Archivio del Tag ‘consapevolezza’
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Magaldi: chi spegne verità e democrazia se la vedrà con noi
Esplodono bombe, interi paesi sprofondano nella crisi, i missili di Trump piovono sulla Siria. E i media non raccontano la verità: tacciono, mentono, restano reticenti. C’è un piano mondiale, in atto da trent’anni: finanziare guerre, terremotare le economie e silenziare l’informazione. «Ebbene, vi dico: non prevarranno. I manovratori saranno pubblicamente denunciati e fermati». Parola di Gioele Magaldi, gran maestro del “Grande Oriente Democratico” nonché autore del saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere), che denuncia per la prima volta, con impressionante precisione, le trame occulte di 36 superlogge internazionali, vero e proprio “back office” del potere, al lavoro da decenni per svuotare la democrazia a vantaggio dell’élite mondialista. In collegamento con Claudio Messora su “ByoBlu”, canale web finito di recente sotto attacco (boicottaggio pubblicitario da parte di Google), Magaldi raccoglie la sfida e prepara l’affondo a Roma, l’8-9 aprile, con un forum sul futuro della democrazia con ospiti come l’economista Nino Galloni, il magistrato Ferdinando Imposimato e un giornalista come Giulietto Chiesa, bandiera storica dell’informazione indipedente. Obiettivo: costringere il sistema a dire la verità, anche con la creazione di un nuovo partito, che si impegni a stracciare i trattati europei che stanno piegando l’Eurozona.L’emergenza, oggi, colpisce in primo luogo l’informazione: gli Usa sparano missili sulla Siria per abbattere Assad, e non l’Isis, senza che la grande stampa si premuri di ricordare che è stato proprio l’Occidente a “fabbricare” lo jihadismo, come cavallo di Troia geopolitico in Medio Oriente e come alibi, in Europa, per la politica securitaria motivata dal dilagare del terrorismo “false flag”, sotto falsa bandiera, secondo la peggiore logica della strategia della tensione. A dare fastidio sono le verità che emergono dal web, le sole rimaste? Così parrebbe, visto l’attivismo «dell’ineffabile Laura Boldrini, proconsole di una filiale internazionale, che ha iniziato anche qui in Italia a preoccuparsi di imbavagliare la libera informazione». Magaldi non ha dubbi: «Negli ultimi anni, nel mondo, chi ha prodotto “fake news” non sono tanto i blogger, i siti indipendenti, quelli che cercano – come navi corsare, benemerite – di aprire degli spiragli nel pensiero unico del mainstream». Al contrario: «Il problema è stato spesso di chi ha fabbricato notizie false, e su questo ha anche costruito guerre, speculazioni finanziarie ai danni dei popoli, verso una destrutturazione di quello che sarebbe stato un processo virtuoso di globalizzazione della democrazia».Siamo all’eterna riedizione delle “armi di distruzione di massa” di Saddam, inventate di sana piana come pretesto per invare l’Iraq? Di suo, Magaldi aggiunge una lettura di taglio massonico: quanto di peggio è avvenuto, nel mondo, negli ultimi tre decenni, è stato progettato a tavolino da un’élite super-massonica apolide, decisa a mettere in atto una globalizzazione a mano armata e senza diritti, tantomeno quello all’informazione, su cui si fonda il pensiero democratico. Tutto si tiene, anche la «grottesca celebrazione dei Trattati di Roma affidata ai sedicenti europeisti che in realtà lavorano dal mattino alla sera per distruggere il progetto europeo, soffocato dall’economicismo dei tecnocrati: una camicia di forza che esaspera i nazionalismi, tra manine occulte e cancellerie asservite a interessi apolidi». Come se ne esce? «Noi – insiste Magaldi – abbiamo bisogno di un governo che abbia il coraggio di andare ai tavoli europei e dire: siamo tra i grandi contraenti del progetto europeo, vogliamo riscrivere i trattati, lavorare per un processo costituente per un’unione politica. Se ci state, bene. Altrimenti, se non si apre un dibattito, noi sospendiamo la vigenza dei trattati in Italia, accantonando tutte le retoriche europeiste o antieuropeiste».Gioele Magaldi pensa al Pdp, Partito Democratico Progressista, di cui è appena stato registrato il marchio, in vista delle prossime elezioni politiche. «Sarà un cantiere – spiega – al quale invitiamo tutti quelli che ne hanno abbastanza di sentir parlare di falsi democratici e falsi progressisti, come Bersani che ha votato il pareggio di bilancio in Costituzione, trasformando il Parlamento in una caserma per imporre il sì al Fiscal Compact. Misure-capestro, suicide per l’economia italiana, imposte «da uno dei governi più nefasti della storia, guidato dal massone reazionario Mario Monti, insediato dal massone ancora più reazionario Giorgio Napolitano». In Italia Monti, Letta e Renzi. E in Francia Hollande: «Doveva essere il campione anti-merkeliano e anti-austerity. Invece, tra blandizie e minacce, si è ridoto a un ruolo ornamentale, senza una sola proposta per un vero cambio di paradigma, in Europa». Renzi? «E’ stato poco furbo: se al referendum del 4 dicembre avesse inserito l’abolizione del pareggio di bilancio, avrebbe vinto».Peggio ancora dell’ex premier, forse, «gli avventurieri che vorrebbero appropriarsi delle parole “democratico” e “progressista”, dopo aver sorretto il governo Monti». Nella visione di Magaldi, non resta che ripartire dall’Italia per tentare di invertire il corso della storia, riaccendendo la luce sulla democrazia. A questo serve il “Master Roosevelt in scienze della polis”, che offre formazione per «conoscere le reti private sovranazionali che asservono ai propri interessi i governi eletti». Un’azione «di pedagogia e consapevolezza», fino a ieri limitata alla dimensione meta-partitica. Domani estesa anche all’agone elettorale? Magaldi appare deciso. Vede la necessità di «un partito “pesante”, novecentesco, democratico e ideologico, improntato al “socialismo liberale” di Carlo Rosselli, l’antifascista che diceva: è inutile parlare di libertà politiche e civili se non si offre ai cittadini anche una dignità economica per potersi occupare della res publica». Socialismo e liberalismo: «Keynes e Beveridge, il padre del welfare europeo, erano esponenti del Liberal Party». L’ipotetico nuovo soggetto politico punterebbe sull’elettorato in fuga dal Pd, su quello del centrodestra in pieno caos (e senz’ombra di primarie), rivolgendosi anche ai 5 Stelle: «Rappresentano una speranza, per l’Italia, a patto che si rivelino all’altezza della situazione, offrendo cioè uno spettacolo diverso da quello mostrato a Roma».Un nuovo partito, dunque? Sì, sembra dire Magaldi, se l’offerta politica italiana non offre alternative serie: e cioè un cambio radicale di paradigma. Stop al dogma neoliberista, senza mezzi termini. Come? «Dicendo quello che nessuno dice chiaramente: primo punto del programma, la revisione dei trattati europei. Tutti cianciano, parlano di uscire dall’euro, ma nessuno chiede apertamente, formalmente, di farla finita con questa Ue». Insiste Magaldi: «Propongo una riforma costituzionale per eliminare il pareggio di bilancio. Ho sentito che tutti i partiti che l’hanno votata se ne lamentano, si dicono pentiti. Bene, sfidiamoli: mettiamoli alla prova». Con un nuovo partito? Non ci lasciano altra scelta, sembra concludere Magaldi, che pensa alla discesa in campo. E, citando le «reti massoniche progressiste» a cui fa riferimento, si spende per «rassicurare tutti gli operatori dell’informazione libera e tutti i cittadini», per dire che il bavaglio al web non passerà. «Questi tentativi odiosi saranno sventati. Saranno anche denunciati. E tutti coloro che oggi si stanno impegnando in questa campagna liberticida, oltre a fallire, verranno sottoposti al giudizio severissimo della pubblica opinione», che ha imparato che giornali e televisioni non spiegheranno mai che, dietro ai missili di Trump, ci sono i “padrini” dell’Isis, di cui Magaldi – nel suo libro – fa nomi e cognomi.Esplodono bombe, interi paesi sprofondano nella crisi, i missili di Trump piovono sulla Siria. E i media non raccontano la verità: tacciono, mentono, restano reticenti. C’è un piano mondiale, in atto da trent’anni: finanziare guerre, terremotare le economie e silenziare l’informazione. «Ebbene, vi dico: non prevarranno. I manovratori saranno pubblicamente denunciati e fermati». Parola di Gioele Magaldi, gran maestro del “Grande Oriente Democratico” e presidente del metapartitico Movimento Roosevelt nonché autore del saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere), che denuncia per la prima volta, con impressionante precisione, le trame occulte di 36 superlogge internazionali, vero e proprio “back office” del potere, al lavoro da decenni per svuotare la democrazia a vantaggio dell’élite mondialista. In collegamento con Claudio Messora su “ByoBlu”, canale web finito di recente sotto attacco (boicottaggio pubblicitario da parte di Google), Magaldi raccoglie la sfida e prepara l’affondo a Roma, l’8-9 aprile, con un forum sul futuro della democrazia con speaker come l’economista Nino Galloni, il magistrato Ferdinando Imposimato e un giornalista come Giulietto Chiesa, bandiera storica dell’informazione indipendente. Obiettivo: costringere il sistema a dire la verità, anche con la creazione di un nuovo partito, che si impegni a stracciare i trattati europei che stanno piegando l’Eurozona.
