Archivio del Tag ‘Claudio Fava’
-
Magaldi: New Deal, grande Savona. Ma alzi il deficit al 10%
Ma la sinistra non era quella parte politica che un tempo si batteva per far avere più soldi alle fasce deboli della popolazione? Da che pulpito predicano, oggi, gli smarriti replicanti post-renziani alla Martina, che sparano sul governo gialloverde per il misero 2,4% di deficit inserito nel Def per il 2019? C’è posto per un qualche pensiero politico, nel cervello piatto di costoro? Rischia di ripetersi, Gioele Magaldi, come chiunque provi a demistificare la desolante narrazione del mainstream, di fronte allo strano spettacolo di un governo che ha contro il potere che conta. Non tutto, certo: ma se Jp Morgan non si unisce allo strepito allarmistico dell’establishment euro-italiano (giornali, Quirinale, Bankitalia, Ue e Bce), sostenendo che la manovra gialloverde non è poi da buttare (anche noi stiamo facendo “deficit spending”, conferma Steve Mnuchin, segretario al Tesoro dell’amministrazione Trump) non significa che “l’America” o “la massoneria internazionale finanziaria” giochino nella stessa squadra del governo Conte. Semmai, avverte Magaldi, la sfida – più che mai attuale – è un’altra: spetta a noi, ai cittadini e alla politica, tornare a “mettere in riga” quella finanza neoliberista che ha smesso di servire l’economia facendo solo speculazione a spese di interi paesi, potendo contare in Europa su «potenti supermassoni come Draghi e servizievoli paramassoni come Mattarella».Tutt’altra musica, per fortuna, è stata quella suonata – in Senato – da quel Paolo Savona al quale, per via del veto imposto da Draghi, il presidente della Repubblica ha impedito di rivestire il ruolo di ministro dell’economia. Nonostante ciò, dopo aver lui stesso indicato Giovanni Tria per quel dicastero, Savona (oggi agli affari europei) appare il vero regista della manovra finanziaria gialloverde. Per ben due volte, sottolinea Magaldi (in web-streaming su YouTube con Marco Moiso e poi con Fabio Frabetti di “Border Nights”), Savona ha citato «l’archetipo rooseveltiano del New Deal», nominando sia il presidente americano Franklin Delano Roosevelt che il suo economista di riferimento, il britannico John Maynard Keynes (per inciso, massoni progressisti entrambi). La formula? Espandere la spesa pubblica, a deficit, per creare piena occupazione. Storia: l’America uscì dalla Grande Depressione e divenne la prima superpotenza del pianeta. Un modello tradotto in Europa, successivamente, prima con il Piano Marshall – che cambiò volto al continente, guidandone la resurrezione nel dopoguerra – e poi con il welfare più avanzato al mondo, di fatto “inventato” dal teorico inglese William Beveridge, massone progressista come lo stesso George Marshall.Autore del bestseller “Massoni”, che rivela le trame delle Ur-Lodges neo-aristocratiche che hanno progettato l’attuale globalizzazione, non è per fare il “gioco delle figurine” che Magaldi cita spesso – in modo puntiglioso – l’identità massonica di tanti grandi del Novecento (da Nelson Mandela a Martin Luther King, da Olof Palme a Yitzhak Rabin). Quel che gli preme è denunciare pubblicamente la «ignobile campagna massonofobica strisciante», reiterata oggi dall’inaudita iniziativa di Claudio Fava, che ha imposto ai massoni dell’assemblea regionale siciliana di svelare pubblicamente la loro appartenenza, come se solo gli aderenti alle logge (e non ad altre associazioni) fossero in dovere di rinunciare alla privacy garantita dalla Costituzione. Una volta di più, il presidente del Movimento Roosevelt sottolinea il ruolo avanguardistico svolto dalla massoneria che contribuì ad abbattere l’Ancien Régime “fabbricando” lo Stato democratico e la democrazia fondata sul suffragio universale. Se poi un’altra massoneria (apolide, mercenaria e rinnegata) ha agito in modo reazionario e neo-feudale, il primo a denunciarla, nero su bianco, è stato proprio Magaldi, nel silenzio imbarazzato dei politici italiani – compreso Renzi, «che bussò invano a quella supermassoneria e oggi ripiega su una seconda vita, rassegnandosi al ruolo di conferenziere a gettone».E’ lo stesso Renzi che critica il reddito di cittadinanza dopo aver sparso a pioggia i suoi famosi 80 euro alla vigilia delle elezioni. E’ il Renzi incorreggibile, dice Magaldi, che probabilmente non sarebbe neppure “morto”, al referendum del 2016, se solo avesse inserito – tra i quesiti – anche l’abrogazione del pareggio di bilancio. Un gesto indispensabile, a maggior ragione oggi, nel momento in cui Paolo Savona – da economista e da statista – evoca apertamente il New Deal, cioè il coraggio del “deficit spending” per rimettere in piedi l’economia, tenendo conto che la spesa pubblica fa crescere il Pil, alleggerendo il peso del debito pubblico. Sono i “fondamentali” di Keynes, che nessun Cottarelli è mai riuscito a smentire. Ripartire da quelli, insiste Magaldi, è la via maestra: non solo per restituire dignità all’Italia, anche per estendere la sovranità democratica al resto d’Europa e del mondo, tutelando anche i diritti altrui, onde evitare un replay “sovranista” della Pace di Westfalia del 1648 (che pose fine alla Guerra dei Trent’anni, senza però impegnare minimanente i contraenti a lavorare per il benessere dei sudditi). E in attesa che il Pd esca dal coma, magari riconoscendo come “di sinistra” la politica gialloverde («meglio di niente, il reddito di cittadinanza, per chi non ha ancora un lavoro»), il messaggio per il governo Conte è esplicito: «Perché limitarsi al 2,4% di deficit, quando con più coraggio – per esempio, un 10% di spesa pubblica – l’economia italiana potrebbe volare?».Ma la sinistra non era quella parte politica che un tempo si batteva per far avere più soldi alle fasce deboli della popolazione? Da che pulpito predicano, oggi, gli smarriti replicanti post-renziani alla Martina, che sparano sul governo gialloverde per il misero 2,4% di deficit inserito nel Def per il 2019? C’è posto per un qualche pensiero politico, nel cervello piatto di costoro? Rischia di ripetersi, Gioele Magaldi, come chiunque provi a demistificare la desolante narrazione del mainstream, di fronte allo strano spettacolo di un governo che ha contro il potere che conta. Non tutto, certo: ma se Jp Morgan non si unisce allo strepito allarmistico dell’establishment euro-italiano (giornali, Quirinale, Bankitalia, Ue e Bce), sostenendo che la manovra gialloverde non è poi da buttare (anche noi stiamo facendo “deficit spending”, conferma Steve Mnuchin, segretario al Tesoro dell’amministrazione Trump) non significa che “l’America” o “la massoneria internazionale finanziaria” giochino nella stessa squadra del governo Conte. Semmai, avverte Magaldi, la sfida – più che mai attuale – è un’altra: spetta a noi, ai cittadini e alla politica, tornare a “mettere in riga” quella finanza neoliberista che ha smesso di servire l’economia facendo solo speculazione a spese di interi paesi, potendo contare in Europa su «potenti supermassoni come Draghi e servizievoli paramassoni come Mattarella».
