Archivio del Tag ‘consulenze’
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Daily Mail: troppe medicine inutili e letali, migliaia i morti
L’ex medico personale della Regina ha chiesto che si faccia con urgenza un’inchiesta pubblica sulle “oscure” pratiche delle aziende farmaceutiche. Sir Richard Thompson, ex presidente del Royal College of Physicians, nonché medico personale della Regina per 21 anni, ha avvertito che molti farmaci potrebbero essere meno efficaci di quanto si pensi. Thompson è membro di un gruppo di sei noti medici che oggi hanno messo in guardia sull’influenza che le case farmaceutiche hanno nella prescrizione dei medicinali. Gli esperti, guidati dal cardiologo Aseem Malhotra, del sistema sanitario nazionale, sostengono che troppo spesso ai pazienti vengono date medicine inutili – e talvolta dannose – di cui possono fare a meno. Affermano che le case farmaceutiche sviluppano medicinali da cui trarre profitto più che medicinali che abbiano effettivamente il maggiore beneficio per i pazienti. I sei medici accusano inoltre il sistema sanitario nazionale per la sua incapacità di opporsi ai giganti dell’industria farmaceutica.«È venuto il tempo di fare un’inchiesta pubblica che sia ampia e trasparente sul modo in cui viene rilevata la reale efficacia dei medicinali», ha detto Thompson. «C’è il concreto pericolo che alcuni trattamenti farmaceutici siano molto meno efficaci di quanto si pensasse finora». Il medico ha aggiunto che questa campagna mette in luce «la base debole, e talvolta oscura, del modo in cui si valuta l’efficacia e l’uso dei medicinali, specialmente nel caso degli anziani». Scrivendo al “MailOnLine”, il dottor Malhotra ha detto che il conflitto d’interessi commerciale sta contribuendo a «un’epidemia di medici e pazienti disinformati e fuorviati, nel Regno Unito e non solo». Ha aggiunto anche che il sistema sanitario nazionale nel suo complesso sta somministrando un’eccessiva quantità di farmaci ai suoi pazienti, e che gli effetti collaterali dell’eccesso di medicine stiano causando una quantità innumerevole di morti.Malhotra sostiene inoltre che studi empirici sulle statine – farmaci contro il colesterolo somministrati a milioni di persone – non sono mai stati pubblicati, e che simili dubbi sorgono anche sul Tamiflu, un farmaco che è costato al sistema sanitario nazionale quasi 500 milioni di sterline. Il gruppo dei sei medici ha chiesto di essere convocato presso la Commissione parlamentare per l’audizione pubblica al fine di svolgere un’inchiesta indipendente sulla sicurezza delle medicine. Affermano che i finanziamenti pubblici vengono spesso forniti alla ricerca medica sulla base del fatto che questa potrà essere redditizia, non sul fatto che sarà utile ai pazienti. «Non c’è dubbio che alla base dell’assistenza sanitaria ci sia una cultura del tipo ‘più medicine è meglio’, il che è esacerbato dagli incentivi finanziari all’interno del sistema stesso, che portano a prescrivere sempre più farmaci e a mettere in atto sempre più procedure mediche», afferma il dottor Malhotra. «Ma c’è anche un altro inquietante ostacolo alla crescita di consapevolezza su – e dunque alla risoluzione di – questi problemi, ed è qualcosa di cui tutti dovremmo essere preoccupati. Si tratta dell’informazione che viene fornita ai medici e ai pazienti al fine di guidare le decisioni sul trattamento».Malhotra ha accusato le aziende farmaceutiche di «ingannare il sistema» spendendo in pubblicità e marketing il doppio di quanto spendano in ricerca medica. Ha dichiarato inoltre che la prescrizione di farmaci fa spesso più male che bene, e i rischi maggiori li sopportano gli anziani. Un ricovero ospedaliero su tre negli over-75 è dovuto alla reazione avversa a un farmaco, ha detto. Oltre che da Richard Thompson, il dottor Malhotra è sostenuto