Archivio del Tag ‘diluvio universale’
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Yahvè SpA: chi domina il mondo, oltre la geopolitica visibile
Data fatidica, il 14 luglio: nel 1789 a Parigi veniva assaltata la Bastiglia, evento culminante della Rivoluzione Francese che segnò la fine dell’Ancien Régime, il sistema plurisecolare dell’assolutismo monarchico. Solo tre anni fa, invece – ma sempre in Francia, e sempre il 14 luglio – il killer franco-tunisino Mohamed Lahouaiej-Bouhle faceva strage a Nizza col suo camion, travolgendo i passanti sulla Promenade des Anglais: 86 morti e 302 feriti. Ovviamente l’attenatatore era già stato segnalato alla polizia, come poco di buono. E ovviamente nessuno aveva pensato di controllare e sgomberare quel camion bianco, fermo da giorni sul lungomare divenuto “off limits” in vista della festa nazionale francese. E ancora: l’assassino – prima di essere freddato dalle forze dell’ordine, come d’abitudine, prima che potesse parlare – aveva anche avuto cura di lasciare a disposizione dei poliziotti i suoi documenti, ben in vista nell’abitacolo del veicolo. Un caso da manuale, secondo Gioele Magaldi, autore del saggio “Massoni”: un messaggio intimidatorio rivolto alla massoneria progressista, che considera proprio il 14 luglio la prima pietra miliare verso la conquista della democrazia, almeno in Occidente.Fu l’Isis a rivendicare la strage di Nizza, ma le menti dello Stato Islamico sono altrove: Abu Bakr Al-Bahdadi, il sedicente Califfo, secondo Magaldi è affiliato alla superloggia “Hathor Pentalpha”, dominata dai Bush e responsabile del super-attentato del terzo millennio, quello dell’11 Settembre, comodamente attribuito al “barbaro jihadista” Bin Laden, in realtà massone, affiliato anch’esso alla medesima Ur-Lodge. La “Hathor Pentalpha”, sorta all’inizio degli anni ‘80 per volere di Bush padre, appena battuto da Reagan alle primarie repubblicane, raccolse il gotha dei golpisti del Pnac, il Piano per il Nuovo Secolo Americano: George W. Bush e suo fratello Jeb Bush, Dick Cheney e Donald Rumsfeld, Paul Wolfowitz e la stessa Condoleezza Rice. Oltre a Bin Laden (Al-Qaeda) e Al-Baghdadi (Isis), la “Hathor” avrebbe reclutato un ideologo come Samuel Huntington (“La crisi della democrazia”), insieme a Donald e Robert Kagan, Douglas Freith, Irving e William Kristol, Dan Quayle. Con loro Richard Perle, Karl Rove, Bill Bennett e il politologo Michael Leeden. Una rete trasversale, con affiliati in Medio Oriente: Oman, Bahrein, Qatar, Arabia Saudita e persino Iran (tra gli iraniani coinvolti, l’ex presidente Hashemi Rafsanjani).Obiettivo: destabilizzare ferocemente il pianeta, creando a tavolino il presunto “scontro di civiltà” tra Occidente e mondo arabo. Punta di lancia dell’operazione: Israele (era il premier Ariel Sharon l’uomo della “Hathor” a Tel Aviv). Ma arabi e israeliani non dovevano essere acerrimi nemici, anziché compagni di merende e di avventure anche terroristiche? Certo, ma solo in teoria, spiega Magaldi: in realtà sono tutti massoni, nella cabina di regia. E la vera geopolitica – al di là della narrazione dei media – passa per i circoli come la “Hathor”, incarnazione infernale dell’ala più reazionaria della supermassoneria occulta, apolide e sovranazionale. Convergenze insospettabili: dirigenti sauditi in riunione con Sharon e col presidente turco, il “fratello” Recep Tayyip Erdogan, insieme a un bel po’ di potenti europei: l’ex cancelliere tedesco Gehard Schröder, l’allora primo ministro spagnolo José Maria Aznar, l’intramontabile Tony Blair, il polacco Aleksander Kwasniewski e il francese Nicolas Sarkozy – più un paio di italiani: l’allora presidente del Senato, Marcello Pera, nonché Antonio Martino, all’epoca ministro berlusconiano e già segretario della Mont Pelerin Society, vero e proprio tempio ideologico dell’ultra-destra economica europea, culla dell’oligarchia neoaristocratica che ha incubato, progettatto e imposto l’austerity per infliggere la camicia di forza a paesi come l’Italia, alle prese con la nascente globalizzazione.Il primo a parlarne in termini espliciti è stato Paolo Barnard, nel saggio “Il più grande crimine”, uscito prima ancora della crisi italiana del 2011. La tesi: si trattava, semplicemente, di cancellare la memoria della Presa del Bastiglia. Il mitico 14 luglio? Un incidente della storia: aprì l’Europa a qualcosa di mai prima sperimentato – la democrazia – spalancando le porte alla modernità del futuro: Stato di diritto, suffragio universale. Traduzione euro-atlantica successiva: economia sociale, conquiste civili e diritti del lavoro. Bene, tutto questo doveva finire. E in modo drammatico: col terrorismo stragista della strategia della tensione (Al-Qaeda, Isis) o col terrorismo finanziario (rigore europeo). Per volere di chi? Dei soliti noti, gli antichi baroni. O meglio: di quella che un tempo costuitiva il nerbo dell’Ancient Régime, cioè l’aristocrazia feudale più parassitaria. Le era toccato finire sfrattata dal potere (politico) dal 14 luglio in poi? Niente paura: si è ripresa tutto, e con gli interessi, mantenendo le grandi leve della finanza. Ha finanziarizzato l’economia e ridotto gli Stati in bolletta, senza più sovranità monetaria. Il gioco perfetto dei leggendari Rothschild, padroni d’Europa (e di un pezzo d’America) da tre secoli questa parte.Nei suoi libri, un ricercatore come Pietro Ratto ricostruisce il ruolo di casati ebraici come quello dei Warburg, in realtà di origine veneta, poi soci in affari con i Rothschild – di cui sempre Ratto prova anche l’apparentamento coi Rockefeller, mediante matrimoni strategici. Dettaglio inquietante: furono i grandi finanzieri ebrei a sovvenzionare Hitler all’alba della sua tragica epopea. Non solo: è stato accertato che proprio il Terzo Reich – al suo esordio – fu un poderoso sponsor occulto del sionismo, favorendo l’espatrio degli ebrei tedeschi verso la Palestina e finanziando il primo colonialismo ebraico in Terrasanta. Scioccante? Quasi quanto il libro “L’altra Europa”, pubblicato dal vicentino Paolo Rumor, nipote del più volte primo ministro democristiano Mariano Rumor. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il padre dell’autore – Giacomo Rumor – agiva come 007 per conto di monsignor Montini, futuro Paolo VI, allora responsabile dell’intelligence vaticana. Gli Alleati già sapevano che avrebbero vinto, e volevano progettare in anticipo l’Europa del dopoguerra. Fin qui, tutto bene: logico che gli Usa si rivolgessero al Papa, visto che l’Italia era ancora in mano a Mussolini, e che l’antifascismo era largamente comunista. Ma un giorno l’esoterista francese Maurice Schumann, gollista e interlocutore di Rumor, svelò al cattolico italiano chi c’era veramente, dietro al piano: la Struttura. Una cupola esclusiva, ininterrottamente al potere, nel mondo, da quasi 12.000 anni.Follia? Non secondo l’archeologo Loris Bagnara, che ha verificato sul campo: le indicazioni di Rumor (cioè di Schumann) corrispondono in modo impressionante con la geografia e la toponomastica dei luoghi dove si sarebbe costituito quell’antico potere, nato in Mesopotamia e poi trasferitosi nell’Egitto dei faraoni prima di approdare in Palestina e quindi nel Mediterraneo fenicio e poi greco-romano. L’eminente politoligo Giorgio Galli, autore della prefazione del libro di Rumor, conferma: i nomi citati dal dossier-Schumann sono perfettamente coerenti con la mappa del vero potere, anche di quello euro-atlantico del Novecento. Politici, industriali e finanzieri: tutti esoteristi, vincolati al reciproco segreto sull’origine della Struttura, sostanzialmente iniziatica, risalente – a loro dire – attorno al 9.500 avanti Cristo, tra le rive del Tigri e quelle dell’Eufrate, cioè dove Zecharia Sitchin attribuisce agli Anunnaki, i misteriosi Figli delle Stelle, la “fabbricazione” dell’homo sapiens nella versione poi narrata dai Sumeri. Di quella storia – avverte Mauro Biglino, già traduttore ufficiale delle Edizioni San Paolo – la Bibbia non è che la fotocopia: la Genesi descrive la nascita di Eva mediante clonazione genetica, proprio come la pecora Dolly, ad opera degli Elohim come Yahvè, cioè i Figli delle Stelle palestinesi.Autore di culto in Italia, pubblicato anche da Mondadori (trecentomila copie vendute), a Biglino nessuno contesta la riscoperta letterale della Bibbia: l’interpretazione teologico-spiritualista del testo si rivela completamente infondata (Yahvè non era “Dio”, ma solo uno dei tanti Elohim citati). Semmai, la Bibbia – ammesso sia attendibile, visto che è stata riscritta ininterrottamente fino al medioevo – propone un’altra storia: la nascita dell’umanità attuale, così improvvisamente evoluta, sarebbe opera dell’ibridazione genetica dei Figli delle Stelle, che avrebbero immesso il loro Dna in quello dei primitivi ominidi. Biglino è rispettato anche ad Harvard, dove alla facoltà di medicina si raccomandano i suoi libri. E sulla sua ipotesi stanno convergendo decine di scienziati, che lo hanno messo a capo di un progetto di ricerca senza precedenti: studi interdisciplinari, anche archeologici, per verificare quel che la Bibbia racconta, alla lettera. E le religioni monoteiste? La prima, l’ebraismo, secondo Biglino sarebbe nata attorno al VI secolo avanti Cristo, quando Yahvè sparì di colpo, in seguito all’avvento dei babilonesi che sottomisero gli ebrei. Da allora, dice lo studioso, ad assumere la leadership del popolo ebraico furono i sacerdoti, cioè la casta degli ex “maggiordomi” di Yahvè: furono loro, manipolandola, a trasformare la Bibbia nel “libro sacro” che non era mai stato.Quando poi l’Impero Romano – oltre mezzo millennio dopo, nel 70 dopo Cristo – represse duramente gli ebrei distruggendo il Tempio di Salomone a Gerusalemme, gli stessi sacerdoti contrattarono il loro futuro con i nuovi padroni: cedettero ai romani il Tesoro del Tempio, in cambio di una vita agiatissima nella capitale imperiale, da cui poi – attraverso svariati passaggi – diedero vita alla nuova religione, il Cristianesimo cattolico, ufficialmente coniato da Costantino nel 325 al Concilio di Nicea. Lo stesso Paolo Rumor, attingendo al memoriale Schumann, sostiene che la mitica Struttura si sarebbe spezzata in due tronconi, a Gerusalemme, proprio attorno all’Anno Zero. Di recente, Biglino ha accennato a libri di prossima uscita, dal contenuto sconcertante: attraverso accurate analisi di fonti d’archivio, emerge una sbalorditiva continuità nel potere europeo attraverso i secoli, con in primo piano – da Gerusalemme a Roma, fino al Nord Europa – sempre le stesse famiglie. La sua tesi è nota: attraverso la Bibbia, siamo stati finora governati da un unico schema di potere, concepito sotto forma di dominio. Lo stesso sistema finanziario attuale, che regge il pianeta, è quello enunciato da Yahvè: potrai prestare denaro ma non richiederlo, perché chi riceve denaro in prestito ne diventa schiavo. E a proposito: dov’è finito, Yahvè? Sicuri che sia sparito per sempre dalla circolazione?Se un giorno si scoprisse che gli Elohim come quello che gestiva la famiglia di Giacobbe sono qui tra noi e controllano tutto – dice Biglino – certo non me ne stupirei: secondo la Bibbia potevano vivere anche 30.000 anni. Assurdo? Mica tanto: la distanza fra i loro 30 millenni e i nostri 90 anni è infinitamente più piccola di quella che separa una tartaruga gigante (200 anni) da una farfalla che viva solo 24 ore. Di giorno in giorno, si moltiplicano scoperte che sconquassano le vecchie certezze archeologiche: la Piramide di Cheope (vera datazione, 20.000 anni) è una potente “fabbrica di energia”: è presidiata dai fisici che vi osservano gli stranissimi fenomeni che ospita, come l’abbattimento di particelle subatomiche. A Visoko, in Bosnia, sono state scoperte le più grandi piramidi della Terra, risalenti a 30.000 anni fa. E al largo dell’India spuntano città sommerse – probabilmente dal maremoto di 11.500 anni fa (il Diluvo Universale?), scatenatosi proprio nel periodo in cui a Göbekli Tepe, in Turchia, fu costruito il tempio più antico della Terra, in un’area in cui gli scavi rivelano che la nascita dell’agricoltura risale addirittura al Mesolitico. Scoperte che costringono a retrodatare la nostra storia, cancellando quello che fino a ieri credevamo di sapere.Sotto certi aspetti, è come se le incredibili scoperte dell’archeologia odierna costringessero a ripensare la stessa geopolitica attuale. Si perde tempo, ripete Magaldi, se ci si ferma ancora a valutarla come scontro tra nazioni: c’è ben altro, dietro le quinte. Se lo domandava anche Barnard: vi siete mai chiesti come mai la politica non riesce mai a mantenere le sue promesse? E perché le cose vanno di male in peggio, nonostante il pianeta non sia mai stato così ricco, vista la nostra capacità esponenziale di produrre beni, grazie alla vertiginosa rivoluzione tecnologica degli ultimi decenni? Colpa dell’élite neo-feudale, si risponde Barnard. Ed è un’élite non certo illuminata, aggiunge Magaldi: si tratta di un’oligarchia del denaro, reazionaria, neo-conservatrice, il cui massimo livello di potere – al di sopra delle entità paramassoniche come il Bilderberg – è rappresentato dalle 36 Ur-Lodges che dominano il globo. E se ci fosse dell’altro ancora, sopra le midiciali superlogge? Magari la “Yahvè SpA”, affidata a emissari collaudatissimi? E’ l’interrogativo che rilancia Biglino, convinto che gli Elohim (come gli Anunna sumeri, i Theoi greci, i Deva indiani) non siano affatto scomparsi, dimenticandosi delle loro “creature”. Anzi, aggiunge lo studioso: sarebbe perfettamente plausibile scoprire, un giorno, che dietro ai maggiori potentati terrestri vi siano proprio “quelli là”, i Figli delle Stelle, l’un contro l’altro armati: è uno schema ripetuto in tutti i libri antichi, compresa la Bibbia.Data fatidica, il 14 luglio: nel 1789 a Parigi veniva assaltata la Bastiglia, evento culminante della Rivoluzione Francese che segnò la fine dell’Ancien Régime, il sistema plurisecolare dell’assolutismo monarchico. Solo tre anni fa, invece – ma sempre in Francia, e sempre il 14 luglio – il killer franco-tunisino Mohamed Lahouaiej-Bouhle faceva strage a Nizza col suo camion, travolgendo i passanti sulla Promenade des Anglais: 86 morti e 302 feriti. Ovviamente l’attentatore era già stato segnalato alla polizia, come poco di buono. E ovviamente nessuno aveva pensato di controllare e sgomberare il suo camion bianco, fermo da giorni su quel lungomare divenuto “off limits” in vista della festa nazionale francese. E ancora: l’assassino – prima di essere freddato dalle forze dell’ordine, come d’abitudine, prima che potesse parlare – aveva anche avuto cura di lasciare a disposizione dei poliziotti i suoi documenti, ben in vista nell’abitacolo del veicolo. Un caso da manuale, secondo Gioele Magaldi, autore del saggio “Massoni”: un messaggio intimidatorio rivolto alla massoneria progressista, che considera proprio il 14 luglio la prima pietra miliare verso la conquista della democrazia, almeno in Occidente.
