Archivio del Tag ‘Aldo Moro’
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Vergogna Ustica: uccisi dalla Nato e poi traditi dallo Stato
Parliamo ancora di Ustica, e credo che non sarà l’ultima volta. La Cassazione civile ha contraddetto la Cassazione penale: il Dc-9 dell’Itavia fu abbattuto da un missile della Nato. Quindi vuol dire che lo Stato italiano viene riconosciuto da un suo supremo tribunale come doppiamente colpevole. Prima, per non aver difeso e protetto la vita di cittadini innocenti e inermi. E, dopo, per aver protetto i colpevoli nel corso di 33 anni di storia del nostro paese. Lo si sapeva; l’aveva già detto il giudice Rosario Priore nel 1999 guardando quelle palline verdi che si muovevano sui radar (le registrazioni) e rendendosi conto che, attorno a quell’aereo, in quel momento c’erano almeno 6 aerei militari della Nato: francesi, americani, italiani. Là attorno era in corso un’operazione di guerra: forse si stava inseguendo un Mig libico, forse si stava inseguendo un altro aereo che aveva a bordo Muhammar Gheddafi. Sbagliarono la mira. E lo rivelò nel 2007 un’altra persona che ha sempre saputo moltissime cose: Francesco Cossiga.
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Bilderberg: i fanatici del rigore dietro le stragi di Stato
C’era il Bilderberg dietro alle stragi impunite, quelle degli “anni di piombo”. Lo rivela Ferdinando Imposimato, che da magistrato inquirente si occupò dei casi più scottanti, dal rapimento Moro all’attentato al Papa. A “inciampare” nella potentissima lobby politico-finanziaria mondiale, oggi accusata di pilotare l’euro-crisi per restituire il potere assoluto alle élite planetarie amputando la nostra sovranità democratica col ricatto del debito, fu il giudice Emilio Alessandrini, assassinato dai terroristi di “Prima Linea” nel 1979. Impegnato nelle indagini su piazza Fontana, Alessandrini “scoprì” il ruolo dell’allora oscuro Bilderberg trent’anni prima che il grande pubblico venisse a conoscenza della sua esistenza. Il più esclusivo club finanziario mondiale era direttamente responsabile delle stragi e della strategia della tensione, sostiene oggi Imposimato, che ha scovato documenti inediti, pubblicati nel libro “La Repubblica delle stragi impunite”.
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Iran, vigilia di guerra: imminente l’attacco di Israele?
L’Iran minaccia fuoco e fiamme in caso di aggressione da parte di Israele, e arriva addirittura a parlare di attacco preventivo contro il blitz che Tel Aviv starebbe preparando: quasi come se Teheran volesse “avvertire” Washington dell’esistenza di piani segreti del Mossad, per un’escalation ormai imminente. Steve Pieczenik, l’uomo dei depistaggi sul caso-Moro, annuncia una data: 26 settembre. Secondo l’ex vicesegretario di Stato americano, ancora oggi membro del “Council on Foreign Relations”, Israele attaccherà l’Iran in coincidenza con la festa ebraica dello Yom Kippur, il “giorno dell’espiazione”. «Non ho mai creduto a queste cose – dice Giulietto Chiesa – sebbene di fanatici che fanno cose orribili in speciali ricorrenze sia pieno il mondo in tutte le epoche». Ma, al tempo stesso, «è impossibile non vedere segnali dell’acutizzarsi della tensione».
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Bufera-Napolitano: anche lui teme la verità su Borsellino?
«Credo che in via D’Amelio ci fosse qualcuno già pronto a prelevare la sua agenda: uccidere Paolo senza farla sparire non sarebbe servito a niente». Motivo: il 25 giugno, a meno di un mese dalla sua tragica fine, nell’ultima uscita pubblica Borsellino aveva detto di «aspettare di essere chiamato per raccontare quello che aveva scoperto su Capaci», dice il fratello Salvatore, che si schiera con Sonia Alfano: sì, Giorgio Napolitano «merita l’impeachment», per aver cercato di ostacolare le indagini sulla trattativa Stato-mafia avviata nel ’92 dopo l’omicidio di Falcone. Ne parlò Massimo Ciancimino: «Mio padre fu contattato dal capitano De Donno del Ros». Claudio Martelli, allora ministro della giustizia, conferma: furono cercati contatti con Vito Ciancimino e ne fu informato Nicola Mancino, allora ministro dell’interno. Mancino però nega. E non ricorda di aver mai incontrato Borsellino, che invece riferì dell’incontro. E Napolitano?
