Archivio del Tag ‘cautela’
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Gorbaciov: fame e ingiustizia non si curano con la guerra
Il mondo ha mille problemi, causati da povertà e ingiustizia, e vengono affrontati con l’unico strumento incapace di risolverli: la guerra. Di riflesso, ne soffre anche l’Europa: strattonata dalla Nato e costretta a contrapporsi alla Russia, l’Ue sta diventando irrilevante. E di questo passo conterà sempre meno, sulla scena mondiale dove si sfferma il potere crescente dei Brics. Grande occasione sprecata, dunque, il crollo del Muro di Berlino: poteva, anzi doveva, aprire una stagione di pace e giustizia, anziché di guerre da esportare in tutto il pianeta. Lo sostiene Mikhail Gorbaciov, intervento a Berlino per il 25° anniversario della riunificazione tedesca. Dopo gli anni della “perestrojka” e l’esplosione della libertà nell’Est Europa, alla caduta dell’Urss la guerra è tornata a dianiare l’Europa, cominciando da Jugoslavia e Kosovo. «Lo spargimento di sangue in Europa e in Medio Oriente, sullo sfondo dell’interruzione del dialogo fra le grandi potenze, è motivo di enorme preoccupazione». Oggi, «il mondo si trova sul precipizio di una nuova guerra fredda». E per quanto drammatica sia la situazione, «non vediamo la più importante istituzione internazionale – il Consiglio di Sicurezza dell’Onu – svolgere alcun ruolo, né prendere alcuna iniziativa».Per Gorbaciov è venuta meno la fiducia reciproca, grazie alla quale fu possibile metter fine all’incubo nucleare della guerra fredda, «quella fiducia in assenza della quale le relazioni internazionali nel mondo globale risultano inconcepibili». Gli anni ‘90 dovevano portare a una nuova Europa e a un ordine mondiale più sicuro? «Ma invece di costruire nuovi meccanismi e nuove istituzioni a tutela della sicurezza europea, e di inseguire una decisiva smilitarizzazione della politica europea – cosa che per inciso era stata promessa nella Dichiarazione di Londra della Nato – alla fine della guerra fredda l’Occidente, e in particolar modo gli Stati Uniti, dichiararono vittoria». Peggio: «L’euforia e il trionfalismo diedero alla testa dei leader occidentali: approfittandosi dell’indebolimento della Russia, e dell’assenza di un contrappeso, proclamarono il proprio monopolio della leadership e del dominio del mondo, rifiutandosi di ascoltare gli inviti alla cautela». Alla crisi in Ucraina si è arrivati per gradi, attraverso l’allargamento della Nato, i nuovi piani missilistici, le guerre in Iraq, Libia e Siria. Chi paga più di tutti? «L’Europa, la nostra casa comune».«Invece di diventare un leader del cambiamento nel mondo globale – sostiene Gorbaciov – l’Europa si è trasformata in un’arena di sconvolgimenti politici, di competizione fra sfere d’influenza e, infine, di conflitto armato. Inevitabilmente, la conseguenza di tutto ciò è l’indebolimento europeo, proprio nel momento in cui altri centri di potere e d’influenza stanno crescendo. Se va avanti così, l’Europa perderà la possibilità di far sentire con forza la propria voce nelle questioni internazionali, finendo col diventare gradualmente sempre più irrilevante». Minaccioso e pericoloso il degradarsi della partnership russo-tedesca, senza la quale «in Europa