Archivio del Tag ‘Dio’
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Scordatevi lo Stato palestinese: il Dio di Israele non lo vuole
Mentre esplode il panico mondiale per il coronavirus e la Turchia (Nato) protegge 30.000 terroristi e li usa come arma contro i curdi e la Siria, che sta tentando con l’aiuto della Russia di finire di riprendersi il suo territorio nazionale attorno alla città di Idlib, “Russia Today” annuncia che Netanyahu intende procedere con il progetto per costruire 3.500 abitazioni per i coloni israeliani nel West Bank, cioè in Cisgiordania. Quando ha presentato il suo piano di pace alla Casa Bianca, insieme a Trump, subito dopo Netanyahu ha detto: se i palestinesi accettano la nostra proposta, bene; se non la accettano, noi procediamo comunque. E dato che la proposta (inaccettabile) è stata respinta seccamente, lui procede. Ogni volta che si avvicina una possibile soluzione al conflitto israelo-palestinese, esplode puntualmente una crisi. I governi israeliani si sono sempre detti pronti a discutere: a Oslo l’accordo sembrava vicinissimo. Ogni volta che si arriva a un passo dalla soluzione, poi l’accordo viene fatto saltare. Dopodichè, un pezzo di Palestina viene portato via.Il territorio palestinese è diventato sempre più piccolo e frazionato: per passare da un appezzamento palestinese a un altro bisogna passare attraverso i posti di blocco dell’esercito israeliano. Se guardate la cartina, vi accorgere che l’idea stessa di uno Stato palestinese, oggi, fisicamente, ormai non è più praticabile. Di fatto, uno Stato palestinese non c’è più: la riva occidentale del Giordano se la sono già presa tutta, a pezzettini. E il sistema degli insediamenti dei coloni è fatto in modo scientifico, per continuare a tagliare fuori pezzi di territorio palestinese, in modo che i palestinesi (in gran parte agricoltori) non possano più muoversi per vendere i loro prodotti, né usare le sorgenti d’acqua. Persino per andare a scuola, i bambini palestinesi devono superare posti di blocco. Nel cosiddetto progetto di pace Trump-Netanyahu, come regalo americano, era addirittura previsto un ponte: dalla Striscia di Gaza avrebbe collegato alcuni territori palestinesi. Per non disturbare il possesso israeliano dei Territori Occupati, il ponte li avrebbe scavalcati.Fantastico, no? Noi vi prendiamo la terra, e in cambio vi facciamo il ponte. E dato che l’accordo poi non c’è stato (non poteva esserci), loro adesso si pigliano un altro pezzo di territorio e ci mettono altre 3.500 abitazioni, altre migliaia di persone. Così fanno: creano una nuova località abitata, e poi la militarizzano per evitare controffensive palestinesi di qualunque genere. Questo è il modo con cui Israele si prende tutta la Palestina, e con si troverà a dominare tutto il territorio – per una generazione: poi, quando i palestinesi crsceranno di numero, le cose cambieranno, visto che i campi profughi palestinesi stanno per esplodere, sul piano demografico. Gli israeliani, comunque, pensano ugualmente di estendersi. Ma attenzione: dietro al loro comportamento (prima trattiamo, ma poi rompiamo e prendiamo), c’è sempre l’idea del Grande Israele, cioè la terra che Dio ha dato ad Abramo. Quindi non c’è niente da fare: è quello, che vogliono.Loro vogliono il Libano, vogliono un pezzo di Iraq, un pezzo di Siria. Vogliono farsi il loro territorio “biblico”. Muovendoti su questo terreno, non potrai mai trovare un accordo: dietro a questo ragionamento, che sembra politico ma invece è religioso (di fanatismo religioso), non c’è la possibilità di nessun accordo. Cioè: se Dio ci ha dato questa terra, nessuno può entrare in discussione con Dio, perché è Dio che ce l’ha data, questa terra. Quindi, tutti quelli che ce lo impediscono, non sono contro di noi: sono contro Dio. E quindi non c’è modo di discutere. L’unica possibilità è quella di un’imposizione che la comunità occidentale dovrebbe prima o poi decidere di attuare. Ma ora è tardi, perché non c’è più la possibilità materiale di uno Stato palestinese. Io credo quindi che non ci si possa attendere altro che un peggioramento sistematico, continuo: sangue. Ci sarà ancora tanto sangue, purtroppo.(Giulietto Chiesa, dichiarazioni rilasciate nel colloquio con Massimo Mazzucco durante la trasmissione di “Contro Tv” del 28 febbraio 2020, ripresa su YouTube e sul sito “Luogo Comune”).Mentre esplode il panico mondiale per il coronavirus e la Turchia (Nato) protegge 30.000 terroristi e li usa come arma contro i curdi e la Siria, che sta tentando con l’aiuto della Russia di finire di riprendersi il suo territorio nazionale attorno alla città di Idlib, “Russia Today” annuncia che Netanyahu intende procedere con il progetto per costruire 3.500 abitazioni per i coloni israeliani nel West Bank, cioè in Cisgiordania. Quando ha presentato il suo piano di pace alla Casa Bianca, insieme a Trump, subito dopo Netanyahu ha detto: se i palestinesi accettano la nostra proposta, bene; se non la accettano, noi procediamo comunque. E dato che la proposta (inaccettabile) è stata respinta seccamente, lui procede. Ogni volta che si avvicina una possibile soluzione al conflitto israelo-palestinese, esplode puntualmente una crisi. I governi israeliani si sono sempre detti pronti a discutere: a Oslo l’accordo sembrava vicinissimo. Ogni volta che si arriva a un passo dalla soluzione, poi l’accordo viene fatto saltare. Dopodichè, un pezzo di Palestina viene portato via.
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Radio Maria: il coronavirus è un castigo di Dio, colpa nostra
«Il coronavirus come una delle piaghe inviate da Dio sugli uomini per convertirli». La singolare tesi arriva da “Radio Maria”, l’emittente cattolica con share altissimi a livello nazionale. In uno dei programmi più seguiti – quello delle prediche di padre Livio Fanzaga, un ultrà della fede che solitamente fa riferimento ai messaggi “sovrannaturali” della Madonna di Medjugorje – è stata avanzata la singolare congettura, scrive il “Messaggero”. Sull’origine del coronavirus, «la pandemia che si è abbattuta sull’umanità», il sacerdote di Dalmine, nel Bergamasco, ha ben pochi dubbi: si tratterebbe di «un avvertimento che arriva direttamente dalla vergine di Medjugorje e che sarebbe stato veicolato attraverso i veggenti in uno dei messaggi periodici». Ai microfoni di “Radio Maria”, continua il “Messaggero”, l’epidemia viene prima accostata simbolicamente a quella raccontate dal Manzoni a Milano nel 1600, poi alla peste nera immortalata da Boccaccio nell’alto medioevo, e infine alla Spagnola che fece un’ecatombe di vittime nella prima decade del secolo scorso. Tutti segni, secondo “padre Livio”, per convertire l’umanità alla fede cattolica e al ritorno del sacro, di cui il Vaticano si considera “esclusivista”.«La natura è ormai ostile a noi e con questo coronavirus abbiamo aperto gli occhi, perché è arrivato in un momento propizio: basta ascoltare il messaggio della Madonna di Medjugorie dato a Ivan il 17 settembre, nel quale afferma che si sta realizzando il periodo di Satana». Quindi l’epidemia, prosegue il sacerdote, è vista come una punizione divina, un segnale di allerta, un avvertimento per indicare ai fedeli di ritornare alla via maestra. “Padre Livio” ricorda anche che la presunta pandemia (finora, tecnicamente, solo “epidemia”) ha avuto avvio in Cina, «un paese dove avvengono persecuzioni anticristiane». Il morbo si è poi trasferito in Italia, dove il secolarismo starebbe cancellando i tratti del sacro e le radici della fede nazionale. «Si tratta di un ammonimento che ci dice che ci vuole poco per metterci in ginocchio», e che «bisogna tenere sempre in mano la corona del rosario», avverte Livio Fanzaga. Per lui, «il tempo dei segreti si avvicina», conclude il “profeta” radiofonico, con la consueta sobrietà. E non è che l’inizio: «Ci saranno cose terribili, come guerre, epidemie, sconvolgimenti della natura».“Radio Maria”, l’emittente cattolica più ascoltata al mondo, si definisce «una radio ecclesiale privata, sostenuta unicamente dalla preghiera, dai sacrifici e dalle offerte dei suoi ascoltatori: un miracolo di volontariato». Nel 2016, “Repubblica” scriveva: «L’emittente ha ricevuto in tre anni oltre due milioni di fondi statali». Pesanti le critiche della Corte dei Conti per l’assenza di criteri per assegnarli. Forti anche le polemiche politiche per l’anatema di “Radio Maria” contro lo Stato italiano, “colpevole” di aver varato le unioni civili. Uno speaker, padre Giovanni Cavalcoli, è stato sospeso dopo le sue affermazioni sul terremoto come «castigo di Dio». Fondata nel 1987, “Radio Maria” vanta 150 conduttori, 50 tecnici e 80 studi mobili, trasmettendo in ogni continente. Il “miracolo di volontariato” diffonde le sue frequenze attraverso 84 reti in ben 77 nazioni, supportate da altre 22 stazioni radiofoniche che trasmettono anche nella lingua locale.Il direttore, “padre Livio”, classe 1940, ordinato sacerdote nell’ordine dei Padri Scolopi, nel 1966 si è laureato in teologia presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma (poi anche in filosofia alla Cattolica di Milano). Folgorato nel 1987 da un pellegrinaggio a Medjugorje, Livio Fanzaga si sente, da allora, il megafono italiano della presunta apparizione “soprannaturale” in Croazia, rispetto alla quale il Vaticano stesso resta tuttora estremamente prudente. Fanzaga è anche autore di una quantità pressoché sterminata di libelli, promossi da “Radio Maria”, i cui titoli parlano da soli: “L’umanità al bivio, Medjugorje nel tempo dell’impostura anticristica”. Oppure: “L’Apocalisse è cominciata”, “L’inganno del modernismo”, “La donna e il drago”, “Inchiesta sull’inferno”. «L’Apocalisse – scrive Fanzaga – offre una chiave di interpretazione che, per i credenti, è l’unica che permette di mettere a fuoco l’attuale fase del cammino umano, caratterizzata da un attacco virulento dell’impero delle tenebre, volto a dissolvere la fede, scompaginare la Chiesa, cancellare la presenza di Gesù Cristo e intronizzare l’uomo al posto di Dio, in modo tale che Satana possa riprendersi il dominio del mondo e trasformarlo nel suo regno di morte». Da qui al coronavirus, come si può capire, il passo è brevissimo.«Il coronavirus come una delle piaghe inviate da Dio sugli uomini per convertirli». La singolare tesi arriva da “Radio Maria”, l’emittente cattolica con share altissimi a livello nazionale. In uno dei programmi più seguiti – quello delle prediche di padre Livio Fanzaga, un ultrà della fede che solitamente fa riferimento ai messaggi “sovrannaturali” della Madonna di Medjugorje – è stata avanzata la singolare congettura, scrive il “Messaggero“. Sull’origine del coronavirus, «la pandemia che si è abbattuta sull’umanità», il sacerdote di Dalmine, nel Bergamasco, ha ben pochi dubbi: si tratterebbe di «un avvertimento che arriva direttamente dalla vergine di Medjugorje e che sarebbe stato veicolato attraverso i veggenti in uno dei messaggi periodici». Ai microfoni di “Radio Maria”, continua il “Messaggero”, l’epidemia viene prima accostata simbolicamente a quella raccontate dal Manzoni a Milano nel 1600, poi alla peste nera immortalata da Boccaccio nell’alto medioevo, e infine alla Spagnola che fece un’ecatombe di vittime nella prima decade del secolo scorso. Tutti segni, secondo “padre Livio”, per convertire l’umanità alla fede cattolica e al ritorno del sacro, di cui il Vaticano si considera “esclusivista”.