-
Sicilia, massoni costretti a “svelarsi”. Carpeoro: colpa loro
«Alzi la mano chi è massone, in questa sala. Nessuno? Lo immaginavo: ecco perché la massoneria italiana è ridotta così male». Protagonista del siparietto, nel corso di un incontro pubblico a Torino (presenti diversi massoni) lo scrittore Gianfranco Carpeoro, già “sovrano gran maestro” del Rito Scozzese italiano. Non si stupisce più di tanto, oggi, se la Sicilia ha appena approvato il Ddl Fava, obbligando i consiglieri regionali – entro 45 giorni – a dichiarare la propria eventuale affiliazione massonica, pena la denuncia pubblica di quella che verrà ritenuta, d’ora in poi, una violazione della trasparenza. Provvedimento che il capo del Grande Oriente d’Italia, Stefano Bisi, definisce «mostruoso, sul piano giuridico e morale», gridando alla discriminazione: vengono obbligati a rivelare la loro appartenza i soli massoni – non gli aderenti ad altre associazioni, per i quali resta invece in vigore il diritto alla privacy. «Quest’obbligo è sostanzialmente incostituzionale», sostiene Carpeoro, che è anche avvocato. Ma aggiunge: la colpa, in origine, è comunque della massoneria stessa. Insistendo nel tutelare la sua tradizionale riservatezza (storicamente giustificata ai tempi in cui i massoni erano perseguitati), oggi la libera muratoria finisce per fare da comodo bersaglio. Senza contare ovviamente l’ipocrisia dei censori, che non si sognerebbero mai di pretendere che a “confessare” la propria appartenenza massonica siano personaggi come Draghi e Napolitano, o ministri come Tria e Moavero.«Nonostante le fortissime pressioni in senso contrario, abbiamo affermato un dovere di trasparenza e di responsabilità che adesso andrebbe esteso a tutte le cariche elettive in Italia», dice Claudio Fava, presidente della commissione regionale antimafia della Sicilia. Il disegno di legge (“Obbligo dichiarativo dei parlamentari dell’Ars in tema di affiliazione a logge massoniche o similari”) è stato approvato dopo una serie di emendamenti e modifiche promosse dal Movimento 5 Stelle e dallo stesso Fava, scrive il “Fatto Quotidiano”. Le sanzioni saranno limitate a una pubblica dichiarazione circa la violazione della norma di trasparenza. Nel dettaglio si dovrà dichiarare l’appartenenza ad eventuali logge massoniche entro 45 giorni, pena la comunicazione pubblica della violazione commessa. Contraria alla norma Eleonora Lo Curto, capogruppo Udc, secondo la quale «mai una legge è stata subdola e cattiva come questa voluta dell’onorevole Fava, che persegue obiettivi discriminatori e persecutori solo ed esclusivamente nei confronti della massoneria». Secondo Lo Curto «è una legge liberticida, perché se fosse animata dall’esigenza esclusiva della trasparenza, dovrebbe essere estesa a ogni e qualsivoglia formazione associativa cui i deputati regionali possono essere iscritti».«Dichiarare la propria appartenenza alla massoneria non vuol dire fare liste di proscrizione», si difende il leader siciliano dei 5 Stelle, Giancarlo Cancelleri: «Sia chiaro, si tratta solo di trasparenza». Infuocata, ovviamente, la reazione del Grande Oriente d’Italia, che definisce «mostruosa» la legge appena approvata: lo stesso Fava – quand’era in Parlamento, nella commissione antimafia guidata da Rosy Bindi – avrebbe voluto imporla a livello nazionale. «Oggi in Sicilia è stata scritta una pagina nera per la democrazia e la libertà d’associazione nel nostro paese», tuona Stefano Bisi, gran maestro del Goi. «Ci meravigliamo che un così aggressivo e discriminatorio atto legislativo sia stato avallato anche da forze e partiti che da sempre hanno sbandierato la loro laicità nel pieno rispetto della Costituzione repubblicana». Bisi ricorda che già nel 2007 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo aveva condannato lo Stato italiano, dando ragione al ricorso presentato dal Grande Oriente d’Italia nei confronti di una legge della Regione Friuli Venezia Giulia che fissava regole e norme per le nomine a cariche pubbliche, prevedendo che chi avesse voluto ricoprire determinate cariche dovesse dichiarare l’appartenenza a società di tipo massonico.Lo stesso Bisi annuncia ricorsi contro la norma: «I liberi muratori del Grande Oriente d’Italia percorrerranno tutte le vie legali necessarie perché un simile provvedimento venga rimosso», visto che «ghettizza e marchia in modo inqualificabile e pretestuoso i massoni». Per il capo della maggiore obbedienza massonica italiana, si tratta di «ripristinare un necessario e ineludibile diritto alla libertà di ogni cittadino di far parte di qualsiasi associazione». Tutto questo, però, sottolinea Carpeoro (in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”), purtroppo «avviene per colpa della massoneria stessa». Ovvero: «A chi voglia avere cariche pubbliche, la massoneria dovrebbe suggerire categoricamente di dichiararlo, di essere massone. Quest’obbligo – insiste Carpeoro – sarebbe dovuto partire dalla massoneria, non dallo Stato. Se parte dallo Stato è sostanzialmente incostituzionale. Se invece parte dalla massoneria, le cose cambiano». Basterebbe che fossero le logge stesse ad auto-regolarsi, insomma, evitando di arrivare a una situazione come quella della Sicilia, dove «si va a incrinare il diritto di una persona a essere eletta».Tanto varrebbe decidersi a tagliare la testa al toro: «Se i massoni non rinunziano alla riservatezza, in certe delicate situazioni, dovrebbero venir messi fuori dalla massoneria». Non da oggi, Carpeoro critica duramente la libera muratoria italiana: lui stesso arrivò