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I fisici: energia dalle piramidi egizie. L’ombra di Atlantide?
Ma non dovevano essere gigantesche tombe, le piramidi egizie? Così almeno si racconta, ancora oggi, nei libri scolastici e non solo: persino l’egittologia ufficiale continua ad attribuire alle piramidi una funzione essenzialmente funeraria. Peccato che oggi i fisici abbiano scoperto che, in realtà, le grandi piramidi sono “macchine” in grado di concentrare energia. Al punto da spingerli a progettare in forma piramidale addirittura le celle solari del futuro. La piramide di Cheope «è stata studiata con i metodi della fisica», rivela l’agenzia Ansa, «ed è emerso che riesce a concentrare l’energia elettromagnetica, e precisamente le onde radio, sia nelle camere interne sia nella base». Si potrebbero così progettare nanoparticelle ispirate alla struttura di questo edificio, che siano in grado di riprodurre un effetto analogo nel campo dell’ottica, da utilizzare per ottenere celle solari più efficienti. Lo indica la ricerca pubblicata sul “Journal of Applied Physics”, condotta dai fisici russi della Itmo University di San Pietroburgo e dal tedesco Laser Zentrum di Hannover. I ricercatori hanno condotto lo studio perché interessati alla struttura della tomba del faraone Cheope dal punto di vista fisico. In particolare, «hanno voluto vedere come le onde radio si distribuiscono» nella complessa conformazione dell’edificio.Sulla base di queste ipotesi è stata messa a punto una simulazione matematica, che rivela come la Grande Piramide «può concentrare le onde radio nelle sue camere interne e sotto la base, un po’ come una parabola». Questo avviene perché «la lunghezza d’onda delle onde radio, compresa 200 e 600 metri, è in un certo rapporto rispetto alle dimensioni della piramide», spiega Tullio Scopigno, fisico della Sapienza di Roma. Significa che, per avere lo stesso effetto con altri tipi di radiazioni che hanno lunghezze d’onda diverse (come la luce) sono necessarie strutture di dimensioni differenti: precisamente, occorrono dispositivi in miniatura. «Ecco perché i ricercatori prevedono di progettare nanoparticelle, delle dimensioni di qualche milionesimo di millimetro, e a forma di piramide, in grado di riprodurre effetti simili nel campo ottico, da usare nelle celle solari». Della presenza di una «strana energia» parla anche l’antropologo bosniaco Semir Osmanagich, già docente a Houston, scopritore delle Piramidi di Visoko a due passi da Sarajevo. Sono 5 piramidi di dimensioni ragguardevoli, la maggiore delle quali – battezzata Piramide del Sole – è assai più grande di quella di Cheope. E attenzione: è costruita con giganteschi mattoni di calcestruzzo. Ma l’aspetto più clamoroso è la datazione, confermata dal radiocarbonio: la piramide bosniaca risale al 29.000 avanti Cristo.Buio pesto: per l’ufficialità accademica, la nostra civiltà risalirebbe ad appena 6.000 anni fa, cioè all’epoca della scrittura cuneiforme mesopotamica. Più recente la scoperta della civiltà Arappa della valle dell’Indo, risalente a 11.000 anni fa. Quasi allo stesso periodo è attribuita la scrittura “danubiana” (di origine sconosciuta) identificata in Romania. Lo ricorda lo storico Nicola Bizzi, autore del volume “Da Eleusi a Firenze” nonché di un rivoluzionario saggio sull’Atlantide, basato su fonti antecedenti a quelle tradizionali, per lo più letterarie, attribuite a Platone. Utilizzando materiali inediti, custoditi in Toscana e riprodotti in epoca rinascimentale, Bizzi data l’origine della presunta “civiltà atlantidea” attorno al 19.000 avanti Cristo. Sarebbe stata letteralmente cancellata da due devastanti cataclismi, il primo attorno al 10.800 e il secondo nel 9.500, innescati entrambi da una pioggia di comete. Il livello dei mari si sarebbe alzato di 150 metri, cambiando la geografia del mondo. Le attuali isole Azzorre sarebbero quel che resta di En, la maggiore delle 7 entità macro-insulari di Atlantide: un continente oceanico esteso da Gibilterra al Golfo del Messico. Secondo i testi della tradizione sacerdotale eleusina – racconta Bizzi, intervistato a “Forme d’Onda” – la casta dominante del continente insulare chiamato En aveva adottato il simbolo del leone.Di recente, il giornalista ed etnografo Graham Hancock ha citato studi geologici che confermano che la Sfinge di Giza avrebbe almeno il doppio degli anni che le vengono attribuiti dall’egittologia. E’ stata erosa da millenni di piogge: secondo i climatologi, può essere avvenuto 10.000 anni fa, quando l’Egitto non era ancora un’area desertica e aveva un regime climatico tropicale, con precipitazioni quotidiane. Il guaio, dice Bizzi, è che l’archeologia si rifiuta di incrociare i suoi dati con le altre discipline, dalla mineralogia alla geologia, fondamentali per determinare le datazioni. L’ennesima conferma del fatto che la nostra storia sia da riscrivere proviene dal sito archeologico turco di Gobekli Tepe, risalente al 10.000 avanti Cristo: un monumentale complesso di culto con statue e templi, decorazioni e iscrizioni. Quanto a Giza, i ricercatori contemporanei sostengono che, in origine, la Sfinge avesse la testa di un leone. Era la “firma” dei signori di En, padroni dell’Atlantide? Dunque i faraoni se le ritrovarono già fatte, le piramidi, senza sapere chi le avesse costruite? Tuttora, l’egittologia non sa come possano esser state edificate. E i fisici russi e tedeschi adesso scoprono che sono “macchine” perfette per concentrare energia.Suggestioni: a livello simbologico, come ricorda l’esperto Gianfranco Carpeoro, autore di saggi come “Summa Symbolica”, l’associazione tra il leone e l’acqua ha percorso millenni. Siamo pieni di fontane in cui l’acqua fuoriesce dalla bocca di un leone, che non è esattamente un animale acquatico. E a proposito: qual è la città più acquatica d’Italia? Venezia. Il cui simbolo è, guardacaso, il leone (alato). Carpeoro pensa soprattutto all’Egitto: gli egizi, spiega, ornarono con statue a forma di testa leonina le chiuse dei canali irrigui con cui sfruttavano le benefiche piene del Nilo. Nel cielo dell’Egitto, durante l’inondazione, campeggiava la costellazione del Leone. Ma al British Museum, aggiunge sempre Carpeoro, è custodita una statuetta antichissima e misteriosa, che raffigura un uomo dalla testa di leone. Indizio di una civiltà pre-diluviana? A leggere Bizzi, potrebbe essere. Il “grande diluivio” (citato in tutti i testi antichi, fino alla Bibbia) avrebbe sommerso vastissimi territori, inghiottendo intere civiltà costiere. Sarebbe stato originato dalla doppia “grandinata” di comete tra il 10.800 e il 9.500 avanti Cristo: la prima avrebbe colpito il Nord America, scatenando i vulcani fino a oscurare il sole, e generando così una glaciazione. La seconda avrebbe investito il Nord Atlantico, facendo sciogliere i ghiacci e innescano il gigantesco tsunami.A sconcertare, rilevano in molti, è il perdurante silenzio sulle scoperte acheologiche che si vanno susseguendo in questi anni, al punto da spingere i più critici a parlare di “storia proibita”. Tanto per dire: l’esistenza delle Piramidi di Visoko non è ancora stata “digerita” dall’intera comunità scientifica, nonostante i 1.500 giovani archeologi che le stanno esplorando, a turno, da anni. Lo stesso Osmanagich rivela che le piramidi, nel mondo, sono migliaia – ma è come se non se ne volesse parlare. Bizzi menziona qualcosa come 90 piramidi presenti addirittura in Europa, di cui almeno 15 in Italia. Una specie di tabù: le piramidi – non certo monumenti funerari, ora lo si è capito – rinviano inevitabilmente alla misteriosa identità dei loro costruttori, evidentemente in possesso di conoscenze (fisiche) molto avanzate. Credevamo di conoscerla bene, la Piramide di Cheope, ma ora sappiamo che così non è. Viene anch’essa da Atlantide, l’altro grande tabù della nostra archeologia? Per Bizzi, secondo la tradizione misterica eleusina – perseguitata dal Cristianesimo e costretta alla clandestinità dopo l’Editto di Tessalonica voluto da Teodosio nel 380 – veniva proprio da Atlantide-En la civiltà minoica che colonizzò il Mediterraneo. Era la cultura egea a saper innalzare le piramidi, che ancora oggi nessuno sa spiegare come furono costruite, né cosa fossero davvero e a cosa servissero?Ma non dovevano essere gigantesche tombe, le piramidi egizie? Così almeno si racconta, ancora oggi, nei libri scolastici e non solo: persino l’egittologia ufficiale continua ad attribuire alle piramidi una funzione essenzialmente funeraria. Peccato che oggi i fisici abbiano scoperto che, in realtà, le grandi piramidi sono “macchine” in grado di concentrare energia. Al punto da spingerli a progettare in forma piramidale addirittura le celle solari del futuro. La piramide di Cheope «è stata studiata con i metodi della fisica», rivela l’agenzia Ansa, «ed è emerso che riesce a concentrare l’energia elettromagnetica, e precisamente le onde radio, sia nelle camere interne sia nella base». Si potrebbero così progettare nanoparticelle ispirate alla struttura di questo edificio, che siano in grado di riprodurre un effetto analogo nel campo dell’ottica, da utilizzare per ottenere celle solari più efficienti. Lo indica la ricerca pubblicata sul “Journal of Applied Physics”, condotta dai fisici russi della Itmo University di San Pietroburgo e dal tedesco Laser Zentrum di Hannover. I ricercatori hanno condotto lo studio perché interessati alla struttura della tomba del faraone Cheope dal punto di vista fisico. In particolare, «hanno voluto vedere come le onde radio si distribuiscono» nella complessa conformazione dell’edificio.
