Archivi degli autori 
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Né manovra, né Tav: se i valsusini rubano la scena alla Cgil
Uno spintone alla crisi: «Ormai le recinzioni ci hanno stufato: così, quando abbiamo visto quelle transenne, le abbiamo superate di slancio». Torino, 6 settembre 2011: il giorno in cui i No-Tav, respinti dalla Cgil, si presero il palco senza troppi complimenti, dopo qualche spallata in piazza San Carlo, prima col servizio d’ordine del sindacato e poi con gli agenti antisommossa. Lieto fine: «Sappiate che gran parte del sindacato è con voi», dice al microfono un esponente torinese della Cgil, tra le bandiere No-Tav e la bancarella con i “prodotti tipici della val Susa”, una cesta ricolma di lacrimogeni. «Non si può contestare la manovra di Tremonti e poi approvare la Tav: non è una questione valsusina, ma un banco di prova per l’Italia». Ovazione popolare per la valle ribelle, tributata da migliaia di torinesi in piazza.
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Siamo indignati, e ora ci riprendiamo il futuro che ci spetta
Noi siamo indignati. Siamo indignati contro i governi europei, che stretti tra la crisi e le politiche liberiste e monetariste imposte dalla Bce e dall’Fmi, accettano di essere esautorati delle funzioni democratiche per diventare semplici amministratori dei tagli della spesa sociale, delle privatizzazioni, della precarizzazione del mondo del lavoro e della costruzione di opere faraoniche, incuranti dell’ambiente e delle popolazioni. Siamo indignati perché le classi dirigenti continuano a proporci l’austerity per le popolazioni, mentre le rendite e i privilegi della finanza, dei grandi possidenti e della politica rimangono intonse, quando non crescono.
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Bocca: soldi, potere e zero idee, il Pd è come il Psi di Craxi
Due squilli e il ricevitore si alza. Poi non fai nemmeno in tempo a concludere una domanda – sulla questione morale a sinistra – che la risposta è questa: «Ma è la solita storia della corruzione politica: tutti i partiti, in tutte le epoche, quando amministrano hanno bisogno di soldi e li rubano. Nulla di nuovo sotto il sole». Dall’altra parte, l’accento cuneese di Giorgio Bocca, scrittore e firma di “Repubblica” e dell’“Espresso”. Che, con il tono mite di un neo 91enne, aggiunge il seguente siluro: «Soprattutto nulla di nuovo rispetto a Craxi». Vede analogie tra il Pd e i tempi d’oro del Psi piglia-tutto? «Macché analogie. Vedo un’assoluta identità». Perché? «Craxi diceva: i mariuoli ci sono ma i soldi servono ai partiti. L’unica cosa che si capisce da questa vicenda è che la sinistra è la stessa cosa della destra, quanto a onestà».
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Don Gallo: liberiamo l’Italia dalla casta dei cialtroni
La manovra non fa altro che confermare la strenua difesa della ricchezza senza equità. Ma chi governa non è in grado di trovare un’intesa, ognuno bada a sé, mi risulta che ci siano circa 500 emendamenti proposti dalla maggioranza, roba da denuncia penale. Si vuole distruggere il Paese. E’ il risultato di 20 anni di berlusconismo, menefreghismo, arroganza, fascismo in libera uscita, distruzione della Costituzione. In fondo Berlusconi ha ragione quando dice “non abbiamo messo le mani nelle tasche degli italiani”: in quelle dei ricchi, ovviamente. Come si fa a non ribellarsi di fronte ai 120 miliardi di evasione, a quelli derivanti dai crack finanziari che hanno arricchito i soliti, al lavoro nero che ingoia le zone più depresse, al fatturato delle mafie?
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Il golpe inglese: neutralizzare l’Italia, da Mattei a Moro
«Ogni volta che gli italiani hanno provato a decidere del proprio destino, gli inglesi sono intervenuti». Lo afferma l’editore Chiarelettere presentando “Il golpe inglese”, libro-inchiesta di Mario Josè Cereghino e Giovanni Fasanella che illumina imbarazzanti retroscena sull’influenza britannica nella storia del Belpaese, fin dalla nascita dello Stato unitario nel 1861. Tra le ombre più inquietanti, la tragica fine di Enrico Mattei e quella di Aldo Moro, personaggi-chiave dell’emancipazione politica italiana. «Dai documenti desecretati, che i due autori hanno consultato negli archivi londinesi di Kew Gardens – continua l’editore – emerge con chiarezza che non è Washington a ordire piani eversivi per l’Italia, ma soprattutto Londra, che non vuol perdere il controllo delle rotte petrolifere e contrasta la politica filoaraba e terzomondista di Mattei, Gronchi, Moro e Fanfani».
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Gaglianone, il segreto meglio custodito del nostro cinema
Daniele Gaglianone è probabilmente uno dei segreti meglio custoditi del cinema italiano. Nonostante vanti una filmografia foltissima, la grande parte della sua opera risulta ancora troppo poco frequentata. Con “Ruggine”, dopo l’esito maiuscolo di “Pietro”, il regista affronta una storia corale, ampliando il raggio del suo sguardo e riconnettendosi alle urgenze delle storie calate nell’agone della Storia. Il lavoro di Gaglianone, infatti, sin dalle sue origini, si è andato sviluppando attraverso un fittissimo dialogo con le ragioni e il farsi della Storia. Basti pensare alla presenza fortissima della guerra di Liberazione o all’interesse fortissimo nei confronti di figure come Gobetti.
