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Dylan, atto secondo: guerra al potere oscuro del Covid-19
«Ho un cuore rivelatore, come il signor Poe. Ho scheletri nei muri delle persone che conosci». Attenti: è Bob Dylan, che parla. A tre settimane da “Murder Most Foul”, che mette in relazione l’omicidio di John Kennedy con la minaccia del coronavirus (evocata nelle righe che accompagnano il brano, sul sito ufficiale del cantautore), il Premio Nobel 2016 per la Letteratura torna a farsi vivo, con la struggente “I Contain Multitudes”: altro giro, altro regalo. In soli 21 giorni, dopo otto anni di quasi-silenzio se non per bootleg sontuosi e cover di lusso, tra cui quelle dei brani di Frank Sinatra, il grande artista di Duluth scodella – gratis, sul web – una seconda strenna. E per lanciarla stavolta sceglie Twitter, il canale social preferito dal Donald Trump che ha appena dichiarato guerra all’Organizzazione Mondiale della Sanità. Un network opaco, che la Casa Bianca sospetta – per usare un eufemismo – di non aver vigilato sull’origine del male oscuro che sta devastando il pianeta. Una conferma esplosiva viene dal francese Luc Montagnier, altro Nobel (per la Medicina, avendo scoperto il virus che dà origine all’Aids): il Covid-19, dice, è sicuramente “scappato” da un laboratorio come quello di Wuhan, ben noto all’Oms. Il virus è stato “progettato”, ingegnerizzato: non è di origine naturale. L’hanno fabbricato proprio bene, dice Montagnier. Chi? Qualcuno che lavorava a un possibile vaccino anti-Hiv.In attesa che la comunità scientifica decodifichi la “bomba” lanciata dal luminare francese (secondo cui sarà la natura stessa, col tempo, a “disarmare” il Covid, rendendo completamente inutile qualsiasi vaccino), è Bob Dylan a occupare il centro della scena. Per sganciare la sua, di bomba, ha atteso la mezzanotte di venerdì 17 aprile. Sembra un rimando diretto a “Murder Most Foul”, in cui descrive Kennedy come “the king on the harp”, evocando il biblico Davide – sovrano predestinato, unico a “conoscere l’ora della mezzanotte” per l’apparire, appunto, di una presenza angelica intenta a suonare l’arpa. Un topos tipicamente rosacrociano, caro all’elusiva tradizione inziatica di cui faceva parte Freddie Mercury, dei Queen (gruppo citato nel brano). Valori guida: fede, speranza e carità – traducibili nello stesso tricolore italiano, e nelle “virtù teologali” cristiane. «Scendo all’incrocio dove morirono fede, speranza e carità», recita Dylan, pensando a Kennedy come a un David assassinato. Per inciso: il presidente della New Frontier era anche strettamente connesso alla tradizione templare, rivela Luca Monti, che spiega che un antenato di Kennedy (Gherarduccio dei Gherardini) ereditò da Dante Alighieri la guida segreta dell’Ordine del Tempio, dopo la morte sul rogo dell’ultimo gran maestro ufficiale, Jacques de Molay.Non solo: Kennedy faceva parte anche dell’antica comunità eleusina. Lo sostiene Nicola Bizzi, “eleusino” lui stesso, autore di una suggestiva ricostruzione (”Da Eleusi a Firenze”, Aurora Boreale) sul ruolo della leggendaria comunità misterica pre-cristiana nell’ispirazione culturale del Rinascimento italiano. “Da Eleusi a Washington” è invece il titolo del “sequel”, che Bizzi sta per dare alle stampe, nelle prossime settimane, per rivelare “le origini occulte e misteriche degli Stati Uniti d’America e il ruolo fondamentale di alcune famiglie iniziatiche eleusine nella scoperta e nella costruzione del nuovo mondo”. Kennedy, esoterismo, Dylan. C’è un nesso? Eccome: lo si potrà leggere nei prossimi mesi, nero su bianco, direttamente tra le pagine di “Globalizzazione e massoneria”, atto secondo del fragoroso “coming out” avviato da Gioele Magaldi con il dirompente saggio “Massoni”, uscito nel 2014. «Se qualcuno l’aveva intuito, posso confermarlo ufficialmente: Bob Dylan è un massone ultra-progressista che milita nel mio stesso circuito», dice Magaldi, già iniziato alla superloggia “Thomas Paine” e ora leader del Grande Oriente Democratico. Un’esternazione clamorosa, espressamente autorizzata. E un invito: «Leggete bene, tra le righe di “I Contain Multitudes”: attraverso il suo splendido contenuto poetico, il brano rappresenta la continuazione di “Murder Most Foul”», atto d’accusa contro un potere criminale che Dylan mette in relazione sia con l’omicidio Kennedy che con la minacciosa comparsa dell’oscuro coronavirus.«Berrò alla verità e alle cose che abbiamo detto», annuncia l’autore di “Blowin’ in the wind”: allusione frontale – a doppio taglio, nell’enigmatico stile dylaniano – alla comunità di voci che ora si sono decise a venire allo scoperto, denunciando dettagli indicibili, come se fossimo giunti a un punto in cui non è più possibile tacere. Trattandosi di Dylan, poeta e letterato finissimo, è il grande Edgar Allan Poe, massone anche lui, a fornirgli l’elegante uscita di sicurezza: gli “scheletri negli armadi” (anzi, nei “muri”) richiamano quelli di cui la “fratellanza bianca” saprebbe praticamente tutto, e che ora si appresta – a rate, inesorabilmente – a riesumare, uno dopo l’altro. Un avvertimento più che esplicito: «Ho un cuore rivelatore», come quello che – nella novella di Poe – rivelerà il crimine e quindi l’assassino. Siamo a questo? A quanto pare, sì. E se qualcuno ancora dubita dell’intento di Dylan e della sua appartenenza, “I Contain Multitudes” fornisce indizi eloquenti: «Vado dove tutte le cose perse vengono rimesse a nuovo», dichiara, facendo risuonare quel “radunare ciò che è sparso” che è uno degli obiettivi dichiarati del percorso iniziatico massonico. A proposito: si intitola “Bringing it all back home” (riportando tutto a casa) uno degli album più celebri di Dylan. Un programma – politico, e non solo – enunciato tra le righe già nel 1965, da “Mr. Tambourine Man”.Naturalmente non passa inosservata, un’uscita pubblica di Dylan, nemmeno tra le redazioni italiane, puntualissime nel rilevare i riferimenti squisitamente culturali di cui trabocca l’ultima creazione dylaniana. Spiega Carlo Moretti, su “Repubblica”: stavolta l’ispirazione viene da uno dei più grandi poeti americani, Walt Whitman, che nel poema “Song on myself”, considerato il centro della sua poetica e pubblicato nel 1855 nella raccolta “Leaves of Grass”, si domanda ad un certo punto: “Mi contraddico? Mi sto contraddicendo? Molto bene, allora io mi contraddico (sono ampio, contengo moltitudini)”. A un certo punto, aggiunge Moretti, Dylan si paragona a William Blake, nel cantare le stesse “songs of experience” (citando così «la raccolta di poesie che Blake pubblicò nel 1794, nella quale raccontava la perdita dell’innocenza e l’ingresso, insieme alla caduta, nell’età adulta»). Tra i giornali italiani, il “Messaggero” scorge «un omaggio a David Bowie», altro massone, facendo rimare “all the young dudes” con il titolo del celebre brano dell’artista inglese. Sul “Corriere della Sera”, lo scrittore Sandro Veronesi si emoziona: «L’ha rifatto. Tre settimane dopo “Murder Most Foul”, Bob Dylan ha pubblicato un’altra canzone inedita sul suo sito – cioè ce l’ha regalata». Beninteso: «E’ bellissima».