a disciogliere (caso unico, al mondo) l’obbedienza di cui era a capo. Autorevole simbologo e grande esperto di esoterismo, Carpeoro ama la dottrina massonica ma diffida della maggior parte dei massoni odierni. In ultima analisi, a suo parere, la “crociata” siciliana contro le logge «è nata per l’ennesima omissione, da parte della massoneria, nell’adottare delle regole di legalità al proprio interno». Pur non condividendo per nulla la “caccia alle streghe” scatenata da Fava, Carpeoro insiste: «Era la massoneria che doveva cominciare a preoccuparsi, anche perché uno che è massone non ha niente di cui debba vergognarsi». Anzi: ormai molti anni fa, a novembre, le logge del Rito Scozzese aprivano il “tempio” alla cittadinanza. «Era un giorno speciale, nel quale tutti i massoni si mostravano a viso aperto e ricordavano ai partecipanti, con orgoglio, l’identità massonica dei “fratelli” benemeriti che avevano dato lustro alla loro città».«Alzi la mano chi è massone, in questa sala. Nessuno? Lo immaginavo: ecco perché la massoneria italiana è ridotta così male». Protagonista del siparietto, nel corso di un incontro pubblico a Torino (presenti diversi massoni) lo scrittore Gianfranco Carpeoro, già “sovrano gran maestro” del Rito Scozzese italiano. Non si stupisce più di tanto, oggi, se la Sicilia ha appena approvato il Ddl Fava, obbligando i consiglieri regionali – entro 45 giorni – a dichiarare la propria eventuale affiliazione massonica, pena la denuncia pubblica di quella che verrà ritenuta, d’ora in poi, una violazione della trasparenza. Provvedimento che il capo del Grande Oriente d’Italia, Stefano Bisi, definisce «mostruoso, sul piano giuridico e morale», gridando alla discriminazione: vengono obbligati a rivelare la loro appartenenza i soli massoni – non gli aderenti ad altre associazioni, per i quali resta invece in vigore il diritto alla privacy. «Quest’obbligo è sostanzialmente incostituzionale», sostiene Carpeoro, che è anche avvocato. Ma aggiunge: la colpa, in origine, è comunque della massoneria stessa. Insistendo nel tutelare la sua tradizionale riservatezza (storicamente giustificata ai tempi in cui i massoni erano perseguitati), oggi la libera muratoria finisce per fare da comodo bersaglio. Senza contare ovviamente l’ipocrisia dei censori, che non si sognerebbero mai di pretendere una “confessione” di appartenenza massonica da personaggi come Draghi e Napolitano, o da ministri come Tria e Moavero.
-
Logge e potere: perché l’Espresso non intervista Scalfari?
Cari Eugenio Scalfari e Carlo De Benedetti, perché non raccontate i vostri rapporti con la massoneria? Gianfranco Carpeoro replica così all’ultimo servizio de “L’Espresso”, titolato “La massoneria torna a far paura: non identificabili tremila affiliati”. La presunta notizia? «Dopo il caso P2 le obbedienze avevano promesso trasparenza, invece regna l’opacità assoluta – scrive Gianfranco Turano – come dimostrano gli elenchi visionati dalla commissione parlamentare sulle logge calabresi e siciliane». Ribatte Carpeoro, in web-streaming su YouTube: «Io proporrei a Turano e al direttore dell’“Espresso” di chiedere a Scalfari e a De Benedetti di informare i lettori sui rapporti che quella casa editrice ha avuto con la massoneria. Rapporti molteplici, complicati, e peraltro intrattenuti con la parte meno commendevole della massoneria». Ovvero: «Chiederei pubblicamente a Scalfari e De Benedetti di spiegare e raccontare i rapporti che hanno avuto, per esempio, con quel massone (fior di personaggio) che si chiama Flavio Carboni. Prima di parlare genericamente di massoneria, comincino a parlare della loro connessione con la massoneria: guardino a casa loro, questi signori». Sintetizza Gioele Magaldi: «Non c’è bisogno di essere massoni, in Italia, per essere corrotti. Ma prendersela con i “peones” della massoneria, come fa “L’Espresso”, serve a occultare i veri terminali italiani della vera massoneria di potere, che è sovranazionale, e su cui la stampa (compreso “L’Espresso”) continua a tacere».Autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere) che svela la geografia delle Ur-Lodges nel back-office del potere mondiale, Magaldi prende nota: la sua denuncia, clamorosa, resta tuttora sepolta dal silenzio dei grandi media. «Nessuna reazione, nemmeno di fronte a precise interrogazioni parlamentari». Di massoneria si parla spesso a vanvera, per fini strumentali e magari elettoralistici come ha fatto Di Maio, garantendo l’assenza di massoni tra i candidati 5 Stelle. Lo smentisce Catello Vitiello, detto Lello, candidato dai grillini in Campania e iniziato alla loggia “La Sfinge”, del Grande Oriente d’Italia: notizia del “Mattino”, rilanciata dal “Giornale”. Di Maio? «Spara sulla massoneria, dopo aver bussato (inutilmente) alle porte dei peggiori circoli supermassonici reazionari di Washington», dice Magaldi, che a “La Gabbia”, trasmissione televisiva de “La7” condotta da Paragone, ha dichiarato l’appartenenza massonica di Pietro Grasso e Laura Boldrini. Ora “L’Espresso” rilancia la sua piccola crociata pre-elettorale contro le logge meridionali del Grande Oriente? Quella del reportage di Turano, «poco serio, sensazionalista e mistificatorio», a Magaldi sembra «un’operazione di bassissimo livello, che va a pescare nella diatriba miserevole sollevata dalla commissione parlamentare antimafia presieduta da due tangheri con pulsioni liberticide e antidemocratiche come Rosy Bindi e Claudio Fava».La Bindi («non ricandidata, per fortuna») ha condotto una sorta di crociata personale contro il Goi, mentre