anche dal professor John Ashton, presidente della Facoltà di Scienze della Salute, dallo psichiatra J.S. Bamrah, presidente della British Association of Psysicians of Indian Origin, dal cardiologo Rita Redberg, editore della rivista medica “Jama Internal Medicine”, e infine dal professor James McCormack, scienziato farmaceutico. Il dottor Malhotra, che ha lanciato la campagna a titolo personale, è capo del think-tank per la salute del King’s Fund, membro dell’Academy of Medical Royal Colleges, e consigliere del Forum Nazionale sull’Obesità. Le sue critiche si rivolgono in particolare alla recente drammatica crescita delle prescrizioni di statine. Nice – l’ente del sistema sanitario nazionale deputato al razionamento dei farmaci – nel 2014 ha deciso di abbassare la soglia per la prescrizione di statine in modo da incoraggiare i medici a prescriverle a più persone.È poi emerso che sei dei dodici membri della commissione ricevevano finanziamenti da case farmaceutiche – in parte tramite pagamenti diretti in cambio di “consulenze” o seminari, e in parte tramite fondi di ricerca. Il dottor Malhotra sostiene che uno studio completo e definitivo sull’efficacia delle statine e sui loro effetti collaterali non è mai stato pubblicato. Lo stesso dice dell’efficacia del Tamiflu, un farmaco contro l’influenza per il quale il sistema sanitario ha già pagato 473 milioni di sterline. Un resoconto del 2014 di un gruppo di noti ricercatori ha concluso che il Tamiflu non risultava maggiormente efficace del comune paracetamolo [anche noto come Tachipirina, NdT].Il dottor Malhotra cita anche un’indagine della rivista medica “Bmj”, che all’inizio del mese ha suggerito che Rivaroxaban, importante farmaco anticoagulante, non è così sicuro e privo di rischi come gli studi pubblicati suggerivano, per quanto le autorità difendano l’uso del farmaco. Scrive: «Per amore della nostra futura salute e della sostenibilità del sistema sanitario nazionale, è tempo che si metta in campo una vera azione collettiva contro l’eccesso di medicine, iniziando dalla Commissione parlamentare per l’audizione pubblica, affinché lanci un’inchiesta indipendente sull’efficacia e la sicurezza dei farmaci». Aggiunge il professor Ashton: «La salute pubblica dipende da un’ampia e accurata base di evidenza empirica che tenga conto anche della convenienza, al fine di garantire che vengano prese decisioni in base alla migliore ricerca disponibile, decisioni finalizzate a migliorare e proteggere la salute delle persone, nonché a stabilire nel modo migliore quale sia la priorità della cura per ciascun paziente».(Anna Hodgekiss e Ben Spencer, articolo apparso sul “Daily Mail” del 23 febbraio 2016, tradotto e ripreso da “Luogo Comune”: “Big Pharma sta uccidendo decide di migliaia di persone nel mondo”).L’ex medico personale della Regina ha chiesto che si faccia con urgenza un’inchiesta pubblica sulle “oscure” pratiche delle aziende farmaceutiche. Sir Richard Thompson, ex presidente del Royal College of Physicians, nonché medico personale della Regina per 21 anni, ha avvertito che molti farmaci potrebbero essere meno efficaci di quanto si pensi. Thompson è membro di un gruppo di sei noti medici che oggi hanno messo in guardia sull’influenza che le case farmaceutiche hanno nella prescrizione dei medicinali. Gli esperti, guidati dal cardiologo Aseem Malhotra, del sistema sanitario nazionale, sostengono che troppo spesso ai pazienti vengono date medicine inutili – e talvolta dannose – di cui possono fare a meno. Affermano che le case farmaceutiche sviluppano medicinali da cui trarre profitto più che medicinali che abbiano effettivamente il maggiore beneficio per i pazienti. I sei medici accusano inoltre il sistema sanitario nazionale per la sua incapacità di opporsi ai giganti dell’industria farmaceutica.