«Come “Knocking on Heaven’s Door” – scrive l’autore di “Caos calmo” – anche “I Contain Multitudes” è una ballata classica, con strofe di 6 versi stretti a due a due da rime perfette, mesmeriche – ed è, sì, il secondo capitolo di un testamento». Infatti: «Se “Murder Most Foul” era la mareggiata che riporta a riva i frammenti della nostra civiltà naufragata, “I Contain Multitudes” è una struggente appendice al discorso che Dylan ha consegnato all’Accademia di Svezia nel luglio del 2017», dieci mesi dopo avere ricevuto il Premio Nobel per la Letteratura. «Una confessione (”I’m a man of contraddictions/ I’m a man of many moods/ I Contain Multitudes”); un ringraziamento a chi lo ha ispirato (Walt Whitman, citato direttamente nel titolo, ma anche Edgar Allan Poe, William Blake, Jack London); ma soprattutto è un inno incoercibile alla musica e alla bellezza – di oggi, di ieri e anche di domani». Impressionante, nel nuovo brano, l’archetipo della specularità: il tema esoterico dello specchio, direttamente evocato nel richiamo ad Amleto in “Murder Most Foul”, diventa l’architettura portante delle tante “moltitudini”, specchianti, in cui si riflette la voce di Dylan.Essere o non essere? Dopo Shakespeare, è stato un altro grande iniziato come Oscar Wilde a mettere al centro della scena proprio la funzione cruciale dello “speculum”, in un capolavoro come “Il ritratto di Dorian Gray”. E ora, davanti allo specchio compare Bob Dylan. «Oggi, domani e anche ieri», premette, come rianimando la testa girevole della statua di Giano, usata dai romani per ricordare che le “moltitudini” di cui siamo fatti possono anche essere lette in senso orizzontale, in uno scorrere di cronologie apparenti, in cui il tempo – la “divinità” che ci governa – esiste anche come nozione interiore. «Metà della mia anima, piccola, ti appartiene» (quella riflessa, che solo lo specchio può mostrarci: l’altra metà di noi). Lo specchio, cioè la complementarità degli opposti: «Io, reliquia, gioco con tutti i giovani». Oppure: «Tutte le belle cameriere e tutte le vecchie regine». Ancora: «Ti mostrerò il mio cuore. Ma non tutto, solo la parte odiosa». Non fa sconti, il Giano parlante: «Non ho scuse da presentare», precisa, già sapendo che il suo discorsetto potrebbe non piacere. A chi? Al «vecchio lupo avaro», lo spettro che ricompare a stretto giro (in “Murder Most Foul” era «l’uomo-lupo»). Con chi ce l’ha, Bob Dylan? «Combatto le faide di sangue», annuncia. C’è un potere abominevole, nel mirino?Certo colpiscono le concomitanze: Robert Kennedy Junior, altro massone progressista (figlio di Bob, nipote di John) ha appena caricato a testa bassa il quasi onnipotente Bill Gates («massone non certo progressista», secondo Magaldi), per la sua impazienza di lanciare sul mercato l’ipotetico super-vaccino contro il Covid, non ancora adeguatamente testato. Tant’è vero, accusa Kennedy, che Bill Gates pretende un’impunità assoluta: lo distribuirebbe solo se gli Stati gli garantissero di non fargli causa, nel caso qualcosa dovesse andare storto. Kennedy, Dylan, virus, massoni. Cos’è questo intreccio? Bob Dylan parla di «anelli sulle dita che luccicano e lampeggiano». E avverte: «Vado fino al limite, vado fino alla fine». Come dire: farete i conti anche con me? Farò la mia parte, per denunciare quello che so? In fondo, è quello che sta già facendo: sulla sua nave, omai, sventola la bandiera pirata. Uno studioso come Gianfranco Carpeoro, già a capo di un’antica obbedienza massonica “scozzese”, fa notare che a dare vita alla pirateria furono proprio i massoni libertari, delusi dalla monarchia britannica. «Pirati e corsari: l’Olonese, il Corsaro Nero, il Corsaro Rosso. Erano tutti massoni. Sempre ritratti nell’atto di nasconderlo, il tesoro: mai di riesumarlo. Messaggio: far sparire l’oro, ritenuto fonte di corruzione». Pirati guerriglieri, ribelli ante litteram? Dettagli in arrivo, nel libro che Carpeoro sta scrivendo. Nel frattempo, non resta che godersi il massonico pirata Dylan. Che infatti, a scanso di equivoci, ora canta: «Porto quattro pistole e due grandi coltelli».(Giorgio Cattaneo, 19 aprile 2020).«Ho un cuore rivelatore, come il signor Poe. Ho scheletri nei muri delle persone che conosci». Attenti: è Bob Dylan, che parla. A tre settimane da “Murder Most Foul”, che mette in relazione l’omicidio di John Kennedy con la minaccia del coronavirus (evocata nelle righe che accompagnano il brano, sul sito ufficiale del cantautore), il Premio Nobel 2016 per la Letteratura torna a farsi vivo, con la struggente “I Contain Multitudes“: altro giro, altro regalo. In soli 21 giorni, dopo otto anni di quasi-silenzio se non per bootleg sontuosi e cover di lusso, tra cui quelle dei brani di Frank Sinatra, il grande artista di Duluth scodella – gratis, sul web – una seconda strenna. E per lanciarla stavolta sceglie Twitter, il canale social preferito dal Donald Trump che ha appena dichiarato guerra all’Organizzazione Mondiale della Sanità. Un network opaco: la Casa Bianca sospetta – per usare un eufemismo – che non abbia vigilato sull’origine del male oscuro che sta devastando il pianeta. Una conferma esplosiva viene dal francese Luc Montagnier, altro Nobel (per la Medicina, avendo scoperto il virus che dà origine all’Aids): il SarsCov2, dice, è sicuramente “scappato” da un laboratorio come quello di Wuhan, ben noto all’Oms. Il virus è stato “progettato”, ingegnerizzato: non è di origine naturale. L’hanno fabbricato proprio bene, dice Montagnier. Chi? Qualcuno che lavorava a un possibile vaccino anti-Hiv.
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Proclamato: sappiamo tutto da sempre. Ditelo, alla scienza
