversi suoi colleghi, infiltrato nel Parlamento italiano.Dopo la laurea in legge a Bologna, Gozi ha frequentato a Parigi scienze politiche, seguito corsi di amministrazione qua e là nell’ Ue, superato il concorso diplomatico alla Farnesina, soggiornato a Bruxelles e Strasburgo. François Hollande lo ha insignito nel 2014 della Legion d’Onore. Con la moglie e i figli parla più francese che italiano. Si esprime altrettanto bene in tedesco, inglese e spagnolo. «Se pensa a un amico, non ne ha uno che disti meno di 1.000 chilometri, appartenendo tutti al mondo esclusivo delle caste globaliste», sostiene Perna. Per riassumere: «Sandro è sideralmente diverso dal comune mortale. Nell’ambito però della sua cerchia elegante, è lo stampino dei suoi simili. Il solito fanatico Ue licenziato dalle grandi scuole, dove i corsi sono in inglese, i libri in tedesco e le idee confuse: il pollo in batteria dei tempi nostri. L’unica anomalia di questo classico esemplare di funzionario europeo è che abbia scelto la politica». Deputato per tre legislature, dal 2014 è stato anche al governo: prima con Matteo Renzi, poi con Paolo Gentiloni. «In tutti i casi, è un cavolo a merenda. Volenteroso e piacione ma impantanato nella carriera».Celebre il fiasco dell’Agenzia Europea del Farmaco, che Milano ha perso per un soffio. La pratica era stata affidata proprio a Gozi, che aveva la delega agli affari europei. Nonostante le credenziali meneghine, l’Ema è finita ad Amsterdam, per estrazione a sorte, dopo un voto segreto a parità. Tra parentesi: con la sua legislazione fiscale super-agevolata, proprio l’Olanda è il paese che ha inferto più danni economici all’Italia, di recente, attraendo grandi aziende italiane grazie al dumping fiscale (stranamente tollerato dall’Ue). «Fatta la frittata, tutti se la sono presa con il povero Gozi, incapace di imporre Milano prima di arrivare ai bussolotti, ma lui non si è scomposto», scrive sempre Perna. «L’uomo si piace molto e ha una solida autostima. Pare che contro di noi abbiano votato Spagna, Francia e Germania. La sola certa è la Spagna, cui Gozi ha dedicato l’unico commento: “Era forse memore della sua antica dominazione dei Paesi Bassi”. Una elegante citazione storica come sola espressione di rammarico. Fa molto feluca e dice tanto dell’uomo».Sandro Gozi? E’ uno che sta benissimo nella sua pelle: «Fiero dei suoi studi alla crème, non si mette mai in discussione. Ha l’acriticità dei robot che escono dalle scuole costose e occupano le poltrone Ue. Stessa testa degli Emmanuel Macron, Ena & co. Considerandosi il migliore prodotto nel migliore dei mondi possibili, ne adotta senza riserve idee e repulsioni. È per i ponti contro i muri, la green economy contro il nucleare, la dieta invece dei cenoni, il moto contro l’ozio». Non a caso, «lo sport sta in cima ai suoi valori: è un provetto corridore del Montecitorio Running Club, fondato dall’alfaniano Maurizio Lupi, che riunisce gli onorevoli patiti della maratona di New York. Gozi ne detiene il record parlamentare, sottratto al medesimo Lupi, col tempo di 3h 38′ 53″. È anche provetto nello squash, di cui nel 2003 è stato campione nazionale». Il gioco consiste nel lanciare con la racchetta una palla contro il muro: l’abilità sta nello schivare la palla di ritorno evitando il tramortimento. «Per riuscire nella disciplina, Sandro consiglia su YouTube questa dieta: a colazione cereali, biscotti secchi, caffè e spremuta; pasta o riso a pranzo; carni bianche e verdura bollita a cena. Per tali meriti, è responsabile delle relazioni internazionali per la federazione squash».Atleta è anche la moglie, Emanuela Mafrolla, amante dei cavalli e consigliera federale degli sport equestri. I figli, Federica e Giulio, ancora in età scolastica, si limitano per ora a frequentare lo Chateaubriand, il liceo francese di Roma, di cui la più illustre ex alunna è Marianna Madia, già ministra renziana. «Apparentemente paradossale è che questo snob sia nato (marzo 1968) a Sogliano al Rubicone, culla del formaggio di fossa, sperduto paesotto della Romagna profonda», continua Perna. «Come ha potuto un provinciale per destino, farsi così integralmente cittadino del mondo? Fatale fu Cesena, il capoluogo, dove seguì gli studi e dove ha tuttora residenza. La città era, tradizionalmente, regno – per così dire – dei repubblicani. E al Pri – ahimè, dissolto – aderì il giovanottello preso a benvolere dal suo personaggio più illustre, Oddo Biasini, segretario del partito negli anni Settanta del Novecento. Costui – preside anche delle scuole locali – lo seguì passo passo finché, una volta laureato, raccomandò il pupillo al corregionale Romano Prodi». Gozi e Biasini: «La simbiosi tra il ragazzo e l’anziano protettore repubblicano fu tale da essere somatizzata nelle sopracciglia folte e scure, eguali nell’uno e nell’altro».Dunque, finiti i suoi studi, i giri in Europa per approfondirli e concorsi vari, Gozi si accasò da Prodi, diventato nel frattempo presidente della commissione Ue (1999-2004). Il giovane Sandro ne fu il consigliere per l’intero mandato e, alla scadenza, passò un altro anno a Bruxelles con il successore, José Manuel Barroso. «Fu un bel farsi le ossa nella cuccagna Ue. A quel punto, dimenticate le origini repubblicane, Sandro era ormai stabilmente piazzato a sinistra in quota Prodi. Tornato in Italia, si fece ancora un annetto in Puglia accanto al governatore Nichi Vendola, con la carica di consigliere diplomatico per la vendita di cozze e mitili nei mercati Ue». Nel 2006, finalmente, entrò a Montecitorio con l’Ulivo mettendo fine al suo errare. «Ci arrivò per il rotto della cuffia come deputato del Veneto, solo perché Prodi, eletto anche altrove, gli cedette il seggio». E qui arriviamo al punto cruciale, scrive Perna: «Gozi è un politico senza base elettorale e senza un voto suo che sia uno». Il Pd di Cesena, che sarebbe il suo luogo naturale, «lo considera un estraneo, per formazione e mentalità».Per uscire dall’anonimato, Gozi ha cercato di candidarsi nel 2012 alle primarie Pd per Palazzo Chigi. «Ha dovuto però rinunciare perché non ha trovato le 95 firme necessarie per la presentazione». Fermo a 70, si è così commiserato: «Continuerò a credere che si possa fare politica con pochi soldi, pochi apparati e molte idee». Con sé è sempre benevolo: «Sono di rara onestà, pulizia e trasparenza», si compiacque in altra occasione. «Ma, ripeto – chiosa Perna – non ha un chiodo di estimatore che gli metta la scheda nell’urna». Se la prima volta grazie a Prodi fu eletto in Veneto, regione «di cui aveva sentito parlare dalla nonna», passato con Renzi non è andata meglio. «È stato sempre imposto a elettori ignari anche del suo nome. Nel 2008 in Umbria, nel 2013 in Lombardia. Un felice caso di incasso d’indennità senza avere un datore di lavoro». O meglio: il vero datore di lavoro, probabilmente, stava lassù, nell’Olimpo dell’oligarchia supermassonica europea che ora infatti l’ha fatto ascendere nei palazzi di Parigi grazie all’Eliseo, dove impera (per modo di dire) il Gozi francese, cioè Macron, fedelissimo esecutore del potere-ombra che l’ha fabbricato e candidato, per poi manovrarlo a piacimento. Fino alla massima perversione possibile: reclutare un italiano nel governo francese per far imbestialire il governo italiano.«Nella Prima Repubblica, quelli come Sandro Gozi erano detti polli in batteria. Allora, i partiti formavano uomini politici identici, per idee e comportamenti. Poi, arrivò il caos della Seconda Repubblica e il suo esercito starnazzante di sprovveduti. Con il quarantanovenne sottosegretario alla presidenza del Consiglio si è tornati all’ordine». Con queste parole assai poco lusinghiere, a fine 2017, Giancarlo Perna presentava, su “La Verità”, quel Signor Nessuno che rispondeva al nome di Sadro Gozi, oggi nella bufera come ministro francese, italiano a Parigi arruolato dal nemico numero uno dell’Italia, Emmanuel Macron. «Come i politici del passato, il renziano Gozi è un individuo a orologeria, costruito a tavolino, perfetto in ogni sua parte», scrive Perna. «Ma la fucina che lo ha prodotto non sono i partiti, ormai inesistenti. Bensì le scuole internazionali, l’ideologia europea, l’elitarismo mondialista». In altre parole, «Gozi è un euroclone. Un ayatollah dell’Ue, come lo definiscono diversi suoi colleghi, infiltrato nel Parlamento italiano.
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Gli alieni tra noi? Magaldi: per ora preferisco non parlarne
«Gli Ufo sono tra noi: non posso dire quanti, perché sarebbe il panico». Così parlò il braccio destro di Putin, Dmitrij Medvedev, nel 2012 premier della Russia. Da allora, è stato uno stillicidio di allusioni e mezze rivelazioni. Tra le email-scandalo di Hillary Clinton, ricorda il “Giornale”, c’erano anche «quelle su alieni, Ufo e pianeti nascosti». A rubare la scena, già nel 2005, fu l’ex ministro della difesa canadese, Paul Hellyer, con queste parole: «È giunto il momento di alzare il velo di segretezza che circonda l’esistenza degli Ufo e di far emergere la verità». Secondo Hellyer, alcuni extraterrestri (non distinguibili dagli umani) siederebbero addirittura nel Congresso Usa. Per l’ufologo Roberto Pinotti, siamo alla vigilia di rivelazioni definitive. Possibile? E soprattutto: gli alieni sono davvero in mezzo a noi? Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” che svela la presenza di 36 superlogge nella cabina di regia del potere globale, non conferma né smentisce. «Per ora non voglio parlarne», si limita a dire, con franchezza, ammettendo altrettanto esplicitamente che «il tema esiste ed è molto serio», e che in alcune Ur-Lodges non mancano massoni che dichiarano di avere notizie ben precise sul ruolo degli extraterrestri nella politica mondiale, dietro il paravento ufficiale dei leader e dei governi.Gli alieni al di sopra delle quasi onnipotenti Ur-Lodges? «Io adesso in questa sede non posso, per mia scelta, parlare “apertis verbis” di questa cosa, in modo chiaro e distinto», precisa Magaldi, nella diretta web-streaming del 31 luglio su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Ho omesso di farlo anche nel mio libro, nel primo volume di “Massoni” – spiega – perché in quel libro mi occupo laicamente (e con rigore storico, sociologico e antropologico) del “back office” del potere umano». Aggiunge Magaldi: «Introdurre il tema delle eventuali presenze extraterrestri? O lo si fa con il piglio di chi vuole dimostrare qualcosa con prove inoppugnabili, oppure è meglio accantonare il discorso, visto che si sta parlando pur sempre del potere qui sulla terra, che – al di là di chi vi fosse ulteriormente dietro le quinte – è comunque gestito da organizzazioni umane». Per capirci: «E’ un po’ come chi, essendo fedele a una religione, in un libro di storia, in una trattazione politica, dicesse: vabbè, dietro a questa azione politica c’è l’arcangelo Gabriele, dietro quell’altra l’arcangelo Michele, lì c’è Satana, là ci sono i giganti di cui parla la Bibbia, lì c’è la magia perniciosa… Voglio dire: sono cose molto, molto delicate. Quindi, almeno per il momento, io di queste cose non parlo. Non significa che non ne possa parlare in futuro».A partire dagli Stati Uniti, in tutto il mondo si sta comunque attivando il processo di “disclosure”, ovvero la desecretazione di documenti di intelligence intorno al tema Ufo. Ci sono Ur-Lodges che si dedicano a queste dinamiche eso-politiche? «Per rispondere alla domanda: sì, in molte superlogge massoniche – dice Magaldi – esiste chi ritiene di avere conoscenze molto profonde su ciò che lega questo pianeta e i suoi abitanti a entità che di questo pianeta non sono». Inutile girarci attorno: l’argomento è presente anche nelle parole di alcuni capi di Stato e di governo. «In molti, negli ultimi anni hanno fatto allusioni – uno fra tutti il russo Medvedev, nel suo caso giocando un po’ sull’ambiguità e sull’ironia». Ma attenzione: «Ci sono molti personaggi, anche ricchi di credibilità, per altri aspetti, che sono ambigui e sibillini – sempre di più – nel loro parlare di questa cosa». Non è un mistero che Magaldi, massone progressista e gran maestro del Grande Oriente Democratico, a sua volta iniziato alla storica superloggia sovranazionale “Thomas Paine”, abbia accesso a fonti riservate. «Questo – dice – è un argomento sicuramente molto interessante, perché c’è tutto un filone (esoterico, naturalmente) che riguarda il tema più generale di entità extraterrestri, o non umane, che hanno avuto e hanno tuttora un ruolo nella gestione delle cose di questo pianeta».Dunque «il tema esiste, e viene trattato e discusso anche a buoni livelli». Manca ancora l’esibizione pubblica della “pistola fumante”: «Qualcuno dice di sapere qualcosa, qualcun altro magari sa qualcosa ma non lo dice, o almeno pensa di sapere qualcosa. Però il tema esiste, e qualcuno sospetta…». Aggiunge Magaldi, pesando le parole: «Al di là di quello che io potrei sapere o credere di sapere su altre questioni, non penso sia corretto, in un discorso storico-politico pubblico, parlare di certe questioni dandole per scontate». D’altra parte, secondo Magaldi, «il problema è che, spesso, la ricerca extraterrestre si fonda su cose che invece sono spiegabili in altro modo». Forse, dice, sarebbe il caso di cambiare la metodologia: «Spesso, specie nella letteratura complottistica, si è andati appresso a false piste, tralasciando magari quelle che sarebbero state più feconde». Il biblista Mauro Biglino, già traduttore ufficiale per le Edizioni San Paolo – ora edito anche da Mondadori e forte di 300.000 copie vendute – propone una lettura letterale dell’Antico Testamento, dalla quale si evince che Yahvè non era “Dio”, ma solo uno dei tanti Elohim citati nel testo antico: potenti personaggi, dotati di “carri celesti” e, con ogni evidenza, di velivoli come il fragoroso e temibile Khavod di Yahvè.Nel libro “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere, lo stesso Magaldi racconta che Angelo Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII, fu iniziato massone in Turchia. Introdotto nella superloggia “Johannes” progettata per i vertici del mondo cattolico, e poi associato in Francia a un cenacolo Rosa+Croce, il “Papa Buono” visse un clamoroso “incontro ravvicinato”, nel luglio del 1961, nel parco di Castel Gandolfo. Lo raccontò alla stampa estera il suo “cameriere segreto”, monsignor Loris Capovilla, poi cardinale. Un disco volante atterrò nella tenuta vaticana. Dall’astronave scese un essere simile a noi, che andò incontro al Papa. I due si parlarono a lungo. Poi Roncalli tornò verso l’impietrito Capovilla. Era commosso, e gli disse: «I figli di Dio sono dappertutto, anche se a volte abbiamo difficoltà a riconoscere i nostri stessi fratelli». Di “fratelli dello spazio” ha parlato il gesuita José Gabriel Funes, direttore della Specola Vaticana, il potente osservatorio astronomico impiantato dalla Compagnia di Gesù sul Mount Graham, in Arizona. Missione del centro astronomico dei gesuiti: studiare l’esobiologia, cioè la vita extraterrestre. Qualcuno sta cercando di dirci qualcosa di importante?«Gli Ufo sono tra noi: non posso dire quanti, perché sarebbe il panico». Così parlò il braccio destro di Putin, Dmitrij Medvedev, nel 2012 premier della Russia. Da allora, è stato uno stillicidio di allusioni e mezze rivelazioni. Tra le email-scandalo di Hillary Clinton, ricorda il “Giornale”, c’erano anche «quelle su alieni, Ufo e pianeti nascosti». A rubare la scena, già nel 2005, fu l’ex ministro della difesa canadese, Paul Hellyer, con queste parole: «È giunto il momento di alzare il velo di segretezza che circonda l’esistenza degli Ufo e di far emergere la verità». Secondo Hellyer, alcuni extraterrestri (non distinguibili dagli umani) siederebbero addirittura nel Congresso Usa. Per l’ufologo Roberto Pinotti, siamo alla vigilia di rivelazioni definitive. Possibile? E soprattutto: gli alieni sono davvero in mezzo a noi? Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” che svela la presenza di 36 superlogge nella cabina di regia del potere globale, non conferma né smentisce. «Per ora non voglio parlarne», si limita a dire, con franchezza, ammettendo altrettanto esplicitamente che «il tema esiste ed è molto serio», e che in alcune Ur-Lodges non mancano massoni che dichiarano di avere notizie ben precise sul ruolo degli extraterrestri nella politica mondiale, dietro il paravento ufficiale dei leader e dei governi.
