Archivio del Tag ‘Byoblu’
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Bufale un tanto al chilo, Libreidee nella lista nera di Butac
Il blog Libreidee.org è stato inserito nella “black list” di “Butac”, acronimo di “Bufale un tanto al chilo”. Si tratta di uno spazio web che si definisce «una pagina dedicata alla lotta contro: bufale, disinformazione, allarmismi gratuiti e frodi online!» (il punto esclamativo è presente nel testo originale). “Butac”, spiegano i fondatori, «vuol esser un blog fatto con passione, la passione per l’informazione corretta, la passione per la verità». Il sito è stato «registrato in maniera non anonima» da Michelangelo Coltelli insieme a Noemi Urso, Neil Perri e Pietro Arina, alias “DottPA”, tra i principali “contributor” del blog. «Cerchiamo di scovare quelle che sono le false informazioni veicolate online, ma anche sui giornali e in televisione, e proviamo a sbufalarle o renderle più chiare!». Tra un punto escalamativo e l’altro, i gestori di “Butac” precisano: «Non vogliamo fare polemiche politiche o ideologiche, ma solo porre davanti a tutto scienza e correttezza d’informazione». Aggiungono: «Nasciamo su Facebook, ma per comodità abbiamo scelto di avere anche un piccolo blog per permettere una lettura più semplice dei nostri articoli e un sistema di ricerca migliore per trovare le bufale già trattate».Tra le notizie presentate come “bufale”, si includono titoli di questo tenore: “Mastercard prepagate e anonime agli immigrati, l’ombra di George Soros: ma con quali soldi?”. In questo caso, il reo è “Libero”, il quotidano diretto da Vittorio Feltri. Tra i cattivi informatori figurano anche “Le Iene” (categoria “disinformazione”, per aver parlato di concorsi universitari truccati). “Butac” si occupa anche delle citazioni di Selvaggia Lucarelli, delle caramelle verdi forse pretese dai Nirvana nei loro tour e delle buche nelle strade di Milano, causa di un incidente di cui sarebbe rimasto vittima il deejay Linus. “Butac” interviene su questioni agro-ecologiche come la polemica sul micidiale glifosato, spiegando che «alcune precise lobby hanno scelto di contrastarne l’uso» (a smontare il possibile prodotto alternativo provvede un “laureato in scienze agrarie”, presentato come “esperto”). Nella sezione “medicina”, è il tema-vaccini a imporsi fra i titoli esibiti come inattendibili: “Meningite: è ufficiale, è colpa del vaccino”; “Medico svela che il vaccino antinfluenzale è progettato per diffondere il cancro”; “Morta a 2 anni dopo un vaccino”. Infine, “Butac” propone ai suoi lettori una serie di “guide”, dal network marketing al “giornalismo 3.0”.La “black list”, letteralmente sterminata, è composta da centiana di voci che evidentemente “Butac” considera inaffidabili. “Libreidee” è un blog, ma è classificato tra i “siti complottisti”, al pari di “Luogo Comune” (il blog di Massimo Mazzucco) e “Pandora Tv” (la web-tv di Giulietto Chiesa). Alla stessa categoria appartengono inoltre “Disinformazione.it”, mentre “Il Navigatore Curioso” figura tra i “siti di pseudoscienza” con “Dionidream” e “Disquisendo”, nonché i popolarissimi “MeteoWeb” e “IlMeteo.it”, mentre ad esempio le pagine web di “Cosmofruttariano” sono inserite tra i “blog di pseudiscienza”. Poi c’è la categoria riservata a “siti di pseudo-medicina e alimentazione”, da “Alleanza per la salute” a “Autismovaccini.org”, passando per “La nuova medicina germanica”, spazio web dedicato a Ryke Geerd Hamer. Nella lista nera non manca il sito del Comilva, che raggruppa la maggior parte dei genitori italiani contrari all’imposizione dell’obbligo vaccinale. E il più importante video-blogger italiano, Claudio Messora (fondatore di “ByoBlu”) è relegato tra i siti di pseudo-giornalismo politico, insieme a “Il Primato Nazionale”, “Imola Oggi” e “Informare per Resistere”.La lista nera di “Butac” si estende ai “blog di pseudogiornalismo” e ai “siti di meteoterrorismo” (tra questi, il “Centro Meteo Italiano”). Non mancano i “siti di notizie virali” e i “siti di pseudo-satira”. Tra i “blog complottisti”, poi, svetta “Su la testa” del giornalista Gianni Lannes, pluri-minacciato dalla mafia dei rifiuti. E’ in compagnia di “Un Universo” e di “Tanker Enemy”, l’osservatorio di Rosario Marcianò sulle scie chimiche. La “black list” si completa con le “pagine che pubblicano bufale per incrementare le visite” e con il lunghissimo elenco di pagine Facebook che “Butac” considera inattendibili. Tra i canali YouTube messi all’indice compaiono “Accademia della Libertà”, “Apriamo gli occhi” e “La verità ci rende liberi”. L’idea, scrive “Butac”, è di aggiornare la lista con le progressive segnalazioni degli utenti, ma «stando attenti», perché «le testate che fanno opinione non sono testate bufalare, ma posti dove qualcuno esprime le proprie idee (giuste o sbagliate)», e quindi «bisogna imparare a distinguere da idee e opinioni (dove tutti siamo liberi di pensare quel che ci pare) e notizie». Sempre “Butac” dichiara di «distinguere tra chi di queste cose parla con “troppo” trasporto, arrivando a spacciare bufale, e chi invece è davvero appassionato ed è capace di avere blog seri e sensati senza dover per forza spacciare fuffa per caviale!» (testuale, ancora, il punto escalamativo).Il blog Libreidee.org è stato inserito nella “black list” di “Butac”, acronimo di “Bufale un tanto al chilo”. Si tratta di uno spazio web che si definisce «una pagina dedicata alla lotta contro: bufale, disinformazione, allarmismi gratuiti e frodi online!» (il punto esclamativo è presente nel testo originale). “Butac”, spiegano i fondatori, «vuol esser un blog fatto con passione, la passione per l’informazione corretta, la passione per la verità». Il sito è stato «registrato in maniera non anonima» da Michelangelo Coltelli insieme a Noemi Urso, Neil Perri e Pietro Arina, alias “DottPA”, tra i principali “contributor” del blog. «Cerchiamo di scovare quelle che sono le false informazioni veicolate online, ma anche sui giornali e in televisione, e proviamo a sbufalarle o renderle più chiare!». Tra un punto escalamativo e l’altro, i gestori di “Butac” precisano: «Non vogliamo fare polemiche politiche o ideologiche, ma solo porre davanti a tutto scienza e correttezza d’informazione». Aggiungono: «Nasciamo su Facebook, ma per comodità abbiamo scelto di avere anche un piccolo blog per permettere una lettura più semplice dei nostri articoli e un sistema di ricerca migliore per trovare le bufale già trattate».
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Giulietto Chiesa in Rai con Messora, Dijsselbloem al Corsera
«Molto improbabile che nasca un governo politico, a meno che Berlusconi non faccia un passo di lato e lo sostenga dall’esterno». Così Alessandro Trocino, ai microfoni di “Radio Radicale” il 7 maggio scorso, a meno di un mese dall’insediamento di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi. Due previsioni, entrambe sbagliate: alla fine s’è fatto, eccome, il governo più clamorosamente politico da 25 anni a questa parte, e il Cavaliere si è ben guardato dal sostenerlo. Sei mesi dopo, lo stesso giornalista – in forza al “Corriere della Sera” – spara ad alzo zero contro Giulietto Chiesa, in realtà per colpire i 5 Stelle, “rei” di aver preso per buona l’analisi di Chiesa sull’ultima sparata del signor Jeroen Dijsselbloem, tipico esemplare del potere eurocratico: anonimo e incolore il suo profilo politico, ma micidiale quello tecnocratico, speso al servizio dell’oligarchia finanziaria che ha massacrato la Grecia e imposto il prelievo forzoso a Cipro, scatenando il panico e l’assalto ai bancomat. Cos’ha detto, l’insigne Dijsselbloem? Che l’economia italiana imploderà, per colpa del governo gialloverde. E Giulietto Chiesa? Ha interpretato le parole di Dijsselbloem nell’unico modo possibile: una minaccia. Ovvio, a questo punto, il rilancio dei 5 Stelle sul loro blog.Ovvio per tutti, salvo che per il “Corriere”, secondo cui Giulietto Chiesa ha travisato le parole dell’apollineo, impeccabile, meraviglioso Dijsselbloem. Niente di strano, peraltro: secondo Trocino, Chiesa non sarebbe altro che una specie di mentecatto. Allo storico corrispondente da Mosca (prima per “l’Unità”, poi per la “Stampa” e per il Tg5), il “Corriere” dedica un affondo che merita di essere letto come capolavoro comico, sia pure del genere neo-orwelliano inaugurato dalla popstar Colin Powell, irresistibile nel famoso numero con la fialetta all’antrace. Il grande Powell poté esbirsi all’Onu solo grazie all’altra vicenda spettacolare del secolo, altrettanto cristallina: il crollo delle Torri Gemelle, notoriamente collassate su se stesse in pochi secondi per colpa di aerei dirottati da oscuri energumeni arabi, armati di taglierini e capaci di schiantare a velocità folle, con manovre da top-gun, velivoli che non sapevano pilotare e che la stessa azienda costruttrice, la Boeing, dichiara che – semplicemente – non potrebbero volare a 900 chilometri orari, a quote così basse, senza sbriciolarsi in aria prima ancora dell’impatto.Certo si tratta di trascurabili amenità, sulle quali è impensabile si soffermi il “Corriere della Sera”, impegnato com’è a formulare vaticinii e profezie sui governi italiani, specie l’inguardabile esecutivo gialloverde, i cui azionisti politici osano mancare di rispetto ai sacerdoti della santa eurocrazia, i bramini dai nomi impossibili – Dijsselbloem, Oettinger, Dombrovskis – che gli italiani hanno tuttavia imparato ad amare, in questi anni di benessere, prosperità e serenità per tutto il continente. Come sarebbe bello, cinguetta Massimo Mazzucco – altro incorreggibile mascalzone, del calibro di Giulietto Chiesa – se finalmente, grazie alla presidenza della Rai affidata a Marcello Foa, lo stesso Chiesa potesse lasciare per un attimo la redazione di “Pandora Tv” e partecipare ogni tanto, magari in terza serata, a programmi come quelli che un tempo persino la televisione di Stato produceva, all’epoca in cui faceva anche vera informazione, con signori come Biagi, Minà, Zavoli.Pensate, dice Mazzucco, se – magari all’una di notte – ci fosse la possibilità di assistere a un confronto tra Chiesa e, per dire, il fondatore di “ByoBlu”, Claudio Messora, capace di realizzare servizi su YouTube visionati ogni volta anche da 200.000 utenti. Numeri enormi, sottolinea Mazzucco, se paragonati agli standard televisivi (per esempio, i 600.000 spettatori che faceva registrare “Matrix”, ai bei tempi). Non c’è paragone, conferma Fabio Frabetti di “Border Nights”, in web-streaming con Mazzucco, anche perché la potentissima e ricchissima Tv basta accenderla, mentre un video-blog devi andartelo a cercare: quei click valgono mille volte tanto. E lo sanno, i signori dei “giornaloni”, al punto – oggi – da attaccare Giulietto Chiesa, anche a costo di fare involontariamente pubblicità alla sua web-tv. Lo sanno così bene, che il vento è cambiato, da applaudire a scena aperta l’eroico bavaglio imposto al web da Bruxelles, su iniziativa dei soliti noti – su tutti Oettinger, l’uomo che sussurra ai mercati, proprio come il suo socio Dijsselbloem.Poi, si sa, è noto che le minacce mafiose le fanno appunto i capimafia, non certo i cardinali e ciambellani