non può esserci sicurezza». Come uscirne? «L’esperienza degli anni ‘80 dimostra che, anche in situazioni apparentemente disperate, ci dev’essere una via d’uscita», dal momento che «la situazione in cui il mondo si trovava allora non era né meno urgente né meno pericolosa di quella in cui si trova oggi». Quello che allora salvò il mondo fu il dialogo, oggi praticamente scomparso: persono Mitterrand e la Thatcher riuscirono ad accettare la riunificazione della Germania, che temevano.Prima regola: tornare a parlarsi, come sembrano suggerire gli accordi di Minsk sul cessate il fuoco e sul disimpegno militare in Ucraina, ma anche gli accordi trilaterali sul gas fra Russia, Ucraina e Ue, e la stessa sospensione dell’escalation delle sanzioni reciproche. «In questo contesto – aggiunge Gorbaciov – vi invito a prendere attentamente in considerazione le recenti dichiarazioni di Vladimir Putin durante il Forum di Valdai. Nonostante la durezza delle sue critiche nei confronti dell’Occidente, e in particolar modo degli Stati Uniti, nel suo discorso intravedo il desiderio di trovare il modo per abbassare il livello di tensione, e in ultima analisi di costruire delle nuove basi per una partnership». Due gli obiettivi: cooperazione nelle sfide globali e sicurezza paneuropea. «I problemi globali – terrorismo ed estremismo, incluso quello di natura settaria; la povertà e la disuguaglianza; l’ambiente, il problema delle risorse, e le migrazioni; le epidemie – stanno tutti peggiorando ogni giorno. Per quanto diversi essi siano fra loro, c’è un tratto che li accomuna tutti: nessuno di questi richiede una soluzione militare. Eppure i meccanismi politici necessari a risolverli mancano, o risultano disfunzionali. Le lezioni di una crisi globale continua dovrebbero convincerci della necessità di cercare un nuovo modello che garantisca sostenibilità politica, economica e ambientale. Questo è un problema che dev’essere affrontato adesso, senza ulteriori ritardi».Il mondo ha mille problemi, causati da povertà e ingiustizia, e vengono affrontati con l’unico strumento incapace di risolverli: la guerra. Di riflesso, ne soffre anche l’Europa: strattonata dalla Nato e costretta a contrapporsi alla Russia, l’Ue sta diventando irrilevante. E di questo passo conterà sempre meno, sulla scena mondiale dove si afferma il potere crescente dei Brics. Grande occasione sprecata, dunque, il crollo del Muro di Berlino: poteva, anzi doveva, aprire una stagione di pace e giustizia, anziché di guerre da esportare in tutto il pianeta. Lo sostiene Mikhail Gorbaciov, intervento a Berlino per il 25° anniversario della riunificazione tedesca. Dopo gli anni della “perestrojka” e l’esplosione della libertà nell’Est Europa, alla caduta dell’Urss la guerra è tornata a dianiare l’Europa, cominciando da Jugoslavia e Kosovo. «Lo spargimento di sangue in Europa e in Medio Oriente, sullo sfondo dell’interruzione del dialogo fra le grandi potenze, è motivo di enorme preoccupazione». Oggi, «il mondo si trova sul precipizio di una nuova guerra fredda». E per quanto drammatica sia la situazione, «non vediamo la più importante istituzione internazionale – il Consiglio di Sicurezza dell’Onu – svolgere alcun ruolo, né prendere alcuna iniziativa».
