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Scie in aumento, Mini: la guerra climatica ormai è realtà
La frequenza delle scie nei nostri cieli (scie di varie forme, dimensioni e colori) si è intensificata. Molti ormai le chiamano “scie chimiche”, ma l’ufficialità continua a negare la loro esistenza. Militari dell’aeronautica e grande stampa, servizi meteo, scienziati e ministri ripetono che si tratta di un fenomeno “normale”, giustificato dal traffico aereo intensificato. Non la pensa così il generale Fabio Mini, già a capo della missione Nato in Kosovo. Per l’alto ufficiale, il fenomeno è anomalo: durante la guerra in Kosovo – ricorda Mini – la manipolazione delle nubi aveva un’importanza strategica ed è stata attuata. «Si possono creare o dissolvere artificialmente e rappresentano uno strumento di guerra», riassume il sito “Ereticamente”, riportando recenti interviste rilasciare dal generale. «Si usano sostanze chimiche (sodio, bario, alluminio, polimeri) che vengono impiegate per le deviazioni delle onde elettromagnetiche». Fabio Mini esorta i cittadini a pretendere la verifica, l’ammissione da parte delle autorità, facendo pressioni per ottenere accertamenti e informazioni ufficiali rilasciate da autorità competenti e di responsabilità: sanità e difesa, aeronautica, ministero dell’agricoltura e della ricerca scientifica. Obiettivo: verificare l’esistenza di prove dettagliate e inconfutabili.«Riguardo alla questione della geoingegneria – avverte Dane Wigington sul sito “NoGeoingegneria” – le porte di tutti i rappresentanti del governo e di tutte le agenzie governative sono state sbarrate. I responsabili delle operazioni di irrorazione proteggono questi programmi negli ultimi decenni. Le agenzie governative che si occupano di qualità dell’aria e dell’acqua sono state strutturate in modo tale da mascherare la montagna di composti tossici originati dai programmi di modificazione climatica e meteorologica». Come Mini, anche Wigington esorta a «fornire dati credibili e inattaccabili per poi metterli nelle mani di autorità competenti e spingerle ad occuparsene attivamente». La lista di possibili interlocutori è infinita, aggiunge “Ereticamente”: «Si passa da chi si occupa di questioni ambientali, cibo biologico, malati di Alzheimer, autismo e Adhd a settori quali l’allevamento, la forestale, il giornalismo». In una recente intervista con Enzo Pennetta, lo stesso Mini ricorda che ormai «la guerra è diventata un illecito del diritto internazionale e non è più la prosecuzione della politica, ma la sua negazione, il suo fallimento».Una caratteristica delle guerre moderne, aggiunge Mini, è anche la perdita di consapevolezza sulla verità: e in questo, la tecnologia sa fare miracoli. «Se tali armi sono state veramente impiegate, si tratta di una violazione del diritto internazionale e dei diritti umani delle vittime». Secondo il professor Pennetta, il cinema americano prepara lo spettatore ad “abituarsi” alla guerra climatica, attraverso immagini più o meno subliminali, dal 1959. Oggi, il “Weather Channel” allarma sui disastri naturali milioni di spettatori su schermi flat e smartphone, come “previsto” (saputo in anticipo?) dalla propaganda militare di Disney nel 1959 con il film “Eyes in Outer Space”, prodotto in collaborazione col Pentagono. «Il film usa musica e animazioni per speculare sull’uso della tecnologia dei satelliti militari lanciati nello spazio, insieme ad una rete di difesa coordinata ed a certi strumenti per modificare il clima. Il controllo del clima, la guerra che minaccia l’ambiente, appunto. Quel film ritrae un ordine futuristico di satelliti e armi spaziali che fanno parte di un sistema di totale controllo climatico militare indirizzato dal presidente Kennedy. E’ stato previsto che satelliti in grado di tracciare il clima avrebbero permesso alle forze militari statunitensi di predire i modelli climatici per progettare attacchi coordinati contro fenomeni naturali nefasti anticipandoli di mesi».Il mondo attuale, che “copre” certi progetti di geoingegneria, armi chimiche, elettromagnetiche e spaziali – conclude “Eticamente”, citando Pennetta – è stato anticipato dal film di Walt Disney in stretta collaborazione con il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. Ci dà una prospettiva storica di come la propaganda statale venga usata per condizionare una deviazione culturale programmata in supporto all’uso della tecnologia militare come le armi usate contro il mondo naturale». Inutile stupirsi se le “scie chimiche” non trovano cittadinanza sui media, se non per il facile sarcasmo delle cosiddette “bufale”. «Siamo in piena guerra dell’informazione da cui, di riflesso, scaturiscono tutte le altre guerre», sintetizza “Ereticamente”. «Una guerra a colpi di mezze verità, bufale, bufale su verità, verità su bufale con tutti i vari incroci ed intrecci che ne derivano». Secondo il blog, «il diavolo si diverte da sempre a mischiare le carte in tavola con grandi verità condite da grandi porcate e grandi menzogne che, tra le righe, nascondono verità». Del gioco fa parte anche il fantastico “algoritmo anti-bufale” messo a punto da Google, «che in sostanza ci dice: le bufale le decido io, tutto il resto è la verità».In questo clima di guerra all’ultimo scoop e bombardamento mediatico propagandista, spunta un tema che sta a cuore a tutti, di cui ci si preoccupa o di cui si ride: «Le scie chimiche, il clima impazzito, la guerra climatica o ambientale innaffiata ogni giorno dalla guerra della disinformazione». Aggiunge “Ereticamente”: «Le scie chimiche associate al clima impazzito ed a fenomeni di manipolazione di disastri naturali come terremoti, tsunami, cataclismi e siccità non sono più materia di ‘bufale’». Una vera e propria guerra ambientale è già in atto, afferma il generale Mini: «E’ guerra climatica, clima modificato con agenti chimici». Il protocollo ha un nome evocativo: “Owning the Wheather”, possedere il clima. Dal 2007, il generale affronta la delicata questione delle armi di nuova generazione, destinate a provocare disastri solo apparentemente naturali. «Ha osservato che le scie chimiche che segnano i nostri cieli non sono affatto “di condensa”, chiarendo ogni dubbio in merito». Mini spiega che c’è qualcosa di più della classica disinformazione dei media: in ambito militare esiste una pratica chiamata “denial of service”, «in base alla quale non solo occorre negare l’evidenza, la verità e la realtà, ma bisogna negare anche l’informazione». E sottolinea: «Negare l’informazione è già, di per sé, un atto di guerra».Tradotto: «Le persone e interi paesi non devono essere informati», A volte, questa regola «porta a vere catastrofi, come nel caso dello tsunami in Indonesia», riassume “Ereticamente”, citando Mini: «Si poteva avvertire quella gente, ma si sono verificate interruzioni nella trasmissione delle informazioni per via di anelli mal funzionanti o volutamente non funzionanti che hanno impedito la comunicazione». Si torna al punto di partenza: la guerra dell’informazione a tutti i livelli. La nuova arma di distruzione di massa? E’ la “bomba climatica”: «Si sta lavorando a quest’arma di distruzione in segreto, per ottenere vantaggi inimmaginabili su scala mondiale», dichiara il generale. «Alluvioni, terremoti, tsunami, siccità, cataclismi». Uno scenario orwelliano, purtroppo non fantapolitico. «E’ il risultato reale di certe progettazioni in materia di tecnologie militari che la gente non può e non deve conoscere», scrive “Ereticamente”. In campo militare non esiste una moralità che impedisca di varcare un certo limite. «Ciò che si può fare si fa», ammette il generale: per ottenere un vantaggio, si usano tecnologie «senza fare test sufficienti», pur di sperimentarne gli effetti direttamente sul campo.La capacità di condizionare l’ambiente sarebbe ormai una realtà, in ambito militare: potrebbe provocare tornado, terremoti, tsunami, uragani. «Si controlla il clima, lo spazio atmosferico, e si conducono operazioni belliche in sicurezza. S’irrorano le nubi con ioduro d’argento, polimeri e altre sostanze chimiche per spostarle o dissolverle», scrive “Ereticamente”. Il generale Mini racconta del “Progetto Seal” avviato con fondi americani e inglesi nel 1946 per indurre piccoli tsunami. Lo scienziato che conduceva gli esperimenti in Australia, Thomas Leech, si spaventò e bloccò il lavoro, ma sicuramente quegli esperimenti furono ripresi e perfezionati in seguito. Con un articolo pubblicato dalla rivista di geopolitica “Limes”, Mini ha divulgato il progetto dell’aeronautica militare statunitense risalente al 1995. Scie chimiche? Un reporter come Gianni Lannes sostiene che l’Italia si oppose a certi sorvoli già ai tempi di Pertini, per poi autorizzarli a partire dal 2001, in piena era Bush. In Sicilia la popolazione si è opposta alle maxi-antenne dell’installazione strategica Muos di Niscemi, collegata al sistema Haarp per il controllo militare mediante onde radio che “rimbalzerebbero” sulla ionosfera, utilizzando un “microfilm” in sospensione – diffuso dalle scie degli aerei? Tante ipotesi, ma nessuno ha ancora spiegato ufficialmente che cosa sono, quelle scie bianche che da meno di vent’anni “infestano” i nostri cieli.La frequenza delle scie nei nostri cieli (scie di varie forme, dimensioni e colori) si è intensificata. Molti ormai le chiamano “scie chimiche”, ma l’ufficialità continua a negare la loro esistenza. Militari dell’aeronautica e grande stampa, servizi meteo, scienziati e ministri ripetono che si tratta di un fenomeno “normale”, giustificato dal traffico aereo intensificato. Non la pensa così il generale Fabio Mini, già a capo della missione Nato in Kosovo. Per l’alto ufficiale, il fenomeno è anomalo: durante la guerra in Kosovo – ricorda Mini – la manipolazione delle nubi aveva un’importanza strategica ed è stata attuata. «Si possono creare o dissolvere artificialmente e rappresentano uno strumento di guerra», riassume il sito “Ereticamente”, riportando recenti interviste rilasciare dal generale. «Si usano sostanze chimiche (sodio, bario, alluminio, polimeri) che vengono impiegate per le deviazioni delle onde elettromagnetiche». Fabio Mini esorta i cittadini a pretendere la verifica, l’ammissione da parte delle autorità, facendo pressioni per ottenere accertamenti e informazioni ufficiali rilasciate da autorità competenti e di responsabilità: sanità e difesa, aeronautica, ministero dell’agricoltura e della ricerca scientifica. Obiettivo: verificare l’esistenza di prove dettagliate e inconfutabili.