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Tsipras nelle mani della Lazard, la piovra del regime Ue
Mentre i media tallonano Yanis Varoufakis e Alexis Tsipras, in realtà «uomini di facciata ad uso del pubblico», il vero cervello dell’evoluzione tecnocratica europea è un super-banchiere francese, che risiede a Parigi in Boulevard Hausmann. Si chiama Matthieu Pigasse, si definisce “un socialista pro-mercato” nonché un fan dello “scontro frontale”. Secondo il “Wall Street Journal”, disegnerà «il futuro finanziario dell’Europa». Ha 46 anni ed è a capo dei consulenti del governo greco, in quota alla famigerata Lazard, banca d’investimenti internazionali già implicata nella maxi-speculazione contro il popolo greco. Pigasse «è stato coinvolto in alcune delle più importanti ristrutturazioni del debito sovrano in questi ultimi dieci anni», rivela Deborah Zandstra, socia di un team di avvocati che lavorano al dipartimento del debito sovrano della “Clifford Chance Llp”. La Lazard è una società di consulenza e gestione patrimoniale di New York, nata nel 2005. Il suo business: consulenze ai governi. Lazard è stata anche molto attiva in Africa, dove ha dato consulenze a Egitto, Mauritania, Congo, Gabon e Costa d’Avorio. L’anno scorso ha “aiutato” l’Etiopia ad emettere il suo primo miliardo di dollari di prestito in obbligazioni sovrane: un cappio attorno al collo del paese africano.Un business da capogiro, scrive “Zero Hedge” in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”: già nel 2012, la Grecia ha versato a Lazard 28,5 milioni dollari per la consulenza degli ultimi due anni. Perché scegliere proprio Lazard anziché una delle altre boutique delle ristrutturazioni del debito? «La risposta: molti paesi non dispongono di elementi sufficienti per prendere le decisioni necessarie a negoziare il proprio debito basandosi solo sulle informazioni interne». In altre parole, anche il governo Tsipras sarebbe “ostaggio” dei tecno-bankster. Francis Fitzherbert-Brockholes, un esperto di ristrutturazioni del debito presso lo studio legale “White & Case”, dice che alcuni governi – loro clienti – potrebbero preferire Lazard «perché non negozia debito pubblico» e lascia trapelare «una percezione di assenza di conflitto di interessi». Tecnici che sembrano neutrali, ma in realtà lavorano per la speculazione internazionale a scapito degli Stati. Lazard ha quindi un’immagine diversa da quella della Rothschild, altra super-banca “indipendente”, che però ha lavorato per Cipro durante la sua crisi del debito e ha “aiutato” il Portogallo a ricapitalizzare il suo sistema bancario.«Mentre il background accademico di Pigasse non è niente di speciale – scrive “Zero Hedge” – è invece notevole che uno dei suoi colleghi di lavoro non sia altro che l’ex capo del Fmi ed ex candidato alle presidenziali francesi, caduto in disgrazia: Dsk», Dominique Strauss-Kahn. «Pigasse si è laureato in Francia alla Ena, una prestigiosa scuola per l’amministrazione che ha formato molti dei migliori funzionari del paese». Alla fine del 1990, ha lavorato al ministero delle finanze francese proprio sotto la direzione di Strauss-Kahn. «E’ entrato nella Lazard nel 2002 e si è guadagnato una reputazione di forte negoziatore dopo aver lavorato su una serie di affari molto grossi, compresa la fusione da 38 miliardi di dollari tra i giganti delle “utilities” Suez e Gaz de France». Curiosamente, aggiunge “Zero Hedge”, in questo ultimo specifico incarico greco, «non solo sarà in sintonia monetaria con il suo cliente», ma Pigasse condividerà – per così dire – anche «i legami ideologici», visto che «il banchiere è un socialista devoto», cioè aderisce al gruppo che più di ogni altro ha lavorato per costruire il regime oligarchico di Bruxelles e dell’Eurozona. Per inciso, Pigasse è anche comproprietario di “Le Monde”, che “Zero Hedge” definisce «quotidiano di sinistra».Mentre i media tallonano Yanis Varoufakis e Alexis Tsipras, in realtà «uomini di facciata ad uso del pubblico», il vero cervello dell’evoluzione tecnocratica europea è un super-banchiere francese, che risiede a Parigi in Boulevard Hausmann. Si chiama Matthieu Pigasse, si definisce “un socialista pro-mercato” nonché un fan dello “scontro frontale”. Secondo il “Wall Street Journal”, disegnerà «il futuro finanziario dell’Europa». Ha 46 anni ed è a capo dei consulenti del governo greco, in quota alla famigerata Lazard, banca d’investimenti internazionali già implicata nella maxi-speculazione contro il popolo greco. Pigasse «è stato coinvolto in alcune delle più importanti ristrutturazioni del debito sovrano in questi ultimi dieci anni», rivela Deborah Zandstra, socia di un team di avvocati che lavorano al dipartimento del debito sovrano della “Clifford Chance Llp”. La Lazard è una società di consulenza e gestione patrimoniale di New York, nata nel 2005. Il suo business: consulenze ai governi. Lazard è stata anche molto attiva in Africa, dove ha dato consulenze a Egitto, Mauritania, Congo, Gabon e Costa d’Avorio. L’anno scorso ha “aiutato” l’Etiopia ad emettere il suo primo miliardo di dollari di prestito in obbligazioni sovrane: un cappio attorno al collo del paese africano.