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Ashkenaz, il super-sapiens, ci schiavizza col debito eterno
Menti raffinatissime, le chiamava Giovanni Falcone. Nel suo caso, avevano piazzato una bomba davanti alla sua villetta sul mare, tre anni prima del fatale attentato di Capaci. Sono speciali, quelle menti – e altrettanto criminali – anche per Giovanni Angelo Cianti, che non è un giudice antimafia ma a suo modo si occupa lui pure di criminologia, per così dire, se si volesse leggere come un’epocale, sterminata stagione criminogena quella aperta dalla stessa misteriosa comparsa sulla Terra dell’homo sapiens, tuttora non spiegata (men che meno dall’evoluzionismo darwininano). L’ultima fatica letteraria di Cianti – che esordì addirittura come autore del fumetto-cult “Ken Parker”, creato nel ‘74 da Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo – si intitola “Benvenuti all’inferno”, in questo richiamando l’ombra del manicheismo, tra risonanze gnostiche e poi catare. Una “creazione dannata”, la nostra, opera di divinità infere esiliate nel mondo della materia? Premessa pragmatica: siamo quasi 8 miliardi e stiamo devastando il pianeta, come cavallette inarrestabili. Un formicaio di insetti onnivori e famelici, e al tempo stesso docili e malleabili, senza più coscienza né memoria della propria origine. Solo colpa nostra? No, risponde Cianti: la grande attenuante è incarnata da chi lo dirige più o meno segretamente, il “formicaio”.La solita, bieca massoneria mondiale? Gli uomini invisibili del famigerato “complotto giudaico-massonico” caro ai cospirazionisti? Nemmeno, scrive Cianti, mettendo a fuoco un altro gruppo, che definisce “super-sapiens”. «Si chiamano Ashkenazi, e si sono mimetizzati tra gli ebrei, a insaputa degli ebrei stessi. Ma attenzione: gli “Ahskenazim” non sono ebrei, e nemmeno semiti. Sono i veri manipolatori dell’umanità, fin dai primordi, attraverso il denaro e il credito usuraio». Sarebbero stati loro a danneggiare in primo luogo gli ebrei, provocando la catastrofe dell’antisemitismo. Da dove spuntano? Ne parla la Bibbia, probabilmente, quando – nella Genesi – racconta la “fabbricazione” degli adamiti: strani ibridi, praticamente degli Ogm ante litteram, clonati mescolando i geni del sapiens con quelli dei Figli delle Stelle, che l’Antico Testamento chiama Elohim (come Yahvè e colleghi) mentre per i Sumeri si chiamavano Anunna o Anunnaki. Stessa schiatta di dominatori – venuti dal cielo, secondo il sumerologo Zecharia Sitchin, affascinante e controverso teorico della paleo-astronautica. La missione: trasformare la Terra, fino a quel momento popolata solo da tribù nomadi, in un immenso campo di lavoro.Per produrre cibo, energia e poi anche tecnologia occorrevano “servi” intelligenti e obbedienti, i sapiens, che ancora non c’erano. E per dirigere i sapiens ci voleva una super-razza, in grado di dominarli per conto terzi. Impressionante la consonanza con le rivelazioni che l’avvocato Paolo Rumor affida al saggio “L’altra europa”, edito da Panda, con prefazione dell’eminente politologo Giorgio Galli. La tesi: un’élite immutabile, sempre la stessa, reggerebbe il mondo da quasi 12.000 anni. Origine: Golfo Persico, poi Mesopotamia, Egitto, Mediterraneo fenicio e poi minoico e greco-romano. Pietra miliare: l’antico insediamento nella città caldea di Ur, alla foce del Tigri. E’ la stessa geografia che ripercorre Cianti, inseguendo il fantasma dei progenitori di quelli che (erroneamente, sostiene) verranno poi chiamati “ebrei askhenaziti”, diffusisi nell’Est europeo. La comparsa dell’Adàm biblico, «non ancora ebraico, verosimilmente sumero», risalirebbe a un’epoca collocabile tra il 15.000 e il 20.000 avanti Cristo. Seguono 9 discendenti quasi millenari, i patriarchi pre-diluviani, fino ad arrivare a Noè, cioè intorno all’anno 5.600.Stando alla Bibbia, Noè generò Sem, Cam e Jafet. Da Sem si arriva a Giacobbe-Israele per linea retta attraverso Ever, Terach, Abramo e Isacco: in altre parole, ecco gli ebrei (quelli veri), poi suddivisi nelle famose 12 tribù, inclusa quella israelitica di Giuda e Davide. «Quindi – conclude Cianti – solo i discendenti di Abramo possono essere considerati semiti». Gli altri, cioè la super-razza di cui si occupa “Benvenuti all’inferno”, sarebbero la discendenza di Jafet: il fratello di Sem e Cam «generò tra gli altri Gomer, capostipite dei Cimmeri», il cui figlio si chiamerà Ashkenaz, «dall’assiro Askuza»: nome col quale, secondo la Tavola nelle Nazioni, «si indicavano i popoli nomadi della regione sciita del Caucaso». Insieme ai Minniti e al Regno di Ararat, continua Cianti, i nomadi caucasici Ashkenaz si opposero ai Babilonesi, almeno secondo la Bibbia (Geremia 51-27), e in seguito diedero origine ai popoli slavi. «Gli Ashkenaziti – conclude Cianti, citando sempre l’Antico Testamento – sono dunque “jafeti”, cimmeri o sciiti – ma non semiti, quindi non ebrei».Per l’autore si tratta di un “cluster genetico” autonomo, «una popolazione nomade di origini turcomanne che si reinventa continuamente». Prima sciiti (da “sak”, nomade), poi Kazari (dal turco “qaz”: nomade, ancora). Per Cianti erano di religione tengrista, un mix di sciamanesio, animismo e totemismo diffuso nell’Asia Centrale. «Si convertirono all’ebraismo per convenienza», e molto tardi: solo fra il 740 e il 920 dopo Cristo. «Alla dissoluzione del Canato di Kazaria, conquistato dal russo Sviatoslav I, si dispersero in tutta Europa, attribuendosi l’appellativo di “ebrei erranti”», evidentemente abusivo. Nell’alto medioevo, continua Cianti, li ritroviamo nella valle del Reno e nel Nord della Francia: «Ed è da questo momento che iniziano a usare l’yiddish, lingua germanica con elementi di ebraico e aramaico». Poi si spostano verso Est: Lituania e Polonia, Moldavia, Russia. Il ritorno in Germania comincerà nel 1200 e terminerà solo nell’Ottocento. In tutti quei secoli, scrive l’autore, gli Askuza-Ashkenaz sciameranno di terra in terra perché «perseguitati per l’attività usuraia». Sono loro gli “inventori” del sistema creditizio?Il prestito a interesse, dice Cianti, compare contemporaneamente in Mesopotamia, India e Cina. «L’invenzione stessa della scrittura nasce lì, da quella nuova necessità». A Uruk (oggi Warka, Iraq) a raccontare quella storia sono 5.000 tavolette d’argilla risalenti al quarto millennio avanti Cristo: «Si iniziò allora a parlare di prestiti, tassi d’interesse, garanzie, usura, derivati e pignoramenti». La banca dell’epoca era il Tempio; non prestava solo denaro ma anche cereali, vino e birra, metalli pregiati: «Si cominciò a prestare argento a tassi fino al 60%». Attraverso il mondo mesopotamico, poi fenicio e persiano, ellenico e romano, il network nomade del denaro si trasferisce dove gli conviene, tendenzialmente da Est a Ovest, col progredire dei nuovi fiorenti imperi. Proto-scienziati della finanza? Cianti li chiama “i nostri mandriani”. Il loro metodo non cambia: usura, per conquistare il potere. Obiettivo: «Mantenere nella sottomissione non solo le masse ma anche gli stessi governanti, che in pratica diventano i loro burattini. E se qualcuno di loro si oppone, viene destituito o ucciso, come i Kennedy».Per Cianti, gli Ahskenaz restano un gruppo ristretto e rigorosamente chiuso al suo interno, per via matrilineare, attraverso i secoli. Sono i “ruler”, gli attuali “padroni dell’universo”. Veri fenomeni: si tratta di «individui di eccezionale intelligenza». Oltre a mercanti e banchieri, nei millenni, «hanno espresso anche filosofi, scienziati, pensatori che hanno determinato le sorti dell’umanità». L’élite dell’élite: «Nomadi e apolidi, seguono lo sviluppo dei più importanti centri di potere, in una traiettoria sempre diretta verso ovest che oggi, dalla West Coast degli Stati Uniti, ha spiccato il balzo verso la Cina». Sono loro i teorici e i registi del globalismo finanziario, secondo Cianti: religioni e massonerie, Ur-Lodges e centri di potere paramassonici sarebbero solo cinghie di trasmissione del super-sapiens Ashkenaz, protagonista del club più inaccessibile del vero potere.Lungo le sue 400 pagine, “Benvenuti all’inferno” esamina con estrema cura le più recenti asserzioni scientifiche, dall’astrofisica alla paleontologia fino alla climatologia, demolendo Darwin: «La Terra è passata attraverso eventi catastrofici che hanno provocato ripetute estinzioni di massa. E ogni volta il pianeta è stato ripopolato con specie nuove, che non avevano niente a che fare con le precedenti». Fino al sapiens, ultimissimo prodotto di queste “introduzioni”: «Una specie bio-ingegnerizzata, nel cui corredo è stato introdotto Stamina, il gene della paura che ci rende così docili di fronte al potere». Nel saggio “Resi umani” scritto con Mauro Biglino, il prestigioso biologo molecolare Pietro Buffa (già attivo al King’s College di Londra) spiega che il “missing link” tra uomo e scimmia non è mai esistito: a quanto pare siamo stati “fabbricati” diversi, dalla nascita, ben distinti dai primati e dagli stessi ominidi – persino dal Neandearthal, a noi vicinissimo nel tempo, probabilmente sterminato dai nostri antenati.A lungo traduttore ufficiale della Bibbia per le Edizioni San Paolo, Biglino sostiene che l’Antico Testamento – alla lettera – racconti l’avvento sulla Terra dei Figli delle Stelle. Proprio loro avrebbero “costruito” il sapiens, riservandosi poi la “fabbricazione”, sempre per via genetica, di una super-specie di lavoratori particolarmente intelligenti: gli adamiti, collocati nel Gan-Eden (da cui poi furono cacciati, dopo che ebbero scoperto la possibilità di riprodursi in modo autonomo, sessualmente). Tuttora, nessun sumerologo sa spiegare esattamente l’origine della civiltà sumera, sorta improvvisamente appena a Sud del Gan-Eden (situato nel Caucaso) e immediatamente dotata di favolose competenze tecniche: scrittura e architettura, matematica, astronomia. E soprattutto: agricoltura. «Proprio la rivoluzione agricola – sostiene Cianti – ha cambiato in modo irrimediabile il pianeta, devastando i suoli e sottraendo acqua, impoverendo la nostra dieta e determinando una vera e propria mutazione antropologica: i primi sapiens erano liberi di muoversi e cacciare, noi invece siamo schiavi inurbati, costretti a lavorare e a nutrirci di cibo ormai avvelenato».La stanzialità come sciagura è il tema del saggio “Dominio”, nel quale Francesco Saba Sardi collega all’introduzione dell’agricoltura la nascita del nuovo potere, prima sconosciuto, che “inventa” la religione per trasformare gli esseri umani in servi, lavoratori della terra e soldati. Figure sociali che non esistevano, prima del neolitico: nacquero con l’agricoltura insieme alla religione e alla sua sorella gemella, la guerra, grazie alla comparsa di quell’inedito potere, configurato in forma di dominio. A questo, Giovanni Cianti aggiunge un’altra disgrazia: l’alimentazione. Giornalista e già pubblicitario, appassionato studioso di biologia, Cianti è anche e soprattutto un nutrizionista, disciplina attraverso cui ha rivoluzionato la pratica del body-building partendo proprio dalla dieta. La minaccia più grande? L’abuso di cereali. Il pane – che ha nutrito milioni di individui – viene