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Zurlini: quelli che cercano i super-poteri nella New Age
Il fenomeno della New Age ci ha portati nel mondo dei chakra, della kundalini, della meditazione, della respirazione forzata, delle iniziazioni a pagamento ed ha alimentato, con l’esaltazione della “tecnica” da imparare in seminari di un giorno in grandi auditorium, il desiderio di “saltare i gradini” per acquisire i poteri sulla materia. Ha presentato ai curiosi e ai ricercatori, la “Via Veloce del Potere” e dell’Energia da manipolare a piacimento, partendo da una base egoistica. In altre parole, ha presentato la possibilità di acquisire Potere personale, senza gli altri due punti del triangolo basilare della Vita Universale: l’Amore e l’Intelligenza. Praticare tecniche fisiche o mentali per accelerare la realizzazione dei propri desideri, permette un grande afflusso di energia sul Plesso Solare, il Centro Sacrale, il Cuore e la Gola. Questo prova congestioni, problemi fisici e psichici. Anche se molti partono da “buone intenzioni”, quest’ultime non bastano. L’energia è neutra e non guarda le intenzioni di partenza, ma espande quello che trova! Le fasi alchemiche di trasformazione di sé richiedono pazienza e anni di lungo e lento lavoro, quelli che vogliono tutto e subito rischiano di bruciare tutto e rovinare la “cottura”…All’inizio non ci si accorge di questi “errori spirituali”, poi pian piano si avverte di essere sotto l’effetto di forze fisiche, emotive e mentali che hanno aumentato gli impulsi sessuali, hanno aumentato l’irascibilità, la separatività, la critica continua verso chi pratica forme diverse di ricerca spirituale, l’egoismo, l’insensibilità verso gli eventi negativi (esempio: “questo evento negativo accaduto a queste persone non mi tocca per niente, perché è il loro karma negativo che li sta punendo”), oppure l’indifferenza verso i bisogni degli altri, nonostante i mantra, gli esercizi di risveglio e le tecniche utilizzate per attrarre a sé il partner e la macchina nuova, si rimane ancora fondamentalmente egoisti, separativi e con il “cuore chiuso”. Ci sono persone che dopo dieci anni di meditazioni sono diventate peggio di prima, poiché non avendo seguito un solo percorso, hanno mescolato (senza uso del discernimento e la saggezza di una Guida dal cuore puro) fra di loro diverse energie creando ingorghi e blocchi energetici. Questo non aiuta l’umanità a prendere fiducia e iniziare un cammino di risveglio su scala più ampia, ma permette all’opinione pubblica di aumentare la separazione e il giudizio, creando maggiore conflitto tra materialità e spiritualità.I grandi problemi dei Movimenti Spirituali, delle Scuole Esoteriche, delle Chiese e della moltitudine di insegnanti e guide spirituali, sono sempre stati la coerenza e l’esempio. Il fatto, cioè, della contraddizione tra il parlato e il vissuto. Perché questo? Perché noi stiamo vivendo in un periodo storico in cui lo “spirituale” sta emergendo sempre più potentemente come reazione al materialismo dilagante. Molti quindi si dedicano allo spirituale e all’esoterismo, entrano in scuole e movimenti vari. Perché lo fanno? Alcuni perché sono in crisi esistenziale e pensano di risolverla col Divino e con le tecniche spirituali. Quindi per sollievo. Altri perché hanno paura del mondo e dunque si ritirano in luoghi appartati, comunitari, eco-villaggi, ecc. Altri ancora perché hanno bisogno di lavorare e di affermarsi e trovano nello “spirituale” un terreno molto fertile. Si guadagna bene e possono dispensare consigli di vita e promesse miracolose di illuminazione a tutti gli inconsapevoli. Così fanno del male a se stessi e anche agli altri, rovinando la credibilità di Scuole, Movimenti, Insegnanti e Guide.Sono pochi purtroppo quelli che nello Spirituale riconoscono se stessi come strumenti di servizio verso l’umanità e la Natura. Proprio questa è stata la crisi delle Religioni, delle Scuole e dei Movimenti Spirituali: la mancanza di credibilità. Perché, a parole, tutti dicono frasi molto belle e meravigliose ma poi nei fatti si comportano all’opposto perché non sono pronti al servizio, nel quale si deve dimenticare se stessi per cercare di aiutare gli altri ad evolvere. Molti hanno ancora bisogno di affermare se stessi e di compiere la loro esperienza nell’ego e nella personalità. Anche se l’Anima fa sentire la sua voce e chiama il suo discepolo, egli è ancora perso nel successo e nell’auto realizzazione attraverso lo spirituale. Bisogna porre attenzione a quel mondo dell’energia che è stato presentato in modo estremo e parossistico, tipicamente infantile e adolescenziale (es. l’apertura dei chakra a tutte le ore, le attivazioni di codici numerici a pagamento, “pulizia del karma” con una passata della mano, magliette che trasformano l’aura, canalizzazioni di ogni tipo con angeli, santi, morti, ecc.).Il Sentiero Spirituale è un’esperienza di Magia e Alchimia, di Osservazione lenta e paziente nella conoscenza di se stessi, di lavoro profondo sul dolore del proprio sistema familiare, di manipolazione di energia psichica e spirituale fatta in modo totalmente consapevole e ordinato. E soprattutto non è un processo veloce (dove basta la lettura di un paio di libri) per imparare l’arte. Il primo passo, basilare e fondamentale è la “purificazione” dei corpi. Solo questo protegge l’individuo dalla forza che sta muovendo. Nelle antiche Scuole non si permetteva mai di meditare quando l’Aspirante aveva una bassa vitalità, emozioni ancora negative o pensieri di critica e separazione perché, come abbiamo detto prima, la meditazione rafforza quello che trova! Prima occorre purificare i veicoli con vari esercizi fisici, emotivi e mentali, bisogna radicare una visione elevata nel cuore e nella mente dell’aspirante, insegnandogli ad alimentarsi senza intossicarsi. A relazionarsi con gli altri senza intossicarsi. A lavorare quotidianamente senza farsi depredare dal lavoro stesso. Ci sono persone che mangiano al ristorante (carne e formaggi) fino alle metà pomeriggio, e con il corpo pieno di cibo (e tossine), di sera, fanno la loro meditazione e la loro pratica spirituale! Questa è follia pura.Studiare e leggere, meditare, volere educare se stessi e l’ego a sviluppare la comprensione amorevole, la consapevolezza di sé, il perdono e la gioia, tenendo però il tutto solo sul piano mentale, senza azione, crea una congestione energetica. Se sul piano dell’azione, quello quotidiano e ordinario, con la propria famiglia, datori di lavoro, colleghi, amici e partner, si esprimono solo le forze della personalità, quelle ordinarie e conformi alla norma della massa, questo fa sbagliare strada e ritarda notevolmente il progresso sul Sentiero Evolutivo. In ultimo, ma non per complicare le cose, ma solo per esigenza di totale chiarezza: il Sentiero Spirituale non è mai repressivo, chiuso, forzato, bensì spontaneo, fatto di entusiasmo e gioia. Se c’è tristezza, eccessivo rigore, incapacità a sorridere di sé, freddezza, critica verso tutti gli altri movimenti spirituali e insegnanti, separatività e mancanza di collaborazione col “diverso da sé”, allora è bene riflettere: si sta sbagliando qualcosa! Che il fuoco del discernimento di questo scritto possa essere utile ai cercatori della verità sugli errori da evitare e la strada da percorrere al meglio.(Andrea Zurlini, “Le trappole sul sentiero spirituale”, dal blog di Zurlini del 18 dicembre 2016).Il fenomeno della New Age ci ha portati nel mondo dei chakra, della kundalini, della meditazione, della respirazione forzata, delle iniziazioni a pagamento ed ha alimentato, con l’esaltazione della “tecnica” da imparare in seminari di un giorno in grandi auditorium, il desiderio di “saltare i gradini” per acquisire i poteri sulla materia. Ha presentato ai curiosi e ai ricercatori, la “Via Veloce del Potere” e dell’Energia da manipolare a piacimento, partendo da una base egoistica. In altre parole, ha presentato la possibilità di acquisire Potere personale, senza gli altri due punti del triangolo basilare della Vita Universale: l’Amore e l’Intelligenza. Praticare tecniche fisiche o mentali per accelerare la realizzazione dei propri desideri, permette un grande afflusso di energia sul Plesso Solare, il Centro Sacrale, il Cuore e la Gola. Questo prova congestioni, problemi fisici e psichici. Anche se molti partono da “buone intenzioni”, quest’ultime non bastano. L’energia è neutra e non guarda le intenzioni di partenza, ma espande quello che trova! Le fasi alchemiche di trasformazione di sé richiedono pazienza e anni di lungo e lento lavoro, quelli che vogliono tutto e subito rischiano di bruciare tutto e rovinare la “cottura”…
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Chi vuol tenere Lapo Elkann fuori dagli affari di famiglia?
Lapo Elkann nella bufera a causa dei suoi eccessi? Un rampollo di casa Agnelli non finisce sui giornali senza un preciso piano per distruggerlo. Lo sostiene Andrea Camaiora sull’“Huffington Post”, domandandosi: «Chi vuole tenere Lapo Elkann fuori degli affari di famiglia?». Una lettura precisa, sui retroscena di una vicenda che illuminerebbe aspetti del vero potere italiano, legato al capitalismo familiare dei signori della Fiat. «La storia recente della dinastia Agnelli dice che Lapo, genio e sregolatezza, è mal sopportato come componente del cda Ferrari ed è stato per un certo periodo in ballo anche come presidente della Juventus». Ma la galassia di famiglia non si ferma a questo, aggiunge Camaiora: c’è ovviamente il fondo Exor, la “cassa” degli Agnelli, che porta dritta dritta a Fca, la “creatura” di Sergio Marchionne il cui leader è il fratello di Lapo, John Elkann. «Di questo potrebbero scrivere più precisamente giornalisti esperti in economia e finanza. A noi interessa osservare qualcos’altro, ovvero che Lapo Elkann – l’unico nipote di Gianni Agnelli che ha creato qualcosa di proprio fuori del core business familiare, Italia independent e Garage Italia Customs – diventa periodicamente protagonista delle cronache nazionali con un’altalena infinita di belle e brutte figure».L’11 ottobre 2005, ricorda il giornalista, Lapo viene ricoverato in gravissime condizioni presso il reparto di rianimazione dell’ospedale Mauriziano di Torino, a causa di un’overdose per un mix di oppiacei dopo una notte in compagnia di più transessuali, tra cui la celebre trans Patrizia. Più recentemente il “sequestro” «dai profili poco credibili» che lo ha visto nuovamente in compagnia di un transgender, questa volta a New York, «per una cifra ridicola per la famiglia Agnelli: 10 mila euro». E qui, ricorda Camaiora, tutti si sono domandati: c’era proprio bisogno che la famiglia portasse questa vicenda al disonore della ribalta? «Un interrogativo che si rafforza visto che più che sequestrato, Lapo era stato in qualche modo trattenuto e che poi – superato lo strepitus mediatico – anche il profilo penale della vicenda si è subito smontato, con la procura che ha riconosciuto che Lapo non ha affatto organizzato un finto rapimento». Cadute le accuse, dunque, «ma screditamento pienamente realizzato». L’analista del “Post” dice di tenersi alla larga dal complottismo, ma sostiene che «a indurre una riflessione sulla regia mediatica degli scandali di cui è in qualche modo vittima Lapo c’è un’ultima curiosa coincidenza», ovvero: le dichiarazioni di Lapo, a bufera finita, sul futuro delle sue attività extra-Fiat.Prosciolto dalla giustizia americana in tempi record per il nostro sistema giudiziario, il giovane Elkann ha usato parole misurate ma in qualche modo anche combattive: «Ho attraversato un momento difficile che però mi ha dato il tempo e il silenzio necessari per riflettere e soprattutto per rinforzare ciò che voglio fare in futuro». E anche: «So che voglio proseguire il lavoro che ho fatto su di me in queste settimane, per raccogliere nuove energie e mettere una consapevolezza diversa nella mia vita e nel mio lavoro». Ha quindi precisato che intende «sostenere le aziende cui ho dato vita e portare avanti i tanti progetti di collaborazione avviati con il massimo impegno». Così si è espresso alla fine di gennaio. Ma non era ancora finita, la tempesta contro di lui: «Il 7 febbraio – scrive Camaiora – il “Corriere.it” ha rilanciato, con il titolo “Vi racconto quelle notti a Torino”, l’intervista al trans Patrizia che la trasmissione condotta da Luca Telese, “Bianco e Nero”, aveva nei giorni precedenti mandato in onda e che si riferiva al caso di undici anni prima». Conclude Camaiora: «Per Elkann speriamo di sbagliarci, ma non è solo e non tanto in tribunale che deve difendersi, se non vuole essere tenuto sempre a debita distanza dagli affari di famiglia. Sempre che, naturalmente, la cosa gli interessi».Lapo Elkann nella bufera a causa dei suoi eccessi? Un rampollo di casa Agnelli non finisce sui giornali senza un preciso piano per distruggerlo. Lo sostiene Andrea Camaiora sull’“Huffington Post”, domandandosi: «Chi vuole tenere Lapo Elkann fuori degli affari di famiglia?». Una lettura precisa, sui retroscena di una vicenda che illuminerebbe aspetti del vero potere italiano, legato al capitalismo familiare dei signori della Fiat. «La storia recente della dinastia Agnelli dice che Lapo, genio e sregolatezza, è mal sopportato come componente del cda Ferrari ed è stato per un certo periodo in ballo anche come presidente della Juventus». Ma la galassia di famiglia non si ferma a questo, aggiunge Camaiora: c’è ovviamente il fondo Exor, la “cassa” degli Agnelli, che porta dritta dritta a Fca, la “creatura” di Sergio Marchionne il cui leader è il fratello di Lapo, John Elkann. «Di questo potrebbero scrivere più precisamente giornalisti esperti in economia e finanza. A noi interessa osservare qualcos’altro, ovvero che Lapo Elkann – l’unico nipote di Gianni Agnelli che ha creato qualcosa di proprio fuori del core business familiare, Italia independent e Garage Italia Customs – diventa periodicamente protagonista delle cronache nazionali con un’altalena infinita di belle e brutte figure».
