Archivio del Tag ‘cittadini’
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Magaldi: massoni in guerra, ma per vincere serve il popolo
La guerra dei poveri, la chiamò Nuto Revelli. E i poveri erano gli alpini in Russia con le suole di cartone, i partigiani in armi dopo l’8 settembre, i montanari che li nutrivano con pane duro e castagne. Un memoriale-capolavoro, quello uscito per Einaudi nel 1962, in cui Revelli racconta in modo magistrale la vertiginosa trasformazione di un intero paese, grazie allo choc collettivo della catastrofe bellica. Metamorfosi che investe lo stesso protagonista: da ufficiale fascista, imbevuto di retorica militarista, a comandante della Resistenza, nelle brigate “Giustizia e Libertà”. Il brusco risveglio, nel 1943, è propiziato dallo sfacelo delle forze armate allo sbando, il 25 luglio. Un anno dopo, quando gli Alleati sbarcheranno in Provenza, una divisione corazzata della Wehrmacht si muoverà dal Cuneese per affrontarli. Nuto Revelli e i suoi riusciranno a rallentare i panzer per dieci giorni, inchiodandoli tra le gole della valle Stura, permettendo così agli americani di conquistare le alture di Nizza. Finita la battaglia, il comandante vorrebbe marciare verso la Liguria. Ma gli uomini glielo impediscono, vogliono svalicare in Francia. E la spuntano: votando, per alzata di mano. Democrazia, in alta montagna, dopo vent’anni di adunate nere: il riscatto della coscienza. Ma non è mai gratis, la libertà. Lo ripete anche oggi chi combatte un’altra guerra, sotterranea ma non troppo, tra le fila della cosiddetta massoneria progressista.
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Greta, Sala e Salvini: Trio-Apocalisse della neo-Inquisizione
Vietato respirare, senza il permesso dell’autorità. Nel 2020, due politici italiani gareggiano nel nuovissimo sport: il sindaco di Milano declassa il fumatore al rango di quasi-delinquente, mentre il capo della Lega dà dello spacciatore al ragazzo della porta accanto. Due pagine eroiche della nuova politica italiana che riscrive le leggi in giornata, a colpi di sondaggi, calpestando diritti e libertà. Due crociate – contro la sigaretta e “la droga” – che si trasformano in capitoli della nuova Inquisizione. Bersaglio: il cittadino, un tempo convinto di essere tutelato dall’ordinamento repubblicano. «Il problema di Palermo è il traffico», dice Benigni nel film “Johnny Stecchino”. Per Sala, analogamente, sono i fumatori a rendere irrespirabile l’aria di Milano. Su “Libero”, Vittorio Feltri lo smonta in tre parole: «Prima di vietare il fumo, si spengano le caldaie che soffocano la cittadinanza e impongono il blocco della circolazione solo d’inverno: infatti, quando in primavera si fermano, lo smog non c’è più». Quanto a Salvini, che a Bologna citofona a un giovane tunisino chiedendogli se è vero che sia uno spacciatore, «il gesto è così paradossale che conviene persino augurarsi che quel ragazzo sia davvero uno spacciatore, perché ormai la citofonata rende inutile la verità».Lo afferma Vincenzo Muscatiello, docente di diritto penale all’università di Bari, intervistato dal “Sole 24 Ore”: quel gesto, dice il professore, ha travolto i principi della nostra civiltà. Diffamazione, calunnia, violazione della privacy? «Quello che colpisce – afferma Muscatiello – è l’inutilità giuridica di un gesto che, nella “costruzione del nemico”, contiene l’indifferenza al vero e al giusto, e soprattutto l’idea, spesse volte ripetuta, che la sanzione mediatica debba abitare forme sbrigative e superficiali, aperte al pregiudizio, chiuse alle prove contrarie». Se a Bologna il nemico è “lo spacciatore” (vero, presunto o immaginario, non importa), a Milano il nuovo pericolo pubblico è il fumatore, cui si vieta di accendere sigarette all’aperto, per ora solo nei luoghi affollati. “Greta colpisce ancora”, verrebbe da dire, considerando il gretinismo mediatico universale che ormai attribuisce solo all’uomo la responsabilità del surriscaldamento terrestre, in barba alla storia del pianeta (glaciazioni e periodi torridi) e ignorando gli scienziati che, a centinaia, ripetono che i modelli matematici su cui si basa il neo-millenarismo gretino sono pieni di falle, non superando mai i limiti di una climatologia solo teorica. Ma il punto è un altro: a chi importa, la verità?Il messaggio è inequivocabile: siamo colpevoli. Noi, non i grandi avvelenatori. Noi fumatori, noi cittadini: tutti. E’ un atto di dolore, quello che si pretende: un atto medievale di sottomissione. Non importa se Greta è un idolo delle Sardine, se il rude securitario Salvini è la loro bestia nera, e se Sala (in quota al formidabile Pd) passa per governatore progressista e illuminato. Tutti e tre fanno lo stesso mestiere, e in fondo stanno dalla stessa parte: grazie a loro siamo tutti virtuali colpevoli, anziché presunti innocenti. Greta, Sala e Salvini compiono la stessa operazione: pescano a piene mani in materie complesse e utilizzano vere e proprie tragedie, proponendo non-soluzioni immediate e illusorie, ingiuste e grottesche. Il risultato è identico: vessazioni, per tutti. Nessuno può più sentirsi al sicuro. Altro vantaggio: ancora una volta, il polverone consente di eludere i problemi, quelli veri. E’ il massimo dell’ipocrisia: si condanna senza processo il fumatore (di sigarette o cannabis, a questo punto è uguale) mentre si impongono vaccini polivalenti in batteria, senza spiegarne la necessità né dimostrarne la sicurezza. E si tace sull’allarme medico-scientifico per la diffusione ormai incombente del wireless 5G. Il giorno che Greta, Sala e Salvini si metteranno a parlare di vaccini e 5G, allora saranno più credibili.Vietato respirare, senza il permesso dell’autorità. Nel 2020, due politici italiani gareggiano nel nuovissimo sport: il sindaco di Milano declassa il fumatore al rango di quasi-delinquente, mentre il capo della Lega dà dello spacciatore al ragazzo della porta accanto. Due pagine eroiche della nuova politica italiana che riscrive le leggi in giornata, a colpi di sondaggi, calpestando diritti e libertà. Due crociate – contro la sigaretta e “la droga” – che si trasformano in caposaldi della nuova Inquisizione. Bersaglio: il cittadino, un tempo convinto di essere tutelato dall’ordinamento repubblicano. «Il problema di Palermo è il traffico», dice Benigni nel film “Johnny Stecchino”. Per Sala, analogamente, sono i fumatori a rendere irrespirabile l’aria di Milano. Su “Libero“, Vittorio Feltri lo smonta in tre parole: «Prima di vietare il fumo, si spengano le caldaie che soffocano la cittadinanza e impongono il blocco della circolazione solo d’inverno: infatti, quando in primavera si fermano, lo smog non c’è più». Quanto a Salvini, che a Bologna citofona a un giovane tunisino chiedendogli se è vero che sia uno spacciatore, «il gesto è così paradossale che conviene persino augurarsi che quel ragazzo sia davvero uno spacciatore, perché ormai la citofonata rende inutile la verità».