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Rettighieri, all’Expo l’uomo del cantiere Tav alla Cmc
Cmc è impegnata a Chiomonte nel maxi-appalto più contestato d’Italia, quello per il tunnel geognostico della Torino-Lione. E a Milano, dopo gli arresti per lo scandalo dell’Expo, potrebbe arrivare proprio l’ex direttore di Ltf, la società del Tav.«In attesa che l’inchiesta sull’Expo continui e abbia nuovi risvolti – scrive Fabio Tanzilli su “Valsusa Oggi” – il governo Renzi avrebbe già deciso a chi assegnare il ruolo di direttore: nientemeno che all’ex direttore di Ltf, Marco Rettighieri. Lo stesso che ha seguito, tra le varie cose, il cantiere Tav della Maddalena». Nelle carte giudiziarie del Tribunale di Milano, che descrivono in maniera dettagliata lo scandalo dell’Expo e le motivazioni «che hanno portato agli arresti eccellenti di una banda di politici, dirigenti, faccendieri e imprenditori» per la gestione irregolare degli appalti pubblici, viene citata più volte anche la famosa Cmc, attiva anche in valle di Susa. «L’aspetto interessante – aggiunge Tanzilli – riguarda soprattutto il ruolo che avrebbe Primo Greganti, fino a ieri tesserato del Pd a Torino, e il suo rapporto con la Cmc». Già nel 2013 la Cmc chiese a Greganti informazioni sul padiglione Cina. «Trent’anni fa l’avevo portata io la Cmc a Shangai», si sarebbe vantato Greganti, che – secondo gli inquirenti – avrebbe ottenuto contratti fittizi di consulenza, per giustificare le elargizioni di denaro in cambio della sua diplomazia affaristica pro-Cmc.Il nome della potente cooperativa rossa, aggiunge Tanzilli, ricorre nelle pagine dell’ordinanza del Tribunale anche per un altro episodio, la preoccupazione dei personaggi dello scandalo Expo per un problema giudiziario che ha coinvolto la Cmc a Molfetta: l’arresto del procuratore speciale della cooperativa nel cantiere pugliese, dopo che si è scoperta la truffa riguardante il “cantiere fantasma” del porto. «Nelle chiacchierate della banda dell’Expo, è in particolar modo Maltauro (l’imprenditore vicentino arrestato che sarebbe a capo del gruppo delle turbative d’asta) a definire quello della Cmc un problema pesante e serio». E qui ricompare il nome di Greganti, «che avrebbe avuto il ruolo di “soccorritore”, pronto a tranquillizzare gli animi e ad escogitare qualcosa per risolvere il problema e tutelare la Cmc». Secondo Gad Lerner, personaggi come il presidente della Cmc, Matteucci, «lasciano bene intendere chi tenga il coltelllo dalla parte del manico anche nel rapporto con i dirigenti dei partiti della sinistra». Illegalità o no, chiosa il sito “NoTav.info”, il fatto che colpisce è «l’intreccio di potere tra i soliti noti e i partiti, che – come avvoltoi – decidono le grandi opere e i grandi eventi per spolpare più denaro pubblico possibile».Marco Rettighieri, dirigente di Italferr, sostituisce Angelo Paris, responsabile dell’Expo di Milano, arrestato per la devastante tangentopoli attorno al grande evento mondiale. Notizia: Rettighieri è stato direttore di Ltf, la società della Torino-Lione, che per l’unico cantiere finora aperto – quello del tunnel geognostico di Chiomonte – ha ingaggiato proprio la Cmc di Ravenna, ora nell’occhio del ciclone per il ruolo strategico che a Milano avrebbe affidato a Primo Greganti, secondo gli inquirenti pagato con consulenze fittizie per giustificare le elargizioni di denaro in cambio del suo impegno “diplomatico” a favore della potente cooperativa rossa di Ravenna. «A una decina di giorni dall’arresto di Primo Greganti – complimenti per la tempestività – il presidente della Cmc di Ravenna in una intervista a “La Repubblica” ammette che fra la sua cooperativa e il faccendiere Primo Greganti era vigente un contratto di consulenza», osserva Gad Lerner nel suo blog.