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Wired: nessun asteroide-killer colpirà la Terra il 25 febbraio
Rieccoci a scrivere di armageddon, asteroidi e meteoriti pure nel 2017. Dagli ultimi giorni di gennaio in poi è circolata, non solo in Italia ma in gran parte del mondo, una bufala secondo cui un asteroide starebbe per colpire la Terra, presumibilmente il prossimo sabato 25 febbraio. La storia falsa è stata ripresa da diversi siti e testate giornalistiche, in modi un po’ diversi. Ma come stanno davvero le cose? Lo scorso 27 novembre i telescopi della missione NeoWise della Nasa hanno individuato un oggetto spaziale relativamente vicino alla Terra, battezzato WF9. Tecnicamente si tratta di un Neo (Near Earth Object, ossia un oggetto vicino alla Terra) di dimensioni stimate tra 500 metri e un chilometro di diametro. Secondo gli astronomi della Nasa, che hanno pubblicato tutte le informazioni sulla scoperta il 29 dicembre, il periodo orbitale di WF9 è poco meno di 5 anni terrestri, e il prossimo 25 febbraio sarà il giorno di maggior vicinanza al nostro Pianeta, in cui la distanza tra noi e WF9 sarà poco superiore ai 50 milioni di chilometri. Tanto per fare un confronto, la distanza Terra-Luna è di 384mila chilometri, dunque stiamo parlando di un oggetto che passerà a una distanza oltre 100 volte maggiore di quella che ci separa dalla Luna.Oppure, la distanza è pari a circa un terzo di quella che ci separa dal Sole. Insomma, con queste premesse non si può dire che saremo “sfiorati” o “colpiti”: si tratta certo di un importante appuntamento per la ricerca astronomica, ma non di un rischio concreto per il nostro Pianeta. Catastrofismo gratuito: «Tra un mese la Terra sarà colpita da un asteroide che innescherà tsunami distruttivi. L’asteroide in questione è stato identificato dalla Nasa, che tiene sotto controllo la sua traiettoria che dovrebbe passare a circa 51 milioni di chilometri di distanza dalla Terra». Così iniziano gli articoli pubblicati da “Libero” e da “Rete News 24”, che lanciano un allarme per un evento che viene dato per certo, negando il tutto appena qualche parola dopo. “Radio 105” in un altro articolo rilanciato da “Libero” dà delle certezze: «Sull’arrivo e sulle conseguenze dello tsunami non sembrano esserci dubbi», perché «quando si entra nel campo dell’astronomia, tempo e spazio assumono tutto un altro significato» (quale?), mentre l’unica incertezza sarebbe sulla data dell’impatto. La fonte della notizia è apparentemente il “Daily Mail”, giornale online d’oltremanica noto per l’utilizzo di strategie acchiappa click come l’esagerazione e l’allarmismo ingiustificato.In questo caso il tabloid britannico ha pubblicato l’intervista a un certo Dyomin Damir Zakharovich, un russo sedicente astronomo che viene definito un “catastrofista” (quasi fosse una qualifica) e preannuncia effetti devastanti sul nostro pianeta. Oltre a tsunami e terremoti, nelle più disparate versioni della bufala raccolte da Query si legge che il diametro potrebbe arrivare oltre i due chilometri, che l’urto con la Terra potrebbe rilasciare un’energia equivalente a 3mila bombe atomiche e distruggere intere città. In qualche caso la data dell’impatto sarebbe anticipata al 16 febbraio. Di Zakharovich invece si trova ben poco online, solo una fantomatica laurea conseguita a Mosca e un video in cui si dichiara il suo passato (non confermato) da collaboratore scientifico di Putin. Non c’è traccia di pubblicazioni scientifiche o di attività accademica e tutte le informazioni sono in rete da meno di un anno, dunque è plausibile che si tratti di un’identità fittizia creata da qualche burlone anonimo.Complotto versione 1 – la Guerra fredda. Leggendo la bufala tra le righe, si nota che nel gioco delle parti della politica internazionale la Russia avrebbe il ruolo dello Stato paladino, mentre agli Stati Uniti e alla Nasa spetterebbe il ruolo degli oscurantisti che «evitano di diffondere la notizia solo per non creare allarmismi». Zakharovich sarebbe infatti sotto la protezione di Putin, che lo avrebbe contattato consigliandoli di non uscire dalla Russia per tutelare la propria incolumità e continuare a gridare al mondo la verità. Gli Stati Uniti, al contrario, «consapevoli del pericolo» starebbero tentando in tutti i modi di insabbiare la storia, smentendo tutte le notizie sull’asteroide già note da almeno un anno, incluso il suo legame con il pianeta Nibiru. Secondo questa teoria anche le dimensioni di WF9 sarebbero sottostimate per un inganno della Nasa, accusata di mentire per «evitare il panico» e farci credere che l’oggetto si disintegrerà una volta entrato in contatto con la nostra atmosfera.Complotto versione 2 – Nibiru. Un anno fa sui giornali è stata annunciata la scoperta del Pianeta 9, un corpo celeste nascosto nella fascia Kuiper alla periferia del Sistema Solare che potrebbe essere grande dieci volte la Terra. Una vera manna per le teorie del complotto, che hanno finalmente potuto dare un’identità al leggendario pianeta killer Nibiru, nascosto ai margini esterni del Sistema Solare ma destinato a impattare la Terra. Nonostante i calcoli astronomici abbiano già stabilito che il Pianeta 9 segue un’orbita che si mantiene sempre a grande distanza da noi (oltre 200 volte la distanza Terra-Sole), secondo Zakharovich l’oggetto spaziale in avvicinamento sarebbe un frammento del pianeta Nibiru. In attesa di schiantarsi sulla Terra (pare sia a ottobre, secondo le stesse fonti), Nibiru starebbe ruotando in senso inverso rispetto agli altri Pianeti e perciò – non si sa perché – starebbe scagliando nello Spazio alcuni frammenti di roccia.(Molte) certezze e (pochi) dubbi scientifici. Oggi siamo finalmente in grado di fare previsioni accurate sulla traiettoria dei corpi celesti di gran parte del Sistema Solare. Gli oggetti spaziali potenzialmente pericolosi per la Terra sono monitorati lungo le proprie traiettorie, tramite modelli matematici avanzati che tengono conto delle interazioni gravitazionali. Se davvero un enorme sasso stesse puntando dritto verso di noi, lo sapremmo con un discreto anticipo. E dovendo scegliere se fidarsi di un tale Zakharovich – identificabile come un esponente di una teoria del complotto priva di fondamento scientifico e di prove – o del parere della Nasa, suona strano che certi giornali pongano le due versioni sullo stesso piano, facendo credere che si tratti di un dibattito tra due schieramenti equivalenti di pari autorevolezza.L’unico dubbio che gli scienziati hanno su WF9 è di natura tecnica: non è ancora stato stabilito se si tratti di un asteroide o di una vecchia cometa. Il confine tra le due categorie è molto sfumato, infatti potrebbe trattarsi sia di un asteroide ma anche di una antica cometa ormai così vecchia da non avere più una coda visibile, nemmeno quando si avvicina al Sole. L’orbita, la bassa riflettività e il conseguente colore scuro secondo la Nasa farebbero pensare a una cometa, ma è assente la caratteristica nuvola di gas e polvere che dovrebbe originare la coda. Una delle ipotesi, ancora da verificare, è che si tratti di una cometa che col tempo ha perso la maggior parte delle componenti volatili che di solito di trovano sulla superficie.(Gianluca Dotti, “Nessun asteroide colpirà la Terra il 25 febbraio”, da “Wired” del 3 febbraio 2017).Rieccoci a scrivere di armageddon, asteroidi e meteoriti pure nel 2017. Dagli ultimi giorni di gennaio in poi è circolata, non solo in Italia ma in gran parte del mondo, una bufala secondo cui un asteroide starebbe per colpire la Terra, presumibilmente il prossimo sabato 25 febbraio. La storia falsa è stata ripresa da diversi siti e testate giornalistiche, in modi un po’ diversi. Ma come stanno davvero le cose? Lo scorso 27 novembre i telescopi della missione NeoWise della Nasa hanno individuato un oggetto spaziale relativamente vicino alla Terra, battezzato WF9. Tecnicamente si tratta di un Neo (Near Earth Object, ossia un oggetto vicino alla Terra) di dimensioni stimate tra 500 metri e un chilometro di diametro. Secondo gli astronomi della Nasa, che hanno pubblicato tutte le informazioni sulla scoperta il 29 dicembre, il periodo orbitale di WF9 è poco meno di 5 anni terrestri, e il prossimo 25 febbraio sarà il giorno di maggior vicinanza al nostro Pianeta, in cui la distanza tra noi e WF9 sarà poco superiore ai 50 milioni di chilometri. Tanto per fare un confronto, la distanza Terra-Luna è di 384mila chilometri, dunque stiamo parlando di un oggetto che passerà a una distanza oltre 100 volte maggiore di quella che ci separa dalla Luna.