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Barnard: è in arrivo l’inferno. Saremo Tech-Gleba, schiavi
Non mangiano più “libri di cibernetica, insalate di matematica”, ma divorano volumi di Cartesio, Galileo, Newton. Sono i nuovi stregoni della meccanica quantistica, a metà strada tra scienza e metafisica. Sono stati assoldati dall’élite planetaria, quella che ormai ha compreso che il capitalismo è storicamente finito. Al suo posto, avanza quella che Paolo Barnard chiama tech-gleba. O meglio: “Tech-Gleba Senza Alternative”, sottoposta al cyber-potere del computer “quantico”, fantascienza in mano a pochissimi. Una super-macchina “pensante”, in grado di far sparire ogni lavoratore dalla faccia della terra, sostituendolo con robot, droni e androidi cobots, i cui servizi i neo-schiavi ridotti all’apatia saranno costretti a “noleggiare”. «Questo non è un fumetto, è il futuro vicino, vicinissimo, ed è tutto già pronto. Solo che nessuno di noi se ne sta accorgendo», perché i cittadini più “svegli”, che stanno in guardia contro minacce visibili (mafie, corruzione, Eurozona, migrazioni, “climate change”) non vedono «un mostro immensamente peggiore», che ormai «è dietro la porta di casa». L’umanità retrocessa alla servitù della gleba (tecnologica). E’ l’incubo al quale Barnard dedica svariate pagine sul suo blog, lo stesso che nel 2011 ospitò il profetico saggio “Il più grande crimine”, sulla genesi politico-finanziaria dell’Eurozona – riletta, appunto, in chiave criminologica: puro dominio, fraudolento, dell’uomo sull’uomo.«La schiavitù, letteralmente, è già pronta per 10 miliardi di esseri umani», premette Barnard, citando lo storico precedente della guerra civile americana, a metà dell’800. «I libri ci raccontano che il paese si spaccò in due, col Nord nazionalista che combatté una guerra sanguinaria contro i secessionisti del Sud per 4 anni. I primi fra le altre cose ambivano all’abolizione della schiavitù, i secondi la difendevano a spada tratta». Ma in realtà l’America «era spaccata in tre, e la terza forza in campo non era armata, era la Rivoluzione Industriale del paese». L’allora presidente Abraham Lincoln «era un uomo di un’intelligenza incredibile». Mentre combatteva la guerra civile «si era già reso conto che un mostro immensamente più micidiale della spaccatura della nazione e della schiavitù dei negri era dietro la porta di casa: era la schiavitù del lavoro salariato su scala industriale e agricola». Per i repubblicani di allora, il lavoro salariato era «una forma transitoria di schiavitù che andava abolita tanto quanto la schiavitù dei negri». Essere operai stipendiati nelle grandi industrie o nei campi era «un attacco inaccettabile all’integrità personale». I repubblicani «disprezzavano il sistema industriale che si stava allora sviluppando perché costringeva l’umano a essere sottoposto a un padrone, tanto quanto lo schiavo del Sud, anzi peggio».Per dirla semplice: «Chi ti possiede avendoti comprato ti tratta meglio di chi ti “noleggia”». E qui Lincoln aveva visto lunghissimo, dice Barnard: oltre la mostruosità della schiavitù dei neri d’America, aveva avvistato «il mostro immane della schiavitù del lavoro salariato su scala industriale e agricola». E’ storia: studiando le Rivoluzioni Industriali dal 1700 in poi, si scopre che le sofferenze di centinaia di milioni di operai e contadini salariati, cioè “noleggiati”, furono per più di due secoli assai più atroci di quelle sofferte dagli schiavi delle piantagioni Usa. «Abbiamo tutti nella memoria immagini delle frustate agli schiavi, i ceppi ai piedi e al collo, tutto vero. Ma il numero di manovali salariati, cioè “noleggiati”, picchiati a morte dai “caporali”, morti di stenti e malattie sul lavoro o trucidati dal lavoro stesso per, appunto, almeno due secoli, è infinitamente maggiore. Si pensi che durante la sola costruzione del Canale di Suez nel 1869 morirono come sorci 150.000 operai. La costruzione del Canale di Panama nel 1914 ammazzò l’esatta metà di tutti coloro che ci lavorarono, cioè 31.000 operai. Ancora di recente, nel 1943, il progetto della Burma-Siam Railway trucidò di fame, letteralmente di fame 106.000 disgraziati pagati centesimi a settimana».In Europa, ricorda Barnard, fu questa agghiacciante realtà schiavistica ad animare la lotta di Rosa Luxemburg o Anton Pannekoek. Lincoln, per primo, «aveva spiato il sorgere del nuovo mostro mondiale che avrebbe sputato olocausti dopo olocausti: ma fu ignorato, e la schiavitù del lavoro salariato s’impadronì del mondo mentre solo un microscopico nugolo di pensatori se ne stava accorgendo». Inutile sperare nei sindacati: non hanno mai combattuto il lavoro salariato come neo-schiavitù, hanno solo lottato per migliorare salari e condizioni di lavoro. «Il solito immenso George Orwell, che visse volontariamente fra i diseredati salariati d’Europa negli anni ’30, predisse ciò che ancora oggi abbiamo: masse moderne immani, di fatto schiave del lavoro per quasi tutta la vita». La fuga da questa schiavitù, scrisse Orwell, «è in pratica solo possibile per malattia, licenziamento, incarcerazione, e infine la morte». Oggi, in Ue, sono crollati tutti gli standard di ieri: siamo al ricatto della disoccupazione, ai pensionati costretti a cercasi un lavoro. In altre parole: Lincoln aveva visto giusto. Ed eccoci alla “Tech Gleba Senza Alternative”, «la ‘visione’ che nessuno di noi ha, ma che ci divorerà».Insiste Barnard: «Dovete capire che il capitalismo non esiste più come progetto, è già stato cestinato». Aveva bisogno di tre elementi: gli sfruttati, la classe consumatrice, l’élite che accumula il profitto, al vertice. «Era così nei primi decenni del XX secolo con qualsiasi prodotto, è così oggi con un qualsiasi gadget digitale, fatto da poveracci in Thailandia, comprato dagli occidentali e dagli ‘emergenti’, e i trilioni vanno alla Apple o Samsung». Ma, secondo Barnard, anche questo schema sta tramontando. Perché? «Per due motivi sostanziali. Il primo è che il Vero Potere ha da molto tempo compreso che non sarà assolutamente più possibile contenere miliardi di diseredati affamati sfruttati (la condizione A- del capitalismo); essi o migreranno in masse colossali, oppure – come in India e Cina – inizieranno a pretendere condizioni economiche migliori e nessuno potrà fermarli. Da ciò l’invitabile destino della crescita esponenziale dei costi di produzione di qualsiasi bene, a livelli di prezzi finali impossibili anche per un occidentale. Poi il Vero Potere ha compreso anche che neppure l’alternativa della robotizzazione degli impianti (per licenziare, abbattere quindi i costi e competere) funziona, è un’illusione immensa, perché le masse licenziate sia qui che in paesi emergenti non avranno reddito, e di nuovo non potranno acquistare prodotti sofisticati».Sicché: crollo profitti (Marx docet). E quindi: chi venderà a chi? «Secondo: Il Vero Potere ha da molto tempo capito che la classica struttura della competizione del mercato, in un mondo appunto con popolazione in crescita ma anche costi di produzione impossibili, non può più funzionare. Alla fine, detta in parole semplici, centinaia di milioni di corporations che producono in una gara disperata oceani di cose e servizi, a chi poi le venderanno nelle economie prospettate sopra? E’ un imbuto che si auto-strangola senza rimedi. Quindi il capitalismo è morto e consegnato alla storia, e “loro” lo sanno da anni». Ma ovviamente «il Vero Potere non sta a dormire», ha già strutturato la risposta «in una forma totalmente nuova di economia, mostruosamente nuova», la “Tech-Gleba Senza Alternative”. Ecco come l’hanno pensata: 10 miliardi di umani elevati a classe medio-bassa ma schiavi delle tecnologie, costretti a togliersi la pelle per consumare beni e servizi essenziali hi-tech. A monte, l’oligarchia «accumula quello che mai fu accumulato da élite nei 40 secoli prima». Scomparirà la sperequazione sociale di oggi, dove il pianeta Terra è frammentato da centinaia di stratificazioni, attraverso centinaia di fasce di reddito. «Si vogliono livellare 10 miliardi di umani a più o meno lo stesso livello economico».Un futuro orwelliano: «Ci sarà il condominio con acqua, bagni, elettricità, connessioni digitali, poi strade, scuole, negozi e servizi anche nei buchi neri del mondo di oggi, come Fadwa nel sud del Sudan, o a Udkuda in India». Morto il capitalismo, sparisce anche «la necessità/possibilità di avere miliardi di poveri di qua, benestanti di là, ricconi al top». Secondo Barnard, al nuovo progetto della “Tech-Gleba Senza Alternative” serve che l’intera massa vivente sia omogeneizzata nello standard di vita, e che consumi ma in modo totalmente diverso, mai visto prima nella storia. Un esempio? L’automobile. Come altri giganti come Google, Apple e Tesla, la Volkswagen «sta investendo miliardi di dollari nelle cosiddette ‘driverless cars’, cioè automobili che si autoguidano, che rispondono a comandi orali del passeggero, talmente zeppe di Artificial Intelligence da far impallidire la parola fantascienza». E la casa tedesca non lo sta facendo da poco: ha iniziato 12 anni fa in collaborazione con la Stanford University e il dipartimento della difesa Usa nel suo laboratorio futuristico chiamato Darpa. «Oggi tutto gira attorno a Silicon Valley, Google-Alphabet e alla Cina. Stanno investendo come pazzi». Una startup cinese di nome Mobvoi che fa “intelligenza artificiale” per l’auto del futuro è passata dal valere nulla al valore di 1 miliardo di dollari in un anno. Una corsa frenetica: anche Fca, l’ex Fiat di Marchionne, «sta rovesciando miliardi in ’ste auto-robot assieme a Wymo di Alphabet-Google».In particolare, continua Barnard, la gara si gioca a chi per primo elaborerà i super-computer, oggi impensabili, che sapranno elaborare trilioni di impulsi e dati ad ogni micro-secondo, per far girare miliardi di auto senza autista ma tutte coordinate, “a colloquio” fra