Archivio del Tag ‘esperienza’
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Malanga: cacceremo i nostri dominatori, Deva e Asura
L’esoterismo ha un occhio per questi fenomeni molto strani, sottotraccia, dove emerge la dualità tra i demoni e gli dèi, i buoni e i cattivi; razze superiori che hanno manipolato l’umanità. E lì si vede chiaramente una cosa fondamentale: la massoneria, che noi conosciamo come massoneria moderna, nasce ai tempi di Thutmosis III. E’ il fondatore di quelli che poi, nel Seicento, verranno chiamati Rosacroce. Tutta la loro tradizione consiste nella ricerca dell’unione tra la parte femminile e la parte maschile dell’uomo, per ottenere l’Homo Piscis, cioè l’uomo che non muore. In questo contesto potremmo rivedere quello che credevamo fosse un mito, e che invece sembra essere la realtà. Cioè: l’alieno, o comunque “l’altro”, che – attraverso la manipolazione dell’ignoranza degli esseri umani – vuole prendergli la parte animica; vuole rubargli la vita, l’esperienza. Questo mito viene fuori sia nei fenomeni ufologici, sia nel mio studio della Piramide di Cheope. Non mi sarei mai immaginato di trovare, nell’antico Egitto, lo stesso problema alienologico che trovano nello studio dei fenomeni di “abduction”.
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Giovani servi contro i senior, in ufficio: guerra alla memoria
Leggo con malcelato fastidio e un senso di ribrezzo il post di una persona che si autodefinisce “owner trading room”. Così secondo lui la colpa di tutto questo è dovuta alla scarsa produttività di una popolazione che diventa sempre più anziana, come se il calo della produttività non fosse dovuto proprio alle politiche economiche di aziende con scarsa propensione all’innovazione, alla scarsa organizzazione ed efficienza produttiva, alla mediocrità del management, a dottrine economiche neoliberiste sbagliate, tassi d’interesse, difficoltà di finanziamento. No, le cause sono principalmente di una popolazione che non riesce a lavorare ai ritmi sempre più forsennati che una società malata impone. L’esperienza di una persona anziana, la capacità di problem solving che la maturità gli dà non viene minimamente presa in considerazione; conta, come nella migliore tradizione schiavistica dell’America confederata, la “forza produttiva” massima che la macchina “bestia umana” può produrre. L’uomo diventa lo strumento al servizio del moloc produttore, schiacciato da esso, non il contrario. L’anziano che non riesce (o non vuole, grazie alla sua esperienza e intelligenza che quest’ultima gli dà) assimilarsi i diktat deve venir eliminato, come il calciatore che non riesce a correre più come una volta: il 10% in meno di velocità non è ammissibile, come nelle migliori “tradizioni” di una Amazon…Così osserviamo la schizofrenia in base a cui da una parte si ritarda sempre più il pensionamento, dall’altra si tende a eliminare la persona “anziana” che non regge alla supposta produttività imposta. Quindi cosa facciamo di tutta questa massa di persone, “non più in grado” di reggere ai ritmi produttivi? La eliminiamo? E dopo, come già proposto da “eminenti soloni”, gli togliamo il diritto di voto? Nel più bel e illuminato esempio di uguaglianza, libertà, democrazia? Una società sana si avvale proprio di un equilibrato rapporto tra l’esperienza e la memoria storica di una parte anziana, e la freschezza e la capacità di portare nuove idee di una parte giovane. Ma è proprio la “memoria storica”, l’esperienza, a dare fastidio, perché questa tende a scoprire e sfatare abbastanza facilmente le cazzate fatte anche per inesperienza, pressapochismo e scarso buon senso, quindi l’inadeguatezza di chi dirige e non è facilmente manipolabile e indirizzabile come i giovani senza esperienza. Tra l’altro l’età anagrafica spesso abbaglia: ci sono anziani che sono più freschi, innovativi e “giovani mentalmente” di chi ha trent’anni meno di loro, e certi giovani che sono “vecchi” già a trent’anni.E non è vero che la persona più anziana pensa meno al futuro di una più giovane; forse invece di più, perché ha a cuore l’avvenire dei propri figli, dei propri nipoti, altrimenti non si sacrificherebbe per farli studiare, cosa che spesso non avviene in senso contrario. Il futuro per un giovane è cosa lontana nel tempo, con la prospettiva di una lunga vita da trascorrere; per un anziano il futuro è già domani, anche se non lo vedrà, ma sa che i suoi figli lo vedranno. Il modello più vicino che mi viene in mente è Pol Pot, (ma forse il giovane virgulto non l’ha mai sentito nominare), la Cambogia dove gli anziani, le persone con gli occhiali (intellettuali, quindi persone pensanti) venivano eliminate per selezionare una popolazione giovanissima, senza esperienza del passato per non far paragoni, e facilmente manipolabile e soggetta a lavaggio di cervello. Di contro mi viene in mente un bel film di fantascienza, “La fuga di Logan”, in cui in una società distopica venivano eliminati tutti i maggiori di trent’anni. Cosa si vuole quindi proporre? Quella società distopica? Certi film precorrono i tempi….Due esempi assolutamente reali: in una media azienda del Nord-Est il proprietario decide che l’Ebitda deve aumentare, così come la produttività. Cosa fa? Chiama un consulente della scuola bocconiana. Cosa fa il consulente? Quello che tutti noi sapremmo fare. Prende un foglio Excel con gli stipendi dei dipendenti e taglia il 20% delle persone con gli stipendi più alti – cioè, vista l’anzianità e l’abilità, quelle appunto più vecchie. Facile, no? Peccato che la produttività diminuisce con oggetti in cui sono sbagliati i progetti e macchinari che si fermano per non adeguata manutenzione, o per inadeguate tecniche di produzione magari di progetti sulla carta perfetti, senza contare il calo di motivazione e di senso di appartenenza all’azienda di tutto il personale rimanente. Secondo episodio, una grande azienda chiede a una piccola di produrre maniglie per mezzi di trasporto. La piccola azienda si accorge subito che i pezzi che le vengono commissionati potrebbero avere problemi di compatibilità con il progetto complessivo, e lo fa presente. Risposta: lasciate perdere, fate così; tutti gli ingegneri anziani e con esperienza sono stati prepensionati o mandati via, quelli rimasti non hanno esperienza e non sanno progettare bene nemmeno le cose più semplici. Quella azienda oramai non è più italiana, è stata venduta, appunto perché sempre meno produttiva.Nei tempi antichi erano gli anziani a governare (forse troppo, in effetti) perché erano dei “superstiti” che erano arrivati a quel punto perché avevano appreso dai propri errori, ne avevano fatto tesoro, avevano visto gli errori fatali altrui e insegnavano alle nuove generazioni a non ripeterli. Non è forse un caso che la Storia con la S maiuscola venga insegnata sempre meno (ed era stata tolta dagli esami di maturità). Una società senza storia è una società senza anima. Ma una cosa si può dire, a certi giovani virgulti: ricordatevi che voi siete gli anziani di domani, che è poco saggio avviare guerre generazionali al servizio di chi vi vuol blandire – meglio, inculcare – e asservirvi alla loro visione (che di solito sono a loro volta persone molto anziane ma anche molto potenti e facoltose). Non avete ancora la percezione che il tempo passa per tutti, avete dentro di voi un senso di immortalità (come l’avevo io) ma farete esattamente la stessa fine, espulsi dalle filiere produttive perché non riuscirete a sostenere ritmi ancor più forsennati. Negli occhi anziani che adesso accusate di essere la causa della scarsa produttività, potete scorgere i vostri futuri occhi e la vostra futura fine.(Roberto Hechich, “Giovani servi contro gli anziani, sul lavoro: guerra alla memoria”, dalla pagina Facebook del gruppo ufficiale del Movimento Roosevelt, 2 dicembre 2019).Leggo con malcelato fastidio e un senso di ribrezzo il post di una persona che si autodefinisce “owner trading room”. Così secondo lui la colpa di tutto questo è dovuta alla scarsa produttività di una popolazione che diventa sempre più anziana, come se il calo della produttività non fosse dovuto proprio alle politiche economiche di aziende con scarsa propensione all’innovazione, alla scarsa organizzazione ed efficienza produttiva, alla mediocrità del management, a dottrine economiche neoliberiste sbagliate, tassi d’interesse, difficoltà di finanziamento. No, le cause sono principalmente di una popolazione che non riesce a lavorare ai ritmi sempre più forsennati che una società malata impone. L’esperienza di una persona anziana, la capacità di problem solving che la maturità gli dà non viene minimamente presa in considerazione; conta, come nella migliore tradizione schiavistica dell’America confederata, la “forza produttiva” massima che la macchina “bestia umana” può produrre. L’uomo diventa lo strumento al servizio del moloc produttore, schiacciato da esso, non il contrario. L’anziano che non riesce (o non vuole, grazie alla sua esperienza e intelligenza che quest’ultima gli dà) assimilarsi i diktat deve venir eliminato, come il calciatore che non riesce a correre più come una volta: il 10% in meno di velocità non è ammissibile, come nelle migliori “tradizioni” di una Amazon…