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Master Roosevelt: per conoscere i segreti del grande potere
Cani da guardia della democrazia: così amavano lasciarsi definire i veri reporter, all’epoca in cui Bob Woodward e Carl Bernstein, dalle colonne del “Washington Post”, trascinavano Nixon verso l’impeachment e le dimissioni. Oggi, lo spettacolo è patetico: i mastini di un tempo sono stati rimpiazzati da barboncini scodinzolanti, che non osano avventurarsi oltre il recinto delle notizie ufficialmente autorizzate. Il grande freddo è calato dopo l’opaca tragedia dell’11 Settembre, che segna un drammatico spartiacque tra verità e autocensura. Vale per tutto, anche per la politica: vietato osare. Vent’anni di piombo e di sangue, costellati di guerre protette dalla disinformazione, tra crisi economiche generate dalla finanziarizzazione definitiva dell’economia globalizzata, in mano a poche famiglie potentissime. A prendere il potere, gettando la maschera, è stata un’élite neo-feudale. Obiettivo: saccheggiare il pianeta, svuotando la democrazia anche in Europa. Tutto è perduto? No, se si crede ancora nella sovranità democratica. Lo sostiene Gioele Magaldi, esponente italiano di quella stessa supermassoneria internazionale che, nelle sue forme più regressive, ha privatizzato il globo. La sua tesi: se le superlogge reazionarie hanno messo all’angolo quelle progressiste, protagoniste del boom economico, è ora di impegnarsi a rovesciare il tavolo. Come? Anche sfornando una nuova classe dirigente. Per esempio, con un master come quello ora in partenza, decisamente unico in Italia.Il corso è destinato a italiani disposti a ricevere una formazione speciale, che li metta nelle condizioni di vedersela alla pari con i grandi player dell’attualità. Storia della conoscenza, storia del potere e delle civiltà umane. E poi: economia post-keynesiana e rooseveltiana, finanza etica e conti pubblici, geopolitica. Comunicazione: marketing e pubblicità, giornalismo, media e televisione. Ma anche “scienza, polis e potere”, filosofia politica, ecologia, salute, arte e letteratura, cinema, musica e “affabulazione collettiva”. Sono alcune delle materie del “Master Roosevelt in Scienze della Polis”, al via a fine gennaio: 12 weekend intensivi, tra Roma e Milano, con anche il supporto video per chi non potrà partecipare a tutte le lezioni. «Solo il nostro master – assicurano i promotori – offre insegnamenti teorico-pratici che coprono tutto lo “scibile” contemporaneo». Informazioni preziose per affrontare il buongoverno della cosa pubblica, consapevoli dei propri diritti e doveri, oltre che della propria sovranità di cittadini. «Inoltre – aggiungono gli organizzatori – questo master soddisfa esigenze di conoscenza inter-disciplinare (di natura sia “materiale” che “spirituale”) che nessun’altra alta scuola di formazione può garantire».Basta dare un’occhiata alle docenze proposte. Per esempio: storia, teoria e pratica dei servizi segreti e dell’intelligence pubblica e privata. Oppure: esoterismo, iniziazioni e massoneria. Ancora: introduzione alla Kabbalah. E poi simbologia, ideologie e sistemi di pensiero. Un lavoro in profondità: si parlerà di archetipi psicologici e comportamenti politico-sociali, svelando «i segreti delle energie sottili e delle arti marziali e venusiane». Premessa: è il potere stesso – per chi non l’avesse ancora capito – a padroneggiare queste materie. E il Master Roosevelt è dunque la prima opportunità, offerta a tutti, di esplorare quel mondo elusivo, precluso ai più. Ad affermarlo è lo stesso Magaldi, che nel saggio “Massoni” (Chiarelettere, 2014) ha tolto il velo all’aspetto più segreto dell’establishment: «A muovere anche i massimi oligarchi è una sorta di “aristocrazia dello spirito”, che li induce a ritenersi gli unici depositari dei destini del mondo». Non la pensa così l’autore di “Massoni”, già inziato alla superloggia progressista “Thomas Paine” e ora leader del Grande Oriente Democratico. La sua tesi: «La vera massoneria è costituzionalmente progressista. Storicamente, è stata proprio la “libera muratoria” a produrre le forme della modernità, lo Stato di diritto, la relativa libertà del cittadino non più suddito e la facoltà di auto-governarsi mediante elezioni democratiche, una volta conquistato il suffragio universale».Pietra miliare: la Rivoluzione Francese, con la caduta dell’Ancien Régime. Da allora, lotte e rivolte in tutto il mondo, fino al Risorgimento italiano. Quindi i decenni gloriosi del boom, nell’ultimo dopoguerra: «Era massone Franklin Delano Roosevelt, che volle il Piano Marshall dopo aver sconfitto il nazismo. Era “libera muratrice” sua moglie Eleanor, madrina dei diritti umani. Era massone Keynes, lo stratega del benessere diffuso in Occidente. Ed erano massoni John Rawls e William Beveridge, gli inventori del welfare (concepito per eliminare il gap tra ricchi e poveri)». Nel suo saggio – un vero e proprio bestseller italiano – Magaldi scrive che la leadership culturale e politica delle superlogge progressiste fu sabotata con la violenza alla fine degli anni Sessanta, negli Usa, con il doppio omicidio di Bob Kennedy e Martin Luther King: i rooseveltiani li avevano scelti, come presidente e vice, per cambiare faccia al mondo. Non è andata così: nel 1973 (proprio l’11 settembre) la superloggia “Three Eyes” di Kissinger e Rockefeller organizzò il golpe in Cile introducendo il neoliberismo con i carri armati. Due anni dopo, la Trilaterale avrebbe spiegato, con il manifesto “La crisi della democrazia”, che era iniziata la grande retromarcia storica: meno diritti, meno pace e meno benessere per tutti. Sulla base di cosa? Di un piano egemonico: la riconquista del pianeta, da parte di un’élite massonica che i sodali di Magaldi definiscono “controiniziata”, avendo rinnegato l’impegno massonico per il progresso democratico dell’umanità.Nel 2011, in televisione, lo stesso Magaldi si espose in prima persona per segnalare la militanza – nella supermassoneria reazionaria – di primattori come Mario Monti, il presidente Napolitano e lo stesso Draghi. Sei mesi dopo l’uscita del suo dirompente saggio (silenziato dai grandi media), Magaldi ha fondato il Movimento Roosevelt, un soggetto meta-partitico che si propone di “risvegliare” la politica italiana in modo trasversale, appellandosi a tutti i partiti per il ripristino della democrazia sostanziale nella governance, dominata da un’Ue non democratica. Nel 2019, viste le incertezze deludenti del governo gialloverde, Magaldi (insieme all’economista Nino Galloni, vicepresidente “rooseveltiano”) ha anche aperto il cantiere del “Partito che serve all’Italia”, work in progress politico-programmatico: fine dell’austerity, istruzioni per l’uso. E ora, con il master, si passa direttamente all’attività formativa. Nel corso di un anno, il programma affronta materie vaste e complesse: istituzioni democratiche e meccanismi elettorali, amministrativi e parlamentari, approfondendo anche le leggi ordinarie e quelle costituzionali. E poi relazioni istituzionali pubbliche e private, euro-atlantismo e Nato, area mediterranea e strategie militari globali, storia contemporanea e dinamiche planetarie.Tra le docenze non mancano “polis e disabilità”, rigenerazione urbana e architettura, organizzazione del lavoro, “percezione di sé e osservazione dell’ambiente”. Un impegno a 360 gradi: modelli democratici ed elettorali a confronto. Una bussola precisa: mente, coscienza ed etica, tra politica e società. In altre parole: si tratta di formare super-cittadini, capaci di misurarsi senza timidezza con qualsiasi interlocutore, per arrivare – domani – a irrobustire finalmente una classe politica diversa, più preparata, in grado di tutelare l’Italia nel solo modo che Magaldi e i suoi ritengono possibile, e cioè recuperando la sovranità democratica di concerto con il resto d’Europa e del mondo. Da qualche tempo, lo stesso Magaldi segnala indizi di un possibile cambiamento in corso: «L’élite massonica neoaristiocratica che ha messo in piedi quest’Europa post-democratica sta per cedere, di fronte al disastro socio-economico che ha prodotto: lo dimostrano anche le esternazioni pubbliche e private di un supermassone come Mario Draghi, tra i massimi architetti dell’austerity, che ora si dichiara pronto a tornare sui suoi passi, recuperando la lezione di Keynes e quella personalmente ricevuta dal grande economista italiano Federico Caffè».Durissimo nel denunciare le peggiori malefatte del potere e i suoi aspetti più occulti, Magaldi ha fiducia nel futuro: crede sinceramente che la democrazia sociale sperimentata in Europa nel dopoguerra possa riprendere il suo corso. Ma per sbriciolare il potere degli oligarchi, dice, occorre una nuova generazione di italiani, all’altezza della sfida. Occorre anche gettare nella spazzatura l’ipocrisia che, nel nostro paese, impedisce di riconoscere il ruolo della massoneria, menzionando le logge solo per demonizzarle. E se sono massoni molti dei protagonisti negativi dell’attuale establishment, è meglio acquisire quelle stesse competenze, anche senza entrare in massoneria. Pure questa, in fondo, è tra le missioni del Master Roosevelt: fare in modo che nessuno detenga il monopolio della conoscenza. Avverte Paolo Barnard, autore del saggio “Il più grande crimine” sui misfatti neo-feudali del neoliberismo: ai “mostri” del vero potere, menti raffinatissime e preparatissime, non puoi opporre un branco di politicanti spesso mediocri e ignoranti come quelli italiani. Prima ancora che il servilismo, è la loro incompetenza a trasformarli fatalmente in docili maggiordomi, meri esecutori di decisioni prese altrove.Se siamo ridotti così, con governi-fantasma che prendono ordini da Bruxelles, da una Commissione Europea che è solo la cinghia di trasmissione del volere di potentati privati, secondo Magaldi dipende dagli snodi cruciali della storia recente. Per esempio l’eliminazione del massone progressista Olof Palme, campione del welfare svedese, alla vigilia delle trattative che avrebbero portato al Trattato di Maastricht. Da quel “frame” sciagurato non siamo ancora usciti: ci hanno fatto credere che il debito pubblico sia una colpa, e che lo Stato sia come una famiglia che, se s’indebita, poi deve ripagare tutto (e con gli interessi). Solo nel 2018, sulla base di questi presupposti – a essere sovrani sono i mercati finanziari, non i cittadini – Mattarella impedì a Paolo Savona l’accesso al ministero dell’economia. In quell’occasione, Magaldi chiese le dimissioni del presidente della Repubblica, che definì «un servizievole paramassone». Rispetto all’epoca del governo Monti, l’informazione alternativa ha fatto passi da gigante, grazie al web. E’ cresciuta una forte minoranza, finalmente informata. Fioriscono iniziative, convegni, gruppi. Ma manca ancora un progamma organico per mettere a fuoco il problema in modo esauriente, forgiando autentici esperti. Ed è esattamente a questo che punta il Master Roosevelt, prima scuola italiana che nasce per insegnare a sfidare, domani, questo potere che tiene prigioniero il paese.(L’avvio del Master Roosevelt in Scienze della Polis è previsto per sabato 25 gennaio 2020, ore 9, presso l’Istituto Sant’Orsola di via Livorno 50/a, Roma).Cani da guardia della democrazia: così amavano lasciarsi definire i veri reporter, all’epoca in cui Bob Woodward e Carl Bernstein, dalle colonne del “Washington Post”, trascinavano Nixon verso l’impeachment e le dimissioni. Oggi, lo spettacolo è patetico: i mastini di un tempo sono stati rimpiazzati da barboncini scodinzolanti, che non osano avventurarsi oltre il recinto delle notizie ufficialmente autorizzate. Il grande freddo è calato dopo l’opaca tragedia dell’11 Settembre, che segna un drammatico spartiacque tra verità e autocensura. Vale per tutto, anche per la politica: vietato osare. Vent’anni di piombo e di sangue, costellati di guerre protette dalla disinformazione, tra crisi economiche generate dalla finanziarizzazione definitiva dell’economia globalizzata, in mano a poche famiglie potentissime. A prendere il potere, gettando la maschera, è stata un’élite neo-feudale. Obiettivo: saccheggiare il pianeta, svuotando la democrazia anche in Europa. Tutto è perduto? No, se si crede ancora nella sovranità democratica. Lo sostiene Gioele Magaldi, esponente italiano di quella stessa supermassoneria internazionale che, nelle sue forme più regressive, ha privatizzato il globo. La sua tesi: se le superlogge reazionarie hanno messo all’angolo quelle progressiste, protagoniste del boom economico, è ora di impegnarsi a rovesciare il tavolo. Come? Anche sfornando una nuova classe dirigente. Per esempio, con un master come quello ora in partenza, decisamente unico in Italia.