di loro per non creare disastri. «La mole di dati che dovranno essere elaborati dal computer di bordo di ogni singolo veicolo in questo scenario è pari a quella di una spedizione spaziale dello Space Shuttle ogni secondo, tutto però gestito da un computerino sul cruscotto grande come una scatola di caramelle». E allora «giù valanghe di miliardi d’investimenti per arrivare primi». La Volkswagen oggi lavora con D-Wave Systems, «un’azienda di computer che sta ribaltando l’universo, perché applica la fisica quantistica ai software: una roba da far esplodere il cervello, perché la fisica quantistica – se applicata con successo alle tecnologie digitali di oggi – le sparerebbe nell’iperspazio, moltiplicando per miliardi di volte il potere di elaborazione dati del più potente computer del mondo». Insomma, «siamo a una viaggio lisergico digitale allo stato puro, ma dietro ci sono i miliardi veri e concreti. Perché?».Ecco la risposta: «Perché questa è gente che pensa 200 anni avanti, e sa benissimo che, col capitalismo morto – quindi con la sparizione di chi ti fa componenti auto pagato 1 dollaro al giorno, e con l’inevitabile innalzamento delle pretese di vita di miliardi di poveracci di oggi verso classi medio-basse – costruire un’auto con quei costi di manodopera costerà una pazzia e i prezzi si centuplicheranno». In altre parole: «Sanno che le auto non si venderanno più nei prossimi duecento anni perché costerebbero oro, e il 98% della gente del pianeta non se le potrebbe più permettere». Sanno anche che l’alternativa della robotizzazione per tagliare i costi (salari) non funziona, è un’immensa illusione, «perché le masse licenziate non avranno reddito, e di nuovo non potranno acquistare l’auto». Ed ecco allora l’avvento della “Tech-Gleba Senza Alternative”, cioè «10 miliardi di umani economicamente omogeneizzati, ma a un livello appena possibile di classe mondiale medio-bassa». E si badi bene: «Là dove questa “Tech-Gleba Senza Alternative” non potrà arrivare coi propri mediocrissimi redditi, dovrà sopperire lo Stato con un Reddito di Cittadinanza, come già detto dal mega-sindacalista Usa Andy Stern e riportato dal “Wall Street Journal”».Queste masse, aggiunge Barnard, saranno saranno obbligate a spostarsi. «E allora l’auto deve diventare un robot che nessuna casa vende, se non in numeri microscopici». Un robot «che quasi nessuno possiede, ma che tutti possono noleggiare per pochi soldi in qualsiasi istante digitando un codice: un’auto-robot arriva e ti porta, un’altra ti riporta, oppure la mandi a prendere la spesa senza muoverti da casa, o rincasi dal lavoro con 6 colleghi chiacchierando comodamente seduto in un van-robot che riporta tutti a domicilio, e se un’ora dopo vuoi andare a cena fuori digiti un altro codice et voilà». Basta moltiplicare questi “noleggi” anche a pochi spiccioli per 10 miliardi di esseri umani, per 10-20 volte al giorno, per 365 giorni all’anno, «e non è difficile capire che il profitto dalla casa produttrice dalla Driverless Car diventa cosmico, rispetto al preistorico sistema della vendita dell’auto al singolo». E già sanno, pare, che l’intera impresa delle Driverless Cars sarà «destinata poi a essere soffocata e rimpiazzata dalle Auto-Drones, letteralmente i Drones iper-tech di oggi trasformati un mezzi di trasporto che ti atterrano davanti a casa», sicché «l’intero traffico mondiale non sarà più su strada ma a circa 500 metri d’altezza sulle città», come in “Blade Runner”. «Ribadisco: queste masse però saranno obbligate (“senza alternative”) a noleggiare questa tecnologia: saranno prigioniere di quelle spese, anche a costo di altri sacrifici».Ma attenti, aggiunge Barnard, perché in questo progetto c’è altro: in questo modo, l’élite si prepara ad accumulare denaro e potere come mai prima, nella storia dell’umanità. Soprattutto perché il progetto «prevede, alla lettera, la distruzione d’interi comparti industriali (i tradizionali Re dell’industria) a favore dell’esistenza sul pianeta degli Imperatori del Business». Parola di Jeff Bezos, di Amazon: «Tutto questo sbriciolerà interi comparti industriali. Da queste fratture escono morti i tradizionali Re del business, ed escono gli Imperatori». E Bezos è uno che «ha sbriciolato tutto il comparto industriale a cui apparteneva, ha azzerato sei comparti in un colpo solo, e ora l’Imperatore è Amazon». State capendo? Non muore solo il capitalismo, secondo il progetto Tech-Gleba, ma anche la moltitudine delle industrie a favore di colossali monopoli (gli “Imperatori”) come mai visti nella storia, già chiamati col nome di “piattaforme”. Ne immaginate i profitti? Ancora: «Con lo Strumento per Pianificare l’Offerta, i Pensatori Critici e i nuovi software, l’Imperatore possiederà una o più Piattaforme. Le Piattaforme dovranno però interagire nel pianeta, tutto si gioca in questo, nelle Piattaforme… Useremo i software per sbriciolare comparti industriali con prodotti o soluzioni che nessuno ancora possiede». Di nuovo, immaginate i profitti dei pochi Imperatori-élite nelle loro Piattaforme?Chi parla così? Dei lunatici deliranti? Tutt’altro: sono Lloyd Blankfein (Goldman Sachs), Robert Smith (Vista Equity Partners), e Jeff Immelt (General Electric), a un meeting riservato. Ma, «prima che il progetto arrivi a distruggere i milioni di Re a favore degli Imperatori, gente come Amazon di Jeff Bezos con la sua iper-Tech digitale si sta divorando la piccola-media distribuzione, come uno squalo bianco divorerebbe un milione di pesci rossi in una vasca». Se cambia l’universo-automotive, «10 miliardi di viventi saranno “prigionieri” della necessità (Captive Demand) di “noleggiare” tecnologia oggi considerata cosmica per solo spostarsi». Costretti, prigionieri. «Basta solo capire che quasi tutto il resto sarà esattamente così, per quasi ogni prodotto e per quasi ogni servizio esistente. Cioè: 10 miliardi di “Tech-Gleba Senza Alternative”», obbligati a «usare per sopravvivere tecnologie di cui loro non hanno nessun controllo, ma assoluta necessità, e che stanno tutte nelle mani di pochi Imperatori che già oggi le posseggono perché ci stanno investendo cifre incalcolabili e cervelli inimmaginabili».Amazon e Google-Alphabet, Intel, Samsung, Microsoft, Apple, D-Wave Systems e tutti i labs di ricerca in “A.I.” dei colossi come General Electric, Bosch, Mit di Boston, più le migliaia di startup come la cinese Mobvoi. Monopolio totale della conoscenza applicata, in ogni campo: «Potrebbero sparire tutti i tecnici Enel, idrici, progettisti d’auto o medici operativi oggi, che in poco tempo sarebbero sostituiti da altri già esistenti o in formazione. Ma quando invece solo il fatto che tu abbia una connessione senza cui letteralmente non sopravvivi in Terra, o che tu abbia un trasporto da A a B, o un Cobot che ti curi il taglio post-operatorio, quando queste cose essenziali sono in mano a una élite ristrettissima di fisici quantistici, software code-makers da viaggio su Marte, e maghi visionari della A.I., i cui brevetti saranno più segreti dei codici nucleari di Stato… tu sei fottuto, perché nessuno fra i tecnici delle normali formazioni universitarie anche ad altissimo livello ci capirà mai nulla di quella incredibile fanta-vera-scienza. I primi saranno i padroni unici della vita stessa sul pianeta, punto. State capendo?».Trasporti, sanità, acqua, energia, informazione, servizi essenziali, pagamenti, cibo: tutto in mano a pochissimi, il cui sapere non è alla portata dei normali scienziati non-quantistici. Ci sono materiali “magici” come il Graphene, «che è un singolo strato di materiale con proprietà mai esistite in nessun altro materiale al mondo: è più forte dell’acciaio, conduce meglio del rame, è sottile come un singolo atomo, da semiconduttore è praticamente trasparente e ha applicazioni ovunque, dalla chirurgia all’ingegneristica alla purificazione delle acque ai sistemi elettrici di intere nazioni». E ci sono gli Oleds, «che sono tecnologie visive, che trasformeranno le tv e gli smartphone in applicazioni molto più flessibili, intercambiabili, permetteranno a una televisione di casa di essere ripiegata in un tablet e poi anche in uno smartphone». E ci sono i possibili super-computer «di capacità inimmaginabili, oggi nascenti dalla fisica quantistica di D-Wave Systems».La massima incarnazione di tutto ciò si chiama Sergey Brin, il guru di Google-Alphabet. Tutto il potere inimmaginabile che Google ha e avrà nasce da questo concetto partorito da Brin: «Non c’interessa fare prodotti, c’interessa sfondare i limiti dell’inimmaginabile». Brin, continua Barnard, ha dato ordine di sviluppare decine di innovazioni chiamate Ecosystem, da lì il progetto di eliminare tutti i trasporti su ruote o ferrovie del pianeta, e sostituirli con immensi Dirigibili Drones con neppure un umano impiegato a bordo, spostando tutto ciò che si sposta al mondo – dalla Cina all’Argentina e dal Canada a Singapore – da una stanza con una ventina di addetti». Il lettore, aggiunge Barnard, deve comprendere come lavorano i cervelli di questi “alieni umani”. «Per essere semplici: se il 99% degli scienziati stanno lavorando come pazzi per mandare l’uomo su Marte, Sergey Brin riunisce i suoi per trovare le tecnologie per mandare l’uomo su Giove… comprendete? Col Deep Learning di Google, Brin considera oggi come già superata l’Intelligenza Artificiale (A.I.) che ancora deve venire». Con i colleghi Greg Corrado e Jeff Dean, Brin «ha chiuso gli occhi e immaginato livelli di astrazione». Che significa? «Loro sanno che nella sfera dell’Intelligenza Artificiale il problema dei problemi è che i computer lavorano a metodo lineare, e non riescono ad elaborare molti livelli di astrazione. E oggi loro hanno portato l’Intelligenza Artificiale con il loro Deep Learning a saper elaborare almeno 30 livelli di astrazione, dando quindi la capacità ai computer d’imparare ormai allo stesso livello degli umani».Poi