dal grano, che è comparso sulla Terra di colpo. Discende dal farro selvatico, che però non è commestibile. Chi l’ha trasformato geneticamente in cereale dolce, da farina? I medesimi, misteriosi individui – si suppone – che allo stesso modo, all’epoca di Adamo ed Eva, “fabbricarono” la patata, insieme con la pecora.Cibo pronto uso e a basso costo, per schiere di futuri lavoratori? L’ipotesi è ora vagliata da scienziati di tutto il mondo, ormai convinti che convenga rivalutare e rileggere con occhi nuovi i testi antichi, poi trasformati arbitrariamente in “libri sacri” dalle religioni che, più tardi, se ne impossessarono, travisandoli: e se in quelle pagine ci fossero gli indizi di una storia attendibile? Se cioè il racconto – incluso quello biblico, con la comparsa degli Elohim (Figli delle Stelle) – spiegasse davvero la nostra origine genetica, altrimenti non ricostruibile solo per via evolutiva? Nel qual caso, dice Cianti, sarà meglio aggiungere una riflessione piuttosto decisiva: se qualcuno – venuto dal cielo? – impiantò sulla Terra la sua “mandria” da mungere, di sicuro non scordò di assicurarla alla custodia di servitori speciali e fidatissimi, a loro volta “bio-ingegnerizzati” alla bisogna: i nostri “mandriani”.Non manca nessuno, nella “hall of fame” dei dominatori che Cianti esibisce, dai secoli passati fino ai giorni nostri: spicca il visionario oligarca Jacques Attali, lo sconcertante mentore di Emmanuel Macron, oscuro profeta del transumanesimo post-democratico. C’è l’eterno Zbigniew Brzezinski, lo storico stratega della Casa Bianca (sodale di Kissinger) che reclutò in Afghanistan un certo Osama Bin Laden, poi protagonista della strategia della tensione globale sotto l’egida dei Bush. Riflettori su Al Gore, l’ex vice di Clinton, ormai «frontman mondiale della bufala del global warming di origine antropica», il nuovo catechismo recitato dalla piccola Greta, la ragazzina svedese spuntata (in apparenza) dal nulla. Gore ha appena vinto due Oscar con il documentario “Una scomoda verità”, «diretto dal regista “ashkenazi” Davis Guggenheim». Manipolazione? «Se è per questo, erano “ashkenazi” anche Walt Disney e Edward Bernays, l’inventore della propaganda pubblicitaria», dice Cianti, «come pure i fratelli Andy e Larry Whachowski», gli sceneggiatori di “Matrix”, film nato per metterci in guardia «sul destino della “mandria umana”, costretta a vivere come nella caverna di Platone, cioè in un mondo virtuale completamente avulso dalla realtà».Tra i protagonisti negativi, invece, dominano politici e finanzieri: si va da Madeleine Albright, che difese la necessità inevitabile del bagno di sangue nei Balcani negli anni ‘90, alla quasi-popstar George Soros, «ashkenazi di elevata esposizione mediatica, quindi verosimilmente di rango inferiore». Nulla, in confronto ai veri “dominus”, più appartati, come ad esempio i campioni delle celeberrime dinastie Rothschild, Warburg e Rockefeller, sinistramente implicati nell’ascesa di Hitler (e nel nascente sionismo), ben sapendo che il dittatore nazista avrebbe sterminato milioni di ebrei: era il mostruoso prezzo necessario per ottenere poi lo Stato di Israele? Incubi e interrogativi storici a parte, dell’immenso potere di quelle famiglie parla anche il professor Pietro Ratto nei suoi recenti saggi, che rivelano l’incredibile pervasività (purtroppo attualissima) della loro influenza, persino nell’odierna editoria scolatica validata dai ministeri attraverso commissioni, strutture e aziende di cui non parla mai nessuno. Ma quei nomi così famosi – i vituperati Rothschild, tanto per cambiare – potrebbero essere solo la vetta dell’iceberg, la parte visibile.Chi sono e cosa vogliono, quelli che Cianti chiama “i nostri mandriani”? Lo spiega lo stesso Attali, nella sua “Breve storia del futuro”, «libro che anticipa le mosse dei “mandriani” fino al 2100», fornendo «una descrizione terrificante delle loro intenzioni nonché l’evidenza di una straordinaria assenza di empatia, mista a follia e delirio di onnipotenza». L’umanità ridotta a formicaio pilotabile, prevedibile? Il genere umano eventualmente anche sterminabile, all’occorrenza, con le pratiche più insospettabili? Cianti menziona il cibo cancerogeno, i medicinali-killer e l’imposizione di vaccini pieni di alluminio e altri metalli pesanti, come quelli che scendono dal cielo, da una ventina d’anni, diffusi nella bassa atmosfera dalle strane scie bianche rilasciate dagli aerei di linea. Di fronte a questo, il mainstream grida immancabilmente al complottismo, fingendo di non sapere che le teorie più eretiche (incluse quelle bislacche e ridicole) nascono proprio dal silenzio ufficiale, dalla ostinata reticenza di chi dovrebbe fornire spiegazioni convincenti dei fenomeni che allarmano la popolazione. Peccato che sia lo stesso sistema dei media a essere strettamente detenuto da pochissime mani.Oltre a controllare Intesa SanPaolo e Unicredit, scrive Cianti, la filiera Rothschild («connessa agli Agnelli-Elkann e ai Caracciolo») è presente in Facebook, in Telecom Italia, nell’agenzia “Reuters”, nel francese “Libération”, nei britannici “Daily Telegraph” e “The Economist”. Sempre secondo Cianti, il gruppo Rcs (Rizzoli e “Corriere della Sera”) è invece appannaggio della scuderia Rockefeller, mentre il gruppo Sassoon controllerebbe “Sunday Times” e “The Observer”. Stessa musica per i grandi network televisivi internazionali. In Italia, aggiunge Cianti, «appartiene al “cluster” anche Carlo De Benedetti», fondatore del gruppo “Espresso-Repubblica”, che «ha alle spalle Lazard e Lehman Brothers». Un’unica discendenza, addirittura, collegherebbe gli attuali Master of the Universe? «La risposta definitiva – ipotizza Cianti – potrebbe venire dall’Us Trust Corporation, istituita a suo tempo da Walter Rothschild», che però è inaccessibile alla consultazione pubblica. «Secondo alcuni “insider” – aggiunge l’autore del saggio – si tratterebbe di otto-dieci linee di sangue millenarie». I nomi? Goldman Sachs, Rockefeller, Lehman e Kuhn-Loeb di New York. Poi i Rothschild di Parigi e Londra. Poi gli inglesi Windsor, già Sassonia-Coburgo-Gotha, insieme ai Warburg di Amburgo, ai Lazard di Parigi, alla dinastia Israel Moes Seif di Roma.Si tratta di «famiglie che da sole posseggono tutte le banche e le corporation del mondo, attraverso un sistema di scatole cinesi: il vertice della piramide, totalmente “ashkenazi”, resta estremamente ristretto e al di fuori di ogni forma di controllo». Gioielli della collezione, dagli Usa all’Europa fino alla Cina, le superpotenze bancarie: Hsbc Holding, Bnp Paribas, Jp Morgan, Icbc Bank of China e Agricoltural Bank of China, Wells Fargo, Bank od America, China Construction Bank. In generale, scrive Cianti, il meccanismo del big business «riguarda tutti i settori industriali strategici: cibo ed energia, farmaci, armi, informazione e intrattenimento, ma anche droga e traffico di esseri umani e di organi». Il volume mastodontico dell’attuale sistema iper-capitalista e neoliberale, interconnesso dalla globalizzazione, lo fornisce ad esempio il database Orbis 2007, che (come documenta uno studio svizzero pubblicato nel 2011 da “Plos One”) ha passato al setaccio qualcosa come 37 milioni di aziende e investitori globali. Le strutture che detengono il 97% della ricchezza del pianeta, riassume Cianti, sono soltanto 147: in cima alla classifica Barclays, Capital Group Companies, Frm Corporation, Axa Assicurazioni, State Street Corporation, Jp Morgan, Legal General Group, Vanguard Group, Ubs e Merrill Lynch.«Una rete capillare ed estesa, di soggetti che si posseggono a vicenda». Blackrock, «il più grande fondo d’investimento del pianeta, fondato da Lawrence Fink (ashkenazi) ha tra i maggiori azionisti Pnc Financial Service, Norges Bank, Vanguard, Bank of America, Wellington Management Group». A sua volta, Jp Morgan è gestita da Vanguard e Blackrock, insieme a State Street, Bank of New York e altri soci. Sempre le stesse aziende possiedono anche il colosso farmaceutico Merk. La notizia? Secondo Cianti, il vertice è costituito da consanguinei, tutti discendenti dell’ipotetica, originaria super-razza, quella che già agli albori della civiltà inventò il “debito inestinguibile”. Dalla Mesopotamia si arriverebbe tranquillamente fino ai veri campionissimi del terzo millennio, come il sudafricano Elon Musk, fondatore della Tesla, e il fenomenale Mark Zuckerberg, l’enfant prodige di Facebook. A proposito, chi c’è nell’azionariato del social network che “scheda” oltre due miliardi di esseri umani? «Sempre gli stessi: Vanguard e Blackrock, Frm-Lcc, State Street Corporation, Prince T Rowe, Capital World Investors».Globalizzazione? Termine in uso dagli anni ‘80, quando si pianificò l’abolizione dei dazi per merci e capitali. Ma, stando a Cianti, non sarebbe che l’ultimo passaggio tecnico del mondialismo ante litteram perseguito dal misterioso “cluster” del super-sapiens, fin dagli albori della nostra storia. Possibile? L’autore invita a riflettere sul vero significato dell’agenda dell’Onu, organismo – pochi lo sanno – poderosamente finanziato da donatori privati (sempre loro, i mattatori del superclan). Mondialismo mercantilista, che dichiara guerra alle identità – di genere, nazione, religione – per omologare la “mandria” che popolerà l’Iper-Impero dopo l’imminente declino della potenza Usa. Un “impero totale” esteso in ogni continente «con la sola eccezione della Russia, che per ora resiste ma finirà accerchiata da America, Europa, Cina e India». Viaggia sempre verso ovest, dunque, il super-sapiens di cui parla Cianti? Lo conferma, secondo l’autore, il matrimonio di Zuckerberg: «Sua moglie, Priscilla Chan, è nata negli Usa da genitori rifugiati Hou, un gruppo minoritario di usurai cinesi del Vietnam». Gli Hou, scrive Cianti, discendono dagli “ashkenazi d’Oriente” come la famiglia Li (o Lee), che duemila anni fa, al tempo della dinastia Zhou – introdussero la moneta cartacea.Oggi, come dire, si sono portati avanti col lavoro: «Già legati a Mao Tse-Tung, hanno espresso presidenti cinesi come Li-Peng e Li-Xinnian. Oggi, Lee Kwan Yew è il presidente di Singapore». Un altro esponente della dinastia, Li Ka-Shing, secondo “Forbes” ha un patrimonio di 4 miliardi di dollari, mentre Li Kwok-Po gestisce la Bea (Banca dell’Est Asiatico) agendo «in collegamento coi Warburg e restando in ottimi rapporti coi Rothschild, i Rockefeller e i Bush». La nuova corsa all’Ovest, assicura Cianti, vede una strana migrazione: i boss dell’impero digitale della Silicon Valley ormai puntano verso la Nuova Zelanda, che sta diventando «il santuario dei super-sapiens ashkenazi». Il passaggio dalla California all’Oceania «sarà seguito dallo spostamento degli iper-nomadi dell’Ordine Mercantile Usuraio in una sede geograficamente più vicina ai loro nuovi affari, cioè il subcontinente indocinese».La Nuova Zelanda? Un’area scarsamente abitata e pressoché intatta, dal punto di vista naturalistico. Il resto del mondo, invece – prevede Cianti, in modo apocalittico – sarà «costretto a condizioni invivibili, catastrofi climatiche, epidemie indotte, crollo dell’ordine pubblico, terrore nucleare e collasso della civiltà». Le