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La lotteria dell’universo e i numeri sbagliati del pianeta
La verità. La verità è che siamo fuori di qualche trilione. Lo so, ammise il supremo contabile; ma il problema, come sempre, è politico. Occorre ben altro che il pallottoliere: servono narrazioni, e il guaio è che i narratori ormai scarseggiano. Il Supremo aveva superato i sessant’anni ed era cresciuto al riparo dei migliori istituti, poi l’avevano messo alla prova per vedere se sarebbe stato capace di premere il pulsante. Intuì che premere il pulsante era l’unico modo per restare a bordo, e lo premette. Quando poi vide la reale dimensione del dramma, ormai era tardi: c’erano altri pulsanti, da far premere ad altri esordienti. Si fece portare un caffè lungo, senza zucchero, e provò il desiderio selvaggio di tornare bambino. Rivide un prato senza fine, gremito di sorrisi e volti amici, tutte persone innocue. Devo proprio aver sbagliato mondo, concluse, tornando alla sua contabilità infernale.Il messia. Alla mia destra, aveva detto, e alla mia sinistra. Sedevano a tavola, semplicemente. Avevano sprecato un sacco di tempo in chiacchiere inconcludenti, e lo sapevano. Con colpevole ritardo, dopo inenarrabili vicissitudini dai risvolti turpemente malavitosi, si erano infine rimessi al nuovo sire, l’inviato dall’alto. Familiarmente, tra loro, lo chiamavano messia, essendo certi che avrebbe fatto miracoli e rimesso le cose al loro posto, ma non osavano consentirsi confidenze di sorta: ne avevano un timoroso rispetto. Quell’uomo incuteva soggezione, designato com’era dal massimo potere superiore. Non restava che ascoltarlo, in composto silenzio, assecondandolo in tutto e sopportandone la postura da tartufo. La sua grottesca affettazione si trasformava inevitabilmente, per i servi, in squisita eleganza. Gareggiavano, i sudditi, in arte adulatoria. Stili retorici differenti, a tratti, permettevano ancora di distinguere i servitori seduti a destra da quelli accomodati a sinistra.Tungsteno. L’isoletta era prospera e felice, o almeno così piaceva ripetere al governatore, sempre un po’ duro d’orecchi con chi osava avanzare pretese impudenti, specie in materia di politica economica, magari predicando la necessità di sani investimenti in campo agricolo. Il popolo si sentì magnificare le virtù del nuovo super-caccia al tungsteno, ideale per la difesa aerea. Ma noi non abbiamo nemici, protestarono. Errore: potremmo sempre scoprirne. Il dibattito si trascinò per mesi. I contadini volevano reti irrigue, agronomi, serre sperimentali, esperti universitari in grado di rimediare alle periodiche siccità. Una mattina il cielo si annuvolò e i coloni esultarono. Pioverà, concluse il governatore, firmando un pezzo di carta che indebitava l’isola per trent’anni, giusto il prezzo di un’intera squadriglia di super-caccia al tungsteno.Stiamo pensando. Stiamo pensando alla situazione nella sua inevitabile complessità, alle sue cause, alle incidenze coincidenti ma nient’affatto scontate. Stiamo pensando a come affrontare una volta per tutte la grana del famosissimo debito pubblico, voi capite, il debito pubblico che è come la mafia, la camorra, l’evasione fiscale, l’Ebola, gli striscioni razzisti negli stadi, la rissa sui dividendi della grande fabbrica scappata oltremare, l’abrogazione di tutto l’abrogabile. Perché abbiamo perso? Stiamo pensando a come non perdere sempre, a come non farvi perdere sempre. Stiamo pensando, compagni. E, in confidenza, di tutte queste problematiche così immense, così universali, così globalmente complicate, be’, diciamocelo: non ne veniamo mai a capo. Il fatto è che non capiamo, compagni. Non capiamo mai niente. Ma, questa è la novità, ci siamo finalmente ragionando su. Stiamo pensando. Una friggitoria di meningi – non lo sentite, l’odore?Unni. Scrosciarono elezioni, ma il personale di controllo era scadente e il grande mago cominciò a preoccuparsi, dato che i replicanti selezionati non erano esattamente del modello previsto. Lo confermavano a reti unificate gli strilli dei telegiornali, allarmati anche loro dall’invasione degli Unni. Non si capiva quanto fossero sinceri i loro slogan, quanto pericolosi. Provò il dominus ad armeggiare con i soliti tasti, deformando gli indici borsistici, ma non era più nemmeno certo che il trucco funzionasse per l’eternità. Vide un codazzo di Bentley avvicinarsi alla reggia e si sentì come Stalin accerchiato dai suoi fidi, nei giorni in cui i carri di Hitler minacciavano Mosca. Ripensò ai tempi d’oro, quando gli asini volavano e persino gli arcangeli facevano la fila, senza protestare, per l’ultimissimo iPhone.(Estratto da “La lotteria dell’universo”, di Giorgio Cattaneo. “Siamo in guerra, anche se non si sentono spari. Nessuno sa più quello che sta succedendo, ma tutti credono ancora di saperlo: e vivono come in tempo di pace, limitandosi a scavalcare macerie. Fotogrammi: 144 pillole narrative descrivono quello che ha l’aria di essere l’inesorabile disfacimento di una civiltà”. Il libro: Giorgio Cattaneo, “La lotteria dell’universo”, Youcanprint, 148 pagine, 12 euro).La verità. La verità è che siamo fuori di qualche trilione. Lo so, ammise il supremo contabile; ma il problema, come sempre, è politico. Occorre ben altro che il pallottoliere: servono narrazioni, e il guaio è che i narratori ormai scarseggiano. Il Supremo aveva superato i sessant’anni ed era cresciuto al riparo dei migliori istituti, poi l’avevano messo alla prova per vedere se sarebbe stato capace di premere il pulsante. Intuì che premere il pulsante era l’unico modo per restare a bordo, e lo premette. Quando poi vide la reale dimensione del dramma, ormai era tardi: c’erano altri pulsanti, da far premere ad altri esordienti. Si fece portare un caffè lungo, senza zucchero, e provò il desiderio selvaggio di tornare bambino. Rivide un prato senza fine, gremito di sorrisi e volti amici, tutte persone innocue. Devo proprio aver sbagliato mondo, concluse, tornando alla sua contabilità infernale.
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L’oro dei Sumeri: Sudafrica, una metropoli di 200.000 anni
Heine aveva un vantaggio unico: essersi reso conto del numero e della portata di quelle strane fondazioni di pietra. Il loro significato non era mai stato colto? «Quando Johan per primo mi ha fatto conoscere le antiche rovine di pietra dell’Africa Australe, non avevo idea delle incredibili scoperte che ne sarebbero seguite, in breve tempo», racconta Tellinger. «Le fotografie, i manufatti e le prove che abbiamo accumulato puntano senza dubbio ad una civiltà perduta e sconosciuta, visto che precede tutte le altre – non di poche centinaia d’anni, o di qualche migliaio d’anni… ma di molte migliaia d’anni». Queste scoperte, continua Tellinger, «sono così impressionanti che non saranno facilmente digerite dall’opinione ufficiale, dagli storici e dagli archeologi, come abbiamo già sperimentato». Secondo il ricercatore, «è necessario un completo mutamento di paradigmi, nel nostro modo di vedere la nostra storia umana». Autore, scienziato ed esploratore sudafricano, protagonista di campagne d’opinione contro le banche, Tellinger ha fondato un suo partito politico, Ubuntu, che sostiene la fornitura gratuita delle risorse a tutta la società. Ha presentato la sua scoperta, ribattezzata “Calendario di Adamo”, come un sito di straordinaria importanza archeologica, essendo al centro di una rete di cerchi di pietre presenti in tutta l’Africa meridionale, che presumibilmente «ha incanalato l’energia, in tempi antichi».L’area è importantissima, per un aspetto che colpisce subito: l’oro. «Le migliaia di antiche miniere d’oro, scoperte nel corso degli ultimi 500 anni, indicano una civiltà scomparsa che ha vissuto e scavato per l’oro in questa parte del mondo per migliaia d’anni», dice Tellinger. «E se questa è in realtà la culla del genere umano, forse stiamo osservando le attività della più antica civiltà sulla Terra». Se si compie una “ricognizione aerea” con Google Earth (secondo le coordinate fornite da Dan Eden) il risultato è stupefacente. Prima domanda: l’oro ha giocato un certo ruolo sulla densità di popolazione che un tempo viveva qui? Il sito si trova a circa 150 miglia da un ottimo porto, il cui commercio marittimo potrebbe avere contribuito a sostenere una popolazione così importante. Ma stiamo parlando di quasi 200.000 anni fa. Tanta attenzione per le miniere d’oro – di cui non ci risulta cha nostra civiltà conoscesse, in tempi così remoti, le tecniche estrattive – ricorda alcuni racconti dei Sumeri: narrano che gli Anunnaki (i signori della Terra, l’equivalente degli Elohim biblici) inizialmente fossero costretti a lavorare duramente. Ed è noto che proprio l’oro, in astronautica, è apprezzato per le sue proprietà isolanti: proteggerebbe anche dalle radiazioni nucleari. I lavoratori Anunnaki, narrano i Sumeri, a un certo punto si ribellarono al lavoro schiavistico. Da lì nacque l’idea di “fabbricare” geneticamente una specie intelligente, quella degli “Adamu”, che lavorasse nelle miniere al posto degli “dei”.Le singole rovine scoperte in Sudafrica sono in gran parte costituite da cerchi di pietre, per lo più sepolti sotto la sabbia e visibili soltanto dal satellite o dall’aereo. Alcuni, scrive Eden, sono riaffiorati di recente, quando il cambiamento climatico ha soffiato via la sabbia, rivelando le mura e le fondamenta. «Anche se mi vedo come una persona di mente aperta – dice Tellinger – devo ammettere che mi ci è voluto oltre un anno, per digerire la scoperta e per capire che abbiamo realmente a che fare con le strutture più antiche mai costruite dall’uomo sulla Terra». Tanto stupore deriva da un pregiudizio: «Ci hanno insegnato che nulla di significativo è mai venuto dal Sud Africa: ci è stato sempre detto che le civiltà più potenti sono apparse in Sumeria, in Egitto e in altri luoghi». Quanto all’Africa, la storia ufficiale sostiene che, fino all’insediamento del popolo Bantu, proveniente da nord a partire dal 1300 (medioevo europeo), questa parte del mondo era piena soltanto di cacciatori-raccoglitori, e che i cosiddetti Boscimani non hanno fornito alcun contributo importante alla tecnologia o alla civiltà. Quando i primi esploratori incontrarono queste rovine sudafricane, scrive Eden, davano per scontato che fossero recinti per il bestiame realizzati da tribù nomadi come quelle dei Bantu, si spostarono verso sud e si stabilirono in quei terrtitori intorno al XIII secolo dopo Cristo.«Non si conoscevano le testimonianze storiche di nessuna civiltà precedente, più antica, in grado di costituire una comunità così densamente popolata». Tuttavia, aggiunge Eden, ben pochi sforzi sono stati fatti per indagare il gigantesco sito ora emerso: la collocazione storica delle rovine non era ancora nota. «Negli ultimi 20 anni, persone come Cyril Hromnik, Richard Wade, Johan Heine e una manciata d’altri hanno scoperto che queste strutture in pietra non sono ciò che sembrano essere. In realtà questi sono ora ritenuti i resti di antichi templi e osservatori astronomici di antiche civiltà perdute, che risalgono a molte migliaia di anni fa». Le immense rovine circolari sono distribuite su una vasta area. Possono solo essere veramente apprezzate soltanto dal cielo, dall’aereo o attraverso immagini satellitari. «Molte di loro sono quasi completamente erose o sono state coperte dai movimenti del suolo fatti per l’agricoltura lungo il tempo. Alcune sono sopravvissute abbastanza bene da rivelare le loro grandi dimensioni, con alcuni muri originali in piedi, sino a quasi 2 metri d’altezza e oltre un metro di larghezza». Guardando la “metropoli” intera, diventa evidente che si trattava d’una comunità ben progettata, sviluppata da una civiltà evoluta. E poi, appunto, l’oro: il numero di antiche miniere suggerisce la ragione per cui la comunità si trovasse proprio in quella regione.E’ possibile rilevare anche l’esistenza di tracciati “stradali”, lunghi anche 100 miglia, che collegavano la comunità e l’agricoltura a terrazzamenti molto simili a quelli trovati negli insediamenti Inca in Perù. Ma, si domanda Eden, tutto questo come potrebbe esser stato realizzato dagli esseri umani 200.000 anni fa? «Trovare i resti di una grande comunità, con ben 200.000 persone che vivevano e lavoravano insieme, è stata una scoperta importante in sé. Ma la datazione del sito ha costituito un problema. La patina pesante sulle pareti di roccia – scrive Eden, citando il lavoro degli archeologi – suggeriva che le strutture dovessero essere molto vecchie, ma la scienza della datazione tramite la patina è solo in fase di sviluppo ed è ancora controversa». La datazione col carbonio 14, che rileva sostanze organiche come il legno bruciato, è alterata dalla possibilità che i reperti «possano aver subito incendi recenti dell’erba circostante, che sono comuni nella zona». La svolta è arrivata inaspettatamente, come spiega lo stesso Tellinger: è l’astronomia a rivelare la datazione del complesso, che riproduce una configurazione stellare visibile dalla Terra soltanto 200.000 anni fa.Johan Heine, racconta Tellinger, scoprì il “Calendario Adam” nel 2003, quasi per caso. Andava a cercare uno dei suoi piloti che si era schiantato con l’aereo sul bordo dell’altopiano. Accanto al luogo dello schianto, Johan notò un gruppo molto strano di grosse pietre, sporgenti dal terreno. Mentre portava in salvo il pilota ferito, Johan si rese conto che i monoliti erano allineati ai punti cardinali della Terra – nord, sud, est e ovest. «C’erano almeno tre monoliti allineati verso il sorgere del sole, ma sul lato ovest dei monoliti allineati c’era un misterioso buco nella terra – mancava qualcosa». Dopo mesi di misurazioni, Johan concluse che le rocce erano perfettamente allineate con il sorgere e il tramonto del sole: solstizi ed equinozi. E il misterioso buco nel terreno? Un giorno, l’esperto locale di piste a cavallo, Christo, spiegò a Johan che c’era una pietra dalla strana forma, che era stata rimossa dal luogo qualche tempo prima, e collocata vicino all’ingresso della riserva naturale. Dopo una lunga ricerca, Johan trovò la pietra (antropomorfica, di forma umanoide). «Era intatta e con orgoglio recava una targa, attaccata ad essa. Era stata utilizzata dalla Fondazione Blue Swallow per commemorare l’apertura della riserva Blue Swallow nel 1994. L’ironia è che