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Madison: la democrazia è un trucco, per proteggere i ricchi
Nel linguaggio di Angela Volpini, che è una mistica cristiana, nella vita ci sono due cose importanti. Uno: essere davvero se stessi – cioè, diventare se stessi, non rimanere conformi alle regole esterne (che ci vogliono omologati) ma avere il coraggio di seguire una strada libera, in ascolto con chi si è, per realizzare – nel mondo – chi siamo, e portare quindi la nostra qualità interiore, come direbbero i greci. E nel buddismo si dice che chi fa questo è persona felice. Poi c’è una seconda scelta, da fare: scegliere di praticare soltanto l’amore, e non il potere. Dunque: essere davvero se stessi, diventare chi si è. Ma mentre un gatto lo diventa di sicuro, un essere umano no. Perché mentre un gatto segue l’istinto, è guidato dalla specie, l’essere umano si è creato una cultura, e dentro la cultura ci sono le intrusioni del potere-dominio, della sopraffazione dell’uomo sull’uomo. Se seguiamo il cardinale Martini, ci dice: c’è un solo peccato, l’oppressione dell’uomo sull’uomo, cioè l’utilizzo del potere. Raimon Panniker dice: due sono le forze, il potere e l’amore. La prima cosa da fare, dunque, è diventare se stessi: ed è difficile, perché il potere si esprime attraverso i consizionamenti sociali.Saper riconoscere i condizionamenti sociali distinguendoli da chi veramente siamo, e quindi compiere scelte coerenti con quello che siamo, è una strada difficile, che richiede una libertà interiore. Libertà da che cosa? Dalla paura, ci dice Krishnamurti: se continui ad aver paura, non puoi essere te stesso. E quindi non puoi neppure essere intelligente, non puoi comprendere. Libertà dalla paura, quindi. Paura di che cosa? La paura del giudizio che ci viene fa fuori, che ci dice se abbiamo fatto bene o male, ci ricorda quali sono le norme e le aspettive, ci dice che avremmo dovuto fare questo e quest’altro. Libertà dalla paura del giudizio, quindi del condizionamento sociale nel quale ha fatto irruzione – in modo massiccio, sempre di più – il potere, cioè l’opposto dell’amore. Ecco perché, senza libertà, non ci può essere amore – perché, senza libertà, non puoi essere te stesso; e se non realizzi te stesso, non puoi essere radiante di amore, perché sei incattivito.Da dove viene, il termine cattivo? Da “captivus”: prigioniero. Quindi, chi non è se stesso è prigioniero del condizionamento sociale. Ecco da dove viene la schiavitù salariale. Nel mondo, è questo che abbiamo creato: non dei lavori degni di esseri umani liberi dalla paura. La terza caratteristica indicata da Angela Volpini è la creatività. Un essere umano che sia libero, che abbia scelto l’amore, è creativo. E’ fatto a somiglianza del Dio-creatore, quindi è creatore. Di che cosa? Di se stesso. Cioè: manifesta chi veramente è, e quindi è creativo. Quando? In ogni momento della vita. E se è libero, ama ed è creativo, come si sentirà? Felice. Questo è il messaggio che Angela Volpini sta portando avanti da 63 anni. Non è un messaggio facile, come sapete, perché il condizionamento culturale è ovunque. Le stratificazioni di potere e le posizioni di rendita sono ovunque. E toccare le rendite è difficilissimo – che siano di soldi, di potere, di status.Si parla di principio di eguaglianza, ma non è vero. Si parla di democrazia, ma non c’è niente di vero. Queste parole sono ormai corrotte: non significano più nulla. A una persona, in Danimarca, una volta chiesero: cos’è, per te, la democrazia? Non so se avesse fatto studi di filosofia politica, ma rispose semplicemente: non preoccuparsi di chi verrà eletto, perché chiunque verrà eletto sarà una persona onesta e competente; potrà fare scelte di un tipo o di un altro, ma saranno per il bene comune. Ma l’origine della democrazia, in Occidente, non è questa. Madison parlò del peccato originale della democrazia americana: «La democrazia è la forma di governo che serve a proteggere i ricchi (pochi) dai poveri (tanti)». Questo non viene detto, nella Carta costituzionale, ma è stato detto nelle riunioni per produrla. E’ il peccato d’origine: e quella americana non ha fatto eccezione, tra le nostre democrazie. La democrazia è una struttura che “copre” questo fondamentale principio. Aristotele ha detto: non può esistere democrazia dove c’è troppa disparità tra ricchi e poveri. E’ impossibile: perché i ricchi, avendo diritto di voto, faranno in modo da distribuire la ricchezza a loro vantaggio. E allora?Restano due possibilità: o non si fa una democrazia, oppure si fa una democrazia falsa, in cui si dice che è una democrazia, ma in realtà si hanno dei mezzi per manipolarla, in modo da garantire quello che Madison, con chiarezza, ha dichiarato (privatamente) nel periodo di formazione della Costituzione americana. Questo è un quadro di ciò che è importante comprendere, per essere persone libere dalla paura del giudizio che proviene dal condizionamento sociale, che al suo interno contiene le strutture di potere. Se sottostiamo al giudizio sociale, queste strutture le interiorizziamo: e quindi non c’è più bisogno di nessuno che ci domini da fuori, perché ci auto-dominiamo da soli. Questa è la nostra situazione. Se non si fa qualcosa di molto specifico e consapevole, noi rimaniamo continuamente prigionieri di una struttura di potere interiorizzata. E siccome potere significa anche conflitto, saremo sempre prigionieri del conflitto. Ecco perché non possiamo vivere in pace: viviamo in conflitto, e il conflitto è sofferenza.(Mauro Scardovelli, estratto dal vicdeo-intervento “Liberi dalla paura”, pubblicato su YouTube il 26 maggio 2011. Giurista, psicologo e musicologo, Scardovelli è stato docente all’università di Genova. E’ animatore dell’associazione formativa Aleph Umanistica).Nel linguaggio di Angela Volpini, che è una mistica cristiana, nella vita ci sono due cose importanti. Uno: essere davvero se stessi – cioè, diventare se stessi, non rimanere conformi alle regole esterne (che ci vogliono omologati) ma avere il coraggio di seguire una strada libera, in ascolto con chi si è, per realizzare – nel mondo – chi siamo, e portare quindi la nostra qualità interiore, come direbbero i greci. E nel buddismo si dice che chi fa questo è persona felice. Poi c’è una seconda scelta, da fare: scegliere di praticare soltanto l’amore, e non il potere. Dunque: essere davvero se stessi, diventare chi si è. Ma mentre un gatto lo diventa di sicuro, un essere umano no. Perché mentre un gatto segue l’istinto, è guidato dalla specie, l’essere umano si è creato una cultura, e dentro la cultura ci sono le intrusioni del potere-dominio, della sopraffazione dell’uomo sull’uomo. Se seguiamo il cardinale Martini, ci dice: c’è un solo peccato, l’oppressione dell’uomo sull’uomo, cioè l’utilizzo del potere. Raimon Panniker dice: due sono le forze, il potere e l’amore. La prima cosa da fare, dunque, è diventare se stessi: ed è difficile, perché il potere si esprime attraverso i condizionamenti sociali.
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Le altre foibe: furono i fascisti a inaugurare l’orrenda strage
Inizio con tre brani di un discorso pronunciato al Teatro Ciscutti di Pola da Benito Mussolini il 20 settembre 1920, dando inizio alle brutali violenze contro le popolazioni della Venezia Giulia: «Qual è la storia dei Fasci? Essa è brillante! Abbiamo incendiato l’Avanti! di Milano, lo abbiamo distrutto a Roma. Abbiamo revolverato i nostri avversari nelle lotte elettorali. Abbiamo incendiato la casa croata di Trieste, l’abbiamo incendiata a Pola…»…«Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini italiani devono essere il Brennero, il Nevoso e le (Alpi) Dinariche. Dinariche, sì, le Dinariche della Dalmazia dimenticata!… Il nostro imperialismo vuole raggiungere i giusti confini segnati da Dio e dalla natura, e vuole espandersi nel Mediterraneo. Basta con le poesie. Basta con le minchionerie evangeliche». Dopo quel discorso, l’Istria fu messa a ferro e fuoco. Venti anni dopo quel discorso le truppe di Mussolini invasero Dalmazia, Slovenia e Montenegro, dando inizio a nuove stragi in nome della civiltà italiana.Dalle terre annesse all’Italia dopo la prima guerra mondiale – cioè all’ampliamento ad est dei territori di Trieste e di Gorizia, all’Istria intera, alla provincia di Fiume detta del Quarnaro ed all’enclave dalmata di Zara – le violenze fasciste e la snazionalizzazione forzata costrinsero ad andarsene più di 80.000 sloveni, croati, tedeschi e ungheresi, ma anche alcune migliaia di italiani antifascisti. Nel 1939, un anno prima che l’Italia fosse gettata nella seconda guerra mondiale, le autorità fasciste della Venezia Giulia attuarono in segreto un censimento della popolazione di quelle terre annesse venti anni prima, accertando che in esse vivevano 607.000 persone, delle quali 265.000 italiani e cioè il 44%, e 342.000 slavi detti allogeni, ovvero il 56%. Una cifra notevole nonostante l’esodo degli ottantamila, nonostante che agli slavi fossero stati italianizzati i cognomi, fosse stato vietato di parlare la loro lingua, fossero state tolte le scuole e qualsiasi diritto nazionale.Nonostante le persecuzioni subite, nonostante che migliaia di loro fossero finiti nelle carceri o al confino, e che alcuni dei loro esponenti – Vladimir Gortan, Pino Tomazic ed altri – fossero stati fucilati in seguito a condanne del Tribunale speciale fascista oppure uccisi dalle squadre d’azione fasciste a Pola (Luigi Scalier), a Dignano (Pietro Benussi), a Buie (Papo), a Rovigno (Ive) e in altre località istriane. Emblematici di queste persecuzioni contro slavi e antifascisti italiani in Istria e Venezia Giulia sono i sistemi coercitivi per inviare i contadini al lavoro nelle miniere di carbone di Arsia-Albona dove, per duplicare la produzione senza però adeguate protezioni dei minatori sui posti di lavoro, nel 1938 ci fu una tragedia (allora taciuta dalla stampa) in cui persero la vita 180 minatori, lasciando oltre mille vedove ed orfani. Emblematica di quel periodo in Istria è anche una canzoncina cantata dei gerarchi che diceva: “A Pola xe l’Arena / la Foiba xe a Pisin: butaremo zo in quel fondo / chi ga certo morbin”. E alludendo alle foibe, un’altra poesiola minacciava chi si opponeva al regime: “… la pagherà / in fondo alla Foiba finir el dovarà”.Nell’aprile del Quarantuno, infine, si arrivò all’aggressione alla Jugoslavia senza dichiarazione di guerra, seguita dall’occupazione di larghe regioni della Slovenia e della Croazia, dall’intero Montenegro e del Kosovo, infine dall’annessione al Regno d’Italia di una grossa fetta della Slovenia ribattezzata Provincia di Lubiana, di una lunga fascia della costa croata che formò il Governatorato della Dalmazia con tre provincie da Zara fino alle Bocche di Cattaro, e la creazione della nuova provincia allargata di Fiume detta “Provincia del Quarnaro e dei Territori annessi della Kupa” comprendente tutta la parte montana della Croazia alle spalle del Quarnero più le isole di Veglia ed Arbe che si univano a quelle di Cherso e Lussino. Così l’Italia incorporò nel proprio territorio nazionale regioni abitate al 99% da sloveni e croati con una popolazione di oltre mezzo milione di persone che si aggiungevano al 342.000 “allogeni” già assoggettati all’Italia ed al fascismo italiano da due decenni. Il Montenegro intero fu trasformato a sua volta in un Governatorato italiano. Il Kosovo, territorio della Macedonia, fu annesso invece alla cosiddetta Grande Albania che già dal ’39 era una colonia dell’Italia.Le violenze contro i civili dei territori annessi o occupati furono compiuti in base a “una ben ponderata politica repressiva” come ci rivela una ben nota circolare del generale Roatta del marzo 1942 nella quale si legge: «Il trattamento da fare ai ribelli non deve essere sintetizzato nella formula dente per dente, ma bensì da quella testa per dente». A sua volta il generale Robotti, ordinando rastrellamenti a tappeto nel giugno e agosto 1942, indicava queste soluzioni alle truppe dell’XI Corpo d’Armata: «Internamento di tutti gli sloveni per rimpiazzarli con gli italiani» e per «far coincidere le frontiere razziali e politiche»: «Esecuzione di tutte le persone responsabili di attività comunista o sospettate tali». Infine, «Si ammazza troppo poco!». Mi limiterò a un piccolo territorio alle spalle di Fiume e ad un solo mese, luglio del 1942. Nelle borgate di Castua, Marcegli, Rubessi, Viskovo e Spincici furono incendiate centinaia di case e fucilate decine di persone come “avvertimento”. Nel Comune di Grobnik, il villaggio di Podhum fu completamente raso al suolo per ordine del prefetto Temistocle Testa.All’alba del 13 luglio, per “vendicare” due fascisti scomparsi il giorno prima da quel villaggio, furono dapprima saccheggiate e poi incendiate 484 case, portati via mille capi di bestiame grosso e 1300 pecore, deportati nei campi di concentramento in Italia 889 persone (412 bambini, 269 donne e 208 uomini anziani) e fucilate altre 108 persone. Uno sterminio. I fascisti italiani, passati al servizio del tedeschi dopo il settembre 1943, continuarono a battersi “per l’italianità” dei territori ceduti al Terzo Reich. Fra tanti sia ricordato l’episodio di Lipa (30 aprile 1944) dove 269 vecchi, donne e bambini sorpresi quel giorno in paese, furono sterminati: parte fucilati, parte rinchiusi in un edificio e dati alle fiamme. Di tali eccidi ce ne furono a centinaia in Istria, nel territorio quarnerino, in Slovenia, in Dalmazia, in Montenegro, ovunque arrivarono i militari fascisti e le altre formazioni inviate da Mussolini. Nei miei scritti ho documentato lo sterminio di 340.000 civili slavi fucilati e massacrati dall’aprile 1941 all’inizio di settembre 1943 nel corso dei cosiddetti “rastrellamenti” ed operazioni di rappresaglia contro le forze partigiane insorte.Ho anche scritto, ma non sono stato il solo in Italia, di altri 100.000 civili montenegrini, croati e sloveni deportati nei capi di concentramento approntati dalla primavera all’estate del 1942 dall’esercito italiano per rinchiudervi vecchi, donne e bambini colpevoli unicamente di essere congiunti e parenti dei “ribelli”. In quei campi disseminati dalle isole di Molat e Rab/Arbe in Dalmazia fino a Gonars nel Friuli ed altri in tutto lo Stivale, morirono di fame, di stenti e di epidemie circa 16.000 persone nel giro di poco più di un anno di deportazione. Tutto questo viene taciuto nella Giornata del Ricordo che si celebra in Italia da una decina d’anni. Si ricordano soltanto le nostre perdite: il dolore dei nostri connazionali costretti a lasciare le terre concesse all’Italia dopo la prima guerra mondiale, il dolore delle famiglie degli infoibati nel settembre 1943 in Istria e nel maggio 1945 a Trieste, Gorizia e Fiume subito dopo l’ingresso delle truppe di Tito.È giusto, è doveroso ricordare foibe ed esodo, le nostre vittime, i nostri dolori, ma non si dovrebbero tacere il contesto storico, le colpe del fascismo che portarono alla sconfitta ed alla perdita di quelle regioni. Non si dovrebbero tacere o volutamente ignorare le vittime delle popolazioni slave oppresse, martoriate e decimate dapprima nel ventennio fascista in Istria ed a Zara, ma soprattutto nella seconda guerra mondiale. Sulla bilancia e nel contesto storico vanno messi, dunque, anche i dolori che noi abbiamo arrecato agli altri.(Giacomo Scotti, estratto dal’articolo “Sulle Foibe un giorno per tutti i ricordi”, apparso sul “Manifesto” il 5 febbraio 2014 e ora ripubblicato integralmente il 10 febbraio 2020, vista la sua scottante attuatità. Saggista e storico, da giovane antifascista emigrò in Istria e visse tra Pola e Fiume. Dal 1986 vive tra Italia e Croazia, dove ha ricevuto numerosi riconoscimenti).Inizio con tre brani di un discorso pronunciato al Teatro Ciscutti di Pola da Benito Mussolini il 20 settembre 1920, dando inizio alle brutali violenze contro le popolazioni della Venezia Giulia: «Qual è la storia dei Fasci? Essa è brillante! Abbiamo incendiato l’Avanti! di Milano, lo abbiamo distrutto a Roma. Abbiamo revolverato i nostri avversari nelle lotte elettorali. Abbiamo incendiato la casa croata di Trieste, l’abbiamo incendiata a Pola…»…«Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini italiani devono essere il Brennero, il Nevoso e le (Alpi) Dinariche. Dinariche, sì, le Dinariche della Dalmazia dimenticata!… Il nostro imperialismo vuole raggiungere i giusti confini segnati da Dio e dalla natura, e vuole espandersi nel Mediterraneo. Basta con le poesie. Basta con le minchionerie evangeliche». Dopo quel discorso, l’Istria fu messa a ferro e fuoco. Venti anni dopo quel discorso le truppe di Mussolini invasero Dalmazia, Slovenia e Montenegro, dando inizio a nuove stragi in nome della civiltà italiana.