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Fiat, vaccini, 5G e Tav: la politica italiana non se ne occupa
Il non-governo giallorosso non ha speranze di galleggiare ancora a lungo nell’acqua alta dove nuota lo squaletto Renzi, ma sulla spiaggia opposta non è che splenda il sole: attorno all’ombrellone di Salvini si attarda nonno Silvio, scortato dalla Meloni, senza che il pubblico percepisca la possibilità di un’epocale alternativa al lento e inesorabile sfacelo di cui l’Italia è vittima, in ossequio alla nuova legge di un mondo senza più politica. Tralasciando il pietoso equivoco 5 Stelle, che puzzava d’imbroglio fin dall’inizio (spettacolare manipolazione degli elettori, col pieno concorso dei militanti di base disposti ad avallare qualsiasi diktat), l’impotenza generale di fronte alla desolazione di Venezia o la resa di Taranto ai furbetti globali dell’acciaio non fanno che dimostrare una volta di più l’assenza di idee, dopo l’eutanasia delle ideologie, che siano capaci di generare qualcosa che assomigli a uno straccio di governance del sistema. E intanto continua a piovere sul bagnato: basta dare un’occhiata agli slogan archeologici – Dio, patria e famiglia – con cui il sedicente outsider Diego Fusaro, filosofo mediatico e grillo parlante corteggiato dalle televisioni, tenta di raccontare la sua rivoluzionaria prospettiva politica ottocentesca, o forse medievale, o forse adatta solo a menare il can per l’aia, ridicolizzando volutamente l’idea stessa che possa esistere, un giorno, un’opposizione sistemica.Nel vecchio film, quello finito con le nozze mostruose tra Di Maio e il fratello di Montalbano, o meglio tra l’esodato Renzi e l’ex guastatore Grillo insidiato politicamente dall’indagine sul figlio per presunto stupro, a tener banco era stato un totem come il progetto cimiteriale del Tav Torino-Lione, infrastruttura con cantieri mai davvero decollati (forse al 5%) e comunque destinata a trasformarsi in una spettacolare, costosissima cattedrale nel deserto. L’argomento, che – come tanti altri, poi abbandonati – era servito ai 5 Stelle solo per fare il pieno di voti, è stato usato per la rissa finale con Salvini, per poi essere archiviato nel silenzio generale. La notizia, sfuggita ai radar, è che l’Italia spenderà comunque miliardi per una linea ferroviaria virtualmente superveloce ma destinata a trasportare pochissime merci necessariamente lente. Una ferrovia-doppione, completamente inutile benché rischiosa e devastante per l’ambiente, che ci si ostina ad approntare lungo una direttrice commerciale desolatamente abbandonata, lontanissimo dalle rotte mercantili. Un favoloso binario morto, buono solo per il business dei costruttori (pochissimi posti di lavoro, temporanei), e imposto a una popolazione che ha inutilmente dimostrato, in ogni sede, la sciagurata natura di un ecomostro che indurrà migliaia di italiani a prendere in considerazione l’idea di scappare, lasciando le proprie case.La non-politica del Belpaese, europeista o sovranista non importa, ha evitato accuratamente di affrontare ogni altro tema vitale per le famiglie, dall’obbligo vaccinale imposto (stile Corea del Nord) senza emergenze sanitarie e senza spiegazioni, e il misteriosissimo avvento del wireless 5G, che avanza in semi-clandestinità abbattendo alberi secolari nelle piazze delle città. Logico che i media, a reti unificate, ignorino il convegno organizzato in Parlamento dai sindaci e dai comitati di cittadini giustamente allarmati per l’introduzione, senza precauzioni, di una tecnologia invasiva di cui non si conosce ancora l’impatto sull’organismo. Quanto ai vaccini polivalenti, che secondo la Regione Puglia hanno causato problemi di salute a 4 bambini su 10, sul tema cala semplicemente il sipario, anche se – per la prima volta nella storia – qualcosa come 130.000 bimbi, nel 2019, non hanno potuto accedere né ai nidi né alle scuole dell’infanzia. In compenso, i riflettori abbagliano l’epica sfida per le regionali in Emilia Romagna, dove la Lega potrebbe strappare al Pd la storica roccaforte, un tempo “rossa”. Accipicchia, questa sì che è una notizia: non come l’insignificante sorte della Fiat, che gli Agnelli-Elkann hanno ceduto ai francesi, nel silenzio generale dei media e dei politici italiani di ogni parrocchia.(Giorgio Cattaneo, Libreidee, 23 novembre 2019).Il non-governo giallorosso non ha speranze di galleggiare ancora a lungo nell’acqua alta dove nuota lo squaletto Renzi, ma sulla spiaggia opposta non è che splenda il sole: attorno all’ombrellone di Salvini si attarda nonno Silvio, scortato dalla Meloni, senza che il pubblico percepisca la possibilità di un’epocale alternativa al lento e inesorabile sfacelo di cui l’Italia è vittima, in ossequio alla nuova legge di un mondo senza più politica. Tralasciando il pietoso equivoco 5 Stelle, che puzzava d’imbroglio fin dall’inizio (spettacolare manipolazione degli elettori, col pieno concorso dei militanti di base disposti ad avallare qualsiasi diktat), l’impotenza generale di fronte alla desolazione di Venezia o la resa di Taranto ai furbetti globali dell’acciaio non fanno che dimostrare una volta di più l’assenza di idee, dopo l’eutanasia delle ideologie, che siano capaci di generare qualcosa che assomigli a uno straccio di governance del sistema. E intanto continua a piovere sul bagnato: basta dare un’occhiata agli slogan archeologici – Dio, patria e famiglia – con cui il sedicente outsider Diego Fusaro, filosofo mediatico e grillo parlante corteggiato dalle televisioni, tenta di raccontare la sua rivoluzionaria prospettiva politica ottocentesca, o forse medievale, o forse adatta solo a menare il can per l’aia, ridicolizzando volutamente l’idea stessa che possa esistere, un giorno, un’opposizione sistemica.