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Rubarci acqua, luce e gas: ecco la riforma del Titolo V
Acqua, luce e gas: oggi la riscossione delle tariffe è italiana, domani potrebbe non esserlo più. Proprio i servizi vitali, che valgono «moltissimi miliardi» secondo il Tesoro, sono il vero bottino della grande privatizzazione, spacciata per “riforma”. Obiettivo per il quale sono stati all’opera, ininterrottamente, i tre governi messi in pista da Napolitano, senza elezioni: prima Monti, poi Letta, ora Renzi. Missione comune: svendere il paese, usando l’emergenza-spread e l’alibi del debito. Facilissimo: il boom del debito pubblico è la diretta conseguenza dell’austerity. Meno Pil, meno consumi, meno entrate fiscali. L’Italia, costretta a elemosinare gli euro attraverso i titoli di Stato filtrati dal sistema bancario che ha accesso alla Bce, va rapidamente in rosso. Col diktat del rigore, il debito pubblico esplode. Così il momento si fa propizio: il Giorno dello Sciacallo si avvicina. All’asta Poste Italiane e Telecom, poi si parla di Eni, Enel, Finmeccanica. Ma il boccone grosso è un altro: rete elettrica, acquedotti, gas. Reti e servizi da svendere. Prima, però, bisogna scipparli ai legittimi proprietari: Comuni e Regioni. Ed ecco in arrivo la “riforma” del Titolo V della Costituzione, cavalcata da Renzi.Tutto già denunciato, a suo tempo, dalla trasmissione “La Gabbia” condotta su “La7” da Gianluigi Paragone, molto prima del “Patto del Nazareno” che ha reso evidente il piano oligarchico Renzi-Berlusconi per archiaviare il “rischio” della democrazia, amputando il Senato e soprattutto varando una legge elettorale “ad personam”. Il blog “Senza Soste” segnala l’ottimo servizio realizzato a settembre 2013 da Filippo Barone: “Italia, un paese in svendita”. In tre minuti, il trucco delle “riforme” è svelato: «Siccome la svendita delle quote statali di Eni, Enel e Finmeccanica farebbe racimolare solo 12 miliardi di euro, il governo e i tecnici dei ministeri hanno individuato nelle “utilities”, cioè le società di proprietà di Comuni e Regioni che gestiscono beni comuni e vitali – acqua, luce e gas – come la vera miniera d’oro da vendere ai privati per fare cassa». Con la “riforma del Titolo V” della Costituzione, in poche parole, «lo Stato scipperebbe i territori della gestione di questi beni, da poter poi vendere: tutto questo sarà fatto da un governo illegittimo formato da persone non elette, grazie a Napolitano».Il video è fulminante. Parla l’economista ed ex banchiere centrale Fabrizio Saccomanni, allora ministro dell’economia del governo Letta. Saccomani, al G-20 del luglio 2013 a Mosca, è «impegnato a spiegare agli italiani che ci servono altri soldi, altri sacrifici, perché non sappiamo come reggere il debito». Lo intervista un giornalista dell’emittente finanziaria americana “Bloomberg”. Domanda al ministro: come pensate di ridurre il debito? «Stiamo anche considerando la possibilità di vendere le nostre partecipazioni in aziende controllate dallo Stato». Dunque Eni, Enel, Finmeccanica? «Sì, stiamo considerando questo». Quando, dopo alcuni minuti, la notizia arriva in Italia, il ministero si affretta a smentire. «Peccato che il video sia finito su Internet». Un paese in vendita ha bisogno di una vetrina dove esporre la mercanzia, riassume il reporter de “La Gabbia”. E allora, quale migliore occasione di una fiera? Bari, 14 settembre. Ci sono «rappresentanti del ministero dell’economia, il capo della Cassa Depositi e Prestiti (cassaforte del patrimonio italiano), esperti di fondi sovrani e rappresentanti di governi stranieri». Tutti d’accordo: svendere l’Italia è essenziale, urgente.