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Italia senza onore, derubata dai ladri e distrutta dagli onesti
Avviso a tutti i manettari, grillini, sinistri e travagliati: l’onestà non è l’unica virtù del politico, né la principale. I danni compiuti dai cretini e dagli incompetenti al potere solitamente sono più devastanti; senza dire che un cretino al potere lascia rubare chi gli è accanto o è sotto di lui. Benedetto Croce in “Etica e politica” criticò il moralismo sostenendo che la vera onestà in politica sia la capacità: «L’ideale che canta nell’anima di tutti gli imbecilli e prende forma in tutte le loro invettive e utopie è quello di una sorta d’areopago, composto d’onest’uomini, ai quali dovrebbero affidarsi gli affari del Paese». Un disastro, per il filosofo liberale e conservatore. E non aveva conosciuto i grillini. Croce cita l’esempio inverso di Mirabeau che «prendeva soldi dalla corte, ma servendosi dal denaro pei suoi bisogni particolari, si serviva della corte e insieme dell’assemblea nazionale per cercar di attuare in Francia la sua idea di monarchia costituzionale». Don Benedetto forse esagerava, per una volta, in realismo, preferendo i corrotti capaci agli incapaci onesti, ma non aveva tutti i torti.Del resto, la storia della Prima Repubblica non ci ha risparmiato nemmeno la terza via, sintesi delle due opzioni: i ladri incapaci. Diciamo allora che un politico va giudicato per la sua capacità, per la sua utilità al paese, oltre che per la sua onestà. Ma non solo: l’onestà non esaurisce la moralità di un politico. Ci sono da considerare anche altre due qualità etiche: la sua lealtà nei confronti dei cittadini, delle istituzioni e della nazione e la sua fedeltà al mandato che ha ricevuto e ai suoi elettori. Chi ha tradito il suo mandato, i suoi elettori, la sua nazione, le sue istituzioni può considerarsi migliore di chi ha rubato? Insomma, l’onestà da sola non basta: è un prerequisito e funziona se si sposa alla capacità e alla responsabilità. Infine, scusate se insisto ma sono convinto che ci sia una virtù che precede e sovrasta l’onestà, la lealtà e la fedeltà: è l’onore. Parola mancante nel lessico contemporaneo.(Marcello Veneziani, “Un paese derubato dai ladri e distrutto dagli ‘onesti’”, dal blog di Veneziani del 1° febbraio 2020. Provieniente da studi filosofici, Veneziani ha fondato e diretto riviste, lavorando a quotidiani, settimanali e alla Rai. Tra i suoi saggi di filosofia politica spiccano “La rivoluzione conservatrice in Italia”, “Processo all’Occidente”, “Comunitari o liberal”, “Di Padre in figlio”, “Elogio della Tradizione”, “La cultura della destra” e “La sconfitta delle idee”, editi da Laterza, nonché “Lettera agli italiani” (Marsilio) e “I vinti”, “Rovesciare il 68″, “Dio, Patria e Famiglia” e “Dopo il declino” (Mondadori). È poi passato a temi esistenziali pubblicando saggi filosofici e letterari come “Vita natural durante” dedicato a Plotino e “La sposa invisibile”, e ancora con Mondadori “Il segreto del viandante” e “Amor fati”, “Vivere non basta”, “Anima e corpo” e “Ritorno a sud”. Ha pubblicato di recente “Tramonti” (Giubilei Regnani) e per Marsilio “Alla luce del Mito”, “Imperdonabili” e “Nostalgia degli dei”).Avviso a tutti i manettari, grillini, sinistri e travagliati: l’onestà non è l’unica virtù del politico, né la principale. I danni compiuti dai cretini e dagli incompetenti al potere solitamente sono più devastanti; senza dire che un cretino al potere lascia rubare chi gli è accanto o è sotto di lui. Benedetto Croce in “Etica e politica” criticò il moralismo sostenendo che la vera onestà in politica sia la capacità: «L’ideale che canta nell’anima di tutti gli imbecilli e prende forma in tutte le loro invettive e utopie è quello di una sorta d’areopago, composto d’onest’uomini, ai quali dovrebbero affidarsi gli affari del Paese». Un disastro, per il filosofo liberale e conservatore. E non aveva conosciuto i grillini. Croce cita l’esempio inverso di Mirabeau che «prendeva soldi dalla corte, ma servendosi dal denaro pei suoi bisogni particolari, si serviva della corte e insieme dell’assemblea nazionale per cercar di attuare in Francia la sua idea di monarchia costituzionale». Don Benedetto forse esagerava, per una volta, in realismo, preferendo i corrotti capaci agli incapaci onesti, ma non aveva tutti i torti.
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L’Iran: perché noi sciiti detestiamo l’Occidente, che ci odia
L’uccisione con un drone del maggiore generale Qāsem Soleymānī da parte degli Stati Uniti, insieme ad un fiume di cruciali ramificazioni geopolitiche, porta ancora una volta al centro dell’attenzione una verità abbastanza scomoda: l’incapacità congenita delle cosiddette élite statunitensi anche solo di tentare di comprendere lo Sciismo, e la sua costante demonizzazione, avvilente non solo per gli Sciiti ma anche per i governi guidati dagli Sciiti. Washington aveva iniziato la Lunga Guerra ancor prima che il concetto fosse reso popolare dal Pentagono nel 2001, subito dopo l’11 settembre: è la Lunga Guerra contro l’Iran. Era iniziata nel 1953, con il colpo di Stato contro il governo democraticamente eletto di Mosaddegh, sostituito dalla dittatura dello Shah. L’intero processo aveva raggiunto l’apice più di 40 anni, fa quando la Rivoluzione Islamica aveva messo fine ai bei vecchi tempi della Guerra Fredda, epoca in cui lo Scià ricopriva il ruolo di “gendarme privilegiato del Golfo (Persico)” americano. Comunque, tutto questo va ben oltre la geopolitica. Non c’è assolutamente alcun modo, per chiunque, di riuscire a cogliere le complessità e il favore popolare dello Sciismo senza prima una seria ricerca accademica, integrata da visite a siti sacri selezionati in tutto il sud-ovest asiatico: Najaf, Karbala, Mashhad, Qom e il santuario di Sayyida Zeinab vicino a Damasco.Personalmente, ho percorso questa strada della conoscenza fin dalla fine degli anni ’90 e sono ancora solo uno umile studente. Nello spirito di un primo approccio, per iniziare un dibattito informato Est-Ovest su un importante problema culturale, in Occidente totalmente accantonato o affogato in uno tsunami di propaganda, ho chiesto a tre validissimi studiosi quali fossero le loro prime impressioni. Questi sono: il professor Mohammad Marandi, dell’Università di Teheran, esperto di orientalismo; Arash Najaf-Zadeh, che scrive sotto lo pseudonimo di Blake Archer Williams ed è esperto di teologia sciita, e la coltissima principessa Vittoria Alliata, siciliana, tra le migliori islamiste italiane e autrice, tra le altre cose, di libri come l’incantevole “Harem”, che descrive in dettaglio i suoi viaggi in terra araba. Due settimane fa sono stato ospite della principessa Vittoria a Villa Valguarnera in Sicilia. C’eravamo immersi in una lunga ed avvincente discussione geopolitica, in cui uno dei temi chiave era stato lo scontro Usa-Iran, solo poche ore prima che un attacco di droni all’aeroporto di Baghdad uccidesse i due principali combattenti sciiti nella vera guerra al terrorismo dell’Isis/Daesh e di al-Qaeda/al-Nusra: il maggiore generale iraniano Qāsem Soleymānī e l’iracheno Hashd al-Shaabi, il braccio destro di Abu Mahdi al-Muhandis.Il professor Marandi fornisce una spiegazione sintetica: «L’odio irrazionale americano nei confronti dello Sciismo deriva dalla sua forte propensione a resistere all’ingiustizia: la storia di Karbala e Imam Hussein e lo sforzo sciita nel proteggere e difendere gli oppressi e lottare contro l’oppressore. Questo è qualcosa che gli Stati Uniti e le potenze egemoniche occidentali non riescono assolutamente a tollerare». Blake Archer Williams mi ha inviato una risposta che ho pubblicato come pezzo originale. Questo passaggio, che sviluppa il concetto di sacralità, sottolinea chiaramente l’abisso che separa il concetto sciita di martirio dal relativismo culturale occidentale: «Non c’è niente di più glorioso, per un musulmano, che raggiungere il martirio mentre combatte nel nome di Dio. Il generale Qāsem Soleymānī ha combattuto per molti anni con l’obiettivo di risvegliare il popolo iracheno e indurlo a riprendere nelle proprie mani il timone del destino del paese. Il voto del Parlamento iracheno ha dimostrato che il suo obiettivo è stato raggiunto. Il suo corpo ci è stato portato via, ma il suo spirito è stato amplificato mille volte e il suo martirio ha fatto sì che i frammenti della sua luce benedetta arrivassero ai cuori e alle menti di ogni uomo, donna e bambino mussulmano, immunizzandoli dal mortifero cancro dei relativisti culturali del diabolico Novus Ordo Seclorum».Un punto da chiarire: Novus Ordo Seclorum, o Saeculorum, significa “nuovo ordine dei secoli” e deriva da un famoso poema di Virgilio che, nel medioevo, era considerato dai cristiani la profezia della venuta di Cristo. Su questo punto, Williams ha risposto che «mentre questo significato etimologico della frase è vero e rimane valido, la frase era stata usata da George Bush figlio per caratterizzare la cabala globalista del Nuovo Ordine Mondiale, ed è questo il senso che è attualmente predominante». La principessa Vittoria preferirebbe centrare il dibattito sull’indiscutibile atteggiamento americano nei confronti del Wahhabismo: «Non credo che tutto ciò abbia a che fare con l’odiare o l’ignorare lo Sciismo. Dopotutto, l’Aga Khan è molto ben integrato nella sicurezza degli Stati Uniti, una sorta di Dalai Lama del mondo islamico. Credo che l’influenza satanica derivi dal Wahhabismo e dai reali sauditi, che, per tutti i Sunniti del mondo, sono molto più eretici degli Sciiti, ma che, per i governanti statunitensi, sono l’unico contatto con l’Islam. I sauditi hanno dapprima finanziato la maggior parte degli omicidi e delle guerre della Fratellanza Islamica, poi le altre forme di Salafismo, tutte incentrate su una base wahhabita».Quindi, continua la principessa Vittoria, «non proverei tanto a spiegare lo Sciismo, quanto il Wahhabismo e le sue devastanti conseguenze: ha dato origine a tutte le forme di estremismo, al revisionismo, all’ateismo, alla distruzione dei santuari e dei leader Sufi