del superclan euro-finanziario che ha coordinato, sul campo, il più vasto trasferimento di ricchezza, dal basso verso l’alto, che la storia moderna ricordi. Un’operazione ammantata di misticismo e ispirata dal Bene, cioè il rigore di bilancio che vieta i deficit e quindi obbliga ad aumentare le tasse, producendo le meraviglie che fanno dell’Unione Europea e in particolare dell’Eurozona il paradiso terrestre a cui il mondo intero guarda con invidia, non potendo fare a meno di ammirare il commovente spirito di cooperazione e solidarietà che oggi affratella i popoli europei, pronti a correre in soccorso del più debole e a risolvere insieme, da buoni amici, ogni controversia, a cominciare dal problema dei migranti. Un’Europa così sublime non può che primeggiare anche nell’arte del bel canto, visti i soavi gorgheggi giornalistici che si levano da giornali e talkshow. Troppo bello, lo spettacolo del Bene che celebra se stesso, per rischiare di offuscarlo con sgraziate stonature, profeti di sventura e blogger, così impudenti da insolentire il divo Dijsselbloem, l’affabile Juncker, il garbato Moscovici.A chi si fosse curiosamente convinto che lo show quotidiano sia soltanto una tragica farsa piuttosto scadente, affidata a interpreti la cui mediocrità è pari solo all’immenso potere di cui dispongono, protetto dall’anonimato finanziario che ha sequestrato la democrazia nel vecchio continente, Mazzucco va ripetendo un consiglio pratico: insistere, nel raccontare quello che si è scoperto, perché soltanto l’impegno di migliaia di neo-sudditi potrebbe un giorno restituire agli europei lo status di cittadini, a buon diritto membri di una comunità civile vera e propria, con le sue sue regole fondamentali – una su tutte: governa chi è stato designato dai cittadini, mediante regolari elezioni. Il giorno che la maggioranza si accorgesse dell’insostenibile anomalia europea, costituita da mezzo miliardo di persone governate da un consiglio di amministrazione, probabilmente i solisti come Oettinger e Dijsselbloem si troverebbero senza uno spartito e senza più nemmeno il coro, cartaceo e radiotelevisivo, al quale sono abituati: una clacque preziosa e imprescindibile, per evitare fischi e pomodori. E’ come se una lunga marcia fosse cominciata, dice Mazzucco, fino a giungere di fronte alle mura del palazzo, seminando allarme: non si spiega altrimenti tanta permura nel prendere a sberle, in pubblico, gli storici tribuni della trasparenza. Ma in caso di rivoluzione, niente paura: il grande Dijsselbloem potrebbe sempre cantare ancora, nel coro degli autorevolissimi editorialisti del “Corriere”.«Molto improbabile che nasca un governo politico, a meno che Berlusconi non faccia un passo di lato e lo sostenga dall’esterno». Così Alessandro Trocino, ai microfoni di “Radio Radicale” il 7 maggio scorso, a meno di un mese dall’insediamento di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi. Due previsioni, entrambe sbagliate: alla fine s’è fatto, eccome, il governo più clamorosamente politico da 25 anni a questa parte, e il Cavaliere si è ben guardato dal sostenerlo. Sei mesi dopo, lo stesso giornalista – in forza al “Corriere della Sera” – spara ad alzo zero contro Giulietto Chiesa, in realtà per colpire i 5 Stelle, “rei” di aver preso per buona l’analisi di Chiesa sull’ultima sparata del signor Jeroen Dijsselbloem, tipico esemplare del potere eurocratico: anonimo e incolore il suo profilo politico, ma micidiale quello tecnocratico, speso al servizio dell’oligarchia finanziaria che ha massacrato la Grecia e imposto il prelievo forzoso a Cipro, scatenando il panico e l’assalto ai bancomat. Cos’ha detto, l’insigne Dijsselbloem? Che l’economia italiana imploderà, per colpa del governo gialloverde. E Giulietto Chiesa? Ha interpretato le parole di Dijsselbloem nell’unico modo possibile: una minaccia. Ovvio, a questo punto, il rilancio dei 5 Stelle sul loro blog.
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L’Italia vera e quella (indecente) di Moody’s e Cottarelli
Ci sarebbe da ridere, non fosse per i brutti ceffi in circolazione e le loro cattive intenzioni verso il sistema-Italia, ancora solido nonostante l’impegno che gli eurocrati hanno profuso per azzopparlo. Prima comica: azzannano il timido governo gialloverde, che si è limitato al 2,4% di deficit (contro il 3% ammesso da Maastricht), neanche fosse un esecutivo rivoluzionario. Seconda comica: gli stregoni di Moody’s declassano l’Italia, regina del risparmio europeo, in combutta coi loro azionisti bancari, che speculeranno sul ribasso del rating. Terza comica: a strapparsi i capelli sono l’infimo Martina, candidato a guidare il Pd verso l’estinzione, e Antonio Tajani, «decadente e grottesco presidente del Parlamento Europeo, figura modestissima e nuovo frontman di Berlusconi per le prossime europee, anche lui impegnato a spiegarci che andiamo verso la rovina». A mettersi le mani nei capelli semmai, è Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt: costretto a vedere la televisione di Stato che strapaga l’oligarca Cottarelli perché ripeta, nel salotto di Fazio, che la visione economica del mondo è una sola: la sua. Il primo a denunciare «la presa per i fondelli a spese degli italiani» è stato Gianluigi Paragone: non è curioso che a spillare quattrini alla Rai sia proprio Cottarelli, cioè il massimo censore della spesa pubblica? «Quello sarebbe il primo spreco da tagliare», dice Magaldi, in web-streaming su YouTube.Stiamo vivendo agitazioni surreali, esordisce l’autore del bestseller “Massoni”, in collegamento con Fabio Frabetti di “Border Nights”. La storia delle “manine” che secondo Di Maio avrebbero manipolato il decreto fiscale? «Fa un po’ ridere i polli», così come il proditorio declassamento di Moody’s. «Siamo alla farsa finale: il sistema è talmente in crisi, e anche tremebondo, che mette in atto meccanismi spudorati, e quindi anche facilmente smascherabili». Le agenzie di rating? Non sono imparziali: «Sono aziende che perseguono profitto in pieno conflitto d’interessi, perché i loro azionisti hanno interessi di tipo speculativo e possono trarre vantaggio proprio dai declassamenti delle agenzie di cui detengono i pacchetti azionari. Possono cioè trarre profitto da quello che le agenzie di rating promettono o minacciano, e dal panico che il giudizio di queste agenzie può indurre». Questo, aggiunge Magaldi, è un sistema malato, al quale Moody’s dà un ulteriore colpo. «Da un lato la Bce non fa il suo mestiere di banca centrale e non garantisce il debito in titoli di Stato dell’Italia, come dovrebbe, per mantenere basso il famigerato spread. Dall’altro, le sedicenti istituzioni europee mandano i “pizzini” e disapprovano la manovra del governo, mostrando il loro cipiglio».Poi ci sono i pupazzi del teatrino italiano – i Martina, i Tajani – che suonano l’allarme. E quali sarebbero queste grandi e radicali manovre del governo Conte, che tanto preoccupano costoro? L’aver ipotizzato qualche spesa per lenire le condizioni di indigenza, senza neppure istituire un vero reddito di cittadinanza? Qualche spesa per migliorare la situazione fiscale? «Tutte cose che noi del Movimento Roosevelt salutiamo come un inizio, l’aurora di un possibile nuovo scenario, ma siamo sicuramente al di sotto delle proclamazioni solenni degli uni e degli altri», chiarisce Magaldi. «Dal punto di vista del governo c’è poco da strombazzare un New Deal, che non è ancora iniziato. Per contro, chi contesta il fatto che queste misure portino al 2,4% del rappoto deficit-Pil, ripete che, per questo motivo, il governo italiano andrebbe ricondotto alla ragione a forza di bastonate – attraverso le agenzie di rating, le dichiarazioni dei tecnocrati europei e le giaculatorie di questi personaggi decadenti del centrodestra e del centrosinistra. Mi sembra un teatro dell’assurdo, perché purtroppo non abbiamo ancora un governo che dichiari chiaramente di voler mettere in discussione, in quanto infondati scientificamente, i parametri di Maastricht, nei quali peraltro l’Italia rientra perfettamente».Perché non si ragiona mai sulla vera natura del debito pubblico, come ha fatto recentemente Guido Grossi anche su “ByoBlu”? Ci sono economisti, intellettuali e politici che offrono soluzioni concrete, già oggi, per gestire il debito pubblico così com’è. Ma poi, bisognerebbe inquadrare il debito per quello che è, ovvero «un elemento di economia spiegato male e utilizzato in modo improprio». Ma il governo gialloverde non ha messo seriamente in discussione i parametri di Maastricht, sul piano economico. E su quello politico, continua a giurare che non è vero, che vorrebbe “uscire dall’Europa”. «Ma il problema non è questo: bisognerebbe dire, invece, che in Europa non ci siamo mai entrati», sottolinea Magaldi. «Il governo dovrebbe dire: vogliamo una Costituzione Europea, politica». Di Maio, Salvini, Savona e gli altri insistono nel dire di voler restare nell’Eurozona, non mettendo in discussione neppure la valuta euro? «Bene, ma come vogliamo starci? Vogliamo restare in quest’Europa così com’è? In questa strana struttura sovranazionale senza Costituzione, senza meccanismi democratici e senza una vera partecipazione popolare alle decisioni più importanti?».Se finalmente il governo parlasse chiaro, pretendendo un’Europa democratica, allora sì che si potrebbe capire, «l’alzata di scudi da parte dei veri nemici del progetto dell’Europa unita, cioè quelli che oggi occupano indebitamente le maggiori poltrone delle istituzioni sedicenti europee». Se Lega e 5 Stelle dicessero che vogliono una Costituzione Europea, il loro «sarebbe un attacco al cuore del sistema, per renderlo più democratico». Vorrebbe dire «ridiscutere il concetto stesso di deficit, di debito pubblico, e “sforare” con percentuali ben più importanti, ma con spese in investimenti». Gli oppositori lo dicono in malafede, ma hanno ragione: nella manovra gialloverde non ci sono grandi spese in investimenti. «Ma lo si può capire: è solo l’inizio, al governo bisogna dare credito e fiducia, perché l’esecutivo Conte, quantomeno, sta cercando di fare qualcosina, laddove negli ultimi 25 anni non si è fatto nulla – o meglio, si è agito solo contro l’interesse del popolo italiano». Mancano investimenti adeguati, certo, come si è visto dopo il disastro di Genova. Ma il governo gialloverde è a metà strada fra il Paolo Savona che in Senato si appella al New Deal e il ministro Tria (scelta di ripiego, imposta dal Quirinale) che «non sa deve dar retta a Visco, a Draghi, a Mattarella, oppurre alla maggioranza che sostiene il governo di cui lui è parte».Per Magaldi «siamo, di nuovo, alla commedia dell’assurdo: si parla del nulla, il discorso politico è surreale». Quello economico, invece, è aggravato dal clamoroso declassamento di Moody’s, totalmente infondato: «L’Italia ha un grandissimo risparmio privato e ha dei “fondamentali” di economia eccellenti. L’Italia è un paese ricco, sotto molti aspetti: in Nord Europa ci sono paesi con i conti pubblici in apparenza migliori dei nostri, ma con un indebitamento privato molto più grave, quindi sono in una situazione più fragile». Perciò non si capisce (o meglio, si capisce anche