Archivio del Tag ‘California’
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Streeck: decapitare quest’Europa, dittatura neoliberista
Wolfgang Streeck è il direttore del Max-Planck Institut per la ricerca sociale di Colonia, ha diversi incarichi di ricerca e docenza in molteplici istituti tedeschi, europei ed americani; è un sociologo, che all’inizio della sua carriera fu dalle parti di Francoforte dove frequentò il sapere della Scuola di Adorno, Marcuse ed Habermas. E’ a tutti gli effetti un sapiente della knowledge factory che ha dato alle stampe un testo che ha innescato un dibattito forte e potente in Germania ed è stato appena pubblicato in Italia per i tipi di Feltrinelli (Wolfang Streeck, “Tempo guadagnato”, Campi del sapere, Feltrinelli, luglio 2013). Streeck fornisce una rilettura genealogica degli ultimi trent’anni in Europa, abbracciando nell’analisi l’economia e le coniugate riforme di politica economica, istituzionali e politiche.
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Brown: stiamo esaurendo l’acqua, come mangeremo?
«Siamo in grado di produrre cibo senza petrolio, ma non senza acqua». Ecco la vera emergenza planetaria: con l’aumento della popolazione mondiale, l’eccessivo pompaggio ha portato alcune nazioni a raggiungere il picco dell’acqua, minacciando così l’approvvigionamento alimentare. Parola di Lester Brown, prestigioso ecologista e presidente dell’Earth Policy Institute. Se l’allarme sui media è scattato per il superamento del picco del petrolio, il vero pericolo per il futuro è l’oro blu, quello che in Europa si cerca di privatizzare: «Esistono sostituti per il petrolio, ma non per l’acqua». E senza acqua, non si mangia: ogni giorno consumiamo in media 4,5 litri d’acqua, ma il cibo quotidiano richiede qualcosa come 2.250 litri d’acqua per essere prodotto, quindi 500 volte tanto. «Ottenere abbastanza acqua da bere è relativamente facile, ma trovarne a sufficienza per produrre le quantità sempre crescenti di grano che il mondo consuma, è un altro discorso».
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Craig Roberts: colpo di Stato, Obama ha tradito l’America
Gli americani hanno subito un colpo di Stato, anche se esitano ad ammetterlo. Il regime di Washington manca di legittimità costituzionale e giuridica. Gli americani sono attualmente governati da usurpatori secondo i quali l’esecutivo è al di sopra della legge e la Costituzione americana è né più né meno che carta straccia. Un governo non costituzionale è un governo illegittimo. I giuramenti di fedeltà comprendono la difesa della Costituzione “contro ogni nemico, straniero e interno”. Come vollero ben sottolineare i Padri Fondatori, il principale nemico è il governo stesso. Al potere non piacciono vincoli e restrizioni, e fa di tutto, sempre, per liberarsi da questi “lacci”. Alla base del regime di Washington c’è usurpazione di potere. Il Regime Obama, come quello passato Bush-Cheney, non è legittimo. Gli americani sono governati da un potere che comanda non in forza del diritto e della Costituzione, ma con le menzogne e la forza bruta. Quelli che oggi sono al potere considerano la Costituzione solo “una catena che gli tiene le mani legate”.
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Zero privacy, il futuro progettato dal vero potere mondiale
Secondo Marlon Brando, la privacy non era «semplicemente un diritto, ma un prerequisito assoluto per vivere». Bei tempi. Oggi, «proteggere è veramente un parolone, anche un po’ improprio», accusa Glauco Benigni: «Ciò che appare è che la sfera pubblica globalizzata – i governi, i militari, i trader, i tecnocrati – vogliano impedire che la raccolta e il trattamento dei dati sia ostacolata dal sacrosanto bisogno di riservatezza, e per far questo hanno organizzato un sistema molto complesso di protezione regolata, al quale è impossibile sottrarsi e nel quale è quasi impossibile intervenire». Ma allora Orwell aveva ragione? «La domanda ormai appare retorica». Governi ossessionati dalla sicurezza, trader ossessionati dal guadagno e tecnocrati facilitatori del controllo formano una terna che non consente scampo: «La privacy è stata abbindolata, sedotta e stuprata da bambina. E ora, i suoi stupratori travestiti da padri di famiglia ne fanno mercimonio».