in tutto il mondo islamico. E ovviamente, il Wahhabismo è molto vicino al Sionismo. Ci sono anche ricercatori che hanno prodotto documenti secondo cui Casa Saud sarebbe una tribù Dunmeh di ebrei convertiti e scacciati da Medina dal Profeta, dopo che avevano tentato di ucciderlo, nonostante avessero firmato un trattato di pace». La principessa Vittoria sottolinea anche il fatto che «la Rivoluzione Iraniana e i gruppi sciiti in Medio Oriente sono oggi l’unica forza di successo in grado di resistere agli Stati Uniti, e questo li fa odiare più degli altri. Ma solo dopo che tutti gli altri avversari sunniti sono stati eliminati, uccisi, terrorizzati (basti pensare all’Algeria, ma ci sono dozzine di altri esempi) o corrotti. Questa ovviamente non è solo la mia opinione, ma quella della maggior parte degli islamologi di oggi».Essendo al corrente delle ampie conoscenze di Williams sulla teologia sciita e della sua padronanza della filosofia occidentale, l’ho spinto, letteralmente, a “cercare la giugulare”. E mi ha risposto: «La domanda sul perché i politici americani non siano in grado di comprendere l’Islam sciita (o l’Islam in generale) è semplice: lo sfrenato capitalismo neoliberista ingenera l’oligarchia, e gli oligarchi ‘selezionano’ i candidati che rappresentano i loro interessi prima ancora che vengano ‘eletti’ dalle masse ignoranti. Eccezioni populiste come Trump, di tanto in tanto, filtrano tra le maglie della rete (o non ci riescono, come nel caso di Ross Perot, che si era ritirato sotto coercizione), ma anche Trump è stato poi messo sotto controllo dagli oligarchi attraverso minacce di impeachment, ecc. Quindi, il ruolo dei politici nelle democrazie non sembra essere quello di cercare di capirci qualcosa, ma, semplicemente, quello di portare a termine l’agenda delle élite che li controllano». “L’attacco alla giugulare” di Williams è un saggio lungo e complesso che mi piacerebbe pubblicare per intero solo quando il nostro dibattito si sarà approfondito, insieme a possibili confutazioni.Per riassumerlo, Williams delinea e discute le due principali tendenze della filosofia occidentale: i dogmatici contrapposti agli scettici. Spiega come «la santa trinità del mondo antico fosse, in effetti, la seconda ondata dei dogmatici che cercavano di salvare le città-Stato della Grecia e, più in generale, il mondo greco dalla decadenza dei sofisti», approfondisce il concetto di “terza ondata di scetticismo” che era iniziata con il Rinascimento e aveva raggiunto il culmine nel 17° secolo con Montaigne e Cartesio, e poi traccia connessioni «con l’Islam sciita e l’incapacità dell’Occidente di comprenderlo». E questo lo porta al “nocciolo della questione”: «Una terza opzione e un terzo flusso intellettuale su e al di sopra dei dogmatici e degli scettici: questa è la posizione degli studiosi di religione sciiti tradizionali (non quelli di indirizzo filosofico)». Ora confrontatelo con l’ultimo sforzo degli scettici, «come ammette lo stesso Cartesio quando parla del ’demone’ che gli era apparso in sogno e che lo aveva indotto a scrivere il “Discorso sul metodo” (1637) e “Meditazioni sulla prima filosofia” (1641).L’Occidente si sta ancora riprendendo dal colpo, e sembra che abbia deciso di mettere da parte i trampoli della ragione e dei sensi (che Kant aveva cercato invano di conciliare, rendendo le cose mille volte peggiori, più contorte e circonvolute) e voglia sguazzare in quella forma auto-congratulativa di irrazionalismo nota come postmodernismo, che dovrebbe essere giustamente chiamato ultra-modernismo o iper-modernismo, dal momento che non è meno radicato nella ‘svolta soggettiva’ cartesiana e nella ‘rivoluzione copernicana’ kantiana di quanto non lo fossero i primi moderni e i moderni veri e propri». Per riassumere un accostamento piuttosto complesso, «tutto ciò significa che le due civiltà hanno due visioni completamente diverse di quello che dovrebbe essere l’ordine mondiale. L’Iran crede che l’ordine del mondo dovrebbe essere quello che è sempre stato e che attualmente è nella realtà, che ci piaccia o no o che crediamo, o meno, nella realtà (come alcuni in Occidente non fanno). E l’Occidente secolarizzato crede in un nuovo ordine mondiale (contrapposto ad un ordine mondiale o divino). E quindi non è tanto uno scontro di civiltà quanto uno scontro di sacro contro profano, con gli elementi profani di entrambe le civiltà schierati contro le forze sacre di entrambe le civiltà. È lo scontro del sacro ordine di giustizia con l’ordine profano dello sfruttamento dell’uomo da parte dei suoi simili; [è lo scontro] della profanazione della giustizia di Dio per il beneficio (a breve termine o di questo mondo) dei ribelli rispetto alla giustizia di Dio».Williams fornisce un esempio concreto per illustrare questi concetti astratti: «Il problema è che anche se tutti sanno che lo sfruttamento del Terzo Mondo nel 19° e nel 20° secolo da parte delle potenze occidentali era stato ingiusto e immorale, questo stesso sfruttamento continua ancora oggi. Il persistere di questa vergognosa ingiustizia è la ragione principale delle differenze esistenti tra Iran e Stati Uniti, che continueranno inevitabilmente finché gli Stati Uniti insisteranno nelle loro politiche di sfruttamento e fintanto che continueranno a proteggere i loro governi di occupazione, che riescono a sopravvivere contro la schiacciante volontà dei loro cittadini solo grazie alla ingombrante presenza delle forze statunitensi che li sostengono affinché possano continuare a servire gli interessi americani piuttosto che quelli delle loro popolazioni. È una guerra spirituale per il trionfo della giustizia e dell’autonomia nel Terzo Mondo. L’Occidente può continuare ad apparire bello ai propri occhi perché controlla tutta la messa in scena (del discorso mondiale), ma la sua immagine reale è evidente a tutti, anche se l’Occidente continua a vedersi come il Dorian Gray del romanzo di Oscar Wilde: una persona giovane e bella i cui peccati si riflettevano solo nel suo ritratto. Così, il ritratto riflette la realtà che il Terzo Mondo vede ogni giorno, mentre il Dorian Gray occidentale si vede come viene rappresentato dalla Cnn, dalla Bbc e dal “New York Times”».«L’imperialismo dell’Occidente in Asia occidentale è di solito simboleggiato dalla guerra di Napoleone Bonaparte contro gli Ottomani in Egitto e in Siria (1798-1801). Sin dall’inizio del 19° secolo, l’Occidente ha succhiato la vena giugulare del corpo politico musulmano come un vero vampiro, mai sazio di sangue musulmano, che si rifiuta di lasciare il corpo. Dal 1979, l’Iran, che ha sempre avuto il ruolo di leader intellettuale del mondo islamico, si è ribellato per porre fine a questo oltraggio contro la legge e la volontà di Dio e contro ogni decenza. Si tratta quindi del processo di revisione di una visione falsa e distorta della realtà per ritornare a ciò che la realtà è e dovrebbe effettivamente essere: un ordine giusto. Ma questa revisione è ostacolata sia dal fatto che i vampiri controllano la rappresentazione della realtà, sia dall’inettitudine degli intellettuali musulmani e dalla loro incapacità di comprendere anche solo i rudimenti della storia del pensiero occidentale, nel suo periodo antico, medievale e moderno».C’è una possibilità di distruggere tutta questa messa in scena? Forse: «Quello che deve succedere è il passaggio dell’autocoscienza mondiale dal paradigma in cui le persone credono che un pazzo come Pompeo e un buffone come Trump rappresentino l’essenza della normalità, ad un paradigma in cui le persone vedano Pompeo e Trump solo come un paio di gangster che fanno tutto ciò che vogliono, non importa quanto disgustoso e depravato, in completa e totale impunità. E questo è un processo di revisione ed un processo di risveglio verso un nuovo e più alto stato di coscienza politica. È un processo di rigetto del paradigma dominante e di unione all’Asse della Resistenza, il cui leader militare era il generale martire Qāsem Soleymānī. Non da ultimo, [questo processo] comporta il rifiuto dell’assurdo concetto di verità relativa (ed anche della relatività del tempo e dello spazio, scusaci Einstein), l’abbandono dell’assurda e nichilista filosofia dell’umanesimo, e il risveglio alla realtà dell’esistenza di un Creatore e del suo ruolo di comando. Ma, ovviamente, questo è troppo per la mentalità moderna, così illuminata da sapere tutto». Eccoci qua. E questo è solo l’inizio. Commenti pro e contro sono i benvenuti. Date una voce a tutte le anime bene informate: il dibattito è aperto.(Pepe Escobar, “Le radici della demonizzazione dell’Islam sciita da parte dell’America”, da “Unz.com” del 17 gennaio 2020; articolo tradotto da Markus per “Come Don Chisciotte”).L’uccisione con un drone del maggiore generale Qāsem Soleymānī da parte degli Stati Uniti, insieme ad un fiume di cruciali ramificazioni geopolitiche, porta ancora una volta al centro dell’attenzione una verità abbastanza scomoda: l’incapacità congenita delle cosiddette élite statunitensi anche solo di tentare di comprendere lo Sciismo, e la sua costante demonizzazione, avvilente non solo per gli Sciiti ma anche per i governi guidati dagli Sciiti. Washington aveva iniziato la Lunga Guerra ancor prima che il concetto fosse reso popolare dal Pentagono nel 2001, subito dopo l’11 settembre: è la Lunga Guerra contro l’Iran. Era iniziata nel 1953, con il colpo di Stato contro il governo democraticamente eletto di Mosaddegh, sostituito dalla dittatura dello Shah. L’intero processo aveva raggiunto l’apice più di 40 anni, fa quando la Rivoluzione Islamica aveva messo fine ai bei vecchi tempi della Guerra Fredda, epoca in cui lo Scià ricopriva il ruolo di “gendarme privilegiato del Golfo (Persico)” americano. Comunque, tutto questo va ben oltre la geopolitica. Non c’è assolutamente alcun modo, per chiunque, di riuscire a cogliere le complessità e il favore popolare dello Sciismo senza prima una seria ricerca accademica, integrata da visite a siti sacri selezionati in tutto il sud-ovest asiatico: Najaf, Karbala, Mashhad, Qom e il santuario di Sayyida Zeinab vicino a Damasco.