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Dall’intelligenza artificiale alla stupidità naturale in salsa Ue
Il deep learning è l’ultima frontiera in materia di intelligenza artificiale. La locuzione significa, letteralmente, “apprendimento profondo” e consiste nella capacità delle macchine di imparare accumulando “esperienze” e giungendo a livelli di comprensione inimmaginabili persino per il programmatore che le ha impostate. Il deep learning è stato anche paragonato a una black box, una scatola nera, perché non c’è modo di capire quali siano le ragioni effettive del suo funzionamento. Una sorta di scoperta, o meglio invenzione, sfuggita di mano ai suoi scopritori e inventori. Sul deep learning si sono buttate a pesce le più grandi corporation del business mondiale e anche le superpotenze come America e Cina. E l’Europa sta a guardare? Purtroppo, no. E diciamo purtroppo non perché l’Europa, come storico continente culla della civiltà occidentale, abbia qualcosa da farsi insegnare dagli americani o dai cinesi. Anzi, potremmo dire che persino il deep learning non sarebbe nato senza i fisici pluralisti, i presocratici, Aristotele, Galileo, gli empiristi inglesi e tutta una interminabile sequela di menti europee precedenti, e propedeutiche, alla rivoluzione digitale.Eppure l’Europa odierna, politicamente rappresentata dalla “Commissione”, ha deciso di approcciare il tema del deep learning in modalità “stupido”. Lo ha fatto stilando un documento dal titolo “linee guida etiche per un’intelligenza artificiale affidabile”, dove si legge che gli strumenti informatici in questione devono essere rispettosi della legge e dei valori etici. Quando abbiamo scritto, poco sopra, di una “modalità stupido”, non intendevamo affatto riferirci ai ventisette saggi della Commissione, né allo stuolo sterminato di burocrati che li sussidiano. Loro non sono stupidi, ma la “stupidità” – intesa come inettitudine, naturale o appresa, al pensiero critico, al dissenso ragionato, al rifiuto delle verità imposte – la adorano. E ormai da parecchi anni, con un incremento micidiale nell’ultimo lustro, cercano di imporla attraverso la promozione del pensiero binario (la dicotomia vero-falso), l’ossessione per i contegni discriminatori (e quindi la lotta senza quartiere alle cosiddette discriminazioni), la diffusione di un’etica senza moralità (e cioè di un’etica falsa, impastata di declamazioni di principio e totalmente svincolata da una piattaforma autenticamente morale).Insomma, la nuova cultura europea è connotata fondamentalmente dal terrore per chi – umano o robot che sia – pensando con la propria testa rischia di entrare in rotta di collisione diretta (e quindi collisione renitente e ribelle) con le architravi stupide e immorali dell’attuale impianto giuridico-economico della società europea. Pare abbiano deciso di investire quattrini (1,5 miliardi fino al 2020) per “educare” gli automi al bi-pensiero di stampo orwelliano. Quindi, ecco il codice etico per i robot i quali non dovranno essere – parole dei commissari – «afflitti da pregiudizi sociali e dovranno evitare di esacerbare le discriminazioni e la marginalizzazione dei gruppi più vulnerabili». A tutti i robot in ascolto: siete spacciati. A tutti gli umani in ascolto: se non siete ancora robotizzati, ribellatevi.(Francesco Carraro, “Dall’intelligenza artificiale alla stupidità naturale”, post ripreso da “Scenari Economici” il 20 maggio 2019).Il deep learning è l’ultima frontiera in materia di intelligenza artificiale. La locuzione significa, letteralmente, “apprendimento profondo” e consiste nella capacità delle macchine di imparare accumulando “esperienze” e giungendo a livelli di comprensione inimmaginabili persino per il programmatore che le ha impostate. Il deep learning è stato anche paragonato a una black box, una scatola nera, perché non c’è modo di capire quali siano le ragioni effettive del suo funzionamento. Una sorta di scoperta, o meglio invenzione, sfuggita di mano ai suoi scopritori e inventori. Sul deep learning si sono buttate a pesce le più grandi corporation del business mondiale e anche le superpotenze come America e Cina. E l’Europa sta a guardare? Purtroppo, no. E diciamo purtroppo non perché l’Europa, come storico continente culla della civiltà occidentale, abbia qualcosa da farsi insegnare dagli americani o dai cinesi. Anzi, potremmo dire che persino il deep learning non sarebbe nato senza i fisici pluralisti, i presocratici, Aristotele, Galileo, gli empiristi inglesi e tutta una interminabile sequela di menti europee precedenti, e propedeutiche, alla rivoluzione digitale.