isole dell’Oceania «saranno l’ultimo rifugio: il nuovo santuario dell’élite, sicuro e intoccabile». Scrive Cianti: «Centinaia di tecno-plutocrati e finanzieri stanno acquistando terreni in queste isole per costruire lussuose ville-bunker. Il Deep State, cioè il vero potere dell’impero americano, ha già creato il governo del “santuario”: si tratta di una oligarchia socialista, che li accoglierà garantendo loro sicurezza, anonimato e impunità». L’attuale primo ministro neozelandese, la trentanovenne Jacinda Ardern, già leader dell’Unione internazionale della gioventù socialista, «è una creatura di Hillary Clinton, che le ha fatto da mentore nella carriera politica», guidandone l’ascesa.Il recente attentato di Christchurch contro le moschee musulmane, lo scorso marzo – aggiunge Cianti – era una classica “false flag” (con morti reali) escogitata «per testare la rapidità con la quale si riesce a far sparire da Internet ogni testimonianza diretta di una strage», e ha fornito «il pretesto per disarmare immediatamente tutti i civili del paese». E’ già una specie di bunker, la Nuova Zelanda: «Per risiedervi sono necessari beni per milioni di dollari, oppure bisogna essere cooptati in quelle ristrettissime liste di personale di servizio necessario al sistema. Ogni altra forma di immigrazione è proibita e immediatamente repressa», alla faccia della politica di accoglienza (quella che oggi, per dire, viene imposta all’Italia). Allucinazioni fantapolitiche? Non proprio: nel suo ponderoso volume, ad ogni pagina, l’autore acclude note, link, riferimenti, citazioni. “Benvenuti all’inferno” si inserisce nella recente letteratura divulgativa che tenta di dare risposte ai pesanti interrogativi del presente, rileggendo la storia antica e provando a sincronizzarla con l’attualità.E’ l’ennesimo catastrofista, Angelo Cianti? In realtà si mostra ottimista rispetto alle possibilità del libero arbitrio. Non smette di credere nel sapiens, in fondo. E infatti sogna di rinaturalizzare l’Appennino con il suo Evo Village Project, presentato nel 2018 al ministro dell’agricoltura Gian Marco Centinaio. Obiettivo: ricolonizzare i versanti con una rete di ecovillaggi, verso un’economia sostenibile e slegata dalle catene del sistema-debito. La sua tesi sul ruolo dell’ipotetico super-sapiens rischia di apparire fin troppo facilmente demonizzante, col risultato di introdurre discriminazioni “etniche” e scoraggiare i lettori, posti di fronte a un avversario super-umano e quindi invincibile? Intanto, è notevolissimo lo sforzo compiuto dall’autore nel collegare realtà in apparenza lontane fra loro, nel tempo e nella geografia planetaria. Uno stimolo per farsi domande, allargare la mente e verificare connessioni, scovando strane coincidenze nel ricorrere, invariabile, delle medesime “famiglie” che – come si può vedere – in molti casi detengono da secoli (da millenni, secondo Cianti) le redini del globo. Dinastie che mostrano la straordinaria capacità di rendersi invisibili, mimetizzandosi nella società – magari anche a spese dei veri israeliti, di cui si parla spessissimo a sproposito.(Il libro: Giovanni Angelo Cianti, “Pianeta Terra, benveuti all’inferno! Passato, presente e probabile futuro della mandria umana”, Evo Editorial, 401 pagine, euro 27,78 su Amazon).Menti raffinatissime, le chiamava Giovanni Falcone. Nel suo caso, avevano piazzato una bomba davanti alla sua villetta sul mare, tre anni prima del fatale attentato di Capaci. Sono speciali, quelle menti – e altrettanto criminali – anche per Giovanni Angelo Cianti, che non è un giudice antimafia ma a suo modo si occupa lui pure di criminologia, per così dire, se si volesse leggere come un’epocale, sterminata stagione criminogena quella aperta dalla stessa misteriosa comparsa sulla Terra dell’homo sapiens, tuttora non spiegata (men che meno dall’evoluzionismo darwininano). L’ultima fatica letteraria di Cianti – che esordì addirittura come autore del fumetto-cult “Ken Parker”, creato nel ‘74 da Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo – si intitola “Benvenuti all’inferno”, in questo richiamando l’ombra del manicheismo, tra risonanze gnostiche e poi catare. Una “creazione dannata”, la nostra, opera di divinità infere esiliate nel mondo della materia? Premessa pragmatica: siamo quasi 8 miliardi e stiamo devastando il pianeta, come cavallette inarrestabili. Un formicaio di insetti onnivori e famelici, e al tempo stesso docili e malleabili, senza più coscienza né memoria della propria origine. Solo colpa nostra? No, risponde Cianti: la grande attenuante è incarnata da chi lo dirige più o meno segretamente, il “formicaio”.
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Vogliono il golpe, con Draghi? Magaldi: non vinceranno più
Mario Draghi & friends? Saranno sconfitti dalla storia, perché la gente gli si rivolterà contro. Finora hanno stravinto, a mani basse, rottamando la democrazia. Ma non durerà per sempre: il loro potere sta scricchiolando. Lo dimostra il solo fatto di puntare su Draghi per Palazzo Chigi al posto di Conte, per sfrattare Salvini. «Una scelta debole, che rivela le inquietudini del superpotere europeo, in stato confusionale». Lo afferma con convinzione, Gioele Magaldi, il primo (e unico, per ora) a spiegare chi è veramente il banchiere europeo, che a differenza di Bruno Amoroso e Nino Galloni tradì la lezione keynesiana del maestro, Federico Caffè, per passare armi e bagagli alla concorrenza, svendendo il paese (con le privatizzazioni selvagge) all’oligarchia finanziaria che, dal Britannia in poi, ha imposto il globalismo neoliberista e neo-feudale. Ha ancora incredibilmente buona stampa, Draghi, presentato dai media come una specie di salvatore dell’euro e paladino dell’Italia. «Ridicolo: Draghi non ha mosso un dito, in questi anni, per impegnare la Bce nello spegnere l’incendio dello spread. Anzi: ha atteso che paesi come la Grecia e l’Italia venissero ricattati, per subire il regime di austerity, permettendo a svariati soggetti di lucrare denaro speculando sulla crisi. Solo a cose fatte è finalmente intervenuto, legittimando in tal modo il feroce commissariamento».La Grecia in ginocchio, e l’Italia affidata alle “cure” di Monti, «di cui Draghi era uno dei grandi sponsor, insieme a Napolitano». Nel libro “Massoni” uscito nel 2014, Magaldi lo chiama “il venerabile Draghi”, vero e proprio frontman europeo e internazionale delle superlogge più reazionarie, protagoniste della rivoluzione neo-conservatrice che ha piegato l’economia sociale azzoppando gli Stati e impoverendo la classe media a favore dell’élite finanziaria. Magaldi non ama la parola “complotto”, preferisce il termine “progetto”: un piano condotto alla luce del sole, per disarticolare la democrazia sostanziale e sbaraccare i diritti sociali. Ove non bastasse, si è ricorso anche alla guerra e persino al terrorismo, targato prima Al-Qaeda e poi Isis. Oggi abbiamo un’Europa dominata da burattinai come Macron e la Merkel (“socia occulta” di Putin nella superloggia “Golden Eurasia”), che possono essere visti a loro volta come burattini, manovrati dal potere-ombra ora impaurito, che si blinda con Christine Lagarde alla Bce e Ursula von del Leyen alla Commissione Europea, puntando su Draghi per mettere il guinzaglio all’Italia gialloverde.«Fa bene, Antonio Maria Rinaldi, a denunciare i preparativi di quello che chiama “golpe bianco” contro Salvini, ma non so se Draghi accetterà davvero di farsi incastrare a Palazzo Chigi, sorretto da Pd e 5 Stelle: Draghi ambisce al Quirinale, e sa benissimo che si brucerebbe, se dovesse guidare il governo che gli chiedono di fare, incaricato di firmare manovre “lacrime e sangue”». E’ uno schema che si ripete, ricorda Magaldi: riuscì col massone Ciampi, primo ministro e poi presidente della Repubblica. Ritentarono col “fratello” Monti, «ma agli italiani bastò vederlo all’opera: scoprirono presto di quali disastri era capace quello che sembrava un pensoso professore della Bocconi». Ecco perché il “venerabile” Draghi non ha nessuna voglia di essere paracadutato a Palazzo Chigi, almeno secondo Magaldi. «Peraltro, una simile sciagura sarebbe paradossalmente una fortuna: tutti finalmente capirebbero chi è davvero, Mario Draghi. Sarebbe la fine dell’quivoco, e anche delle speranze di Draghi di ascendere un giorno al Quirinale, dopo Mattarella. Il fatto è che il primo a saperlo è proprio “Super-Mario”, uomo accorto e navigatissimo».Come andrà a finire? Impossibile dirlo, perdurando la rissa quotidiana tra Conte, Salvini e Di Maio. Pessimi, i 5 Stelle: «Sono stati decisivi nel far nominare alla guida della Commissione la von der Leyen, cioè il peggior candidato possibile». Certo, aggiunge Magaldi, non ha brillato nemmeno la Lega: «I grillini accusano i leghisti di non aver posto pregiudiziali su nessun candidato, salvo poi bocciare la tedesca in extremis. Una condotta non lineare. Certo, almeno la Lega non l’ha votata, la fedelissima della Merkel. Ma il minimo che ci si poteva aspettare, da parte delle due forze gialloverdi, era che convergessero su un candidato comune, anche solo di bandiera, per rivendicare a testa alta il radicale cambiamento di cui l’Europa ha bisogno». In altre parole, restiamo in alto mare. Ma sarebbe un errore disperarsi: l’élite neoaristocratica, che ora a quanto pare si aggrappa a Mario Draghi per tentare di normalizzare l’Italia, secondo Magaldi in realtà è nei guai. «Hanno deliberatamente impoverito i popoli, con la menzogna del neoliberismo, e ora non sanno come fronteggiare il malcontento dialagante», dice il presidente del Movimento Roosevelt: «Il loro potere nefasto è destinato a tramontare: la gente sta scoprendo chi sono, davvero, gli oligarchi della post-democrazia che ha sabotato le nostre economie spegnendo il futuro».Mario Draghi & friends? Saranno sconfitti dalla storia, perché la gente gli si rivolterà contro. Finora hanno stravinto, a mani basse, rottamando la democrazia. Ma non durerà per sempre: il loro potere sta scricchiolando. Lo dimostra il solo fatto di puntare su Draghi per Palazzo Chigi al posto di Conte, per sfrattare Salvini. «Una scelta debole, che rivela le inquietudini del superpotere europeo, in stato confusionale». Lo afferma con convinzione, Gioele Magaldi, il primo (e unico, per ora) a spiegare chi è veramente il banchiere europeo, che a differenza di Bruno Amoroso e Nino Galloni tradì la lezione keynesiana del maestro, Federico Caffè, per passare armi e bagagli alla concorrenza, svendendo il paese (con le privatizzazioni selvagge) all’oligarchia finanziaria che, dal Britannia in poi, ha imposto il globalismo neoliberista e neo-feudale. Ha ancora incredibilmente buona stampa, Draghi, presentato dai media come una specie di salvatore dell’euro e paladino dell’Italia. «Ridicolo: Draghi non ha mosso un dito, in questi anni, per impegnare la Bce nello spegnere l’incendio dello spread. Anzi: ha atteso che paesi come la Grecia e l’Italia venissero ricattati, per subire il regime di austerity, permettendo a svariati soggetti di lucrare denaro speculando sulla crisi. Solo a cose fatte è finalmente intervenuto, legittimando in tal modo il feroce commissariamento».