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Mazzucco: tutti i governi ormai ignorano qualsiasi protesta
Le proteste di strada divampano ovunque nel mondo. In Francia i Gilet Gialli continuano imperterriti a distruggere tutto quello che trovano. A Hong-Kong i manifestanti continuano a combattere armati di arco e frecce, contro i proiettili della polizia sparati anche ad altezza uomo. In Iran la gente scende in strada e protesta per il caro-prezzi. In Cile continuano le manifestazioni di piazza contro il governo. La stessa cosa accade in Libano. In Bolivia i sostenitori di Morales scendono in strada contro il colpo di Stato. Ma c’è una cosa che accomuna tutte queste situazioni: la totale sordità dei rispettivi governi alle proteste popolari. In fondo, se il suo popolo protesta, un buon governante dovrebbe prendere atto dei problemi che vengono denunciati, e cercare di porvi rimedio. Invece sembra che ci sia quasi una forma di cinismo di fronte a queste manifestazioni di piazza: è come se i governanti si limitassero a dire “lasciamoli sfogare, prima o poi si stancheranno e torneranno a casa”.Questa è una sensazione che si prova soprattutto guardando la vicenda dei Gilet Gialli: come è possibile, ci si domanda, che in uno dei paesi più moderni del mondo la gente debba continuare a scendere in strada per un anno intero, ogni sabato che il buon Dio manda in terra, senza che nulla venga fatto per ascoltare le loro proteste? E’ possibile che ci sia una frattura così completa fra il popolo e chi lo governa? Una volta non era così. Quando ci furono le storiche proteste del ’68, queste portarono a profondi cambiamenti nelle regole sociali. Nuove leggi vennero fatte, nuovi codici morali vennero stabiliti, e la società cambiò radicalmente. Oggi invece la piazza è diventata semplicemente uno sfogatoio di rabbia e frustrazione, mentre i governi stanno semplicemente lì a guardare, aspettando che la rabbia gli passi. E’ come se i governi sapessero che ormai non ci sono alternative al sistema vigente, per cui non si preoccupano più di tanto di cambiarlo. Mandano in strada la polizia per cercare in qualche modo di arginare i danni fisici, ma dei danni morali non si preoccupa nessuno.La stessa cosa vale anche per le proteste non violente: scendono in strada – per fare un esempio – migliaia di genitori di bambini danneggiati da vaccino (ricordo la grande manifestazione di Pesaro di due anni fa), ma la cosa viene serenamente ignorata. Una volta eventi del genere sarebbero stati al centro dell’attenzione mediatica, e avrebbero sollevato ondate di dibattiti televisivi, con una conseguente adeguamento delle leggi vigenti. Oggi invece è come se i governanti sapessero che “tanto con le case farmaceutiche non c’è niente da fare”, e quindi scelgono di ignorare il problema umano che viene rappresentato dalla piazza. E la cosa più grave è che nessuno a casa protesti per questa mancanza di attenzione ai problemi umani dei nostri concittadini. E come se i problemi degli altri non potessero mai diventare i nostri. (Ci attiviamo solo se veniamo toccati direttamente nei nostri interessi o nel nostro portafoglio). Non riesco a capire se questa mancanza di sensibilità sia figlia del nostro tempo, oppure se siamo noi, con il nostro crescente cinismo ed egoismo edonistico, ad averla generata.(Massimo Mazzucco, “A cosa servono le proteste di piazza?”, da “Luogo Comune” del 18 novembre 2019. Ogni sera alle ore 21, insieme a Giulietto Chiesa, Mazzucco anima le trasmissioni live di “Contro Tv”, con uno streaming indipendente e alternativo a quello di YouTube).Le proteste di strada divampano ovunque nel mondo. In Francia i Gilet Gialli continuano imperterriti a distruggere tutto quello che trovano. A Hong-Kong i manifestanti continuano a combattere armati di arco e frecce, contro i proiettili della polizia sparati anche ad altezza uomo. In Iran la gente scende in strada e protesta per il caro-prezzi. In Cile continuano le manifestazioni di piazza contro il governo. La stessa cosa accade in Libano. In Bolivia i sostenitori di Morales scendono in strada contro il colpo di Stato. Ma c’è una cosa che accomuna tutte queste situazioni: la totale sordità dei rispettivi governi alle proteste popolari. In fondo, se il suo popolo protesta, un buon governante dovrebbe prendere atto dei problemi che vengono denunciati, e cercare di porvi rimedio. Invece sembra che ci sia quasi una forma di cinismo di fronte a queste manifestazioni di piazza: è come se i governanti si limitassero a dire “lasciamoli sfogare, prima o poi si stancheranno e torneranno a casa”.
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Autopsia degli italiani: il nostro sistema-paese sta sparendo
Cos’hanno in comune le coppie che non vogliono avere figli, i ragazzi che se ne vanno all’estero, i pensionati che prendono la cittadinanza in paesi dove il costo della vita e delle tasse è più basso; oppure quanti rigettano i simboli viventi della vita italiana, dal crocifisso al presepe, quelli che chiedono di abbattere le frontiere e di lasciar entrare chiunque decida di vivere da noi e i censori che condannano chiunque voglia tutelare la nostra identità nazionale? Concorrono tutti, spesso a loro insaputa, al suicidio degli italiani o se preferite alla loro eutanasia. Corale, anche se spesso individuale. Molti di loro hanno buone ragioni personali, concrete e contingenti per le loro scelte e le loro rinunce. Non fanno figli perché si sentono precari, non hanno lavoro stabile né casa adeguata né sostegni di alcun tipo per metterli al mondo. Oppure vanno via dall’Italia perché qui non trovano lavoro, non vedono riconosciuti i loro studi, i loro meriti, la loro capacità. O ancora, abbandonano il paese perché sono tartassati e qui non ce la fanno a mantenere uno standard di vita adeguato, non si sentono garantiti come pensionati, temono la criminalità e sono disamorati del loro paese.Altri considerano l’Italia un corridoio umanitario, un luogo di transito e di approdo per chiunque voglia; reputano sacrosanto accogliere tutti, anche se sbarcati clandestinamente, perché sono umanitari, si mettono nei panni di chi parte, di chi arriva e sempre meno nei panni di chi fu, è o sarà italiano. O ancora: vogliono aprirsi al mondo e dar posto ad altri modi e modelli di vita, sono xenofili, desiderano le storie d’altri, sono stanchi delle proprie. Ragioni diverse tra loro, assolutamente non accorpabili e diseguali anche sul piano etico, diversamente rispettabili, ma il risultato è uno solo: si pongono mentalmente o fisicamente fuori dal loro paese, contribuiscono alla fine degli italiani, a cominciare da se stessi. Ciascuno a suo modo, spesso in buona fede e con le migliori intenzioni, stacca la spina all’Italia, concorre alla scomparsa degli italiani, si dimette da italiani o non ne garantisce la prosecuzione; accelera la cessazione della nazione e dell’identità collettiva. Per non dire dell’autodenigrazione nazionale e del diffuso vizio di rappresentare il mondo sempre a rovescio: i buoni sono quelli che vengono da fuori, i cattivi sono quelli di dentro.E tralascio la cornice di un paese in via di dismissione, marchi distintivi che vanno all’estero, aziende che chiudono, l’Italia che perde l’auto, il burro e l’acciaio, l’auto. Si cambia paese come si cambia gestore telefonico perché è più vantaggioso. Il dispatrio diventa solo una voltura. Sopravvivono come individui, come cittadini del mondo, come nomadi, utenti e consumatori, come esuli o profughi dal nostro paese, ma si cancellano come italiani, come famiglie, come abitati di una terra, di una città, scelgono l’evacuazione, la desertificazione, alimentano la sostituzione di popolo. Non riusciamo più a vedere le cose dal punto di vista sociale, comunitario, nazionale e tantomeno con lo sguardo storico e connesso al rapporto tra le generazioni; le vediamo solo dal punto di vista individuale, soggettivo, utilitario e contingente. O peggio, ideologico. Non riusciamo più a capire il senso storico di quel che stiamo vivendo e facendo, ci occupiamo solo dell’occasione del momento, siamo interamente immersi nella situazione, non siamo in grado di proiettare le scelte immediate nel futuro, di capirne gli effetti e di rapportarli al mondo circostante.Eppure sta avvenendo un processo storico importante e letale. È l’eutanasia di un popolo, di una nazione, di una civiltà. Ma se lo dici rischi pure di essere perseguitato a norma di legge come se la preoccupazione per la vita del tuo paese e del tuo popolo, fosse una forma di odio, di razzismo e di disprezzo nei confronti degli altri. È chiaro che l’italianità non si misura dal colore della pelle, e nemmeno da altri indicatori superficiali. Anzi, chi si affida solo a quelli già è estraneo allo spirito di una nazione, non capisce l’importanza di un’identità, di una cultura, di una tradizione nazionale. Ci sono bianchissimi e purissimi italiani che sono meno italiani nella testa e nel cuore di tanti altri, oriundi o sopraggiunti. Come si fronteggia il suicidio degli italiani? Innanzitutto assumendone coscienza, diventando consapevoli di quel che sta accadendo; poi cercando con realismo, senza velleità, possibili rimedi e possibili alternative ai percorsi ritenuti obbligati della deitalianizzazione in automatico; infine studiando, sollecitando e promuovendo iniziative, programmi, politiche, per rispondere al fenomeno e incoraggiarne la ripresa, a ogni livello.Invece non vedo niente di tutto questo, se non qualche scaramuccia di basso livello su qualche minchiata secondaria, come il caso Balotelli o poco altro. In particolare trovo sconfortante un’area politica che pure è maggioritaria nel paese ma si lascia dettare l’agenda dalla dittatura del politically correct e si limita a saltare o a non saltare al comando dei circensi. L’ultimo è stato il caso Segre, con la relativa commissione anti-odio, così prefabbricato. Prendete voi iniziative in senso inverso piuttosto che limitarvi a discutere se acconsentire, astenervi o respingere le iniziative altrui, nate al puro scopo di mettervi in difficoltà, spaccarvi e mantenere il bastone del comando, imponendo il loro canone. Anche perché nel caso in questione, non è in gioco una parte politica o una spicciola convenienza elettorale. È in gioco un popolo, una storia, una patria; il loro passato e il loro futuro.(Marcello Veneziani, “Il suicidio degli italiani”, da “La Verità” del 7 novembre 2019; articolo ripreso dal blog di Veneziani).Cos’hanno in comune le coppie che non vogliono avere figli, i ragazzi che se ne vanno all’estero, i pensionati che prendono la cittadinanza in paesi dove il costo della vita e delle tasse è più basso; oppure quanti rigettano i simboli viventi della vita italiana, dal crocifisso al presepe, quelli che chiedono di abbattere le frontiere e di lasciar entrare chiunque decida di vivere da noi e i censori che condannano chiunque voglia tutelare la nostra identità nazionale? Concorrono tutti, spesso a loro insaputa, al suicidio degli italiani o se preferite alla loro eutanasia. Corale, anche se spesso individuale. Molti di loro hanno buone ragioni personali, concrete e contingenti per le loro scelte e le loro rinunce. Non fanno figli perché si sentono precari, non hanno lavoro stabile né casa adeguata né sostegni di alcun tipo per metterli al mondo. Oppure vanno via dall’Italia perché qui non trovano lavoro, non vedono riconosciuti i loro studi, i loro meriti, la loro capacità. O ancora, abbandonano il paese perché sono tartassati e qui non ce la fanno a mantenere uno standard di vita adeguato, non si sentono garantiti come pensionati, temono la criminalità e sono disamorati del loro paese.