c’è David Ferrucci, che fu il guru della A.I. all’Ibm col progetto Watson. Ferrucci lasciò Ibm per passare alla corte di Ray Dalio, il boss dell’hedge fund Bridgewater. «Un altro essenziale transfugo dall’Ibm che è andato a lavorare sulla A.I. in Inghilterra alla Benevolenti A.I. che si occupa di sanità, è Jerome Pesenti: e qui avremo moltissima “Tech-Gleba Senza Alternative”, perché gli ammalati esisteranno sempre e già oggi in Giappone, dove nel 2025 gli anziani sopra i 70 anni saranno quasi il doppio di quelli in Ue o negli Usa, si stanno costruendo gli infermieri robotizzati chiamati Cobots». Continua Barnard: «Adam Coates viene da Stanford e oggi porta il suo genio “demoniaco” alla Cina, dove dirige i progetti di A.I. per la mega-corporation Baidu focalizzandosi su apprendimento, percezione e visione nella A.I». Al colosso Ibm non mancano i rimpiazzamenti: David Kenny che sviluppa proprio la tecnologia per le piattaforme e per i carichi cognitivi. Poi, l’arcinota Uber ha Gary Marcus che lavora sulla A.I. per le Driverless Cars e sul Dynamic Ride Scheduling. «L’uomo che forse più sa di Networking Neuronale al mondo è Jonathan Ross: lavorava a Google con Brin». In Amazon, invece, «Raju Gulabani ha pionierizzato la rete da decine di miliardi di dollari che sostiene la corporation di Jeff Bezos, cioè la Aws Database and Analytics, assieme ai primi mattoni di A.I». E ci sono personaggi Russ Salakhutdinov, di Apple, «anche se l’ex impresa di Steve Jobs è davvero arrivata tardi in questa fanta-vera-scienza».Qualche esempio di cosa inizieremo a vedere? La classica scampagnata: oggi prendi la bici e scorrazzi tra i campi, tra l’odore di fieno, il rombo della trebbiatrice «e quella sensazione di essere nella natura lontano da semafori, antenne o il wi-fi: il casolare del contadino, i contadini magari seduti fuori dal bar di Mezzolara al sabato pomeriggio a giocare a carte». Nella scampagnata in “Tech-Gleba Senza Alternative”, invece, «i contadini scompaiono, letteralmente non ne esiste più uno». Si chiamerà: Agricoltura di Precisione. «Il casolare, se rimane, è ristrutturato in una centrale operativa di Agriscienza. Antenne ovunque. Nessun rombo di trattore, ronzii di decine di Drones di dimensioni che vanno dai 12 centimetri a 10 metri che sorvolano i campi e trasmettono miliardi di dati (100 o 500 per ogni singolo stelo di grano, per ogni singola cipolla) alle centrali. Poi i software dalle centrali diranno ai Drones Seminatori dove piazzare il singolo seme a seconda di una dettagliata analisi chimica del singolo centimetro quadrato di terreno, il tutto in tempi di microsecondi. Welcome la Semina di Precisione. Stessa operazione ai Drones Fertilizzanti. Vi lascio immaginare il resto: meglio che ne approfittiate finché il contadino sta ancora là, oggi».Nel campo industriale, continua Barnard, si aggiungono gli Ecosistemi Virtuali, là dove il prodotto viene razionalizzato da sistemi di A.I. per ridurre i passaggi produttivi di venti volte o più. Una produzione annuale di 40 milioni di di pezzi sarà gestita dai Cobots, cioè sistemi robotizzati che letteralmente “parlano” con un singolo operatore umano, che «non schiaccia più tasti, ma parla e basta», mentre «mostruosi impianti rispondono, obiettano, suggeriscono soluzioni, segnalano problemi». Così per tutto: intrattenimento, qualsiasi attività esterna a casa, istruzione, social media, attivismo, politica. «Qui i primi ad arrivare per cambiare, come mai, il tuo mondo saranno la Virtual Reality (Vr) e la Augmented Reality (Ar) del conglomerato Facebook-Oculus». Il concetto è questo: «Per entrare in contatto con chiunque, e per fare praticamente qualsiasi cosa, non sarà più necessaria la tua presenza fisica, basta quella virtuale. Un bel Rift Head-set di Oculus, o anche solo quegli strani occhiali con cui si fece fotografare Sergey Brin di Google, e il gioco è fatto. Il networking globale in 3d ti permetterà, stando immobile sul divano, di cercar casa visitando decine di appartamenti, dialogare con gli agenti e l’amministratore, stare in classe ma “vedersi” seduti alla Lectio Magistralis del Prof. X all’università di Yale in Usa, o visitare, sempre immobile dalla classe, le distese di Agribusiness in Sudan, partecipare a workshop di A.I. a Cupertino, a Mosca, a New Delhi». E magari «testimoniare la guerra ad Aleppo, ma senza il “disturbo” degli odori dei poveri, dei fetori di sangue rappreso, e con una visione totalmente pilotata dalle autorità occidentali».Poi, i social media «ti permetteranno, dal divano di casa, di essere fra amici a una cena virtuale, o di corteggiare una persona per capire chi è, prima ancora di muovere un passo da casa. O di non muovere neppure più un passo da casa, e avere un orgasmo, toccare un petto o un seno virtuali, e uscirne totalmente soddisfatti». Peggio: «Il progetto provinciale di Casaleggio diverrà devastante nelle dimensioni. L’attivismo politico sarà tutto immobilismo dai divani di casa, nessun corpo umano visibile da nessuna parte, tutti in cortei virtuali, Consigli comunali virtuali, comizi virtuali, dialoghi coi parlamentari virtuali, videogames di scontri di piazza, cioè aria fritta, e apatia di masse immense nel trionfo globale dell’Attivismo di Tastiera». Il denaro? Blockchain e Ledgers sono già realtà oggi: «Sparirà ogni forma di denaro, le Cryptovalute diverranno padrone (oggi abbiamo solo Bitcoins ed Ethereum, ne verranno centinaia). Ogni singola transazione, dai 70 centesimi dell’anziana pensionata alle centinaia di miliardi delle corporations, sarà registrata attraverso la tecnologia Blockchain in registri mondiali chiamati Ledgers che saranno visibili da chiunque al mondo abbia i software per accedere».I pagamenti saranno quindi istantanei e istantaneamente verificati dagli algoritmi matematici di tutta la catena di Blockchain. «Spariranno dunque milioni di posti di lavoro legati alla contabilità, all’avvocatura, nelle banche, con lo strascico di impiegati/e. Ma molto peggio: i maghi dell’informatica dei servizi americani, perché saranno loro ad avere le chiavi di questa allucinazione, passeranno miliardi di dati privati – sui pagamenti degli umani visibili sui Ledgers, quindi sugli stili di vita, sulle abitudini, sulle tendenze di consumo, sullo stato di salute delle persone, su come lavorano, sul business mega-medio-micro». Dati ce finiranno alla Nga, la National Geospatial Intelligence Agency degli Stati Uniti. «La Nga è la più grande intelligence al mondo per raccolta e analisi di immagini e dati; e lo sarà in futuro per capire chi sei tu, o tu azienda, cosa fai ogni 30 secondi della tua vita, cioè se compri gratta&vinci o se hai fatto un’ecografia all’utero, o se hai donato a Greenpeace, ai sovranisti… o per spiare i pacchetti ordini per sapere su quali aziende speculare, o per sapere se davvero come dice “Bloomberg” il rame del Cile ancora tira, o se è meglio dire agli investitori di andare altrove». La Nga «lo farà grazie alla Blockchain e ai Ledgers: sarà la più immane perdita di privacy della storia umana, con la “Tech-Gleba Senza Alternative” del tutto impotente, ma le piattaforme globali in posizione di ovvio favore».E sempre in materia di privacy disintegrata, continua Barnard, saremo il benvenuto al mondo dei Psychoimaging Sofware, a braccetto coi Drones. «E’ noto che i gadget digitali più venduti già oggi sono pronti ad ospitare software che ti leggono impronte digitali, o la mimica dei muscoli facciali, o a registrarti mentre sei a letto col cellulare spento. Ma è anche vero che i dati sulla tua persona che verrebbero trasmessi in questo modo rischiano di essere molto frammentari perché non viviamo sempre incollati ai cellulari, pc o tablets». I droni, invece, come già oggi sperimentato dal Darpa del dipartimento alla difesa Usa, «possono essere ridotti alle dimensioni di un insetto, ed essere su di te in qualsiasi momento, ovunque, e trasmettere i dati a software di Psychoimaging, cioè software che compileranno schede su chi sei, che carattere tendi ad avere, come ti si può convincere meglio e a che ore del giorno, o se sei una minaccia per il sistema, cosa ti potrebbe sospingere a una ribellione, come i media impattano la tua personalità, come formi i tuoi figli». Peggio ancora: «I Drones possono leggere il labiale, quindi avere un accesso ancora più diretto a qualsiasi cosa tu esprimi o intenda fare in ambito sia privato che di business».Per il pessimista Barnard non avremo scampo: «Saremo “Tech-Gleba Senza Alternative”, cioè prigionieri, precisamente perché quando tutto il pianeta funzionerà così, chi si può permettersi di dire “No, non ci sto”?». E il «mostruoso mondo Tech» non è una fantasia, «è già alle porte». Ma a cambiare, sottolinea Barnard, è solo il “come”, lo spaventoso potenziale tecnologico, non il paradigma. Quello è immutato: «Il gran gioco della razza umana dal primo minuto della civiltà è sempre stato identico: fu, e rimane oggi, una guerra spietata fra il desiderio delle élite di dominare, e i tentativi dell’umanità di prendersi invece ciò che gli spetta. I tentativi hanno avuto sempre e solo un nome: le rivoluzioni», considerate dall’élite «fastidiosi incidenti di percorso». Potevano essere represse nel sangue, o tollerate per qualche tempo e poi «dirottate dall’interno verso nuove forme di sanguinario dispotismo di altre élite». E’ il caso della Rivoluzione Francese finita nel Terrore, o della Rivoluzione Russa «che Lenin devastò appena poté». Ma con l’incalzare della modernità, aggiunge Barnard, per le élite divenne sempre più difficile controllare le masse. La prima sperimentazione in grande stile? Negli Usa, tra fine ‘800 e inizio ‘900.