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Video-choc: lo stragista di Tolosa era una pedina degli 007
«Va’ all’inferno, traditore. Mi hai mandato in Iraq, Pakistan e Siria per aiutare i musulmani. E ora ti riveli essere un criminale e un capitano dei servizi francesi. Non lo avrei mai creduto». A parlare è Mohammed Merah, lo stragista franco-algerino di Al Qaeda poi ucciso a Tolosa dalla polizia, nell’alloggio in cui si era asserragliato dopo aver commesso l’ennesimo attentato. Merah parla in un video e accusa il suo migliore amico, Zouheir: «Mi ucciderete senza un motivo», dice, ma «siete voi che mi avete messo in questa situazione». Merah si congeda drammaticamente da Zouheir: «Non ti perdonerò mai». Il giovane attentatore, scrisse il “Foglio” già il 22 marzo «grazie a fonti dei servizi», era nientemeno che «un’operazione dell’intelligence francese finita male». Un infiltrato “inconsapevole”, incaricato di organizzare stragi da attribuire poi a paesi come la Siria, accusati di ospitare terroristi.
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Piazza Fontana, cine-romanzo di un’occasione sprecata?
Una docu-fiction tipo Rai Storia, ma in versione lusso e con tesi non dimostrate? La differenza la fanno soprattutto i due protagonisti, Valerio Mastrandrea nei panni del commissario Luigi Calabresi e Pierfrancesco Favino, che incarna la vittima dell’indagine, cioè l’ex partigiano, ferroviere e attivista anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato dal quarto piano della questura di Milano il 15 dicembre 1969. La tragedia scoppiò al termine di un fermo illegalmente prolungato per tre giorni e scattato poche ore dopo la strage di piazza Fontana, che fece 17 morti e 88 feriti alla Banca Nazionale dell’Agricoltura. Attentato che segnò l’inizio della “strategia della tensione” scatenata in Italia per fermare l’avanzata democratica della sinistra e scongiurare il rischio che potesse andare il governo il Pci, ancora formalmente collegato al grande nemico degli Usa e della Nato, l’Unione Sovietica.
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Tav, la talpa occulta della Casta che ci scava nelle tasche
Probabilmente non vincerà nessuno e perderemo tutti. Sulle grandi opere si sta scommettendo il futuro delle nostre economie, in particolare in Italia, perché le architetture finanziarie che si costruiscono su queste grandi opere sono meccanismi per scavare un debito pubblico occultato nella contabilità di società di diritto privato. Il cosiddetto project financing, del quale si riempiono la bocca molti politici quando le risorse pubbliche vengono a mancare, è esattamente il meccanismo che ha prodotto la crisi del 2009. In quel caso, il debito era costruito su finanziamenti privati; in questo caso, l’impacchettamento del debito è costruito sul debito pubblico. E il project financing è esattamente questo: una talpa, che provoca un debito pubblico futuro che prima o poi, inevitabilmente, emergerà. Questa talpa è già partita da molti anni – dall’inizio degli anni ’90, dal “dopo Tangentopoli” in poi – ed emergerà, prima o poi, perché è un debito occultato.
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Frecce Tricolori: piloti uccisi perché tacessero su Ustica?
Ramstein, 29 agosto 1988: collisione in volo tra due aerei delle “frecce tricolori”. Una strage: muoiono tre piloti e 67 spettatori. Forse non è stato un incidente: due dei piloti rimasti uccisi, Ivo Nutarelli e Mario Naldini, pochi giorni dopo avrebbero dovuto testimoniare su un’altra tragedia, quella di Ustica. La fatidica sera del 27 giugno 1980, in cui esplose in volo il Dc-9 Itavia con a bordo quattro membri dell’equipaggio e 77 passeggeri, tra cui 13 bambini, Nutarelli e Naldini erano anch’essi in volo, non lontano dalla rotta del velivolo di linea abbattuto, e avrebbero lanciato via radio un allarme aereo generale. Otto anni dopo, il disastro di Ramstein. E oggi, un dettaglio inquietante: il jet acrobatico di Nutarelli aveva il carrello inspiegabilmente aperto, così come il freno aerodinamico anteriore. I comandi erano stati manomessi?