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Mazzucco: lo Stato si riprenda acciaio, energia e medicina
La drammatica vicenda dell’Ilva dimostra come non sia possibile, semplicemente, lasciare nelle mani dei privati le risorse strategiche di un paese: non perché l’operatore privato sia da demonizzare, ma perché è ovvio (nonché legittimo) che l’azienda intenda ricavarne un vantaggio economico per sé, anche a scapito del servizio destinato ai cittadini. Questo vale per una “materia prima semilavorata” come l’acciaio, che supporta l’intero sistema industriale nazionale, e vale a maggior ragione per il settore dell’energia. Lo afferma Massimo Mazzucco, esaminando mestamente il caso di Taranto, classico esempio di coperta troppo corta: o tuteli l’ambiente della città e la salute dei lavoratori, oppure – se invece pensi al profitto, cioè alla tua sopravvivenza come impresa – finisci per trascurare sia la sicurezza degli operai che quella degli sfortunati abitanti dei quartieri che sorgono a ridosso dello stabilimento inquinante. Discorso che Mazzucco estende all’immenso settore della sanità e della farmaceutica: come sperare che non si esca dalla logica del business, a scapito della salute, se l’intero, smisurato comparto medico-farmaceutico è completamente nelle mani delle multinazionali?In modo decisamente inconsueto, tra i servizi “di costume” che corredano i telegiornali a margine delle news principali, persino il Tg1 si è appena occupato dell’emblematica situazione di isolamento dei tanti villaggi disseminati sull’Appennino. Spopolamento vertiginoso, bambini costretti a percorrere decine di chilometri per raggiungere la scuola, intere borgate completamente isolate anche telefonicamente (circostanza per nulla rassicurante sul piano della sicurezza, nel caso di emergenze sanitarie o di calamità naturali). Un sindaco del Piacentino indica un palo telefonico divelto, in mezzo al bosco: questo stato di degrado, accusa, è letteralmente esploso da quando le compagnie telefoniche sono state privatizzate, cessando di garantire il servizio a tutti e penalizzando le aree dove vivono pochi utenti, cittadini trasformati in semplici clienti (assisterli, a quel punto, è diventato poco conveniente). C’è una sorta di deriva, di cui non si vede la fine: è caduta nel vuoto, in Parlamento, la mozione presentata dall’ex grillina Sara Cunial per chiedere una moratoria sull’installazione della rete wireless 5G. La richiesta: sospendere le operazioni per tre anni, periodo indicato da scienziati e sanitari per consentire di valutare le analisi in corso, circa l’impatto del 5G sul corpo umano. Tutto inutile: a nulla serve invocare il sacrosanto “prinicipio di precauzione”.Era stato lo stesso Mazzucco, mesi fa, a “scoprire” che aveva dimensione nazionale lo strano fenomeno dell’abbattimento dei grandi alberi nei centri abitati. Operazione condotta in modo quasi clandestino, spesso senza spiegazioni o con vaghi pretesti. «Succede anche nella vostra città?». All’appello di Mazzucco, via web, hanno risposto decine di persone, fornendo immagini e video: una vera e propria “strage” silenziosa, condotta all’insaputa degli italiani. Dai grandi media, silenzio di tomba – così come dalla politica. E’ stato Mazzucco, ancora lui, a scovare un inidizio: documenti governativi della Gran Bretagna raccomandano l’abbattimento degli alberi frondosi, nei centri abitati, perché la loro chioma ostacola la propagazione del segnale wireless di quinta generazione. Il mutismo della politica si fa addirittura assordante nel caso dell’obbligo vaccinale, anche se 130.000 bambini italiani (non vaccinati) nel 2019 sono stati esclusi dall’asilo, per la prima volta nella storia. La Regione Puglia, unico caso italiano, ha monitorato le “reazioni avverse”: 4 bambini su 10 hanno avuto problemi di salute, anche seri, dopo la somministrazione delle vaccinazioni polivalenti. Di questo, naturalmente, non si parla. La politica – tutta – recita il suo atto di dolore sull’Ilva. Ma il sistema-Italia è senza governo, a monte del rito sempre più inutile delle elezioni. Comanda il “pilota automatico”, a cui nessuno osa opporsi.(Massimo Mazzucco anima con Giulietto Chiesa ogni sera alle ore 21 le trasmissioni di “Contro Tv”, neonata voce indipendente dell’informazione italiana. Il pensiero di Mazzucco, reporter e documentarista, è rintracciabile sul blog “Luogo Comune”. Ogni sabato, infine, l’autore dà vita con Fabio Frabetti di “Border Nights” alla diretta web-streaming su YouTube “Mazzucco Live”).La drammatica vicenda dell’Ilva dimostra come non sia possibile, semplicemente, lasciare nelle mani dei privati le risorse strategiche di un paese: non perché l’operatore privato sia da demonizzare, ma perché è ovvio (nonché legittimo) che l’azienda intenda ricavarne un vantaggio economico per sé, anche a scapito del servizio destinato ai cittadini. Questo vale per una “materia prima semilavorata” come l’acciaio, che supporta l’intero sistema industriale nazionale, e vale a maggior ragione per il settore dell’energia. Lo afferma Massimo Mazzucco, esaminando mestamente il caso di Taranto, classico esempio di coperta troppo corta: o tuteli l’ambiente della città e la salute dei lavoratori, oppure – se invece pensi al profitto, cioè alla tua sopravvivenza come impresa – finisci per trascurare sia la sicurezza degli operai che quella degli sfortunati abitanti dei quartieri che sorgono a ridosso dello stabilimento inquinante. Discorso che Mazzucco estende all’immenso settore della sanità e della farmaceutica: come sperare che non si esca dalla logica del business, a scapito della salute, se l’intero, smisurato comparto medico-farmaceutico è completamente nelle mani delle multinazionali?