Fava è giunto a proporre una legge per chiudere ai massoni le porte della politica. «La massoneria è stata resa illegale solo dai regimi fascisti e comunisti (con l’eccezione di Cuba) e con la perversione che questi regimi erano composti da massoni, i quali mettevano fuorilegge le massonerie liberali e democratiche e si costituivano in massoneria segreta di governo, con piglio dispotico», ricorda Magaldi, a “Colors Radio”. Quella presieduta dalla Bindi? «E’ la peggior commissione antimafia della storia: non avendo di meglio da fare, ha preso di petto la massoneria regionale ma non i terminali italiani della massoneria che conta, nel bene e nel male (soprattutto nel male), collegata ai circuiti massonici neo-aristocratici che hanno fatto un golpe silenzioso insediando Mario Monti con la regia di Draghi e Napolitano». Personaggi che «hanno operato e operano tuttora a maleficio del popolo italiano», ma nessuna commissione parlamentare se n’è occupata. La Bindi invece ha preso di mira «comunioni massoniche in stato di decadenza, prive di incisività sul piano sociale, meta-politico, civico e culturale».Eppure, proprio dalle Ur-Lodges reazionarie sono venute «le ideologie neoliberiste e neo-aristocratiche che hanno pervaso la globalizzazione, la stessa Europa “matrigna” e anche la pessima governance dell’Italia negli ultimi decenni, la Seconda Repubblica, in modo accelerato con la devastazione sociale ed economica avviata nel 2011». Per questo, aggiunge Magaldi, «suona scandaloso che sedicenti giornalisti come Turano vadano a fare servizi apparentemente sontuosi, scandalistici e di grande richiamo, mettendo il dito su dei “peones” della massoneria e tacendo del tutto sulle domande che un vero giornalismo dovrebbe porsi: ovvero, chi è davvero inserito nelle leve del potere più importante?». Silenzi, omissioni, ipocrisie. «C’è chi sa benissimo che i momenti più alti della storia dell’Italia contemporanea sono dovuti all’opera meritoria di alcuni massoni. Ma tace per interesse, magari appartenendo a circuiti massonici neo-aristocratici». E poi, aggiunge Magaldi, «c’è una pletora di ignoranti, insipienti esecutori collocati in vari strati del mondo mediatico, politico, istituzionale e sociale, i quali si beano di questa loro pseudo-conoscenza: per costoro, “massoneria” sarebbe qualunque gruppo che, in modo indebito, opera per fini segreti e inconfessabili a favore dei propri aderenti».Che c’entra, la massoneria, con a gestione opaca del potere? «In Italia non serve essere massoni per esser stati corrotti e corruttori e aver mal gestito il denaro pubblico». Ci sono mille correnti e provenienze: culturali, spirituali, religiose, filosofiche e sapienziali. «Chi si distingue nel bene e chi nel male, a prescindere dal retroterra da cui proviene». Quanto alla massoneria, insiste Magaldi, «se si vuol parlare davvero di legami col potere bisogna alzare lo sguardo verso il cielo delle superlogge sovranazionali. Dopodiché, anche lì, si tratta di capire chi ha fatto cosa, e perché». Solo che non avviene: nessuno li alza, gli occhi al “cielo”. «Quindi siamo in una narrazione assolutamente irrisoria, fuorviante e, credo, anche strumentale: serve, è utile ai manovratori, ai padroni del vapore, che il sospetto, l’eventuale avversione rispetto alle logge, venga scaricata verso gruppi massonici che sono innocui sotto ogni punto di vista». E a chi si riempie la bocca con la difesa della Costituzione, Magaldi ricorda che il presidente della “Commissione dei 75” incaricata di redigere il testo costituzionale era Meuccio Ruini, notorio massone, il cui capo di gabinetto era Federico Caffè, eminente economista: il maggior keynesiano italiano (e del resto era massone lo stesso Keynes). «Se i padri della patria e della Costituzione del ‘48 (Ruini e non solo) erano massoni, non ho capito qual è il problema», conclude Magaldi. «Dopodiché vi sono le mele marce, e io nel mio libro ne ho indicate tante». I giornali come “L’Espresso”, però, hanno evitato accuratamente di raccontarlo ai lettori: perché?Cari Eugenio Scalfari e Carlo De Benedetti, perché non raccontate i vostri rapporti con la massoneria? Gianfranco Carpeoro replica così all’ultimo servizio de “L’Espresso”, titolato “La massoneria torna a far paura: non identificabili tremila affiliati”. La presunta notizia? «Dopo il caso P2 le obbedienze avevano promesso trasparenza, invece regna l’opacità assoluta – scrive Gianfranco Turano – come dimostrano gli elenchi visionati dalla commissione parlamentare sulle logge calabresi e siciliane». Ribatte il massone Carpeoro, in web-streaming su YouTube: «Io proporrei a Turano e al direttore dell’“Espresso” di chiedere a Scalfari e a De Benedetti di informare i lettori sui rapporti che quella casa editrice ha avuto con la massoneria. Rapporti molteplici, complicati, e peraltro intrattenuti con la parte meno commendevole della massoneria». Ovvero: «Chiederei pubblicamente a Scalfari e De Benedetti di spiegare e raccontare i rapporti che hanno avuto, per esempio, con quel massone (fior di personaggio) che si chiama Flavio Carboni. Prima di parlare genericamente di massoneria, comincino a parlare della loro connessione con la massoneria: guardino a casa loro, questi signori». Sintetizza Gioele Magaldi: «Non c’è bisogno di essere massoni, in Italia, per essere corrotti. Ma prendersela con i “peones” della massoneria, come fa “L’Espresso”, serve a occultare i terminali italiani della vera massoneria di potere, che è sovranazionale, e su cui la stampa (compreso “L’Espresso”) continua a tacere».