Giorni fa una mia amica mi faceva notare un articolo, proveniente dal mondo scientifico, “Navigare tra i pensieri come nello spazio”. Così esordiva, testualmente: «Proposto un modello del pensiero umano secondo cui la nostra mente organizza le caratteristiche delle esperienze in dimensioni simili a quelle spaziali. Questa nuova teoria è basata sulla scoperta che nei test di memoria viene attivata la corteccia entorinale, la stessa che permette di orientarci nell’ambiente». E ancora: «Sulla rivista “Science”, una review firmata da ricercatori del Max-Planck-Institut per le scienze cognitive e le neuroscienze umane di Leipzig, in Germania, e del Kavli Institute for Systems Neuroscience di Trondheim, in Norvegia, definisce un modello del nostro sistema di navigazione che ha un ruolo importante in molte facoltà cognitive, e spiega perché la nostra conoscenza sembra essere organizzata secondo una modalità spaziale». In sintesi: «Nel cervello alcuni neuroni specializzati possono mappare l’ambiente costruendo una griglia esagonale che aiuta un animale a localizzarsi nello spazio. Ma le esperienze possono distorcere la griglia per dare maggiori dettagli alle aree di interesse» (cortesia Lucy Reading-Ikkanda, “Quanta Magazine”).Un tipo di scoperta che sinceramente non mi lascia indifferente, soprattutto oggi, in un momento in cui i miei studi, probabilmente, sono approdati a qualche tipo di risposta che presumo – lo ammetto: presumo – possa essere utile non solo a me, ma a tutti (e lasciatemelo dire, anche alla scienza). In pratica, sembra che l’ufficialità – molto timidamente – stia entrando in un campo, quello mentale, dove i pensieri (e vorrei dire non solo quelli animali, chiaramente) sembrano creare o aggirarsi in “mappe “ o “griglie” dove la geometria assume un certo tipo di valenza. Detto ciò, voi adesso mi dovrete scusare, oltre che armarvi di un minimo di pazienza, perché partendo da questo “suggerimento” vorrei mettere a vostra disposizione la sintesi del mio percorso conoscitivo, affinchè in molti possano rendersi conto del divario esistente fra ciò che il mio mondo conosce e ciò che la scienza arriverà a conoscere fra molti decenni, credo. Ma lo dico senza nessun tipo di alterigia, di sfida o senso di rivalsa verso nulla e nessuno. Scrivo semplicemente ciò che seguirà perché un profondo senso di responsabilità vorrebbe fosse a disposizione di tutti ciò che credo di sapere utile.Inoltre, e questo permettetemelo, quello che leggerete sarà trattato molto, ma molto più diffusamente nel mio prossimo libro, autoprodotto come quello in uscita su Salvador Dalì, che vedrà la luce questo autunno 2019, col titolo “Ottava e fisica emozionale”. Bene, fatta questa premessa, chi mi conosce si dovrà armare (come sopra) di un minimo di pazienza, che andrà riconosciuta anche a chi non mi conosce, affinché ciò che sto per descrivere possa avere un minimo di chiarezza e coerenza. Dovrò infatti incominciare… dall’inizio, quando “erano solo numeri”. Tredici anni fa, per primo, codificai un rosone nella mia città, l’Aquila, fra l’indifferenza di tutti e il mio stesso stupore. Si trattava del rosone centrale di Collemaggio. Allora, semplicemente, vidi al suo interno qualcosa di incredibile, un sistema numerico riassumibile attraverso le sue 36 braccia e 72 parti binarie, tutte nascenti da otto petali. Iniziava una vera e propria avventura verso quel sapere che mi avrebbe dato una nuova vita. Ricordo perfettamente una sensazione estremamente intima nel momento in cui capii come, utilizzando quelle informazioni, era possibile ottenere la Precessione degli Equinozi (36 x 72) e non solo.Quell’emozione sarebbe diventata fonte della mia continua ricerca. Non potevo sapere che quei numeri mi stavano risvegliando – in quel caso, attraverso il dolore. Dolore a me rinnovato da una persona che, a distanza di anni, anche oggi mi sta spingendo a scrivere, capire e condividere. Ma questa è la vita, e quando qualcuno ci fa morire, perché in vita si muore spesso, allora bisogna trovare il modo di rinascere (e questo è il mio). Tornando a noi, la ricerca di quei numeri – che non sapevo essere presenti ovunque in tutto il mondo, in mille modi a tutte le latitudini, da sempre e in qualsiasi testo sacro o misterico – era destinata a trovare rifugio in una serie illimitata di esempi o simboli. Non sapevo ancora di occuparmi dell’Ottava, e nulla sapevo del suo linguaggio simbolico. Io cercavo solo e assolutamente quei riferimenti, ovunque essi fossero. E viaggiavo, viaggiavo nel tempo. Trovavo nello Zodiaco di Dendera un magnifico rifugio.Nei avrei parlato per migliaia di volte nei miei libri, come nei miei seminari, che mai pensavo sarebbero stati seguiti. Ma era indubbio che, in questo caso, l’informazione aquilana fosse stata anticipata di migliaia di anni da quello zodiaco egizio, antropomorfizzandosi. Quei 12 esseri (con 24 braccia) abbracciano 72 corpi celesti, esattamente come nel mio rosone. Soprattutto – e qui vorrei la vostra attenzione – manifestano dinamiche comportamentali diverse: il Fuori e il Dentro dell’informazione. Tempo, spazio, movimento e materia sono appannaggio solo del Dentro e non del Fuori, dove quei 12 esseri mantengono un certo tipo di immobilità ottuplice. Ma a colpirmi non era tanto questo, quanto il fatto che all’esterno, fra gli esseri responsabili numericamente di quella visione celeste (che tanto dovrebbe insegnare a chi si ostina a occuparsi di astrologia in modo periferico e condominiale), si nascondesse un intervallo: un intervallo essenziale, per capire la mia legge (concedetemi il “mia”). Infatti, le direzioni sottolineano dei raggruppamenti sulle diagonali di 4 donne, sulla verticale di 4 Neter e sull’orizzontale di altri 4 Neter. Nasceva per me il famoso intervallo d’Ottava di “tre volte quattro” (o tre quarti), meglio conosciuto come Settenario, se sommato nella sua composizione numerica.Oggi, dopo anni, ho raggiunto la chiarezza di potervi dire che quell’intervallo è legge – in natura, come dentro di noi. Oggi posso dirvi con certezza che noi, esseri vibranti, parte integrante di un universo vibrante, siamo Settenario. Quello stesso Settenario che si avvale di sette note o sette colori per fare il famoso salto d’ottava, nello specifico il Do successivo e il bianco per lo spettro solare. Non sapevo che da millenni, in tutti i mondi spirituali come in quelli iniziatici, quello stesso salto veniva e viene provocato attraverso 7 virtù o 7 Chakra (ma questo è relativo). L’importante adesso è che voi capiate che dire “tre volte quattro” – o quattro stagioni di tre mesi – equivale a dire, numericamente, Rosone o Dendera o Settenario. E vi prego, risparmiatemi tutti gli shock addizionali del caso, esistenti all’interno di questa dinamica. E credetemi se vi dico che, anche in questo, il mondo cattolico sa immensamente più di quanto io abbia mai potuto leggere in merito. Mondo cattolico che stimo e studio con molta attenzione, cercando di distinguere il messaggio dai suoi portatori, non sempre consoni. Grandissimo stupore provavo poi nel rintracciare i miei numeri, sempre quelli, nella Lista Reale Sumerica. Stupore dettato dal fatto che questa volta apparivano in un contesto estremamente più antico dello zodiaco egizio.Otto Re in 5 città regnavano per 241200 anni. Di nuovo, i 12 esseri con le loro 24 braccia: e questa volta diventavano anni. Tanti anni: per gli esperti, decisamente troppi per essere presi sul serio. Perché tutte le civiltà della Terra sarebbero “nate” all’interno di pacchetti di tempo enormi? Eppure, quegli stessi anni mesopotamici erano e sono figli di una meccanica numerica che doveva far pensare, me per primo. Infatti, prima di ricomparire sotto il profilo decimale in Egitto millenni dopo, in Mesopotamia la stessa Lista veniva riassunta da 66 Sars e 6 Ners (Sar = 3600 anni; Ner = 600 anni); così almeno adesso sapete cos’è il 666. Soprattutto, quella civiltà aveva scelto un computo sessagesimale, per essere a sua volta evinto, sia a livello temporale che spaziale, dalla 216millesima parte di 12 milioni e 960.000 anni, pari appunto a 60 anni. Ma non è questo il punto, quanto il fatto che allora non sapevo cosa si celasse dietro quel “216” e tantomeno dietro… al Tempo.Poi, pochi anni fa, una telefonata amica mi informava che forse avrei fatto bene ad occuparmi delle Anatomie Sottili orientali, soprattutto di quella presente nell’Agopuntura. Lo feci. E improvvisamente il rosone divenne Agopuntura: 8 “meridiani curiosi” sono la matrice dei 12 organi principali come dei 12 meridiani secondari, a cui si aggiungono i 48 terminali. Su tutto si interagisce attraverso 360 agopunti. Io sommavo organi e meridiani e ottenevo 72 unità, che con i 360 agopunti andavano a costituire la matrice numerica di Collemaggio o Dendera o della stessa Lista sumera. Ma questa volta vi era una grandissima novità: scoprii che meridiani e organi rappresentano quell’anatomia sottile dalla quale sia il nostro corpo, come tutto il creato, prende forma. Soprattutto, nel mondo cinese si interagisce su di essi pensando che ospitino le nostre emozioni – che, se negative, possono sfociare in malattie. Cominciavo a rendermi conto che sulla Terra esisteva un medicina che presupponeva una realtà posta alla base di queata nostra realtà, simile a quella presente all’esterno del cerchio di Dendera. Oggi direi che di medicine multidimensionali sulla Terra ce ne sono moltissime, da millenni.Procedendo, mi occupavo dei simbolismi orientali. E scoprivo che tutto è collegato all’Ottagono, o all’Ottava – a questa legge che scoprivo ovunque, come nel Pak Ua. Oltre ad essere matrice del Feng Shui lo è dello Scintoismo come dell’I-Ching. E cosa scoprivo, dell’I-Ching, che avrebbe il compito di leggere il futuro? Si avvale di 8 trigrammi, quel “tre volte otto” presente nel labirinto di Collemaggio. Soprattutto, quei trigrammi sono composti da 12 linee unite e 24 spezzate, quindi 36 unità. Ma siccome l’I-Ching, se consultato, ha bisogno di 64 esagrammi, gli stessi vanno quindi raddoppiati, per cui da 36 passano a 72 unità consultabili. Così, mi accorsi che i numeri aquilani non solo erano utili a definire una dinamica spaziale come quella di Dendera, e non solo erano usati come anatomia umana e “creante”, ma esordivano nella visione del Futuro. Lo so, forse state pensando che io abbia fatto una partenza troppo lunga, ma vedrete che alle griglie mentali arriveremo.Andiamo avanti con la storia. Gli anni passavano e la mia ricerca mi portava ad occuparmi di sempre nuovi personaggi, che sapevo appartenere al mondo iniziatico proprio perché utilizzavano i “miei” numeri . Ormai non dubitavo più del fatto che tutto quel mondo, ovunque fosse rappresentato, utilizzasse immancabilmente quei parametri, da sempre. Arrivando a scrivere di architettura sacra, nello studio di Vitruvio (altro grande iniziato), attraverso il suo “De Architectura” ho intuito che i 3 stili principali di cui si occupa nell’opera – Corinzio, Dorico e Ionico – se suddivisi in parti o in componenti costruttivi, esprimono un ammontare di 216 unità. Non solo: se li si divide, avranno al loro attivo 72 parti (fra colonne, capitelli, fusto, trabeazione, e così via). E attenzione: per la prima volta ritrovavo quel riferimento come frazione del 216. Quello studio mi consentiva di capire come quegli stessi numeri fossero quindi essenziali, dal tempo delle Ziggurat fino ad arrivare al grattacelo di Renzo Piano a Londra, per ispirare qualsiasi tipo di costruzione civile o religiosa, in tutto il mondo.Vitruvio poi mi permetteva di fare un ulteriore passo avanti con un brano che vorrei riportare integralmente: «Del resto anche Pitagora e i suoi seguaci vollero esporre i loro precetti in volume secondo un sistema cubico e costruirono un cubo di 216 versi stabilendo che un trattato non dovesse essere composto da più di tre cubi. Il cubo è un solido composto da superfici piane uguali e quadrate; quando viene gettato rimane fermo, poggiando su una delle due facce, finché qualcuno non lo sposti, come avviene nel gioco dei dadi quando i giocatori li gettano sul tavolo. E pare appunto che i pitagorici si siano ispirati a questa similitudine, perché quel dato numero di versi rimanga impresso e fisso nella memoria, proprio come il cubo, qualunque sia la mente in cui è riversato. Anche i comici greci interruppero la lunghezza di un atto inframmezzandovi le parti corali. Quindi, dividendo l’azione secondo una proporzione cubica, alleggeriscono grazie alle interruzioni la recitazione degli attori». Già questo fa capire a che livello si trovasse il mondo iniziatico, millenni or sono, per quanto riguarda la modalità con cui questi pensatori supponevano che gli uomini facessero più “salda memoria”. Altro che griglie mentali! Da millenni, nel mio mondo si pensa che le griglie siano… cubiche.Tornando a noi, da quel momento – un momento non molto lontano dall’oggi – potei collegare i numeri aquilani ad una forma geometrica ben precisa (il Cubo) al numero 72, e 3 cubi al 216. E adesso posso fermarmi