«Pochissimi sanno che la parte d’Occidente più “marxista” in assoluto, a cavallo fra il XIX e il XX secolo, fu il nord-est degli Stati Uniti d’America, e in parte l’Irlanda». Negli Usa, il fermento dei lavoratori «impropriamente chiamato socialista», in realtà «anarco-sindacalista, libertario nel vero, storico senso del termine» era tale che, di routine, «venivano stampati quasi 900 quotidiani rivoluzionari, che venivano davvero letti nelle comuni di lavoratori e lavoratrici». Ora, aggiunge Barnard, si può immaginare come l’élite del capitale americano si organizzò per soffocare tutto questo. E di certo, a pochi decenni da una guerra civile costata quasi 800.000 morti, «le élite non potevano reprimere tutto nel sangue. Ci voleva altro per soffocare quella rivoluzione». Ma cosa? Da quell’epoca in poi, «il Vero Potere comprese qualcosa di letteralmente mostruoso – ripeto, mostruoso – per silenziare, sedare, le masse ribelli: l’Apatia del Benessere Minimo». Che significa? «Mantenere miliardi in povertà e disperazione è non solo intenibile, perché si ribelleranno, ma controproducente (fine capitalismo, “Tech-Gleba”)». Furono due intellettuali americani a immaginare la soluzione: Edward Bernays e Walter Lippmann. «Le élite avrebbero dovuto sedare le masse – in quel caso americane – con l’avvento dell’industria mediatica, cinematografica, pubblicitaria e consumistica che ne manipolasse il consenso verso il desiderio di possedere un benessere minimo a qualsiasi costo».E vinsero, perché «chi inizia ad assaggiare l’individualismo del proprio piccolo, modesto progresso edonistico nei consumi e nel piccolo agio», poi ovviamente «abbandona i sacrifici, il coraggio e il pensiero per la lotta sociale». Chiaro: «Vuole avere di più. Per non parlare poi di quando diviene vera classe media». La prima grande ondata di “apatizzazione” delle masse potenzialmente pericolose per le élite «sfondò i popoli negli Stati Uniti fra gli anni ’20 e ’40 del XX secolo», continua Barnard. Celebre l’opinione che Bernays e Lippmann avevano del popolo: «Sono solo degli outsider rompicoglioni», da “domare” verso la docilità. Poi vennero la Seconda Guerra Mondiale, il dilagare del socialismo, il comunismo e la Rivoluzione d’Ottobre, la nascita del Welfare State in Gran Bretagna, «la magica (seppure breve) influenza dell’economista John Maynard Keynes sull’economia per la piena occupazione», fino al ’68 e alle lotte operaie europee. «All’alba degli anni ’70 le élite si resero conto che il piano Bernays-Lippmann di apatizzazione era decaduto, ne occorreva un altro ben più potente»: il Memorandum Powell.Barnard ne ha parlato nel saggio “Il più grande crimine”, citando le gesta dei protagonisti della «seconda grande ondata di apatizzazione delle masse». Lì i compiti furono divisi fra Stati Uniti, Europa e Giappone. «S’inizia con una mattina dell’estate del 1971, quando Eugene Sydnor Jr. della Camera di Commercio degli Stati Uniti chiamò l’avvocato Lewis Powell e gli chiese un progetto di apatizzazione delle masse occidentali in sollevazione». Powell scrisse un Memorandum di sole 11 pagine. Vi si legge: «La forza sta nell’organizzazione, in una pianificazione attenta e di lungo respiro, nella coerenza dell’azione per un periodo indefinito di anni, in finanziamenti disponibili solo attraverso uno sforzo unificato, e nel potere politico ottenibile solo con un fronte unito e organizzazioni (di élite) nazionali». Poi arriva la Commissione Trilaterale, composta appunto dai vertici di Stati Uniti, Europa e Giappone. Chiamano tre influenti intellettuali, Samuel P. Huntington, Michel J. Crozier e Joji Watanuki. Nelle 227 pagine del loro “The Crisis of Democracy” daranno la ricetta letale per l’apatizzazione. Basta leggere questi passaggi: «Il funzionamento efficace di un sistema democratico necessita di un livello di apatia da parte di individui e gruppi. Ciò è intrinsecamente anti-democratico, ma è stato anche uno dei fattori che hanno permesso alla democrazia di funzionare bene».«La storia del successo della democrazia – continuano i tre – sta nell’assimilazione di grosse fette della popolazione all’interno dei valori, atteggiamenti e modelli di consumo della classe media». Cosa vuol dire? «Significa che, se si vuole uccidere la democrazia partecipativa dei cittadini mantenendo in vita l’involucro della democrazia funzionale alle élites, bisogna farci diventare tutti consumatori, spettatori, piccoli investitori, tutti orde di classe medio-bassa appunto. Apatici». Il risultato, conclude Barnard, è storia contemporanea: «Trionfo dei consumi assurdi, dell’edonismo idiota di Tv e mode, crollo dalla partecipazione alle lotte in strada, apatia di praticamente tutti anche a fronte di fatti gravissimi che distruggono democrazia, lavoro, diritti, Costituzioni. Con l’avvento poi di Internet il tripudio del progetto della Trilaterale raggiunse l’orgasmo». Barnard fui il primo in Italia a coniare il dispregiativo “attivisti di tastiera”, ignaro che negli Usa si parlava di “clicktivism”. «Altra forma di apatia che infettò persino quel 2% dei cittadini che ancora non erano stati divorati da Playstation, Formula 1, Belen, Il Grande Fratello, la Champions, il red carpet di Cannes, il gratta e vinci, il Carrefour, la ‘notte rosa’ al mare». La grande apatia di massa del Duemila.«Le élite protagoniste di tutta questa storia – insiste Barnard – vedono sempre chiaro almeno 50 anni avanti, più spesso 200 anni». I segnali di un nuovo sommovimento delle masse? Divennero chiari, per loro, quasi vent’anni fa. Allora, «i salari reali del paese più potente del mondo, gli Usa, erano stagnanti dal 1973: malcontento diffuso». Inoltre, le bolle speculative (immobiliari e finanziarie, specialmente incoraggiate da Clinton) davano un segnale chiarissimo: le élite sapevano già che sarebbero tutte esplose (net-economy, subprime, crack di Wall Street). Risultato: di nuovo, milioni di occidentali “indignati”. Niente di buono neppure a Est: «La mano del Libero Mercato di quel criminale di Jeffrey Sachs nell’est europeo post-comunista e in Russia stava decimando quei popoli, col tasso di mortalità media in Russia crollato a 56 anni per gli uomini, migrazioni di massa a ovest delle donne, corruzione epica ovunque, di nuovo pericolo di sollevazioni». Poi il disegno dell’Eurozona: «Appena nato, era già stato sancito come una catastrofe sociale dalle Federal Reserve Banks degli Stati Uniti, e quindi dai maggiori “investment bankers” del pianeta, per cui già allora si aspettavano un’Europa di ribellioni populiste, caos politico, e Brexit». Chiarissimo, poi, era il pericolo di conflitto nucleare futuro, con rischi anche per le stesse élites: conflitto «non Usa-Russia, ma Usa-Cina, cioè due progetti imperiali inconciliabili a morte». Infine il “climate change” che già stava divorando il pianeta, con «masse immani di disperati» che si sarebbero mosse «letteralmente per bere, e avrebbero invaso l’Occidente: 500.000 indiani rischiano di non bere più fra meno di un decennio».Attorno al 2.000, «l’elite comprese che una terza, immensa ondata di apatizzazione sarebbe stata vitale, per tenere questo mondo di nuovo in ribellione sotto controllo per i prossimi mille anni». Ed ecco Rift Head-set, Virtual Reality, Blockchain, Drones, Artificial Intelligence e 10 miliardi di umani in “Tech-Gleba Senza Alternative”, «decerebrati del tutto da Facebook-Oculus e altri come loro». Visione deprimente: «Saremo un’umanità omogeneizzata, senza più immensi scarti di redditi ma totalmente nelle mani, per letteralmente sopravvivere, di élite private che possiedono tutte le Tech-chiavi per la vita stessa della specie umana». E naturalmente «non potremo mai più ribellarci, né dare l’assalto alla Bastiglia, perché anche se ci impossessassimo di quelle chiavi non sapremmo né usarle né sostenerle. Saremo prigionieri di consumi High-Tech irrinunciabili, senza nessuna via di fuga, e in più totalmente apatizzati dall’immobilismo del mondo Virtual-Drones, con gli Oleds, la Vr con Ad, e le infinite forme di A.I.». Detto alla buona: «Se oggi è un dramma convincere un cittadino a uscire di casa per contestare il proprio Comune, immaginate in questo futuro, che è già pronto, quando il tizio con la maschera-occhiali contesterà il Comune in Virtual 3D fra un amplesso Virtual 3D e l’altro». Con 10 miliardi di umani conciati così, ed élites «padrone di un potere sull’economia e sulla vita stessa impensato fino a oggi», per Barnard si può davvero decretare la fine della storia. «L’Eurozona è un sogno, in confronto; la mafia è un sogno, in confronto, il lavoro di oggi anche. Ricordate Lincoln e come seppe vedere ‘oltre’. Non fate figli, vi prego».Non mangiano più “libri di cibernetica, insalate di matematica”, ma divorano volumi di Cartesio, Galileo, Newton. Sono i nuovi stregoni della meccanica quantistica, a metà strada tra scienza e metafisica. Sono stati assoldati dall’élite planetaria, quella che ormai ha compreso che il capitalismo è storicamente finito. Al suo posto, avanza quella che Paolo Barnard chiama tech-gleba. O meglio: “Tech-Gleba Senza Alternative”, sottoposta al cyber-potere del computer “quantico”, fantascienza in mano a pochissimi. Una super-macchina “pensante”, in grado di far sparire ogni lavoratore dalla faccia della terra, sostituendolo con robot, droni e androidi cobots, i cui servizi i neo-schiavi ridotti all’apatia saranno costretti a “noleggiare”. «Questo non è un fumetto, è il futuro vicino, vicinissimo, ed è tutto già pronto. Solo che nessuno di noi se ne sta accorgendo», perché i cittadini più “svegli”, che stanno in guardia contro minacce visibili (mafie, corruzione, Eurozona, migrazioni, “climate change”) non vedono «un mostro immensamente peggiore», che ormai «è dietro la porta di casa». L’umanità retrocessa alla servitù della gleba (tecnologica). E’ l’incubo al quale Barnard dedica svariate pagine sul suo blog, lo stesso che nel 2011 ospitò il profetico saggio “Il più grande crimine”, sulla genesi politico-finanziaria dell’Eurozona – riletta, appunto, in chiave criminologica: puro dominio, fraudolento, dell’uomo sull’uomo.