troppo bene) perché Moody’s vada a declassare l’Italia. L’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, suggerisce di creare un’agenzia di rating di respiro europeo, che – partendo dall’Italia – guardi le cose con occhi diversi, e valuti quindi la solidità di entità pubbliche e private con altri parametri. Mossa indispensabile, conferma Magaldi, «per evitare di essere ricattati da masnadieri in costante conflitto d’interessi». E dall’altro, aggiunge, bisogna creare un’agenzia che si preoccupi di valutare il sistema economico-sociale in base all’effettiva qualità della vita, oltre il semplice Pil.Lo disse Bob Kennedy già nel 1968, «pagando con la vita il suo tentativo di rappresentare la speranza di un’evoluzione diversa dell’Occidente e del mondo». Il Pil non può essere l’unico metro di misura delle nostre vite. Anche dal punto di vista meramente economico, aggiunge Magaldi, il solo Pil non funziona: «Questi numeri non raccontano davvero la prosperità e la ricchezza dell’Italia, pur con tutti i suoi limiti e tutta la decadenza che in questi anni è stata rovesciata sul nostro sistema. Si è tentato di deindustrializzarlo e impoverirlo, ma non ci si è riusciti: perché l’Italia è un grande paese, con capacità industriali e commerciali, grande attitudine al risparmio privato». L’Italia non può essere impunemente declassata, come giustamente rilevato dalla stessa magistratura di Trani, intervenuta in passato contro alcune agenzie di rating, in occasione del famigerato “golpe bianco” attuato con l’avvento del governo Monti: «Forse, oggi – ipotizza Magaldi – proprio la magistratura dovrebbe rimettersi in moto, analizzando le molte opacità di questo giudizio di Moody’s».Quanto al presunto sabotaggio del documento fiscale indicato da Di Maio, secondo Magaldi si può parlare anche di “manine” «ascrivibili a filiere massoniche neo-aristocratiche, e perciò contro-iniziatiche, come quelle che hanno demonizzato Rocco Casalino», scelto dai 5 Stelle come portavoce del premier. Volevano incastrarlo con il celebre fuori-onda nel quale prometteva sfracelli contro i sabotatori nascosti nei ministeri? «Intanto è riuscito nell’intento di denunciare i tecnici del ministero dell’economia che “remano contro”, e il fenomeno non riguarda certo solo quel dicastero». Se in Italia ci fossero ancora veri giornalisti, dice Magaldi, una bella inchiesta svelerebbe che nei ministeri e negli apparati burocratici circolano da decenni sempre le stesse persone: si ritiene abbiano competenze imprescindibili, galleggiano da un governo all’altro (centrodestra o centrosinistra non importa) e si sono riciclati anche con questo governo gialloverde. «Credo sia giunto il momento di un bel cambio: non è vero che questi siano professionisti insostituibili, credo occorra puntare su una rigenerazione della scuola della pubblica amministrazione, anche nell’individuazione di nuovi parametri».L’orizzonte è vasto: «Dobbiamo cambiare i termini di insegnamento dell’economia e della finanza, che in questi decenni hanno creato dei mostri», sostiene Magaldi. Spesso, «quelli che hanno studiato economia l’hanno fatto come asini, istruiti da altri asini, grazie a qualche “padrone degli asini” che, a monte, scientemente, ha voluto questa “asinità” diffusa». Seriamente: «L’economia dovrebbe essere un sapere critico, dialogico, scientifico e perciò aperto al confronto critico, e invece è stata insegnata come una sorta di catechismo, con dei principi di fede da seguire». Non mancano le ribellioni anche famose, contro il “lavaggio del cervello” subito in università anche prestigiose: lo conferma un caso come quello dell’economista Ilaria Bifarini, “bocconiana redenta”, mostrando (dal di dentro) tutte le storture della narrazione economica neoliberista. «Discorso che vale anche per capi di gabinetto, dirigenti e consulenti: una casta di mandarini riciclati e inamovibili, che obbediscono a chi – come loro – abita stanze del potere non sottoposte al vaglio delle elezioni». Ha ragione Casalino: c’è da fare un bel repulisti. «E a proposito: non scordiamo quello che abbiamo appreso su Carlo Cottarelli, personaggio appartenente ai peggiori circuiti della contro-iniziazione massonica neo-aristocratica».Cottarelli viene dal Fmi, potente istituito che ha contribuito alla catastrofe della Grecia. Come giustamente fatto notare da Gianluigi Paragone, proprio Cottarelli incarna un madornale paradosso: «Un signore che da anni invoca “spending review”, revisione della spesa e grandi tagli, oggi per le sue comparsate televisive (dove sciorina le sue personalissime idee, intonate all’austerity montiana più becera) è strapagato con moltissimo denaro pubblico. Sono cose vergognose». Spreco di denaro pubblico, insiste Magaldi, è riempire di soldi il neoliberista Cottarelli per parlare per 40 minuti, senza un regolare contraddittorio con un economista post-keynesiano: giornalismo (e servizio pubblico) imporrebbero di ascoltare due voci distinte e contrapposte, peraltro non remunerate, ma presenti in televisione a titolo gratuito. «Ci sono personaggi italiani che avrebbero tante cose da dire, e che non vengono mai interpellati, dai media. E gli altri, che hanno tutto lo spazio per dire la loro, sono pure strapagati. Anche questo fa parte del teatro dell’assurdo che stiamo vivendo: il nostro è un paese che ha perso il senso del ridicolo. Ecco perché dobbiamo lavorare, tutti, per far ritrovare il senso della decenza».La realtà, aggiunge Magaldi, è che va ripensato l’intero sistema, partendo proprio dall’economia. «Forse è arrivato il momento storico in cui si può immaginare l’emissione di una moneta non “a debito”, cioè non ottenuta attraverso l’oferta di titoli di Stato. Forse dobbiamo pensare anche a monete complementari. Soprattutto: come di tutte le cose, in una società aperta, democratica e pluralistica, dobbiamo immaginare di poter parlare laicamente anche della moneta e dell’economia». Non è possibile, aggiunge Magaldi, che l’economia sia diventata una fede, «con sacerdoti che comminano scomuniche, lanciano anatemi e condannano al rogo». E’ inaccettabile l’impossibilità di essere eretici: anche perché «il mondo contemporaneo, scientifico e progressista, liberale, che tanti accigliati difensori vorrebbero difendere dalla “barbarie” dei populisti, è un mondo libero, democratico e pluralista fondato proprio sul libero confronto tra le diverse posizioni». E invece oggi «abbiamo questa surreale situazione, per cui da un lato si denunciano le pulsioni autoritarie, xenofobe, razziste e fascistoidi dei populisti, dei barbari che assaltano l’Olimpo della democrazia italiana, della convivenza pacifica tra le nazioni garantita dalle isitituzioni europee, e dall’altro questi signori sono fideisti, devoti a visioni monolitiche e indiscutibili».Non ammettono, gli oligarchi, che le loro convinzioni siano sottoposte alla discussione pubblica, «come non fu ammesso alla discussione il grande tema dell’introduzione del pareggio di bilancio nella Costituzione», che ha consentito a Mattarella di “difendere” una Carta costituzionale gravemente lesionata, rispetto al dettato democratico del 1948. Sul fronte opposto, intanto, il leghista Giancarlo Giorgetti sostiene che il futuro sia del sovranismo populista? «Sbaglia, Giorgetti, se l’ha detto davvero, perché questo – replica Magaldi – consente agli avversari di spacciare per reale il presunto assalto alla democrazia, alle istituzioni liberali, all’equilibrio faticosamente raggiunto da una società avanzata». Molto meglio «stanare gli autori di questa immensa ipocrisia: qui non è questione di sovranismo o di populismo, qui è questione di sovranità del popolo, di democrazia sostanziale». Per il presidente del Movimento Roosevelt «bisogna che sia chiaro c’è una incongruenza grande come una casa, nell’atteggiamento dell’Europa che guarda all’Italia in modo arcigno: da un lato si rivendica la difesa della tenuta democratica di fronte all’assalto populista xenofobo, e dall’altro al popolo bue (trattato in modo veramente demagogico e manipolatorio) si propinano delle fedi, cioè l’esatto contrario di ciò che ha costruito le democrazie».I moderni regimi democratici, aggiunge Magaldi, con l’occhio dello storico, sono stati edificati «con metodo massonico, dunque progressista», basandosi cioè «sul dubbio critico e sulla messa in discussione dei dogmi». Uno su tutti: il dogma per il quale «il potere venisse da Dio e fosse amministrato da monarchi, da aristocrazie laiche per diritto di sangue e da aristocrazie ecclesiastiche per diritto d’ispirazione divina». Questi dogmi, sottolinea Magadi, hanno regnato per secoli: «E con questi dogmi, per secoli, i molti hanno asservito i pochi». Quello massonico, continua Magaldi, è stato un metodo di liberazione, di democrazia e di parlamentarizzazione della vita politica: «Ha creato quelle Costituzioni di cui avremmo bisogno in Europa, dove invece è stato istituito un sistema neo-feudale, non c’è Costituzione: ci sono altrettanti vassalli, valvassori, valvassini e cavalieri, che difendono una sorta di impero collegiale, oggi in mano a oligarchie apolidi e sovranazionali, le quali trattano il popolo come una massa di neo-sudditi». Queste cose bisogna pur iniziale a discuterle: «Io andrei volentieri a spiegarle in televisione, ovviamente gratis, insieme a tanti altri: non ho verità in tasca – precisa Magaldi – ma vorrei che ci fosse un confronto critico tra diverse visioni del mondo». Invece paghiamo, profumatamente, Cottarelli e soci: «Sacerdoti, che ci vengono a fare le loro prediche». E hanno a disposizione tutti i pulpiti, «offerti dai pennivendoli di regime, davvero spregevoli alla vista e all’udito, che infestano i media mainstream di questo paese».Ci sarebbe da ridere, non fosse per i brutti ceffi in circolazione e le loro cattive intenzioni verso il sistema-Italia, ancora solido nonostante l’impegno che gli eurocrati hanno profuso per azzopparlo. Prima comica: azzannano il timido governo gialloverde, che si è limitato al 2,4% di deficit (contro il 3% ammesso da Maastricht), neanche fosse un esecutivo rivoluzionario. Seconda comica: gli stregoni di Moody’s declassano l’Italia, regina del risparmio europeo, in combutta coi loro azionisti bancari, che speculeranno sul ribasso del rating. Terza comica: a strapparsi i capelli sono l’infimo Martina, candidato a guidare il Pd verso l’estinzione, e Antonio Tajani, «decadente e grottesco presidente del Parlamento Europeo, figura modestissima e nuovo frontman di Berlusconi per le prossime europee, anche lui impegnato a spiegarci che andiamo verso la rovina». A mettersi le mani nei capelli, semmai, è Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt: costretto a vedere la televisione di Stato che strapaga l’oligarca Cottarelli perché ripeta, nel salotto di Fazio, che la visione economica del mondo è una sola: la sua. Il primo a denunciare «la presa per i fondelli a spese degli italiani» è stato Gianluigi Paragone: non è curioso che a spillare quattrini alla Rai sia proprio Cottarelli, cioè il massimo censore della spesa pubblica? «Quello sarebbe il primo spreco da tagliare», dice Magaldi, in web-streaming su YouTube.