per riassumere alcuni passaggi e aggiungerne altri, in modo da avere una visione d’insieme più ampia:1) Il mondo mesopotamico riassumeva il suo sapere temporale e spaziale con il “3 volte 6” , che moltiplicato per se stesso è chiaramente pari al 216.2) Da ciò si può evincere che il 60 altro non è che un piccolo cubo nell’immensità temporale descritta.3) Dunque il Tempo, e quindi lo spazio descritto con questi numeri, è fatto di piccoli cubi (o anni) che si ripetono.4 ) La Precessione degli Equinozi, a livello numerico, è divisibile da “mesi cubici” pari a 2160 anni.5) Dendera altro non è che l’espressione spaziale, temporale e materiale proveniente da un evento numerico cubico.6) Le Anatomie Sottili orientali, come tutte le metodologie curanti, sono sempre impostate su una struttura cubica.7) La mente, o perlomeno la memoria umana, è cubica.Tutte le strutture architettoniche, almeno quelle costruite secondo i canoni numerici esaminati, hanno una matrice cubica.9 Il futuro può essere letto seguendo una dinamica cubica.Così andavo avanti, e sarebbe stato Giordano Bruno a regalarmi una perla di saggezza attraverso i suoi sigilli, come “Venere o Amore”. Brevemente, “Venere o Amore” si può definire il sunto geometrico della Legge dell’Ottava: risulta essere figlia di un triplice inizio, che usa una legge settuplice per approdare in natura con 5 geometrie ben precise, quelle platoniche. Per ora vorrei solo che notaste come su quei 7 cerchi campeggino tutta una serie di triangoli, uniti a originare forme geometriche precisamente determinate. L’Ottavo cerchio comprenderà il tutto. Ora, solo nel caso di questo simbolo, o sigillo, Bruno aggiungerà che le lettere che vedete rappresentano le iniziali corrispondenti agli Dei, mentre le linee che uniscono gli Dei altro non sono che le loro… EMOZIONI! Adesso però vorrei che osservaste meglio l’immagine, così potrete notare la presenza di 3 rombi (a:O:N:S-a:O:P:Q-a:S:R:Q). Fatto ciò, sarà facile evincere un cubo che contiene altri cubi, costituiti da geometrie platoniche a loro volta nascenti da triangoli.Quindi da questo momento abbiamo il diritto di aggiungere alla lista il punto dieci:10) Le emozioni sono cubiche.Da millenni, dunque, tutto il mondo iniziatico sa perfettamente che il corpo umano, la sua memoria e le sue emozioni sono il frutto di una matrice cubica. Sa che la creazione è di tipo cubico, considerando Dendera. Sa che dire cubo vuol dire Tempo, e che quindi noi siamo fatti di… ?DIO E’ UN IPERCUBOChiaramente anche la scienza sa qualcosa dei miei numeri, e non solo l’astronomia. Un giovane matematico indiano dei primi del secolo scorso, Srinivasa Yengar Ramanuyan, ebbe modo di creare le basi equazionali della Teoria delle Stringhe (oggi Teoria delle Membrane) attraverso le sue equazioni, da lui definite “modulari”. Guarda caso, quelle equazioni nascevano tutte da una trina numerica ben precisa: l’8, il 12 e il 24. Quindi la scienza forse non sa che quelle equazioni sono cubiche: e siamo arrivati al punto 11.Sicuramente la scienza è più attenta quando si parla di dimensioni: infatti, già dalla fine dell’Ottocento, ha contezza persino di una quarta dimensione (chiaramente non ne ha un’idea fisica, ma solo teorica). E postula una figura geometrica – fatta da un cubo con dentro un cubo – come modalità geometrica con cui definire una quarta dimensione, all’interno della quale noi siamo compresi, anche se non se siamo consapevoli; è una dimensione in cui spazio e tempo non si comportano come in questa dimensione (anzi, “non si comportano” e basta). Di nuovo, ciò che importa è la struttura geometrico-numerica che costituisce il “Tesseratto” (o “Ipercubo”, come viene comunemente chiamato) E’ costituito da 24 facce bidimensionali e 8 facce tridimensionali, come a dire: è fatto da 24 quadrati e 8 cubi. Numericamente è quindi composto da 48 parti bidimensionali e 24 parti tridimensionali. Totale: 72 parti.Adesso aggiungiamo il punto 12, il quale dice che «i numeri del Rosone di Collemaggio, usati da tutti gli iniziati della Terra, da sempre, per fare qualsiasi cosa in qualsiasi campo dello scibile umano, i numeri dell’Ottava insomma, altro non sono che un modo con cui utilizzare una matrice almeno quadrimensionale (conosco i Polychora e potrei dire altro, ma ne parlerò nel libro) come matrice non solo della nostra realtà ma del nostro essere psicofisico». E dopo una dichiarazione del genere, credetemi, parlare ancora di in termini esclusivamente misterici di Alchimia, di Tarocchi, di I-Ching, di Anatomie Sottili e di Chakra, di presunti Graal, di Tetraedi Stella di Merkaba, è a dir poco riduttivo, veramente. Esiste infatti un unico pseudo-mistero, ed è la Legge dell’Ottava. E siccome qualcosa io credo di averla capita, mi sembra giusto dire che è ora di finirla con questo presunto Esoterismo, come è ora che la scienza la smetta di ostinarsi nel non collaborare con “noi” che di simboli ci occupiamo, perché è con i simboli che si creano le Griglie – e non quelle esagonali, come l’ufficialità presume, ma quelle ipercubiche, come l’uomo è destinato a fare quando intraprende percorsi come i mei.Proseguo perché adesso si arriva al bello, visto che avete avuto la pazienza di arrivare fin qui. Vediamo un po’: io mi son chiesto (come molti, e da millenni) di cosa è fatto il Tempo. Un’idea credo di averla, ed è la seguente: intanto noi possiamo trasformare con molta semplicità un cubo in Tempo. Basta infatti trasformare i suoi dodici lati in 12 mesi di 30 giorni e il gioco è fatto – alla faccia di Nibiru. Così, i suoi 8 apici diventano 8 date ben precise. Allora è possibile trasformare “Venere o Amore” in Tempo, e quindi le emozioni in Tempo. Forse non ce n’eravamo mai accorti, ma il Tempo è vivo. E se è fatto di emozioni, è emozionabile. E allora emozioniamolo, con una bella preghiera – come fanno gli ebrei, attraverso le loro preghiere cubiche o il loro Dio fatto da 72 nomi di tre lettere, oppure come fanno gli arabi girando per 7 volte intorno alla Mecca. O noi cristiani quando entriamo in chiesa.La chiesa è una croce che – chiusa – diventa un Cubo; ma avendo sempre tra navata e transetto un Ottagono, si dimostrerà essere un luogo ipercubico, dove tempo e spazio… non si avvertono. Quindi perché stupirsi dell’Ottuplice Via buddista? Lo stesso Induismo, attraverso i 108 passi del Dio Shiva (36+72) vede creare il cielo e la Terra. E che dire dello Scintoismo, che vede l’essenza della sua spiritualità