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Magaldi: soldi alla Lega? Ma Putin tifa per quest’orrenda Ue
Ma ve lo vedete Vladimir Putin, cioè l’amicone segreto di Angela Merkel, finanziare sottobanco qualcuno che cerca di smontare quest’Europa – orrenda – messa in piedi proprio dalla cancelliera, con cui il presidente russo condivide l’esclusivo salotto massonico sovranazionale della superloggia Golden Eurasia, non certo progressista? E chi sarebbe, il terribile nemico dell’Unione Europea? Quello stesso Matteo Salvini rassegnato a rinunciare a Paolo Savona e poi a ingoiare il misero 2% di deficit concesso al governo gialloverde? Suvvia: si è rimbecillito, Putin, per promettere 65 milioni di dollari a un politico italiano irrilevante nel gioco europeo, che infatti ora assiste impotente all’ennesimo trionfo dell’asse franco-tedesco che impone ai massimi vertici due gran dame della massoneria reazionaria, Christine Lagarde alla Bce e Ursula Von der Leyen alla Commissione Europea? Se la ride, Gioele Magaldi, di fronte all’impazzimento mediatico tutto italico (e forse anche un po’ francese) per la non-notizia del fantomatico soccorso elettorale russo – in realtà mai avvenuto – che ha l’aria di essere più che altro «una polpetta avvelenata per l’Eni, che insieme all’Enel è rimasto l’unico avamposto nazionale a fare un po’ di politica estera per l’Italia, gestendo grandi interessi, vista la latitanza fantasmatica dei ministri succedutisi alla Farnesina, dove con Moavero Milanesi abbiamo toccato il fondo».
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Yahvè SpA: chi domina il mondo, oltre la geopolitica visibile
Data fatidica, il 14 luglio: nel 1789 a Parigi veniva assaltata la Bastiglia, evento culminante della Rivoluzione Francese che segnò la fine dell’Ancien Régime, il sistema plurisecolare dell’assolutismo monarchico. Solo tre anni fa, invece – ma sempre in Francia, e sempre il 14 luglio – il killer franco-tunisino Mohamed Lahouaiej-Bouhle faceva strage a Nizza col suo camion, travolgendo i passanti sulla Promenade des Anglais: 86 morti e 302 feriti. Ovviamente l’attenatatore era già stato segnalato alla polizia, come poco di buono. E ovviamente nessuno aveva pensato di controllare e sgomberare quel camion bianco, fermo da giorni sul lungomare divenuto “off limits” in vista della festa nazionale francese. E ancora: l’assassino – prima di essere freddato dalle forze dell’ordine, come d’abitudine, prima che potesse parlare – aveva anche avuto cura di lasciare a disposizione dei poliziotti i suoi documenti, ben in vista nell’abitacolo del veicolo. Un caso da manuale, secondo Gioele Magaldi, autore del saggio “Massoni”: un messaggio intimidatorio rivolto alla massoneria progressista, che considera proprio il 14 luglio la prima pietra miliare verso la conquista della democrazia, almeno in Occidente.Fu l’Isis a rivendicare la strage di Nizza, ma le menti dello Stato Islamico sono altrove: Abu Bakr Al-Bahdadi, il sedicente Califfo, secondo Magaldi è affiliato alla superloggia “Hathor Pentalpha”, dominata dai Bush e responsabile del super-attentato del terzo millennio, quello dell’11 Settembre, comodamente attribuito al “barbaro jihadista” Bin Laden, in realtà massone, affiliato anch’esso alla medesima Ur-Lodge. La “Hathor Pentalpha”, sorta all’inizio degli anni ‘80 per volere di Bush padre, appena battuto da Reagan alle primarie repubblicane, raccolse il gotha dei golpisti del Pnac, il Piano per il Nuovo Secolo Americano: George W. Bush e suo fratello Jeb Bush, Dick Cheney e Donald Rumsfeld, Paul Wolfowitz e la stessa Condoleezza Rice. Oltre a Bin Laden (Al-Qaeda) e Al-Baghdadi (Isis), la “Hathor” avrebbe reclutato un ideologo come Samuel Huntington (“La crisi della democrazia”), insieme a Donald e Robert Kagan, Douglas Freith, Irving e William Kristol, Dan Quayle. Con loro Richard Perle, Karl Rove, Bill Bennett e il politologo Michael Leeden. Una rete trasversale, con affiliati in Medio Oriente: Oman, Bahrein, Qatar, Arabia Saudita e persino Iran (tra gli iraniani coinvolti, l’ex presidente Hashemi Rafsanjani).Obiettivo: destabilizzare ferocemente il pianeta, creando a tavolino il presunto “scontro di civiltà” tra Occidente e mondo arabo. Punta di lancia dell’operazione: Israele (era il premier Ariel Sharon l’uomo della “Hathor” a Tel Aviv). Ma arabi e israeliani non dovevano essere acerrimi nemici, anziché compagni di merende e di avventure anche terroristiche? Certo, ma solo in teoria, spiega Magaldi: in realtà sono tutti massoni, nella cabina di regia. E la vera geopolitica – al di là della narrazione dei media – passa per i circoli come la “Hathor”, incarnazione infernale dell’ala più reazionaria della supermassoneria occulta, apolide e sovranazionale. Convergenze insospettabili: dirigenti sauditi in riunione con Sharon e col presidente turco, il “fratello” Recep Tayyip Erdogan, insieme a un bel po’ di potenti europei: l’ex cancelliere tedesco Gehard Schröder, l’allora primo ministro spagnolo José Maria Aznar, l’intramontabile Tony Blair, il polacco Aleksander Kwasniewski e il francese Nicolas Sarkozy – più un paio di italiani: l’allora presidente del Senato, Marcello Pera, nonché Antonio Martino, all’epoca ministro berlusconiano e già segretario della Mont Pelerin Society, vero e proprio tempio ideologico dell’ultra-destra economica europea, culla dell’oligarchia neoaristocratica che ha incubato, progettatto e imposto l’austerity per infliggere la camicia di forza a paesi come l’Italia, alle prese con la nascente globalizzazione.Il primo a parlarne in termini espliciti è stato Paolo Barnard, nel saggio “Il più grande crimine”, uscito prima ancora della crisi italiana del 2011. La tesi: si trattava, semplicemente, di cancellare la memoria della Presa del Bastiglia. Il mitico 14 luglio? Un incidente della storia: aprì l’Europa a qualcosa di mai prima sperimentato – la democrazia – spalancando le porte alla modernità del futuro: Stato di diritto, suffragio universale. Traduzione euro-atlantica successiva: economia sociale, conquiste civili e diritti del lavoro. Bene, tutto questo doveva finire. E in modo drammatico: col terrorismo stragista della strategia della tensione (Al-Qaeda, Isis) o col terrorismo finanziario (rigore europeo). Per volere di chi? Dei soliti noti, gli antichi baroni. O meglio: di quella che un tempo costuitiva il nerbo dell’Ancient Régime, cioè l’aristocrazia feudale più parassitaria. Le era toccato finire sfrattata dal potere (politico) dal 14 luglio in poi? Niente paura: si è ripresa tutto, e con gli interessi, mantenendo le grandi leve della finanza. Ha finanziarizzato l’economia e ridotto gli Stati in bolletta, senza più sovranità monetaria. Il gioco perfetto dei leggendari Rothschild, padroni d’Europa (e di un pezzo d’America) da tre secoli questa parte.Nei suoi libri, un ricercatore come Pietro Ratto ricostruisce il ruolo di casati ebraici come quello dei Warburg, in realtà di origine veneta, poi soci in affari con i Rothschild – di cui sempre Ratto prova anche l’apparentamento coi Rockefeller, mediante matrimoni strategici. Dettaglio inquietante: furono i grandi finanzieri ebrei a sovvenzionare Hitler all’alba della sua tragica epopea. Non solo: è stato accertato che proprio il Terzo Reich – al suo esordio – fu un poderoso sponsor occulto del sionismo, favorendo l’espatrio degli ebrei tedeschi verso la Palestina e finanziando il primo colonialismo ebraico in Terrasanta. Scioccante? Quasi quanto il libro “L’altra Europa”, pubblicato dal vicentino Paolo Rumor, nipote del più volte primo ministro democristiano Mariano Rumor. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il padre dell’autore – Giacomo Rumor – agiva come 007 per conto di monsignor Montini, futuro Paolo VI, allora responsabile dell’intelligence vaticana. Gli Alleati già sapevano che avrebbero vinto, e volevano progettare in anticipo l’Europa del dopoguerra. Fin qui, tutto bene: logico che gli Usa si rivolgessero al Papa, visto che l’Italia era ancora in mano a Mussolini, e che l’antifascismo era largamente comunista. Ma un giorno l’esoterista francese Maurice Schumann, gollista e interlocutore di Rumor, svelò al cattolico italiano chi c’era veramente, dietro al piano: la Struttura. Una cupola esclusiva, ininterrottamente al potere, nel mondo, da quasi 12.000 anni.Follia? Non secondo l’archeologo Loris Bagnara, che ha verificato sul campo: le indicazioni di Rumor (cioè di Schumann) corrispondono in modo impressionante con la geografia e la toponomastica dei luoghi dove si sarebbe costituito quell’antico potere, nato in Mesopotamia e poi trasferitosi nell’Egitto dei faraoni prima di approdare in Palestina e quindi nel Mediterraneo fenicio e poi greco-romano. L’eminente politoligo Giorgio Galli, autore della prefazione del libro di Rumor, conferma: i nomi citati dal dossier-Schumann sono perfettamente coerenti con la mappa del vero potere, anche di quello euro-atlantico del Novecento. Politici, industriali e finanzieri: tutti esoteristi, vincolati al reciproco segreto sull’origine della Struttura, sostanzialmente iniziatica, risalente – a loro dire – attorno al 9.500 avanti Cristo, tra le rive del Tigri e quelle dell’Eufrate, cioè dove Zecharia Sitchin attribuisce agli Anunnaki, i misteriosi Figli delle Stelle, la “fabbricazione” dell’homo sapiens nella versione poi narrata dai Sumeri. Di quella storia – avverte Mauro Biglino, già traduttore ufficiale delle Edizioni San Paolo – la Bibbia non è che la fotocopia: la Genesi descrive la nascita di Eva mediante clonazione genetica, proprio come la pecora Dolly, ad opera degli Elohim come Yahvè, cioè i Figli delle Stelle palestinesi.Autore di culto in Italia, pubblicato anche da Mondadori (trecentomila copie vendute), a Biglino nessuno contesta la riscoperta letterale della Bibbia: l’interpretazione teologico-spiritualista del testo si rivela completamente infondata (Yahvè non era “Dio”, ma solo uno dei tanti Elohim citati). Semmai, la Bibbia – ammesso sia attendibile, visto che è stata riscritta ininterrottamente fino al medioevo – propone un’altra storia: la nascita dell’umanità attuale, così improvvisamente evoluta, sarebbe opera dell’ibridazione genetica dei Figli delle Stelle, che avrebbero immesso il loro Dna in quello dei primitivi ominidi. Biglino è rispettato anche ad Harvard, dove alla facoltà di medicina si raccomandano i suoi libri. E sulla sua ipotesi stanno convergendo decine di scienziati, che lo hanno messo a capo di un progetto di ricerca senza precedenti: studi interdisciplinari, anche archeologici, per verificare quel che la Bibbia racconta, alla lettera. E le religioni monoteiste? La prima, l’ebraismo, secondo Biglino sarebbe nata attorno al VI secolo avanti Cristo, quando Yahvè sparì di colpo, in seguito all’avvento dei babilonesi che sottomisero gli ebrei. Da allora, dice lo studioso, ad assumere la leadership del popolo ebraico furono i sacerdoti, cioè la casta degli ex “maggiordomi” di Yahvè: furono loro, manipolandola, a trasformare la Bibbia nel “libro sacro” che non era mai stato.Quando poi l’Impero Romano – oltre mezzo millennio dopo, nel 70 dopo Cristo – represse duramente gli ebrei distruggendo il Tempio di Salomone a Gerusalemme, gli stessi sacerdoti contrattarono il loro futuro con i nuovi padroni: cedettero ai romani il Tesoro del Tempio, in cambio di una vita agiatissima nella capitale imperiale, da cui poi – attraverso svariati passaggi – diedero vita alla nuova religione, il Cristianesimo cattolico, ufficialmente coniato da Costantino nel 325 al Concilio di Nicea. Lo stesso Paolo Rumor, attingendo al memoriale Schumann, sostiene che la mitica Struttura si sarebbe spezzata in due tronconi, a Gerusalemme, proprio attorno all’Anno Zero. Di recente, Biglino ha accennato a libri di prossima uscita, dal contenuto sconcertante: attraverso accurate analisi di fonti d’archivio, emerge una sbalorditiva continuità nel potere europeo attraverso i secoli, con in primo piano – da Gerusalemme a Roma, fino al Nord Europa – sempre le stesse famiglie. La sua tesi è nota: attraverso la Bibbia, siamo stati finora governati da un unico schema di potere, concepito sotto forma di dominio. Lo stesso sistema finanziario attuale, che regge il pianeta, è quello enunciato da Yahvè: potrai prestare denaro ma non richiederlo, perché chi riceve denaro in prestito ne diventa schiavo. E a proposito: dov’è finito, Yahvè? Sicuri che sia sparito per sempre dalla circolazione?Se un giorno si scoprisse che gli Elohim come quello che gestiva la famiglia di Giacobbe sono qui tra noi e controllano tutto – dice Biglino – certo non me ne stupirei: secondo la Bibbia potevano vivere anche 30.000 anni. Assurdo? Mica tanto: la distanza fra i loro 30 millenni e i nostri 90 anni è infinitamente