era stata rimossa dal sito antico più importante trovato fino ad oggi, e misteriosamente era ritornata alla riserva».I primi calcoli dell’età del Calendario di Adamo sono stati effettuati in base al sorgere di Orione, costellazione conosciuta per le sue tre stelle luminose che formano la “cintura” del mitico cacciatore della Beozia. La Terra oscilla sul suo asse, e quindi le stelle e le costellazioni cambiano il loro angolo di presentazione nel cielo notturno, in base alla congiuntura. Questa rotazione, denominata “precessione degli equinozi”, completa il suo ciclo ogni 26.000 anni, all’incirca. «Se possiamo stabilire quando le tre stelle della Cintura di Orione erano posizionate in orizzontale contro l’orizzonte, possiamo stimare il momento in cui le tre pietre del Calendario erano in linea con queste stelle visibili». Il primo calcolo approssimativo fu di almeno 25.000 anni. Ma le nuove misurazioni, più precise, tendevano ad aumentare l’età del ritrovamento. Il calcolo successivo è stato compiuto da un esperto archeo-astronomo, «che vuole rimanere anonimo per paura», temendo di essete deriso dalla comunità accademica. Il suo calcolo, spuega Eden, si è basato sul sorgere di Orione e ha suggerito un’età di almeno 75.000 anni. Ma il conteggio più recente e più preciso, eseguito soltanto nel giugno del 2009, suggerisce un’età di almeno 160.000 anni, sulla base del sorgere apparente di Orione all’orizzonte – ma anche dell’erosione delle pietre costituite da un particolare minerale, la dolerite, trovare sul sito. Alcuni frammenti dei “marcatori” di pietra sono stati sbriciolati dall’erosione naturale: ricomposti, rivelano l’assenza di circa 3 centimetri di roccia (tanto basta, per calcolare – mediante sottrazione – la loro presunta età originaria).Chi ha edificato la metropoli? E perché? Sembrerebbe che gli esseri umani abbiano sempre apprezzato l’oro. È anche menzionato nella Bibbia, che descrive i fiumi del Gan, il “paradiso terrestre” situato nella regione geografica di Eden, tra la Mesopotamia e il Mar Caspio: «Il nome del primo [fiume] è Pishon; scorre intorno a tutto il paese di Havilah, dove c’è l’oro», si legge in Genesi 2:11. Il Sudafrica è conosciuto come il più grande paese produttore di oro al mondo. L’epicentro estrattivo è il Witwatersrand, cioè la stessa regione dove l’antica metropoli si trova. Nelle vicinanze di Johannesburg c’è poi un luogo chiamato “Egoli”, che significa “la città d’oro”. Sembra molto probabile, quindi, che l’antica metropoli sorgesse a causa della sua vicinanza con l’offerta d’oro più grande del pianeta. Ma perché gli antichi lavoravano così alacremente nelle miniere d’oro? Il prezioso metallo non si può mangiare, è troppo tenero da utilizzare per la produzione di utensili e non ha alcuna utilità pratica, se non per ricavarne ornamenti, anche se la sua qualità estetica non è superiore a quella di altri metalli pregiati, come il rame o l’argento. Perché mai l’oro divenne così prezioso, dunque? Perché proprio l’oro diventò così importante per i primi Homo Sapiens?Per cercare la risposta, scrive Dan Eden, dobbiamo esaminare il periodo preistorico in questione: com’erano, gli esseri umani, 160.000 anni fa? Come fece, il Sapiens, a distinguersi dai suoi antenati ominidi assai meno evoluti, come l’Homo Habilis e l’Homo Erectus? Gli scienziati, scrive Eden, non hanno ancora capito perché apparve, improvvisamente, quel nuovo tipo umano. Non sanno in che modo quel cambiamento avvenne. Attualmente, infatti, siamo soltanto in grado di rintracciare i nostri geni risalendo fino ad un’unica donna, che paleontologi e genetisti chiamano Eva Mitocondriale. Quell’Eva primigenia, denominata “mt-Mrca”, è definita come il nostro antenato “matrilineare” più recente. Tramandato da madre a figlio, tutto il Dna mitocondriale (“mt-Dna”) in ogni persona vivente è derivato da quell’individuo di sesso femminile. L’Eva Mitocondriale è la controparte femminile di “Adamo Y-cromosomico”, l’antenato comune “patrilineare” più recente. Gli studiosi ritengono che la Eva Mitocondriale sia vissuta tra 150.000 a 250.000 anni fa, probabilmente in Africa Orientale, attorno alla Tanzania. Si ipotizza che vivesse in una popolazione di 4-5.000 esemplari, tutte femmine, in grado di produrre prole in un dato momento.«Se altre femmine avevano prole con cambiamenti evolutivi del loro Dna, non abbiamo alcuna registrazione della loro sopravvivenza», scrive Eden. «Sembra che siamo tutti discendenti di questa femmina umana». Lei, Eva Mitocondriale, sarebbe stata «pressoché contemporanea degli esseri umani i cui fossili sono stati rinvenuti in Etiopia, nei pressi del fiume Omo e di Hertho». Si pensa che l’Eva Mitocondriale sia vissuta «molto prima dell’emigrazione dall’Africa, che potrebbe essersi verificata tra 60.000 e 95.000 anni fa». La regione africana dove si può trovare il massimo livello di diversità mitocondriale, aggiunge Eden, è la stessa in cui gli antropologi ipotizzano che la divisione più antica della popolazione umana abbia iniziato a verificarsi. E l’antica metropoli sudafricana si trova proprio in quest’ultima regione, «che corrisponde anche al periodo stimato in cui le mutazioni genetiche improvvisamente accaddero», per dare origine al Sapiens. Coincidenze? La stessa storia dei Sumeri descrive l’antica metropoli e i suoi abitanti. «Sarò onesto con voi», premette Eden: «Questa parte successiva della storia è difficile da scrivere. È così sconvolgente che la persona media non ci vuole credere. Se siete come me, vi consiglio di fare la ricerca voi stessi, e di prendervi del tempo per permettere ai fatti di stabilirsi nella vostra mente».Riassume Eden: ci hanno spesso fatto credere che la nostra storia conosciuta cominci con gli egizi, le piramidi e i faraoni, le cui dinastie più antiche risalgono a poco più che 5.000 anni fa, precisamente nel 3.200 avanti Cristo. Ma la civiltà mesopotamica dei Sumeri, considerata la prima a costruire città, risale ad almeno mille anni prima. «Abbiamo tradotto molte delle loro tavolette, scritte in caratteri cuneiformi e in scritture precedenti, in modo da sapere parecchio sulla loro storia e sulle loro leggende». Viene da lì il primo sigillo che raffigura la narrazione del “Grande Diluvio”, che annienta l’umanità. Molte leggende sumere, riconosce Eden, sembrano aver ispirato la stessa Genesi, assai più recente. Come la Genesi, la narrazione sumerica contenuta nell’Atrahasis racconta la comparsa degli esseri umani moderni, originati «non da un “Dio d’amore”, ma da esseri provenienti da un altro pianeta, che avevano bisogno di “lavoratori schiavi”, per aiutarli a lavorare nelle miniere d’oro». Quel metallo, sempre secondo i Sumeri, era indispensabile per le «spedizioni extra-planetarie» di quei misteriosi signori, gli Anunnaki. La versione a noi nota dell’Atrahasis, aggiunge Eden, proviene da una stesura babilonese più recente, che risale al 1.700 avanti Cristo. La storia inizia presentando gli “dèi”, esseri provenienti da un pianeta chiamato Nibiru, che scavano fossati e miniere per l’oro, come fossero una squadra minatori. L’Homo Sapiens non esistevano ancora, la Terra era abitata soltanto da ominidi primitivi.Sempre secondo la narrazione babilonese ispirata all’originario racconto dei Sumeri, c’erano due gruppi distinti di “divinità”: i lavoratori e la classe dirigente, i comandanti. Gli “dèi lavoratori”, fabbricanti di infrastrutture e impianti minerari, dopo migliaia d’anni si ribellarono, data l’eccessiva mole di lavoro. «Gli dèi dovevano scavare i canali», scrive l’Atrahasis. «Dovevano tenere puliti i canali, le arterie vitali della terra». Addirittura, «gli dèi scavarono il letto del fiume Tigri, e poi hanno fatto quello dell’Eufrate». Dopo 3.600 anni di questo lavoro, gli “dèi” finalmente cominciarono a lamentarsi. Decisero di scendere in sciopero, bruciando i loro strumenti e circondando la “dimora” del dio principale, Enlil (il suo “tempio”). Il ministro di Enlil, Nusku, scosse Enlil dal letto e l’avvisò che la folla inferocita stava là fuori. Enlil ne rimase spaventato. Il suo volto è descritto «olivastro come una tamerice». Il ministrò Nusku consigliò Enlil di chiamare gli altri grandi “dèi”, soprattutto Anu (“dio” del cielo) ed Enki (il “dio” intelligente delle acque dolci). Anu consigliò ad Enlil di scoprire chi fosse il capo della ribellione. Spedirono Nusku in avanscoperta per chiedere alla folla delle “divinità” chi fosse il loro leader. E la folla rispose: «Ciascuno di noi dèi vi ha dichiarato guerra!».Constatato che il lavoro degli “dèi” di classe inferiore «era troppo difficile», i capi decisero di sacrificare uno dei ribelli per il bene di tutti: avrebbero preso un solo “dio”, l’avrebbero ucciso e ne avrebbero ricavato il genere umano, mescolando la carne e il sangue del “dio” con l’argilla. Scrive sempre l’Atrahasis nella versione babilonese: «Belit-ili, la dea del grembo materno, è presente». Il nome ricorda – in modo impressionante – quello di Lilith, mitica femmina e “madre primigenia” un tempo presente nella stessa Bibbia, e poi rimossa. «Lasciate che la dea del grembo materno crei la sua prole – aggiunge l’Atrahasis – e lasciate che l’uomo sopporti il carico degli dei!». Dopo che Enki li istruì sui rituali di purificazione per il primo, settimo e quindicesimo giorno d’ogni mese, gli “dèi” uccisero Geshtu-e, «un dio che aveva l’intelligenza» (il suo nome significa “orecchio” o “saggezza”) e, di fatto, “fabbricarono” l’attuale l’umanità impastando il suo sangue con della creta. Dopo che la “dea della nascita” ebbe mescolato l’argilla, tutti gli “dèi” si raccolsero intorno e, letteralmente, sputarono sul nascituro. Poi Enki e la “dea dell’utero” presero l’argilla e la portarono nella “stanza del destino”, dove si riunirono tutte le “dee del grembo materno”. Continua l’Atrahasis: «Egli [Enki] calpestò l’argilla in presenza di lei; lei continuava a recitare un incantesimo, perché Enki, soggiornando in sua presenza, l’aveva obbligata a recitarlo. Quando ebbe finito il suo incantesimo, estrasse quattordici pezzi d’argilla e mise sette pezzi a destra, sette a sinistra. Tra di essi depose un mattone di fango».La “creazione dell’uomo”, scrive Dan Eden, sembra dunque descritta come una specie di clonazione, che ricorda l’odierna fecondazione in vitro. «Il risultato fu un ibrido, o “umano evoluto”, con maggiore intelligenza, che potesse svolgere le funzioni fisiche degli “dèi lavoratori” e anche prendersi cura delle esigenze di tutti gli “dèi”». In altri testi, poi, ci viene detto che la “spedizione” nella regione mineraria fu originata dalla necessità di estrarre grandi quantità di oro, destinate ad essere spedite “fuori del pianeta”. Quella comunità stanziatasi in Sud Africa aveva un nome proprio: era chiamata Abzu. Visto che questi “eventi” sembrano coincidere con le date della Eva Mitocondriale, vale a dire dal 150.000 al 250.000 avanti Cristo, alcuni ricercatori – conclude Eden – sospettano che i “miti dell’origine” della tradizione sumera possano essere basati su precisi avvenimenti storici. Consonanze, analogie: «Secondo gli stessi testi, una volta conclusa la spedizione mineraria, fu deciso che la popolazione umana dovrebbe essere lasciata perire in un diluvio che era stato previsto dal astronomi degli “dèi”. A quanto pare, il passaggio ciclico del pianeta natale degli “dèi”, Nibiru, stava per portarlo abbastanza vicino all’orbita della Terra», e la gravità dell’evento astronomico «avrebbe provocato una risalita (marea) degli oceani», fino a inondare completamente la Terra, mettendo fine alla specie – ibrida – dell’Homo Sapiens, “fabbricato” con sangue “divino”, sputi e creta.Sempre secondo la narrazione mesopotamica, uno degli “dèi” sumeri aveva simpatia per un essere umano particolare, Zuisudra, e lo avvertì del pericolo imminente: gli consigliò di costruire una imbarcazione capace di cavalcare l’onda del diluvio. Questo, osserva Eden, divenne poi la base narrativa per la successiva storia del Noè biblico. Il cataclisma del diluvio fu un fatto veramente accaduto? «L’unica altra spiegazione è immaginare che le leggende sumere, che parlano della vita su altri pianeti e della clonazione umana, fossero straordinarie creazioni di fantascienza. Questo sarebbe di per sé sorprendente». Oggi però abbiamo la prova che la “mitica” città mineraria, Abzu, è reale. Sarebbe stata popolata dai Sapiens “fabbricati” dagli “dei” per rimpiazzarli nelle miniere d’oro. Dall’alto, scrutandola sorvolando il Sudafrica, appare come una megalopoli di dimensioni impressionanti. E secondo la datazione ricostruita dall’équipe archeologica di Tellinger, quella gigantesca “colonia” «esisteva nella stessa epoca dell’improvvisa evoluzione degli ominidi a Homo Sapiens». E’ sufficiente, quello che è stato scoperto? E’ abbastanza, conclude Eden, per darci da pensare un bel po’, su come e quando sia davvero comparso, l’uomo, sulla faccia della Terra.Sono sempre stati lì. Qualcuno li aveva già notati prima, ma nessuno riusciva a ricordare chi li avesse fatti, e perché? Fino a poco tempo fa, nessuno sapeva nemmeno quanti fossero. Ora sono dappertutto, a migliaia, a centinaia di migliaia. «E la storia che raccontano è la storia più importante dell’umanità, ma c’è chi potrebbe non essere pronto ad ascoltarla», scrive Dan Eden, presentando «qualcosa di straordinario» che è stato scoperto in una zona del Sudafrica, a circa 280 chilometri dalla costa, ad ovest del porto di Maputo (capitale del Mozambico). «Sono i resti d’una grande metropoli che misurava, secondo stime prudenti, circa 5.000 chilometri quadrati. Faceva parte di una comunità ancora più ampia, di circa 35.000 chilometri quadrati, che sembra essere stata costruita – siete pronti? – dal 160.000 al 200.000 avanti Cristo». Il perimetro della megalopoli, scrive Eden in un post ripreso da “La Crepa nel Muro”, si lo può intravedere attraverso Google Earth. La regione è remota, ma i “cerchi” presenti sul terreno non erano sfuggiti, in passato, agli agricoltori indigeni. «Nessuno però s’era mai preso la briga di informarsi su chi potrebbe averli fatti o quale età potessero avere». La situazione è cambiata quando se n’è occupato il ricercatore Michael Tellinger, in collaborazione con Johan Heine, un vigile del fuoco locale, nonché pilota, che – dal suo aereo – aveva osservato quelle rovine per anni, sorvolando la regione.