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Ecco perché Steve Jobs non lasciava usare l’iPad ai suoi figli
Un articolo pubblicato sul “New York Times” nel 2014 ha rivelato che il fondatore dell’Apple, Steve Jobs, insieme ad altri dirigenti di società tecnologiche, limitava ai propri figli l’utilizzo di dispositivi elettronici fino a proibirli. Secondo il giornale, in una delle sue interviste, Jobs affermò che i suoi figli non avrebbero utilizzato, una delle sue creazioni più popolari, l’ iPad. «Cerchiamo di ridurre al limite la quantità di tecnologia che i nostri figli possono usare a casa», ha detto il fondatore del colosso informatico. L’articolo rivela che un numero significativo di amministratori delegati di aziende tecnologiche, come Jobs, vivono secondo regole del tutto diverse da quelle suggerite, alla popolazione americana, dalle loro stesse aziende. Anche il Ceo della 3D Robotics, azienda produttrice di droni, Chris Anderson, ha il controllo totale sull’utilizzo di qualsiasi “gadget” dei suoi figli. Spiega questa sua scelta educativa perché ha vissuto «in prima persona i pericoli della tecnologia». «Non voglio che i miei figli passino la stessa cosa», ha confessato.Il fondatore di Twitter, Blogger e Medium, Evan Williams, e sua moglie, Sara Williams, per esempio, hanno regalato ai loro due bambini centinaia di libri che possono leggere quando vogliono invece che un iPad. Walter Isaacson, l’autore di “Steve Jobs”, afferma: «Ogni sera Steve faceva in modo di fare cena nel grande tavolo lungo nella loro cucina, discutendo di libri e storia e una varietà di cose. Nessuno ha mai tirato fuori un iPad o un computer. I bambini non sembrano richiedere per niente di tutti questi dispositivi». Secondo diversi studi clinici, l’utilizzo continuativo di dispositivi elettronici da parte dei bambini può portare a un aumento dei disturbi della vista e del sonno. Inoltre, i ricercatori ritengono che le frequenze wireless per la connessione a Internet usate dall’iPad e da altri tablet possano rappresentare potenziali rischi per la salute ed essere cancerogene.Questi dispositivi possono causare una diminuzione degli scambi tra il nucleo e la membrana cellulare, riducendo poco a poco la differenza di potenziale elettrico della cellula, causando così un malfunzionamento che può generare disfunzioni e malattie. Spesso infatti un luogo, reso insalubre dalla presenza di antenne per la telefonia mobile, di impianto elettrico e di cellulari, ha effetti biologici negativi sulla vita della persona: ne perturba l’energia e l’equilibrio individuale, provocando intolleranze e danni alla salute psicofisica e indebolendola nella sua totalità o funzioni di essa, anche solo in determinati periodi.Tra gli influssi nocivi più comunemente si notano malesseri di pertinenza neuropsicologica come sonno inquieto con frequenti risvegli e incubi, sonno non soddisfacente con sensazione di stanchezza o bassa energia mattutina, risveglio difficile e lungo, insonnia perniciosa, mancanza di concentrazione, stanchezza cronica, ricorrente mal di testa e di schiena, disturbi della colonna vertebrale, depressione atipica, inquietudine non spiegabile, sterilità, tachicardia e ipertensione essenziale, manifestazioni patologiche (senza accertate cause organiche) da sistema immunitario debilitato, emicranie resistenti alle terapie ufficiali frequentemente associate a irritabilità, brividi ed invecchiamento della pelle. Ciò avviene, con ampia variabilità individuale, in base alla sensibilità personale (più esposti sono i bambini e le donne), al livello di soglia di vulnerabilità allo stress e alla somma dei campi elettromagnetici negativi presenti nell’ambiente circostante.(Paolo Zucconi, “Ecco perché Steve Jobs non lasciava usare l’iPad ai suoi figli”; estratto da “Il manuale pratico del benessere”, edizioni Ipertesto, ripreso da “La Crepa nel Muro” il 9 dicembre 2016).Un articolo pubblicato sul “New York Times” nel 2014 ha rivelato che il fondatore dell’Apple, Steve Jobs, insieme ad altri dirigenti di società tecnologiche, limitava ai propri figli l’utilizzo di dispositivi elettronici fino a proibirli. Secondo il giornale, in una delle sue interviste, Jobs affermò che i suoi figli non avrebbero utilizzato, una delle sue creazioni più popolari, l’ iPad. «Cerchiamo di ridurre al limite la quantità di tecnologia che i nostri figli possono usare a casa», ha detto il fondatore del colosso informatico. L’articolo rivela che un numero significativo di amministratori delegati di aziende tecnologiche, come Jobs, vivono secondo regole del tutto diverse da quelle suggerite, alla popolazione americana, dalle loro stesse aziende. Anche il Ceo della 3D Robotics, azienda produttrice di droni, Chris Anderson, ha il controllo totale sull’utilizzo di qualsiasi “gadget” dei suoi figli. Spiega questa sua scelta educativa perché ha vissuto «in prima persona i pericoli della tecnologia». «Non voglio che i miei figli passino la stessa cosa», ha confessato.