«L’Italia è stata colpita dalla crisi più di altri paesi», dice Franco Bassanini, presidente della Cdp. «Quindi, in Italia, oggi si possono fare investimenti e finanziamenti a condizioni molto favorevoli: ci sono ottime opportunità di investimento, in Italia». Bassanini, un tempo esponente della sinistra “riformista” italiana, è oggi un super-tecnocrate passato armi e bagagli ai “signori del mercato”, ai quali propone «ottime opportunità di investimento». Dall’ufficialità del forum di Bari, il servizio de “La Gabbia” si trasferisce nel party organizzato in un circolo privato, «al riparo da occhi e orecchie indiscrete». Mentre l’Italia precipita, «si organizzano incontri con uomini d’affari e fondi sovrani per vendere il vendibile». E dato che l’appetito vien mangiando, dice il reporter Filippo Barone, ecco il gran galà ben nascosto nel cuore del porto pugliese. Ricompare Bassanini, impegnato a spolverare un piatto del buffet: «Io non mi appassiono alle privatizzazioni», confida il capo della Cassa Depositi e Prestiti. E ammette: «Le privatizzazioni vanno fatte con molta cautela, perché il rischio della svendita è altissimo». Domanda: la cessione di Finmeccanica, Eni ed Enel era solo una boutade di Saccomani oppure corrisponde ai piani del governo? E qui arriva il colpo del ko: la svendita delle migliori aziende di Stato non basta, bisognerà strappare acqua, luce e gas alla gestione pubblica, regionale e comunale, e poter vendere i servizi vitali, la vera preda a cui ambiscono i “mercati”.Nel chiaroscuro felpato del party, la risposta – chiarissima – arriva dal “numero uno” dei tecnici del ministero del Tesoro, Lorenzo Codogno. Le cessioni di Eni, Enel e Finmeccanica «hanno un senso», certamente, «ma il problema è che non prendi tantissimo, perché – ho fatto un calcolo un po’ di tempo fa – sono 12 miliardi, meno di 1 punto di Pil». Parola del responsabile della direzione analisi economico-finanziaria del dipartimento, ieri retto da Saccomanni e oggi da Padoan. Secondo Codogno, per abbattere il debito non bastano Finmeccanica, le altre maxi-imprese dello Stato, gli immobili pubblici. Serve, soprattutto, «il resto». E cioè «acqua, luce e gas», o meglio, le “utilities” che ogni Comune gestisce per i propri cittadini. «La vera risorsa – dice Codogno all’inviato de “La Gabbia” – sono le “utilities” a livello locale: lì sono veramente tanti, tanti miliardi».Il problema – aggiunge il tecnocrate – è che quei servizi «non sono nostri, dello Stato: sono dei Comuni, delle Regioni. E quindi bisogna cambiare il Titolo V della Costituzione, ed espropriare i Comuni e le Regioni». Letteralmente: “espropriare”. Conclude l’inviato di Paragone: «Sindaci, preparatevi. Le aziende di servizio devono finire in mano araba o cinese, poche storie». Gli italiani? Non protesteranno, non se ne accorgeranno nemmeno. A loro provvederà l’ottimismo di Matteo Renzi: servirà a presentare come “vecchiume da rottamare” anche il Titolo V della Costituzione, cioè il dispositivo legale che assegna agli enti locali l’autonomia finanziaria per creare e gestire le reti di distribuzione dei servizi pubblici vitali. Quelle che fanno così gola agli “investitori” esteri. Perché, come dice il dottor Codogno, valgono «tanti, tanti miliardi». Basterà gonfiare le tariffe, per incamerare utili stratosferici. E a quel punto, l’Italia – come Stato – sarà tecnicamente estinta. E i cittadini, in balia degli “usurai” di mezzo mondo, futuri padroni del paese.Acqua, luce e gas: oggi la riscossione delle tariffe è italiana, domani potrebbe non esserlo più. Proprio i servizi vitali, che valgono «moltissimi miliardi» secondo il Tesoro, sono il vero bottino della grande privatizzazione, spacciata per “riforma”. Obiettivo per il quale sono stati all’opera, ininterrottamente, i tre governi messi in pista da Napolitano, senza elezioni: prima Monti, poi Letta, ora Renzi. Missione comune: svendere il paese, usando l’emergenza-spread e l’alibi del debito. Facilissimo: il boom del debito pubblico è la diretta conseguenza dell’austerity. Meno Pil, meno consumi, meno entrate fiscali. L’Italia, costretta a elemosinare gli euro attraverso i titoli di Stato filtrati dal sistema bancario che ha accesso alla Bce, va rapidamente in rosso. Col diktat del rigore, il debito pubblico esplode. Così il momento si fa propizio: il Giorno dello Sciacallo si avvicina. All’asta Poste Italiane e Telecom, poi si parla di Eni, Enel, Finmeccanica. Ma il boccone grosso è un altro: rete elettrica, acquedotti, gas. Reti e servizi da svendere. Prima, però, bisogna scipparli ai legittimi proprietari: Comuni e Regioni. Ed ecco in arrivo la “riforma” del Titolo V della Costituzione, cavalcata da Renzi.