-
Magaldi: carabinieri, massoneria e democrazia-fantasma
Il generale Leonardo Gallitelli «graziosamente indicato da Berlusconi» come suo eventuale successore, se perdurasse l’ostracismo della pessima legge Severino che impedisce al Cavaliere di ricandidarsi? «Ci risiamo, con la retorica della brava persona estranea alla politica: non conosco il generale Gallitelli, ma so che non ci servono onesti incompetenti. Al contrario, occorrono politici a tutto tondo, ben preparati al vero, grande scontro che può salvare l’Italia, quello con Bruxelles». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e promotore del futuro Pdp, Partito Democratico Progressista, invoca il ritorno alla democrazia sostanziale, la cui assenza sta producendo danni devastanti a ogni livello: politico, economico e sociale. «Non ho mai risparmiato critiche a Berlusconi, perché non ha neanche mai provato ad attuare le riforme liberali che aveva promesso», premette Magaldi, ai microfoni di “Colors Radio”. «Gli auguro sinceramente di poter tornare in campo, ma in modo democratico: accettando cioè di confrontarsi con Salvini e la Meloni». Regolari primarie, insomma: «E’ giusto che sia il popolo del centrodestra a scegliersi finalmente il candidato che preferisce». Senza per questo farsi troppe illusioni: «Come Berlusconi, anche la Lega e An hanno già governato a lungo, non riuscendo a risolvere né il problema immigrazione né il rapporto con l’Ue, attualmente ostaggio di eurocrati che si dicono europeisti ma sono i veri nemici dell’Europa».Pur di evitare le primarie, Berlusconi evoca la candidatura di un generale dei carabinieri? Non è il solo a utilizzare il prestigio dell’Arma in chiave elettorale: l’hanno fatto anche Antonio Ingroia e Giulietto Chiesa chiamando il generale Nicolò Gebbia a presentare il progetto della loro “Lista del Popolo”, definita anche “La Mossa del Cavallo” e ribattezzata da Magaldi “la Mossa del Somaro”, con allusione ai portatori d’acqua («i somari, appunto») cui toccherebbe mettere in piedi liste in tutta Italia, in pochissime settimane, «lasciando però l’ultima parola agli autoproclamati leader, di fatto padroni di ogni decisione». Il generale Gebbia, intanto, denuncia il ruolo occulto della massoneria nella politica: lascia anche intendere di esser stato messo da parte, nei ranghi dell’Arma, in quanto non-massone, e propone di obbligare i “grembiulini” a dichiararsi pubblicamente, se intendono concorrere a cariche pubbliche. Magaldi inorridisce: «E perché mai solo i massoni dovrebbero dichiararsi? Perché non anche esponenti di sindacati e associazioni religiose o filosofiche?». Quella contro gli aderenti alla massoneria, dice, sarebbe una grottesca discriminazione: «L’ennesima, in un paese come l’Italia, dove fa comodo fingere di non sapere che è stata proprio la massoneria a dar vita allo Stato unitario e poi a concorrere alla democrazia: era massone conclamato Meuccio Ruini, presidente della “commissione dei 75” che partorì la nostra Costituzione».Massone l’insigne giurista Pietro Calamandrei, massone il martire antifascista Giacomo Matteotti: di cosa stiamo parlando? Nel bestseller “Massoni”, pubblicato da Chiarelettere a fine 2014, Magaldi è stato il primo a rivelare, semmai, il ruolo occulto delle Ur-Lodges sovranazionali nella cabina di regia del vero potere mondiale. Ne fa cenno anche il generale Gebbia, ricordando il ruolo di protezione esercitato da Berlusconi per le truppe italiane schierate a Nassiriya, in Iraq: un intervento risolutivo, ottenuto perché «Bush e Berlusconi facevano parte della stessa loggia». Magaldi corregge l’ufficiale, allora a capo del contingente dispiegato in Iraq: «Bush tentò di affiliare Berlusconi alla superloggia “Hathor Pentalpha”, ma non vi riuscì». Nella “Hathor”, invece, era presente – scrive Magaldi nel suo libro – l’allora ministro della difesa Antonio Martino, peraltro lungamente a capo della Mount Pélerin Society, santuario europeo dell’ordoliberismo finanziario di marca reazionaria. Chiarisce Magaldi: «Ci sono massoni non solo tra i carabinieri, ma anche tra poliziotti e finanzieri. Quando viene iniziato, un massone innanzitutto giura fedeltà alla repubblica italiana. Qualcuno se ne stupisce? Non dovrebbe: proprio la massoneria è stato il maggior fautore dello Stato laico, libero e democratico, basato sul suffragio universale e non più su privilegi di casta».Il generale Gebbia si sente vittima di carabinieri massoni? «Forse dovrebbe interrogarsi sulle sue effettive benemerenze», gli risponde a distanza Magaldi, non entusiasta del profilo politico-culturale che le parole dell’anziano ufficiale lasciano trasparire, evocando la consueta “caccia alle streghe” che contraddistingue tanto mainstream, politico e giornalistico: «Siamo bravissimi a fare i duri con i piccoli massoni di provincia, magari coinvolti in maneggi bancari come quelli di Banca Etruria e Montepaschi, per poi tacere di fronte all’identità supermassonica dei veri massoni di potere», accusa Magaldi. «Rosy Bindi reclama le liste degli aderenti al Grande Oriente d’Italia e Claudio Fava propone addirittura una legge che escluda i massoni dalla politica, privandoli cioè di un fondamentale diritto civile, ma poi tutti fingono di non conoscere la cifra massonica di Mario Draghi e Anna Maria Tarantola, che in qualità di dirigenti di Bankitalia avrebbero dovuto vigilare su Mps». “Dagli al massone?” Sì, ma a patto di sorvolare sui “fratelli” che contano davvero, «per esempio Mario Monti, il devastatore dell’economia italiana, e il suo sodale Giorgio Napolitano».Pura ipocrisia italica, insiste Magaldi: anziché dare la caccia ai “grembiulini” in quanto tali (e non invece ai pericolosi oligarchi nascosti anche nei club più esclusivi della supermassoneria che conta, quella internazionale) saerebbe il caso di mettersi sulle tracce della vera, grande assente dalla scena italiana: la democrazia. Che, appunto, rischia di restare ancora largamente latitante, se è vero che il Pd renziano sembra prepararsi all’ennesimo inciucio con Berlusconi, grazie anche al disastroso Rosatellum. «L’alibi delle larghe intese sarà il solito: fermare il Movimento 5 Stelle, come se fosse un vero pericolo». Purtroppo, continua