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Vittorio Grilli alla Jp Morgan come Blair, l’amico di Renzi
Le aveva definite “voci infondate e dannose”, quando il giorno prima del varo del governo Monti, il 14 novembre del 2011, era stato ipotizzato un suo passaggio a Jp Morgan. Oggi, a distanza di quasi tre anni, quelle voci che lo volevano vicino a un approdo alla grande banca d’affari americana, una delle più importanti del mondo, trovano conferma a posteriori: l’ex ministro è stato infatti nominato presidente del Corporate & Investment Bank del colosso finanziario statunitense per l’area Europa, Medio Oriente e Africa. Il ceo di Jp Morgan, Jamie Dimon, è il super-potente che ha apertamente dichiarato guerra alle “vecchie” Costituzioni antifasciste, come quella italiana, che pretendono ancora di tutelare i diritti dei lavoratori. Grilli, scrive Walter Galbiati su “Repubblica”, entra nel novero di quei politici che dopo una lunga militanza all’interno dello Stato finiscono a fare i consulenti per le grandi banche d’affari, interessatissime ad allungare le mani sul patrimonio pubblico.Il più celebre “ex”, in questo campo, è il britannico Tony Blair, in forza proprio alla Jp Morgan: di recente, a Londra, Blair ha nuovamente incontrato Matteo Renzi, col quale si era visto, a suo tempo, già a Firenze. Gli ex politici “promossi” nel gotha della finanza planetaria, aggiunge Galbiati, fanno gola alle grandi banche internazionali, «sempre attente a raccogliere i fuoriusciti che possono garantire loro gli appoggi giusti per entrare nel giro degli affari degli Stati. E in Italia – aggiunge il giornalista di “Repubblica” – tra la gestione di 2.000 miliardi di debito pubblico e le nuove privatizzazioni annunciate dal presidente del consiglio Matteo Renzi, non manca certo il lavoro per gli advisor finanziari».All’epoca dei primi contatti con Jp Morgan, Grilli era direttore generale del Tesoro e a luglio 2011 si era parlato di lui come di un possibile successore di Mario Draghi alla guida di Banca d’Italia, grazie all’appoggio di Giulio Tremonti e di Massimo Ponzellini, presidente della Banca Popolare di Milano, finito al centro di un’inchiesta per finanziamenti facili a un giro di “amici”. Superato da Ignazio Visco nella corsa per il vertice di Bankitalia (e smentita la migrazione verso Wall Street), Grilli era stato chiamato da Monti come viceministro dell’economia. Diventerà il titolare del dipartimento, però, solo a luglio del 2012, quando il “premier dello spread” deciderà di lasciare l’interim del Tesoro. Da ministro, ricorda ancora Galbiati, Grilli «era stato al centro di una polemica per l’acquisto di un appartamento a Roma finanziato dal Monte dei Paschi di Siena con un mutuo superiore all’importo del valore della casa».Le aveva definite “voci infondate e dannose”, quando il giorno prima del varo del governo Monti, il 14 novembre del 2011, era stato ipotizzato un suo passaggio a Jp Morgan. Oggi, a distanza di quasi tre anni, quelle voci che lo volevano vicino a un approdo alla grande banca d’affari americana, una delle più importanti del mondo, trovano conferma a posteriori: l’ex ministro è stato infatti nominato presidente del Corporate & Investment Bank del colosso finanziario statunitense per l’area Europa, Medio Oriente e Africa. Il ceo di Jp Morgan, Jamie Dimon, è il super-potente che ha apertamente dichiarato guerra alle “vecchie” Costituzioni antifasciste, come quella italiana, che pretendono ancora di tutelare i diritti dei lavoratori. Grilli, scrive Walter Galbiati su “Repubblica”, entra nel novero di quei politici che dopo una lunga militanza all’interno dello Stato finiscono a fare i consulenti per le grandi banche d’affari, interessatissime ad allungare le mani sul patrimonio pubblico.