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Giulietto Chiesa: illusionismo Trump, vincerà Wall Street
Non ho mai pensato, né detto dunque, che Trump sia “contro il sistema”. Del resto non so bene cosa significhi la parola “sistema”. Se per “sistema” s’intende il capitalismo, la risposta è no. Trump mi pare semmai un capitalista tradizionale. Mentre il turbocapitalismo impersonato da Wall Street è una cosa ormai sostanzialmente diversa. Trump è comunque un miliardario plurimo. Come potrebbe essere contro il capitalismo? Vedo che in molti c’è una grande confusione sui termini. Con quelli tradizionali non si va da nessuna parte. Trump è un fenomeno. Tutto interno alla crisi del capitalismo finanziario. La sua linea non è ancora definita. Come non lo è la sua cultura (non solo la sua cultura politica). Dà l’impressione di avere capito qualche cosa del mondo in cui vive. Ma nemmeno lui è consapevole di cosa sa e di cosa non sa. È inoltre evidente (a me, per lo meno) che non riesce a connettere piani diversi e a cogliere le connessioni tra di essi. Per esempio dice di non volersi ingerire troppo negli affari degli altri. Ma poi si ingerisce subito nel conflitto palestinese schierandosi con le richieste di Netanyahu e degli oltranzisti sionisti per trasferire la capitale di Israele (e quindi l’ambasciata americana) da Tel Aviv a Gerusalemme. Non so se qualcuno gli ha spiegato le conseguenze di questo gesto.Non parliamo del suo atteggiamento verso la Cina. Che sembra essere tornata il nemico principale, come lo era nel famoso documento del Pnac (Project for the New American Century) dei neocon. Se Trump confermerà questa linea, lo scontro con la Cina sarà inevitabile. Cioè sposta in là di qualche anno il pericolo della catastrofe nucleare, o peggio. Altro esempio: cancella il Trattato interpacifico di Obama (e quindi viene visto come un progressista da tutti coloro che erano e sono contro il Ttp e anche contro il Ttip) ma non lo fa per gli stessi motivi con cui, per esempio, io sono contro, insieme a tutti coloro che si sono battuti per fermarlo. Lo fa perché pensa che quei trattati avrebbero favorito la finanza e non fatto aumentare i posti di lavoro americani. Forse ha ragione, ma non è la nostra ragione. Dice di volere riaprire il dialogo con la Russia, ma solo perché pensa che oggi sia conveniente alla politica americana, non perché vuole realisticamente ridimensionare l’America e accettare che sia posta sullo stesso piano dei suoi interlocutori. Mostra aperto disprezzo per l’Europa, ma sembra inconsapevole che, così facendo (e riaprendo il dialogo con Putin), crea un terremoto in Europa di cui sicuramente non sa prevedere le ripercussioni.Insomma voglio dire che i suoi gesti possono apparire a molti di noi come positivi (e alcuni lo sono), ma lo fa sulla base di idee che sono lontanissime da quelle che tutti noi condividiamo, cioè quelle di un mondo giusto e pacifico. Io diffido moltissimo di lui e di coloro che lo circondano. Anche loro sono l’America. Anche loro sono portatori del virus che ci sta portando in guerra con la Natura. Se lui riaprirà il dialogo con la Russia sarà comunque un fatto positivo: perché ci consentirà di respirare qualche anno di più. Ma che questo sia l’inizio della trasformazione degli Stati Uniti in un fattore di pace per il mondo, questo non lo credo. Credo che sia la prosecuzione, in altre forme, del dominio americano sul mondo. Era impossibile quello di Clinton-Bush-Obama. Sarà impossibile anche quello di Trump. Il popolo americano non è in grado di operare questa svolta. Che implicherebbe una vera e propria rivoluzione. Il mostro del denaro ha già ingoiato i cervelli di troppa gente, in America. E gli altri sono in larga maggioranza privati di ogni capacità di organizzazione di un’alternativa.Alla fin fine io credo che non ci sia nessun presidente che possa torcere il braccio a Wall Street e che voglia fare la fine di Kennedy. Neanche Trump potrà farlo. Sarà la crisi di quello che molti chiamano il “sistema” che fermerà Wall Street. Il massimo sarebbe stato, forse, Sanders. Ma non c’è nessun presidente che possa torcere il braccio a Wall Street. Neanche Trump. E Wall Street è il male assoluto per il pianeta Terra. Ma non è nemmeno escluso che Wall Street faccia saltare in aria il mondo quando si accorgerà del disastro che ha creato. Potrà sembrare strano, ma nelle leggi fondamentali della stupidità umana del professor Carlo Maria Cipolla c’è quella che definisce lo stupido come il più pericoloso dei soggetti. Perché è colui che può fare del male agli altri e a se stesso, in quanto stupido. Lo stupido è imparabile. A Wall Street e nella sua filiale, la City di Londra, c’è una altissima concentrazione di stupidi strategici che hanno un potere sterminato. Il “sistema” sono loro. In queste condizioni chi è ottimista è stupido, anche se non abita a Wall Street.(Giulietto Chiesa, “Chi è Trump e dove ci porterà, se resterà”, da “Megachip” del 27 gennaio 2017Non ho mai pensato, né detto dunque, che Trump sia “contro il sistema”. Del resto non so bene cosa significhi la parola “sistema”. Se per “sistema” s’intende il capitalismo, la risposta è no. Trump mi pare semmai un capitalista tradizionale. Mentre il turbocapitalismo impersonato da Wall Street è una cosa ormai sostanzialmente diversa. Trump è comunque un miliardario plurimo. Come potrebbe essere contro il capitalismo? Vedo che in molti c’è una grande confusione sui termini. Con quelli tradizionali non si va da nessuna parte. Trump è un fenomeno. Tutto interno alla crisi del capitalismo finanziario. La sua linea non è ancora definita. Come non lo è la sua cultura (non solo la sua cultura politica). Dà l’impressione di avere capito qualche cosa del mondo in cui vive. Ma nemmeno lui è consapevole di cosa sa e di cosa non sa. È inoltre evidente (a me, per lo meno) che non riesce a connettere piani diversi e a cogliere le connessioni tra di essi. Per esempio dice di non volersi ingerire troppo negli affari degli altri. Ma poi si ingerisce subito nel conflitto palestinese schierandosi con le richieste di Netanyahu e degli oltranzisti sionisti per trasferire la capitale di Israele (e quindi l’ambasciata americana) da Tel Aviv a Gerusalemme. Non so se qualcuno gli ha spiegato le conseguenze di questo gesto.
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Magaldi: “grazie” a Trump risorgerà una sinistra autentica
«Io sono contro tutti i muri, ma non mettiamo in croce Donald Trump: ricordiamoci che quel muro alla frontiera col Messico esisteva già». Gioele Magaldi, esponente italiano della massoneria progressista internazionale, indossa altre “lenti” per valutare i primissimi passi del nuovo inquilino della Casa Bianca. Premessa: «Chi lo attacca è in malafede, oppure ha scambiato per “sinistra” la politica dei Clinton e di Obama». Di fatto, dice Magaldi a “Colors Radio”, un paio di ottime cose “The Donald” le ha già fatte: «Intanto ha tolto di mezzo Jeb Bush, cioè la prosecuzione della narrazione del mondo in salsa terroristica. E poi ha intimato l’alt all’espansione di potere della Cina, che è un colosso retto dalla nomenklatura “fasciocomunista” messa in piedi da Henry Kissinger». Per Magaldi, il maggior risultato strategico del controverso Capitan Fracassa insediato a Washington sarà un “regalo” indiretto alla sinistra, quella vera, oggi ancora dormiente: solo grazie al duro confronto con Trump, sostiene l’autore del bestseller “Massoni, società a responsabilità illimitata”, potrà finalmente emergere una nuova dirigenza politica progressista, consapevole del fatto che «l’unica ideologia non ancora pienamente realizzata è proprio la democrazia».Magaldi, fondatore del Movimento Roosevelt ispirato alla politica keynesiana (lo Stato che investe, promuendo benessere diffuso), ha abituato il suo pubblico a declinare gli scenari geopolitici tenendo conto del «back office del potere» che, sostiene, è interamente massonico, gestito da 36 superlogge internazionali (Ur-Lodges), che a loro volta utilizzano entità “paramassoniche” (Trilaterale, Bilderberg, Fmi e Banca Mondiale, think-tanks) per imporre i loro diktat ai governi eletti, svuotandoli in tal modo di legittimità e riducendo la democrazia a mero esercizio elettorale, sempre più inutile, di fronte alla mancanza di vere alternative al pensiero unico neoliberista, che è fondato sull’austerity per tutti, tranne che per l’élite finanziaria. Dalla politica economica alla geopolitica, per Magaldi tutto si tiene: Jeb Bush è esponente della pericolosa Ur-Lodge “Hathor Pentalpha”, ritenuta “incubatrice” della strategia della tensione internazionale, dall’11 Settembre alla creazione dell’Isis. «Bene ha fatto, la massoneria americana progressista, ad appoggiare Trump alle primarie repubblicane: un gioco certamente spregiudicato, che ha però contribuito a togliere di mezzo quello che sarebbe stato un continuatore degli orrori che hanno destabilizzato il pianeta negli ultimi anni».Magaldi vede poi la longa manus di un’altra “Ur-Lodge” di destra, la “Three Eyes”, nella “fabbricazione in vitro” della nuova Cina, ad economia capitalista ma retta in modo autoritario dal partito unico: «Operazione progettata da Kissinger, autorevole esponente della “Three Eyes”», che pilotò la svolta del “fratello” Deng Xiaoping verso l’economia di mercato, sottoposta però al rigidissimo controllo del regime. Donald Trump? «Vedremo che altro farà, ora, ma non processiamolo prima del tempo». Finirà per usare il suo nuovo potere per diventare ancora più ricco? Magaldi non lo crede: «Ormai è calato nella parte dello statista, la “roba” se l’è lasciata alle spalle». Non come Berlusconi, da più parti definito un “Trump italiano” ante litteram: «Silvio non è mai riuscito a staccarsi dalle sue aziende, Trump sarà più libero di agire». Più che di un “Trump italiano”, secondo Magaldi, il nostro paese ha bisogno di un vero leader di sinistra, autenticamente liberalsocialista e di spessore, non certo alla Renzi. Magaldi giudica «prolifico» il dibattito in corso nel Pd, fatta eccezione per «quel bel tomo di D’Alema, che governò con una spruzzatina di sinistra per abbellire il suo sostanziale neoliberismo di destra fondato sulle privatizzazioni, sulla scorta delle “terze vie” dei vari Clinton e Blair». Merita attenzione chi oggi critica Renzi “da sinistra”, «purché si evitino certe ipocrisie: i vari Bersani votarono tutte le porcherie del governo Monti».«Io sono contro tutti i muri, ma non mettiamo in croce Donald Trump: ricordiamoci che quel muro alla frontiera col Messico esisteva già». Gioele Magaldi, esponente italiano della massoneria progressista internazionale, indossa altre “lenti” per valutare i primissimi passi del nuovo inquilino della Casa Bianca. Premessa: «Chi lo attacca è in malafede, oppure ha scambiato per “sinistra” la politica dei Clinton e di Obama». Di fatto, dice Magaldi a “Colors Radio”, un paio di ottime cose “The Donald” le ha già fatte: «Intanto ha tolto di mezzo Jeb Bush, cioè la prosecuzione della narrazione del mondo in salsa terroristica. E poi ha intimato l’alt all’espansione di potere della Cina, che è un colosso retto dalla nomenklatura “fasciocomunista” messa in piedi da Henry Kissinger». Per Magaldi, il maggior risultato strategico del controverso Capitan Fracassa insediato a Washington sarà un “regalo” indiretto alla sinistra, quella vera, oggi ancora dormiente: solo grazie al duro confronto con Trump, sostiene l’autore del bestseller “Massoni, società a responsabilità illimitata”, potrà finalmente emergere una nuova dirigenza politica progressista, consapevole del fatto che «l’unica ideologia non ancora pienamente realizzata è proprio la democrazia».