in 8 milioni di Kami o anime. E allora emozioniamolo, il Tempo. Forse non ci è chiaro, ma le tecniche per emozionarlo le conosciamo da millenni. E a volte funzionano, sapete – eccome, se funzionano.Però adesso aggiungiamo un punto alla nostra personale tabellina, il 13. E diciamolo chiaro: l’Umanità da sempre adora un Ipercubo – e non se n’è accorta, lei che è Tesseratto nel cuore (incredibile). Ma soprattutto, l’Ottava è Dio ed è Tempo… come noi. Non c’è nulla di male a dirlo. Infatti, tutti i mondi religiosi e iniziatici – attraverso 7 virtù ben precise, e vi prego di ricordare cosa vi ho detto sul Sette o Settenario – cercano di cambiare le “nostre” vibrazioni affinchè l’Ottava vibrazione (e cioè la santità) diventi tutt’uno con noi. Peccato però che né la scienza né tantomeno il mondo iniziatico abbiano mai preso carta e penna per dire che quelle Sette Virtù pregate e vissute in modo mantrico altro non sono che vibrazioni corrispondenti a dimensioni ben precise, da cui guardacaso arrivano capacità ben note, che il mondo cristiano poi chiama Doni o Carismi. Ma non fa nulla; io amo l’Ottava e, senza saperlo, ho amato Dio grazie a Collemaggio, per cui forse oggi ho abbastanza fede, speranza e carità per dire che tutti debbono “capire, per essere”.Ma a questo punto posso prendere e dare fiato per dirvi: visto che stiamo parlando di dimensioni e di corrispondenti vibrazioni, non stiamo forse parlando di griglie mentali la cui geometrizzazione spaziale è quadrimensionale? Quindi, cari scienziati, visto e considerato che già tantissimo avete fatto, ora fatevi aiutare come ai tempi della Protoscienza. Così riusciamo a creare una nuova tecnologia, compatibile e pienamente umana, visto che la vera macchina da scoprire siamo noi. Sì, perché nel momento in cui si capiscono certe cosette, l’autocoscienza ci permette di evolverci attraverso quelle nuove griglie. Così possiamo assolvere il mondo massonico da un compito davvero ingrato, quello di trasformare la pietra grezza in pietra d’angolo. Ecco, facciamocela da soli ’sta roba: è meglio.IL MONDO DEI DESIDERIEbbene, giustamente voi direte: e adesso, con tutto ciò che hai scritto che ci faccio? Allora cominciamo col dire che tutti coloro che vogliono il libretto delle istruzioni, il cacciavite, le pinze o la prodigiosa macchina guaritrice di turno non sono invitati. Qui o si diventa Ottava, o non si riesce a fare ciò che l’Ottava meglio sa fare. E cioè: creare nuovi mondi o nuove realtà. Io, nel mio piccolo, ci sono riuscito semplicemente perché ho fede in Dio. E sapete cos’è la fede? Semplicemente un’emozione, capace di eliminare spazio e tempo da questa tridimensionalità: si chiama onnipresenza. Insomma, come sopra: una dimensione al cui interno è presente l’onniscenza del mio rosone e l’immortalità del mio peregrinare, nel tempo come nello spazio. Signori, ma non lo avete capito? Noi siamo Tempo: nel momento in cui siamo coscienti di poterlo fare e scegliamo di farlo, noi siamo esseri capaci di muoverci nel Tempo, di modificarlo e plasmarlo, semplicemente perché il Tempo è l’essenza di ogni dimensione. Per cui non ho deciso (come qualcuno propone) di diventare immortale; no, mi darei una fregatura da solo. Ho deciso di percepire l’immortalità in vita. E quella sensazione è così potente da ridare vita, un domani, a un viaggiatore come me, che ha deciso di essere stato spesso qui. Perché l’Ottava questo può anche decidere di permettere.E così, da un po’, mi muovo nel tempo come ho fatto in questi anni. E quando ho deciso di creare qui il mio nuovo futuro mi sono accorto di non poterlo fare. E sapete perché?Semplicemente perché non ce l’avevo. Il presente, questo meraviglioso presente, pensavo fosse sufficiente, alla mia vita. Ma ho deciso che non è più così: dal futuro da cui vi sto scrivendo vi dico che tutto quello che amo io l’ho avuto. Perché la realtà che sto creando in questo preciso istante è già passato, prima di diventare futuro, e l’ho vissuto. Anche perché il Tempo non è solo trino, ma soprattutto… uno. E adesso immaginiamo qualcuno che sappia usare il tempo moooolto meglio di me: che cosa farebbe, secondo voi? Se avesse un desiderio, sapendo che il Desiderio è una struttura ipercubica da “riempire”, allora lo chiamerebbe 129600000 anni. E al suo interno ci metterebbe una civiltà, che nascerebbe estrapolando tutto il suo sapere cubico esattamente da questa Dimensione, che è fatta da un numero di anni ben preciso. Quindi il Tempo è una variabile dimensionale pensante e modificabile, che spazialmente è capace di rispecchiare, dentro di noi, le geometrie spaziali e dimensionali presenti in natura.Siamo ben oltre le griglie mentali. Siamo perciò emettitori di tempo, e ricettori dello stesso.Immaginate quante cose possiamo fare, quindi – altro che Costellazioni Familiari, Pnl, Reiki e mille altre cose, spesso russe o americane, tanto per non fare nomi… Possiamo per esempio (come ha fatto Gioacchino da Fiore) inventare un Terzo Tempo o Spirito Santo, utile a portare in questa realtà la Gerusalemme Celeste, che chiaramente era cubica, attraverso un protocollo mantrico fatto dalla ripetizione, per nove volte, del numero 7. Oppure possiamo fare un salto da Papà, che non c’è più (come ho fatto), e dirgli di stare tranquillo, perché da grande io ce la farò. Possiamo regalare tempo a una persona attraverso una dimensione come l’amore. Possiamo credere che Dio sia vivo e che ci ascolti, perché lui è Ottava, e possiamo parlargli attraverso le sue dimensioni – che in noi sono virtù.Possiamo darci e dare degli appuntamenti, nel Tempo, pur sapendo che non ci saremo fisicamente, come ho fatto con mio nipote. Possiamo utilizzare pensieri provenienti dal passato, come io ho fatto, e utilizzarne altri che provengono dal futuro, per sapere e capire. Possiamo pensare di essere sempre vissuti e rendere ciò vero, come ho fatto, e muoverci nel futuro come nel passato. Possiamo creare mondi come quelli cinematografici, dove attraverso un Cubo intere epopee di super-personaggi – dai Trasformers agli Avengers – fanno guadagnare alla Walt Disney miliardi di dollari. O creare un videogioco come Fortnite, con centinaia di milioni di giocatori che inseguono una struttura cubica. E qui mi fermo. Oppure, visto che a breve uscirà questo mio lavoro, possiamo immedesimarci con la morte in vita, e percepire attraverso un Ipercubo la sensazione meravigliosa di chi sa che la morte non esiste veramente. Possiamo rifare tutto e meglio, in questo mondo e di questo mondo. Con affetto, Michele Proclamato.