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Stragi e segreti, Renzi e lo strano amico americano
Mentre il premier Matteo Renzi lancia l’ennesimo annuncio spot (via il segreto di Stato dai dossier sulle stragi), Paolo Guzzanti precisa: in Italia non c’è nessun “segreto di Stato”, ma solo i faldoni dei servizi già visionati dagli inquirenti e rimasti protetti dal vincolo di segretezza («per desecretare quelli ci vorranno almeno tre anni – dice Guzzanti – perché occorreranno apposite leggi»). Nessun “segreto”, in ogni caso, da portare per la prima volta alla luce. In compenso, “Il Giornale” mette a fuoco lo strano “amico americano” di Renzi, Michael Ledeen, definito «un nome sorprendente e inquietante, certamente non “nuovo”», che Massimo Malpica inserisce nel “cerchio magico” del neo-premier, in qualità di consulente per la politica estera. Oggi esponente dell’influente think-tank neocon “American Enterprise Institute”, già collaboratore delle amministrazioni Reagan e Bush, il 72enne Ledeen sarebbe legato a filo doppio all’Italia dei misteri: dal sequestro Moro al rapimento del generale Dozier, dalla strage di Bologna alla crisi di Sigonella, dall’attentato al Papa al “Nigergate”.Nel lontano 1975, «mentre Renzi nasceva», in Italia Ledeen «ha esordito come intellettuale», in veste di autore delle domande della celebre “Intervista sul fascismo” di Renzo De Felice. Da lì in poi, scrive Malpica, il nome di Ledeen «è finito, di riffa o di raffa, in mezzo a gran parte dei misteri e dei gialli del Bel Paese». L’interessato «talvolta si è chiamato fuori, negando ruoli riferiti da altri, spesso a colpi di querele. Soprattutto, è sempre rimasto in piedi. Tanto in piedi che ora il suo nome viene accostato al nuovo premier italiano». Il tramite, scrive il “Giornale”, sarebbe lo stratega economico della carriera politica di Renzi, Marco Carrai, ma i rapporti risalirebbero al 2007, quando il super-falco della destra Usa dedicò un articolo allo chardonnay siciliano, raccontando di aver scoperto quel vino un paio d’anni prima, a pranzo «col mio amico Matteo Renzi».Un renziano della prima ora, Ledeen, i cui rapporti con politici e intelligence nostrani sono ben più datati. Nel 1984 l’allora capo del Sismi Fulvio Martini raccontò ai membri del Copaco di aver detto all’ambasciatore americano a Roma, Maxwell Raab, che Ledeen «non deve più tornare in Italia», dandogli di fatto dell’«indesiderabile». Ledeen annunciò querele contro lo 007. Martini confermerà tutto 15 anni dopo, di fronte alla commissione Stragi: «Avevo chiesto all’ambasciata americana di non far entrare Mike Ledeen in Italia: era un tizio che lavorava ai margini della Cia». E perché Ledeen non era gradito? Ancora Martini: «Intanto quando Ledeen veniva in Italia andava direttamente dal presidente della Repubblica, che aveva conosciuto quando era ministro dell’interno. E la cosa non mi piaceva. Secondo, perché Ledeen aveva avuto da uno dei miei predecessori 100mila dollari per fare conferenze sul terrorismo, che erano assolutamente rubati. E poi lavorava a margine della Cia, e la cosa non mi piaceva».Il presidente “amico” era Francesco Cossiga, che per la verità al Colle sarebbe arrivato solo nel 1985, un anno dopo lo “sgradimento” di Ledeen espresso da Martini. Ma durante il sequestro Moro, secondo il consulente di Cossiga nei giorni del rapimento, Stefano Silvestri, Ledeen, definito «un pataccaro d’alto bordo», propose «a Cossiga e ai servizi» di «effettuare simulazioni, usando