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Bella democrazia, se il popolo italiano non conta più niente
Quanto conta il popolo nella nostra democrazia? Molto sul piano teorico (“La sovranità appartiene al popolo”, non si poteva dir meglio); sul piano pratico, invece, nella politica e nei giochi di Palazzo, nulla, il popolo non conta nulla. Questa orribile dicotomia mostra – più di ogni cosa – la crisi in cui viviamo. Il popolo non conta nulla 1. Perché diritti, bisogni, proteste – e i movimenti che li rappresentano – sono tacciati di populismo e ghettizzati nell’irrilevanza: nell’universo politico delle oligarchie che affossano il paese non c’è posto per il demos. 2. Perché dopo la vittoria del 4 dicembre – per dirla in breve – resta al governo chi ha perso e ha provato (maldestramente) a riformare la Costituzione. 3. Perché, nonostante milioni di cittadini vogliano pronunciarsi sul Jobs Act, otto membri politicizzati della Consulta glielo impediscono: qualcuno può giurare, per dire, che Amato – l’amico di Craxi – non abbia espresso un voto politico dietro lo schermo (ipocrita) del neutralismo giuridico?A questo siamo. La Repubblica fondata sul lavoro non consente ai cittadini di pronunciarsi sulla legge che nega i diritti del lavoro. Perché? Perché la Consulta fa politica con le sentenze. Bisogna dirlo, gridarlo dai tetti. Una seconda sconfitta – questa volta sull’articolo 18 – avrebbe demolito definitivamente ogni pretesa di Renzi alla guida del paese. Il referendum andava fermato o depotenziato: chi doveva capire ha capito e votato – nell’organismo “impolitico” – secondo i desideri della politica: della maggioranza governativa, s’intende. E i cittadini? I cahier de doléances? Proteste, referendum vinti, mobilitazioni, referendum richiesti (con milioni di voti) non contano nulla. Il popolo – teoricamente sovrano – è ignorato. E impoverito: la disoccupazione cresce (vedi dati Istat), «l’occupazione crolla sotto i 50 anni e salgono i voucher». Camusso ha ragione: «Non c’è libertà nel lavoro senza diritti». Di più: non c’è democrazia reale senza attenzione ai bisogni primari dei cittadini: le persone non sono numeri.È una sentenza ingiusta, quella della Consulta, arrivata mentre il popolo è offeso anche su altri versanti: le banche, a cominciare da Montepaschi, sono state spolpate da imprenditori rapaci (che hanno abusato di Orazio: «Fai quattrini, onestamente, se puoi, e se no, come ti capita»). C’è da stupirsi se qualcuno s’incazza? Mi meraviglio piuttosto della capacità di sopportazione degli italiani. Decisivi i 5 Stelle: altro che Movimento anti sistema! Contengono la protesta nei binari della legalità. La sinistra renziana, ormai, è aliena rispetto al mondo operaio: può dirsi di sinistra un partito che salva Montepaschi ma non riesce a tutelare i diritti dei lavoratori né dalle truffe bancarie né dagli illegittimi licenziamenti del Capitale? È il nodo politico dei nostri giorni: la sinistra di governo – com’è stata ridotta – non rappresenta più l’universo del lavoro. Il M5S è percepito come il nuovo (diritti, partecipazione, democrazia diretta) ma deve evitare errori grossolani in politica estera: le giravolte dal gruppo anti all’iper europeista. Non presti il fianco a chi parla di “Setta dell’Altrove”. Non è così.Il Movimento è affidabile e combatte in Italia battaglie di civiltà, ma lo scivolone di Bruxelles c’è stato. Bisogna riconoscerlo e ripartire: con la consapevolezza che le vere “sette” nel nostro paese hanno spolpato Montepaschi (vogliamo la lista dei grandi debitori); influenzato la Consulta sul Jobs act; costruito governi anomali; demonizzato il popolo: il M5S ha il consenso necessario per spazzare via tutto questo. Non disperda le sue energie con scivoloni assurdi e cerchi alleanze nella società civile: ha bisogno di una classe dirigente preparata. Basta con la richiesta di denaro ai transfughi (ci sono sempre stati in tutti i partiti), il Movimento si pensi, adesso, come forza di governo. Nulla fa più paura, alla varie massonerie che ammorbano il paese, della normalità politica conquistata/conquistabile dai pentastallati. “La moderazione – a un certo punto – diventa la tattica preferibile”.(Angelo Cannatà, “Democrazia, se il popolo non conta più nulla”, da “Micromega” del 16 gennaio 2017).Quanto conta il popolo nella nostra democrazia? Molto sul piano teorico (“La sovranità appartiene al popolo”, non si poteva dir meglio); sul piano pratico, invece, nella politica e nei giochi di Palazzo, nulla, il popolo non conta nulla. Questa orribile dicotomia mostra – più di ogni cosa – la crisi in cui viviamo. Il popolo non conta nulla 1. Perché diritti, bisogni, proteste – e i movimenti che li rappresentano – sono tacciati di populismo e ghettizzati nell’irrilevanza: nell’universo politico delle oligarchie che affossano il paese non c’è posto per il demos. 2. Perché dopo la vittoria del 4 dicembre – per dirla in breve – resta al governo chi ha perso e ha provato (maldestramente) a riformare la Costituzione. 3. Perché, nonostante milioni di cittadini vogliano pronunciarsi sul Jobs Act, otto membri politicizzati della Consulta glielo impediscono: qualcuno può giurare, per dire, che Amato – l’amico di Craxi – non abbia espresso un voto politico dietro lo schermo (ipocrita) del neutralismo giuridico?
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L’Italia nell’Ue finirà all’inferno: così parlò Craxi, 20 anni fa
Unione Europea uguale: declino, per l’Italia, la prima vittima dell’euro, grazie a un certo Romano Prodi. E il contesto è chiaro: si scrive globalizzazione, ma si legge impoverimento della società e perdita di sovranità e indipendenza. Sono alcune delle “perle profetiche” di quello che Vincenzo Bellisario definisce «l’ultimo statista italiano», ovvero il vutuperato Bettino Craxi, spentosi 17 anni fa nel suo esilio di Hammamet. Un uomo che «bisognava eliminare a tutti i costi», scrive Bellisario, sul blog del “Movimento Roosevelt”, ricordando alcuni punti-chiave del vero lascito politico del leader socialista, eliminato da Mani Pulite alla vigilia dell’ingresso italiano nella sciagurata “camicia di forza” di Bruxelles, i cui esiti si possono misurare ogni giorno: disoccupazione dilagante e crollo delle aziende, con il governo costretto a elemosinare deroghe di spesa per poter far fronte a emergenze catastrofiche come il terremoto. «C’è da chiedersi perché si continua a magnificare l’entrata in Europa come una sorta di miraggio, dietro il quale si delineano le delizie del paradiso terrestre», scriveva Craxi oltre vent’anni fa. Con questi vincoli Ue, «l’Italia nella migliore delle ipotesi finirà in un limbo, ma nella peggiore andrà all’inferno».«Ciò che si profila, ormai – profetizzava Craxi – è un’Europa in preda alla disoccupazione e alla conflittualità sociale, mentre le riserve, le preoccupazioni, le prese d’atto realistiche, si stanno levando in diversi paesi che si apprestano a prendere le distanze da un progetto congeniato in modo non corrispondente alla concreta realtà delle economie e agli equilibri sociali che non possono essere facilmente calpestati». Il governo italiano, visto l’andazzo, «avrebbe dovuto, per primo, essendo l’Italia, tra i maggiori paesi, la più interessata, porre con forza nel concerto europeo il problema della rinegoziazione di un Trattato che nei suoi termini è divenuto obsoleto e financo pericoloso». Rinegoziare Maastricht? Nemmeno per idea: «Non lo ha fatto il governo italiano. Non lo fa l’opposizione, che rotola anch’essa nella demagogia europeistica. Lo faranno altri, e lo determineranno soprattutto gli scontri sociali che si annunciano e che saranno duri come le pietre». A tener banco, ancora, saranno «i declamatori retorici dell’Europa», ovvero «il delirio europeistico che non tiene conto della realtà». Sbatteremo contro «la scelta della crisi, della stagnazione e della conseguente disoccupazione», un disastro che – secondo il “profeta” Craxi – è stato quindi accuratamente programmato.L’euro? No, grazie: «Affidare effetti taumaturgici e miracolose resurrezioni alla moneta unica europea, dopo aver provveduto a isterilire, rinunciare, accrescere i conflitti sociali, è una fantastica illusione che i fatti e le realtà economiche e finanziarie del mondo non tarderanno a mettere in chiaro». Già, il mondo globalizzato: «La globalizzazione non viene affrontata dall’Italia con la forza, la consapevolezza, l’autorità di una vera e grande nazione, ma piuttosto viene subita in forma subalterna in un contesto di cui è sempre più difficile intravedere un avvenire, che non sia quello di un degrado continuo, di un impoverimento della società, di una sostanziale perdita di indipendenza». Questo mortificante mutamento, aggiunge Craxi, si colloca «in un quadro internazionale, europeo, mediterraneo, mondiale, che ha visto l’Italia perdere, una dopo l’altra, note altamente significative che erano espressione di prestigio, di autorevolezza, di forza politica e morale». Non è certo amica della pace questa «spericolata globalizzazione forzata», in cui ogni nazione perde la sua identità, la consapevolezza della sua storia, il proprio ruolo geopolitico.«Cancellare il ruolo delle nazioni significa offendere un diritto dei popoli e creare le basi per lo svuotamento, la disintegrazione, secondo processi imprevedibili, delle più ampie unità che si vogliono costruire». Dietro la longa manus della cosiddetta globalizzazione, aggiunge Craxi, si avverte «il respiro di nuovi imperialismi, sofisticati e violenti, di natura essenzialmente finanziaria e militare», opportunamente “accolti” da politici perfettamente adatti a questo nuovo ruolo di maggiordomi. Un nome? Romano Prodi. «Nel vecchio sistema – scrive Craxi – il signor Prodi era il classico sughero che galleggiava tra i gruppi pubblici e i gruppi privati con una certa preferenza per quest’ultimi ed una annoiata ma non disinteressata partecipazione ai palazzi dei primi». Come presidente dell’Iri non era nient’altro che «una costola staccata dal sistema correntizio democristiano» e, lungo il cammino, si era dimostrato «poco più di un fiumiciattolo che rispondeva sempre, sulle cose essenziali, alla sua sorgente originaria». Il “signor Prodi”, come leader politico? «Nient’altro che il classico bidone». Infatti se ne sono accorti tutti. Vent’anni dopo.Unione Europea uguale: declino, per l’Italia, la prima vittima dell’euro, grazie a un certo Romano Prodi. E il contesto è chiaro: si scrive globalizzazione, ma si legge impoverimento della società e perdita di sovranità e indipendenza. Sono alcune delle “perle profetiche” di quello che Vincenzo Bellisario definisce «l’ultimo statista italiano», ovvero il vutuperato Bettino Craxi, spentosi 17 anni fa nel suo esilio di Hammamet. Un uomo che «bisognava eliminare a tutti i costi», scrive Bellisario, sul blog del “Movimento Roosevelt”, ricordando alcuni punti-chiave del vero lascito politico del leader socialista, eliminato da Mani Pulite alla vigilia dell’ingresso italiano nella sciagurata “camicia di forza” di Bruxelles, i cui esiti si possono misurare ogni giorno: disoccupazione dilagante e crollo delle aziende, con il governo costretto a elemosinare deroghe di spesa per poter far fronte a emergenze catastrofiche come il terremoto. «C’è da chiedersi perché si continua a magnificare l’entrata in Europa come una sorta di miraggio, dietro il quale si delineano le delizie del paradiso terrestre», scriveva Craxi oltre vent’anni fa. Con questi vincoli Ue, «l’Italia nella migliore delle ipotesi finirà in un limbo, ma nella peggiore andrà all’inferno».