Magaldi, i 5 Stelle non sono affatto un pericolo, per l’establishment: «Al contrario, sono un movimento soporifero: dove governano, come a Roma, addormentano le istituzioni, che andrebbero invece scosse con robuste dosi di democrazia». Insieme all’economista Nino Galloni, il presidente del Movimento Roosevelt scommette sul ritorno alla sovranità finanziaria, anche monetaria: «Non è possibile che l’Europa sia governata dai cartelli bancari a capo della Bce, e dalle oligarchie private che pilotano le cancellerie. L’Italia, che resta uno dei maggiori contraenti dell’Ue, deve dire semplicemente: ci riprendiamo la nostra sovranità, oppurre arrivederci, ben sapendo che – senza l’Italia – l’Unione Europea non esiste, crolla».Proposta secca: «Una Costituzione Europea politica, validata da referendum popolari». Ipotesi completamente ignorata da Renzi, Berlusconi e 5 Stelle. «Ma sarebbe l’unica soluzione, per poter finalmente cominciare a fare sul serio». Invece, conclude Magaldi, ci tocca assistere anche alla farsa di Bersani e D’Alema, che si appellano all’articolo 1 della Costituzione dopo aver rottamato la Carta, con l’inserimento del pareggio di bilancio. «Chiamare il loro movimento “democratico e popolare”, in antitesi a Renzi, è un insulto all’intelligenza degli italiani: Renzi non ha le colpe di D’Alema e Bersani, non ha lesionato la Costituzione», sostiene Magaldi. «Persino la sua brutta proposta di riforma, quella bocciata dal referendum, non avrebbe fatto i danni delle modifiche costituzionali votate da Bersani: l’abolizione del Senato elettivo non sarebbe stata così devastante, per il paese, quanto l’obbligo costituzionale del pareggio di bilancio, che ha privato l’Italia di un fondamentale strumento di sovranità democratica». Ma non sarà così per sempre, si augura Magaldi: il paese dovrà svegliarsi dal sonno e sbarazzarsi di troppi politici mediocri e inutili, spesso anche cialtroni. Massoni e non, ma tutti agli ordini del vero potere, l’élite neo-feudale della globalizzazione privatizzatrice, «interpretata dai veri antieuropeisti, come la Merkel e gli oligarchi di Bruxelles».Il generale Leonardo Gallitelli «graziosamente indicato da Berlusconi» come suo eventuale successore, se perdurasse l’ostracismo della pessima legge Severino che impedisce al Cavaliere di ricandidarsi? «Ci risiamo, con la retorica della brava persona estranea alla politica: non conosco il generale Gallitelli, ma so che non ci servono onesti incompetenti. Al contrario, occorrono politici a tutto tondo, ben preparati al vero, grande scontro che può salvare l’Italia, quello con Bruxelles». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e promotore del futuro Pdp, Partito Democratico Progressista, invoca il ritorno alla democrazia sostanziale, la cui assenza sta producendo danni devastanti a ogni livello: politico, economico e sociale. «Non ho risparmiato critiche a Berlusconi, perché non ha neanche mai provato ad attuare le riforme liberali che aveva promesso», premette Magaldi, ai microfoni di “Colors Radio”. «Gli auguro sinceramente di poter tornare in campo, ma in modo democratico: accettando cioè di confrontarsi con Salvini e la Meloni». Regolari primarie, insomma: «E’ giusto che sia il popolo del centrodestra a scegliersi finalmente il candidato che preferisce». Senza per questo farsi troppe illusioni: «Come Berlusconi, anche la Lega e An hanno già governato a lungo, non riuscendo a risolvere né il problema immigrazione né il rapporto con l’Ue, attualmente ostaggio di eurocrati che si dicono europeisti ma sono i veri nemici dell’Europa».
-
Magaldi: guerra al rigore, o Renzi è finito. E attorno, il nulla
Matteo, ripensaci: hai un’ultima chance, azzerare il renzismo sbruffone e prendere il toro per le corna, cioè mandare a quel paese Bruxelles e archiviare l’austerity. Parola di Gioele Magaldi, all’indomani delle elezioni siciliane che hanno fotografato la peggiore Italia possibile, elettoralmente parlando: da una parte la vecchia nomenklatura berlusconiana dell’isola, e dall’altra l’inconcludenza velleitaria dei 5 Stelle. Ultimo della fila, ridotto all’irrilevanza, un Pd in aperto declino, affossato dal “pesce lesso” Gentiloni, mentre l’ex rottamatore – fischiato a ogni stazione, nel suo surreale tour ferroviario – corre a rifugiarsi da Obama (altro perdente di successo, visto chi siede oggi alla Casa Bianca). «Su quale pianeta vive, Matteo Renzi? Possibile che non capisca che gli italiani stanno male, che le loro condizioni economiche stanno precipitando?». Si metta d’accordo con se stesso, l’ex primo ministro: qual è il vero Renzi? «Non c’è traccia, nella sua azione politica, delle lodevoli idee che pure ha espresso nel suo ultimo libro, “Avanti”, in cui se la prende giustamente col “pensiero unico” che ha condotto all’inserimento del pareggio di bilancio nella Costituzione».Reduce da un convegno del Movimento Roosevelt proprio sulla revisione della Carta costituzionale (con un’idea su tutte: rendere obbligatoria la piena occupazione, per legge), Magaldi – ai microfoni di “Colors Radio” – ragiona con David Gramiccioli sull’infelice momento della politica italiana. In Sicilia non ha votato neppure un elettore su due, il che la dice lunga sulla fiducia degli italiani verso i partiti – incluso il Movimento 5 Stelle, che anche sull’isola (come a Roma) non è andato oltre la promessa di una politica pulita, senza corrotti né privilegi di casta. Il centrodestra? «Musumeci sarà anche la brava persona che si dice, ma i siciliani già conoscono il personale politico berlusconiano che ha a lungo governato la Sicilia». Inutile parlare della sinistra ufficiale: non va oltre la testimonianza di Claudio Fava, «che peraltro si è segnalato per una proposta di legge discriminatoria come quella che chiede di vietare ai massoni gli incarichi pubblici, fingendo di non sapere che era massone persino Meuccio Ruini, il padre della “commissione dei 75” che diede vita alla Costituzione democratica. Piuttosto, è evidente la voragine rappresentata dall’auto-affondamento del Pd, abbandonato al suo destino da un Renzi «che forse non sa che si sta bruciando le ultime carte».Tanta attenzione per Renzi, da parte di Magaldi, è presto spiegata: «E’ stato un leader vero, con grandi potenzialità e doti di comunicazione». Il problema? «Si è limitato a vendere fumo, senza capire che anche gli italiani dopo un po’ si stancano, di essere presi giro». Il guaio è che, via Renzi, chi altro c’è in campo? Nonno Silvio? Grillo, che continua a non spiegare come governerebbe l’Italia? Il futuro è nuvoloso: il Rosatellum è fatto apposta per costruire l’ennesimo inciucio e mandare a Palazzo Chigi un’altra comparsa, stile Gentiloni. «Ma Renzi non si illuda: se adesso non compie una svolta, una precisa scelta di campo, finirà ben presto anche la sua leadership, la sua carriera politica». Cosa dovrebbe fare? «L’ha scritto nel suo libro: mettere fine al rigore, alla “dittatura” del pensiero unico, senza timore di scontrarsi – ma per davvero – con la Merkel e con Draghi». A differenza di Bersani, Renzi il pareggio di bilancio non l’ha votato: non era ancora in Parlamento, all’epoca. «E se la rimozione del pareggio di bilancio l’avesse inserita nel quesito referendario del 4 dicembre scorso, probabilmente Renzi non l’avrebbe perso, quel referendum». Un appello ad personam: ne vogliamo riparlare, Matteo?Nonostante tutto, Magaldi considera Renzi un vettore potenziale di buona politica: l’unico teoricamente in campo, a patto che – per la prima volta – si decida a fare sul serio. «Temo che viva in un’altra dimensione e non si renda conto dello stato di crisi in cui versa l’Italia», sostiene il presidente del Movimento Roosevelt. Dov’era, Renzi, negli ultimi anni, quando il “pensiero unico” (il rigore di bilancio) divorava l’economia del paese? «Stava a Palazzo Chigi, da dove si è limitato a partorire il Jobs Act, che anziché aggredire la disoccupazione ha semplicemente aggravato la precarizzazione del lavoro». Ora scrive che il “nemico vero” è a Bruxelles? «Benone, ma ci dimostri che non sono le solite chiacchiere. Finora è andato dalla Merkel a baciarle l’anello. E ha chiesto, invano, di essere accolto dei circuiti della massoneria sovranazionale di stampo reazionario, quella contro cui noi ci battiamo». Piccola profezia: se non scende in campo finalmente dalla parte giunta, il politico Matteo Renzi è praticamente finito. «Ricorda Tremonti, che nei libri tuonava contro il neoliberismo ma poi, nei summit internazionali, restava in silenzio». Se la sente, l’ex rottamatore, di passare dalle parole (di un libro) ai fatti?Matteo, ripensaci: hai un’ultima chance, azzerare il renzismo sbruffone e prendere il toro per le corna, cioè mandare a quel paese Bruxelles e archiviare l’austerity. Parola di Gioele Magaldi, all’indomani delle elezioni siciliane che hanno fotografato la peggiore Italia possibile, elettoralmente parlando: da una parte la vecchia nomenklatura berlusconiana dell’isola, e dall’altra l’inconcludenza velleitaria dei 5 Stelle. Ultimo della fila, ridotto all’irrilevanza, un Pd in aperto declino, affossato dal “pesce lesso” Gentiloni, mentre l’ex rottamatore – fischiato a ogni stazione, nel suo surreale tour ferroviario – corre a rifugiarsi da Obama (altro perdente di successo, visto chi siede oggi alla Casa Bianca). «Su quale pianeta vive, Matteo Renzi? Possibile che non capisca che gli italiani stanno male, che le loro condizioni economiche stanno precipitando?». Si metta d’accordo con se stesso, l’ex primo ministro: qual è il vero Renzi? «Non c’è traccia, nella sua azione politica, delle lodevoli idee che pure ha espresso nel suo ultimo libro, “Avanti”, in cui se la prende giustamente col “pensiero unico” che ha condotto all’inserimento del pareggio di bilancio nella Costituzione».
-
Magaldi: dite a Civati che i big progressisti erano massoni
Massoni? No, grazie. «Mi sarebbe piaciuto dibattere con Massimo D’Alema, che credo abbia molte responsabilità nella perdita di credibilità delle politiche progressiste nel nostro paese, essendo stato l’interprete italiano della pessima “terza via” altrove declinata da Blair e Clinton, poi sposata dal sedicente centrosinistra». Ma Gioele Magaldi non avrà l’onore di discutere con D’Alema, a Londra: entrambi non saranno presenti al dibattito promosso da esponenti della sinistra italiana anti-Renzi di stanza nella capitale inglese, alle prese con «una sorta di manifesto per rinnovare la politica italiana, come se la rigenerazione della politica debba passare per forza per la rigenerazione della sinistra, anziché della democrazia, cioè dell’interesse del popolo». L’irritazione di Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, nasce dal “niet” sulla sua presenza giunto da Pippo Civati: Magaldi lasciamolo a casa, perché è massone. «Il tutto, dopo settimane di collaborazione tra civatiani e “rooseveltiani” londinesi». Ma sa di cosa parla, Civati? E’ estremanente diretto, Magaldi, ai microfoni di “Colors Radio”: si rende conto, l’onorevole Civati, che erano massoni tutti i fondatori dell’Italia nonché il presidente della commissione che partorì il testo della Costituzione repubblicana, Meuccio Ruini?Pietra dello scandalo, la polemica accesa da Magaldi contro la “caccia alle streghe” della Commissione Antimafia presieduta da Rosy Bindi con accanto il suo vice Claudio Fava, «che nei mesi scorsi ha chiesto le liste dei massoni per valutare presunte infiltrazioni mafiose». Ha protestato il gran maestro del Goi, Stefano Bisi: ma perché non si chiedono anche le liste degli iscritti a partiti, sindacati e associazioni varie? «Una volta tanto ne ha detta una giusta anche Bisi», dice Magaldi, mai tenero col Grande Oriente d’Italia. «Evidentemente c’è una cultura massonofobica, di grande ignoranza e grande pregiudizio», sostiene Magaldi, «tant’è che Claudio Fava è stato anche uno degli estensori di una proposta di legge liberticida, che sarà cassata come incostituzionale fintanto che l’Italia resterà un paese democratico: si vorrebbe vietare ai massoni di ricoprire incarichi pubblici». Per Magaldi, una discriminazione inaccettabile e pericolosa: «Il massone “buono” è sempre quello segreto e occulto, se invece sei un massone a viso aperto devi essere discriminato». Magaldi, peraltro, non è indulgente nemmeno con i “fratelli” in grembiulino: ne ha messi alla berlina a decine, nel bestseller “Massoni” pubblicato da Chiarelettere