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Sand: l’invenzione sionista del ‘popolo ebraico’, mai esistito
Fin dalla prima infanzia i bambini israeliani vengono a «sapere» che il popolo a cui appartengono esiste dal momento in cui gli fu data la Torah sul Sinai. Quei bambini sono convinti di essere discendenti diretti delle genti che, uscite dall’Egitto, si stanziarono, dopo averla conquistata, nella «terra di Israele», promessa, come tutti «sanno», da Dio per fondarvi lo splendido regno di Davide e Salomone, poi separatosi a formare quelli di Giuda e d’Israele. Crescendo quei bambini apprenderanno che questo popolo, dopo il glorioso periodo monarchico, ha conosciuto l’esilio per ben due volte: una con la distruzione del Primo Tempio nel sesto secolo a.C.; la seconda dopo quella del Secondo Tempio nel 70 d.C. Impareranno poi che il loro popolo, il più antico di tutti, ha errato in esilio per circa duemila anni, nel corso dei quali non si è mai lasciato integrare né assimilare. Che ha raggiunto lo Yemen, il Marocco, la Spagna, la Germania, la Polonia, angoli remoti della Russia riuscendo sempre a mantenere stretti legami di sangue con le comunità più lontane, preservando di conseguenza la propria unicità. In realtà è molto improbabile che le cose siano andate davvero così.Anzi, Shlomo Sand, storico ebreo, docente all’Università di Tel Aviv, in un libro, L’invenzione del popolo ebraico, sostiene che si tratta, appunto, di una «invenzione». Questa storia non sta in piedi, afferma Sand: così come ad esempio non c’è continuità tra gli antichi elleni e i greci di oggi, non c’è una linea diretta che colleghi gli ebrei di duemila anni fa a quelli attuali. Per di più questo racconto non è andato formandosi spontaneamente; «Sono stati invece abili manipolatori del passato che dalla seconda metà del XIX secolo, strato dopo strato, hanno elevato questo cumulo di ricordi servendosi soprattutto di frammenti di memoria religiosa ebraica e cristiana, da cui la loro fervida immaginazione ha ricostruito un’ininterrotta genealogia del popolo ebraico». La Dichiarazione di Indipendenza di Israele afferma che il popolo ebraico proviene dalla Terra di Israele e che fu esiliato dalla sua patria. Ad ogni scolaro israeliano si insegna che ciò accadde durante il dominio romano, nell’anno 70 d.C. La nazione rimase fedele alla sua terra, alla quale iniziò a tornare dopo 2 millenni di esilio.Tutto sbagliato, dice lo storico Shlomo Sand, in uno dei libri più affascinanti e stimolanti pubblicati in Israele da molto tempo a questa parte. Non c’è mai stato un popolo ebraico, solo una religione ebraica, e l’esilio non è mai avvenuto – per cui non si è trattato di un ritorno. Sand rigetta la maggior parte dei racconti biblici riguardanti la formazione di una identità nazionale, incluso il racconto dell’esodo dall’Egitto e, in modo molto convincente, i racconti degli orrori della conquista da parte di Giosuè. È tutta invenzione e mito che è servita come scusa per la fondazione dello Stato di Israele, egli assicura. Secondo Sand, i romani, che di solito non esiliavano intere nazioni, permisero alla maggior parte degli ebrei di restare nel paese. Il numero degli esiliati ammontava al massimo a qualche decina di migliaia. Quando il paese fu conquistato dagli arabi, molti ebrei si convertirono all’Islam e si assimilarono con i conquistatori. Ne consegue che i progenitori degli arabi palestinesi erano ebrei…Sand non ha inventato questa tesi; 30 anni prima della Dichiarazione di Indipendenza, essa fu sostenuta da David Ben-Gurion, Yitzhak Ben-Zvi ed altri. Se la maggioranza degli ebrei non fu esiliata, come è successo allora che tanti di loro si insediarono in quasi ogni paese della terra? Sand afferma che essi emigrarono di propria volontà o, se erano tra gli esiliati di Babilonia, rimasero colà per loro scelta. Nel Libro di Ester, per esempio, è scritto: “Molti appartenenti ai popoli del paese si fecero Giudei, perché il timore dei Giudei era piombato su di loro” (Ester 8, 17). Sand cita molti precedenti studi, alcuni dei quali scritti in Israele ma tenuti fuori dal dibattito pubblico dominante. Egli descrive anche, e a lungo, il regno ebraico di Himyar nella penisola arabica meridionale e gli ebrei berberi del Nord Africa. La comunità degli ebrei di Spagna derivava da arabi convertiti al giudaismo che giunsero con le forze che tolsero la Spagna ai cristiani, e da individui di origine europea che si erano convertiti anch’essi al giudaismo.I primi ebrei di Ashkenaz (Germania) non provenivano dalla Terra di Israele e non giunsero in Europa orientale dalla Germania, ma erano ebrei che si erano convertiti nel regno dei Kazari nel Caucaso. Sand spiega l’origine della cultura Yiddish: non si tratta di un’importazione ebraica dalla Germania, ma del risultato dell’incontro tra i discendenti dei Kazari e i tedeschi che si muovevano verso oriente, alcuni dei quali in veste di mercanti. Scopriamo così che elementi di vari popoli e razze, dai capelli biondi o scuri, di pelle scura o gialla, divennero ebrei in gran numero. Secondo Sand, i sionisti per la necessità che hanno di inventarsi una etnicità comune e una continuità storica, hanno prodotto una lunga serie di invenzioni e finzioni, ricorrendo anche a tesi razziste. Alcune di queste furono elaborate espressamente dalle menti di coloro che promossero il movimento sionista, mentre altre furono presentate come i risultati di studi genetici svolti in Israele.Il professor Sand insegna all’Università di Tel Aviv. Il suo libro, ‘When and How Was the Jewish People Invented’ (Quando e come fu inventato il popolo ebraico), pubblicato in ebraico dalla casa editrice Resling, vuole promuovere l’idea di un Israele come “Stato di tutti i suoi cittadini” – ebrei, arabi ed altri – in contrasto con l’attuale dichiarata identità di stato “ebraico e democratico”. Il racconto di avvenimenti personali, una prolungata discussione teoretica e abbondanti battute sarcastiche non rendono scorrevole il libro, ma i capitoli storici sono ben scritti e riportano numerosi fatti e idee perspicaci che molti israeliani resteranno sorpresi di leggere per la prima volta. «Volevo scrivere un libro che avesse solidità storica ma conclusioni politiche, perché sono uno storico, e in quante tale sono tenuto a cercare la verità, ma rimango comunque un cittadino israeliano, vittima di una politica identitaria statale del tutto catastrofica», dice Shlomo Sand.Attenzione: è importante ricordare che il sionismo non è l’ebraismo. La fede ebraica (da rispettare al pari qualsiasi altra fede) e il sionismo sono due filosofie molto diverse. Confonderli è un terribile errore che può avere risultati disastrosi. Il movimento sionista ha creato lo Stato di Israele. Questo è il prodotto di un’idea che ha meno di cento anni. Il suo scopo fondamentale era ed è quello di cambiare l’essenza del popolo ebraico da entità religiosa a movimento politico. Dalla nascita del sionismo i capi spirituali del popolo ebraico si sono opposti strenuamente ad esso. Inoltre: la confusione seguita a trascinarsi sui giornali tramite pericolosi giochi semantici: lo Stato ebraico… i soldati ebrei… le milizie ebraiche. Non solo lo Stato d’Israele usurpa l’antico nome biblico di una storia, di una tradizione e di una fede che è anche patrimonio di cristiani e mussulmani, c’è di peggio: il sionismo ha finito per equiparare l’antisionismo all’antisemitismo, usando all’occorrenza la Shoah come randello sul tavolo della politica internazionale. Il sionismo non è l’ebraismo.(”Una invenzione chiamata ‘il popolo ebraico’”, da “La Crepa nel Muro” del 22 gennaio 2020. Il post cita Shlomo Sand attraverso “Storiainrete” e “Tlaxcala”, mentre la distinzione tra ebraismo e sionismo è tratta da “Naturei Karta”, movimento ebraico anti-sionista).Fin dalla prima infanzia i bambini israeliani vengono a «sapere» che il popolo a cui appartengono esiste dal momento in cui gli fu data la Torah sul Sinai. Quei bambini sono convinti di essere discendenti diretti delle genti che, uscite dall’Egitto, si stanziarono, dopo averla conquistata, nella «terra di Israele», promessa, come tutti «sanno», da Dio per fondarvi lo splendido regno di Davide e Salomone, poi separatosi a formare quelli di Giuda e d’Israele. Crescendo quei bambini apprenderanno che questo popolo, dopo il glorioso periodo monarchico, ha conosciuto l’esilio per ben due volte: una con la distruzione del Primo Tempio nel sesto secolo a.C.; la seconda dopo quella del Secondo Tempio nel 70 d.C. Impareranno poi che il loro popolo, il più antico di tutti, ha errato in esilio per circa duemila anni, nel corso dei quali non si è mai lasciato integrare né assimilare. Che ha raggiunto lo Yemen, il Marocco, la Spagna, la Germania, la Polonia, angoli remoti della Russia riuscendo sempre a mantenere stretti legami di sangue con le comunità più lontane, preservando di conseguenza la propria unicità. In realtà è molto improbabile che le cose siano andate davvero così.
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Biglino e l’Israele del Nord: la Bibbia ambientata nel Baltico?
Dove pensate che sia, il Sinai? Giusto: tra Egitto e Israele. E dove scorre, il Giordano? In Palestina, certo. E il Nilo? Che domande: nasce in Etiopia e attraversa il Sudan, prima di lambire la terra dei faraoni per poi sfociare nel Mediterraneo. E se un giorno si scopre che esiste un altro Nilo, le cui acque finiscono tra le onde nordiche del Mar Baltico insieme a quelle dell’altro Giordano, che scorre anch’esso in Finlandia non lontano dal Sinai finlandese, a due passi dai toponimi Sodoma e Gomorra, gemelli di quelli biblici? Fa letteralmente girare la testa, l’ultima fatica editoriale di Mauro Biglino: “Gli dei baltici della Bibbia”, scritto con Cinzia Mele, ribalta letteralmente la geografia storica alla quale siamo abituati. Pagine sconcertanti, che scoperchiano un insospettabile Israele del Nord, perfettamente speculare alla Terra Promessa di Abramo e Mosè. Chi ha dato quei nomi a fiumi, foreste, alture e cittadine scandinave? Mistero: a quanto pare, non esistono spiegazioni a portata di mano. E’ uno stranissimo Medio Oriente quello che vive tra i nomi di località sepolte a due passi dalla tundra lappone: Arabia e Canaan, Cipro, Egitto, Gaza, Gerico, Gerusalemme. E ancora, in ordine alfabetico: Giudea, Golan, Libano, Magog e Mar Rosso, addirittura Nazareth.Uno scherzo? Architettato da chi, e quando? Tra i fiordi e gli abeti compaiono Tiro, Troia, Sparta e il monte Taigeto: la Grecia degli dei, quella di Omero. E soprattutto le rive meridionali e orientali del Mediterraneo, le sabbie dei profeti. Vertigini: la Bibbia è una fotocopia segreta della Scandinavia o, al contrario, sulle rive del Baltico fu riprodotta la toponomastica dell’Antico Testamento? Un sospetto: data la debolezza delle conferme archeologiche nell’area mediorientale, non può essere che l’ambientazione egiziana e palestinese del racconto biblico – data per certa dalla tradizione – sia stata completamente inventata? Gli autori non hanno la risposta, ma solo un consiglio: forse, l’archeologia dovrebbe decidersi ad aprire vere ricerche nel Nord Europa, per scoprire cosa c’è dietro quell’affollatissimo presepe di nomi, attualmente inspiegabile. Domanda centrale: è stato il Nord a colonizzare il Sud, o viceversa? Di certo, colpisce in modo immediato la verità che Biglino e Mele documentano: i rapporti tra Mediterraneo e Baltico, nell’antichità, erano intensissimi, più di quanto si possa credere. Lo provano, tanto per cominciare, i relitti di navi egizie scoperti nelle isole britanniche, risalenti al secondo millennio avanti Cristo.Si tratta di navi che, evidentemente, avevano solcato l’Atlantico fino al Mare del Nord, per poi insediare nelle latitudini boreali una strana dinastia di regnanti, alti di statura, con gli occhi azzurri e i capelli rossi, esattamente come il Noè biblico e gli Elohim, i signori dell’Antico Testamento (di cui lo Yahwè poi divinizzato dai successivi