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Rinaldi: Italia avanti tutta, contro di noi l’Ue ha già perso
«È arrivato il momento di “tirar fuori le palle”, di fare veramente gli interessi di questo paese, perché finora non sono stati perseguiti gli interessi dell’Italia ma interessi che sono al di fuori di questo paese: riprendiamoci le chiavi di casa, finché siamo in tempo, altrimenti è la fine». Così si esprime l’economista Antonio Maria Rinaldi, fondatore di “Scenari Economici”, interpellato da Debora Billi per “ByoBlu”, il video-blog diretto da Claudio Messora. Italia sotto attacco, dopo l’annuncio del deficit al 2,4% nel Def: l’Unione Europea minaccia fuoco e fiamme, contro la “flessibilità” introdotta nei conti pubblici del governo gialloverde per cominciare a ridurre le tasse, alzare le pensioni abolendo la legge Fornero e supportare chi cerca lavoro anche con il reddito di cittadinanza. Il lettone Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione Ue, avverte che, con l’Italia, si applicheranno le regole del rigore. Gli fa eco lo stesso Juncker, che invoca la “linea dura”: sanzioni, se Di Maio e Salvini insistono nel voler espandere gli investimenti sociali. Siamo in trappola, o nella trappola cadrà Bruxelles? Rinaldi vota la seconda ipotesi: «Qualsiasi cosa succederà – scandisce – hanno già perso». E spiega: stanno solo bluffando, sperando che a Roma qualcuno si spaventi. In realtà, sanno benissimo di non potersi permettere di “perdere” l’Italia.«Noi andiamo avanti con la nostra linea», dichiara Rinaldi: «Abbiamo il sacrosanto diritto di dare le giuste risposte al paese: proprio quelle risposte che l’Europa non è riuscita a dare negli anni. Quindi – aggiunge il professor Rinaldi – ben vengano investimenti pubblici, ben venga il sostegno alle parti socialmente più deboli e ben venga anche il supporto per le pensioni. Se “l’Europa” dirà di no, vuol dire che evidentemente persegue altri interessi, che non sono quelli dei cittadini». Intanto, visto che bufera sembra avvicinarsi, il premier Giuseppe Conte ha ribadito che l’euro, per l’Italia, è una moneta irrinunciabile: e qualsiasi altra opinione non rispecchia la politica del governo. Sta smentendo il leghista Claudio Borghi, che ha appena ricordato quanto staremmo meglio senza l’euro, o sta solo tranquillizzando il Colle? «Conte sta tranquillizzando il Quirinale», dice Rinaldi, anche perché la permanenza o meno nell’euro non è inserita nel “contratto di governo”. Ma basta così poco, come una semplice dichiarazione di Borghi, per far crollare l’intera costruzione europea? «Mi sembra un po’ strano: se è così – commenta Rinaldi – vuol dire che siamo ridotti veramente ai minimi termini».Si dice che a giugno, sui migranti, l’Italia abbia applicato con l’Europa la politica del fatto compiuto: sta succedendo anche con la manovra economica? È questa la strategia italiana? «Sì, è la giusta è perfetta strategia», risponde Rinaldi, «perché con i migranti abbiamo visto che l’Europa se n’è “fregata altamente”: chiudendo le frontiere, non ha assolutamente considerato le giustissime esigenza dell’Italia». Dai migranti alla legge di bilancio: «Anche in questo caso il governo italiano sta facendo benissimo, ad andare incontro alle esigenze dei cittadini, quelle dell’economia reale. D’altronde – aggiunge Rinaldi – l’Europa non è venuta incontro all’Italia: anzi, ha seguito solo delle politiche a supporto dell’élite finanziaria, delle banche, del mondo finanziario. Quindi il governo Conte, supportato da Lega e 5 Stelle, fa benissimo a fare quello che fa. E soprattutto, ha il supporto dei cittadini nel fare quello che l’Europa non ha mai fatto». Tutto ciò, nonostante le resistenze del ministro Giovanni Tria, che in effetti «fu scelto da Paolo Savona», anche se questo – precisa Rinaldi – «non significa che poi abbia continuato a stare dietro indicazioni di Savona: anzi, forse è andato per la sua strada», avvicinandosi alle posizioni eurocratiche.E sempre a proposito di Europa, domanda Debora Billi: c’entra qualcosa, con l’agitarsi dell’Ue contro l’Italia, la difficile vigilia delle elezioni tedesche del 14 ottobre, con il bavarese Horst Seehofer che si schiera con Salvini e contesta alla Merkel la politica finora seguita sui migranti? «In questo momento l’Italia fa molto comodo», spiega Rinaldi: con la scusa del deficit italiano i boss della politica europea «nascondono sotto il tappeto i grossissimi problemi che si stanno manifestando sia in Germania che in Francia: ogni giorno si dimette un ministro, in Francia, ma non se ne parla. E in Germania si sa che la Baviera è una polveriera: prendersela con l’Italia fa molto, molto comodo». Ma il trucco non funzionerà, aggiunge Rinaldi, rivolgendosi a Macron e alla Merkel: «Potete prendervela quanto vi pare, con l’Italia, ma alla fine a maggio – alle elezioni europee – i conti li faremo noi. Soprattutto, li faranno i cittadini europei: buttandovi fuori a calci nel sedere».«È arrivato il momento di “tirar fuori le palle”, di fare veramente gli interessi di questo paese, perché finora non sono stati perseguiti gli interessi dell’Italia ma interessi che sono al di fuori di questo paese: riprendiamoci le chiavi di casa, finché siamo in tempo, altrimenti è la fine». Così si esprime l’economista Antonio Maria Rinaldi, fondatore di “Scenari Economici”, interpellato da Debora Billi per “ByoBlu”, il video-blog diretto da Claudio Messora. Italia sotto attacco, dopo l’annuncio del deficit al 2,4% nel Def: l’Unione Europea minaccia fuoco e fiamme, contro la “flessibilità” introdotta nei conti pubblici del governo gialloverde per cominciare a ridurre le tasse, alzare le pensioni abolendo la legge Fornero e supportare chi cerca lavoro anche con il reddito di cittadinanza. Il lettone Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione Ue, avverte che, con l’Italia, si applicheranno le regole del rigore. Gli fa eco lo stesso Juncker, che invoca la “linea dura”: sanzioni, se Di Maio e Salvini insistono nel voler espandere gli investimenti sociali. Siamo in trappola, o nella trappola cadrà Bruxelles? Rinaldi vota la seconda ipotesi: «Qualsiasi cosa succederà – scandisce – hanno già perso». E spiega: stanno solo bluffando, sperando che a Roma qualcuno si spaventi. In realtà, sanno benissimo di non potersi permettere di “perdere” l’Italia.
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Konare: è la Francia a depredare l’Africa, ditele di smettere
Ma la Francia non era il paese dei Lumi, patria della libertà già nel Settecento? Sì, ma solo in Europa: certo non in Africa, dove 14 paesi vivono tuttora sotto il giogo di una dominazione coloniale feroce e parassitaria, che sta facendo esplodere la crisi dei migranti. Lo afferma, in una drammatica video-testimonianza su “ByoBlu”, il leader panafricano Mohamed Konare, originario della Costa d’Avorio. “Libertè, egalitè, fraternitè”: valori che magari hanno ancora un peso in Francia, mentre nel continente nero – schiavizzato dal governo di Parigi – si sopravvive senza libertà e senza nessuna uguaglianza, mentre l’unica fraternità (criminale) è quella che lega alla potenza sfruttatrice i tanti dittatori africani, insediati dalla Francia a suon di sanguinosi colpi di Stato. A milioni, oggi, gli schiavi dell’Africa “francese” si riversano sulle coste italiane? Ovvio: a casa loro non hanno speranze, per colpa della piovra rappresentata dal sistema coloniale, che ancora oggi depreda i paesi sub-sahariani. Non hanno scampo, gli africani: sono vittime del più subdolo dei ricatti, cioè l’imposizione del Franco Cefa, moneta coloniale imposta all’Africa e tuttora di proprietà francese. Un controllo ferreo, per uno smisurato trasferimento di ricchezza: non meno di 500 miliardi di dollari all’anno, secondo stime ufficiali. Ora basta, però: bisogna che i giovani smettano di emigrare, dice Konare. Devono restare a casa, a lottare, perché l’Africa abbia finalmente un futuro.«Dobbiamo “assediare” pacificamente tutte le ambasciate francesi in Africa, per smuovere l’opinione pubblica internazionale. Ci stiamo preparando: lo faremo». Mohamed Konare è consapevole di quanto sia pericolosa la sua posizione: nel solo dopoguerra, l’Africa ha subito 45 golpe orchestrati da Parigi. La potenza coloniale non ha esitato a far uccidere chiunque abbia osato ribellarsi: le vittime sono decine, dal leader congolese Patrice Lumumba al rivoluzionario sovranista Thomas Sankara, che dal Burkina Faso osò chiedere l’annullamento del debito africano e la fine degli “aiuti” (usurai) della finanza internazionale: miliardi offerti dal Fmi e dalla Banca Mondiale, per vincolare l’economia africana alla schiavitù del debito e imporre la rapina neoliberista delle risorse, affidate alle multinazionali con la complicità dei governanti africani corrotti. Uno schema che è all’origine dell’attuale disastro che investe l’Africa, come spiega l’economista Ilaria Bifarini: il Pil africano sta crescendo ma resta in mano a pochissimi, la popolazione del continente nero sta letteralmente esplodendo ma vive in condizioni economiche molto peggiori, rispetto a trent’anni fa. Nel frattempo è cambiato tutto, nel mondo globalizzato, tranne un aspetto che non è esagerato definire mostruoso: l’arcaico sfruttamento coloniale da parte della Francia, di cui Konare fornisce un quadro semplicemente sconcertante.Il 50% della produzione delle ex colonie francesi finisce subito a Parigi: un furto sistematico, legalizzato dagli accordi della decolonizzazione, le “false indipendenze” concesse da Charles de Gaulle per continuare la razzia dietro il paravento dell’autonomia solo formale dell’Africa Francese. L’altro 50% del Pil viene comunque sottratto alla popolazione, grazie alla complicità dei regimi africani. Un sistema criminale, la cui regia – accusa Konare – è interamente francese: resta di proprietà della Francia il Franco Cefa, su cui Parigi esercita uno smisurato signoraggio. I paesi africani, obbligati a usare la moneta coloniale francese, non possono sviluppare liberamente la loro economia, né vendere a chi vogliono i loro prodotti. Il gas algerino finisce a Parigi insieme al petrolio. Stessa sorte per le merci di paesi importanti come il Senegal e il Camerun, la Costa d’Avorio, il Mali, il Togo, il Niger. Caffè e cacao, diamanti, oro, rame, uranio, coltan: il continente più ricco del pianeta sopravvive in miseria, sfruttato a sangue dai signori di Parigi, che oggi esibiscono l’ipocrita cinismo di Macron (ospite d’onore di Papa Francesco) ma ieri, almeno, erano capaci di franchezza: «Senza l’Africa – ammise François Mitterrand nel 1975 – la Francia non avrà storia nel 21mo secolo». Profezia confermata dal suo successore, Jacques Chirac, nel 2008: «Senza l’Africa, la Francia scivolerebbe a livello di una potenza del terzo mondo». E l’orrore continua: i paesi dell’Africa ex francese devono far approvare a Parigi i loro bilanci.Tutto questo deve finire, annuncia Konare: bisogna porre fine all’esodo dei giovani, e iniziare la lotta di liberazione dell’Africa. Come? Svelando, all’opinione pubblica, lo spaventoso vampirismo della Francia: beninteso, i cittadini francesi non ne sono nemmeno consapevoli. Piuttosto, sono potenziali alleati: lo diventeranno, dice Konare, quando prenderanno coscienza di questo orrore, perpetrato dalle stesse élite che, in Europa, organizzano le crisi e l’austerity per gli europei. Carte truccate: come farebbe, la Francia, a mantenere il bilancio in ordine secondo i vincoli Ue, se non avesse dalla sua – ogni anno – quei 500 miliardi “rubati” all’Africa occidentale? E con che coraggio l’ometto dell’Eliseo (sostenuto dal Vaticano) dà lezioni all’Italia sui migranti, visto è proprio Parigi la maggiore responsabile dell’esodo biblico che stiamo vivendo? L’Africa deve svegliarsi, ora o mai più: l’appello di Konare è intensamente drammatico. Missione: salvare gli africani, restituendo loro la sovranità economica. «L’Africa è ricca: se si smette di depredarla, fiorirà. Verremo ancora in Italia, ma come turisti, a visitare Venezia e Firenze».Patti chiari, dice Konare, e diventeremo amici. Ma di mezzo c’è una rivoluzione, da fare. «Un’alleanza tra popoli, africani ed europei, contro le élite che li sfruttano entrambi». Le armi? Una: l’informazione. «Tutti dovranno sapere. A quel punto, il dominio crollerà. Perché, se l’Africa ridiventerà sovrana, smetterà di esportare migranti». L’Italia? «Bene ha fatto a chiudere i porti: i nostri giovani che partono vengono ingannati dai trafficanti. L’emigrazione va scoraggiata in ogni modo, e l’Italia dovrebbe proprio chiudere le sue frontiere», sottolinea Konare, che si appella al governo gialloverde per ottenere una sponda nella grande battaglia, storica, per la resurrezione del continente nero. Italia cruciale: «Proprio a Roma, a settembre, faremo una grande manifestazione», annuncia Konare, al termine della lunga intervista sul video-blog di Claudio Messora. Una testimonianza, la sua, che vale più di una lezione universitaria: racconta di come l’ignoranza nasconda il peggior abominio, consumato sotto i nostri occhi. Un incubo, e una speranza: riconquistare un futuro. «Non avete idea di quanto siete buoni e di quanto siamo cattivi noi, in Occidente», dice Muhammad Alì ai bambini di Kinshasa, al termine dello storico match di boxe con Foreman, nel 1974. La cinepresa di Leon Gast immortalò un evento politico di portata storica: l’ultima voce africana capace di raggiungere, ed entusiasmare, il pubblico occidentale. Riuscirà nella stessa impresa l’altrettanto coraggioso e commovente Mohamed Konare?Ma la Francia non era il paese dei Lumi, patria della libertà già nel Settecento? Sì, ma solo in Europa: certo non in Africa, dove 14 paesi vivono tuttora sotto il giogo di una dominazione coloniale feroce e parassitaria, che sta facendo esplodere la crisi dei migranti. Lo afferma, in una drammatica video-testimonianza su “ByoBlu”, il leader panafricano Mohamed Konare, originario della Costa d’Avorio. “Libertè, egalitè, fraternitè”: valori che magari hanno ancora un peso in Francia, mentre nel continente nero – schiavizzato dal governo di Parigi – si sopravvive senza libertà e senza nessuna uguaglianza, mentre l’unica fraternità (criminale) è quella che lega alla potenza sfruttatrice i tanti dittatori africani, insediati dalla Francia a suon di sanguinosi colpi di Stato. A milioni, oggi, gli schiavi dell’Africa “francese” si riversano sulle coste italiane? Ovvio: a casa loro non hanno speranze, per colpa della piovra rappresentata dal sistema coloniale, che ancora oggi depreda i paesi sub-sahariani. Non hanno scampo, gli africani: sono vittime del più subdolo dei ricatti, cioè l’imposizione del Franco Cfa, moneta coloniale imposta all’Africa e tuttora di proprietà francese. Un controllo ferreo, per uno smisurato trasferimento di ricchezza: non meno di 500 miliardi di dollari all’anno, secondo stime ufficiali. Ora basta, però: bisogna che i giovani smettano di emigrare, dice Konare. Devono restare a casa, a lottare, perché l’Africa abbia finalmente un futuro.