materiali preparati dall’esperto di terrorismo Walter Laqueur». «Detti parere negativo – spiega Silvestri – ma seppi in seguito che era riuscito a piazzare qualcuno dei suoi giochi». Forse, aggiunge il “Giornale”, si trattava dei corsi antiterrorismo organizzati per la nostra intelligence tra ‘80 e ‘81, per i quali Ledeen sostiene di non essere mai stato pagato. «Secondo il faccendiere Francesco Pazienza – continua Malpica – Ledeen più che un consulente era organico al Sismi guidato da Giuseppe Santovito, e il suo nome in codice sarebbe stato “Z3”, un dettaglio che l’interessato nega».Di certo il neocon che ora sussurra consigli a Matteo (al “Sole 24 Ore”, Ledeen ha spiegato che a Renzi parla «delle cose che forse mi illudo di conoscere, Medio Oriente, Russia, chi sale e chi scende nella politica Usa»), negli anni ‘80 era in buoni rapporti anche con Craxi. La notte della crisi di Sigonella, ricorda il “Giornale”, fu proprio lui a fare da interprete («manipolando qualche risposta, confesserà lui stesso nel 1994») al telefono tra Reagan alla Casa Bianca e il premier socialista all’Hotel Raphael, mentre i terroristi della Achille Lauro erano contesi tra Delta Force e carabinieri. Amicizia, quella con Bettino, che non impedirà a Ledeen di invitare negli Usa, nel 1995, proprio Antonio Di Pietro, per tenere un discorso all’“American Enterprise Institute”: «Venne a cena da me», confermò Ledeen al “Corriere della Sera” nel 2010.A metà anni 2000, Mike Ledeen è di nuovo nella bufera per il Nigergate: secondo i giornalisti Carlo Bonini e Giuseppe D’Avanzo, della “Repubblica”, l’intelligence militare italiana avrebbe consegnato alla Cia falsi documenti per “dimostrare” l’importazione di uranio dal Niger da parte dell’Iraq di Saddam Hussein. Documenti che sarebbero stati utilizzati dal presidente George W. Bush come prova dei tentativi del dittatore iracheno di procurarsi armamenti nucleari, causa scatenante la seconda Guerra del Golfo. Michael Ledeen ha negato di avere avuto un ruolo nell’operazione. A sua volta, l’allora presidente del Copaco, Enzo Bianco, negò l’esistenza di rapporti dei servizi italiani con il politologo americano, anche se a proposito dei suoi rapporti con politici italiani aggiunse: «Se fossi ministro, non lo inviterei a pranzo». Conclude Malpica: «Renzi, già da presidente della Provincia di Firenze, non ha seguito il consiglio».Mentre il premier Matteo Renzi lancia l’ennesimo annuncio spot (via il segreto di Stato dai dossier sulle stragi), Paolo Guzzanti precisa: in Italia non c’è nessun “segreto di Stato”, ma solo i faldoni dei servizi già visionati dagli inquirenti e rimasti protetti dal vincolo di segretezza («per desecretare quelli ci vorranno almeno tre anni – dice Guzzanti – perché occorreranno apposite leggi»). Nessun “segreto”, in ogni caso, da portare per la prima volta alla luce. In compenso, “Il Giornale” mette a fuoco lo strano “amico americano” di Renzi, Michael Ledeen, definito «un nome sorprendente e inquietante, certamente non “nuovo”», che Massimo Malpica inserisce nel “cerchio magico” del neo-premier, in qualità di consulente per la politica estera. Oggi esponente dell’influente think-tank neocon “American Enterprise Institute”, già collaboratore delle amministrazioni Reagan e Bush, il 72enne Ledeen sarebbe legato a filo doppio all’Italia dei misteri: dal sequestro Moro al rapimento del generale Dozier, dalla strage di Bologna alla crisi di Sigonella, dall’attentato al Papa al “Nigergate”.