più piccola di quella che separa una tartaruga gigante (200 anni) da una farfalla che viva solo 24 ore. Di giorno in giorno, si moltiplicano scoperte che sconquassano le vecchie certezze archeologiche: la Piramide di Cheope (vera datazione, 20.000 anni) è una potente “fabbrica di energia”: è presidiata dai fisici che vi osservano gli stranissimi fenomeni che ospita, come l’abbattimento di particelle subatomiche. A Visoko, in Bosnia, sono state scoperte le più grandi piramidi della Terra, risalenti a 30.000 anni fa. E al largo dell’India spuntano città sommerse – probabilmente dal maremoto di 11.500 anni fa (il Diluvo Universale?), scatenatosi proprio nel periodo in cui a Göbekli Tepe, in Turchia, fu costruito il tempio più antico della Terra, in un’area in cui gli scavi rivelano che la nascita dell’agricoltura risale addirittura al Mesolitico. Scoperte che costringono a retrodatare la nostra storia, cancellando quello che fino a ieri credevamo di sapere.Sotto certi aspetti, è come se le incredibili scoperte dell’archeologia odierna costringessero a ripensare la stessa geopolitica attuale. Si perde tempo, ripete Magaldi, se ci si ferma ancora a valutarla come scontro tra nazioni: c’è ben altro, dietro le quinte. Se lo domandava anche Barnard: vi siete mai chiesti come mai la politica non riesce mai a mantenere le sue promesse? E perché le cose vanno di male in peggio, nonostante il pianeta non sia mai stato così ricco, vista la nostra capacità esponenziale di produrre beni, grazie alla vertiginosa rivoluzione tecnologica degli ultimi decenni? Colpa dell’élite neo-feudale, si risponde Barnard. Ed è un’élite non certo illuminata, aggiunge Magaldi: si tratta di un’oligarchia del denaro, reazionaria, neo-conservatrice, il cui massimo livello di potere – al di sopra delle entità paramassoniche come il Bilderberg – è rappresentato dalle 36 Ur-Lodges che dominano il globo. E se ci fosse dell’altro ancora, sopra le midiciali superlogge? Magari la “Yahvè SpA”, affidata a emissari collaudatissimi? E’ l’interrogativo che rilancia Biglino, convinto che gli Elohim (come gli Anunna sumeri, i Theoi greci, i Deva indiani) non siano affatto scomparsi, dimenticandosi delle loro “creature”. Anzi, aggiunge lo studioso: sarebbe perfettamente plausibile scoprire, un giorno, che dietro ai maggiori potentati terrestri vi siano proprio “quelli là”, i Figli delle Stelle, l’un contro l’altro armati: è uno schema ripetuto in tutti i libri antichi, compresa la Bibbia.Data fatidica, il 14 luglio: nel 1789 a Parigi veniva assaltata la Bastiglia, evento culminante della Rivoluzione Francese che segnò la fine dell’Ancien Régime, il sistema plurisecolare dell’assolutismo monarchico. Solo tre anni fa, invece – ma sempre in Francia, e sempre il 14 luglio – il killer franco-tunisino Mohamed Lahouaiej-Bouhle faceva strage a Nizza col suo camion, travolgendo i passanti sulla Promenade des Anglais: 86 morti e 302 feriti. Ovviamente l’attentatore era già stato segnalato alla polizia, come poco di buono. E ovviamente nessuno aveva pensato di controllare e sgomberare il suo camion bianco, fermo da giorni su quel lungomare divenuto “off limits” in vista della festa nazionale francese. E ancora: l’assassino – prima di essere freddato dalle forze dell’ordine, come d’abitudine, prima che potesse parlare – aveva anche avuto cura di lasciare a disposizione dei poliziotti i suoi documenti, ben in vista nell’abitacolo del veicolo. Un caso da manuale, secondo Gioele Magaldi, autore del saggio “Massoni”: un messaggio intimidatorio rivolto alla massoneria progressista, che considera proprio il 14 luglio la prima pietra miliare verso la conquista della democrazia, almeno in Occidente.
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Christine Lagarde: la macellaia della Grecia a capo della Bce
«Usami per il tempo che ti serve». E ancora: «Se mi usi, ho bisogno di te come guida e come sostegno». La lettera era senza data, ma riconducibile agli anni fra il 2007 e il 2011 quando Christine Lagarde, dal 2 luglio governatore in pectore della Bce, siedeva sulla poltrona di ministro dell’economia della Francia. Così si rivolgeva all’allora presidente Nicolas Sarkozy, dando di sé un’immagine che sottomessa è dir poco. Non sorprenderà, allora, che nel valzer delle nomine che contano in Ue, a spuntarla sia stata proprio Parigi. Classe 1956, è – al pari di Ursula von der Leyen, destinata alla presidenza della Commissione Ue – la prima donna che guiderà la Bce. Si tratta anche della prima personalità senza studi di economia: figlia dell’altissima borghesia parigina, la Lagarde è infatti laureata in giurisprudenza. Esponente dell’Ump, ha iniziato la sua carriera “istituzionale” nel 2005. Senza soluzione di continuità, è stata prima ministro delegato al commercio estero, poi dell’agricoltura e della pesca, successivamente titolare delle finanze e dell’industria. Christine Lagarde diviene nota alle cronache per prendere possesso, nel 2011, dello scranno più alto al Fondo Monetario Internazionale. Succede al suo connazionale Dominique Strauss-Kahn, esautorato a causa di uno scandalo di natura sessuale poi rivelatosi una montatura.Non è invece una montatura il ruolo che l’Fmi ebbe nella crisi della Grecia. Pur avendo preso avvio prima del suo insediamento, l’intervento si è concretizzato sotto la presidenza Lagarde. Con i risultati che tutti conosciamo. La Troika era sì composta, oltre che dal Fondo, anche da Unione Europea e Bce. Marchiani furono però gli errori commessi in sede di analisi da parte del primo, che sottostimò clamorosamente i moltiplicatori fiscali (a livello 0,5: erano fra tre e cinque volte più alti), imponendo misure draconiane che riuscirono persino a peggiorare una già drammatica situazione. Il Pil si è così contratto di oltre il 20% in più rispetto alle previsioni e la disoccupazione, che non doveva superare il 15%, è schizzata al 25%. L’Fmi ha scontato, scrisse l’editorialista economico del “Daily Telegraph”, Ambrose Evans-Pritchars, un “pregiudizio pro-euro” che l’ha portato di fatto a «sacrificare la Grecia per salvare l’euro e le banche del Nord Europa». Un curriculum di tutto rispetto, non c’è che dire. Al quale dobbiamo aggiungere il tentativo esperito nel 2011 per tentare di costringere l’Italia ad accettare un intervento finanziario. In cambio ovviamente delle solite “riforme”. Berlusconi e Tremonti si opposero, ma il commissariamento arrivò comunque a novembre di quell’anno con la crisi speculativa sui nostri titoli di Stato e l’insediamento di Mario Monti alla presidenza del Consiglio.Con la piena benedizione di Emmanuel Macron, Christine Lagarde arriva così fino al vertice dell’Eurotower. Non un fulmine a ciel sereno, dato che il suo nome era fra quelli papabili. Ma che dice molto sui nuovi equilibri che regneranno in Europa: a questo giro l’ha spuntata la Francia, riuscendo in qualche modo a ridimensionare una Merkel (la quale ha comunque un’ottima stima della Lagarde) sempre meno leader indiscusso. Tandem Christine Lagarde – Ursula von der Leyen? Se le nomine dovessero essere confermate dal Parlamento Ue, ai vertici delle istituzioni comunitarie siederanno così due donne. Detto delle esperienze della Lagarde, non va meglio con quelle di Ursula von der Leyen. Tedesca, classe 1958, ininterrottamente dal 2005 ha rivestito per tre volte la carica di ministro nel governo federale tedesco. Torniamo di nuovo all’annus horribilis 2011. Proprio mentre Lagarde premeva per il nostro commissariamento, la von der Leyen si spingeva oltre, proponendo di legare eventuali aiuti ai membri in crisi dell’Eurozona in crisi con la richiesta di depositare beni in garanzia. Nello specifico, il nostro oro o le nostre aziende strategiche. L’unione di intenti fra le due nuove “teste” dell’Ue condurrà al disastro? Nonostante i “precedenti”, infatti, già da qualche anno l’Fmi ha iniziato, sia pur timidamente, a ripensare i propri modelli.Se prima l’austerità e le riforme strutturali erano l’unica via da percorrere, oggi la musica sembra in minima parte cambiata. E’ quindi estremamente probabile che, seguendo la nuova trama, che Christine Lagarde possa riprendere in mano il “bazooka” lanciato da Draghi con il nome di Quantitative Easing. Modificandolo, dandogli forse una diversa taratura. Ma certo non riponendolo in soffitta. Altro ossigeno, insomma, per un’Eurozona che è e rimane disastrata e preda delle contraddizioni intrinseche di una moneta unica architettata male e realizzata peggio. Un effetto placebo che, come già dimostrato fino ad oggi (nonostante l’invasione di liquidità l’inflazione, zavorrata da una crescita che resta asfittica, di salire non ne vuol proprio sapere) rischia solo di procrastinare la nostra agonia. Evitando forse manovre lacrime e sangue. Ma non per questo affrontando qui problemi talmente connaturati all’euro dal non poter essere in alcun modo risolti. A meno di non voler dare una nuova forma all’unione monetaria, magari iniziando a discutere di trasferimenti monetari dalle zone più ricche a quelle più in difficoltà. Scelta di politica economica standard in condizioni “normali”, ma che la Germania non accetterà mai. E anche qualora si dimostrasse aperta all’ipotesi, chiederebbe in cambio di scrivere – insieme a Bruxelles e alla Bce stessa – direttamente le nostre finanziarie. Sarebbe desiderabile?(Filippo Burla, “La macellaia della Grecia a capo della Bce: ecco chi è Christine Lagarde”, da “Il Primato Nazionale” del 3 luglio 2019. Laureato in scienze politiche ed economia aziendale, Burla è un analista economico del giornale, indipendente, ascrivibile all’area culturale della nuova destra sovranista italiana. Quanto alla Lagarde, nel saggio “Massoni” edito da Chiarelettere, Gioele Magaldi svela che la presidente uscente del Fmi milita stabilmente in svariate Ur-Lodges, come le superlogge “Three Eyes” e “Pan-Europa”, espressione dell’ala reazionaria e oligarchica del supremo potere massonico mondiale).«Usami per il tempo che ti serve». E ancora: «Se mi usi, ho bisogno di te come guida e come sostegno». La lettera era senza data, ma riconducibile agli anni fra il 2007 e il 2011 quando Christine Lagarde, dal 2 luglio governatore in pectore della Bce, siedeva sulla poltrona di ministro dell’economia della Francia. Così si rivolgeva all’allora presidente Nicolas Sarkozy, dando di sé un’immagine che sottomessa è dir poco. Non sorprenderà, allora, che nel valzer delle nomine che contano in Ue, a spuntarla sia stata proprio Parigi. Classe 1956, è – al pari di Ursula von der Leyen, destinata alla presidenza della Commissione Ue – la prima donna che guiderà la Bce. Si tratta anche della prima personalità senza studi di economia: figlia dell’altissima borghesia parigina, la Lagarde è infatti laureata in giurisprudenza. Esponente dell’Ump, ha iniziato la sua carriera “istituzionale” nel 2005. Senza soluzione di continuità, è stata prima ministro delegato al commercio estero, poi dell’agricoltura e della pesca, successivamente titolare delle finanze e dell’industria. Christine Lagarde diviene nota alle cronache per prendere possesso, nel 2011, dello scranno più alto al Fondo Monetario Internazionale. Succede al suo connazionale Dominique Strauss-Kahn, esautorato a causa di uno scandalo di natura sessuale poi rivelatosi una montatura.
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Magaldi: dietro a Dugin (e Putin) c’è l’oligarchia più antica
Pensavate fosse amore, e invece era un calesse? Ma non serve ricorrere a Massimo Troisi per smontare la Quarta Via del filosofo Alexander Dugin, ideologo vicinissimo al Cremlino. Basta e avanza Gioele Magaldi, massone progressista e presidente del Movimento Roosevelt, di impronta keynesiana. Curiose coincidenze: Dugin gira l’Europa (e l’Italia) spacciando per nuovissima la sua ricetta obsoleta – il ritorno alla tradizione pre-democratica – proprio mentre Vladimir Putin, sul “Financial Times”, decreta il decesso del liberalismo. Messaggio di forza, da parte dell’autocrate russo? «Al contrario: dopo anni di ascesa costante, oggi il consenso di Putin è meno solido. E la sua uscita ricorda quella di Licio Gelli, che accettò di parlare al “Corriere” proprio alla vigilia del crollo della P2». Questo non significa che Putin stia per cadere. L’invito, semmai, è a leggere tra le righe: è davvero così invitante, la “democratura” di Mosca – magnificata da Dugin – dove i giornalisti vengono messi a tacere? Sul tappeto c’è davvero uno scontro geopolitico con l’Occidente, come ai tempi della guerra fredda? O per caso, invece, non sarebbe meglio inforcare gli occhiali giusti e ricordarsi che Putin, prima ancora che ai russi, risponde ai “fratelli” della Golden Eurasia, potente superloggia neoconservatrice nella quale milita anche Angela Merkel?