(Michele Proclamato, “Le griglie mentali e la fine dell’esoterismo, ovverosia: quando cambiare tutto e cambiare tutti è possibile e necessario”, dal blog di Proclamato dell’8 giugno 2019).Giorni fa una mia amica mi faceva notare un articolo, proveniente dal mondo scientifico, “Navigare tra i pensieri come nello spazio”. Così esordiva, testualmente: «Proposto un modello del pensiero umano secondo cui la nostra mente organizza le caratteristiche delle esperienze in dimensioni simili a quelle spaziali. Questa nuova teoria è basata sulla scoperta che nei test di memoria viene attivata la corteccia entorinale, la stessa che permette di orientarci nell’ambiente». E ancora: «Sulla rivista “Science”, una review firmata da ricercatori del Max-Planck-Institut per le scienze cognitive e le neuroscienze umane di Leipzig, in Germania, e del Kavli Institute for Systems Neuroscience di Trondheim, in Norvegia, definisce un modello del nostro sistema di navigazione che ha un ruolo importante in molte facoltà cognitive, e spiega perché la nostra conoscenza sembra essere organizzata secondo una modalità spaziale». In sintesi: «Nel cervello alcuni neuroni specializzati possono mappare l’ambiente costruendo una griglia esagonale che aiuta un animale a localizzarsi nello spazio. Ma le esperienze possono distorcere la griglia per dare maggiori dettagli alle aree di interesse» (cortesia Lucy Reading-Ikkanda, “Quanta Magazine”).
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Il Re Cristiano: Alarico era giudeo, chi glielo spiega a Hitler?
Gettate la rete dall’altra parte della barca, e troverete. E’ una pesca miracolosa quella che il redivivo Gesù, nel Vangelo di Giovanni, promette agli apostoli increduli: se volete pesce, calate le vostre reti sul fianco destro dell’imbarcazione. Linguaggio cifrato: la verità ti attende dove mai avresti pensato che fosse – magari dentro di te, nell’emisfero destro del cervello? Tra le pagine (romanzesche) dedicate a un personaggio devotissimo all’uomo di Betlemme – il “Re Cristiano”, appunto, in azione trecento anni dopo gli eventi evangelici – Gianfranco Carpeoro avverte: li state cercando dalla parte sbagliata, i resti del mitico sovrano dei Visigoti, l’autore del primo Sacco di Roma. Lui, Alarico, recava scritto già nel suo nome il proprio destino: “Re di tutti”, in lingua norrena proto-germanica. “Re di tutti”, tant’è vero che non voleva affatto radere al suolo Roma: al contrario, ambiva a diventarne l’imperatore. Per questo, lasciata la città, si portò via l’augusta principessa discendente della “gens Flavia”, Galla Placidia, sua promessa sposa, insieme a cui si spinse in Calabria per poi attraversare il Mediterraneo: diretto in Africa o a Gerusalemme? Morì a Cosenza, di malaria o avvelenato. Fu sepolto insieme al suo tesoro, a lungo inultilmente cercato – anche da Hitler. E adesso chi glielo spiega, al Führer, che forse il suo Alarico era addirittura un giudeo?Avete sempre scavato dalla parte sbagliata, scrive Carpeoro, perché Alarico non era un barbaro germanico: era romanizzato e cristiano, sia pure di confessione ariana. E forse addirittura ebreo, discendente nientemeno che dalla Maddalena e da Giuseppe di Arimatea, il misterioso armatore che riscattò il corpo di Cristo da Pilato. L’oscuro Giuseppe di Arimatea, cioè l’uomo che poi, si racconta, nel Primo Secolo guidò la spedizione navale che portò in Europa il Cristianesimo, tramite lo sbarco in Provenza delle “Marie venute dal mare” guidate proprio da Maria di Magdala, il cui vero nome – Miriam – è quello che tuttora i Gipsy attribuiscono alla loro regina, consacrata ogni anno a Saintes-Marie-De-La-Mer, in Camargue. Ma che c’entrano, i Goti, con i profughi palestinesi di origine semitica, probabilmente giudei, che raggiunsero le coste meridionali della Francia dopo i fatti di cui parlano i Vangeli? C’entrano eccome, se è vero che i Goti discesi dal Baltico e spintisi a ovest del Danubio – i Derving – poi cambiarono nome, secondo l’abate calabrese Gioacchino da Fiore, adottando la “M” di Miriam per diventare Merovingi, dinastia regale. E’ così strano pensare che un popolo erratico di origine baltica, poi attestatosi in Francia, sia entrato in contatto con i proto-cristiani di Palestina? Certo che no, se si pensa che i Goti furono in gran parte cristianizzati, già nel Quarto Secolo. Ma attenzione: non erano cattolici, erano seguaci di Ario.Corrente gnostica, secondo cui Cristo è “figlio di Dio” esattamente quanto noi, ciascuno avendo in sé la propria quota di divinità, l’Arianesimo (bocciato nel 325 dal Concilio di Nicea insieme a tutti gli altri cristianesimi non cattolici) ebbe un vastissimo seguito, specie nell’Europa balcanica popolata dai Goti, all’epoca reduci dal Medio Oriente turco: il loro primo vescovo, Wulfila, a partire dall’anno 348 tradusse la Bibbia in lingua gotica. E’ proprio lui, Ulfila, che apre il romanzo meta-storico di Carpeoro, svelando al giovane Alarico il senso profondo e segreto della sua missione: conquistare la regalità nella giustizia, proprio nel nome della mitica antenata Miriam. Simbologo e studioso dei Rosacroce, Carpeoro fa discendere quel “mandato ancestrale” (il governo terreno illuminato dall’alto) direttamente dalla Bibbia: è il compito che Abramo riceverebbe dal misterioso Melchisedek, “Re di Giustizia”, al quale chiede di essere autorizzato a regnare sugli ebrei. E’ il mandato che poi Giuda riceverà a sua volta da Giacobbe-Israele, che descrive le doti del figlio con i tre colori della bandiera italiana. Nella tradizione, proprio il bianco, il rosso e il verde designeranno il contenuto simbolico della discendenza di Davide, fino a tradursi nelle virtù teologali cristiane (fede, speranza e carità). Valori che il potere del mondo ha bandito, ma che qualcuno – in nome di Cristo – ha provato a restaurare? Anche indossando i panni, germanici ma romanizzati, dell’inquieto sovrano dei Goti dell’Ovest?E’ la tesi attorno a cui si interroga Carpeoro, avvicinando il lettore ai primissimi secoli attraverso l’espediente letterario del noir, impersonato dall’anomalo ricercatore milanese Giulio Cortesi, appassionato di musica e soprattutto di cucina. Come già nel “Volo del Pellicano” e poi in “Labirinti”, Cortesi è vegliato dal suo ruvido angelo custode, il commissario Amedeo Bertossi, il cui mestiere non è inseguire fantasmi del