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Grillo, fai un regalo all’Italia: chiudi il Movimento 5 Stelle
Quelli che sin dagli esordi avrebbero voluto che non esistesse e quelli come me, furibondi con il Movimento da almeno tre anni, commenteranno: “Cosa parli ancora del M5S, che è bene che sparisca dalla faccia della Terra!?” (aggiungendo magari qualche comprensibile insulto a Grillo e al sottoscritto, in quanto editorialista costantemente controvento). Secondo la mia interpretazione, costoro hanno ragione al 90% perché, in realtà, finché è stato in vita Gianroberto Casaleggio questa forza politica era davvero qualcosa di straordinario e solo chi ha militato può saperlo: l’essere antisistema (aristocrazie finanziarie parassitarie), la partecipazione dal basso, le leggi create sulla piattaforma, eccetera.Il successo del 2018 preparato dai media (ricordate gli applausi a Di Maio a La7?) e da loro incensato fu un detonatore sotto le terga dei pentastellati: promuovevano il 5S se si prostrava agli “europeones”, al pensiero dominante franco-germanocentrico razzista contro gli italiani, ma in itinere creavano le basi per distruggerlo avvicinando esponenti grillini di spicco nelle istituzioni, per “blandirli” e infine utilizzarli per creare divisioni ovviamente mal tollerate dai cittadini, soprattutto quando riguardavano temi caldi come l’immigrazione.La naturale tendenza al cambiamento del 5S doveva essere avvelenata e stravolta: l’unico irrinunciabile valore grillino condiviso da tutti gli italiani con un cervello non delegato era la fine dell’austerity, della deindustrializzazione, della colonizzazione estera; e doveva essere terminato. A causare la fine del Movimento non è stata quindi la scelta di essere né di destra né di sinistra, e infatti la stessa Lega è votata in modo trasversale e ha sostituito abilmente il 5S nella lotta all’establishment; la vera causa della fine del 5S era nella sua radice! Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, dopo anni di Berlusconi, credettero fosse sensato imperniare questa forza politica sin dagli albori sul progressismo (quello che uccise il Pci sull’altare del “Washington Consensus”), ma non si resero conto che la vittoria auspicata contro i cosiddetti “poteri forti stranieri” dentro questo schema non sarebbe stata possibile, dato che le lobbies si nutrono proprio di questo paradigma! E’ stato semplice per l’establishment agire su schiere di eletti ad esso affini e su attivisti pseudo-ribelli in cerca di posto al sole, fancazzisti e adolescenti perenni; bastavano una Carola o una Greta, figuriamoci qualche comoda poltrona.Paradossalmente, visto che si autodefiniscono progressisti, non è da loro che potrà giungere a noi qualsivoglia cambiamento, perché la loro “anima” ed arma è una forma di feroce conformismo pronto alla discriminazione; e quindi, se dovrà nascere qualcosa di nuovo dovrà essere pragmatico e agli antipodi rispetto al “fu M5S”. Le orde di piddini inconsapevoli interni al 5S non studiavano (e sposavano) quelle battaglie geopolitiche ed economiche vitali per l’Italia (ma purtroppo complesse e poco comprese dalle masse), ma in linea con i pochi neuroni di cui disponevano si vestivano di stereotipi emotivi berciando su questioni orecchiabili come la pace, l’ambiente, gli omosessuali, la corruzione, l’Europa, l’anticlericalismo, i migranti (da assistere una volta resi degli straccioni apolidi, anziché da emancipare nei loro paesi), e tutto per ottenere quella ottantina di voti con i quali approdare in Parlamento nel 2013. Successivamente, in rispetto del dogma che gli incapaci di norma sono furbissimi nelle dinamiche da branco, costoro si sono impossessati gerarchicamente del potere interno al Movimento.A questo punto per loro è stato semplice “ragionare da casta” prostituendo tutto il prostituibile; non mi riferisco solo a Di Maio, ma a quelli che lo affiancano al governo e soprattutto a chi adesso lo accusa e ha cercato di trasformare il 5S nella succursale del Pd, tra cui l’inguardabile Lombardi, Luigi Gallo e la Ruocco. Un avvelenamento dei pozzi, quindi, quello agito sul povero Movimento premendo costantemente sui peones e sul solito principio attivo letale dell’establishment: “glebalizzare” le maggioranze facendosi servire dalle minoranze arcobaleniche (lobbies Lgbt, pseudo-pacifisti, pseudo-femministi, pseudo-ambientalisti, anticlericalisti, “decresciuti felicemente”, ecc) che se ne fregano di temi quali il lavoro e la vita delle famiglie perché interessate patologicamente al loro monotema. Con questi presupposti, approdare al fantastico mondo delle politiche del rigore spacciate per espansive (!?!) e da lì al vergognoso tentativo di alleanza definitiva con il Pd (con la Lega era solo un contratto) il passo è stato breve. Tutto perfetto, se non ci fosse un fattore stranamente ancora presente e fastidioso per i nostri padroni esteri: gli elettori.E pensare che con nuove elezioni un binomio Di Battista – Salvini avrebbe potuto fare moltissimo per la nostra nazione (termine legato antropologicamente ai diritti umani e alla cultura, ditelo alle capre radical chic): magari eleggere un presidente della Repubblica libero e con a cuore il nostro Stato. Invece qualcuno, cioè Beppe Grillo con la sua corte di scherani (uno tra tutti, il presidente della Camera Roberto Fico) per qualche ragione oscura, manco fosse un ricattato, ha operato improvvisamente e violentemente in direzione opposta. Tranquilli, ciò significa che anche quel binomio di cui sopra non avrebbe funzionato a causa dei peones; quindi meglio così, il M5S deve chiudere baracca per il nostro bene. Beppe Grillo se vorrà salvare la faccia dovrà dovrà portare profonde scuse pubbliche agli italiani, esporre le scomode verità elencate in pezzi come questo e lasciare a chi è rimasto fuori da questa immondizia il compito di fondare qualcosa di differente.Questo soggetto dovrà “imporre” democraticamente ai cittadini una grammatica differente, una nuova visione con determinate linee valoriali e con fondamenta coerenti con l’obiettivo della liberazione dal giogo neoliberista sfrenato, perbenista-schiavista (e non ad esso funzionale). Ferme restando alcune regole presenti nel M5S incentrate sull’opportuno concetto “di cittadino punto e basta” (no condanne, no tessere di altri partiti da almeno 5 anni, massimo 2 mandati, no alle correnti – tutti contributi che riconosco ai fondatori del Movimento) il nuovo soggetto politico non dovrà “ripartire” ma iniziare da capo senza temere di prendere anche un misero 5%. Questa volta al centro di questo movimento dovrà esserci un paradigma identitario, patriottico, che si ponga a difesa delle nostre splendide tradizioni a cominciare dalla riscoperta dei valori cristiani della famiglia tradizionale, del Natale (iniziando da quello alle porte) festa bellissima ma ormai umiliata, rarefatta strategicamente dall’attuale Pontefice e derisa dagli adepti di ideologie massonico-anticlericali come il gender e il suicidio assistito (confuso a dovere con l’eutanasia, vedasi “Suicidio assistito, l’ennesimo abuso della lobby massonica”).Se davvero un simile nuovo soggetto politico si affaccerà nel panorama democratico, esso innanzitutto dovrà manifestare concreta vicinanza ai pilastri dello Stato come le forze di sicurezza, carabinieri e polizia, come le università e i suoi giovani, come i sindacati. Meritocrazia, competenza, capacità, scuola, ricerca, innovazione tecnologica e ambientale, giustizia sociale (salario orario minimo garantito), efficienza della pubblica amministrazione, sicurezza (idrogeologica e cittadina), lotta alle grandi evasioni ed elusioni dovranno fare il resto. Come target economico di questo movimento dovranno esservi la valorizzazione dell’economia reale regolamentando la finanza selvaggia ed estremista, la fine della austerity, l’abolizione del Fiscal Compact e del pareggio di bilancio, l’attuazione di politiche davvero espansive, la piena occupazione anche “di cittadinanza attiva” e il riaffermare del principio che vede la Costituzione sopra ogni trattato internazionale. Nessun attuale eletto nelle fila degli attuali partiti-movimenti potrà candidarsi per almeno 5 anni.A livello strettamente geopolitico il nuovo movimento dovrà porsi come obiettivo l’Italia, sostenuta nelle sue peculiarità: se il nostro Stato continuerà ad appiattirsi sulla Ue come fosse una realtà continentale (lo sono Francia e Germania), finirà per condannarsi alla desertificazione socioeconomica e ad essere ininfluente. L’Italia perciò dovrà guardare fortemente verso Mosca, verso il Mediterraneo e verso le correnti di Trump e Johnson nel mondo anglosassone senza comunque chiudere alla Via della Seta; con i vicini centroeuropei la scelta più sensata sarà edificare rapporti simili a quelli presenti in passato in ambito Cee (un po’ come fanno gli inglesi specularmente col Brexit), concordando inoltre l’uscita dalla moneta unica. Sui temi migratori l’Italia dovrà tornare a chiudere i porti alle Ong (fermo restando l’aiuto verso i veri profughi) ma allo stesso tempo dovrà stabilire quote annuali di stranieri da integrare lavorativamente (esiste anche una fisiologica richiesta di manodopera estera) ma anche da formare culturalmente, spiegando loro cosa è stato fatto loro dal neocolonialismo, in primis francese, con particolare riguardo alla tematica del franco Cfa.La linea scelta da Grillo negli ultimi tempi invece è quella del kamikaze, perché al sistema mafioso internazionale poco importa se il M5S scompare: ciò che importa ad esso è il piazzare Mario Draghi (ne sia consapevole o meno) alla presidenza della Repubblica a costo di sacrificare vecchi e nuovi servi. Se notate ogni mossa dei media, del Pd, delle più alte cariche della Repubblica e via discorrendo, fino all’ultimo mandarino di sistema di provincia, è sotto sotto quello di difendere una moneta privata e straniera che paghiamo a caro prezzo: l’euro. Per il bene dell’Italia, il M5S deve scomparire perché qualsiasi cosa venisse riproposta da Di Maio e soci sarebbe una minestra riscaldata, la fase dell’innamoramento (cit. Alberoni) è terminata, e pure quella dell’amore visto che siamo addirittura alla sopportazione e alla commiserazione (Di Maio). E’ un vero peccato, non perché ne sia l’autore, che questo pezzo passi inosservato e poco condiviso sui social (mi auguro l’opposto) perché il sogno di tanti 5S è stato distrutto da qualcuno che a mio avviso passerà alla storia come un giullare traditore, mentre le energie contenute in questo sogno potrebbero ancora emancipare l’Italia e portarla fuori dal soffocamento organizzato da Parigi e Berlino, permesso sin dai decenni precedenti da una classe politica di complici e incapaci.(Marco Giannini, “Grillo passerà alla storia come un giullare traditore se non chiuderà la baracca pentastellata”. Fino al 2016, con la svolta “eurista” dei 5 Stelle al Parlamento Europeo, Giannini aveva sostenuto il M5S. Antropologo, è autore del saggio “Il neoliberismo che sterminò la mia generazione”, edito da Andromeda).Quelli che sin dagli esordi avrebbero voluto che non esistesse e quelli come me, furibondi con il Movimento da almeno tre anni, commenteranno: “Cosa parli ancora del M5S, che è bene che sparisca dalla faccia della Terra!?” (aggiungendo magari qualche comprensibile insulto a Grillo e al sottoscritto, in quanto editorialista costantemente controvento). Secondo la mia interpretazione, costoro hanno ragione al 90% perché, in realtà, finché è stato in vita Gianroberto Casaleggio questa forza politica era davvero qualcosa di straordinario e solo chi ha militato può saperlo: l’essere antisistema (aristocrazie finanziarie parassitarie), la partecipazione dal basso, le leggi create sulla piattaforma, eccetera. Il successo del 2018 preparato dai media (ricordate gli applausi a Di Maio a La7?) e da loro incensato fu un detonatore sotto le terga dei pentastellati: promuovevano il 5S se si prostrava agli “europeones”, al pensiero dominante franco-germanocentrico razzista contro gli italiani, ma in itinere creavano le basi per distruggerlo avvicinando esponenti grillini di spicco nelle istituzioni, per “blandirli” e infine utilizzarli per creare divisioni ovviamente mal tollerate dai cittadini, soprattutto quando riguardavano temi caldi come l’immigrazione.