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Magaldi: Renzi bussa alla superloggia Maat, quella di Obama
Secondo Giulio Occhionero, indagato per hacking nel 2018 durante la legislatura Renzi-Gentiloni, i servizi segreti avrebbero forgiato false prove per il Russiagate. Sempre secondo Occhionero, Renzi potrebbe essere accolto nella superloggia Maat, dove si trova anche Obama. Occhionero, accusato di aver hackerato i computer di Renzi e Draghi, sembra il capro espiatorio di un gioco più complesso: lui e la sorella Francesca Maria, arrestati e condannati per accesso abusivo a sistemi informatici, stanno pagando per qualcosa di più grande di loro. L’ammissione di Renzi nella Ur-Lodge “Maat”? E’ uno dei luoghi in cui Renzi, che ora è passato per il Bilderberg, sta iniziando a bussare. La “Maat” fu un incontro di conservatori di stampo non terroristico, massoni neoaristocratici vecchio stile – non quelli della filiera “Hathor Pentalpha” (che hanno dato origine all’Isis e, prima ancora, ad Al-Qaeda). La “Maat” fu immaginata da Ted Kennedy e da Zbigniew Brzezisnki come la loggia che doveva supportare l’arrivo del “fratello” Obama alla Casa Bianca per mettere fine agli anni bui dei Bush, col predominio terroristico globale di “Hathor Pentalpha”, “Geburah”, “Der Ring” e altre superlogge interessate a creare terrore globale, a fare guerre, a distruggere per poi ricostruire.Nel frattempo la funzione storica della “Maat” si è un po’ appannata, e oggi quella superloggia è meno prestigiosa di altre, pur restando importante. Renzi? Sta cercando in tutti i modi di entrare da qualche porta, magari anche da qualche entrata di servizio, come il Bilderberg. Io però continuo a ritenere che oggi più che mai non ci sia alcun interesse, da parte di nessun gruppo massonico, ad ammettere Renzi, la cui stella è chiaramente in declino, benché qualcuno possa ancora ritenerlo una pedina, certo subalterna. Di questo e altro – per esempio, dei retroscena del Russiagate – si parlerà nel mio libro “Globalizzazione, esoterismo e massoneria”, di prossima uscita. Ammetiamolo: ci sono delle filiere di contatto tra Putin e Trump, così come nel corso del ‘900 ci sono sempre stati contatti tra ambienti russi e americani. Basta vedere il caso dell’imprenditore Armand Hammer, massone, esponente dell’ultra-destra repubblicana aspramente antisovietica e contemporaneamente vicinissimo ad alti esponenti del Cremlino. Uno strano uomo d’affari, un massone molto potente che si trovava a contatto, in modo plateale, con quelli che formalmente demonizzavano l’Unione Sovietica, e allo stesso tempo era in contatto coi dirigenti sovietici che, nell’era Breznev, avevano dato una sterzata in senso autoritario, dopo le storiche aperture di Nikita Khrushev.Riguardo al Russiagate, sul piano delle indagini non sarà facile arrivare al dunque, perché quello che si cerca è sbagliato. Non è che Trump sia stato eletto grazie ai servizi segreti russi: questa è una stupidaggine. E non è che vi sia, quindi, la possibilità di trovare la prova di questo ipotetico “tradimento”, di questa operazione per la quale Trump sarebbe una sorta di avamposto del “nemico russo”, al quale sarebbe legato da chissà quali patti. Non è così. Però esistono evidentemente dei network massonici, la cui attività non viene spiegata in modo leale, dai media: quando avviene l’elezione del presidente di un paese importante, le filiere sovranazionali massoniche si muovono, in modo trasversale. Sembra paradossale, rispetto a quello che uno si immaginerebbe. Ma non si tratta di russi che intervengono negli Usa, o viceversa: in queste filiere sovranazionali siedono, l’una accanto all’altra, persone di paesi che magari formalmente sono in guerra o in stato di tensione diplomatica. E’ la cosiddetta sovragestione.Meglio voltare pagina: il Russiagate è una costruzione piuttosto insipiente, sia a livello mediatico che sul piano giuridico. Ma è evidente che Putin (e alcuni massoni della filiera di cui Putin è parte) preferissero Trump alla Casa Bianca, e hanno operato per favorire questo – così come, per altri versi, è intervenuta la massoneria progressista, in modo pesantissimo, per fare con Trump un’operazione di rottura rispetto a un certo quadro della globalizzazione. Tuttavia la massoneria progressista non vede certo in Trump il campione di una riscossa definitiva: serve un altro Roosevelt (che ancora non c’è, sulla scena). Non poteva esserlo Bernie Sanders, né l’inglese Jeremy Corbin o il francese Jean-Luc Mélenchon. Si tratta di personaggi vecchi, nella loro impostazione politica: non sono questi i campioni del progressismo che verrà. Ci vuole qualcos’altro.Trump? E’ “un dito nel sedere”, per dirla in francese, per i tanti che a livello globale erano preparati alla solita manfrina di politici che, indifferentemente di destra o di sinistra, sarebbero stati addomesticabili dal sistema, per come lo abbiamo conosciuto in questi decenni. Trump è una variante impazzita, un Maverick utile a fare un po’ di casino, al netto dei suoi molti difetti. Questo non giustifica sul piano giuridico le accuse del Russiagate, ma certamente Putin e Trump possono avere obiettivi comuni, anche quando vi siano frizioni tra Usa e Russia (ed è è normale: in tutti gli ambienti di potere, privato e pubblico, ci sono ragioni per divergere e ragioni per convergere). In ogni caso state tranquilli: non c’è stata la longa manus del Cremlino sulle elezioni alla Casa Bianca, nel senso banale in cui lo si è detto.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate il 24 giugno 2019 nella diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”).Secondo Giulio Occhionero, indagato per hacking nel 2018 durante la legislatura Renzi-Gentiloni, i servizi segreti avrebbero forgiato false prove per il Russiagate. Sempre secondo Occhionero, Renzi potrebbe essere accolto nella superloggia “Maat”, dove si trova anche Obama. Occhionero, accusato di aver hackerato i computer di Renzi e Draghi, sembra il capro espiatorio di un gioco più complesso: lui e la sorella Francesca Maria, arrestati e condannati per accesso abusivo a sistemi informatici, stanno pagando per qualcosa di più grande di loro. L’ammissione di Renzi nella Ur-Lodge “Maat”? E’ uno dei luoghi in cui Renzi, che ora è passato per il Bilderberg, sta iniziando a bussare. La “Maat” fu un incontro di conservatori di stampo non terroristico, massoni neoaristocratici vecchio stile – non quelli della filiera “Hathor Pentalpha” (che hanno dato origine all’Isis e, prima ancora, ad Al-Qaeda). La “Maat” fu immaginata da Ted Kennedy e da Zbigniew Brzezisnki come la loggia che doveva supportare l’arrivo del “fratello” Obama alla Casa Bianca per mettere fine agli anni bui dei Bush, col predominio terroristico globale di “Hathor Pentalpha”, “Geburah”, “Der Ring” e altre superlogge interessate a creare terrore globale, a fare guerre, a distruggere per poi ricostruire.
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Magaldi: l’Italia perde perché la paura paralizza i gialloverdi
Il nemico spara sulla folla, ma i difensori si limitano a lanciare innocui petardi dalla torre su cui si sono rifugiati. E fissano l’orizzonte, nella speranza che arrivi qualcuno a salvarli dall’assedio. Ma sbagliano tutto, se sperano che quel qualcuno si chiami Donald Trump: «Il presidente americano non è generoso con l’Italia come lo fu Roosevelt: è stato eletto solo per smascherare l’equivoco della finta sinistra, rompendo gli schemi del pensiero unico. Ma resta un isolazionista, campione di un’America non così propensa a proiettarsi verso di noi, prigionieri dell’austeriy europea». Gioele Magaldi biasima Salvini e Di Maio, che ora sembrano invocare l’aiuto americano contro i censori di Bruxelles: possibile che l’Italia non abbia il coraggio di ribellarsi da sola, e aspetti sempre che siano altri a cavarle le castagne dal fuoco? Psicologia: «Il vero guaio dei gialloverdi è che hanno paura, e su quella paura campano, alla grande, i loro avversari. Se solo i nostri smettessero di farsela sotto, scoprirebbero che il nemico è assai meno forte di quello che pensano. Ma servirebbe innanzitutto un atto di coraggio. Per esempio: mandare a casa ministri inadeguati, come Tria a Moavero, e spedire a Bruxelles – come commissario Ue – qualcuno che incarni davvero la rottura, non l’ennesimo compromesso».C’era una volta il governo del cambiamento. Poi, del cambiamento è rimasta solo la speranza tenuta accesa dalla Lega, «l’unica ad aver resuscitato l’eresia post-keynesiana candidando economisti come Bagnai e Rinaldi, pronti a smontare il dogma neoliberista del rigore di bilancio che provoca ad arte la crisi eterna». Ma, dopo il fallito assalto a Bruxelles – senza neppure il fegato di sfondare il tetto del 3% nel rapporto deficit-Pil, imposto da Maastricht per imbrigliare l’economia e minare il benessere diffuso – ora i gialloverdi galleggiano in un mare grigio, quello delle promesse mancate. Una su tutte: il magro sussidio che i 5 Stelle hanno chiamato reddito di cittadinanza, e che invece è solo «una tessera annonaria della povertà, che gli stessi beneficiari – pochissimi – si vergognano a esibire». Risultato: voti dimezzati. Elementare: in tanti hanno smesso di votarli, i grillini, se appaiono la copia scolorita della Lega o addirittura un possibile alleato del Pd-fantasma, come avevano lasciato credere alla vigilia delle europee. Chi sono, i 5 Stelle? Cosa sono diventati? Chi è davvero il Re Travicello piovuto a Palazzo Chigi quasi solo per “troncare e sopire”, andreottinanamente, le istanze salviniane?Ma a parte Giuseppe Conte, «Grillo Parlante non richiesto», nella lista dei deludenti c’è anche Marco Bussetti, ministro dell’istruzione. Per non parlare di Giulia Grillo, che al dicastero della sanità non ha fatto nulla per chiarire il caos-vaccini scatenato da Beatrice Lorenzin, su pressione di Big Pharma, sotto il governo Gentiloni. In web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, il presidente del Movimento Roosevelt ne ha per tutti: e il primo della lista è Giovanni Tria, già “diffidato” (massonicamente, in termini di richiamo alla lealtà) la scorsa settimana. «Il “fratello” Tria aveva promesso di attenersi a una linea progressista, opposta a quella dei circuiti massonici neoaristocratici che dominano l’Ue». Di fatto, al netto di qualche sterzata in extremis, il ministro dell’economia si limita – insieme a Conte – a giocare in difesa. Obiettivo: tentare di portare a casa, evitando la procedura d’infrazione, il ridicolo 2% di deficit contrattato a Bruxelles. Per l’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, sarebbe stato necessario almeno un 4% per vederne gli effetti già in primavera, sotto forma di crescita, in virtù del “moltiplicatore della spesa pubblica”, in base al quale un investimento mirato, messo a bilancio come deficit, può fruttare anche il 300% in termini di Pil. Ma nulla di tutto ciò è accaduto, essendo mancato il coraggio di rivendicare l’autonomia finanziaria italiana.