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Tav occulto: val Susa, attentato al “chakra sacro” europeo
«Nessuno ne parla, ma questa aggressione è in corso da anni». Non si tratta di missili, veleni e cemento. «Vengono colpiti luoghi sacri naturali». In altre parole, è in pieno svolgimento una crociata – segreta – contro la geografia “invisibile” dei cosiddetti luoghi santi. E la prima linea del fronte sarebbe proprio la valle di Susa, investita dal progetto Tav. Che non sarebbe solo il consueto maxi-affare all’italiana. Molto peggio: un sortilegio malefico, per colpire a morte quello che è forse il più importante “chakra” terrestre europeo, il maggiore nodo energetico del continente. Per giunta situato sulla rotta che unisce, in linea retta, l’abbazia francese di Mont Saint-Michel al santuario di Monte Sant’Angelo, sul Gargano. Ombelico del “canale energetico”, l’abbazia medievale valsusina della Sacra di San Michele, monumento simbolo del Piemonte. Gli architetti occulti dell’operazione-Tav? «Sono innanzitutto esoteristi». A fare una simile affermazione, decisamente fuori ordinanza, è Fausto Carotenuto: non esattamente un visionario, ma un veterano dei servizi segreti italiani, per i quali ha lavorato come analista internazionale. Non ha dubbi: quella che è cominciata in valle di Susa è un’operazione “magica”, destinata a farci del male. Un atto di guerra, deliberato, contro il “drago” di uranio e amianto che dorme nel sottosuolo alpino. Un lavoro da stregoni, più che da gangster della politica.Parole che richiamano il coro di sgomento suscitato dall’imbarazzante cerimonia di inaugurazione del traforo del Gottardo, in Svizzera, celebrata il 1° giugno 2016 con uno strano rito di sapore tribale e sacrificale, in onore di un misterioso dio-caprone – forse simbolo dell’ancestrale paura della selva, “domata” oggi dalla tecnologia che perfora le Alpi? No, dice Carotenuto: quei tunnel sono un attentato contro le forze “spirituali” della Terra, per compromettere volontariamente la nostra possibilità di felicità. Ma l’intervento sulla valle di Susa, pubblicato su “Controinformazione”, risale a 5 anni prima della sinistra carnevalata del Gottardo. Quelle cose, Carotenuto – oggi apprezzato autore di saggi sulla spiritualità contemporanea – le scriveva nel 2011, quando sulla lotta contro il Tav Torino-Lione si stava affacciando anche il fantasma della violenza, «una trappola appositamente congegnata proprio dai fautori del progetto». Forze spirituali invisibili? Soprannaturale? «Il soprannaturale non esiste, è solo il “naturale” che non conosciamo ancora», sostiene un iniziato come il massone Gianfranco Carpeoro, esperto di simbologia. Quanto all’esoterismo, “che c’azzecca” col Tav? Se uno legge Gioele Magaldi, scopre che il vertice del potere mondiale è interamente massonico, iniziato al sapere esoterico (anche se ovviamente non lo ammetterebbe mai). E il Tav è classica operazione di potere. Anche “magica”?Carotenuto non ha incertezze: al di là del fatto che «i valligiani hanno ragioni da vendere», perché la maxi-ferrovia «non porterà “progresso” ma distruzione, devastazione e malattie», sostiene che «ad una indagine attenta dei valori spirituali in gioco emerge tuttavia un quadro ancora più fosco, di grande emergenza: non sono in gioco solamente i soldi degli ingordi, e l’ambiente e la salute degli abitanti della val di Susa». La posta, quella vera, è un’altra ancora: «Qualcuno sta cercando di portare avanti una operazione tendente a colpire direttamente le forze interiori di una grande fetta della popolazione europea: non solo quelle dei cari e simpatici valligiani, ma quelle di tutti i piemontesi, degli abitanti di un vasto arco delle Alpi, e delle regioni che si protendono attraverso tutta la Francia verso Nord, e tutta l’Italia verso Sud». Una operazione «che parte da molto in alto nelle gerarchie delle piramidi che portano avanti le strategie oscure». All’esistenza reale di “piramidi oscure”, in cui opererebbero “Maghi Neri”, Carotenuto ha dedicato il saggio “Il mistero della situazione internazionale” (Uno Editori), che offre una spiegazione in chiave “spirituale” del malessere che sta colpendo il pianeta.Non si parla solo di generiche “energie”, di stampo new age: l’ex stratega dell’intelligence italiana allude specificamente a vere e proprie ritualità di tipo magico, innominabili e inconfessabili, che sarebbero praticate in segreto da esponenti del massimo potere. Obiettivo: sabotare il “risveglio” della coscienza dell’umanità. A questo, dice, servirebbe anche la sgangherata progettazione della linea Torino-Lione, l’infrastruttura più incoerente e ridicola del pianeta. Ma in realtà c’è ben poco da ridere, visto che si tratta di «un qualcosa di così importante che il fronte del potere politico, finanziario, economico, dei mass media – largamente influenzato e diretto dai vertici “oscuri” – sostiene in modo insolitamente compatto e granitico, senza apprezzabili sbavature». Il che è verissimo. A nulla è valsa, finora, la sacrosanta protesta dei valsusini contro «menti oscure, schiere di mercenari del potere e del denaro, centurie di coscienze spente e freddamente calcolatrici». Anni di appelli, firmati da centinaia di tecnici universitari, per svelare che l’opera sarebbe devastante, costosissima e soprattutto inutile; e mai nessuna risposta, né da Palazzo Chigi né dal Quirinale. Come se quella futuribile infrastruttura fosse, semplicemente, un tabù. Un dogma intoccabile. Un mistero, appunto: forse per noi, ma non per “loro”, sostiene Carotenuto.Da alcuni anni, scrive l’autore, una enorme “operazione risvegli” è in corso sulla Terra, sulla quale ovviamente i “poteri oscuri” hanno fatto calare una vera e propria congiura del silenzio. «Le forze del Male, o per meglio dire dell’Ostacolo, sono quelle – sia spirituali che terrene – che fanno di tutto per bloccare i risvegli appena iniziati», cioè l’esplosione di consapevolezza che conduce alla riscoperta dei valori umani, la solidarietà, l’amore (non come “buonismo”, ma come necessità vitale razionale). «Questo è lo sfondo della grande battaglia in corso sulla Terra: guerre, distruzioni, genocidi, terrorismo, operazioni finanziarie, aggressioni farmacologiche e alimentari, tecnologie antiumane. Sono alcune delle manifestazioni di questa lotta». E uno dei tanti scenari sui quali si svolge sarebbe quello dei “luoghi santi”, sorti – non a caso – proprio sui “nodi vitali” del pianeta, che secondo Carotenuto “funziona” come il corpo umano, che «è attraversato da una rete di invisibili centri vitali uniti da infiniti canali di energie: quelli che le medicine orientali usano da millenni». Canali che la medicina occidentale aveva dimenticato, «ma è ora costretta a riscoprire un po’ alla volta, se vuole smetterla di combinare disastri».Nelle tradizioni orientali, questi centri si chiamano “chakra” e sono i vortici vitali, mentre i “nadi” sono i canali energetici che li uniscono. La Terra funziona allo stesso modo, scrive Carotenuto: «La crosta terrestre è costellata di importantissimi “chakra” e “nadi”». E aggiunge: «Gli spiriti più avanzati dell’umanità, gli “iniziati” di tutti i tempi, hanno sempre avuto la conoscenza, e spesso la visione, di questa geografia sottile, ma fondamentale, della Terra. Grotte sacre, montagne sacre, foreste sacre, laghi e fiumi sacri. E poi vari tipi di energie: positive, negative, ambivalenti». Non a caso, «lungo i canali e sui centri vitali sono sorti dolmen, menhir, cerchi di pietre, piramidi, templi, cattedrali: erano e sono luoghi speciali, che favoriscono il contatto tra gli uomini e le dimensioni superiori». Questa rete, «in gran parte dimenticata negli ultimi secoli di materialismo», si starebbe ora “riattivando”, man mano che gli uomini, “risvegliandosi”, riscoprono le particolarità di certi luoghi. «Sta già avvenendo in embrione, ma ben di più avverrà in futuro, quando sempre più uomini capiranno di avere a disposizione delle importanti reti di luoghi energetici di cui avvalersi per supportare la propria crescita spirituale».E allora le “forze oscure”, quelle che «vogliono ostacolare l’evoluzione interiore dell’umanità», cosa hanno deciso di fare? «Sono partite per tempo a cercare in tutti i modi di “spegnere”, di devitalizzare i chakra, di sclerotizzare le arterie delle energie vitali per lo spirito». Anche così Carotenuto spiega gli «interventi di tutti i tipi» a cui stiamo assistendo, «con tonnellate di metallo, colate di cemento, prodotti sintetici “morti” e ostili, gallerie, deforestazioni, selve di antenne, viadotti, perforazioni petrolifere, spesso appositamente indirizzate per depotenziare e deformare la geografia sacra». E aggiunge: «Vengono effettuati interventi per “spegnere” cattedrali, come Chartres o Santa Maria di Collemaggio, per annullare antichi luoghi di iniziazione. Vengono colpiti luoghi sacri naturali o costruiti dagli antichi iniziati. Viene persino usato il “martello” del turismo di massa per abbattere con folle inconsce e disattente il livello vibrazionale di certi luoghi, come le piramidi, le cattedrali gotiche, o i grandi templi». Si tratterebbe di «una strategia composita e ben studiata». E la valle di Susa? Nella “geografia sacra del mondo”, rappresenterebbe «un punto fondamentale degli equilibri energetici europei».Un “chakra” importantissimo, scrive l’autore, è situato all’ingresso della valle, da cui si dipartono diversi “nadi”, canali energetici che vanno a creare un asse importantissimo verso nord-ovest e verso sud-est. «Quali sono i punti “noti” di questo asse? I tre meravigliosi santuari dedicati a San Michele. In un allineamento pressoché perfetto, la Sacra di San Michele – lo splendido edificio sacro medioevale all’imboccatura della val di Susa – è al centro di una precisa direttrice che va dal santuario dedicato a Michele di Monte Sant’Angelo, sul Gargano, fino a quello sull’isola incantata di Mont Saint Michel, nel nordest della Francia». Sono tutti «luoghi sacri, luoghi di energie fortissime, che gli antichi conoscevano e usavano, e che gli uomini del “risveglio” torneranno ad usare». Non è casuale la ricorrenza del nome Michele, personificato in “arcangelo” con la cristianizzazione: il Michele della tradizione ebraico-cristiana, spiega Carotenuto, prima si chiamva Mercurio nell’antica Roma, Hermes in Grecia, Toth in Egitto. «E’ lo spirito guida dell’operazione “risvegli”», sostiene Carotenuto. Ed è ultra-presente nella fatidica valle di Susa, già bucherellata da mille infrastrutture e ora terrorizzata dallo spettro-Tav.