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Leonardo, Jung, Cartesio: la verità ci raggiunge in sogno
Leonardo suggeriva ai suoi allievi di guardare le macchie sui muri, le venature dei marmi, le nuvole, la cenere, per scorgervi paesaggi ed animali, cose inusitate e mostruose, com’era solito fare lui stesso, abbandonandosi alla potenza evocatrice delle «cose confuse», perché «nelle cose confuse l’ingegno si desta a nuove invenzioni». Nel tedesco corrente, gelassenheit significa “calma”, “tranquillità”. La pregnanza storica del termine ha le sue origini nella tradizione mistica (da Meister Eckhart, il mistico domenicano vissuto tra l’undicesimo e il dodicesimo secolo), in cui indicava il sich lassen, la dedizione e il completo abbandono a Dio. L’esistenzialismo ricondusse il verbo alla radice di lassen, “lasciare”, “lasciar essere”, alludendo ad un rapporto con le cose che le rispetta nel loro disvelarsi. Jung arrivò ad intendere tale abbandono come l’attingere del singolo alla forza o volontà “superiore” che è possibile scoprire attraverso la funzione trascendente.Nella weltanshaung junghiana infatti, l’abbandono insito nel geshehenlassen (“lasciar accadere”) assume una valenza-chiave: lasciare che tutto avvenga e tuttavia conservare intatta una vigilanza etica ed intellettuale sono le condizioni dell’individuazione, di una prova totale di sé stessi… Da note biografiche apprendiamo che Jung maturò personalmente tale concetto in seguito ad un momento che molti conoscono: l’assenza di riferimenti. Al termine di un periodo di enorme sofferenza (1912-1919) ci rende partecipi della sua estenuante esperienza personale: «Mi sentivo letteralmente sospeso. Temevo di perdere il controllo di me stesso e di divenire preda dell’inconscio, e quale psichiatra sapevo fin troppo bene che cosa ciò volesse dire. Le tempeste si susseguivano, e, che potessi sopportarle, era solo questione di forza bruta».Invece di riagganciarsi a idee o ad una situazione sociale, Jung decise di “lasciar accadere”, di abbandonarsi (dal francese à ban donner: mettere a disposizione di chiunque) (mettre à bandon – “laisser au pouvoir de”, NdC), di mettersi a disposizione delle immagini interiori che l’inconscio gli forniva. Possiamo supporre che in un simile contesto non basti scartare le resistenze e lasciar accadere, e che sia necessario un doppio ancoraggio. Da una parte la cura del corpo, la regolarità dell’attività professionale, dall’altra lo sforzo costante per obbligare le emozioni a prendere forma. «Perché altrimenti – scrive – correvo il rischio che fossero esse ad impadronirsi di me. Vivevo in uno stato di continua tensione, e spesso mi sentivo come se mi cadessero addosso enormi macigni. Dopo sei anni al limite della dissociazione, cominciarono a presentarsi forme nuove». Jung le dipinse senza sapere che cosa fossero.Notò che l’oscurità interiore si dissipava e che si stabiliva da sé una solidità: «Quando cominciai a disegnare i mandala vidi che tutto, tutte le strade che avevo seguito, tutti i passi intrapresi, riportavano ad un solo punto, cioè nel mezzo. Mi fu sempre più chiaro che il mandala è il centro (…). Cominciai a capire che lo scopo dello sviluppo psichico è il Sé». E nel passaggio dalla pittura all’idea si creò lo spazio che gli consentì l’elaborazione. Jung considerò il simbolismo del mandala come una fenomenologia del Sè e definirà l’archetipo del Sè come la totalità della psiche, l’integrazione compiuta tra conscio e inconscio, quello stato psichico che scaturisce dal superamento della dissociazione, dei poli conflittuali, il centro. Quindi, alcuni anni dopo chiamò funzione trascendente la cooperazione tra dati consci e dati inconsci, di immagini ed idee, al fine dell’integrazione di contenuti precedentemente non noti.Probabilmente anche basandosi sulle esperienze personali descritte postulò che le strade per conoscere l’inconscio fossero sostanzialmente due: una procede nella direzione della raffigurazione (la cui manifestazione più immediata è l’attività onirica e quelle più “mediate”, se così si può dire, sono, nella psicologia analitica, l’immaginazione attiva e la sandplay), l’altra della comprensione. Ed affermò: «Le due strade sembrano essere l’una il principio regolatore dell’altra, entrambe sono legate da un rapporto di compensazione. La raffigurazione estetica ha bisogno della comprensione del significato, e la comprensione ha bisogno della figurazione estetica». Le due tendenze s’integrano in quella che appunto denominò funzione trascendente. Piace a questo punto ricordare l’esortazione di Hillman sul “fare anima”, cioè: “fare anima attraverso l’immaginazione delle parole”. Bisogna notare che la capacità di abbandonarsi consapevolmente alle proprie immagini interiori, in una condizione di sospensione della quotidianità, non è solo foriera di insight rispetto agli strati profondi della psiche. Tale stato di liminalità è, infatti, anche fonte di intuizioni ed ispirazioni che consentono di allentare la struttura normativa personale e sociale, di affrontare gli ostacoli incontrati dalla mente conscia, e talora di superarli col sorgere di modelli e simboli nuovi.Riflettendoci, è strano che le origini oniriche del pensiero moderno non siano altro che una nota in calce alla storia: mentre le idee più utili di Cartesio furono accolte a braccia aperte, la reazione alla loro origine fu violentemente negativa. Cartesio stesso fece notare la profonda importanza sia delle sue immagini oniriche, sia dei suoi calcoli e operazioni logiche per costruire il suo metodo. Ma pochi dei suoi contemporanei vollero accettare l’anomalia della conoscenza fondata sul sogno e, di conseguenza, sulle immagini. La conoscenza degli archetipi della mente (i mandala dipinti da Jung e quelli della tradizione alchemica ed orientale raffigurano l’archetipo del Sé) è in effetti difficile a chi crede nella sola forza denotativa delle parole: una definizione solitamente indica il punto di intersezione di una tassonomia, mentre un archetipo è ciò che proietta la tassonomia stessa. Il logos dell’anima predilige il linguaggio immaginale dell’intuizione e dell’evocazione, così come si manifesta nella durata di una psicoterapia analitica. L’individuazione degli archetipi è più agevole quando una parte della psiche si traspone in simboli e, in definitiva, in immagini, come avviene normalmente in sogno. Di tale trasposizione è inoltre capace il poeta, il pittore, lo scultore, un mimo sacro, o il danzatore che traccia spirali attorno al cuore, mostrando la vita che ne procede come un filo dal gomitolo…(Max Lanzaro, “Jung, Leonardo e le immagini dell’inconscio”, dal blog di Gabriele La Porta del 4 marzo 2013. Il professor Lanzaro è uno psichiatra attualmente attivo a Londra, Verona e Napoli).Leonardo suggeriva ai suoi allievi di guardare le macchie sui muri, le venature dei marmi, le nuvole, la cenere, per scorgervi paesaggi ed animali, cose inusitate e mostruose, com’era solito fare lui stesso, abbandonandosi alla potenza evocatrice delle «cose confuse», perché «nelle cose confuse l’ingegno si desta a nuove invenzioni». Nel tedesco corrente, gelassenheit significa “calma”, “tranquillità”. La pregnanza storica del termine ha le sue origini nella tradizione mistica (da Meister Eckhart, il mistico domenicano vissuto tra l’undicesimo e il dodicesimo secolo), in cui indicava il sich lassen, la dedizione e il completo abbandono a Dio. L’esistenzialismo ricondusse il verbo alla radice di lassen, “lasciare”, “lasciar essere”, alludendo ad un rapporto con le cose che le rispetta nel loro disvelarsi. Jung arrivò ad intendere tale abbandono come l’attingere del singolo alla forza o volontà “superiore” che è possibile scoprire attraverso la funzione trascendente.