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Paolo Rumor: un potere segreto ci domina da 12.000 anni
Un’entità clandestina, sinistra perché invisibile. Segretamente dominante, e molto antica: vecchia di millenni, addirittura. «Mi addolora, aver scoperto l’esistenza di un’Europa nascosta e parallela: interviene nella politica e anche nella cultura, condizionando il nostro mondo». E’ qualcosa di proto-storico, quasi eterno: oggi, attraverso i suoi emissari, questa entità fantasma «agisce accorpando fattori monetari e produttivi, di cui paghiamo le conseguenze sulla nostra pelle», come si è visto nella débacle dell’ultimo decennio. «La distruzione dell’equilibrio monetario europeo è frutto di queste persone». Una cupola misteriosa di origine antichissima: addirittura 12.000 anni. Paolo Rumor la chiama, semplicemente, “la Struttura”. Risalirebbe alla notte dei tempi, nel territorio che vide fiorire la civiltà sumera e poi quella egizia. Ne parlò a suo padre, Giacomo Rumor, l’esoterista e politico francese Maurice Schumann, tra i fondatori del gollismo: gli rivelò, per iscritto, l’esistenza plurimillenaria della “Struttura”. Una conferma viene dal cardinale Montini, futuro Papa Paolo VI e amico di Giacomo Rumor, coinvolto dal Vaticano nella gestazione dell’unità europea per bilanciarne l’esuberante componente massonica.Nomi che ricorrono: il padre di Paolo Rumor era cugino del più celebre Mariano Rumor, esponente della Dc e per 5 volte primo ministro italiano. Lo Schumann menzionato, invece, non ha nulla a che vedere con l’altro Schuman (sempre francese, ma con una sola “enne” nel cognome), cioè l’eurocrate Robert, considerato – insieme al connazionale Jean Monnet – tra i padri fondatori dell’Ue. La notizia? Questo potere oligarchico si considera discendente di una filiera ininterrotta di dominatori, lunga qualcosa come 12 millenni. E’ la verità, piuttosto scioccante, contenuta nel saggio “L’altra Europa”, edito da Panda. Libro che Paolo Rumor ha scritto con l’aiuto del politologo Giorgio Galli, grande conoscitore del ruolo occulto dell’esoterismo nella politica, e dell’architetto Loris Bagnara, studioso dell’archeo-astronomia egizia della piana di Giza. La tesi: un’unica piramide di potere si “passa il testimone” attraverso le epoche, all’insaputa dei popoli che governa – ieri per mezzo di sovrani e condottieri, oggi più prosaicamente attraverso i politici, il più delle volte inconsapevoli del “grande gioco”. Una visione che fa impallidire l’élite “feudale” denunciata da Paolo Barnard, risalente “soltanto” al medioevo, o l’intreccio delle potentissime Ur-Lodges messe clamorosamente in piazza da Gioele Magaldi.«Il progetto iniziale non era di unire l’Europa ma il bacino del Mediterraneo, dove allora si era sviluppata la civiltà», premette Paolo Rumor nella lunga intervista concessa a Fabio Frabetti ai microfoni di “Border Nights”. Tutto nasce dopo la morte del padre, Giacomo Rumor, nel 1981. Il figlio era al corrente del lavoro “diplomatico” condotto dal genitore quarant’anni prima. Brillante avvocato e fervente cattolico, impegnato nella Resistenza, Giacomo Rumor era stato coinvolto nel gruppo di studi promosso dallo stesso presidente americano Roosevelt per preparare l’Europa antifascista del dopoguerra. Erano incontri discreti, spesso clandestini: «Mio padre andava e veniva da Vienna o dal Sud della Francia viaggiando sotto falso nome. In tempo di guerra può sembrare pazzesco, eppure dovevano aver trovato un sistema per evitare controlli». Giacomo Rumor entra in stretto contatto con Maurice Schumann, futuro segretario di Stato francese, che lo mette a parte della verità indicibile. Rumor ne rimane scosso: «Mio padre era un cattolico convinto, e come tale provava fastidio per l’esoterismo», racconta il figlio. La componente esoterica era evidente in Schumann, e a Giacomo Rumor non piaceva. «In effetti dopo un po’ mio padre ha rinunciato all’incarico, rendendosi conto che l’Europa nasceva con un consistente lascito massonico».A Simone Leoni, della rivista “Fenix”, Paolo Rumor riassume l’origine (sconcerante) del libro. «Mio padre non aveva intenzione di pubblicare gli incartamenti in suo possesso, né di rendere noto ciò che aveva conosciuto», premette. «Riteneva che il pubblico non fosse in grado di accettare ciò che lui era venuto a sapere dai suoi privilegiati interlocutori francesi». In sostanza, Giacomo Rumor «pensava che il mondo non fosse ancora maturo per sostenere l’impatto emotivo che possono provocare gli eventi storici reali, quelli mai divulgati al pubblico». Poi, però, all’inizio deglo anni ‘90, Paolo Rumor si accorge che molti indizi stanno ormai venendo a galla, e quindi decide di pubblicare «gran parte di ciò che possedevo». E aggiunge: «Mi sono sentito liberato da un peso che mi gravava sulla coscienza: quello di trattenere notizie che in definitiva appartengono alla collettività e alla storia».Forme di unità continentale sono state l’Impero Romano e poi il Sacro Romano Impero. Ma, secondo Rumor (in base alle carte di suo padre, ottenute da Schumann) l’attuale Unione Europea sarebbe figlia di un progetto molto più antico: il primo disegno organico, scrive, è databile nel II secolo dopo Cristo. Ma risalirebbe in realtà a una determinazione stabilita addirittura attorno al 10.000 avanti Cristo. Ufficialmente, ricorda Rumor, il moderno progetto-Europa è nato dal Mouvement Européen francese, nei primi decenni del 1900. Ma è stato “incubato” da un cenacolo esclusivo del ‘700, l’Ordine delle Ardenne (o di Stenaj), a sua volta risalente al potere imperiale di Roma. La “Struttura” descritta nel libro «non risulta possedere un nome definito», spiega l’autore: «Si maschera dietro altre compagini associative, dinastiche e religiose». Nell’elenco custodito da suo padre, «figura risalire fino al 136 dopo Cristo, ma si parla di un’antecedenza molto maggiore». In altre parole: «Possiamo ritenere che essa esistesse anche durante il periodo romano e alessandrino, evidentemente con scopi diversi da quello prettamente ufficiale, cioè l’unificazione del bacino mediterraneo, in quanto a quel tempo era stata di fatto raggiunta tramite la dominazione romana».Nello scritto che Schumann consegnò a Giacomo Rumor verso la fine degli ani ‘40, «si enunciava un’antecedenza della cosiddetta “Struttura” al decimo millennio avanti Cristo». E’ precisa anche l’ubicazione dell’entità di potere, «centrata prevalentemente nel basso corso del Nilo, nel Golfo Persico (ma in aree oggi sommerse), nel Golfo di Cambaj, a Galonia Laeta, nel “continente di Colba” (non identificabile) e in altri siti di incerta collocazione». Sono dunque così remoti, gli antenati del grande potere oggi alle prese con il “nuovo ordine mondiale” globalista? L’idea di un “nuovo ciclo storico”, spiega Paolo Rumor, «trae origine da concezioni simili, proprie della religione e della visione cosmica dell’antico Egitto dinastico o di altre civiltà del Mediterraneo». L’autore ritiene che vi siano «reali e precise coincidenze tra la collocazione dei siti e la descrizione degli eventi di cui parlano gli incartamenti di monsieur Schumann». Coincidenze peraltro «avvalorate dalla ricerca paleografica avvenuta negli ultimi anni».Le cartografie conservate da Rumor «descrivono la derivazione della prima compagine organizzata in modo civile della storia». E’ la stessa dinamica illustrata nel saggio “Dominio” dall’intellettuale triestino Francesco Saba Sardi: la nascita dell’attuale modello di potere, con l’avvento del neolitico e la scoperta dell’agricoltura, da cui l’inedita necessità di controllare militarmente territori coltivabili. E’ allora che, insieme alla guerra, nasce la figura del re-sacerdote, il detentore di conoscenze supeirori su come ottenere i raccolti. Nascono anche altri soggetti sociali, assenti tra le popolazioni nomadi del paleolitico: i servi, contadini e soldati. I loro compiti: coltivare i campi, conquistarli, difenderli. Nasce, in altre parole, questo potere – configurato in forma di dominio, per la prima volta nella storia dell’umanità. Una dinamica che il libro di Paolo Rumor – inseguendo i primordi del supremo potere in forma di casta – mappa con precisione, «a partire dal noto sito di Menfi o dalla collina rocciosa ove è ubicata la Sfinge, alla periferia del Cairo odierno, fino alla sua precedente collocazione lungo gli originari siti fluviali del Tigri e dell’Eufrate, nell’Iraq meridionale, e all’interno di quello che adesso è il Golfo Persico e che, precedentemente, in un periodo che si aggira sull’8000 avanti Cristo, era ancora una pianura abitabile, non sommersa dal mare».In quest’ultima zona, tra le spiagge dell’Iraq e quelle dell’Iran, si sarebbe formato il primo nucleo che avrebbe fatto da culla alla società cui apparteneva la “Struttura” vera e propria, prima che il mare, invadendo le coste, costringesse i proto-Sumeri a spostarsi nella Mesopotamia interna e poi in Egitto. Ne parla anche Graham Hancock in “Civiltà sommerse”, edito da Corbaccio. «Ritengo che la storia dell’Egitto arcaico – dice Rumor – racconti, nella versione del mito, l’evoluzione della specie umana più di ogni altra civiltà antica». Il mito del “nuovo ciclo storico” si è poi “travasato” con mille affluenti nella cultura delle epoche posteriori, fino ai tempi moderni (dall’uomo nuovo del comunismo all’antropologia odierna della plebe globalizzata senza più diritti). «Non sarebbe la prima volta che, cercando il mito, si raggiunge la realtà», dice Paolo Rumor. Lo stesso Mauro Biglino, autore di una rilettura letterale della Bibbia, ricorda che solo grazie alla sua fede nelle pagine dell’Iliade il tedesco Heinrich Schliemann giunse a scoprire le rovine di Troia.Tornando al francese Schumann e alla storia della “Struttura”, Paolo Rumor tratteggia un network potentissimo e invisibile, fatto di uomini politici ed esponenti del mondo della cultura, ricercatori scientifici e archeologi, etnologi, antropologi. Ma anche uomini di Chiesa e personaggi delle più disparate etnie. Nel ‘900, la maggior parte dei leader del network-fantasma è di estrazione francese, inglese e germanica. «Mano a mano che si arretra nel tempo – spiega Rumor – l’elenco contempla una prevalenza francese», mentre, continuando a ritroso, «nel periodo greco-romano la componente etnica è quasi esclusivamente ebraica». L’elenco di Maurice Schumann termina all’inizio dell’era cristiana, ma attenzione: «Esiste un secondo elenco, solamente enunciato a mio padre e non consegnatogli – aggiunge Paolo Rumor – che contiene l’ascendenza dei nominativi fino all’epoca di inizio della “Struttura”», nel decimo millennio avanti Cristo. Diecimila anni dopo, nel libro di Paolo Rumor, compare il fatidico termine “Illuminati”. «E’ usato per descrivere un gruppo o categoria di persone di stirpe giudaica, vissute in Palestina in un periodo antecedente il 136 dopo Cristo». Lo stesso termine, aggiunge l’autore, indica persone vissute anche nel basso Nilo, nello stesso periodo. Coincidenze?Si chiamano infatti “illuminati” anche i re pre-dinastici, probabilmente capi tribù egizi risalenti a prima del regno di Menes, cioè il sovrano che unificò i diversi territori tribali intorno al 3100 avanti Cristo ed eresse la sua capitale, Menfi. Sempre intervistato da Leoni per “Fenix”, Rumor prova a spiegare i possibili, vertiginosi collegamenti tra la valle del Nilo e i palazzi di Bruxelles. L’ambiente esoterico-politico che si era occupato delle prime fasi dell’Europa unita, premette, condivideva «la particolare convinzione di far parte di una consorteria la cui linea ininterrotta affondava asseritamente le proprie origini nell’antichità più remota», quella del Mediterraneo del 10.000 avanti Cristo. Che intenzioni aveva, quell’élite-ombra, cent’anni fa? In teoria, diceva di voler creare «una sorta di umanità nuova, diversa da quella dei secoli precedenti», lontana dagli orrori bellici del ‘900. Sulla carta, un’umanità «ispirata a criteri di fratellanza e ad un’etica civica rinnovata», verso «un mondo migliore». In realtà, la “Struttura” si è nascosta molto bene nei gangli istituzionali: interferisce nei maggiori eventi economici scavalcando gli Stati, come sappiamo. Quello che sbalordisce è leggere che questa entità era presente già nell’antichità.Secondo i documenti presentati da Rumor, intorno ai due secoli posti a cavallo dell’era cristiana, l’oligarchia-fantasma costituiva “un diffuso movimento non conformista”, «fortemente orientato in termini religiosi» ma al tempo stesso «vocato ad azioni militari per la salvaguardia della propria identità». All’epoca, aggiunge l’autore, la centrale di potere era collocata nella Giudea sotto la dominazione romana. Ma attenzione: verso la metà del primo secolo, la “Struttura” «ha subito una violenta scissione al suo interno, ad opera di agenti infiltrati dagli occupanti militari». Una buona parte del movimento, continua l’autore, è andata a originare «quella che poi diventerà l’organizzazione cristiana delle origini». Il Cristianesimo, dunque, come “format” politico creato da metà dell’élite, inizialmente unita. «Invece, la parte rimasta fedele alle proprie origini ideologiche e storiche ha continuato ad operare come prima, mimetizzandosi in una proliferazione di fazioni e società segrete», fino ad assumere un indirizzo comune all’interno del continente europeo.Ricapitolando: «L’ambiente politico che ha dato impulso all’Unione Europea appartiene ad una “consorteria” che, asseritamente, fa risalire sé stessa alla prima organizzazione sociale nata nell’Egitto protostorico attorno al diecimila avanti Cristo. Ne esistono le prove, anche se io stesso – ammette Rumor – ho fatto fatica a prestar fede ad un tale enunciato, che cozza contro la maggior parte delle conoscenze scientifiche in materia». Ma la vera e propria novità, «che l’ambiente esoterico-politico dei costruttori dell’Europa nasconde», secondo Rumor «consiste nel fatto che quello che noi oggi conosciamo come Cristianesimo è nato in realtà come un’opera di dissimulazione, frutto del tentativo di reazione della Roma antica a quell’ambiente giudaico che si tramandava l’antichissima consorteria». Paolo Rumor invita i lettori a consultare libri come “Il mistero del Mar Morto”, di Michael Baigent (Feltrinelli), giusto per orientarsi meglio fra tornanti storici sfuggenti. Altro consiglio di lettura: le opere di Theodor Reik sull’interpretazione della Bibbia e dei miti antichi, compresa l’origine del Cristianesimo dall’Ebraismo. «Queste letture dovrebbero “corazzare” ciascuno dal non cadere nella trappola dei miti moderni e dalla superficiale interpretazione delle opere religiose in genere».Quanto alla spiazzante rivelazione de “L’altra Europa”, fino ai misfatti degli attuali oligarchi, Rumor si esprime con la massima franchezza anche a “Border Nights”: «Uno dei modi per dirigere la politica internazionale è proprio l’accentramento delle proprietà monetarie e della produzione. Oggi l’economia conta più della politica: ed è in questo modo che agisce questa organizzazione segreta, diffusa a livello mondiale». E’ lecito chiamarli Illuminati? «E’ uguale: possiamo usare sinonimi, ma la sostanza è la stessa». E il network non ha limiti, non conosce frontiere né bandiere: «Abbiamo trovato la presenza di questa “Struttura” nella Chiesa cattolica, in molte associazioni filantropiche. Soprattutto l’abbiamo trovata nella