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Niente bavaglio al web, Strasburgo boccia il piano Oettinger
Sventato, per il momento, il temutissimo “bavaglio” al web. L’aveva predisposto la commissione giuridica del Parlamento Europeo su input della Commissione Ue, in particolare del commissario Günther Oettinger, l’uomo che – all’indomani delle elezioni del 4 marzo – disse che sarebbero stati “i mercati” a insegnare a gli italiani come votare. In pratica: con il pretesto della revisione (necessaria) della tutela del copyright, ferma al 2001, l’Unione Europea avrebbe, di fatto, proibito la libera circolazione di contenuti, idee e immagini su Internet, mettendo a tacere blog e social. Ma il passaggio democratico cercato dalla Commissione – la validazione (peraltro non vincolante) del Parlamento Europeo – ha dato esito negativo: 318 i voti contrari e 278 i favorevoli, più 31 astenuti. Merito anche della tambureggiante opposizione scatenatasi proprio via web, a partire dall’allarme lanciato in Italia da Claudio Messora su “ByoBlu”: quasi un milione le firme raccolte in pochi giorni dalla petizione online su “Change.org”. «Oggi è un giorno importante, il segno tangibile che finalmente qualcosa sta cambiando anche a livello di Parlamento Europeo», afferma Luigi Di Maio il 5 luglio, a poche ore dal voto di Strasburgo.La seduta plenaria dell’Europarlamento, scrive il vicepremier grillino sul “Blog delle Stelle”, ha rigettato il mandato sul copyright al relatore Axel Voss, smontando l’impianto della direttiva-bavaglio. La proposta della Commissione Europea ritorna dunque al mittente, rimanendo lettera morta. Per Di Maio il segnale è chiaro: «Nessuno si deve permettere di silenziare la Rete e distruggere le incredibili potenzialità che offre in termini di libertà d’espressione e sviluppo economico». La direttiva avrebbe infatti costretto a ricorrere a speciali iter autorizzativi – anche a pagamento – per la semplice possibilità di inserire un link: procedura che avrebbe segnato in Europa la fine del web così come lo conosciamo, fondato sulla libera condivisione dei contenuti in tempo reale, attraverso la rete dei social media. «In ogni caso, anche qualora il testo fosse passato al vaglio di Strasburgo – avverte Di Maio – ci saremmo battuti in sede di Consiglio; a livello nazionale saremmo invece stati disposti a non recepirla». Lo disse subito, il leader dei 5 Stelle: se l’Ue dovesse malauguratamente adottare quella norma-vergogna, l’Italia eviterebbe di applicarla.«Voglio ringraziare tutti i nostri rappresentanti a Bruxelles e anche gli altri europarlamentari che hanno deciso di seguirci in questa battaglia per la libertà d’informazione», aggiunge lo stesso Di Maio. «Ora si apre una nuova battaglia: nella prossima plenaria si terrà infatti un dibattito politico e la possibilità di presentare emendamenti». Di Maio si dice sicuro che gli articoli più pericolosi della direttiva – l’11 e il 13 – verranno definitivamente rimossi. «Questa direttiva – spiega – riportava infatti due concetti inaccettabili: il primo prevedeva un diritto per i grandi editori di autorizzare o bloccare l’utilizzo digitale delle loro pubblicazioni introducendo anche una nuova remunerazione, la cosiddetta “link tax”, mentre il secondo imponeva alle società che danno accesso a grandi quantità di dati di adottare misure per controllare ex ante tutti i contenuti caricati dagli utenti». Assicura Di Maio: «Questo governo vigilerà affinché la libertà di Internet venga salvaguardata, senza scendere ad alcun compromesso e rifiutando ogni bavaglio».Sventato, per il momento, il temutissimo “bavaglio” al web. L’aveva predisposto la commissione giuridica del Parlamento Europeo su input della Commissione Ue, in particolare del commissario Günther Oettinger, l’uomo che – all’indomani delle elezioni del 4 marzo – disse che sarebbero stati “i mercati” a insegnare a gli italiani come votare. In pratica: con il pretesto della revisione (necessaria) della tutela del copyright, ferma al 2001, l’Unione Europea avrebbe, di fatto, proibito la libera circolazione di contenuti, idee e immagini su Internet, mettendo a tacere blog e social. Ma il passaggio democratico cercato dalla Commissione – la validazione (peraltro non vincolante) del Parlamento Europeo – ha dato esito negativo: 318 i voti contrari e 278 i favorevoli, più 31 astenuti. Merito anche della tambureggiante opposizione scatenatasi proprio via web, a partire dall’allarme lanciato in Italia da Claudio Messora su “ByoBlu”: quasi un milione le firme raccolte in pochi giorni dalla petizione online su “Change.org”. «Oggi è un giorno importante, il segno tangibile che finalmente qualcosa sta cambiando anche a livello di Parlamento Europeo», afferma Luigi Di Maio il 5 luglio, a poche ore dal voto di Strasburgo.
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“Ma il bavaglio al web sarà la tomba del massone Oettinger”
3482«Buona fortuna, caro fratello “controiniziato” Günther Oettinger. Sappi che ne uscirai con le ossa rotte. Tu, e tutti gli altri come te». Firmato: Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente della massoneria progressista sovranazionale. Nel mirino, il commissario europeo tristemente noto per aver avvertito gli italiani che “i mercati” avrebbero insegnato loro come votare, nei giorni in cui lo spread “volava”, nel tentativo di non far nascere il governo “gialloverde”. «Poi è arrivata “la cavalleria”, è lo spread è calato subito», dice Magaldi, alludendo ai potenti fondi d’investimento (sempre di matrice massonica, ma di segno progressista) che hanno calmato le acque. Non paghi della lezione, oggi Oettinger e soci ci riprovano: il piano – avanzato direttamente dal politico tedesco nella commissione affari legali del Parlamento Europeo – prevede di mettere il bavaglio al web, con la scusa della tutela del copyright. “No pasaran”, dice Magaldi, che promette battaglia: non solo sta galoppando la petizione online di “Change.org” dopo l’allarme lanciato su “ByoBlu” da Claudio Messora per fare pressione sugli europarlamentari, ma il Movimento Roosevelt chiederà al governo Conte – e al ministro Salvini in particolare – di attivarsi a ogni livello per sventare la minaccia che incombe sulla libertà d’opinione.Il tentativo di imbavagliare il web da parte dell’Ue, dice Magaldi a “Colors Radio”, è un evento gravissimo, «incompatibile con la civiltà democratica nella quale ci viene raccontato che sarebbe radicata l’Europa e anche le sedicenti istituzioni europee, ben lontane dall’essere rappresentative di democrazia sostanziale». Qualcuno, aggiunge Magaldi, ha persino avanzato il sospetto che lo sconcertante Oettinger stia addirittura facendo una sorta di doppio gioco, per arrivare ad auto-sabotare il bavaglio, dato il carattere brutalmente demenziale del provvedimento su cui si pronuncerà il Parlamento Europeo in una data non casuale, il 4 luglio: «E’ la ricorrenza dell’Indipendenza americana, cioè «della prima rivoluzione massonica importante nell’era contemporanea». E quindi, un voto come quello proposto da Oettinger «sarebbe uno sberleffo, proprio a quei padri costituenti della contemporaneità massonica che ebbero la meglio sul dispotismo della corona britannica, contestandole il loro trattamento da sudditi anziché da cittadini, rivendicando libertà e democrazia». Günther Oettinger? «E’ davvero il denudamento, lo svelamento più atroce dell’anima antidemocratica e liberticida di questa Disunione Europea e dei gruppi massonici neo-aristocratici che l’hanno sin qui guidata».Il personaggio, continua Magaldi, «è un massone neo-aristocratico, “controiniziato” come pochi». Dopo le elezioni, con il suo cinico “avvertimento” rivolto all’Italia gialloverde, «si è fatto portavoce di una punizione, da parte delle forze neo-aristocratiche e massoniche “controiniziatiche” che volevano bastonare la democrazia italiana per il tramite innanzitutto di Mario Draghi, colpevolmente utilizzatore della Bce per i fini suoi e dei suoi “amici degli amici”, naturalmente “fraterni”». In quei giorni, in cui ballava lo spread, secondo Oettinger “i mercati” avrebbero insegnato agli italiani come comportarsi. «Poi, appunto, è arrivata “la cavalleria” massonica di altro segno, e Oettinger e gli altri se la sono andata a prendere in quel posto», dice Magaldi. «Ora i mercati si stanno muovendo senza più tanti clamori; naturalmente ci sono delle analisi da fare, e – quando servirà – reinterverrà “la cavalleria” massonica progressista (rappresentata da fondi importanti, perché non sono soltanto gli altri circuiti a disporre di mezzi e di strumenti decisivi, in questo caso usati per la democrazia, e non contro)». Persa l’Italia, oggi Oettinger si muove per “spegnere” il web, che tanta parte ha avuto nei recenti sviluppi elettorali? E’ storia: Internet è stato decisivo nel referendum anti-Renzi e nella Brexit, nella vittoria di Trump e nel successo gialloverde. Ora Oettinger pernsa di fermare la storia togliendo la libertà di parola ai cittadini?«E’ inutile puntare il dito solo su Günther Oettinger, per il quale prevedo una fine ingloriosa: questo signore – dice Magaldi – dovrà andarsene a calci nel sedere, non solo dal suo posto di commissario europeo ma, in generale, dalla scena politica continentale, che ha vergognosamente disonorato con le sue battute irricevibili sull’Italia e sui “mercati” che ne avrebbero dovuto orientare il voto». Questa iniziativa contro il web, poi, è particolarmente odiosa e illiberale. «Chiederemo al governo Conte e al ministro dell’interno Salvini di adoperarsi in modo forte contro questa possibile deriva liberticida», promette Magaldi. Dall’Ue, peraltro, niente di così nuovo: «Su istigazione di Günther Oettinger e di altri antidemocratici come lui, profondamente illiberali fin nel midollo, il Parlamento Europeo vorrebbe mettere il bavaglio al web con un meccanismo ovviamente bizantino, passando attraverso il discorso del copyright: è la solita salsa tecnocratica che mascherare una sostanza antidemocratica». Non funzionerà, avverte Magaldi: «Questa è un’altra buccia di banana, così come le incaute dichiarazioni di Oettinger furono un meraviglioso regalo, un fantastico assist per la reazione popolare di indignazione di tutti i partiti italiani, alla fine, verso quel modo di trattare il popolo italiano». Questa mossa, altrettanto incauta, per Magaldi «sarà la tomba ulteriore di questa cattiva politica europea che ha costruito un mostro burocratico privo di democrazia e privo di rispetto per le esigenze di libertà, fraternità e uguaglianza che dovrebbero essere la bussola dell’Ue e di qualunque costruzione politica europea». Una promessa: «Politicamente parlando, d’ora in poi i “cadaveri” saranno tanti, a cominciare da quello di Oettinger».«Buona fortuna, caro fratello “controiniziato” Günther Oettinger. Sappi che ne uscirai con le ossa rotte. Tu, e tutti gli altri come te». Firmato: Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente della massoneria progressista sovranazionale. Nel mirino, il commissario europeo tristemente noto per aver avvertito gli italiani che “i mercati” avrebbero insegnato loro come votare, nei giorni in cui lo spread “volava”, nel tentativo di non far nascere il governo “gialloverde”. «Poi è arrivata “la cavalleria”, è lo spread è calato subito», dice Magaldi, alludendo ai potenti fondi d’investimento (sempre di matrice massonica, ma di segno progressista) che hanno calmato le acque. Non paghi della lezione, oggi Oettinger e soci ci riprovano: il piano – avanzato direttamente dal politico tedesco nella commissione affari legali del Parlamento Europeo – prevede di mettere il bavaglio al web, con la scusa della tutela del copyright. “No pasaran”, dice Magaldi, che promette battaglia: non solo sta galoppando la petizione online di “Change.org” dopo l’allarme lanciato su “ByoBlu” da Claudio Messora per fare pressione sugli europarlamentari, ma il Movimento Roosevelt chiederà al governo Conte – e al ministro Salvini in particolare – di attivarsi a ogni livello per sventare la minaccia che incombe sulla libertà d’opinione.