monoteismi, secondo Biglino, altro non sarebbe che uno dei tanti esponenti). Finora lo studioso torinese, già traduttore ufficiale della Bibbia per le cattoliche Edizioni San Paolo, si era limitato, per così dire, alla demistificazione del testo antico, trasformato in testo “sacro” solo successivamente, dalle religioni ebraica e cristiana. Usando la ferrea logica del traduttore, Biglino ha rivelato per intero la nudità dei passi biblici, alla lettera: la storia del patto tra lo spietato dominatore Yahwè e la tribù degli israeliti, in guerra permanente contro tutte le altre tribù ebraiche, protette da Elohim rivali. Ma quella guerra infinita, a colpi di stragi, dove fu combattuta? Nella terra di mezzo tra Egitto, Giordania e Siria o, invece, nelle latitudini oggi freddissime della costa baltica settentrionale? Premessa: stiamo pur sempre parlando della Bibbia, un insieme di libri privi di fonti. Non si sa chi li abbia scritti, né in che lingua, attorno al V secolo avanti Cristo.Si sa invece che la Bibba fu riscritta da cima a fondo nel III secolo, in greco, dagli ebrei della colonia egiziana di Elefantina, ansiosi di farsi rispettare dal mondo ellenistico dopo che l’Impero Persiano li aveva liberati dalla umiliante “cattività babilonese” che aveva comportato, a quanto pare, la sparizione di Yahwè. Secondo i biblisti, la Bibbia dei Settanta nasce dal desiderio degli ebrei mediterranei di vantare un’ascendenza illustre, paragonabile a quella che per i greci si riverbera nell’Iliade e nella Teologia di Esiodo. Inventandoselo di sana pianta, proprio gli ebrei alessandrini (imbevuti di cultura ellenica, ormai dominante) introdussero il concetto di “spirito” manipolando il testo originario, mentre lo stesso Antico Testamento – poi adottato dal cristianesimo – fu continuamente rimaneggiato fino all’epoca medievale di Carlomagno. A noi è giunta una delle tante versioni prodotte, in aperta “concorrenza” tra loro, cioè il Codice di Leningrado: è la Bibbia riscritta con l’aggiunta delle vocali dai biblisti Masoreti della scuola di Tiberiade. Una narrazione “aggiornata” quindi in un’epoca molto tarda, dopo che la casta sacerdotale ebraica, oltre mille anni prima, aveva comunque cominciato a fornire di quei testi un’interpretazione metafisica, in linea con la filosofia platonica.La posizione di Biglino è nota: senza nemmeno entrare nell’immenso problema dell’esistenza di una divinità universale, e senza contestare le interpretazioni religiose, simbologiche e cabalistiche di quelle pagine, è bene sapere che, in ogni caso, la lettura in ebraico dell’Antico Testamento – anche nella sua versione attuale, largamente ritoccata – non presenta nessun indizio dei principali concetti metafisici (dunque greci, non ebraici) introdotti più tardi nella nostra cultura. Nel testo ebraico, conferma Biglino, sono completamente assenti le nozioni di divinità, spiritualità, onnipotenza e onniscienza, eternità e immortalità. Quell’aggregato di narrazioni si rivela semmai un ruvido libro di guerra, essenzialmente, nel quale l’El dei giudei – non di tutti gli ebrei: solo dei discendenti di Giacobbe – viene celebrato come valoroso condottiero, feroce coi nemici e temibile anche per i suoi, che infatti non esita a uccidere al minimo segno di disobbedienza, senza alcuna pietà nemmeno per donne e bambini. E fin qui, tutto bene – si fa per dire, perché Biglino, pubblicato anche da Mondadori oltre che da UnoEditori, resta un autore controverso, amatissimo e al tempo stesso detestato da schiere di detrattori. Tradotto all’estero in vari paesi, solo in Italia ha venduto oltre 300.000 copie, dando alle stampe una quindicina di volumi.Generosamente disponibile, per dieci anni ha girato la penisola, isole comprese, animando straordinarie conferenze, le cui visualizzazioni su YouTube sono ormai milioni. Per inciso: nessuno si è permesso di stroncare le sue traduzioni. Lui stesso precisa: «La lettura letterale della Bibbia non è certo l’unica possibile; solo, vorrei che non fosse l’unica sconosciuta, scoraggiata e “proibita”». La tesi: «Se facciamo finta che la Bibbia dica il vero, storicamente, ne vien fuori ben altra storia: nessun “dio”, ma solo un condottiero dispotico, un guerriero piuttosto anomalo». Tecnicamente: un El, appartenente alla categoria degli Elohim, «parola di cui, peraltro, nessuno al mondo conosce l’esatto significato». Un potente personaggio non umano, tecnicamente “alieno” (diverso e distinto da noi), in possesso di tecnologie avanzate. Forse extraterrestre, come gli Anunnaki sumeri e gli altri Figli delle Stelle di cui parlano le tradizioni di tutti i popoli della Terra? Chissà. Ma poi: la Bibbia la dice realmente, la verità? «Anche qui: non possiamo saperlo». E tutto si complica – di moltissimo – se poi si scopre che la toponomastica biblica è riprodotta, in modo prodigioso, nelle regioni baltiche.Che effetto fa, pensare a Venezia come a una capitale fenicia? Dove scomparvero, esattamente, i grandi marinai libanesi che sfidarono Roma dall’avamposto di Cartagine? Perché i linguisti (e non solo loro) accostano i Veneti ai Finni, da cui poi la Finaldia? Se Baal era il loro “dio”, perché non individuare quella stessa radice fonetica nella parola Baltico? Fenici nel Nord, insieme ad egizi e antichi greci? Suggestioni, tra mille ridondanze analogiche: se lo Jutland danese potrebbe essere tradotto come Giudea (Territorio di Giuda), la stessa Danimarca potrebbe essere letta come Terra di Dan, l’unica tribù ebraica in confidenza con l’arte marinara? E dunque: egizi o forse greci, se non addirittura ebrei, in un unico contesto nordico? O forse: ebrei che in realtà sarebbero sovrapponibili ad egizi, fenici e greci? I Daniti potrebbero esser diventati i Danai, gli “achei” di cui parla l’Iliade. Se Felice Vinci crede di poter scorgere “Omero nel Baltico”, come recita il titolo del suo interessante volume uscito nel 2008, Mauro Biglino e Cinzia Mele sembrano andare oltre: attorno al Mar Rosso del Nord (cioè il Golfo di Botnia, che separa la Finlandia dalla Svezia) rintracciano, lungo le antiche rotte marittime dell’ambra, anche i legami col Medio Oriente biblico e persino indizi che potrebbero essere all’origine della stessa fondazione di Roma.L’archeologia recente sembra incoraggiare ipotesi spiazzanti. La tradizione delle isole britanniche celebra l’antico sbarco di Scota: la sorella di Tutankhamon avrebbe dato il proprio nome alla Scozia, estendendo poi il suo dominio su Inghilterra e Irlanda. E a interrogare la storiografia, oltre agli inequivocabili relitti navali, sono comparsi gioielli che, secondo gli esperti, sono identici a quelli rinvenuti nella tomba del celebre faraone. E’ un caso che la radice Dan ricorra nel nome dei Thuata de Danaan, protagonisti della mitologia irlandese? Non è tutto: gli strani regnanti dai capelli rossi, venuti dal Sud, avrebbero fronteggiato per lungo tempo un’altra dinastia di dominatori, insediatisi lungo le coste della Norvegia: il loro nome, Fomoire, può sembrare consonante con quello dei signori delle piramidi, i faraonici antenati di Tunankhamon. Va da sé: “Gli dei Baltici della Bibbia” è una lettura avvolgente e sbalorditiva, specie quando si inoltra nel clamoroso parallelo toponomastico (e tuttora misterioso) tra l’Antico Testamento e la Finlandia occidentale. Attorno allo stupefacente Sinai boreale si dipana, con precisione imbarazzante, l’esatta geografia dell’Esodo, riprodotta nella terra dei lapponi. Non manca niente: dalla foresta affiora persino la Pentapoli dei filistei, a volte appena “finlandizzata” nei nomi delle città.Re Salomone e le sue famose miniere, i Giganti come Golia, i mitici Iperborei. Nella ricostruzione di Biglino e Mele, tutto si collega: ebrei e fenici cananei, antichi greci ed egizi, in una geografia dove il Nilo nordico – esattamente come uno dei rami di quello africano – nasce dal Lago Tana (solo che quello finlandese non è circondato dall’Acrocoro Etiopico, ma dalla foresta degli abeti e delle renne). Domande, ancora e sempre: da dove vengono, quei nomi? E com’è possibile che persino le distanze tra un sito e l’altro, insieme alla loro disposizione geografica, riproducano alla perfezione la configurazione della latitudine quasi tropicale di vicende che la storia ci ha abituati a considerare solo mediterranee o africane? «Per quanto suggestiva – precisano gli autori – la semplice osservazione della geografia finlandese non può colmare le lacune storico-geografiche che scaturiscono dal testo biblico». Questo scenario, però, «apre alla possibilità di formulare ipotesi e domande fino a oggi improponibili, auspicando che futuri studi e ricerche possano fare luce su quanto sin qui emerso». Il grande problema, a monte? Gli scavi israeliani tendono a non confermare l’ambientazione mediorientale delle vicende veterotestamentarie.Ribadiscono gli autori: riguardo al Medio Oriente, a lungo sondato dagli studiosi, «i riscontri storici e geografici, tecnologici e archeologici minimizzano la possibilità che il testo biblico (e il Libro dell’Esodo in particolare) possa essere considerato attendibile, dal punto di vista storico, e toponomasticamente riconducibile alla penisola sinaitica». E appena più a ovest, dalle parti dell’antico Egitto, la visione ufficiale sembra ignorare certi tasselli “impossibili” da inserire nel modello storico attuale, benché siano scaturiti da studi accademici: «Ci riferiamo agli studi genetici degli ultimi anni, che indicano la classe dominante egiziana di alta corporatura e dai capelli rossi». Ovvero: i faraoni erano originari dell’Africa o, invece, del nord Europa? Le ultime ricerche tendono a confermare che proprio i “faraoni dai capelli rossi” possano esser stati gli strani padroni delle isole britanniche, e poi magari dell’intera area baltica, a partire dal 1350 avanti Cristo. Da quei presunti faraoni nordici si allontanò l’ipotetico Mosè, tra i canneti sulle rive del “rosso” Golfo di Botnia? Nessuno può dirlo con certezza. Biglino e Mele, intanto, aprono l’orizzonte in modo inatteso: per la prima volta offrono «chiavi di lettura sorprendenti e affascinanti, da cui potrebbero scaturire nuove visioni storiche in armonia con la geografia baltica».(Il libro: Mauro Biglino e Cinzia Mele, “Gli dei baltici della Bibbia. L’Israele che non ti aspetti”, UnoEditori, 299 pagine, euro 16,90. Il volume è corredato da mappe, illustrazioni e da un prezioso glossario che propone, in parallelo, i toponimi biblici e quelli baltici. Cinzia Mele, co-autrice, è un funzionario della polizia italiana; alla sua prima pubblicazione, è una attenta ricercatrice in campo storico-documentale, con particolare preparazione sui racconti mitologici, spesso fonte di preziosi indizi sulla possibile storia dell’uomo).Dove pensate che sia, il Sinai? Giusto: tra Egitto e Israele. E dove scorre, il Giordano? In Palestina, certo. E il Nilo? Che domande: nasce in Etiopia e attraversa il Sudan, prima di lambire la terra dei faraoni per poi sfociare nel Mediterraneo. E se un giorno si scopre che esiste un altro Nilo, le cui acque finiscono tra le onde nordiche del Mar Baltico insieme a quelle dell’altro Giordano, che scorre anch’esso in Finlandia non lontano dal Sinai finlandese, a due passi dai toponimi Sodoma e Gomorra, gemelli di quelli biblici? Fa letteralmente girare la testa, l’ultima fatica editoriale di Mauro Biglino: “Gli dei baltici della Bibbia”, scritto con Cinzia Mele, ribalta letteralmente la geografia storica alla quale siamo abituati. Pagine sconcertanti, che scoperchiano un insospettabile Israele del Nord, perfettamente speculare alla Terra Promessa di Abramo e Mosè. Chi ha dato quei nomi a fiumi, foreste, alture e cittadine scandinave? Mistero: a quanto pare, non esistono spiegazioni a portata di mano. E’ uno stranissimo Medio Oriente quello che vive tra i nomi di località sepolte a due passi dalla tundra lappone: Arabia e Canaan, Cipro, Egitto, Gaza, Gerico, Gerusalemme. E ancora, in ordine alfabetico: Giudea, Golan, Libano, Magog e Mar Rosso, addirittura Nazareth.