scienza, negli ambienti universitari, nella ricerca». Fausto Carotenuto, già analista dei servizi segreti, parla di due “piramidi oscure” e concorrenti, i cui vertici però si toccherebbero: uno è massonico, l’altro cattolico (ma discendente da culti preesistenti: «A Roma, il Pontifex Maximus contava più dell’imperatore»). Spiega Paolo Rumor che la “Struttura” «ha avuto modo di diffondersi nell’ultimo secolo attraverso un sistema “a cellule”; collegate tra loro, si scambiano messaggi, conoscenze, impulsi da dare all’esterno».Quello delle “cellule”, dice Rumor, è uno schema perfetto: ognuno conosce direttamente solo il proprio superiore e il diretto sottoposto. «E’ un modo molto efficace per nascondersi, per non essere identificati: ottimale, visti gli scopi prefissi». E’ la piramide degli Invisibili: «Sui politici influisce in maniera subdola, indirizzando le aspettative delle persone e promuovendo idee politiche distorte». Ha uomini ovunque. Montini, per esempio: «Telefonò a mio padre per tentare di salvare il presidente dell’Eni, Enrico Mattei, dall’attentato che lo avrebbe ucciso. Il futuro Paolo Vi ne era al corrente, perché lavorava nel servizio segreto del Vaticano». Per l’unità europea, aggiunge Rumor, il vertice cattolico «è stato molto importante, un catalizzatore di rilievo». Era preoccupata, la Santa Sede, nell’immediato dopoguerra: vedeva nascere l’Europa unita sotto una forte egemonia massonica. L’esoterismo? E’ sempre stato «il linguaggio degli ambienti elitari», dice Rumor. «Cultura ed esoterismo in Europa sono sinonimi, perché hanno dovuto “sposarsi”, in un certo senso, per poter sopravvivere: per non essere fagocitati dalla Chiesa oppure dall’Islam».Fa impressione, comunque, “scoprire” che il potere di Bruxelles sia insediato da una “Struttura” che, a quanto pare, si considera erede dei sumeri e della Valle dei Re. Un filo segreto unisce l’unione bancaria europea di Mario Draghi al mitico Codice di Hammurabi? E Papa Francesco, oltre a essere il primo gesuita al Soglio di Pietro, è dunque anche l’ultimo discendente degli antichi “scissionisti” che, nella Giudea dell’Anno Zero, spaccarono in due la “Struttura” dando inizio a una feroce lotta, sommersa e plurisecolare? L’élite vaticana è stata infatti sfidata dalla corrente di formazione esoterica che, opponendosi all’assolutismo delle monarchie e all’oscurantismo teocratico, ha dato vita alle forme attuali della modernità democratica. Alla luce di queste rivelazioni si possono rileggere sotto altra luce vicende storiche drammatiche come quelle dei Catari e dei Templari? Singolari coincidenze: la primigenia “civiltà sommersa” cui allude Maurice Schumann sarebbe stata situata nel Golfo Persico, a due passi dal Gan Eden biblico da cui si propagò la stirpe di Caino, cacciata dal “paradiso terrestre”, per poi andare incontro al “diluvio”. La storia è interamente da riscrivere, ripetono ormai molti studiosi. E forse, aggiunge Biglino, vale la pena di prendere alla lettera i libri antichi, cosiddetti “sacri”. La stessa Bibbia racconta – testualmente – l’incontro coi misteriosi Elohim, potentissimi e in possesso di tecnologie fantascientifiche. Nessuno sa ancora spiegare l’improvvisa comparsa dell’avanzatissima civiltà dei sumeri. Ci nascondono qualcosa di fondamentale sulla nostra origine, gli intramontabili signori della “Struttura”?(Il libro: Paolo Rumor, Giorgio Galli, Loris Bagnara, “L’altra Europa. Miti, congiure ed enigmi all’ombra dell’unificazione europea”, Panda Edizioni, 370 pagine, euro 18,90).Un’entità clandestina, sinistra perché invisibile. Segretamente dominante, e molto antica: vecchia di millenni, addirittura. «Mi addolora, aver scoperto l’esistenza di un’Europa nascosta e parallela: interviene nella politica e anche nella cultura, condizionando il nostro mondo». E’ qualcosa di proto-storico, quasi eterno: oggi, attraverso i suoi emissari, questa entità fantasma «agisce accorpando fattori monetari e produttivi, di cui paghiamo le conseguenze sulla nostra pelle», come si è visto nella débacle dell’ultimo decennio. «La distruzione dell’equilibrio monetario europeo è frutto di queste persone». Una cupola misteriosa di origine antichissima: avrebbe addirittura 12.000 anni. Paolo Rumor la chiama, semplicemente, “la Struttura”. Risalirebbe alla notte dei tempi, nel territorio che vide fiorire la civiltà sumera e poi quella egizia. Ne parlò a suo padre, Giacomo Rumor, l’esoterista e politico francese Maurice Schumann, tra i fondatori del gollismo: gli rivelò, per iscritto, l’esistenza plurimillenaria della “Struttura”. Una conferma viene dal cardinale Montini, futuro Papa Paolo VI e amico di Giacomo Rumor, coinvolto dal Vaticano nella gestazione dell’unità europea per bilanciarne l’esuberante componente massonica.
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Biglino: Elohim biblici, Yahvè e soci oggi hanno paura di noi
Gli Elohim biblici spacciati per dèi, e uno di loro – Yahvè – presentato addirittura come Dio unico? «Non mi stupirei se quegli individui fossero ancora tra noi e ci comandassero, dato che il sistema finanziario che ci governa è quello illustrato nell’Antico Testamento: se presti denaro sei padrone, se contrai un debito sei schiavo». Ma attenzione: anche qualora gli Elohim fossero qui, non sarebbe più come ai tempi di Mosè: oggi avrebbero motivo di temerci. «Siamo sfuggiti al loro controllo, sia per capacità tecnologica che per numero: siamo sette miliardi». A parlare è Mauro Biglino, l’italiano che sta scardinando la vulgata teologica della Chiesa svelando il testo letterale della Bibbia, di cui ha tradotto 19 libri per le Edizioni San Paolo prima di venir scaricato dal circuito cattolico. Un fenomeno editoriale (Uno Editori, Mondadori) fatto di ormai 13 titoli puntualmente in classifica e decine di affollatissime conferenze in tutta Italia. Molti i volumi tradotti all’estero: imminente lo sbarco negli Usa. Proprio al pubblico americano è destinata l’ultima intervista di Biglino, realizzata in web-streaming con la blogger Sarah Westall. Domanda: il Vaticano non mai ha cercato di fermare il suo ex traduttore “impazzito”? Macché. «Forse, lassù, fa comodo che qualcuno come me cominci a dire certe cose, che prima o poi dovranno ammettere anche loro».Una su tutte? Yahvè – per la Bibbia – non è Dio: è solo un Elohim, “collega” di Kamòsh e Milcòm, a loro volta “signori” di altri confinanti clan ebraici, della stessa discendenza del mitico Abramo. «La Bibbia ne nomina almeno una dozzina: erano tanti. Molto longevi, ma non immortali né onnipotenti: ammesso che sia ancora vivo, Yahvè non è ancora riuscito a mantenere l’antica promessa fatta agli israeliti, cui aveva garantito vastissimi possedimenti, fino in Mesopotamia». Si sta sgretolando un muro di dogmi, fondato su traduzioni erronee o addirittura deliberatamente manipolate? Clamoroso il caso della Bibbia editata nel 2017 dalla Cei tedesca, che annulla – come anticipato da Biglino – la pretesa profezia messianica contenuta nel Libro di Isaia (17, 4-17): “La vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emanuele”. E’ l’appiglio biblico al quale i Vangeli si richiamano per dimostrare l’ascendenza veterotestamentaria della missione di Cristo. Peccato che quella traduzione fosse inventata di sana pianta: non c’è nessuna “vergine”, né alcun verbo al futuro. E’ scritto, testualmente: “La ragazza è incinta”. «Nessun mistero», chiarisce Biglino: «Isaia non parla di Maria di Nazareth, che ancora doveva nascere, ma di Abia, giovane moglie del re Achaz: semplicemente, gli israeliti si aspettavano che quel bambino, una volta cresciuto, potesse liberarli dalla condizione di schiavitù cui allora erano sottoposti».Un errore tenuto in vita per oltre duemila anni, che annulla il collegamento tra Vecchio e Nuovo Testamento? Colpa della traduzione, sostiene Biglino: il libro fu tradotto in latino attraverso un passaggio intermedio, in lingua greca. E il greco ha un unico termine, “pàrthenos”, che significa sia “ragazza” che “vergine”. «Quella di Isaia è solo una “almà”, una fanciulla. L’ebraico infatti ce l’ha, la parola che designa una vergine: ed è “betullah”, che però in Isaia non c’è». In più, il libro tradizionalmente attribuito al profeta biblico non usa nemmeno il verbo “concepire”: «Compare solo l’aggettivo “incinta”, dunque significa che quella ragazza – non vergine, tantomeno Maria – aveva già concepito: non Gesù, ma il futuro figlio del re Achaz». Ne tengono conto, nella loro nuova Bibbia, i vescovi tedeschi. In Italia, per ora, silenzio. Fino a quando? «Credo che la Chiesa si stia comunque preparando a prendere le distanze dall’Antico Testamento: sa che non potrà più ignorare a lungo le verità che stanno emergendo», sostiene Biglino, il cui lavoro è in linea con settori avanzati della ricerca scientifica internazionale, dall’archeologia alla bioingegneria. La tesi: i cosiddetti “libri sacri”, non solo la Bibbia ma anche i Veda indiani e testi sumerici (di cui l’Antico Testamento è una fotocopia) sembrano svelare il famoso “missing link” tra uomo e scimmia.Genetica, innanzitutto, e non solo animale: «Alimenti essenziali per l’umanità, come la patata e il grano, sono comparsi di colpo – senza diretti antenati genetici – all’epoca di cui parlano i testi antichi e proprio in quelle aree: cioè dove si presentarono quegli esseri temuti e potenti, che gli ebrei chiamarono Elohim e i sumeri Anunnaki». Tracce analoghe costellano le memorie di ogni civiltà, in tutto il mondo: gli “Spendenti”, i “Figli delle Stelle” venuti forse dalla costellazione di Orione? «Facciamo un gioco», propone Biglino: «Facciamo finta che i testi antichi – di cui peraltro non esistono fonti – raccontino fatti realmente accaduti. Sono coerenti? La risposta è sì». A cominciare dalla creazione, «che nella Bibbia non esiste: il verbo usato, “barà”, non significa “creare dal nulla” – concetto assente, nell’ebraico antico – ma solo “separare”: la terra, le acque, il cielo. Come se la Genesi narrasse, in realtà, la sistemazione di un territorio perché divenisse fertile». Quando fu clonata la pecora Dolly, tra lo scandalo dei teologi, i rabbini risposero in modo serafico: perché mai stupirsi? E’ la Bibbia la prima a parlare di clonazione. La Genesi non dice chi creò Adamo, ma solo Eva: testualmente, l’Adàm “fu posto in Gan-Eden”, cioè nel Gan (territorio agricolo protetto) situato nella regione geografica di Eden, tra il Mar Caspio e l’Eufrate. «Eva nacque per clonazione, dopo un’infinità di esperimenti fallimentari: quando la vide, Adamo rispose: finalmente ci siamo, questa sì che è carne della mia carne».Il peccato originale? «Inesistente, come ben sanno gli ebrei». La cacciata dall’Eden? «Un atto precauzionale, perché gli Adamiti avevano scoperto la possibilità di riprodursi: si stavano pericolosamente avvicinando alle pratiche dell’Albero della Vita, minacciando l’egemonia degli Elohim». Colpa – anzi, merito – del Serpente: «Che non era un rettile, ma un Elohim antagonista, in lizza coi signori del Gan-Eden: la Genesi lo chiama Nahàsh, che in ebraico vuol dire anche serpente, sinonimo di “sapiente”. In altre parole, il genetista». Fu proprio lui, continua Biglino, ad accoppiarsi per primo con Eva: da cui nacque un ibrido, Caino», il nostro vero progenitore. Dopo di allora, gli Adamiti presero a vivere anche per 900 anni, racconta la Bibbia. «Fino a quando non furono gli Elohim stessi a cessare di accoppiarsi con le femmine Adàm, proprio per impoverire il Dna della loro discendenza, riducendone la longevità». Questo, dice Biglino, è quello che – né più né meno – racconta la Bibbia. C’è da crederci? «Possiamo solo “fare finta” che sia tutto vero, controllandone la coerenza. Come noto, la Bibbia non ha fonti. Non si sa quando sia stata scritta, né da chi, né in che lingua: non in ebraico, comunque, perché non esisteva ancora. L’unica certezza, dicono i biblisti ebrei, è che la Bibbia attuale non è l’originale: si sono dati due secoli di tempo per ricostruire una Bibbia più attendibile, attraverso il “Bible Projetc” a cui lavorano i massimi studiosi».Secondo Biglino, l’ultima cosa che si può fare, con la Bibbia, è fondarvi delle religioni: «La natura tutt’altro che divina di Yahvè emerge ovunque: un guerriero avido e spietato, ma meno potente di altri Elohim. E per giunta neppure a capo di tutti gli ebrei, ma solo della famiglia di Giacobbe-Israele». Un piccolo, dispotico feudatario locale: «Come si fa a presentarlo come riferimento per l’intera umanità?». Un abbaglio durato oltre due millenni, la Bibbia? Sì e no, secondo Biglino: è insensata la derivazione religiosa, mentre gli indizi storici potrebbero reggere. Il vasto corpus dei libri biblici è a geometria variabile, non esiste una sola Bibbia. E, mentre ha libero corso ogni tipo di interpretazione – teologica, esoterica, simbologica, cabalistica – è praticamente scomparsa la traduzione letterale. «E’ giusto che la lettura del testo ebraico abbia, almeno, pari dignità». Spesso, insiste Biglino, chi cita la Bibbia a scopo religioso in realtà non l’ha mai letta: «Quanti vescovi conoscono l’ebraico antico? Se lo conoscessero, scoprirebbero che in quel testo non c’è traccia di trascendenza. Non esiste la base per alcun assunto teologico. Si parla solo di guerre, conquiste, punizioni e stragi efferate. Non c’è alcuna metafisica, non esiste il concetto di eternità. E quello di immortalità non vale neppure per Yahvè. Lo ricorda Elyon, il capo supremo, parlando agli Elohim: anche loro dovranno morire, proprio come gli Adàm».Un racconto «in ogni caso eloquente e persino affascinante», dice lo studioso: «Spesso la Bibbia è terribilmente esplicita, nella sua narrazione sempre concreta e assolutamente terrena: le implicazioni soprannaturali sono frutto di invenzioni teologiche, basate su traduzioni clamorosamente distorte». Nella Bibbia, gli angeli (dal greco “anghelòi”, messaggeri) si chiamano Malakhìm. Nelle traduzioni “appaiono” e “scompaiono”, svolazzando graziosamente, mentre nel testo originale «camminano, sfatti di fatica: sono individui in carne e ossa». Gabriele, quello dell’annunciazione? «E’ anche lui un Malàkh, e di alto rango. Ma il nome non designa un singolo individuo, bensì una categoria: il nome originario, Ghevèr-El, significa “alto ufficiale di un El”. Per la cronaca: sono tutte cose che gli ebrei sanno benissimo, così come sanno che i Keruvìm non sono gli alati Cherubini della tradizione cristiana, ma velivoli meccanici monoposto». Ben quattro “Cherubini”, scrive la Bibbia, stavano attaccati al Kavòd, l’aeromobile da guerra di Javhè. Traduzione cristiana: il Kavòd, letteralmente (arma) “pesante”, diventa “gloria”: «Così, dal Kavòd di Jahvè si arriva alla “gloria di Dio”». Fantastico, no? «Non siamo certi che la Bibbia dica il vero. Quel che è sicuro, invece, è che la teologia travisa la Bibbia per inventare di sana piana la sua versione, di cui nell’Antico Testamento non c’è la minima traccia».La Bibbia non spiega tutto, ma forse aiuta a capire. Quel che non si può ricavare direttamente dall’Antico Testamento, «dato il carattere frammentario e spesso contraddittorio del testo ebraico giunto fino a noi, continuamente manipolato fino all’epoca di Carlomagno», lo possiamo comunque compediare con altri testi, coevi e precedenti: «Testi ebraici non biblici e testi non ebraici, sumeri e in generale mediorientali», spiega