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Golpe europeo contro la libertà del web, l’Italia si opponga
Il diavolo non è poi brutto come lo si dipinge? In compenso, l’Unione Europea è peggio: come un monarca dispotico, ordina che sia imbavagliato il bambino che si è permesso di gridare che “il re è nudo”. Così, esercitando un arbitrio che ha la forza grottesca di un sopruso arcaico, Bruxelles prova a spegnere le antenne del popolo, quelle che i cittadini-elettori hanno ascoltato per poi decidere da chi farsi governare. E’ pensabile, una Brexit senza il web? E’ immaginabile una vittoria di Trump senza i social media? E una sconfitta di Renzi senza Facebook? Un governo “gialloverde” senza la Rete? No, appunto. Ed è per questo che il potere centrale del nuovo Sacro Romano Impero – con i suoi complici principali, i grandi media – sta preparando la spallata finale alla libertà di Internet: il divieto di far circolare idee, parole e immagini – tramite link, come finora si è fatto – sotto minaccia di violazione del copyright. Un bavaglio medievale, universale, bloccando alla fonte ogni notizia tramite filtri sulle piattaforme di distribuzione, cominciando da Google e Facebook. In pratica: la fine del web come l’abbiamo conosciuto, fondato sulla libera circolazione (immediata) di segnalazioni, opinioni, fatti e analisi, contenuti normalmente oscurati da giornali e televisioni.Un gesto orwelliano, da tirannide asiatica d’altri tempi: è il 2018, eppure l’Unione Europea è questa. Non riconosce cittadini, vuole soltanto sudditi. E ha una paura maledetta che i sudditi si ribellino, ridiventando cittadini. Il killer prescelto per l’operazione è ovviamente tedesco e risponde al nome di Günther Oettinger, il simpaticone che – all’indomani del voto italiano del 4 marzo – spiegò che sarebbero stati “i mercati”, o meglio i signori occulti dello spread, a insegnare agli italiani come votare nel modo giusto, evitando cioè di rinnovare la loro fiducia a gentaglia come Salvini e Di Maio. Come sempre, Bruxelles cerca di ammantarsi di una parvenza di legalità: la Commissione Europea, organismo non-eletto e forte di poteri paragonabili a quelli delle “giunte militari” di sudamericana memoria, stavolta utilizza la foglia di fico del Parlamento Europeo (eletto, ma senza potere) per ricevere l’ipotetica legittimità politica dell’abuso, che verrebbe incoraggiato con il voto di Strasburgo il 4 luglio. Da qui il conto alla rovescia della petizione lanciata da Claudio Messora su “ByoBlu” e ripresa da “Change.org”, che in pochi giorni ha raccolto quasi mezzo milione di firme, in Italia, per tentare di convincere gli europarlamentari a non votare il piano Oettinger, in base al quale non sarebbe più possibile far circolare, su blog e social, i testi, le idee e le immagini che in questi anni hanno fatto informazione.L’intento è evidente: “spegnere” le fonti che hanno sopperito al colpevole silenzio dei grandi media, sostituendo in modo prezioso la non-informazione di giornali e televisioni, canali mainstream reticenti e omertosi, largamente difettosi quando non direttamente mafiosi, docili strumenti nelle mani di editori collusi con il potere centrale che trama contro le democrazie per svuotarle e depredarle. Senza informazione non c’è democrazia, ed è normale quindi che l’oligarchia si premuri innanzitutto di imbavagliare la libertà di espressione. Prima hanno ridotto i giornali a carta straccia, e le televisioni a salotti tragicomicamente impermeabili a qualsiasi verità. E ora, dato che il pubblico ha aggirato i grandi media rivolgendosi al web – in Italia il 50% dei cittadini dichiara di informarsi ormai solo sulla Rete – ecco il supremo bavaglio a Internet, con l’espediente della tutela del copyright. Con l’alibi della (giusta) sanzione contro gli abusi, si mette il bavaglio alla prima fonte di notizie per 30 milioni di persone, nel nostro paese. Difficile credere che un simile attentato alla libertà possa essere accettato come costituzionale, in Italia.Beninteso: è più che legittima la tutela del copyright, ove si impedisca di eseguire dei pedestri copia-e-incolla non autorizzati. Ma il legislatore Ue va ben oltre: impedirà addirittura che, su blog e social, vengano caricate segnalazioni ipertestuali: in pratica, sarebbe la fine dei link, cioè dell’anima stessa di Internet. Vietato riportare frasi, estratti, dichiarazioni. Vietato certificare le fonti di provenienza. Vietato veicolare – mediante collegamento diretto – i contenuti più interessanti. In altre parole: la fine del web, la morte della libertà d’opinione. Il sovrano europeo pensa di fermare, letteralmente, l’orologio della storia: vuol far diventare lento e disfunzionale ciò che oggi è veloce, immediato. Una pazzia anacronistica, come quella di chi schierasse i carri armati nelle strade. L’essenza stessa del web è la rapidità, la circolazione di notizie in tempo reale: e il web è diventato il più potente vettore economico del nostro tempo. Ostacolarlo significa arrecare un danno di portata incalcolabile alla dinamica economica del terzo millennio, riportando l’Europa al medioevo anche sul piano civile, oltre che economico e politico.Non è strano che a organizzare il golpe sia l’Unione Europea, che i suoi carri armati (finanziari) li ha già spediti ovunque, a fare strage di democrazia. Resta da vedere come reagiranno le anime morte del Parlamento Europeo il 4 luglio, sotto la pressione dell’opinione pubblica. E soprattutto: c’è da capire come risponderà, al golpe, il governo italiano. Salvini “esiste” soprattutto su Twitter, i 5 Stelle sono nati dalla Rete. Il cielo stellato è stato inquadrato dal cannocchiale di Galileo, che adesso l’ultima reincarnazione del cardinale Bellarmino – il fantoccio Oettinger e i suoi mandanti – sta per fare a pezzi. Questa Ue si comporta come una dittatura di colonnelli: nasce morta e condannata dalla storia. E’ destinata alla sconfitta, ma a che prezzo? Quanto durerebbe, il blackout, prima del ripristrino della democrazia? Quanti altri danni produrrebbero, nel frattempo, i golpisti del web? Nessun aiuto, intanto, da giornali e televisioni: gli operatori ufficiali dell’informazione, ancora una volta, tacciono. Non una parola, da loro, sulla più importante notizia – la peggiore – che abbia investito il pubblico italiano. Tacciono, giornali e televisioni, sul golpe in atto. Sperano, probabilmente, che il colpo di Stato riesca. Si comportano come fossero complici dei golpisti. Se c’è un’occasione per dimostrare che il “governo del cambiamento” non è solo un modo di dire, è questa: se c’è un “no” che l’Italia deve pronunciare, forte e chiaro, è proprio questo, contro il golpe che vorrebbe spegnere il web.(Su Change.org la petizione contro il bavaglio al web che l’Ue vorrebbe imporre).Il diavolo non è poi brutto come lo si dipinge? In compenso, l’Unione Europea è peggio: come un monarca dispotico, ordina che sia imbavagliato il bambino che si è permesso di gridare che “il re è nudo”. Così, esercitando un arbitrio che ha la forza grottesca di un sopruso arcaico, Bruxelles prova a spegnere le antenne del popolo, quelle che i cittadini-elettori hanno ascoltato per poi decidere da chi farsi governare. E’ pensabile, una Brexit senza il web? E’ immaginabile una vittoria di Trump senza i social media? E una sconfitta di Renzi senza Facebook? Un governo “gialloverde” senza la Rete? No, appunto. Ed è per questo che il potere centrale del nuovo Sacro Romano Impero – con i suoi complici principali, i grandi media – sta preparando la spallata finale alla libertà di Internet: il divieto di far circolare idee, parole e immagini – tramite link, come finora si è fatto – sotto minaccia di violazione del copyright. Un bavaglio medievale, universale, bloccando alla fonte ogni notizia tramite filtri sulle piattaforme di distribuzione, cominciando da Google e Facebook. In pratica: la fine del web come l’abbiamo conosciuto, fondato sulla libera circolazione (immediata) di segnalazioni, opinioni, fatti e analisi, contenuti normalmente oscurati da giornali e televisioni.