«Badate, non è solo una questione di deficit», sostiene Magaldi: «Basterebbe stralciare dal computo del deficit gli investimenti produttivi: infrastruttre strategiche e sostegno al sistema economico nazionale, famiglie e aziende, insieme a un robusto alleggerimento fiscale». Facile a dirsi, ma il Deep State è in agguato. Lo ha ricordato il pentastellato Pino Cabras al convegno “rooseveltiano” di Londra, sul New Deal di cui avrebbe bisogno l’Europa: «Non siamo soli, al governo», ha ricordato Cabras: «Insieme ai 5 Stelle e alla Lega c’è anche lo “Stato profondo”, che ha in mano l’alta burocrazia e rema contro il cambiamento». Per capirci: appena ti muovi, sale lo spread. «Ecco, appunto: se si cambiassero le regole della Bce – dice Magaldi – si potrebbero emettere finalmente gli eurobond, cioè titoli di Stato europei garantiti dalla banca centrale di Francoforte, e così lo spread sparirebbe automaticamente». Di nuovo: facile, in teoria. In pratica, invece, proprio il supermassone reazionario Mario Draghi – l’uomo che non vuole saperne, di eurobond – si è già premurato di bocciare persino i minibot, con cui il governo vorrebbe saldare i debiti pregressi della pubblica amministrazione, per evitare che le aziende creditrici falliscano. Non a caso: i soliti poteri forti stanno manovrando per portare proprio Draghi a Palazzo Chigi, per commissariare l’Italia dopo l’effimera sbornia di speranze gialloverdi.E che fanno, Salvini e Di Maio, mentre il paese sta scivolando verso una crisi catastrofica? «Vanno negli Usa, nella vana speranza che Trump possa aiutare l’Italia, stritolata dai veri sovranismi nazionalistici – quelli di Germania e Francia, protagonisti della Disunione Europea». Diciamola tutta, insiste Magaldi: «L’Europa non esiste proprio: è tutta da costruire, dalle fondamenta». Viceversa, vogliamo fare da soli? «Benissimo, ma il compito che avremmo di fronte sarebbe lo stesso, anche fuori dall’Ue e dall’Eurozona: l’Italia ha infrastrutture fatiscenti, trasporti insufficienti, aziende in crisi, salari bassi, lavoro scarso». Finora, l’Ue ha raccontato la fiaba del “pilota automatico” che governerebbe l’economia. «Una truffa, con cui il noeliberismo si è affermato come religione. E i risultati sono sotto i nostri occhi: gli italiani sono più poveri e precari». Unico possibile Piano-B: un New Deal rooseveltiano. «Massicci investimenti pubblici, oculati e strategici». Non si scappa: «Lo Stato deve poter spendere. L’Ue non vuole? Pazienza: dovrà rassegnarsi». Il problema è politico, ma si continua a girarcisi attorno facendo finta di niente: «I politici italiani devono capire di dover affrontare finalmente uno scontro, con Bruxelles. Senza questo, i governi – compreso quello gialloverde – naufragheranno, di fronte all’inevitabile fallimento: senza soldi, non è possibile varare nessuna politica salva-Italia».Siamo a un punto di svolta decisamente storico, secondo Magaldi: se non altro, Lega e 5 Stelle hanno sdoganato la dottrina sociale keynesiana, rompendo il tabù del marmoreo pensiero unico ancora presidiato dal Deep State italico, Bankitalia e Quirinale in primis. Guai a disobbedire ai mercati, disse Mattarella bocciando Paolo Savona come ministro dell’economia. Un anno fa, l’allora battagliero Di Maio insorse, gridando l’esatto contrario: peggio per noi, se continuiamo a farci dettare la politica economica dall’oligarchia finanziaria che impone le sue regole ai governi, vanificando le elezioni e mortificando la democrazia. Dov’è finito, oggi, il coraggio dei gialloverdi? Sbiadiscono, i grillini, declinando verso la palude dove agonizza il Pd di Zingaretti, ancora impantanato a recitare la mortale ortodossia neoliberista: «Come pure Forza Italia, lo stesso Pd ripete che quest’Europa andrebbe cambiata, ma si guarda bene dal dire come, cioè in senso progressista: spesa pubblica strategica, senza più vincoli di bilancio».L’ultimo guardiano del cambiamento, almeno a parole, è Salvini. Seguiranno i fatti? Per ora, i segnali non sono rassicuranti. Armando Siri, architetto della Flat Tax, è stato silurato dal giustizialismo elettoralistico dei 5 Stelle, senza che il capo della Lega sia insorto per lasciarlo al suo posto, nel governo. «E peggio: ora si fa il nome di Enzo Movero Milanesi come possibile commissario europeo, quando invece il massone neoconservatore Moavero – già “montiano”, anche se poi convertitosi teoricamente all’impostazione progressista – sarebbe da licenziare: graditissimo ai potenti neoaristocratici che comandano in Ue, come ministro degli esteri non ha fatto assolutamente niente. E vogliamo mandare lui, a Bruxelles, come rappresentante del governo del cambiamento?». Per Magaldi, la chiave sta nella dicotomia che oppone paura e coraggio. «Con che faccia c’è ancora chi propone l’uscita dall’euro e dall’Ue, quando il governo non ha osato neppure infrangere il totem del 3% del deficit?». Se solo trovasse la forza di agire, chiosa Magaldi, l’esecutivo avrebbe grandi sorprese: «Mettendo da parte la paura, scoprirebbe che il nemico non è affatto invincibile. E i nostri avversari lo sanno benissimo: per questo continuano a spaventarci». Gli unici a non capire come stanno le cose sembrano proprio i nostri ipotetici difensori: se non faranno sul serio, finiranno presto nel museo delle cere in compagnia di Renzi e di tutti gli altri rottamatori all’italiana, bravi solo a chiacchiere.Il nemico spara sulla folla, ma i difensori si limitano a lanciare innocui petardi dalla torre su cui si sono rifugiati. E fissano l’orizzonte, nella speranza che arrivi qualcuno a salvarli dall’assedio. Ma sbagliano tutto, se si illudono che quel qualcuno si chiami Donald Trump: «Il presidente americano non è generoso con l’Italia come lo fu Roosevelt: è stato eletto solo per smascherare l’equivoco della finta sinistra, rompendo gli schemi del pensiero unico. Ma resta un isolazionista, campione di un’America non così propensa a proiettarsi verso di noi, prigionieri dell’austeriy europea». Gioele Magaldi biasima Salvini e Di Maio, che ora sembrano invocare l’aiuto americano contro i censori di Bruxelles: possibile che l’Italia non abbia il coraggio di ribellarsi da sola, e aspetti sempre che siano altri a cavarle le castagne dal fuoco? Psicologia: «Il vero guaio dei gialloverdi è che hanno paura, e su quella paura campano, alla grande, i loro avversari. Se solo i nostri smettessero di farsela sotto, scoprirebbero che il nemico è assai meno forte di quello che pensano. Ma servirebbe innanzitutto un atto di coraggio. Per esempio: mandare a casa i ministri inadeguati, come Tria a Moavero, e spedire a Bruxelles – come commissario Ue – qualcuno che incarni davvero la rottura, non l’ennesimo compromesso».
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Silenzio, parla Visco. La politica tace, e l’apocalisse avanza
«Attenzione a quelli che gridano che l’apocalisse è vicina: sbagliano». La realtà è peggiore, secondo Gioele Magaldi, perché «l’apocalisse è già in corso». Certo, «è un’apocalisse morbida, soft: un’apocalisse fredda», sostiene il presidente del Movimento Roosevelt. In altre parole, «l’apocalisse è questa cosa strisciante e melensa, per cui tutto è lasciato nella stagnazione». A monte, l’economia risponde a dei dogmi. E mentre la narrazione mainstream «ci anestetizza il cervello e ci addormenta, coi giornalisti diffidati dal fare veramente il loro mestiere, dal mantenere la schiena dritta», i politici «sono resi incapaci di intendere e volere, e di agire». L’ultimo esempio? Silenzio di tomba, dall’intero schieramento gialloverde, dopo l’ultima esternazione di Ignazio Visco. Nel bocciare l’idea dei “minibot” («sarebbero solo altro debito»), il governatore di Bankitalia “ricorda” al governo chi comanda davvero: non la democrazia, ma il potere oligarchico che controlla il denaro al di sopra dei governi – e nella fattispecie quello italiano, a cui non verranno concessi i fondi necessari per dare ossigeno all’economia. In altre parole, dice Visco, “rassegnatevi all’austerity eterna”. «E’ la dottrina ipocrita del suo maestro Mario Draghi», protesta Magaldi: «Come se a dirigere l’economia europea fosse davvero il “pilota automatico” dei “mercati”, e non invece la sapiente regia di pochi oligarchi». Il problema? «Nessuno ha replicato a Visco, nemmeno Salvini e la Meloni».Se la politica subisce in silenzio un diktat del genere, si domanda Magaldi in web-streaming su YouTube, come può fare promesse agli italiani? Come si fa a tentare di risollevare l’economia, già sapendo che il potere incarnato da Visco (terminale italiano di Draghi) ti negherà i soldi necessari a sviluppare l’occupazione? Per Magaldi, il silenzio della politica di fronte a Bankitalia è sconcertante, inaccettabile. E proprio per coprire questo mutismo assordante, si preferisce ripiegare su temi innocui e irrilevanti, come quelli su cui perdono tempo Lega e 5 Stelle, litigando fra loro. «Da una parte il mainstream intrattiene gli italiani, per settimane, su una farsa come il matrimonio-fantasma di Pamela Prati, e dall’altra Roberto Fico polemizza con Salvini sull’idea di includere anche i migranti, come “nuovi italiani”, nella comunità nazionale che celebra se stessa il 2 giugno». Fiato alle trombe, titoloni sui giornali. Non una parola, invece, per ricordare a Ignazio Visco che non può essere la Banca d’Italia a dettare al governo la politica economica: che ci stanno a fare, i parlamentari eletti dal popolo, se non possono decidere niente di importante? E’ la tragica prassi della post-democrazia. Ma appunto: Salvini e Di Maio non erano stati votati proprio per metter fine a questo abuso di potere? E quindi perché tacciono, esattamente come i loro predecessori, non appena il governatore della banca centrale “spiega” loro che possono dedicarsi a qualunque cosa, tranne che al benessere dell’Italia?Non è strano neppure che la narrazione dei grandi media venda come notizia sensazionale l’ennesima “riservatissima” riunione del Bilderberg, che in realtà non ha segreti per nessuno. «Il Bilderberg – chiarisce Magaldi, autore del saggio “Massoni” che rivela il super-potere delle 36 Ur-Lodges che dominano il pianeta – è solo un’entità “paramassonica” come la Trilaterale, la Chatham House inglese, gli statunitensi Bohemian Club e Council on Foreign Relations». Organismi creati da supermassoni, ma aperti al reclutamento di “profani” eventualmente “servizievoli”. Nel 2019 fa notizia l’invito del Bilderberg esteso a Matteo Renzi? «L’ex premier – aggiunge Magaldi – aveva inutilmente bussato alle superlogge, che però non l’hanno accolto. Ora gli offrono, come magra consolazione, la passerella del Bilderberg: un salotto dove “non si tocca palla”, perché le grandi decisioni vengono prese altrove». Per esempio, nelle Ur-Lodes in cui militano gli stessi Visco e Draghi: quelli sono i veri centri di potere, che stabiliscono – come oggi in Italia – se un governo può essere messo in condizioni di sostenere i cittadini, oppure no. Ecco la verità che bisognerebbe urlare, una volta per tutte. E invece, ancora e sempre, si sceglie il silenzio.Dalla sua trincea, il Movimento Roosevelt agita esattamente questo spettro: il dominio subdolo del potere neoliberista ha sostanzialmente confiscato la democrazia, svuotandola del suo potenziale. Magaldi ricorda che il 14 luglio a Roma nascerà il “Partito che serve all’Italia”, cantiere politico per offrire agli italiani una prospettiva di riscatto basata sull’analisi sincera della situazione, mettendo a fuoco lo strapotere abusivo e inquinante dei santuari oligarchici. Salvini e Di Maio non osano replicare a Visco? Poi non lamentiamoci, dice Magaldi, se la crisi sta facendo marcire il paese. «L’apocalisse è già qui», insiste il presidente del Movimento Roosevelt: «E’ nei salari inadeguati, nelle pensioni troppo basse, nel lavoro che non si trova, nel paese che non rinnova le sue infrastrutture». Vale per l’Italia, ma anche per gli altri paesi. «L’apocalisse è nel mondo, che è pieno di sudditi e neo-sudditi. E’ nella diseguaglianza che aumenta: l’apocalisse è già qui, non c’è bisogno di paventare chissà quale evento. Viviamo in una condizione che non è accettabile, in un mondo che potrebbe dare, a ciascuno, dignità e prosperità». Che fare? Pretendere che il governo faccia valere i suoi diritti, a tutela degli italiani. E se non basta, dare vita a nuove forze politiche con un mandato inequivocabile: sfidare l’oligarchia, per restituire sovranità democratica all’Italia e all’Europa.«Attenzione a quelli che gridano che l’apocalisse è vicina: sbagliano». La realtà è peggiore, secondo Gioele Magaldi, perché «l’apocalisse è già in corso». Certo, «è un’apocalisse morbida, soft: un’apocalisse fredda», sostiene il presidente del Movimento Roosevelt. In altre parole, «l’apocalisse è questa cosa strisciante e melensa, per cui tutto è lasciato nella stagnazione». A monte, l’economia risponde a dei dogmi. E mentre la narrazione mainstream «ci anestetizza il cervello e ci addormenta, coi giornalisti diffidati dal fare veramente il loro mestiere, dal mantenere la schiena dritta», i politici «sono resi incapaci di intendere e volere, e di agire». L’ultimo esempio? Silenzio di tomba, dall’intero schieramento gialloverde, dopo l’ultima esternazione di Ignazio Visco. Nel bocciare l’idea dei “minibot” («sarebbero solo altro debito»), il governatore di Bankitalia “ricorda” al governo chi comanda davvero: non la democrazia, ma il potere oligarchico che controlla il denaro al di sopra dei governi – e nella fattispecie quello italiano, a cui non verranno concessi i fondi necessari per dare ossigeno all’economia. In altre parole, dice Visco, “rassegnatevi all’austerity eterna”. «E’ la dottrina ipocrita del suo maestro Mario Draghi», protesta Magaldi: «Come se a dirigere l’economia europea fosse davvero il “pilota automatico” dei “mercati”, e non invece la sapiente regia di pochi oligarchi». Il problema? «Nessuno ha replicato a Visco, nemmeno Salvini e la Meloni».