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Kerry confessa: noi con l’Isis in Siria, dalla base di Smirne
La guerra contro la Siria è il primo conflitto dell’epoca informatica a durare oltre sei anni. Numerosissimi documenti che sarebbero dovuti rimanere a lungo segreti sono già stati pubblicati. Benché siano stati divulgati, in misura diversa, in paesi diversi e l’opinione pubblica non abbia così potuto prenderne piena consapevolezza, essi consentono sin da ora una ricostruzione degli avvenimenti. La pubblicazione della registrazione di quanto dichiarato da John Kerry in privato, a settembre scorso, rivela la politica del Dipartimento di Stato americano e costringe tutti gli osservatori, noi compresi, a rivedere le proprie analisi. La registrazione integrale dell’incontro del segretario di Stato John Kerry con membri della Coalizione nazionale siriana delle forze dell’opposizione e della rivoluzione, avvenuta il 22 settembre nei locali della delegazione olandese alle Nazioni Unite, pubblicata da “The Last Refuge”, rimette in causa la nostra analisi della posizione Usa nei confronti della Siria.In primo luogo, avevamo creduto che Washington, dopo aver dato inizio all’operazione chiamata “Primavera araba”, finalizzata a rovesciare i regimi laici a beneficio dei Fratelli Musulmani, avesse lasciato i propri alleati da soli a dare l’avvio alla seconda guerra contro la Siria, iniziata a luglio 2012. E avevamo creduto che, perseguendo questi alleati obiettivi propri (ricolonizzazione per Francia e Regno Unito; conquista del gas per il Qatar; espansione del wahabismo e vendetta della guerra civile libanese per l’Arabia Saudita; annessione della Siria del nord per la Turchia, secondo il modello cipriota, ecc.), l’obiettivo iniziale fosse stato abbandonato. Invece, nella registrazione si sente John Kerry affermare che Washington non ha mai rinunciato ai tentativi di rovesciamento della repubblica araba siriana. Ciò significa che gli Usa hanno seguito passo per passo l’operato degli alleati. Di fatto, negli ultimi quattro anni gli jihadisti sono stati comandati, armati e coordinati dall’AlliedLandCom (Comando delle forze terrestri) della Nato, basato a Smirne (Turchia).In secondo luogo, John Kerry riconosce che Washington non poteva esporsi maggiormente per due ragioni: il diritto internazionale e la posizione della Russia. Sia chiaro, gli Stati Uniti non hanno mai avuto scrupoli a violare il diritto internazionale: hanno distrutto le strutture nodali della rete petrolifera e del gas della Siria, con il pretesto di combattere gli jihadisti (ciò che è conforme al diritto internazionale), senza però che il presidente al-Assad glielo avesse chiesto (quindi, in violazione del diritto internazionale). Non hanno invece osato mandare truppe terrestri per combattere in campo aperto la repubblica siriana, come viceversa avevano fatto in Corea, in Vietnam e in Iraq. E hanno scelto di mandare in prima linea i loro alleati (secondo la strategia della “leadership from behind” – leadership occulta) e di sostenere, senza peraltro grande discrezione, i mercenari, come avvenne in Nicaragua, rischiando di venire condannati dalla Corte internazionale di Giustizia (il tribunale dell’Onu).In realtà, Washington non vuole imbarcarsi in una guerra contro la Russia. E, dal canto suo, la Russia, che non si era opposta alla distruzione della Jugoslavia e della Libia, ora ha rialzato la testa e spinto più in là il limite da non oltrepassare. Mosca è in condizione di difendere il diritto con la forza, qualora Washington ingaggiasse apertamente una nuova guerra di conquista. In terzo luogo, quanto detto da John Kerry dimostra che Washington sperava in una vittoria di Daesh sulla repubblica siriana. Fino a oggi, basandoci sul rapporto del generale Michael Flynn del 12 agosto 2012 e dell’articolo di Robert Wright sul “New York Times” del 28 settembre 2013, avevamo ritenuto che il Pentagono volesse creare un “Sunnistan” a cavallo tra Siria e Iraq, per tagliare la via della seta. Nella registrazione Kerry confessa che il piano andava ben oltre. Probabilmente, Daesh avrebbe dovuto prendere Damasco per poi venirne cacciato da Tel Aviv (ossia, ripiegare sul “Sunnistan”, appositamente creato). La Siria avrebbe potuto così essere spartita: il sud a Israele, l’est a Daesh, il nord alla Turchia.Ciò fa capire perché Washington abbia dato l’impressione di non controllare nulla, di “lasciar fare” gli alleati: gli Stati Uniti hanno indotto Francia e Regno Unito a impegnarsi nel conflitto, facendo loro credere che avrebbero potuto ricolonizzare il Levante, mentre, al contrario, avevano già deciso che sarebbero stati esclusi dalla spartizione della Siria. In quarto luogo, John Kerry, ammettendo di aver “sostenuto” Daesh, riconosce di averlo armato. La retorica della “guerra contro il terrorismo” si riduce perciò a nulla. Dall’attentato del 22 febbraio 2006 alla moschea al-Askari di Samarra, Iraq, sapevamo che Daesh (che inizialmente si chiamava “Emirato islamico dell’Iraq”) era stato creato dal direttore nazionale dell’intelligence Usa, John Negroponte, e dal colonnello James Steele per stroncare la resistenza irachena e provocare una guerra civile, sul modello di quanto fatto in Honduras. Dopo la pubblicazione sul quotidiano del Pkk, Partito dei lavoratori del Kurdistan, “Özgür Gündem”, del processo verbale della riunione di pianificazione, tenutasi ad Amman il 1° giugno 2014, sapevamo che gli Stati Uniti avevano organizzato un’offensiva congiunta di Daesh su Mosul, e del governo regionale del Kurdistan iracheno su Kirkuk.In quinto luogo, abbiamo ritenuto che il conflitto tra il clan Allen/Clinton/Feltman/Petraeus da un lato, e l’amministrazione Obama/Kerry dall’altro vertesse sul sostegno o no a Daesh. Non è affatto così. Entrambi i campi non hanno avuto scrupoli a organizzare e sostenere gli jihadisti più fanatici. Il loro disaccordo attiene esclusivamente al ricorso alla guerra aperta – e al rischio di un conflitto con la Russia – o alla scelta di manovrare dietro le quinte. Solo Flynn, attuale consigliere per la sicurezza di Trump – si è opposto allo jihadismo. Se accadesse che, fra qualche anno, gli Stati Uniti crollassero, com’è accaduto per l’Urss, la registrazione di John Kerry potrebbe essere utilizzata contro di lui e contro Obama davanti a una giurisdizione internazionale – ma non davanti alla Corte penale internazionale dell’Onu, ormai screditata. Avendo riconosciuto la veridicità degli estratti pubblicati dal “New York Times”, Kerry non potrebbe contestare l’autenticità del documento sonoro integrale. Il sostegno a Daesh che Kerry esibisce vìola parecchie risoluzioni delle Nazioni Unite e costituisce una prova della responsabilità sua e di Obama nei crimini contro l’umanità commessi dall’organizzazione terrorista.(Thierry Meyssan, “Le confessioni del criminale John Kerry”, da “Megachip” del 19 gennaio 2017).La guerra contro la Siria è il primo conflitto dell’epoca informatica a durare oltre sei anni. Numerosissimi documenti che sarebbero dovuti rimanere a lungo segreti sono già stati pubblicati. Benché siano stati divulgati, in misura diversa, in paesi diversi e l’opinione pubblica non abbia così potuto prenderne piena consapevolezza, essi consentono sin da ora una ricostruzione degli avvenimenti. La pubblicazione della registrazione di quanto dichiarato da John Kerry in privato, a settembre scorso, rivela la politica del Dipartimento di Stato americano e costringe tutti gli osservatori, noi compresi, a rivedere le proprie analisi. La registrazione integrale dell’incontro del segretario di Stato John Kerry con membri della Coalizione nazionale siriana delle forze dell’opposizione e della rivoluzione, avvenuta il 22 settembre nei locali della delegazione olandese alle Nazioni Unite, pubblicata da “The Last Refuge”, rimette in causa la nostra analisi della posizione Usa nei confronti della Siria.
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Magaldi: gli Occhionero bruciati per imporre 007 infedeli?
Lo scandalo della cyber-security con l’arresto dei fratelli Occhionero? Fatto scoppiare ad arte, per imporre un nuovo super-controllore gradito a Renzi (e all’ultra-destra massonica cui il leader Pd guarderebbe) ma sgradito agli ambienti della massoneria internazionale progressista. E’ la tesi, dirompente, enunciata dal massone Gioele Magaldi, gran maestro del Grande Oriente Democratico e autore del saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata”, pubblicato da Chiarelettere a fine 2014 ma completamente oscurato dai grandi media, nonostante rivelasse – in modo del tutto inedito – i più segreti retroscena del “back office” del potere, consentendo una clamorosa rilettura dell’intera storia del ‘900, inclusa quella italiana, mettendo in luce il ruolo del “convitato di pietra”, la massoneria, nella sua versione apolide, quella delle 36 Ur-Lodges che reggerebbero i grandi giochi mondiali. «Ho più volte offerto di esibire prove concrete, un dossier di 6.000 pagine – protesta Magaldi, ai microfoni di “Colors Radio” – ma nessuno si è finora azzardato a smentirmi». Contro la “congiura del silenzio”, Magaldi ora interviene anche sull’ultimo caso di cronaca, quello dei fratelli Occhionero, indicando una regia interamente massonica dietro alla vicenda. Nomi eccellenti? Mario Draghi, Marco Carrai, Anna Maria Tarantola, Mario Monti. E l’onnipresente, ma invisibile, Michael Ledeen.«Giulio e Francesca Romana Occhionero hanno agito in piena sintonia e reciproca consapevolezza di quello che ciascuno faceva», dichiara Magaldi ad “Affari Italiani”. I due «sono stati coperti e protetti, per anni, accumulando molti dati sensibili a favore di chi li proteggeva e ispirava». Avrebbero accumulato, per conto terzi, «una mole infinitamente più grande di dati rispetto a quella sinora scoperta dagli investigatori». Per Magaldi, Giulio Occhionero «ambiva a far parte di una specifica Ur-Lodge», una superloggia sovranazionale, la “White Eagle”, «operante principalmente tra Usa, Regno Unito, Malta e il Medio Oriente». Della “White Eagle”, dice ancora Magaldi, fa parte Ledeen, il politologo statunitense la cui storia si è intrecciata più volte con quella italiana, anche sul caso Moro. Un altro studioso di formazione massonica, Gianfranco Carpeoro, nel libro “Dalla massoneria al terrorismo” (Revoluzione-UnoEditori) collega Ledeen anche a Licio Gelli e all’omicidio del leader socialista svedese Olof Palme, attribuendo a Ledeen anche la militanza nel B’nai B’rith, la super-massoneria israeliana controllata dal Mossad. Ma che c’entra, tutto questo, con il caso dei due italiani accusati di cyber-spionaggio?«Al fratello Occhionero – spiega Magaldi, sempre intervistato da “Affari Italiani” – stava stretta l’appartenenza ad una loggia, la “Paolo Ungari-Nicola Ricciotti Pensiero e Azione” all’Oriente di Roma, che fa parte di una obbedienza ordinaria e nazionale come il Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani». Per Magaldi, il Goi sarebbe «una di quelle entità massoniche ormai in stato di declino e di relativa marginalità, rispetto a quei circuiti delle superlogge che ho iniziato a descrivere nel libro “Massoni”», di cui sta per uscire il sequel, intitolato “Globalizzazione e Massoneria”. In realtà, aggiunge Magaldi, Giulio Occhionero e la sorella Francesca Romana «coltivavano l’ambizione di essere ammessi a una specifica superloggia sovranazionale, la “White Eagle”». Per questo, «hanno agito su commissione di personaggi collegati come affiliati o come ‘compagni di strada/aspiranti affiliati’ di questa Ur-Lodge». Chiarisce Magaldi: «La massoneria sempre meno rilevante del Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani c’entra poco, con questa intricata vicenda». Lo “spionaggio” ai danni di alcuni dignitari del Goi «era soprattutto un’esigenza personalistica di Giulio Occhionero, qualcosa di irrilevante per i suoi mandanti in ‘super-grembiulino’».Diverso invece il caso della “sorveglianza” del gran maestro del Goi, Stefano Bisi, che per Magaldi «va ricondotta allo spionaggio sul fratello Mario Draghi (mi dicono avvenuta anche su altre utenze rispetto a quelle sin qui individuate dagli investigatori), di cui Bisi è in qualche modo un servizievole esecutore per questioni massoniche di natura locale». Servizievole esecutore? Magaldi afferma che il ruolo di Bisi risale «ai tempi del ‘groviglio armonioso’ legato al Monte dei Paschi di Siena, allorché Draghi, come governatore di Bankitalia, non vigilò adeguatamente su alcune condotte del management della banca senese». E Bisi, come massone e giornalista (caporedattore e poi vicedirettore del “Corriere di Siena”, testata