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Meglio gay che sovranisti: così Bergoglio “riscrive” la Bibbia
Qual era il peccato di Sodoma? Per quale motivo il Dio dell’Antico Testamento fece piovere «zolfo e fuoco» su di essa e la distrusse «con tutti gli abitanti e la vegetazione del suolo»? Chi pensa che il grande vizio dei sodomiti fosse la sodomia, non ha capito nulla. Perché è vero che «gli uomini di Sodoma erano perversi e peccavano molto contro il Signore» (Genesi 13:13), però la loro perversione, scopriamo adesso grazie ai teologi di Jorge Mario Bergoglio, era la difesa dei confini, il rifiuto di accogliere gli immigrati. «In una parola, quello che oggi va sotto il nome di sovranismo», scrive Fausto Carioti su “Libero”. «Contrordine fedeli, dunque». “Bella ciao” cantata in chiesa e l’anatema del vescovo di Mazara secondo cui «chi è con Salvini non può dirsi cristiano» sono fenomeni superficiali. «La rivoluzione in atto nella Chiesa è assai più profonda, punta a dare ai cristiani una nuova dottrina», scrive Carioti. «Se andrà in porto o meno lo vedremo, ma il tentativo è smaccato e lo conferma “Che cosa è l’uomo?”, ambiziosissimo libro di 330 pagine» appena stampato dalla Libreria editrice vaticana e scritto dalla Pontificia Commissione Biblica «su richiesta del Papa in persona», ha fatto sapere il gesuita Pietro Bovati, segretario della stessa commissione e allievo di Carlo Maria Martini.Gli autori, spiega “Libero”, presentano il volume come «un’interpretazione fedele dell’intera Sacra Scrittura riguardo al tema antropologico», ma così dicendo peccano di falsa modestia. In quelle pagine, scrive Carioti, c’è il tentativo di adeguare ai tempi nuovi la Bibbia e con essa l’intera Chiesa, «relativizzando insegnamenti che per due millenni sono sembrati assoluti ad apostoli, Papi e fior di teologi, e spostando l’attenzione su altri “gravissimi” scandali, tipici della morale bergogliana». Proprio nelle pagine dedicate a Sodoma questo disegno modernista è più evidente. «Qual è stato in realtà il peccato di Sodoma, meritevole di una così esemplare punizione?», chiedono i dotti della commissione pontificia. Subito assicurano che esso non era «la trasgressione sessuale praticata nei confronti di persone dello stesso sesso», nonostante l’abitudine della casa fosse quella. Del resto, spiegano, «non troviamo nelle tradizioni narrative della Bibbia indicazioni concernenti pratiche omosessuali, né come comportamenti da biasimare, né come atteggiamenti tollerati o accolti con favore». Secondo Carioti, si ignora quindi il passo del Levitico in cui si legge: «Non giacerai con un maschio come si fa con una donna, è una cosa abominevole», e si prevede la condanna «a morte» per i trasgressori.Però gli studiosi di Bergoglio sembrano considerarlo un ammonimento secondario: «Non si ha notizia che tale sanzione sia mai stata applicata», affermano. «Possiamo ritenere che la normativa del Levitico intendesse tutelare e promuovere un esercizio della sessualità aperto alla procreazione, in conformità con il comando del Creatore agli esseri umani». Poche parole, sintetizza Carioti, per distruggere due millenni di certezze. «Sulla gravità dell’atto omosessuale si erano espressi, tra i tanti, l’apostolo Paolo, escludendo i sodomiti dal novero di coloro che erediteranno il regno dei cieli, il Concilio di Trento e un certo Giovanni Paolo II, che nell’enciclica Veritatis Splendor inserì la sodomia tra gli atti “irrimediabilmente cattivi”». Le cose, però, devono essere cambiate. La vera offesa degli abitanti di Sodoma agli occhi di Dio, ci informano i biblisti bergogliani nel loro libro, fu infatti avere rifiutato di accogliere i due angeli inviati dal Signore sotto forma di viandanti stranieri. Quel racconto, scrivono, «illustra un peccato che consiste nella mancanza di ospitalità, con ostilità e violenza nei confronti del forestiero, comportamento giudicato gravissimo e meritevole perciò di essere sanzionato con la massima severità».Il rifiuto del diverso, dello straniero bisognoso e indifeso, «è principio di disgregazione sociale», secondo gli autori vaticani, «avendo in se stesso una violenza mortifera che merita una pena adeguata». Sodoma è trasformata così in «un caso di porti chiusi ante litteram», commenta il portale cattolico “La Bussola”, il primo a denunciare l’operazione. E «l’ossessione immigrazionista» della Chiesa bergogliana «diventa criterio esegetico del testo sacro». In questo modo, chiosa Carioti, il cerchio si chiude, «e noialtri peccatori sappiamo qualcosa in più: la Bibbia non condanna la sodomia, però ritiene la distruzione di una città pena consona per chi non apre le porte agli immigrati. Salvini e quel 31% di italiani – tantissimi dei quali cattolici – che stanno con lui sono avvisati, saranno trattati come sodomiti». Per sdoganare teologicamente l’omosessualità, ferocemente discriminata per secoli, c’è dunque bisogno di creare un nemico alternativo? Peraltro, svariati biblisti concordano su un punto: insieme alle altre tre città della Pentapoli nella regione del Mar Morto, Sodoma e Gomorra furono spietatamente punite da Yahwè per una colpa essenzialmente politica: l’aver disobbedito al capo supremo. In cosa?«E’ evidente che Sodoma, Gomorra e le altre città della regione furono colpite in modo devastante per una ragione eminentemente politica: stavano per cambiare alleanze, abbandonando quella con Yahwè». Lo sostiene Mauro Biglino, autore di bestseller che propongono una sconcertante rilettura – letterale – dell’Antico Testamento, basata su traduzioni non teologiche, ma testuali. Premessa: «Il personaggio Yawhè non è in alcun modo un Dio: non è onnipotente, né onnisciente, né immortale. E’ solo uno dei tanti Elohim di cui la Bibbia parla, come Kamosh e Milkom, che guidavano altre tribù ebraiche in concorrenza con i seguaci di Yahwè, gli israeliti». La Bibbia è piena di guerre tra tribù, con Yahwè da una parte, opposto ai suoi “concorrenti”. Chi erano gli Elohim, scambiati per divinità? «Esattamente non lo sappiamo», ammette Biglino: «Nessuno conosce il significato di quella parola, poi tradotta con il termine “Dio” in epoca successiva, quando nacque la religione». In origine, la Bibbia – in cui sono assenti i concetti di divinità, anima e spiritualità – prefigura una situazione di pluralismo: in un passo, agli Elohim il loro capo (Elyon) ricorda che fanno male a essere prepotenti con gli umani, perché un giorno moriranno, come loro.Quando gli Elohim smisero di essere visibili, si affermò una sorta politeismo enoteistico: gli dèi sono tanti – scriverà secoli dopo lo stesso San Paolo – ma noi ne seguiamo uno solo. Il problema? L’istituzione religiosa ignora deliberamente il significato letterale del testo biblico, accusa Biglino, deformandolo all’occorrenza per far dire alla Bibbia quello che la politica del momento suggerisce. Sodoma? Fu distrutta con “l’arma del terrore” scagliata dal cielo, perché stava tradendo l’alleanza militare con Yahwè. I testi mesopotamici descrivono gli effetti della micidiale “arma del terrore”, una sorta di “nube nucleare” che fece strage fin nella valle dell’Eufrate. I testi indiani parlano di “tejas-astras” armi a energia diretta. Gli studiosi della paleo-astronautica sostengono le divinità antiche altro non fossero che gli antenati degli odierni extraterrestri. Il vescovo cristiano Eusebio di Cesarea dà credito al fenicio Sanchuniaton, vissuto nel 1200 avanti Cristo, secondo cui la casta sacerdotale fabbricò le religioni per mascherare la vera idenità di quelle “divinità” dispotiche e pericolose. La stessa Bibbia è stata costantemente manomessa fino all’epoca medievale di Carlomagno, piegando i versetti antichi alle più disparate interpretazioni “politiche”. Singolare che tuttora, nel 2019, si ricorra al racconto di Sodoma e Gomorra (privo di fonti, come tutto l’Antico Testamento) per intervenire in modo nettissimo nella ordinaria politica italiana.Qual era il peccato di Sodoma? Per quale motivo il Dio dell’Antico Testamento fece piovere «zolfo e fuoco» su di essa e la distrusse «con tutti gli abitanti e la vegetazione del suolo»? Chi pensa che il grande vizio dei sodomiti fosse la sodomia, non ha capito nulla. Perché è vero che «gli uomini di Sodoma erano perversi e peccavano molto contro il Signore» (Genesi 13:13), però la loro perversione, scopriamo adesso grazie ai teologi di Jorge Mario Bergoglio, era la difesa dei confini, il rifiuto di accogliere gli immigrati. «In una parola, quello che oggi va sotto il nome di sovranismo», scrive Fausto Carioti su “Libero“. «Contrordine fedeli, dunque». “Bella ciao” cantata in chiesa e l’anatema del vescovo di Mazara secondo cui «chi è con Salvini non può dirsi cristiano» sono fenomeni superficiali. «La rivoluzione in atto nella Chiesa è assai più profonda, punta a dare ai cristiani una nuova dottrina», scrive Carioti. «Se andrà in porto o meno lo vedremo, ma il tentativo è smaccato e lo conferma “Che cosa è l’uomo?”, ambiziosissimo libro di 330 pagine» appena stampato dalla Libreria editrice vaticana e scritto dalla Pontificia Commissione Biblica «su richiesta del Papa in persona», ha fatto sapere il gesuita Pietro Bovati, segretario della stessa commissione e allievo di Carlo Maria Martini.
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Bertani: Natale, pacco vuoto. Chi crede ancora alla fiaba?
Natale è la vera festa dei cattolici: dovrebbe essere, in realtà, la Pasqua la quale contiene e condensa in pochi giorni (o, addirittura, ore) tutta la vicenda di un certo Joshua bar Joseph (Gesù figlio di Giuseppe), che sarebbe diventata la colonna sonora di due millenni di storia, oggi conclusa, terminata, smarcata dalle cronache religiose del pianeta. Vedremo poi. Già, Natale…però il Natale, celebrando la nascita del Redentore delle Anime, sconfessa apertamente chi non aveva riconosciuto in lui il Davide, il Grande Re Davide che avrebbe riportato alla gloria il grande popolo d’Israele. Non l’hanno riconosciuto? Ben gli sta! Giù la testa! Se il grande regno di Davide mai non giunse, anche il surrogato – ossia il povero Joshua bar Joseph – non fu una gran trovata. Ossia, lo fu sotto l’aspetto secolare, di potere – indubbiamente servì a tanto per superare la crisi dell’Impero Romano e trasformarlo nel Sacro Romano Impero, con annessi e connessi – ma fallì totalmente sotto l’aspetto della religione e, soprattutto, della contigua filosofia religiosa. Prima di partire, ricordiamo una curiosità: il primo a godere dell’appellativo di Pontifex Maximus (pressappoco “guida suprema”) fu…Giulio Cesare! Dopo di lui, tutti gli imperatori romani.Bisogna partire da lontano per capire tutto l’arzigogolo, e quando si dice da lontano quel “lontano” è, niente popò di meno che…Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus, in arte Nerone, quinto imperatore romano. Perché? Perché Nerone aveva ben compreso che il futuro dell’Impero non era nella lontana Britannia o nella riottosa Germania, bensì nel Mediterraneo: ossia, voleva spostare il baricentro dell’Impero verso Oriente, non verso l’inospitale Nord. Nel 67 d. C. si recò in Grecia e concesse a tutti i Greci l’immunità, qualcosa che si avvicinava alla cittadinanza romana, ed iniziò a meditare che Alessandria d’Egitto (seconda città dell’Impero) aveva tutti i crismi per diventarne la prima: la Biblioteca – che, oggi, definiremmo “un grande polo universitario” – il grandioso porto e la posizione geo-centrica di quello che lui immaginava il futuro dell’Impero. E la religione? Le tradizioni? Beh…ci penseremo…in Oriente si trova di tutto… A Roma non furono molto d’accordo, e lo fecero fuori. Ma il dado era tratto: nemmeno 60 anni dopo, Adriano ammetteva “Christus” fra gli dei onorabili a Roma, sempre che i seguaci lo onorassero nel Pantheon romano e non come unico Dio. Ma la strada era tracciata. S’era intorno al 120 d.C.Ci furono ancora lotte, discriminazioni, uccisioni… ma, due secoli dopo, Costantino sanciva il passaggio definitivo, quello della religione cristiana come unico credo del regno. E, annessa, vi fu la prima truffa dei cristiani, ossia la cosiddetta “donazione” di Costantino (mai avvenuta) poi codificata nel Constitutum Constantini, un testo apocrifo del IX secolo d.C. la quale concedeva al papato non la guida della Chiesa, bensì una specie di titolo di imperator, ossia la supremazia su qualsiasi regno o (futuro) feudatario del grande impero. La frittata (un colossale falso storico) era sfornata, ed era nato lo Stato della Chiesa. Per i secoli a seguire, dunque, i Papi non furono le guide religiose che tutti pensiamo e immaginiamo nella nostra tradizione, bensì i Re d’alcuni possedimenti italici e gli imperatori dell’ex Impero Romano, perché avevano nelle mani uno strumento potente per mantenere quel primato (che usarono più volte), ossia la scomunica. Furono Pontifex Maximus dei re e imperatori d’Europa. Non ci dobbiamo perciò meravigliare dei fasti della corte papale, delle molte concubine, delle mille corruzioni, delle sanguinose lotte di potere… non dimentichiamo che molti Papi non furono nemmeno preti, oppure furono nominati cardinali da bambini… erano dei regnanti, stop.Machiavelli scrisse che gli italiani crebbero “senza religione e cattivi”, poiché allevati in quei torbidi consessi, nei quali la gestione del potere era “santificata” da qualcosa che, di veramente santo, non aveva niente. Ma venne la prima punizione. Un oscuro monaco agostiniano germanico, Martin Lutero – dopo una visita a Roma nella quale vide quel che vide, non ultimo il commercio, venale, delle indulgenze, che lo terrificò – tornato in Germania (e sotto la protezione di Federico di Sassonia) pubblicò le famose 95 tesi affiggendole sulla porta della Chiesa di Wittemberg. Era il 1517, era la Rivoluzione. Lutero voleva tornare ad un Cristianesimo più puro, mondato da ogni coinvolgimento secolare che la Chiesa Romana, ovviamente, non poteva concedere, senza correre il rischio d’enormi perdite, territoriali e di ricchezza. La prima avvisaglia di come i Protestanti desideravano “accomiatarsi” dal potere romano avvenne nel 1527, con il Sacco di Roma ad opera dei Lanzichenecchi: 20.000 morti ed il resto della popolazione in fuga. Per “scalzarli” da Roma il Papa dovette pagare 400.000 ducati d’argento. Cash.La risposta, da Roma, venne nel 1545 con il Concilio di Trento e fu una risposta totalmente di chiusura, con