passato, ma brutali assassini in carne e ossa. Killer contemporanei, che questa volta fanno fuori un professore – tedesco – che aveva scoperto qualcosa di sconcertante sulla vera identità di Alarico. Un’intuizione fondamentale, imbarazzante e molto pericolosa, che porta dritto anche alla precisa ubicazione della leggendaria sepoltura del condottiero. Se Cosenza è tuttora alla ricerca del Tesoro di Alarico su quella che era la riva pagana del Busento, Carpeoro – che è cosentino di nascita – cita il conterraneo Vincenzo Astorino per suggerire che le spoglie del sovrano vanno cercate sulla sponda opposta del fiumicello, quella che all’epoca era cristiana, dove sorgeva l’antichissima chiesetta di San Pancrazio, oggi interrata dai detriti alluvionali. Secondo la leggenda – e la poesia di August von Platen, tradotta da Carducci – quel piccolo corso d’acqua avrebbe addirittura sommerso il Re dei Goti, inumato (come poi Attila) insieme al suo cavallo nel letto del torrente, deviato per l’occasione.A decrittare anche quei versi ottocenteschi – scomponendoli, in un gioco enigmistico – provvede, nel romanzo, la favolosa équipe di cui si avvale Cortesi: il professore torinese e il suo amico simbologo, l’anziano architetto milanese che tiene in casa un Caravaggio non censito, e poi il vero “aiutante magico”, Fra’ Tommasino, il decano dell’Abbazia di Chiaravalle, “coadiuvato” (in sogno) da Cecilia, la ragazza amata dall’immenso pittore Giorgione, sulla cui “Tempesta” la critica non ha finito di arrovellarsi. Una trama agile e avvincente, piena di colpi di scena giocati tra Milano e la Calabria, riesce a trasportare il lettore tra le brume meno esplorate degli ultimi decenni dell’Impero Romano, dato già per morto quando invece era ancora enorme l’impronta di un grande imperatore come Teodosio. E’ proprio nella guerra di successione che si inserisce l’apparente outsider “germanico” Alarico, che contende Galla Placidia al figlio del suo altrettanto apparente antagonista, il generale Stilicone, accanto al quale ha anche combattuto per difendere Roma. Alarico? Era sì il Re dei germanici Dervingi, ma anche un cittadino romano, promosso addirittura governatore dell’Illiria. E non era pagano: era cristiano. Di più: era ariano, devoto al vescovo Ulfila.Se poi il termine “ariano” ha assunto tutt’altro significato, lo si deve all’Uomo Nero, Hitler, che – in nome del mito della purezza razziale – spedì a Cosenza gli archeologi di Himmler e cercare, inutilmente, le spoglie (e il tesoro) del loro presunto campione germanico. Quello è il modo in cui la lettura distratta della storia può deviare dalla verità, coniando stereotipi e luoghi comuni che poi innescano dinamiche che finiscono sempre nello stesso modo, cioè con una strage di massa. Ne sa qualcosa il sinistro Rudolf von Sebottendorff , il vero fondatore del nazismo “etnico”, il cui spettro si presenta puntuale all’appuntamento coi lettori di Carpeoro – che non è uno storico, ma un simbologo: nella storia, cerca quello che gli storici non dicono, e forse non sanno. Per esempio: perché Alarico, conquistata Roma, porta con sé Galla Placidia? E perché, se voleva dirigersi in Africa, non è salpato da qualsiasi porto tirrenico, spingendosi invece fino a Reggio Calabria, cioè verso la rotta ionica del Medio Oriente? Aveva forse con sé qualcosa di prezioso, che – come poi i Templari – doveva essere “rimesso al suo posto”, cioè nel Tempio di Salomone a Gerusalemme, simbolo dell’unità pacifica di tutti i popoli della Terra?“Il Re Cristiano” (l’acronimo è R+C, Rosacroce) è un romanzo per chi ama le domande, più che le risposte. E’ il sequel della storia che lo precede, “Labirinti”, e in fondo disegna un altro dedalo: come Teseo ha bisogno dell’amore di Arianna per uscire vivo dal labirinto del Minotauro, il valoroso Alarico deve avere al suo fianco Galla Placidia. Non riuscirà a portare a termine la missione, morendo ancora giovane senza poter instaurare il suo “regno di giustizia” a Roma? Ma la storia non finisce lì, avverte Carpeoro. Vi siete mai chiesti chi fosse, davvero, Galla Placidia? Perché era così ambita, importante, decisiva? Vi siete mai domandati perché si fece erigere lo spettacolare mausoleo funebre a Ravenna, poi scegliere di essere sepolta altrove? Cosa nasconde, allora, il Mausoleo di Galla Placidia? E perché proprio lì, a due passi – come fosse un “guardiano della soglia” – volle farsi seppellire Dante Alighieri, amico dei Càtari e dei Templari, nonché capo della confraternita iniziatica dei Fidelis in Amore? Sono solo domande, non risposte. Ma quelle, del resto, spesso mancano anche agli storici. E appunto, a proposito di Goti: qualcuno s’è mai chiesto perché si chiamino “gotiche” le meravigliose cattedrali che ornano le capitali europee, erette mille anni dopo Alarico? E cosa salterebbe fuori, a Cosenza, se qualcuno prima o poi si decidesse a gettare la rete “dall’altra parte”?(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Il Re Cristiano”, Melchisedek, 272 pagine, 22 euro).Gettate la rete dall’altra parte della barca, e troverete. E’ una pesca miracolosa quella che il redivivo Gesù, nel Vangelo di Giovanni, promette agli apostoli increduli: se volete pesce, calate le vostre reti sul fianco destro dell’imbarcazione. Linguaggio cifrato: la verità ti attende dove mai avresti pensato che fosse – magari dentro di te, nell’emisfero destro del cervello? Tra le pagine (romanzesche) dedicate a un personaggio devotissimo all’uomo di Betlemme – il “Re Cristiano”, appunto, in azione trecento anni dopo gli eventi evangelici – Gianfranco Carpeoro avverte: li state cercando dalla parte sbagliata, i resti del mitico sovrano dei Visigoti, l’autore del primo Sacco di Roma. Lui, Alarico, recava scritto già nel suo nome il proprio destino: “Re di tutti”, in lingua norrena proto-germanica. “Re di tutti”, tant’è vero che non voleva affatto radere al suolo Roma: al contrario, ambiva a diventarne l’imperatore. Per questo, lasciata la città (non saccheggiata da lui, ma dai detenuti liberati) si portò via l’augusta principessa discendente della “gens Flavia”, Galla Placidia, sua promessa sposa, insieme a cui si spinse in Calabria per poi attraversare il Mediterraneo: diretto in Africa o a Gerusalemme? Morì a Cosenza, di malaria o avvelenato. Fu sepolto insieme al suo tesoro, a lungo inutilmente cercato – anche da Hitler. E adesso chi glielo spiega, al Führer, che forse il suo Alarico era addirittura un giudeo?