Biglino all’americana Sarah Westall. Che idea si è fatto, il traduttore indipendente, di tutta questa storia? Ancora una volta, Biglino cita testi antichi, del Medio Oriente, per comporre un mosaico teoricamente credibile: grazie ai Sumeri sappiamo che quella misteriosa popolazione approdò sulla Terra – non sappiamo da dove – attratta dai minerali come l’oro, preziosi in ambito aerospaziale. Un giorno, stanchi di lavorare, gli Elohim-Anunnaki decisero di “fabbricare” una nuova “razza” di lavoratori, attraverso la clonazione, fondendo cioè il proprio Dna con quello degli ominidi allora presenti, Homo Habilis e Homo Erectus. Fu così che nacque l’Homo Sapiens, ed ecco spiegato il “missing link”. Gli Adamiti? Una ulteriore élite di lavoratori specializzati, successivamente ri-selezionati sempre per via genetica e destinati in esclusiva al Gan-Eden.Biglino la ritiene una storia plausibile, confermata dal racconto biblico. «Poi, attorno al 500 avanti Cristo, gli Elohim si fecero da parte: sorse la casta sacerdotale, come mediatrice dei loro ordini. Nacquero allora le grandi religioni: senza colpo ferire, si sperimentò uno straordinario strumento di dominio, basato sulla sola persuasione». Una possibile storia alternativa dell’umanità: dai genocidi a ripetizione ordinati da Yahvè, ossessionato dalla paura dell’insubordinazione dei sudditi, alla nuova obbedienza “dolce” imposta dal dogma e tuttora vigente, nel mondo. Ma erano tutti ostili e vendicativi come Yahvè, gli Elohim biblici? «Niente affatto: c’era anche chi era amante delle arti e della musica. Uno di loro, Baal Pehòr, concorrente del bellicoso Yahvè, predicava la diffusione del sesso libero». Fate l’amore, non la guerra? «Esatto. Solo che poi l’esegesi cristiana ha trasformato gli avversari politici di Yahvè in nemici di Dio: così Baal Pehòr è diventato il demonio Belfagor».Libere traduzioni, che suonano false come menzogne. Miracoli inesistenti, come il mitico attraversamento del Mar Rosso: «Quelli che Mosè portò via dall’Egitto – non sappiamo nemmeno se fossero ebrei o egiziani – non valicarono mai il mare, ma solo uno Yam Suf, un canneto paludoso», habitat diffusissimo nel delta del Nilo. E’ come se la Bibbia, riscritta mille molte e poi manipolata dalla religione, avesse riproposto una storia molto più antica, vista in ritardo e da lontano. Lo suggeriscono alcuni testi preesistenti, come quelli sumerici dove, ad esempio, si parla del Grande Diluvio. «A salvare il Noè sumero fu En-Ki, uno dei figli del capo dell’impero: fu lui a dirgli di costruire la barca per sovravvivere all’inondazione». Sumera anche l’origine della Genesi: «L’antenato mesopotamico “fabbricato” dagli Anunnaki si chiama, guardacaso, Adamu». Vengono le vertigini, a chi ha sempre sentito citare Bibbia solo in termini religiosi. A proposito: Dio che c’entra, in tutto questo? «Mi guardo bene dal parlarne: non ho neppure le certezze degli atei», ammette Biglino. «Dico solo che, nella Bibbia, non c’è nessun Dio». E scusate se è poco.Gli Elohim biblici spacciati per dèi, e uno di loro – Yahvè – presentato addirittura come Dio unico? «Non mi stupirei se quegli individui fossero ancora tra noi e ci comandassero, dato che il sistema finanziario che ci governa è quello illustrato nell’Antico Testamento: se presti denaro sei padrone, se contrai un debito sei schiavo». Ma attenzione: anche qualora gli Elohim fossero qui, non sarebbe più come ai tempi di Mosè: oggi avrebbero motivo di temerci. «Siamo sfuggiti al loro controllo, sia per capacità tecnologica che per numero: siamo sette miliardi». A parlare è Mauro Biglino, l’italiano che sta scardinando la vulgata teologica della Chiesa svelando il testo letterale della Bibbia, di cui ha tradotto 19 libri per le Edizioni San Paolo prima di venir scaricato dal circuito cattolico. Un fenomeno editoriale (Uno Editori, Mondadori) fatto di ormai 13 titoli puntualmente in classifica e decine di affollatissime conferenze in tutta Italia, ogni anno. Molti i volumi tradotti all’estero: imminente lo sbarco negli Usa. Proprio al pubblico americano è destinata l’ultima intervista di Biglino, realizzata in web-streaming con la blogger Sarah Westall. Domanda: il Vaticano non mai ha cercato di tappare la bocca al suo ex traduttore “impazzito”? Macché. «Forse, lassù, fa comodo che qualcuno come me cominci a dire certe cose, che prima o poi dovranno ammettere anche loro».
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Summa Symbolica: finalmente svelato il segreto dei simboli
«Vi siete mai chiesti perché l’acqua delle nostre fontane esce così spesso dalla bocca di un leone?». Il re della savana non è certo un animale acquatico. Eppure è associato, da sempre, alla sorgente d’acqua. Per quale motivo? E’ vero, non ce lo siamo domandato. «Infatti, non siamo più abituati al “pensiero simbolico”, cioè il pensiero contenuto nei simboli, che ci spinge a chiederci sempre il perché delle cose, che in prima battuta non capiamo». Parola di Gianfranco Carpeoro, simbologo con alle spalle trent’anni di appassionati studi. Tutto si aspettava, l’autore, tranne che vedere la sua ultima fatica, “Summa Symbolica”, schizzare in alto nelle classifiche librarie online: è il primo trattato divulgativo interamente dedicato a svelare il grande “segreto” dei codici simbolici che, in fondo, affollano la nostra vita quotidiana, con i loro “perché” a cui non facciamo caso. Il leone e l’acqua? «Qual è la città più acquatica d’Italia?». Venezia, ovviamente. «E qual è il simbolo araldico di Venezia? Il leone alato di San Marco, l’evangelista rappresentato appunto dal leone». Da Venezia al Nilo: «Gli egizi scolpirono teste di leone sulle chiuse in pietra che regimavano le acque del fiume durante la piena, quando nel cielo dell’Egitto campeggiava la costellazione del Leone». Il che rimanda a un archetipo ancestrale: il Diluvio. Simboli, che hanno viaggiato in incognito fino a noi, per raccontarci – a modo loro – la parte nascosta della nostra storia, la meta-storia dell’umanità.Autore di romanzi ermetico-esoterici come “Il volo del Pellicano”, “Labirinti” e (di prossima pubblicazione) “Il Re cristiano”, Carpeoro – al secolo Gianfranco Pecoraro, avvocato e già pubblicitario, saggista, musicologo, direttore di riviste – nel 2016 ha pubblicato per “Revoluzioni” il dirompente saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che svela il contesto simbolico destinato a “firmare” i peggiori attentati che hanno recentemente insanguinato l’Europa, dietro il paravento di sigle come l’Isis. Attentati che, per l’autore, sono opera della “sovragestione” dell’Occidente, un vertice occulto che mette insieme settori dell’élite politico-economica e apparati di intelligence al servizio dell’oligarchia reazionaria. Retroterra comune: il codice simbolico adottato dalla massoneria, «ormai quasi interamente infiltrata e corrotta dal potere, il cui linguaggio è quello del “pensiero magico”, cioè l’opposto del “pensiero simbolico”». Traduzione: «Il potere ha organizzato una sorta di deriva “magica” della conoscenza, in tutti i campi, introducendo il dogma». Tema sul quale Carpeoro ha spesso insistito, in seminari e conferenze, nonché nelle video-chat “Carpeoro Racconta”, su YouTube, la domenica mattina con Fabio Frabetti della trasmissione web-radio “Border Nights”.Pensiero magico e pensiero simbolico, dicotomia decisiva per il nostro destino: «Se ci piace una ragazza, andiamo dal “mago” a chiedere come potrebbe accorgersi di noi, anziché chiedere – innanzitutto a noi stessi – perché mai quella ragazza dovrebbe innamorarsi di noi». Così per tutto: «Se siamo malati ricorriamo al medico, ma finchè siamo sani preferiamo la cartomante». Per Carpeoro, il “pensiero magico” – funzionale al potere – ha scalzato il “pensiero simbolico”, condizionando negativamente l’evoluzione dell’umanità: «Finiamo per essere tutti prigionieri di “cerchi magici”, nei quali non valgono le regole della vita, della realtà, ma quelle del “mago” di turno: fattucchiera, pubblicitario, leader politico, economista». Tutti sapienti manipolatori. Il loro obiettivo: «Farci fare, a nostra insaputa, quello che vogliono loro». Capeoro cita il suo antico maestro, l’intellettuale triestino Francesco Saba Sardi, autore del saggio “Dominio” che ripercorre l’origine della civiltà. «Tutto nacque con la comparsa dell’agricoltura. I nomadi scoprirono l’importanza del possesso della terra. Servivano improvvisamente nuove figure: contadini e soldati. Fu lì che nacque il potere, in forma di dominio. E nacque grazie all’invenzione della religione: è stato il “magus”, preteso “ponte” tra l’umano e il divino, a utilizzare la sua superiore conoscenza per indurre gli altri a lavorare e combattere al posto suo. Potere, religione, guerra. Era l’inizio del Neolitico, e da allora quello schema non è cambiato, governa il mondo tuttora».Al “pensiero magico”, Carpeoro contrappone il “pensiero simbolico”: «Non ti spinge a imparare “come” fare una cosa, ma ti costringe innanzitutto a chiederti se farla, e perché». Risultato: la libertà dell’individuo, la sua crescente consapevolezza, l’espansione autonoma della coscienza. E’ il risultato di quella che Carpeoro, per spiegare il meccanismo simbolico, chiama “l’intelligenza del dado”: «Di ogni faccia riconosciamo immediatamente il valore numerico, senza dover contare i puntini: e questo dipende dalla loro precisa disposizione». Simbolo, dal greco “symballo”, unire: mettere insieme, in un’unica rappresentazione, aspetti lontani tra loro. Tutto, a monte, nasce dall’archetipo, cioè dall’insieme di eventi – materiali e immateriali – che sono «depositati nella memoria ancestrale dell’universo», a cui abbiamo accesso «soltanto in un modo, nei sogni del sonno profondo: quello che non sappiamo ricordare, perché non disponiamo del codice linguistico per tradurli». Così, nell’ètà classica, «l’umanità ha tradotto gli archetipi in due modi: nel mito, che è la narrazione dell’archetipo, e nel simbolo, che ne è la rappresentazione». E il simbolo, secondo il francese René Guénon, ha una caratteristica fondamendale: funziona, ci fa pensare, perché rappresenta sempre qualcosa di più grande.Il simbolo è come uno specchio, per dirla con Ermete Trismegisto: «Tutto ciò che è in alto è come ciò che è in basso, tutto ciò che è in basso è come ciò che è in alto». E questo, aggiunge il sommo esoterista, «per realizzare il miracolo di una cosa sola, da cui derivano tutte le cose, grazie a un’operazione sempre uguale a se stessa». L’editoria ha sfornato bellissimi volumi che catalogano i simboli, o si occupano specificamente di qualcuno di essi. Ma nessuno, finora, aveva mai presentato uno studio unitario sulla simbologia, «materia a cui di regola non è riconosciuta dignità propria». Spesso, afferma in una nota l’editore di “Summa Symbolica”, L’Età dell’Acquario, la simbologia viene affrontata solo in affiancamento ad altre discipline: semiologia, filosofia, letteratura, storia dell’arte. Lo studio di Carpeoro (di cui è uscito per ora solo il primo volume, 221 pagine) affronta invece la materia in modo finalmente organico e sistematico: la prima parte, da qualche giorno in libreria, svela le origini antiche del linguaggio simbolico e le sue dinamiche generali, verificate e catalogate con approccio scientifico: la sua essenza, i singoli simboli e gli schemi simbolici complessi, il rapporto con il mito e gli archetipi, le leggi che lo regolano, la presenza del simbolo nelle leggende, nelle fiabe, nei sogni.«Dopo aver studiato il mondo dei simboli fin dal 1981 – racconta Carpeoro – nel 199 ho maturato la decisione di raccogliere tutti i miei appunti in un’opera organica. L’ho terminata nel 2003, ma è stata più volte aggiornata nel corso degli anni, assumendo dimensioni tanto imponenti da rendere necessaria una sua suddivisione in più parti». In confidenza: «Non speravo che quest’opera avrebbe mai trovato un editore, né tantomeno che un libro simile potesse suscitare tanto interesse, tra i lettori». La prima parte – oggetto del volume appena uscito – ha un taglio esclusivamente metodologico, proviene da uno studio del 1994 che si intitolava “Il Metodo Carpeoro” e costituisce «il primo tentativo di individuare le regole e le leggi del mondo dei simboli in modo totalmente originale e autonomo rispetto ad altre discipline». L’auspicio dell’autore? E’ che «sia riconosciuto, agli studi simbolici e tradizionali, quel carattere di scientificità fino a oggi loro negato».La chiave della missione? I simboli, il potere, li conosce benissimo. E ovviamente li usa a nostro danno, in modo “magico”. Conoscerli a nostra volta significa innanzitutto imparare a difendersi dagli abusi della manipolazione quotidiana. Fino a scoprire che il mondo dei simboli racchiude in sé qualcosa di meraviglioso, che ci riguarda direttamente: è un racconto, per immagini, della nostra vera storia, che attinge all’universo della “memoria ancestrale” della specie. E’ un sistema profondamente analogico che può contenere vere e proprie rivelazioni: ci lascia intuire come siamo fatti, da dove veniamo, chi siamo davvero – e cosa potremmo diventare, se imparassimo a espandere la nostra coscienza. «Accanto alla dimensione fisica esiste una dimensione metafisica», sottolinea Carpeoro. «Analogamente, accanto alla storia esiste anche una meta-storia: è la storia del pensiero non ufficiale, che ha spesso viaggiato sottotraccia, giungendo fino a noi, utilizzando proprio il linguaggio cifrato dei simboli». Funziona, eccome: magari non capiamo perché l’acqua fuoriesca dalla bocca del leone, ma quelle fontane ci sono familiari, ci piacciono. Le troviamo bellissime, anche se non sappiamo perché.(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Summa Symbolica. Istituzioni di studi simbolici e tradizionali, vol.1”, L’Età dell’Acquario, collana Biblioteca dei simboli, 221 pagine, 24 euro).«Vi siete mai chiesti perché l’acqua delle nostre fontane esce così spesso dalla bocca di un leone?». Il re della savana non è certo un animale acquatico. Eppure è associato, da sempre, alla sorgente d’acqua. Per quale motivo? E’ vero, non ce lo siamo domandato. «Infatti, non siamo più abituati al “pensiero simbolico”, cioè il pensiero contenuto nei simboli, che ci spinge a chiederci sempre il perché delle cose, che in prima battuta non capiamo». Parola di Gianfranco Carpeoro, simbologo con alle spalle trent’anni di appassionati studi. Tutto si aspettava, l’autore, tranne che vedere la sua ultima fatica, “Summa Symbolica”, schizzare in alto nelle classifiche librarie online: è il primo trattato divulgativo interamente dedicato a svelare il grande “segreto” dei codici simbolici che, in fondo, affollano la nostra vita quotidiana, con i loro “perché” a cui non facciamo caso. Il leone e l’acqua? «Qual è la città più acquatica d’Italia?». Venezia, ovviamente. «E qual è il simbolo araldico di Venezia? Il leone alato di San Marco, l’evangelista rappresentato appunto dal leone». Da Venezia al Nilo: «Gli egizi scolpirono teste di leone sulle chiuse in pietra che regimavano le acque del fiume durante la piena, quando nel cielo dell’Egitto campeggiava la costellazione del Leone». Il che rimanda a un archetipo ancestrale: il Diluvio. Simboli, che hanno viaggiato in incognito fino a noi, per raccontarci – a modo loro – la parte nascosta della nostra storia, la meta-storia dell’umanità.