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Oscurare il web: una firma contro l’ultima vergogna dell’Ue
Ci stanno provando in tutti i modi da tempo, negli Stati Uniti e, soprattutto, in Europa. Chi segue questo blog sa come la penso: da quando l’establishment ha perso il controllo della Rete e soprattutto dei social media, veicolando idee non mainstream e favorendo l’affermazione di movimenti alternativi, quelli che vengono sprezzamentemente definiti “populisti”, ogni pretesto è buono per favorire misure per limitare la libertà di pensiero. Ci hanno provato usando l’ariete delle “fake news” e il tentativo è ancora in corso, in queste ore stanno usando un altro grimaldello, il copyright. Come ha denunciato, in perfetta solitudine, Claudio Messora su “ByoBlu”, la Commissione Affari Legali del Parlamento Europeo, su proposta dell’immancabile commisario tedesco Oettinger, ha dato il primo via libera alla legge sul copyright, che di fatto, se verrà approvata anche in Aula, permetterà di introdurre misure censorie. L’articolo 11, instaura la cosiddetta “tassa sui link”. Non stiamo parlando, a scanso di equivoci di film o di canzoni o di interi libri, ma stiamo parlando del testo che, citato testualmente si riferisce, “anche ai più piccoli frammenti di articoli contenenti notizie”, che “devono avere una licenza”. Avete presente quel piccolo testo di anteprima che appare a fianco o sotto a un link, in mancanza del quale nessuno sano di mente si sogna di cliccare? Ecco, anche quello dovrebbe disporre di un’adeguata licenza!Spiega Messora, che così continua: «Secondo l’articolo 13 “le piattaforme online sono responsabili per le violazioni del copyright dei loro utenti” e “devono in ogni caso implementare filtri preventivi sugli upload”. Significa che gli algoritmi rigetteranno a priori qualunque contenuto che “potrebbe” violare il copyright, prima ancora che appaia online. Ma gli algoritmi non sono immuni ai falsi positivi e non possono certamente distinguere gli usi ammissibili, come le parodie, i meme, il diritto di critica… Non c’è nessuna concessione al concetto stesso di “Fair Use”. Ecco, ad esempio sarà impossibile pubblicare la foto di chicchessia con una scritta sotto, appunto i meme, a meno che quella foto non l’abbiate scattata voi stessi, e anche così sarete comunque giudicati “colpevoli” a meno che non vi dimostriate “innocenti” e non conduciate lunghe battaglie per riportare online i vostri contenuti». Il messaggio è chiaro: se questa legge passerà, la diffusione di contenuti politici potrà avvenire solo senza il supporto di immagini, perché è evidente che il singolo cittadino mai potrà procurarsi le foto di un primo ministro o della guerra in Siria. E anche la citazione di brani di articoli potrebbe portare alla soppressione della vostra pagina Facebook o del vostro account Twitter.Insomma, se questa legge dovesse entrare in vigore, i blog e le pagine politiche sui social media con foto “non autorizzate” potebbero essere cancellate d’ufficio, privando la Rete di uno strumento di supporto ormai indispensabile. Quale attrattiva potrebbero avere avere pagine di solo testo? Volete davvero che la Rete venga ridotta a un’immensa bacheca di foto di gattini (solo i vostri, perché gli altri violerebbero il copyright)? Claudio Messora ha lanciato una petizione contro questo provvedimento, che sarà votato in aula a Bruxelles il 4 luglio. Lo scopo è di suscitare una sollevazione della Rete e siccome le grandi testate stanno, ovviamente, ignorando la notizia, l’unica possibilità è di innescare un passaparola che induca decine di migliaia di cittadini a firmare questa petizione. Io ho firmato. E tu? Mancano pochi giorni, non perdere tempo!(Marcello Foa, “L’ultima della Ue: il web senza immagini (e senza idee). Si chiama censura. Io non ci sto. E tu?”, dal blog di Foa sul “Giornale” del 24 giugno 2018).Ci stanno provando in tutti i modi da tempo, negli Stati Uniti e, soprattutto, in Europa. Chi segue questo blog sa come la penso: da quando l’establishment ha perso il controllo della Rete e soprattutto dei social media, veicolando idee non mainstream e favorendo l’affermazione di movimenti alternativi, quelli che vengono sprezzamentemente definiti “populisti”, ogni pretesto è buono per favorire misure per limitare la libertà di pensiero. Ci hanno provato usando l’ariete delle “fake news” e il tentativo è ancora in corso, in queste ore stanno usando un altro grimaldello, il copyright. Come ha denunciato, in perfetta solitudine, Claudio Messora su “ByoBlu”, la Commissione Affari Legali del Parlamento Europeo, su proposta dell’immancabile commisario tedesco Oettinger, ha dato il primo via libera alla legge sul copyright, che di fatto, se verrà approvata anche in Aula, permetterà di introdurre misure censorie. L’articolo 11, instaura la cosiddetta “tassa sui link”. Non stiamo parlando, a scanso di equivoci di film o di canzoni o di interi libri, ma stiamo parlando del testo che, citato testualmente si riferisce, “anche ai più piccoli frammenti di articoli contenenti notizie”, che “devono avere una licenza”. Avete presente quel piccolo testo di anteprima che appare a fianco o sotto a un link, in mancanza del quale nessuno sano di mente si sogna di cliccare? Ecco, anche quello dovrebbe disporre di un’adeguata licenza!
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Di Maio, non puoi più fingere di non sapere com’è il Mostro
La Bella Addormentata nel bosco si è ridestata da un lungo sonno. E, tutta sconvolta, ci informa che non si trova nel Paese delle Meraviglie, ma che nel bosco c’è un orco, grosso, sporco, con i denti aguzzi e gli artigli ricurvi. Questo mostro si chiama tecnocrazia oligarchico-finanziaria, e controlla gli Stati (specialmente le democrazie del Sud Europa) per cui andare a votare è inutile, tanto comandano loro, in ossequio al dio dei Mercati, in ossequio all’apertura delle Borse, in ossequio all’Euroburocrazia delle banche centrali e delle cancellerie mittel-europee. Caro Luigi, stavolta te lo dico con il cuore e senza nessun risentimento, ma con tanta amarezza e disincanto. Non voglio fare la primadonna, e d’altronde siamo arrivati ad un punto, in Italia, nel quale non ci sono più teatri e non ci sono più riflettori, ma resta solo da imbracciare una pala e tentare di fare pulizia dalle macerie. Ma cosa facevate voi quando Messora vi diceva queste cose, a parte sbatterlo fuori perché volevate entrare nell’Alde? E mentre io gridavo alla luna e voi annunciavate querela (ricordi?), quando andavi a pranzo con quegli stessi mostri senza anima che oggi ti hanno (e ci hanno) dato il benservito, tu a cosa pensavi? Perché lo facevi? Credevi davvero, tu, pecora come tutti noi, di poter essere invitato alla tavola imbandita dai lupi e non finire prima o poi tra le pietanze?Non ti faccio il lungo elenco delle rassicurazioni che hai cercato di dare a tutti, dai mercati ai lobbisti incontrati a porte chiuse, per tentare di arrivare qui, oggi, perché sono sicuro che li ricordi uno ad uno, e sono sicuro che adesso ti brucia tanto quanto brucia a tutti noi avere avuto l’ennesima dimostrazione di quanto contiamo veramente. Ti hanno osservato con attenzione, magari con aria divertita; ti hanno fatto intendere che sì, in fondo eri un esemplare curioso di varia umanità, e ti hanno guardato con quell’aria semisorridente, sorniona, con quello sguardo gelido, stringendoti la mano come un sordido finanziere affarista la stringe all’ingenuo padre di famiglia che crede di avere concluso l’affare del secolo. Loro sapevano che tu quella porta non l’avresti varcata mai. Perché le loro televisioni te l’avrebbero impedito. E se non fosse bastato, la legge elettorale te l’avrebbe impedito. E se ancora non fosse bastato – come non è bastato – perché il garante ultimo di questo sistema di commissariamento permanente te l’avrebbe impedito. In qualunque modo. A qualunque costo. E così è stato. Amen!Però… Però… se questa consapevolezza il Movimento 5 Stelle l’avesse avuta da subito, sin dal 2013 quando entrò vigorosamente nelle istituzioni… Se anziché tentare di farsi sistema, cercando di ripulirsi e riqualificarsi agli occhi dei potenti, liberandosi dei rimasugli delle lotte ai banchetti, delle denunce troppo veementi nelle piazze, dei post troppo espliciti in rete e sui blog; se insomma tu avessi condotto il Movimento 5 Stelle non verso la deriva istituzionale presidiata dai guardiani della democrazia, cercando di non dare troppo fastidio ai manovratori occulti ma lasciando che si occupasse delle briciole, come gli stipendi dei parlamentari, ma verso lo scontro nudo e crudo con un sistema di potere che occlude ogni possibilità per i cittadini e svuota la Costituzione (come si è visto ieri sera al Quirinale) a vantaggio di potenze sovranazionali e colonizzatrici, forse oggi saremmo già avanti. Forse avreste preso quel 100% alle elezioni che voleva Beppe Grillo, e Mattarella oggi non sarebbe più un problema. Invece siamo ancora qui, nel 2018, a dire le cose che se stavate un po’ attenti qualcuno in rete diceva già nel 2011. E sarebbe bastato dargli retta (e non mi riferisco solo a Messora).Adesso chiedi di credere alla tua autentica presa di coscienza (un po’ tardiva) sulla vera natura dei poteri che ci governano. Bene. Io sono un inguaribile romantico. E sai cosa ti dico? Che potrei anche crederti. Ma te ne prego: hai preso una strada, sei entrato in rotta di collisione con quei poteri forti che ti hanno pugnalato alle spalle mentre salivi la scalinata che conduceva alla vittoria, ti sei messo a denunciarli e a hai perfino iniziato a chiamarli per nome… Adesso il contratto scrivilo con te stesso, mettici dentro le cose che hai detto in questo video e poi firmalo col sangue. Non cambiare più idea, Luigi. Se hai davvero capito con chi hai a che fare, adesso affonda la lama e non la estrarre più fino a quando questi nemici dell’Italia, della patria, della democrazia e dei popoli non saranno tutti stati eliminati. Sei ancora il capo politico di un movimento che ha il 32% dei voti, se non di più. Da solo, o alleandoti con qualcuno che la pensi come te, hai la possibilità di riscrivere il finale di questa storia. Tutti sbagliamo. Tutti cadiamo. Ma il mondo lo cambia solo chi riesce a rialzarsi con una nuova consapevolezza, avendo finalmente chiaro quello che bisogna fare. E quello che bisogna fare è riconquistare la libertà. Sfrutta questa occasione. Non ce ne sarà un’altra.(Claudio Messora, “Il nuovo contratto di Luigi Di Maio”, da “ByoBlu” del 28 maggio 2018).La Bella Addormentata nel bosco si è ridestata da un lungo sonno. E, tutta sconvolta, ci informa che non si trova nel Paese delle Meraviglie, ma che nel bosco c’è un orco, grosso, sporco, con i denti aguzzi e gli artigli ricurvi. Questo mostro si chiama tecnocrazia oligarchico-finanziaria, e controlla gli Stati (specialmente le democrazie del Sud Europa) per cui andare a votare è inutile, tanto comandano loro, in ossequio al dio dei Mercati, in ossequio all’apertura delle Borse, in ossequio all’Euroburocrazia delle banche centrali e delle cancellerie mittel-europee. Caro Luigi, stavolta te lo dico con il cuore e senza nessun risentimento, ma con tanta amarezza e disincanto. Non voglio fare la primadonna, e d’altronde siamo arrivati ad un punto, in Italia, nel quale non ci sono più teatri e non ci sono più riflettori, ma resta solo da imbracciare una pala e tentare di fare pulizia dalle macerie. Ma cosa facevate voi quando Messora vi diceva queste cose, a parte sbatterlo fuori perché volevate entrare nell’Alde? E mentre io gridavo alla luna e voi annunciavate querela (ricordi?), quando andavi a pranzo con quegli stessi mostri senza anima che oggi ti hanno (e ci hanno) dato il benservito, tu a cosa pensavi? Perché lo facevi? Credevi davvero, tu, pecora come tutti noi, di poter essere invitato alla tavola imbandita dai lupi e non finire prima o poi tra le pietanze?