la proibizione del possesso degli antichi testi biblici (in greco ed aramaico): solo la Vulgata – pessimo titolo! – ossia la Bibbia in Latino visionata e distribuita solo da Roma. E la creazione del Sant’Uffizio (la futura Inquisizione) e dell’indice dei testi “scomunicati”. Gli ultimi a ricevere questo “trattamento” furono Simone de Beauvoir, Gide, Moravia e Sartre (!). Li precedettero, praticamente, tutti i “pilastri” della civiltà moderna occidentale, da Cartesio in poi, e l’ultimo Papa passato sullo scranno del Sant’Uffizio, poi divenuto “Congregazione per la dottrina della Fede” fu Papa Ratzinger, tuttora vivente, Benedetto XVI. Insomma, in barba a tutti i “consigli” che giungevano dall’esterno, la Chiesa Cattolica non ha deviato di un’unghia, non ha discusso con nessuno, non ha accettato nessun “bonario” consiglio. Ha continuato a non concedere rogatorie nemmeno quando le vicende dello Ior (la Banca Vaticana) sprofondavano, più che nella tragedia, nella farsa.Pedofilia, niente; preservativi, nulla; divorzio, ignorato. Salvo concederlo, già a Trento (1545), per le coppie di neri che erano state battezzate dai missionari e poi vendute, schiave, a differenti proprietari. Una vera e propria chicca: un’attenzione perfetta per le esigenze del commercio! La giustificazione? Qualcuno aveva potuto leggere le pubblicazioni dell’atto? Magari affisse su un albero della foresta equatoriale? Penosi. Ma la nemesi giunge da dove meno te lo aspetti. Stavolta non c’è più un monaco che affigge delle tesi su una chiesa per chiederne la discussione, per avviare una ricostruzione di quel credo suggerito (pare) molto tempo prima da un oscuro pescatore/predicatore della Galilea. Rivisto e purgato – in primis Paolo di Tarso, poi Agostino d’Ippona, Tommaso d’Aquino eccetera, eccetera… – per l’udito e la forma mentis dei greci e dei latini dapprima, poi per i loro eredi. Quando un edificio si mostra troppo vecchio per resistere ancora allo scorrere del tempo, quando non sono stati eseguiti per tempo i necessari lavori di ristrutturazione, entrano in funzione le ruspe demolitrici: non c’è altra soluzione.La “ruspa” – addirittura comico! – sgattaiola fuori dal garage delle Edizioni San Paolo di Roma, ma non affigge tesi per discutere, non chiede udienza, non dà alla vetusta istituzione cattolica nemmeno l’appiglio di un confronto: «Non voglio intromettermi fra ciò che pensano e credono i cattolici rispetto alla loro fede». E’ ciò che Mauro Biglino ripete, anche se sa benissimo che non ci potrebbero essere più roghi per bruciarlo. Magari, però, una pallottola vagante potrebbe sempre manifestarsi: i tempi cambiano e gli inquisitori accettano anche qualche “suggerimento” della modernità. La morte del comandante delle Guardie Pontificie, Alois Estermann (mai chiarita), della moglie e di un caporale, è stata una sparatoria degna di un film di Sergio Leone. Proprio accanto all’appartamento del Papa. Così, dalle Bibbie più antiche – guarda a caso quelle proibite nel ‘500 con l’Inquisizione – salta fuori, traducendo letteralmente, che il potente e “glorioso” Dio Javhé viaggiava nei cieli su un “carro di fuoco”, mentre i suoi “cherubini” assomigliavano più a delle guardie del corpo che agli angioletti del presepe.Ma anche il Nuovo Testamento è stato “rivisitato” – soprattutto grazie all’acume “greco” di Paolo di Tarso – e, dunque, una vicenda interna alla comunità ebraica, uno scontro fra fazioni discordi ed un fallito assalto al tempio di Salomone, ha creato i prodromi per la creazione di una nuova religio, visto che quella vigente nella Roma imperiale era in forte crisi, pervasa e stravolta da nuovi credi. Mentre era stata proibita dal Senato la pratica dei Baccanali, i culti di Cibele, Iside e, soprattutto, Mitra erano entrati a far parte del Pantheon Romano, scombussolandone le radici, che risalivano addirittura al primo re, Numa Pompilio. C’era bisogno di “aria nuova”: che durò per due millenni. Oggi, osservando con occhio disincantato e senza nessun tipo d’acredine, possiamo affermare che la religione cattolica sia ancora uno dei “perni” del vivere italico? Vivo di fronte ad una chiesa, che si dice sia stata un “luogo” dei Templari, e nella quale è stato anche girato un pessimo film (”The broken key”) sull’infinita saga dei cavalieri antichi e delle moderne società segrete. Le campane, a parte le ore, suonano musichette che sembrano il “liscio” dei Casadei: mai più ascoltato una musica sacra.Rari matrimoni e battesimi, più frequenti i funerali, con un solo denominatore: niente che abbia a che vedere con una pratica sacra, ma solo cerimonie mondane, allegre o tristi, ma solo mondane. Abiti eleganti le donne, camicie e cravatte gli uomini: per quel che ne so, una liturgia spenta senza più nessuna tensione religiosa verso il sacro, il supremo, l’assoluto inconoscibile. Le statistiche ci dicono che circa la metà della popolazione italiana si dice cattolica, ma coloro che si dicono credenti e praticanti sono soltanto il 22%. Ci sono, poi, un 10% circa che appartiene ad altre religioni, ed un 14% che, genericamente, “crede in Dio”. Questa è, sostanzialmente, la situazione. Al di là della sfera religiosa, gli italiani che credono molto o abbastanza alle coincidenze rappresentano ben il 53%, mentre il 41% crede nella fortuna, il 25% nella reincarnazione, il 24% nella predestinazione dell’anima, il 21% nei miracoli dei guaritori, il 18% nel karma, il 17% nell’astrologia, il 16% nella presenza di alieni sulla Terra, un altro 16% nella jella e nel malocchio, sempre il 16% nelle sedute spiritiche, il 14% nella possessione diabolica, il 9% nei tarocchi e un altro 9% nella magia (sondaggio Adnkronos). Sembra quasi l’identica situazione del tardo Impero Romano anzi: forse peggio. Eppure, continuiamo a definirci un “paese cattolico”. In ogni modo, felice Natale a tutti!Natale è la vera festa dei cattolici: dovrebbe essere, in realtà, la Pasqua la quale contiene e condensa in pochi giorni (o, addirittura, ore) tutta la vicenda di un certo Joshua bar Joseph (Gesù figlio di Giuseppe), che sarebbe diventata la colonna sonora di due millenni di storia, oggi conclusa, terminata, smarcata dalle cronache religiose del pianeta. Vedremo poi. Già, Natale…però il Natale, celebrando la nascita del Redentore delle Anime, sconfessa apertamente chi non aveva riconosciuto in lui il Davide, il Grande Re Davide che avrebbe riportato alla gloria il grande popolo d’Israele. Non l’hanno riconosciuto? Ben gli sta! Giù la testa! Se il grande regno di Davide mai non giunse, anche il surrogato – ossia il povero Joshua bar Joseph – non fu una gran trovata. Ossia, lo fu sotto l’aspetto secolare, di potere – indubbiamente servì a tanto per superare la crisi dell’Impero Romano e trasformarlo nel Sacro Romano Impero, con annessi e connessi – ma fallì totalmente sotto l’aspetto della religione e, soprattutto, della contigua filosofia religiosa. Prima di partire, ricordiamo una curiosità: il primo a godere dell’appellativo di Pontifex Maximus (pressappoco “guida suprema”) fu…Giulio Cesare! Dopo di lui, tutti gli imperatori romani.
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La nostra storia non regge: sta per venircelo a spiegare E.T.
Non sono certo le mille fregnacce del governo e dell’opposizione a rendermi perplesso, e nemmeno le mille disgrazie economiche: previste, annunciate, poi scorporate, quindi riammesse…nel gran calderone della politica e dell’economia: si sta muovendo qualcosa di serio da tutt’altre parti. La prima notizia è giunta dalla Nasa, poche settimane or sono: d’ora in avanti, non vogliamo più sentir parlare di Oggetti Non Identificati in cielo…beh…consideriamoli come “elementi non censiti nelle aeronautiche terrestri” o qualcosa del genere; insomma, ci sono cose che volano in cielo che non sappiamo cosa siano. E non sono, sia chiaro, palloncini sfuggiti ai bambini al luna park né palloni aerostatici dispersi dai meteorologi: non possiamo dirvi chiaro e tondo che sono extraterrestri – perché, ad onor del vero, non lo sappiamo nemmeno noi (?) – però ‘sta roba può essere pericolosa per il traffico aereo, quindi – cari piloti – state accuorti. La comunicazione della Nasa giunge a proposito, perché – grazie alle mille diavolerie informatiche oggi possibili – nessuno prendeva più troppo sul serio i filmati degli Ufo, giacché il sospetto veniva: questi, tanto per guadagnare contatti su YouTube, macchineranno chissà che cosa. Invece è proprio la Nasa a dirlo: non sono roba nostra e ci sono veramente. Aggiunge anche, a pochi giorni di distanza, che su Marte c’è acqua ed una quantità “interessante” di ossigeno: partiamo?
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Fiat, vaccini, 5G e Tav: la politica italiana non se ne occupa
Il non-governo giallorosso non ha speranze di galleggiare ancora a lungo nell’acqua alta dove nuota lo squaletto Renzi, ma sulla spiaggia opposta non è che splenda il sole: attorno all’ombrellone di Salvini si attarda nonno Silvio, scortato dalla Meloni, senza che il pubblico percepisca la possibilità di un’epocale alternativa al lento e inesorabile sfacelo di cui l’Italia è vittima, in ossequio alla nuova legge di un mondo senza più politica. Tralasciando il pietoso equivoco 5 Stelle, che puzzava d’imbroglio fin dall’inizio (spettacolare manipolazione degli elettori, col pieno concorso dei militanti di base disposti ad avallare qualsiasi diktat), l’impotenza generale di fronte alla desolazione di Venezia o la resa di Taranto ai furbetti globali dell’acciaio non fanno che dimostrare una volta di più l’assenza di idee, dopo l’eutanasia delle ideologie, che siano capaci di generare qualcosa che assomigli a uno straccio di governance del sistema. E intanto continua a piovere sul bagnato: basta dare un’occhiata agli slogan archeologici – Dio, patria e famiglia – con cui il sedicente outsider Diego Fusaro, filosofo mediatico e grillo parlante corteggiato dalle televisioni, tenta di raccontare la sua rivoluzionaria prospettiva politica ottocentesca, o forse medievale, o forse adatta solo a menare il can per l’aia, ridicolizzando volutamente l’idea stessa che possa esistere, un giorno, un’opposizione sistemica.Nel vecchio film, quello finito con le nozze mostruose tra Di Maio e il fratello di Montalbano, o meglio tra l’esodato Renzi e l’ex guastatore Grillo insidiato politicamente dall’indagine sul figlio per presunto stupro, a tener banco era stato un totem come il progetto cimiteriale del Tav Torino-Lione, infrastruttura con cantieri mai davvero decollati (forse al 5%) e comunque destinata a trasformarsi in una spettacolare, costosissima cattedrale nel deserto. L’argomento, che – come tanti altri, poi abbandonati – era servito ai 5 Stelle solo per fare il pieno di voti, è stato usato per la rissa finale con Salvini, per poi essere archiviato nel silenzio generale. La notizia, sfuggita ai radar, è che l’Italia spenderà comunque miliardi per una linea ferroviaria virtualmente superveloce ma destinata a trasportare pochissime merci necessariamente lente. Una ferrovia-doppione, completamente inutile benché rischiosa e devastante per l’ambiente, che ci si ostina ad approntare lungo una direttrice commerciale desolatamente abbandonata, lontanissimo dalle rotte mercantili. Un favoloso binario morto, buono solo per il business dei costruttori (pochissimi posti di lavoro, temporanei), e imposto a una popolazione che ha inutilmente dimostrato, in ogni sede, la sciagurata natura di un ecomostro che indurrà migliaia di italiani a prendere in considerazione l’idea di scappare, lasciando le proprie case.La non-politica del Belpaese, europeista o sovranista non importa, ha evitato accuratamente di affrontare ogni altro tema vitale per le famiglie, dall’obbligo vaccinale imposto (stile Corea del Nord) senza emergenze sanitarie e senza spiegazioni, e il misteriosissimo avvento del wireless 5G, che avanza in semi-clandestinità abbattendo alberi secolari nelle piazze delle città. Logico che i media, a reti unificate, ignorino il convegno organizzato in Parlamento dai sindaci e dai comitati di cittadini giustamente allarmati per l’introduzione, senza precauzioni, di una tecnologia invasiva di cui non si conosce ancora l’impatto sull’organismo. Quanto ai vaccini polivalenti, che secondo la Regione Puglia hanno causato problemi di salute a 4 bambini su 10, sul tema cala semplicemente il sipario, anche se – per la prima volta nella storia – qualcosa come 130.000 bimbi, nel 2019, non hanno potuto accedere né ai nidi né alle scuole dell’infanzia. In compenso, i riflettori abbagliano l’epica sfida per le regionali in Emilia Romagna, dove la Lega potrebbe strappare al Pd la storica roccaforte, un tempo “rossa”. Accipicchia, questa sì che è una notizia: non come l’insignificante sorte della Fiat, che gli Agnelli-Elkann hanno ceduto ai francesi, nel silenzio generale dei media e dei politici italiani di ogni parrocchia.(Giorgio Cattaneo, Libreidee, 23 novembre 2019).Il non-governo giallorosso non ha speranze di galleggiare ancora a lungo nell’acqua alta dove nuota lo squaletto Renzi, ma sulla spiaggia opposta non è che splenda il sole: attorno all’ombrellone di Salvini si attarda nonno Silvio, scortato dalla Meloni, senza che il pubblico percepisca la possibilità di un’epocale alternativa al lento e inesorabile sfacelo di cui l’Italia è vittima, in ossequio alla nuova legge di un mondo senza più politica. Tralasciando il pietoso equivoco 5 Stelle, che puzzava d’imbroglio fin dall’inizio (spettacolare manipolazione degli elettori, col pieno concorso dei militanti di base disposti ad avallare qualsiasi diktat), l’impotenza generale di fronte alla desolazione di Venezia o la resa di Taranto ai furbetti globali dell’acciaio non fanno che dimostrare una volta di più l’assenza di idee, dopo l’eutanasia delle ideologie, che siano capaci di generare qualcosa che assomigli a uno straccio di governance del sistema. E intanto continua a piovere sul bagnato: basta dare un’occhiata agli slogan archeologici – Dio, patria e famiglia – con cui il sedicente outsider Diego Fusaro, filosofo mediatico e grillo parlante corteggiato dalle televisioni, tenta di raccontare la sua rivoluzionaria prospettiva politica ottocentesca, o forse medievale, o forse adatta solo a menare il can per l’aia, ridicolizzando volutamente l’idea stessa che possa esistere, un giorno, un’opposizione sistemica.