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Il golpe inglese: neutralizzare l’Italia, da Mattei a Moro
«Ogni volta che gli italiani hanno provato a decidere del proprio destino, gli inglesi sono intervenuti». Lo afferma l’editore Chiarelettere presentando “Il golpe inglese”, libro-inchiesta di Mario Josè Cereghino e Giovanni Fasanella che illumina imbarazzanti retroscena sull’influenza britannica nella storia del Belpaese, fin dalla nascita dello Stato unitario nel 1861. Tra le ombre più inquietanti, la tragica fine di Enrico Mattei e quella di Aldo Moro, personaggi-chiave dell’emancipazione politica italiana. «Dai documenti desecretati, che i due autori hanno consultato negli archivi londinesi di Kew Gardens – continua l’editore – emerge con chiarezza che non è Washington a ordire piani eversivi per l’Italia, ma soprattutto Londra, che non vuol perdere il controllo delle rotte petrolifere e contrasta la politica filoaraba e terzomondista di Mattei, Gronchi, Moro e Fanfani».
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Ordine al Sismi, salvare Moro: prima ancora del sequestro
Nel lontano 1978, i servizi segreti italiani chiesero aiuto ai palestinesi per la liberazione di Aldo Moro. Niente di strano: se si tratta di salvare un ostaggio, è lecito rivolgersi anche a una formazione “terroristica” come il Fronte per la Liberazione della Palestina. Peccato che l’ordine da Roma fosse partito addirittura il 2 marzo: cioè 14 giorni prima che Moro venisse sequestrato. Lo conferma il “postino” del messaggio scottante, Antonino Arconte, allora agente del Sismi, l’intelligence militare. Arconte consegnò il plico al tenente colonnello Mario Ferraro, di stanza a Beirut. A sua volta, Ferraro avrebbe informato il suo superiore ed eliminato il dispaccio, che era “a distruzione immediata”. Ma Ferraro non lo distrusse. E quando tentò di resistere alla liquidazione della sua struttura, forse fece sapere di esserne ancora in possesso. Fu trovato impiccato il 6 luglio nella sua abitazione romana.
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Così lasciarono che Moro venisse assassinato dalle Br
Mentre il 9 maggio l’Italia rendeva omaggio ai magistrati caduti sotto il piombo dei terroristi, solo “Rai Storia” ha dedicato un focus a quello che resta il capitolo peggiore di quegli anni, il più eclatante e – tuttora – il più misterioso: la fine di Aldo Moro. Rapito proprio all’esordio della “solidarietà nazionale” e trucidato dai killer delle Br dopo 55 giorni di prigionia. Nei quali, scrisse Leonardo Sciascia, si fece di tutto per evitare di salvarlo, grazie alla doppia intransigenza dei due grandi partiti: i comunisti erano spaventati dall’idea di apparire “morbidi” con le Br, ma perché tanta durezza anche dai democristiani? Scenario oscuro, voci: Usa e Urss, servizi segreti, Israele, mafia. Ma anche la P2 di Licio Gelli, il dossier che negli anni ‘90 accusa il “consulente” americano Steve R. Pieczenik, che prima dice che l’unità di crisi per salvare Moro era infiltrata e lo sapevano anche i golpisti in Argentina, e poi ammette: la fine di Moro l’abbiamo decisa noi.
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Lilin a CasaPound, come Valerio Morucci
Il titolo è «Questione politica» ed è un lungo messaggio – un post nel linguaggio di Facebook – scritto dal romanziere Nicolai Lilin ai lettori nella sua pagina personale sul social network. «L’autore di “Educazione siberiana”, piccolo caso letterario pubblicato da Einaudi – scrive Maria Rosaria Spadaccino sul “Corriere della Sera” – spiega tra l’altro perché sabato 26 settembre sarà a CasaPound Italia», centro sociale romano di estrema destra, nonostante «numerose lettere» ricevute da suoi lettori e amici che, ammette Lilin, «mi invitano a rifiutare».