«La crosta terrestre ha nelle sue profondità delle forze enormi, concentrate in certi luoghi, che gli antichi conoscevano bene e chiamavano forze della Dea Madre, della Madre Terra», argomenta l’analista. «Statue femminili nere, adorate in caverne o cripte, la rappresentavano: raffigurazioni sacre di tante divinità tra cui l’egizia Iside, e poi le madonne nere cristiane, a sancire l’alleanza positiva tra uomini e queste forze». Ma gli antichi, continua lo studioso, le chiamavano anche forze del “drago”, facendo riferimento al fatto che erano forze enormi, ma “selvagge”, utilizzabili sia per il bene che per il male, a seconda delle intenzioni umane. «In epoche antiche, gruppi di iniziati ispirati dal mondo spirituale decisero che per un lungo tratto dell’evoluzione umana bisognava che certe “forze del drago” di un importante asse energetico europeo fossero equilibrate, tenute sotto controllo e rivolte al bene. E che di questo equilibrio positivo si giovassero le popolazioni europee. Questo il motivo per cui degli edifici speciali, costruiti e “attivati” in modo del tutto particolare, furono eretti sopra montagne sacre piene di “forze del drago”, talvolta oscure. Santuari di Michele, che nella sua funzione tipica “tiene a bada le forze del drago”, per usarle in positivo e per lasciare liberi gli uomini di evolversi. Questo illustrano i quadri e le statue di San Michele».Il chakra centrale della valle di Susa, prosegue Carotenuto, non è fatto solamente del monte Pirchiriano su cui svetta la Sacra, ma di una serie di altri rilievi «carichi di forze importanti», e tra questi «uno in particolare assume un ruolo centrale nella geografia sacra: il monte Musinè», che è «un luogo dalle energie fortissime, uno dei principali in Europa». Lassù, le “forze spirituali del drago” hanno originato «un sottosuolo pieno di energie enormi, selvagge, che si manifestano in conformazioni rocciose insolite e piene di materiali “forti”, nocivi se liberati», che per l’analista «sono la manifestazione di forze spirituali altrettanto nocive su altri piani». Ma il Musinè, aggiunge, «è anche un’antenna volta verso incredibili energie positive cosmiche». Da sempre il monte è teatro di apparizioni continue di «luminescenze colorate, globi luminosi», custodisce «leggende di maghi e di draghi d’oro, di riti e di graffiti misteriosi fin dall’antichità più remota». Ed è un notissimo luogo di avvistamenti “Ufo” tra i più citati, fin dai tempi pionieristici di Peter Kolosimo. Persino la vegetazione che vi cresce è differente. «E’ il punto focale che probabilmente più di ogni altro ha creato quella base energetico-spirituale che ha fatto di Torino la città esoterica per eccellenza, nel bene e nel male. Come è tipico delle “forze del drago”».Per Carotenuto, la valle di Susa è dunque «una zona fortissima, al centro di un asse europeo spirituale fondamentale, forse il principale». Ed è stata «tenuta in equilibrio per secoli dalla spiritualità rappresentata da Michele, con le “forze del drago” domate e sepolte nel sottosuolo, in attesa della grande epoca dei “risvegli”». Da qui, secondo questa particolarissima visione, l’offensiva occulta delle “piramidi del Male”, attivate «dai livelli locali fino a quelli centrali europei». Una operazione strategica, «mirante ad alterare antichi equilibri per renderli inutilizzabili a fini positivi: scavare una enorme galleria nelle viscere della montagna sacra, per sconvolgere il “chakra” Musinè, portando alla luce forze oscure e potenti dalle profondità della Terra». Obiettivo segreto: «Liberarle dall’influsso positivo delle correnti cosmiche e della vicina presenza benefica della Sacra di San Michele. E poi affondare ulteriormente il bisturi di morte scavando un percorso di distruzione sul “nadi” che punta a Mont Saint Michel». In altre parole, in valle di Susa sarebbe in corso «il tentativo di portare un colpo al cuore della geografia sacra europea».Un vero e proprio attentato, stando a Carotenuto, «tale da appesantire le atmosfere psichiche, creare una cappa di piombo in una vasta zona del nostro continente: il tentativo di creare un vero e proprio “infarto” nella circolazione delle energie a disposizione di tutti noi per i nostri risvegli». Questo, conclude lo studioso, spiega la volontà granitica di «tutti i terminali politici, economici, finanziari e mediatici dei “poteri oscuri”, compatti nel sostenere l’operazione anche se la popolazione locale è solidale nel respingerla». I valsusini lo fanno «per la propria salute, messa a rischio dall’uranio e dall’amianto che verranno portati in superficie, e per salvare una natura già tanto colpita nel passato». Ma forse anche perché «il cuore dei valligiani, che è inconsciamente in contatto con la realtà spirituale delle cose, sa molto meglio della mente che bisogna resistere, opporsi con fermezza ed energia all’aggressione spirituale. E che bisogna farlo in modo consono alla nuova coscienza che si risveglia e si sviluppa: con la verità e la nonviolenza. Rispondere con la verità e la nonviolenza alla menzogna manipolatoria e alla violenza del fronte compatto che vuole sacrificarli: un fronte di poveri schiavi dei “poteri oscuri”, che hanno venduto pezzi della propria coscienza in cambio di tanti o pochi spiccioli; di grandi, ma anche di piccolissime poltrone».«Nessuno ne parla, ma questa aggressione è in corso da anni». Non si tratta di missili, veleni e cemento. «Vengono colpiti luoghi sacri naturali». In altre parole, è in pieno svolgimento una crociata – segreta – contro la geografia “invisibile” dei cosiddetti luoghi santi. E la prima linea del fronte sarebbe proprio la valle di Susa, investita dal progetto Tav. Che non sarebbe solo il consueto maxi-affare all’italiana. Molto peggio: un sortilegio malefico, per colpire a morte quello che è forse il più importante “chakra” terrestre europeo, il maggiore nodo energetico del continente. Per giunta situato sulla rotta che unisce, in linea retta, l’abbazia francese di Mont Saint-Michel al santuario di Monte Sant’Angelo, sul Gargano. Ombelico del “canale energetico”, l’abbazia medievale valsusina della Sacra di San Michele, monumento simbolo del Piemonte. Gli architetti occulti dell’operazione-Tav? «Sono innanzitutto esoteristi». A fare una simile affermazione, decisamente fuori ordinanza, è Fausto Carotenuto: non esattamente un visionario, ma un veterano dei servizi segreti italiani, per i quali ha lavorato come analista internazionale. Non ha dubbi: quella che è cominciata in valle di Susa è un’operazione “magica”, destinata a farci del male. Un atto di guerra, deliberato, contro il “drago” di uranio e amianto che dorme nel sottosuolo alpino. Un lavoro da stregoni, più che da gangster della politica.
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Un’azienda svedese innesta microchip ai propri dipendenti
C’è un palazzo, in Svezia, dove si supera l’ingresso protetto semplicemente sfiorando un sensore con il dorso della mano. Il trucco? Sotto la pelle è stato installato un microchip, per identificare ogni dipendente. Lo rivela un breve servizio televisivo di “EuroNews”, nella rubrica “Hi-Tech”, che mostra belle ragazze entrare e uscire dal complesso ultramoderno “Epicenter”, a Stoccolma, che ospita «imprese innovative» e si propone di accorpare aziende grandi e piccole dell’hi-tech sotto lo stesso tetto. «Gli impiegati possono aprire le porte con un chip impiantato nella mano», annuncia con soave naturalezza lo speaker di “EuroNews”. «L’Rfid, identificazione radio-frequenze, è un chip in pirex che contiene antenna e microchip: al posto del codice di accesso, l’impiegato deve solo portare la mano davanti al sensore». E attenzione, il dispositivo non serve solo per l’apertura delle porte: «Il personale può attivare la fotocopiatrice e scambiarsi dati tramite Smartphone». Ma è solo l’inizio: i dipendenti-cavia aiuteranno a sviluppare questa tecnologia verso impieghi fino a ieri inimmaginabili.«Il chip – spiega Patrick Mesterton, co-fondatore di Epicenter – ha la dimensione di un grosso chicco di riso, circa 12 millimetri, e si applica sottopelle con una siringa». Inviando il codice Rfid, il chip «diventa uno strumento di identificazione che può comunicare con gli oggetti circostanti». Insomma, per Mesterton la cimice ultra-piccola è estremamente pratica: «Può aprire le porte, può comunicare col telefono cellulare, può inviare il vostro biglietto da visita alle persone che avete incontrato». Per ora le prestazioni del chip sottocutaneo sono limitate, ammette “EuroNews”, ma l’obiettivo è esplorare le possibilità che rappresenta, e ovviamente svilupparle. «La speranza – spiega l’emittente televisiva – è che gli impiegati dell’edificio potranno acquistare pasti in mensa e controllare la loro salute tramite il chip». A tal punto, infatti, si spingono le possibili espansioni della microspia sottopelle, destinata a esercitare un controllo totale sulla persona che ha accettato di farsela inserire nel corpo.«Alcune delle future possibilità – conferma lo stesso Mesterton – investono la funzione dell’odierno Pin, della carta di credito: quindi i pagamenti sono uno degli ambiti». Ma non è tutto. «Penso alla salute», continua il manager svedese, «per comunicare col medico e trasmettere i parametri corporei in relazione a quello che mangi e al tuo stato di salute generale». Monitoraggio elettronico in tempo reale, quindi, interamente tracciato. «Solo i volontari si fanno installare il chip», precisa “EuroNews”, secondo cui l’aggeggio «è totalmente sicuro», dal punto di vista dell’incolumità fisica del portatore. «Il metallo interno è pochissimo», dunque nessun fastidio coi metal detector, assicura “EuroNews”. «E niente rischi di rottura».C’è un palazzo, in Svezia, dove si supera l’ingresso protetto semplicemente sfiorando un sensore con il dorso della mano. Il trucco? Sotto la pelle è stato installato un microchip, per identificare ogni dipendente. Lo rivela un breve servizio televisivo di “EuroNews”, nella rubrica “Hi-Tech”, che mostra belle ragazze entrare e uscire dal complesso ultramoderno “Epicenter”, a Stoccolma, che ospita «imprese innovative» e si propone di accorpare aziende grandi e piccole dell’hi-tech sotto lo stesso tetto. «Gli impiegati possono aprire le porte con un chip impiantato nella mano», annuncia con soave naturalezza lo speaker di “EuroNews”. «L’Rfid, identificazione radio-frequenze, è un chip in pirex che contiene antenna e microchip: al posto del codice di accesso, l’impiegato deve solo portare la mano davanti al sensore». E attenzione, il dispositivo non serve solo per l’apertura delle porte: «Il personale può attivare la fotocopiatrice e scambiarsi dati tramite Smartphone». Ma è solo l’inizio: i dipendenti-cavia aiuteranno a sviluppare questa tecnologia verso impieghi fino a ieri inimmaginabili.