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Magaldi: imbecilli a reti unificate minacciano Lega e 5 Stelle
Imbecilli: lasciano credere che il debito dello Stato sia come quello della tabaccheria sotto casa, esposta con la banca. Imbecilli pericolosi: perché scrivono sui giornali e parlano ogni sera in televisione. Somari in buona fede, disastrosamente ignoranti, o vecchi marpioni in malafede? «Non so cosa sia peggio», dice Gioele Magaldi: una persona intelligente puoi sempre persuaderla, mentre di fronte a un cretino non ci sono speranze. Gli imbecilli di turno? Quelli che cercano di spaventare gli italiani, bocciando le “mirabolanti promesse” dell’ipotetico governo gialloverde di Salvini e Di Maio. Lega e 5 Stelle, in realtà, stanno terrorizzando solo l’establishment: i professori della catastrofe, i notai dell’infame declino del paese. Le loro ricette hanno devastato l’Italia, eppure insistono: bisogna tagliare redditi e consumi, senza capire che – per quella strada, se il Pil non cresce – poi a esplodere è proprio il debito, inevitabilmente. «Arriva a comprenderlo anche un mediocre studente di economia, ma non gli imbecilli che ci parlano ogni giorno sui giornali e in televisione», dice Magaldi, in una diretta web-streaming su YouTube con Marco Moiso, in cui rilancia un nome fortissimo per Palazzo Chigi: quello dell’economista post-keynesiano Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt.
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Morte di David Rossi, Fracassi: colpa di Draghi il crollo Mps
Siena, 6 marzo 2013. Un uomo precipita dalla finestra, ma non muore sul colpo. Si muove ancora, quando due uomini comparsi dal nulla, nel vicolo sotto la sede centrale del Montepaschi, gli si avvicinano per verificarne le condizioni, prima di sparire. Chi sono? Mistero. «Sappiamo invece chi ha fatto pervenire quel filmato al “New York Post”: è stata la Cia», afferma il reporter Franco Fracassi, ai microfoni di “Border Nights”, a proposito del video (sconvolgente) sulla morte di David Rossi, poi ripreso anche dalle “Iene” e ora disponibile sul web. Insieme a Elio Lannutti, Fracassi è autore del saggio “Morte dei Paschi”, ovvero: dalla drammatica fine di Rossi ai risparmiatori truffati, “ecco chi ha ucciso la banca di Siena”. Suicidio all’italiana? Sappiamo solo che la magistratura ha rinunciato a indagare nella direzione dell’omicidio, dice Fracassi, avendo rapidamente archiviato il caso come, appunto, suicidio. «Certo, resta il fatto che Rossi è volato dalla finestra del suo ufficio appena due giorni dopo l’email in cui annunciava di voler parlare con i magistrati, riguardo al suo ruolo nella banca finita nella bufera». Indagini a parte, per Fracassi il vero colpevole ha un nome preciso: Mario Draghi. «E’ stato lui a far crollare la banca di Siena», determinando il disastro che poi ha portato anche alla morte di David Rossi.Il primo a puntare il dito contro il presidente della Bce è stato Gioele Magaldi, leader del Movimento Roosevelt e autore del saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere), che svela il ruolo di 36 Ur-Lodges nel “back office” del massimo potere mondiale. Superlogge sovranazionali potentissime, come le 5 organizzazioni di stampo neo-aristocratico alle quali, secondo Magaldi, è affiliato Draghi: sono la “Edmund Burke”, la “Pan-Europa”, la “Der Ring”, nonché due autentiche colonne del mondo supermassonico di segno reazionario, la “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum” e la “Three Eyes”, il club di Kissinger, Rockefeller e Brzesinski. «Quando era governatore di Bankitalia – sostiene Magaldi – Draghi avrebbe dovuto vigilare sulla spericolata acquisizione di Antonveneta da parte della banca senese. Ma non lo fece, così come Anna Maria Tarantola, all’epoca alta funzionaria della Banca d’Italia». La vicenda Mps-Antonveneta è nota: il “Sole 24 Ore” la definisce «la più grande rivalutazione della storia». Il prezzo di Antonveneta, riassume il quotidiano di Confindustria, nel 2007 schizzò in pochi mesi dai 6,6 miliardi pagati dal Banco Santander per comprare l’istituto ai 9,3 (più oneri vari che hanno fatto salire il prezzo definitivo a 10,3 miliardi circa) tirati fuori da Mps.Oltre 10 miliardi, dunque, ai quali «vanno aggiunti almeno altri 7,9 miliardi di debiti di Antonveneta, che l’istituto senese si è accollato». In soli 11 mesi – dal 30 maggio 2008 al 30 aprile 2009 – il Monte dei Paschi «ha effettuato bonifici per oltre 17 miliardi». Soldi che, scrive il “Sole”, «sono finiti ad Amsterdam, Londra e Madrid». Oggi, Franco Fracassi la definisce «la più grande operazione bancaria della storia», avendo coinvolto anche gli olandesi di Abn-Amro, gli inglesi e la Banca Mondiale. «Draghi – insiste Fracassi, a “Border Nights” – ha avuto un ruolo di primo piano, nel disastro del Monte dei Paschi, perché non ha permesso controllo ma, a mio giudizio, ha premuto per la cosa: è stato lui a spingere il Monte dei Paschi nel baratro, perché la banca senese era un tassello fondamentale di questa operazione – che Draghi ha voluto a tutti i costi, e che ha portato alla grande crisi economica, quella che sta devastando tutta l’Europa da ormai dieci anni». Questa crisi, aggiunge Fracassi, è figlia del crack di alcune delle più grandi banche d’Europa, «frutto di un’operazione voluta da Draghi in un momento in cui non bisognava farla, e soprattutto non in maniera così scellerata, come se si avesse voluto gettare l’Europa nel baratro».Perché è successo? «Non credo che Draghi non sapesse che cosa sarebbe potuto accadere», dice sempre Fracassi a “Border Nights”. «Non credo l’abbia fatto per leggerezza. E’ una persona molto intelligente, che sa il fatto suo. E so anche che Draghi è uno dei campioni del neoliberismo: è colui che, quando stava in Goldman Sachs, ha gettato nel baratro la Grecia». Conoscendo l’ideologia neoliberista e le strategie normalmente adottate dall’élite finanziaria euro-atlantica, aggiunge Fracassi, «presumo che ci sia stata la volontà di gettare l’Europa nella crisi». Draghi? «In questo ha avuto un ruolo di primo piano, e il Monte dei Paschi è stata la chiave di volta: quantomeno, quindi – conclude – Draghi ha delle responsabilità morali, per questa vicenda», su cui ora incombe anche il giallo della morte di David Rossi. E quello strano video, che Fracassi attribuisce alla Cia? Proprio la fonte di quelle immagini terribili «dà la dimensione della cosa», aggiunge il giornalista. «E’ un filmato che non dovrebbe esistere, e che teoricamente non dovrebbe avere nulla a che vedere con loro: cosa può importare, alla Cia, di un italiano che si suicida?». Vai a sapere. Sempre Fracassi, a “ByoBlu”, ha rivelato che «il Montepaschi è una delle banche che in questi ultimi 7 anni hanno garantito l’acquisto e la vendita di armi a tutte le parti in conflitto in Siria».Nel libro scritto con Lannutti, Fracassi cerca di capire «chi siano gli assassini di quella che è stata la banca più grande d’Europa». Si parla di armi, di politica, di criminalità organizzata. «Anche il mondo sommerso del crimine, alla fine, passa dalle banche: non è che esiste la Criminal Bank e poi le banche pulite, le banche son banche», dice ancora Fracassi a “Border Nights”. «Tranne forse rari casi virtuosi, la maggior parte delle banche fa queste cose. Il problema è: a che livello, quanto consapevolmente, e quanta ingerenza hanno, questi aspetti, nella gestione complessiva della banca». La crisi di Mps sembra consonante con le recenti notizie sull’assorbimento delle Bcc, le banche di credito cooperativo, raggruppate – per volere della Bce – sono l’ombrello di un unico grande soggetto finanziario, che si teme sarà fatalmente meno attento all’economia dei territori e invece più aperto (come il Montepaschi dopo la fatale svolta) al mercato finanziario internazionale dei titoli tossici. «Il fallimento del Montepaschi, dovuto alla responsabilità quantomeno morale di Mario Draghi – aggiunge Fracassi – ha portato uno sconquasso in tutto il sistema economico e creditizio europeo. E quindi anche nelle banche italiane, che a differenza di altre erano più fragili, trovandosi in una situazione di grande esposizione, per aver fatto fusioni con altre banche e investimenti in Borsa sbagliati, ma soprattutto per la quantità di crediti inesigibili».Di per sé, precisa il giornalista, i crediti inesigibili non fanno crollare una banca, se non molto raramente. «Se però il sistema salta, quei crediti inesigibili diventano insostenibili: durante una crisi econonica, chi ha preso soldi in prestito non riesce a restituirli. E’ una sorta di catena: più banche falliscono, e più rischiano di fallirne». Elementare: «Quando un sistema va in crisi, i più deboli sono i primi a soccombere». E mentre una grande banca ha i suoi paracadute, oltre a essere “too big to fail” (troppo grande per poter fallire), le banche piccole «non hanno quasi protezione, da parte della politica e del sistema finanziario: si appoggiano a piccole realtà locali, che possono entrare in crisi coinvolgendo le banche stesse». E’ la storia recente dell’Unione Europea, sintetizza Fracassi, a rendere esplicita la condanna (non giudiziaria, certo, ma storico-politica) dei super-tecnocrati alla Mario Draghi, onnipotenti registi di una crisi abilmente pilotata per organizzare uno smisurato trasferimento di ricchezza dal basso verso l’alto. Un fenomeno spaventosamente spettacolare, senza eguali nella storia moderna. Il sociologo Luciano Gallino lo chiamava “lotta di classe dei ricchi contro i poveri”. E in attesa che venga alla luce la verità definitiva sulla fine di David Rossi – esecutori e mandanti dell’eventuale omicidio – Franco Fracassi insiste: almeno moralmente, la colpa è di Draghi. Distruggere Mps faceva parte di un piano preciso, che l’ex governatore di Bankitalia, poi promosso alla Bce, non ha certo ostacolato.(Il libro: Elio Lannutti e Franco Fracassi, “Morte dei Paschi. Dal suicidio di David Rossi ai risparmiatori truffati. Ecco chi ha ucciso la banca di Siena”, PaperFirst editore, 280 pagine, 12 euro).Siena, 6 marzo 2013. Un uomo precipita dalla finestra, ma non muore sul colpo. Si muove ancora, quando due uomini comparsi dal nulla, nel vicolo sotto la sede centrale del Montepaschi, gli si avvicinano per verificarne le condizioni, prima di sparire. Chi sono? Mistero. «Sappiamo invece chi ha fatto pervenire quel filmato al “New York Post”: è stata la Cia», afferma il reporter Franco Fracassi, ai microfoni di “Border Nights”, a proposito del video (sconvolgente) sulla morte di David Rossi, poi ripreso anche dalle “Iene” e ora disponibile sul web. Insieme a Elio Lannutti, Fracassi è autore del saggio “Morte dei Paschi”, ovvero: dalla drammatica fine di Rossi ai risparmiatori truffati, “ecco chi ha ucciso la banca di Siena”. Suicidio all’italiana? Sappiamo solo che la magistratura ha rinunciato a indagare nella direzione dell’omicidio, dice Fracassi, avendo rapidamente archiviato il caso come, appunto, suicidio. «Certo, resta il fatto che Rossi è volato dalla finestra del suo ufficio appena due giorni dopo l’email in cui annunciava di voler parlare con i magistrati, riguardo al suo ruolo nella banca finita nella bufera». Indagini a parte, per Fracassi il vero colpevole ha un nome preciso: Mario Draghi. «E’ stato lui a far crollare la banca di Siena», determinando il disastro che poi ha portato anche alla morte di David Rossi.