Archivio del Tag ‘amore’
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Nostalgia De André, il Suonatore Jones sui muri di Roma
Avrebbe appena compiuto settant’anni, ma un brutto male l’ha portato via più di dieci anni fa, lasciando tutti un po’ più poveri. Continua, però, in qualche modo a rimanere presente, Fabrizio De André. «De André non è mai stato di moda. E infatti la moda, effimera per definizione, passa. Le canzoni di Fabrizio restano» affermò Nicola Piovani. In effetti, un verso, un’immagine un personaggio delle sue canzoni, più o meno consapevolmente, chiunque ce l’ha scolpito dentro. È per celebrare lui, il grande cantautore, e, più ancora, quella parte di noi che lui rappresenta, che da quando se ne è andato fioriscono, numerosissime, le celebrazioni.
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Buon Natale, figlioli: vi amo, dal mio ergastolo
Quando siete nati il mio cuore era pieno di stelle e di sogni. Avevo sognato per voi tutto quello che avevo sognato io da bambino. Poi è arrivato il carcere e la condanna e sono partito per un lungo viaggio. Sono partito, ma non sono mai andato via dal vostro cuore, né voi dal mio. Nei peggiori momenti del mio viaggio i vostri cuori non mi hanno mai lasciato, vi ho sempre sentiti attorno al mio cuore. La vostra immagine è sempre stata nei miei occhi e il vostro sorriso ha sempre illuminato il mio viaggio.
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La politica dell’odio che trasforma Berlusconi in santo
L’aggressione al presidente del consiglio è carica di effetti. Tra questi, quello di aver fatto cadere le (ultime) inibizioni linguistiche e stilistiche della maggioranza di governo e dei suoi rappresentanti. Grazie all’atmosfera di tensione prodotta dal lancio della miniatura, entriamo con maggiore chiarezza nel lessico e nella retorica berlusconiane. A stupire non è tanto la violenza nella scelta delle parole per commentare, spiegare (e condannare) l’aggressione: “mandanti morali”, “terroristi mediatici”, “network dell’odio”, “cattivi maestri”. I campi semantici da cui espressioni del genere provengono, infatti, li intuiscono tutti
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Tolleranza, l’Islam di Gülen e il network della pace
È forse il più importante teologo e scienziato politico della Turchia. C’è chi lo definisce il nuovo Khomeini, chi il capo di un islam sociale. È Fethullah Gülen, un mistico turco che la rivista Foreign Policy nell’estate del 2008 ha messo in cima alla classifica degli intellettuali di fama mondiale. «Non ho mai voluto essere una persona influente», ha commentato dopo la nomina, ma per scalare la classifica mondiale ha messo in moto la sua fitta rete di ammiratori e seguaci in tutto il mondo, riuscendo ad ottenere una mobilitazione di massa.
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Bukowski: il potere non è la cura, rovesciarlo non serve
«La maggior parte degli scrittori scriveva delle esperienze delle classi medio-alte. Avevo bisogno di leggere qualcosa che mi facesse sopravvivere alle mie giornate, alla strada, qualcosa a cui appigliarmi. Avevo bisogno di ubriacarmi di parole…». Così intendeva la letteratura quell’americano dal cuore europeo di Charles Bukowski. E così scriveva. Pagine e pagine come antidoto alla disperazione quotidiana, finché non era ubriaco da non poterne più, e sempre, accanto alla macchina da scrivere, una confezione di birra da sei e un posacenere stracolmo. Una sinfonia di Mozart in sottofondo, possibilmente.
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Carlo Grande: la scrittura sincera, antidoto contro il caos
Penso che ogni giornalista, in fondo, accarezzi anche l’idea di scrivere dei libri. Ma gli spazi di buon livello sui giornali e nell’editoria non sono molti. Si devono avere – innate – sensibilità, curiosità, attenzione per gli altri, sguardo profondo e non superficiale per le storie “vere”, che hanno qualcosa di simbolico e toccante. Sono cose indispensabili per chi vuole fare narrativa. Poi si diventa scrittori con il lavoro, l’attenzione, l’umiltà, il dialogo, il coraggio di ascoltarsi e criticarsi fino in fondo, l’esercizio costante. La vera lotta di uno scrittore, diceva Bukowski, è con se stessi.
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Whitman, ora la poesia serve a vendere jeans?
La voce gracchiante di Walt Whitman, sommo poeta di “Foglie d’Erba”, che accompagna le immagini in bianco e nero di una famosissima marca di blue jeans. E’ lo spot che sta facendo discutere l’America. Da Slate a Entertainment Weekly il dibattito s’è acceso sull’opportunità di usare le parole e perfino la voce di quel grande per fini commerciali. Ed è da una parte comprensibile come l’arruolamento di chi non c’è più come testimonial di marchi commerciali rappresenti un terreno potenzialmente minato
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Il cupo autunno di San Silvio, spolpato da Fini e Bossi
Berlusconi tutto è tranne che uno sciocco. Faremmo dunque un torto alla sua intelligenza liquidando alla voce “delirio narcisistico” alcune sue recenti boutades inverosimili, del tipo: “Io sono di gran lunga il miglior presidente del Consiglio in centocinquanta anni di storia”; “Sono in assoluto il maggior perseguitato dalla magistratura di tutta la storia di tutte le epoche del mondo”; “Peccato che in questa mostra non si trovi un ritratto di San Silvio d’Arcore”. Fino al culmine, la sera della bocciatura del Lodo Alfano, di gridarsi da solo nel microfono: “Viva gli italiani, viva Berlusconi”.
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Gandhi: amore e giustizia, per non morire di capitalismo
«Da qualche parte c’è un punto dolce, che produce abbastanza senza sfociare nell’iper-individualismo che sospinge la nostra economia insoddisfacente e sbandata. La miscela di regolazione e valori che potrebbe rendere più comune tale autolimitazione è ovviamente altrettanto difficile da creare in Cina che negli Stati Uniti; ben più semplice limitarsi a benedire un’economia ciascuno-per-sé e farsi da parte. Ma creare quei valori, e le leggi e consuetudini che potrebbero lentamente evolverne, può risultare il compito chiave della nostra epoca e in tutto il mondo» (Bill McKibben, “Deep Economy”).
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Schmitt: le identità sono una finzione
La cosa importante non sono le risposte, ma le domande: perché nelle domande (sul dolore, l’amore, la morte) gli uomini sono fratelli. Io credo nella parola. Ero un filosofo, sono diventato uno scrittore.