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Tredici aquile morte, per il giudice Scalia morto il giorno 13
Tredici aquile americane stranamente trovate morte poco dopo la scomparsa del mitico giudice della Corte Suprema, Antonin Scalia, baluardo dei conservatori ma integerrimo difensore del potere centrale dello Stato federale. Si chiama proprio Federalsburg – nome che sembra evocare il governo federale – la località del Maryland dove sono stati ritrovati i volatili. L’aquila di mare dalla testa bianca, detta anche aquila calva, è il simbolo araldico della nazione. In più le aquile morte sono 13, ed esattamente il giorno 13 (febbraio) si è spento l’alto magistrato, alle soglie degli 80 anni. E’ morto vicino a Shafter, in Texas, dove soggiornava in vista di una battuta di caccia. Animali, dunque: il giudice si apprestava a ucciderne, ma è deceduto prima di poter sparare; in compenso, altri animali – quelle aquile – sono “piovuti dal cielo”, fulminati: non cinque o dieci, ma proprio 13. Ce n’è abbastanza per scatenare la caccia all’ipotetico messaggio segreto contenuto in queste straordinarie “coincidenze”. Maurizio Blondet vi scorge una minaccia rivolta a Donald Trump, temutissimo da super-oligarchi come Soros e Murdoch, schierati con la Clinton. Altri, come Micheal Snyder, temono che la combinazione simbolica possa alludere all’imminente “morte” degli Stati Uniti.In un post tradotto da “Come Don Chisciotte”, Snyder ricorda che l’aquila dalla testa bianca è l’animale “nazionale” degli Usa, rappresentato sul “Great Seal”, lo stemma ufficiale usato per certificare i documenti del governo federale. Attenzione poi al numero 13, che simboleggia proprio la morte, nel codice esoterico “praticato” dagli ambienti iniziatici di stampo massonico-crowleyano, in cui nomi, date e numeri non sono mai casuali. Tredici è anche il numero di Stati che in origine ratificarono la Costituzione degli Stati Uniti, e il Maryland era uno di questi. Conseguentemente, scrive Snyder, c’è chi suggerisce che la morte di queste 13 aquile sia un segno che la dipartita del giudice della Corte Suprema possa rappresentare l’inizio della fine anche per la Costituzione degli Stati Uniti, se non addirittura «la morte di tutta l’America». La notizia della strana strage di volatili non è sfuggita ai media mainstream: “Nbc News” ricorda che si tratta della più grande moria di aquile calve che mai abbia avuto luogo nel Maryland nel corso degli ultimi trent’anni. Un animale super-protetto: l’uccisione di anche un solo esemplare può essere punita con una multa da centomila dollari.Snyder insiste sulla sinistra ricorrenza numerica: sono 13 le colonie originali americane, così come il numero delle strisce sulla bandiera Usa. In un articolo per “Charisma News”, Ricky Scaparo dettaglia alcuni significati del numero 13 che risalgono all’antichità. Nimrod, il potente cacciatore che si era “posto davanti al Signore” (aveva cercato di prenderne il posto – Genesi 10:9), era il 13° nella linea genealogica di Cam, uno dei tre figli di Noè sopravvissuti al diluvio. Tredici, inoltre, sono i governi creati dagli uomini che, ispirati da Satana, si ribellarono all’Eterno. L’espressione “valle di Hinnom” è citata nella Sacra Scrittura 13 volte: la valle fu teatro dei riti diabolici ispirati al dio pagano Moloch, adorato dai Fenici, che comprendevano il sacrificio di bambini. Nell’Apocalisse (rivelazione), «il drago, simbolo di Satana, viene citato 13 volte». Per San Paolo (“Lettera ai Romani) i peccatori hanno 23 caratteristiche, e la tredicesima li qualifica come “nemici di Dio”.Ma anche il dollaro americano ha il numero 13 incorporato dappertutto, continua Snyder: sono 13 i gradini sulla piramide del “Great Seal”, e sempre 13 le lettere in “Annuit Coeptis”, la frase che sovrasta la scritta “novus ordo seclorum”: unendo le due frasi si ottiene “novus ordo seclorum annuit coeptis”. «Sono molte le ipotesi sulla traduzione di questa frase latina», annota Snyder: «Si va da “un nuovo ordine mondiale arride agli iniziati” a “un nuovo ordine mondiale, la divinità ha acconsentito”, o anche “si annuncia la nascita di un nuovo ordine mondiale”, oppure “una nuova era arride agli iniziati”». Ma non è tutto: sono 13 le strisce sullo scudo posto al di sopra dell’aquila, e ancora 13 le stelle al di sopra dell’aquila. Sono sempre 13 anche le lettere che compongono il motto nazionale americano “E pluribus unum”, cioè “da molti, uno soltanto”. E ancora: sono 13 le frecce nell’artiglio sinistro del volatile araldico. A queste, corrispongono le 13 le foglie e i 13 i frutti sul ramo d’ulivo nell’artiglio destro dell’aquila americana.«Non ho tutte le risposte, ma credo che siamo davanti ad un segnale molto importante per gli Stati Uniti», conclude Snyder. «La situazione era incredibilmente desolante anche prima della morte di Scalia. Il nostro paese sta morendo ogni giorno un po’ di più e i segnali sono ben visibili attorno a noi». C’è di che preoccuparsi? «Credo che dovremo affrontare momenti peggiori di quelli che il paese abbia mai visto fino ad ora». Per Wikipedia, il giudice Scalia era considerato un pilastro dell’ala conservatrice della Corte Suprema. Di origini siciliane, ha sempre aderito alla dottrina dell’interpretazione originaria della Costituzione. A differenza di altri suoi colleghi conservatori, ha mantenuto un punto di vista a favore del potere nazionale e di un esecutivo forte. Scalia, ricorda Roberto Festa sul “Fatto Quotidiano”, era stato nominato da Ronald Reagan nel 1986, primo italo-americano a far parte della Corte. Nato a Trenton nel 1936, cresciuto a New York, aveva iniziato la sua carriera legale nell’amministrazione Nixon.«Secondo Emendamento, finanziamento della politica, commercio, aborti, matrimoni gay, ruolo del potere esecutivo: non c’è campo della giurisprudenza e della società Usa dove Scalia non abbia fatto sentire la sua voce», ricorda il “Fatto”. Scalia era celebre per lo stile caustico di molte sue prese di posizione e sentenze. Contrarissimo al propagarsi dell’ideologia gender: lo scorso giugno, in occasione della legalizzazione dei matrimoni gay, aveva detto che i giudici «hanno preso posizione nella guerra culturale», e previsto effetti disastrosi anche su altre aree della morale e della sessualità. Dotato del gusto per la battuta tagliente, Scalia era un nemico del politically correct. Di recente, aveva dichiarato che gli studenti afroamericani potevano trovare giovamento nel frequentare «università meno prestigiose». Altrettanto importante, ricorda sempre Roberto Festa, è stato il suo ruolo nel 2013, quando la Corte ha scardinato alcune delle norme-chiave della legge che tutela il diritto di voto dei neri. «E centrale è stata la sua voce nella battaglia all’Obamacare e nella sentenza che dà il via libera ai finanziamenti alla politica da parte delle grandi multinazionali».Sempre secondo Festa, la morte improvvisa di Scalia complica seriamente i disegni dei repubblicani, in vista della corsa per la Casa Bianca. Oggi, la Suprema Corte è in assoluta parità: 4 giudici progressisti contro 4 conservatori. Storicamente, la Corte ha contribuito a orientare la società americana in un senso piuttosto che in un altro. «La Warren Court, quella presieduta da Earl Warren tra il 1953 e il 1969, allargò in modo drammatico i diritti civili, sindacali, politici. In anni più recenti, la Corte guidata da William Rehnquist ha invece sostenuto quella “rivoluzione conservatrice” che da Reagan in poi ha toccato gran parte della società». Scalia, sottolinea il “Fatto”, era anche una pedina essenziale nella campagna che gli Stati a guida repubblicana vogliono scatenare alla Corte Suprema per neutralizzare una serie di leggi invise ai repubblicani: la riforma sanitaria, appunto, e poi gli ordini esecutivi di Obama sull’immigrazione, l’aborto, la legge Dodd-Frank che rende più severe le regole per l’industria finanziaria. E ancora, quella che tutela le specie a rischio di estinzione: come l’aquila calva?«Chi è attento a cogliere i “segni” ha messo in relazione la morte delle 13 aquile con la morte del giudice», scrive Maurizio Blondet nel suo blog, «e mai erano state trovate morte d’un colpo 13 aquile calve. Per di più, vicino alla cittadina di nome Federalsburg». Impossibile, per Blondet, non ricordare che gli àuguri traevano segni sul destino di Roma dal volo degli uccelli, aquile o corvi. «Un malaugurio per la Federazione?». Blondet ipotizza che il “messaggio” sia rivolto direttamete all’outsider Donald Trump, che gli oligarchi repubblicani (che hanno perduto Scalia) temono, in quanto non omologato al loro sistema di dominio. Molto prima dell’avvento di Trump, l’Italia sperimentò – con Berlusconi – la comparsa di un nuovo tipo di capo «populista, miliardario e mediatico, che il popolo ha votato in funzione anti-establishment». Del resto, lo stesso Mussolini «anticipò Hitler», e i fascismi europei di quegli anni «furono imitatori di quello italiano». Come sappiamo, «la storia si è ripetuta in forma di farsa», ma Berlusconi «non ha capito quello che la storia voleva da lui». E Trump? Cosa penserà di quelle 13 aquile calve, ritrovate dopo la morte del giudice Scalia il giorno 13?Tredici aquile americane stranamente trovate morte poco dopo la scomparsa del mitico giudice della Corte Suprema, Antonin Scalia, baluardo dei conservatori ma integerrimo difensore del potere centrale dello Stato federale. Si chiama proprio Federalsburg – nome che sembra evocare il governo federale – la località del Maryland dove sono stati ritrovati i volatili. L’aquila di mare dalla testa bianca, detta anche aquila calva, è il simbolo araldico della nazione. In più le aquile morte sono 13, ed esattamente il giorno 13 (febbraio) si è spento l’alto magistrato, alle soglie degli 80 anni. E’ morto vicino a Shafter, in Texas, dove soggiornava in vista di una battuta di caccia. Animali, dunque: il giudice si apprestava a ucciderne, ma è deceduto prima di poter sparare; in compenso, altri animali – quelle aquile – sono “piovuti dal cielo”, fulminati: non cinque o dieci, ma proprio 13. Ce n’è abbastanza per scatenare la caccia all’ipotetico messaggio segreto contenuto in queste straordinarie “coincidenze”. Maurizio Blondet vi scorge una minaccia rivolta a Donald Trump, temutissimo da super-oligarchi come Soros e Murdoch, schierati con la Clinton. Altri, come Micheal Snyder, temono che la combinazione simbolica possa alludere all’imminente “morte” degli Stati Uniti.