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11 Settembre, favola nera che ci assedia da dieci anni
Dieci anni sono passati da quell’11 settembre che ha cambiato la storia del mondo, avviando la guerra infinita contro il terrorismo internazionale. I dubbi su quella vicenda si sono ingigantiti, diventando certezze. Non 19 terroristi, da soli, hanno attaccato l’America, bensì un pugno di terroristi “di stato” (occidentali e amici dell’occidente) con passaporti americani, israeliani, pakistani, sauditi. Osama bin Laden non è mai stato incriminato, sebbene, in suo nome, siano state combattute due guerre (contro l’Afghanistan e contro l’Iraq) che hanno prodotto centinaia di migliaia di morti civili e che non sono ancora terminate. Guantánamo è rimasta in funzione nonostante le promesse di Obama. Nessun processo contro nessun presunto colpevole è stato celebrato in questi dieci anni.
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Ruggine: il nostro mondo di mangiatori di bambini
Divoratori ciechi di futuro, pronti a sradicarne i tralci più verdi: i bambini. Massima profanazione, la violenza oscena dell’orco che va a caccia di piccole vittime in una misera discarica di intrepide esistenze, così simile al nostro passato prossimo, quello delle periferie industriali popolate di ex contadini deportati al nord, costretti in pochi metri quadrati a lottare ogni giorno per la sopravvivenza nel pianeta ostile dello sviluppo, di cui l’orco in fondo non è che la maschera demoniaca – l’ignobile ambasciatore di un avvenire dannato, spettrale, infestato di incubi tra i quali si dibattono i minuscoli eroi di ieri, testimoni e protagonisti dell’indicibile. Dietro un gran film sull’abuso minorile, attraverso il lievito micidiale della poesia, il regista Daniele Gaglianone prova a domandarsi perché siamo ridotti così, in un pianeta intristito da un’avaria che sembra inguaribile: la mancanza di avvenire.
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Noi, sudditi del debito: i “sacrifici” salvano solo la finanza
Una nauseabonda cacofonia condotta al massimo livello di decibel sta investendo da oltre due mesi il paese. Tutti accettano in pieno che è tempo di «duri sacrifici» per pagare i detentori del debito pubblico nazionale, prevalentemente banche ed affini. Lo “scontro” é solo sulla ripartizione dei sacrifici. Non si ragiona sul fatto che le economie europee hanno ampie capacità produttive eccedentarie. I redditi della stragrande maggioranza dei cittadini europei non sono però a un livello sufficiente ad attivare l’utilizzo normale delle industrie e dei servizi al consumo. Queste imprese investono poco e, se lo fanno, l’investimento é abbinato a piani di ristrutturazione e delocalizzazione. A loro volta le industrie di beni strumentali non ricevono – dalle aziende di beni di consumo – nuovi impulsi a produrre per via dell’eccesso di capacità.
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Aiuto, dopo Berlusconi vuol scendere in campo Montezemolo
Nell’Italia avviata (forse) al dopo Berlusconi, di una cosa non si sentiva la necessità: un nuovo partito azienda. Quindi era inevitabile che Luca di Montezemolo, il nostro maggior esperto nel ramo del superfluo, ne sfornasse uno. Con lo stesso incomprensibile ottimismo con cui si lancia sul mercato la riedizione di un vecchio modello, il presidente della Ferrari, e già della Fiat, ha annunciato la messa in produzione, entro un anno o due, di una nuova Forza Italia, ovvero un partito liberista di massa guidato da un industriale ricchissimo con alle spalle la proprietà di mezzi d’informazione e squadre di calcio.
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Debito? No, grazie: non paghiamo il piano Marchionne-Bce
«Non paghiamo il loro debito e mandiamo a casa l’intero ceto politico italiano». “Alternativa”, il movimento diretto da Marino Badiale e fondato da Giulietto Chiesa, in vista dello sciopero generale del 6 settembre avverte la Cgil: fermare la manovra “lacrime e sangue” ora al vaglio del Parlamento non basta, perché dopo questa ne verranno altre, anche peggiori. Diretto l’appello al sindacato di Susanna Camusso: se non si straccia il “patto scellerato” del 28 giugno che toglie peso allo Statuto dei Lavori consentendo alle aziende libertà di licenziamento, il “piano Marchionne” concepito per la Fiat finirà per essere esteso a tutta l’Italia – esattamente come chiede la Bce – magari col consenso del Pd.
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Airaudo: assediamo le piazze, vogliono rubarci il futuro
«Indignarsi non basta ma cominciamo a farlo». Parola di Giorgio Airaudo, che annuncia l’avvio della “campagna d’autunno” firmata Fiom per valorizzare il protagonismo degli “indignados” italiani: l’attivismo del “popolo dei referendum” sui beni comuni, cresciuto abche durante l’estate tra mille dibattiti, «può e deve farsi pratica sociale e soggettività politica, supplire alla fragilità dell’opposizione, ridare linfa all’esausta nostra democrazia». Obiettivo, fermare la manovra “lacrime e sangue”: che è «inutile, ingiusta e vendicativa» perché non contempla investimenti per rilanciare l’economia, fa pagare il conto della crisi soltanto ai soliti noti e inoltre prende di mira i giovani, negando loro una speranza di futuro.