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Ratto: noi idioti, posseduti dalla tecnologia nostra padrona
È assolutamente essenziale che, in una società che si voglia dire veramente libera e composta da uomini e non da manichini, venga sempre mantenuta da chi governa la possibilità, per tutti i cittadini, di poter delinquere e infrangere le leggi. Forse gli idioti che gestiscono il sistema non lo hanno capito. O forse, invece, lo hanno capito benissimo. E a essere idioti son tutti gli altri. Fatto sta che è così. È assolutamente così. Dopo aver perso il controllo su di noi, sul nostro corpo, sulle nostre passioni, sulle nostre reazioni, ora stiamo via via perdendo anche il controllo sui nostri mezzi. Le macchine circolano da sole, posteggiano da sole, frenano da sole. La casa è gestita da una mignotta elettronica, che di nome fa la coniugazione al femminile del computer di “2001 Odissea nello Spazio”, e che ci accende le luci, ci spegne la caldaia, ci prepara il caffè, ascolta quel che diciamo al vicino e poi informa Google circa le prossime pubblicità da spedirci via mail. Tutto ciò che ci circonda è “smart”, nel senso che ci assicura la comodità di non preoccuparci di parecchi dettagli a cui, invece, provvedono direttamente i nostri stessi aggeggi. Dettagli da poco, per carità.. Questioni che, banalmente, hanno a che fare con tutte le piccole scelte quotidiane che, finora, facevamo da soli. E a cui, adesso, pensano direttamente le mille cose che acquistiamo, credendo illusoriamente di possederle.E proprio come diceva quel deficiente durante una pubblicità di non so più quale compagnia telefonica, la “libertà” che possiamo meritarci sta ormai consistendo, sempre più, nel “non dover scegliere”. In nome di una criminale, liberticida “sicurezza”, in un mondo in cui le cose ci spiano e ci possiedono, esultiamo ebeti di fronte alle automobili che rispettano da sole i limiti di velocità, impedendoci di trasgredirli. Di fronte alle telecamere che scoraggiano qualsiasi illegalità, facendo leva sul deterrente del controllo a distanza. Alle transazioni di denaro e ai conti in banca sistematicamente “monitorati” da Equitalia, per impedir qualsiasi tentazione di evasione fiscale. Noi esultiamo, sì. Diciamo: io mica ho niente da nascondere. Diciamo: è più sicuro. È più comodo..! E il processo va avanti; e andrà avanti così. Le cose ci si scaraventeranno contro. Al prossimo giro i cruscotti delle nostre automobili ci stamperanno in faccia le multe ad ogni nostra infrazione. Poi, semplicemente, si arresteranno a ogni rosso. O si metteranno d’accordo tra loro, su chi di volta in volta abbia la precedenza all’incrocio… E noi saremo liberi! Liberi di chattare anche durante il viaggio. Di postare foto del cazzo mentre la macchina ci porta in ufficio, eccetera eccetera.C’è solo un particolare. Un piccolissimo particolare. Idioti come dei secchi vuoti, privi di memoria (perché a ricordare ci penserà già l’agenda elettronica), totalmente incapaci di ragionare (perché a ciò provvederà già il computer), derubati dell’imbarazzo angosciante del dover scegliere (perché le nostre macchine, ormai, lo faranno per noi), sprovvisti definitivamente di qualsiasi controllo sulle nostre pulsioni e di qualunque capacità di rispettar le regole (perché milioni di impedimenti elettronici avranno provveduto a prevenire a monte qualsiasi illegittimità), noi saremo definitivamente trasformati in oggetti. In quegli stupidi strumenti che, un tempo, eravamo noi a controllare. E a quel punto, o il controllo elettronico su di noi saprà essere perfetto, assoluto, totalizzante, capace di determinare qualsiasi nostra azione e prevenir qualunque irregolarità, oppure, al primo baco nel sistema, ci scaglieremo addosso gli uni contro gli altri. Sbranandoci ferocemente, senza pietà.(Pietro Ratto, “L’essenziale possibilità di delinquere”, dal blog “Bosco Ceduo” del 30 maggio 2019. Scrittore, saggista, filosofo, insegnante e musicista, Ratto ha fondato il sito “In-contro/storia”. Accanto a romanzi come “Il treno” e “Senet”, ha pubblicato apprezzati saggi di storia e attualità, indagando risvolti scomodi come quello sulla Papessa Giovanna nel volume “Le pagine strappate”, ora edito con Youcanprint. Tra i libri più letti si segnala “L’Honda anomala” (Bibliotheka Edizioni) sul rapimento Moro, insieme a “I Rothschild e gli altri. Dal governo del mondo all’indebitamento delle nazioni, i segreti delle famiglie più potenti del mondo”, edito da Arianna come “Rockefeller e Warburg. I grandi alleati dei Rothschild. Le famiglie più potenti della terra”. Per l’editrce Dissensi, Ratto ha scritto “La storia dei vincitori e i suoi miti”, sottotitolo: “Da Giovanna d’Arco al delitto Moro, da Cristoforo Colombo ai Rothschild, mille anni tutti da riscrivere”).È assolutamente essenziale che, in una società che si voglia dire veramente libera e composta da uomini e non da manichini, venga sempre mantenuta da chi governa la possibilità, per tutti i cittadini, di poter delinquere e infrangere le leggi. Forse gli idioti che gestiscono il sistema non lo hanno capito. O forse, invece, lo hanno capito benissimo. E a essere idioti son tutti gli altri. Fatto sta che è così. È assolutamente così. Dopo aver perso il controllo su di noi, sul nostro corpo, sulle nostre passioni, sulle nostre reazioni, ora stiamo via via perdendo anche il controllo sui nostri mezzi. Le macchine circolano da sole, posteggiano da sole, frenano da sole. La casa è gestita da una mignotta elettronica, che di nome fa la coniugazione al femminile del computer di “2001 Odissea nello Spazio”, e che ci accende le luci, ci spegne la caldaia, ci prepara il caffè, ascolta quel che diciamo al vicino e poi informa Google circa le prossime pubblicità da spedirci via mail. Tutto ciò che ci circonda è “smart”, nel senso che ci assicura la comodità di non preoccuparci di parecchi dettagli a cui, invece, provvedono direttamente i nostri stessi aggeggi. Dettagli da poco, per carità.. Questioni che, banalmente, hanno a che fare con tutte le piccole scelte quotidiane che, finora, facevamo da soli. E a cui, adesso, pensano direttamente le mille cose che acquistiamo, credendo illusoriamente di possederle.