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Ray Manzarek, l’architetto della leggenda chiamata Doors
“Per tutta la vita non facciamo altro che sudare e risparmiare, in vista di una tomba poco profonda. Dev’esserci qualcos’altro, diciamo, per difendere questo posto”. Sono versi tratti da “The Soft Parade”, te la ricordi Ray? Con un post comparso sulla pagina Facebook dei Doors, è stato dato l’annuncio della scomparsa avvenuta all’età di 74 anni di Ray Manzarek, tastierista e fondatore della mitica band. Manzarek è morto in Germania presso la RoMed Clinic di Rosenheim dopo aver combattuto, con il sostegno della famiglia, una lunga battaglia contro il cancro. “Ingegnere del suono” dei Doors, come amava definirsi, Raymond Daniel Manzarek nasce a Chicago il 12 febbraio 1939, e a sette anni ha la sua prima infatuazione per il pianoforte, strumento con il quale incomincia a esplorare le nere strade del blues, del rock’n’roll e del boogie woogie.
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Luxottica: le banche ci aiutino a creare lavoro, non finanza
Le banche? «Hanno perso la testa», gettandosi nella finanza: cercano soldi facili, trascurando il credito alle imprese, e così il paese va a picco. Parola di Leonardo Del Vecchio, l’ultimo grande imprenditore italiano, patron dell’impero Luxottica. Cominciò a 27 anni, in un capannone vicino a Belluno offertogli dalla Regione per far lavorare disoccupati provenienti dalle montagne. Oggi è presente in 132 paesi, ha oltre 75.000 dipendenti di cui 62.000 in Italia. Mai uno sciopero, né una protesta. «La discussione sull’articolo 18? Fuorviante: dei miei dipendenti nessuno rischia il licenziamento, se sei un vero imprenditore il tuo sogno non è licenziare, ma assumere». Del Vecchio produce lenti per occhiali e le vende in tutto il mondo. Tra i suoi clienti più famosi la polizia stradale della California, i celeberrimi “Chips”, e marchi come Christian Dior e Yves Saint Laurent. Di più: a comprare prodotti Luxottica è anche l’esercito cinese. Incredibile ma vero: Del Vecchio produce in Italia e vende in Cina.
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Sempre più ricchi: la crisi è il paradiso dei super-miliardari
Usa, Cina e Gran Bretagna: è il “podio” mondiale degli ultra-ricchi, secondo l’agenzia “Wealth-X” che collabora con le prime 8 grandi banche del mondo e monitora la dislocazione delle maggiori ricchezze del pianeta, non solo finanziarie ma anche immobiliari. “Tesori” costituiti da auto di lusso, aerei privati, yacht, opere d’arte. Dopo sei anni consecutivi di recessione, negli Usa come in Europa e in Giappone si tende a sostenere che, nella grande crisi, ci rimettono un po’ tutti, ricchi e poveri. Non è affatto così: la crisi favorisce ulteriormente i più ricchi, scrive Alfredo Zaiat su “Rebelion”, analizzando la panoramica di “Wealth-X” sull’affollamento planetario di nababbi, i cui ricavi superano il miliardo di dollari. Americani, cinesi e inglesi. E poi, nell’ordine: tedeschi, indiani e russi. A seguire, Hong Kong, Svizzera, Brasile e Canada. “Oligarchi” iper-facoltosi, le cui fortune superano la ricchezza nazionale di interi paesi.
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Uccidiamo tutto, per farne Pil: questa economia è delirio
Una delle ragioni per cui non ci sono persone che lavorano per far crollare il sistema che sta uccidendo il pianeta è che le loro vite dipendono dal sistema. Se la tua esperienza è che il tuo cibo viene dal negozio di alimentari e la tua acqua dal rubinetto, allora difenderai alla morte il sistema che ti porta quelle cose perché dipendi da esse. Siamo diventati così dipendenti da questo sistema che ci sfrutta e ci uccide che è diventato quasi impossibile per noi immaginare di viverne al di fuori. L’altro problema è la paura che abbiamo di avere ancora qualcosa da perdere. Abbiamo molto da perdere se questa cultura dovesse crollare. Una ragione primaria per la quale così tanti di noi non vogliono vincere questa guerra – o persino riconoscere che sia in corso – è che abbiamo dei benefici materiali dal saccheggio procurato da questa guerra. Quanti di noi rinuncerebbero ad automobili e cellulari, docce calde e luce elettrica, negozi di alimentari e vestiti? Ma la realtà è che il sistema sta uccidendo il pianeta.