influente nella città toscana, «aveva le mani in pasta in diverse questioni Mps, ispirando la sua azione di concerto con il fratello Draghi e con la sorella libera muratrice Anna Maria Tarantola, capo della Vigilanza di Bankitalia, la quale, in virtù della sua clamorosa ‘mancata vigilanza’ sulle questioni più scabrose in capo a Mps, fu premiata dal massone Mario Monti con la nomina a presidente Rai nel 2012».Ma se questi sono piccoli risvolti italiani, continua Magaldi, «la massoneria che invece c’entra molto, con tutto questo affaire del cyber-spionaggio imputato ai fratelli Occhionero, è quella della Ur-Lodge sovranazionale neoaristocratica “White Eagle”». Chi potrebbe essere il committente del cyberspionaggio? «Se dal nome della superloggia sovranazionale coinvolta andiamo nel particolare dei personaggi che hanno fatto da tramite con Giulio e Francesca Romana Occhionero, la questione si fa clamorosa», sostiene Magaldi. Che aggiunge: «Uno dei personaggi che consiglio agli inquirenti di ascoltare con attenzione su questa vicenda è il massone conservatore e reazionario Micheal Ledeen, appunto affiliato di peso alla “White Eagle”». Un altro personaggio che secondo Magaldi «varrebbe la pena sentire come ‘persona informata dei fatti’ è Marco Carrai, wannabe supermassone, con specifica propensione proprio verso la “White Eagle”, come il suo caro amico Matteo Renzi». Nel lessico libero-muratorio, il “wannabe” è colui che chiede di essere accolto, in questo caso in una superloggia internazionale.Quale potrebbe essere l’obiettivo di questa attività di spionaggio? «Qualcuno, per anni, ha raccolto e utilizzato le informazioni sensibili che i fratelli Occhionero gli hanno passato, coprendone e proteggendone in vario modo le attività», sostiene Magaldi, che svela l’identità delle sue fonti riservate: si tratta di «cari e fraterni amici in capo a importanti strutture di intelligence militare e civile di area euro-atlantica». Queste fonti, continua Magaldi, gli hanno rivelato che «da qualche tempo, Giulio e Francesca Romana Occhionero erano diventati ‘sacrificabili’ per ottenere, cinicamente, attraverso uno scandalo fatto scoppiare ad arte sulla loro vicenda, una ristrutturazione della cybersecurity italiana a livello nazionale». Una ristrutturazione che, «sin qui, non si era potuta realizzare», e che «avrebbe potuto portare al suo vertice una persona gradita a Matteo Renzi, ma sgradita a diversi ambienti massonico-progressisti dell’intelligence italiana e statunitense, con cui quella italiana tradizionalmente collabora in modo privilegiato».Lo stesso Magaldi ha più volte fatto riferimento alla “speciale protezione” di cui avrebbe goduto il nostro paese, specie negli ultimi anni, in cui l’opinione pubblica europea è stata scossa dai devastanti attentati che hanno colpito la Francia. E nel suo libro, Magaldi sottolinea il ruolo decisivo di un super-massone di altissimo rango, come il sociologo Arthur Schlesinger Jr., collaboratore strategico della Casa Bianca, cui l’autore attribuisce un ruolo-chiave, negli anni ‘60 e ‘70, nel tentativo (riuscito) di sventare i tre diversi colpi di Stato che avrebbero posto fine alla democrazia italiana. Anche per questo, probabilmente, Magaldi invita a non sottovalutare i possibili retroscena del cyber-spionaggio, settore delicatissimo da cui dipende, davvero, la sicurezza nazionale, specie in tempi come questi, gremiti di sanguinosi attentati palesemente “inquinati” da settori deviati dell’intelligence. Attraverso i suoi contatti con i «circuiti liberomuratori progressisti sovranazionali», Gioele Magaldi dichiara di impegnarsi a vigilare «affinché nessuno strumentalizzi questo scandalo per far conferire ad ‘amici degli amici’ incarichi tali da mettere in pericolo proprio quella sicurezza nazionale informatica italiana che si pretenderebbe di voler tutelare».Lo scandalo della cyber-security con l’arresto dei fratelli Occhionero? Fatto scoppiare ad arte, per imporre un nuovo super-controllore gradito a Renzi (e all’ultra-destra massonica cui il leader Pd guarderebbe) ma sgradito agli ambienti della massoneria internazionale progressista. E’ la tesi, dirompente, enunciata dal massone Gioele Magaldi, gran maestro del Grande Oriente Democratico e autore del saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata”, pubblicato da Chiarelettere a fine 2014 ma completamente oscurato dai grandi media, nonostante rivelasse – in modo del tutto inedito – i più segreti retroscena del “back office” del potere, consentendo una clamorosa rilettura dell’intera storia del ‘900, inclusa quella italiana, mettendo in luce il ruolo del “convitato di pietra”, la massoneria, nella sua versione apolide, quella delle 36 Ur-Lodges che reggerebbero i grandi giochi mondiali. «Ho più volte offerto di esibire prove concrete, un dossier di 6.000 pagine – protesta Magaldi, ai microfoni di “Colors Radio” – ma nessuno si è finora azzardato a smentirmi». Contro la “congiura del silenzio”, Magaldi ora interviene anche sull’ultimo caso di cronaca, quello dei fratelli Occhionero, indicando una regia interamente massonica dietro alla vicenda. Nomi eccellenti? Mario Draghi, Marco Carrai, Anna Maria Tarantola, Mario Monti. E l’onnipresente, ma invisibile, Michael Ledeen.
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Italiani analfabeti, 7 su 10 non capiscono quel che leggono
Il 70 per cento degli italiani è analfabeta: legge, guarda, ascolta, ma non capisce. Non è affatto un titolo sparato, per impressionare; anzi, è un titolo riduttivo rispetto alla realtà, che avvicina la cifra autentica all’80 per cento. E questo vuol dire che tra la gente che abbiamo attorno a noi, al caffè, negli uffici, nella metropolitana, nel bar, nel negozio sotto casa, più di 3 di loro su 4 sono analfabeti: sembrano “normali” anch’essi, discutono con noi, fanno il loro lavoro, parlano di politica e di sport, sbrigano le loro faccende senza apparenti difficoltà, non li distinguiamo con alcuna evidenza da quell’unico di loro che non è analfabeta, e però sono “diversi”. Qual è questa loro diversità? Che sono incapaci di ricostruire ciò che hanno appena ascoltato, o letto, o guardato in tv e sul computer. Sono incapaci! La (relativa) complessità della realtà gli sfugge, colgono soltanto barlumi, segni netti ma semplici, lampi di parole e di significati privi tuttavia di organizzazione logica, razionale, riflessiva.Non sono certamente analfabeti “strumentali”, bene o male sanno leggere anch’essi e – più o meno – sanno tuttora far di conto (comunque c’è un 5 per cento della popolazione italiana che ancora oggi è analfabeta strutturale, “incapace di decifrare qualsivoglia lettera o cifra”); ma essi sono analfabeti “funzionali”, si trovano cioè in un’area che sta al di sotto del livello minimo di comprensione nella lettura o nell’ascolto di un testo di media difficoltà. Hanno perduto la funzione del comprendere, e spesso – quasi sempre – non se ne rendono nemmeno conto. Quando si dice che quella di oggi non è più la civiltà della ragione ma la civiltà della emozione, si dice anche di questo. E quando Bauman (morto ieri, grazie a lui per ciò che ci ha dato) diceva che, indipendentemente da qualsiasi nostro comportamento, ogni cosa é intessuta in un discorso, anche l’”analfabetismo” sta nel “discorso”. Cioè disegna un profilo di società nella quale la competenza minima per individuare una capacità di articolazione del proprio ruolo di “cittadino” – di soggetto consapevole del proprio ruolo sociale, disponibile a usare questo ruolo nel pieno controllo della interrelazione con ogni atto pubblico e privato – questa competenza appartiene soltanto al 20 per cento dei nostri connazionali.E’ sconcertante, e facciamo fatica ad accettarlo. Ma gli strumenti scientifici di cui la linguistica si serve per analizzare il rapporto tra “messaggio” e “comprensione” hanno una evidenza drammatica. Non é un problema soltanto italiano. L’evoluzione delle tecnologie elettroniche e la sostituzione del messaggio letterale con quello iconico stanno modificando un po’ dovunque il livello di comprensione; ma se le percentuali attribuibili ad altre societá (anche Francia, Germania, Inghilterra, o anche gli Usa, che non sono affatto il modello metropolitano del nostro immaginario ma piuttosto un’ampia America profonda, incolta, ignorante, estremamente provinciale) se anche quelle societá denunciano incoerenze e ritardi, mai si avvicinano a queste angosciose latitudini, che appartengono soltanto all’Italia, e alla Spagna.Il “discorso” è complesso, e ha radici profonde, sociali e politiche. Se prendiamo in mano i numeri, con il loro peso che non ammette ambiguità e approssimazioni, dobbiamo ricordare che nel nostro paese circa il 25% della popolazione non ha alcun titolo di studio o ha, al massimo, la licenza della scuola elementare. Non é che la scuola renda intelligenti, e però fornisce strumenti sempre più raffinati – quanto più avanti si vada nello studio – per realizzare pienamente le proprie qualità individuali. Vi sono anche laureati e diplomati che sono autentiche bestie, e però è molto più probabile trovare “bestie” tra coloro che laurea e diploma non sanno nemmeno che cosa siano. (La percentuale dei laureati in Italia, poi, é poco più della metà dei paesi più sviluppati.)Diceva Tullio De Mauro, il più noto linguista italiano, ministro anche della Pubblica Istruzione (incarico che siamo capaci di assegnare perfino a chi non ha né laurea né diploma – e questo dato rientra sempre nel “discorso”), che più del 50 per cento degli italiani si informa (o non si informa), vota (o non vota), lavora (o non lavora), seguendo soltanto una capacità di analisi elementare: una capacità di analisi, quindi, che non solo sfugge le complessità, ma che anche davanti a un evento complesso (la crisi economica, le guerre, la politica nazionale o internazionale) é capace di una comprensione appena basilare.Un dato impressionante ce l’ha fatto conoscere ieri l’Istat: il 18,6 per cento degli italiani – cioè quasi uno su 5 – lo scorso anno non ha mai aperto un libro o un giornale, non é mai andato al cinema o al teatro o a un concerto, e neppure allo stadio, o a ballare. Ha vissuto prevalentemente per la televisione come strumento informativo fondamentale, e non é azzardato credere – visti i dati di riferimento della scolarizzazione – che la sua comprensione della realtà lo piazzi a pieno titolo in quell’80 per cento di analfabeti funzionali (che riguarda comunque un universo sociale drammaticamente molto più ampio di questa pur amara marginalità). E da qui, poi, il livello e il grado della partecipazione alla vita della società, le scelte e gli stili di vita, il voto elettorale, la reazione solo di pancia – mai riflessiva – ai messaggi dove la realtà si copre spesso con la passione, l’informazione e la sua contaminazione con la pubblicità e tant’altro che ben si comprende. E’ il “discorso”.Il “discorso” ha al centro la scuola, il sistema educativo del paese, le scelte e gli investimenti per la costruzione di un modello funzionale che superi il ritardo con cui dobbiamo misurarci in un mondo sempre più aperto e sempre più competitivo. Se noi destiniamo alla ricerca la metà di un paese come la Bulgaria, evidentemente c’é un “discorso” da riconsiderare. (Questo testo é un omaggio a Tullio De Mauro, morto nei giorni scorsi, che ha portato la linguistica fuori dalle aule dell’accademia, e l’ha resa uno degli strumenti fondamentali di analisi di una società) .(Mimmo Càndito, “Il 70 per cento degli italiani è analfabeta: legge, guarda, ascolta, ma non capisce”, da “La Stampa” del 10 gennaio 2017).Il 70 per cento degli italiani è analfabeta: legge, guarda, ascolta, ma non capisce. Non è affatto un titolo sparato, per impressionare; anzi, è un titolo riduttivo rispetto alla realtà, che avvicina la cifra autentica all’80 per cento. E questo vuol dire che tra la gente che abbiamo attorno a noi, al caffè, negli uffici, nella metropolitana, nel bar, nel negozio sotto casa, più di 3 di loro su 4 sono analfabeti: sembrano “normali” anch’essi, discutono con noi, fanno il loro lavoro, parlano di politica e di sport, sbrigano le loro faccende senza apparenti difficoltà, non li distinguiamo con alcuna evidenza da quell’unico di loro che non è analfabeta, e però sono “diversi”. Qual è questa loro diversità? Che sono incapaci di ricostruire ciò che hanno appena ascoltato, o letto, o guardato in tv e sul computer. Sono incapaci! La (relativa) complessità della realtà gli sfugge, colgono soltanto barlumi, segni netti ma semplici, lampi di parole e di significati privi tuttavia di organizzazione logica, razionale, riflessiva.