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Lo sfacelo della politica italiana e l’indegna fine dei 5 Stelle
Rumore di fondo: ogni giorno che passa, l’Armata Brancaleone del Conte-bis offre di sé un ritratto piuttosto penoso. Accuse, ripicche, insinuazioni e ricatti. Dopo la débacle in Umbria, il clima è ulteriormente peggiorato. Volano gli stracci tra i 5 Stelle, mentre l’incolore Pd zingarettiano si lecca le ferite senza nulla dire, pensare, proporre. Renzi (in versione mini-sciacallo) si gode lo spettacolo, gustandosi la faccia dello spaurito Speranza, ministro “di sinistra” di un esecutivo inesistente, abborracciato dai tecnocrati-canaglia di Bruxelles e tenuto in piedi da parlamentari terrorizzati dall’idea del voto anticipato. Sul funerale dell’Italia volteggia l’avvoltoio Mario Draghi, osannato dal gotha dell’euro-catastrofe, mentre Salvini (in tandem con Giorgia Meloni, miracolata dal voto umbro) già si proietta a colpi si selfie sulle regionali in Emilia. Nessuno di loro ha battuto ciglio per la svendita alla Francia dei resti umani della Fiat, operai residuali in balia degli affaroni non più italiani della dinastia Agnelli-Elkann. Silenti gli stessi sindacati-fantasma, anche di fronte al disperato taglieggiamento del governo ai danni del cittadino, vessato da grappoli di micro-tasse che servono a tenere in piedi un bilancio utile solo a rinviare di qualche mese la certificazione clinica del declino, imposto dalla sottomissione all’austerity perenne.L’ultima caccia alle streghe – tutta colpa dell’idraulico che lavora in nero, del ristorante che rifuta le carte di credito – aggiunge disagio al senso del ridicolo che grava sul paese, pietosamente alla mercé di qualsiasi forza esterna intenzionata a usare l’Italia come discount a prezzi stracciati. La liquidazione dell’Italia va avanti da almeno un quarto di secolo, si lamenta l’ex ministro socialista Formica: finita la cosiddetta Prima Repubblica, insieme ai partiti e a quel che restava delle loro ideologie sono sparite anche le idee su come progettare un futuro per la Penisola. Berlusconi e Prodi, poi Monti e i prestanome del Pd. Fallito sul nascere l’ambiguo tentativo gialloverde, si è tornati all’antico ma solo provvisoriamente, barcollando in modo precario sull’abisso. Emblema del momento presente, il non-premier Conte: non votato, non eletto, non schierato, non chiaro con gli italiani. Rumore di fondo: disgregazione, sfaldamento, diserzione. Renzi aspetta che Zingaretti si dissangui, Salvini attende la fine di Berlusconi. Nessuno ha spiegato che idea di paese ha in mente, quale visione di futuro, che tipo di collocazione per l’Italia, quale ruolo dello Stato nell’economia, che posizione assumere con l’Ue. Si procede a tentoni, tra voci di indagini e comparsate televisive, confidando nel supporto fokloristico delle opposte tifoserie, dall’ostilità calcistica per l’avversario.Lo sfacelo del Movimento 5 Stelle spiega, da solo, il disastro politico italiano. Dopo aver promesso di rimettere il cittadino al centro della scena, il partito-caserma fondato da Casaleggio e Grillo ha tradito militanti ed elettori, votando esattamente il contrario di quanto sbandierato per anni. Voltafaccia completo, su tutta la linea, sonoramente premiato col 7,4% rimediato a Perugia. I delusi bombardano Di Maio, come se Grillo non esistesse. Gli ottimisti scommettono ancora sulla base grillina, piena di buone intenzioni, ingannata dai perfidi dirigenti. Ma i 5 Stelle non hanno mai celebrato un congresso, eletto (davvero) i loro organi dirigenti, confrontato diverse opzioni sul tappeto. Hanno accettato, fin dall’inizio, che fosse il Capo ad avere l’ultima parola, sempre. E’ stato Grillo a imporre a Di Maio di allearsi con Renzi, dopo aver cestinato il 90% del programma dei 5 Stelle. Il MoVimento ora è in stato di disfacimento: doveva servire solo a tener buoni gli italiani, in attesa che il grande potere si riorganizzasse? In realtà, il caos regna anche ai piani alti: lo dimostra la paralisi della Commissione Europea. Macron e Merkel litigano, oggi. Ma non hanno di che preoccuparsi, riguardo all’Italia: il Movimento 5 Stelle ha mostrato loro che milioni di italiani possono davvero credere a storielle come il mitico “uno vale uno”. A metterli nel sacco c’è riuscito persino Beppe Grillo.Rumore di fondo: ogni giorno che passa, l’Armata Brancaleone del Conte-bis offre di sé un ritratto piuttosto penoso. Accuse, ripicche, insinuazioni e ricatti. Dopo la débacle in Umbria, il clima è ulteriormente peggiorato. Volano gli stracci tra i 5 Stelle, mentre l’incolore Pd zingarettiano si lecca le ferite senza nulla dire, pensare, proporre. Renzi (in versione mini-sciacallo) si gode lo spettacolo, gustandosi la faccia dello spaurito Speranza, ministro “di sinistra” di un esecutivo inesistente, abborracciato dai tecnocrati-canaglia di Bruxelles e tenuto in piedi da parlamentari terrorizzati dall’idea del voto anticipato. Sul funerale dell’Italia volteggia l’avvoltoio Mario Draghi, osannato dal gotha dell’euro-catastrofe, mentre Salvini (in tandem con Giorgia Meloni, miracolata dal voto umbro) già si proietta a colpi si selfie sulle regionali in Emilia. Nessuno di loro ha battuto ciglio per la svendita alla Francia dei resti umani della Fiat, operai residuali in balia degli affaroni non più italiani della dinastia Agnelli-Elkann. Silenti gli stessi sindacati-fantasma, anche di fronte al disperato taglieggiamento del governo ai danni del cittadino, vessato da grappoli di micro-tasse che servono a tenere in piedi un bilancio utile solo a rinviare di qualche mese la certificazione clinica del declino, imposto dalla sottomissione all’austerity perenne.
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ControTv, in diretta: Chiesa e Mazzucco aggirano YouTube
Attenti a quei due: da anni sfidano il mainstream, smontando le sue leggende, e non hanno ancora smesso di impensierire il Grande Fratello. Tant’è vero che, non appena la nuova iniziativa è finita su una pagina Facebook con oltre 40.000 contatti, la segnalazione è stata trasmessa in automatico solo a 9.000 follower. Già si annusano guai in vista, ipotizza Massimo Mazzucco, titolare della pagina stranamente “filtrata”: il mitico algoritmo di Zuckerberg sospetta che il suo nome, unito a quello di Giulietto Chiesa, possa essere sinonimo di grane? Del resto, quello è il sistema che dispensa sonni tranquilli al cittadino, magari invitandolo a rifugiarsi nel politically correct come nel caso del polverone attorno alla commissione Liliana Segre. Sacrosanto condannare chi insulta i reduci della Shoah, beninteso: purché questo poi non venga usato per silenziare chiunque la pensi diversamente, sui temi più disparati. «Vale anche per il revisionismo: un conto è oltraggiare i reduci, un altro è avere idee differenti sulla storia. Proibirle non è forse contrario alla libertà di parola tutelata dalla Costituzione?». E poi: «Perché la versione ufficiale dovrebbe essere obbligatoria solo per la Shoah, di cui si stabilisce il numero di vittime senza mai interrogarsi sulle vere cause del nazismo e sui sostenitori occulti di Hitler?». A quel punto, dice Mazzucco, si emani una verità ufficiale su ogni altro tema, e buonanotte a tutti.
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L’evasore aiuta l’economia, le tasse non finanziano i servizi
L’Italia dal 1992 è in avanzo primario (a eccezione di un disavanzo dello 0,9% nel 2009). Questo significa che le entrate fiscali (tasse) sono superiori alla spesa pubblica (in soldoni, a noi cittadini torna indietro meno di quanto paghiamo). Al contrario di quanto racconta la vulgata ideologizzata “terrorista” e autorazzista del siamo vissuti al di sopra delle nostre possibilità, perciò, il nostro è un paese assai virtuoso da quasi 30 anni (nessuno al mondo ha fatto meglio nello stesso periodo). Fatta questa premessa passiamo ad analizzare le vere funzioni delle tasse (esse non servono infatti a pagare la spesa pubblica). Lo Stato impone tasse ai propri cittadini: 1. Per imporre la moneta a corso legale (obbligando di fatto i cittadini ad utilizzarla in quanto l’unica accettata per il pagamento, appunto, degli oneri fiscali); 2. Per controllare l’inflazione (tassando più o meno si riduce/aumenta la massa monetaria e si regolano i prezzi); 3. Per redistribuire la ricchezza. La spesa pubblica è fatta a monte del prelievo fiscale e si sostiene con l’emissione monetaria (fatta d’imperio e sovranamente dallo Stato, dal nulla). Prima si spende e si mette in circolazione la moneta, e solo poi si raccoglie tassando.