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Classifica-horror: ecco le 10 multinazionali più pericolose
Il costume di Babbo Natale è rosso, ma non da sempre: il conducente di renne più famoso del pianeta smise la tradizionale casacca verde precisamente nel 1931, anno in cui lo “rivestì” del colore aziendale nientemeno che la CocaCola. Lo rivela “Ecosas.com”, in una vera e propria galleria degli orrori firmati dalle “dieci multinazionali più pericolose del mondo”, architrave economica della globalizzazione del pianeta realizzata a spese dei poveri della Terra e poi ovviamente anche degli ignari consumatori. Storie quotidiane, regolarmente ignorate dai media, in cui la realtà supera di gran lunga la più perversa fantasia. Come nel caso del colosso petrolifero Chevron, già Texaco, accusato di aver riversato 18 miliardi di galloni di acqua tossica nei boschi tropicali dell’Ecuador, distruggendo i mezzi di sussistenza degli agricoltori locali e facendo ammalare le popolazioni indigene.
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Lester Brown: presto non ci sarà più da mangiare per tutti
Il mondo è in una fase di transizione, da un’epoca dominata dal surplus, ad una dominata dalla scarsità. Sono in atto varie tendenze, che interessano sia la domanda che l’offerta e che portano ad un impoverimento delle scorte alimentari mondiali e ad un aumento dei prezzi. Questa situazione non è temporanea, si tratta piuttosto di una transizione di lungo periodo dall’abbondanza alla scarsità. Sotto il punto di vista della domanda c’è l’aumento della popolazione; non è una novità, negli ultimi decenni siamo cresciuti al ritmo di ottanta milioni l’anno. In pratica significa che stasera ci saranno 219.000 persone sedute a cena che ieri sera non c’erano, e che domani ce ne saranno altre 219.000 in più. La crescita della popolazione è continua e non accenna a diminuire. Il secondo elemento che crea l’aumento della richiesta di cibo è l’aumento della ricchezza. Aumentando il reddito, la gente, indipendentemente da dove si trovi, sale nella catena alimentare, e consuma più carne e pollame.
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Obama-bis, anche l’America si rassegna al meno peggio
Uno straccio di speranza, in un Occidente nel quale la speranza nel futuro è ormai ridotta a uno straccio. Grazie al marketing del “meno peggio”, Obama resiste alla Casa Bianca perdendo voti e “sorpassando in retromarcia” Romney, per via del pallottoliere elettorale americano che premia con super-punteggi chi si aggiudica gli Stati-chiave come Florida, Virginia e Ohio. «Dobbiamo fare una rivoluzione, in questo paese», protesta il miliardario Donald Trump: «Obama ha vinto le elezioni ma ha perso il voto popolare: per una democrazia, questo è un disastro». Obama, si affrettano a concludere i commentatori dei principali media, ha di fronte altri quattro anni difficili: avrà il Congresso contro e numeri risicati al Senato. Dovrà comunque rassegnarsi a mediare, sostiene Vittorio Zucconi di “Repubblica”, che ricorda che – per la riforma della sanità, imposta nei primi due anni sull’onda della popolarità iniziale – non è riuscito a portare dalla sua neppure un deputato repubblicano.
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Crisi, sempre più a picco i consumi di elettricità e benzina
Sarà forse responsabile anche il crollo della vendita di auto nuove, intorno al 25% in Italia e non molto al disotto in tutta Europa. Non solo gli italiani non cambiano la vecchia auto (il che influisce poco sui consumi), ma evidentemente rinunciano all’acquisto di seconde e terze auto familiari. Qualcuno va al lavoro in tram, e i figli si adattano ai turni. Anche questo è un cambio di paradigma. Tornando a benzina e gasolio, nel mese di agosto i consumi sono scesi rispettivamente del 10,1 e del 9,7% su agosto 2011. Insieme ai carburanti, che mostrano lo stesso trend ormai da diversi mesi, ha molto stupito il drastico calo nei consumi elettrici per il mese di settembre, che ha visto una sbalorditiva flessione del 9,7% (7,3 il dato “aggiustato” in base alle temperature). Qualcuno la chiama apocalisse.