a fine 2014, un libro che denuncia i maneggi delle Ur-Lodges, le superlogge al vertice del potere mondiale.L’incidente diplomatico di Londra? Non privo di retroscena movimentati: «Ho rifiutato subito la location, una sala intitolata a Karl Marx», dice Magaldi: «Rispetto Marx come analista economico e grande filosofo, ma aborro l’ideologia marxista perché autoritaria, non democratica, foriera di esiti totalitari e liberticidi». Tra i promotori dell’incontro, oltre a Marco Moiso, coordinatore del Movimento Roosevelt, i “terminali” britannici delle svariate “famiglie” italiane della neo-sinistra antirenziana: dai citaviani di “Possibile” fino al soggetto politico di Anna Falcone e Tomaso Montanari (teatro Brancaccio), fino ad “Articolo 1 Mdp” (D’Alema, Bersani e Speranza). Tra i volti nuovi, una giovane di talento come Rosa Fioravante, legata alla fondazione ItalianiEuropei di Massimo D’Alema. «Lavorando con Moiso – dice Magaldi – hanno gustato il cibo sapido della proposta ideologica “rooseveltiana”: il loro manifesto era insipido, noioso e verboso, tipico di chi pensa di recuperare categorie ottocentesche nella contrapposizione tra capitale e lavoro». In più, la Fioravante ha appena pubblicato un post “rooseveltiano” contro l’ideologia neoliberista della “fine dello Stato”. E s’è messa pure a parlare di Olof Palme, il leader svedese assassinato nel 1986, cui il Movimento Roosevelt dedicherà un convegno a Milano, a febbraio.«A proposito: Rita Fioravante e i suoi sapevano che Olof Palme era un illustre massone, oltre che un politico progressista?». Massone, proprio come Magaldi e gli altri, che Civati vorrebbe mettere alla porta. «Noi parliamo da mesi, di Olof Palme, il convegno di Milano servirà a risvegliare i valori socialisti», annuncia Magaldi. «E adesso arriva costei, la Fioravante, e scrive un pezzo proprio su Olof Palme». Strana contaminazione culturale, a tempo di record? E la “fatwa” di Civati sull’ingombrate Magaldi, messo alla porta come massone? «Ci sarà rimasto male: una volta, richiesto di un parere su di lui, ho detto che non mi sembrava un fulmine di guerra», ammette il fondatore del Movimento Roosevelt. «Del resto, il suo consigliere economico all’epoca della battaglia per la segreteria Pd passò armi e bagagli con Renzi: quanto poteva divergere la politica economica di Civati da quella di Renzi? Poi Civati ha contrasato il Jobs Act renziano, è vero. Ma non è che prima del Jobs Act avessimo la piena occupazione, in Italia: la crisi dura da 25 anni, questo è un paese in declino». E poi: qual è la visione democratica e liberale della cittadinanza, per il “massonofobico” Civati?«Non è possibile una persona che rappresenta le istituzioni (Civati è tuttora deputato), dopo aver elaborato con i suoi un programma comune per un evento comune a Londra, dica, ipocritamente: non vado a un incontro con Magaldi perché è massone». Un giudizio netto, da Magaldi: «C’è ipocrisia, perché Civati sapeva benissimo che io fossi massone. E c’è ignoranza, perché mi dicono che Civati sia laureato in filosofia rinascimentale. Spero che non abbia studiato sui Bignami e che abbia qualche cognizione dell’esoterismo rinascimentale che poi si istituzionalizza tra ‘600 e ‘700 e diventa massoneria». Infierisce Magaldi: «Dato che mi pare sia tra quanti vogliono difendere la Costituzione e attuarla a dovere, spero che Civati sappia, per esempio, che il presidente della “commissione dei 75” che ha redatto il testo costituzionale, Meuccio Ruini, era un noto e conclamato massone». Senza contare, aggiunge, che i padri della patria italiana, «quelli che hanno fatto sì che Civati non sia nato nel regno lombardo-veneto ma in Italia», erano tutti massoni.Era massone Giuseppe Garibaldi, primo gran maestro del Grande Oriente d’Italia, e così Cavour, Mazzini e i tanti patrioti, anche lombardi, che si distinsero sin dalle “giornate di Milano” per il loro patriottismo e per la loro militanza massonica e carbonara. Insiste Magaldi, sempre a “Colors Radio”: «Civati non avrebbe dibattuto con il padre della patria Meuccio Ruini? Non avrebbe dibattuto con colui che ha liberato l’Europa dal nazifascismo, Franklin Delano Roosevelt, massone conclamato al pari di Eleanor Roosevelt, madrina dei diritti umani? E non avrebbe collaborato, Civati, con Martin Luther King, Gandhi o Arthur Meier Schlesinger, l’ideologo della New Frontier kennediana? E ancora: non avrebbe interoquito con John Maynard Keynes, le cui teorie economiche sono alla base della socialdemocrazia europea?». A Civati, Magaldi addebita «ignoranza e insipienza storico-critica». Spiacevole, per «un parlamentare laureato in filosofia, che ignora il ruolo dell’esoterismo rinascimentale e poi massonico nell’elaborazione dei valori di democrazia e libertà, e si permette il lusso di porre una discriminante verso qualcuno per ragioni di appartenza spirituale, filosofica, meta-religiosa».Massoni? No, grazie. «Mi sarebbe piaciuto dibattere con Massimo D’Alema, che credo abbia molte responsabilità nella perdita di credibilità delle politiche progressiste nel nostro paese, essendo stato l’interprete italiano della pessima “terza via” altrove declinata da Blair e Clinton, poi sposata dal sedicente centrosinistra». Ma Gioele Magaldi non avrà l’onore di discutere con D’Alema, a Londra: entrambi non saranno presenti al dibattito promosso da esponenti della sinistra italiana anti-Renzi di stanza nella capitale inglese, alle prese con «una sorta di manifesto per rinnovare la politica italiana, come se la rigenerazione della politica debba passare per forza per la rigenerazione della sinistra, anziché della democrazia, cioè dell’interesse del popolo». L’irritazione di Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, nasce dal “niet” sulla sua presenza giunto da Pippo Civati: Magaldi lasciamolo a casa, perché è massone. «Il tutto, dopo settimane di collaborazione tra civatiani e “rooseveltiani” londinesi». Ma sa di cosa parla, Civati? E’ estremanente diretto, Magaldi, ai microfoni di “Colors Radio”: si rende conto, l’onorevole Civati, che erano massoni tutti i fondatori dell’Italia nonché il presidente della commissione che partorì il testo della Costituzione repubblicana, Meuccio Ruini?