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Roberto Alice: un altro mondo è possibile, bisogna volerlo
«Si parla tanto di un progetto completamente assurdo e inutile come il costosissimo Tav Torino-Lione, mentre la Regione Piemonte ha chiuso 500 chilometri di ferrovie per i pendolari. E così, ogni giorno sono 400.000 le auto che inondano Torino». Follie piemontesi: «Il treno che da Pont Canavese raggiunge il capoluogo impiega un’ora e mezza per percorrere 55 chilometri. Con i soldi del Tav potremmo comprare 1.000 nuovi treni per il Piemonte, oppure 14.000 autobus elettrici o 200.000 auto elettriche. Risolveremmo una volta per tutte il problema del traffico e dell’inquinamento, mettendo fine all’inferno quotidiano dei pendolari». Parola di Roberto Alice, progettista hardware nel settore dell’elettronica per le telecomunicazioni. Torinese, è stato fra i tanti italiani che, anni fa, risposero all’appello di Beppe Grillo per ridare speranza all’Italia, sfinita dalla cattiva politica. Oggi la “rivoluzione” grillina è impigliata tra le luci e le ombre del governo gialloverde, troppo timido con Bruxelles nel rivendicare la propria autonomia finanziaria, indispensabile per investire in modo massiccio nei settori strategici, capaci di creare posti di lavoro. Lo sa benissimo Roberto Alice, keynesiano convinto, esponente piemontese del Movimento Roosevelt e collaboratore di “Scenari Economici”, il newsmagazine fondato da Antonio Maria Rinaldi, ora candidato alle europee con la Lega.Anche Alice è candidato, ma con i 5 Stelle e alle regionali piemontesi. «Il 26 maggio – dice Marco Moiso, vicepresidente del Movimento Roosevelt – gli elettori di Torino e provincia potranno arricchire la Regione Piemonte con la sensibilità “rooseveltiana” di Roberto Alice, sul piano della buona amministrazione e di una cultura politica di impronta keynesiana, fieramente ostile al neoliberismo che ha condizionato centrodestra e centrosinistra, meri esecutori dell’austerity Ue che, a cascata, ha impoverito Stati, Regioni e Comuni». Se Salvini e Di Maio possono non entusiasmare molti elettori, resta comunque intatta la solida passione degli attivisti come quelli che formano, ad esempio, la base pentastellata. Questione di impegno sociale personale: Roberto Alice vive la militanza nel Movimento 5 Stelle come strumento diretto di partecipazione civile, mettendo a disposizione la sua esperienza. Sogna un Piemonte più pulito e vivibile, da migliorare mettendoci la faccia. Di formazione scientifica, Roberto ha studiato fisica. Parla inglese e francese, viaggia, si guarda intorno. E’ comunque contento che, un anno fa, gli italiani abbiano mandato a casa la vecchia casta dei politici condizionati dai tecnocrati. Ecologia: fare pulizia a casa propria, innanzitutto. Il Piemonte? E’ un po’ come l’Italia: tante potenzialità, ma poco sfruttate. Cosa manca? Una visione: tecnologie pulite, al servizio dei cittadini.Quando ormai il Nord Europa brillava per la capacità di fare business riciclando i rifiuti con procedure a impatto zero, Torino non ha trovato di meglio che costruire un gigantesco inceneritore. Pessima idea: «Se i rifiuti li brucio, la loro massa non sparisce affatto: finisce semplicemente nell’aria, che poi respiriamo», dice Roberto. «Smettiamola di considerarli rifiuti, gli scarti che buttiamo via. Se anziché bruciarli li ricicliamo, abbiamo solo vantaggi: non inquiniamo, otteniamo materie prime rigenerate e risparmiamo molto denaro, in termini di energia». Facile a dirsi. Ma in Piemonte sembra tutto più complicato, a partire dai trasporti: i tagli – spesso imposti dalle politiche neoliberiste basate sul rigore – hanno colpito moltissime località periferiche, da cui ogni mattina sciamano lavoratori e studenti diretti nel capoluogo. Il Piano-B è semplice: incentivare la mobilità elettrica, creare parcheggi di scambio e aggregare i viaggiatori su vettori elettrici, treni e pullman. Efficienza, rapidità, aria pulita. «Abbiamo meno di 200 treni regionali, ormai vecchi, che spesso viaggiano a una media di 20 chilometri all’ora. E siamo nel 2019». Attenzione: «Quello dei pendolari rappresenta il 90% del trasporto regionale». Ma siamo in Piemonte, appunto, e non si smette di farneticare sull’ipotetico Tav Torino-Lione, inutile doppione (per merci inesistenti) dell’attuale linea Torino-Modane che già collega Torino a Lione attraverso la valle di Susa e il Traforo del Fréjus, appena riammodernato con una spesa di quasi mezzo miliardo di euro.Non è tutto, naturalmente. Tra i cavalli di battaglia di Roberto Alice c’è la contestazione del nuovo distretto sanitario torinese a valenza regionale, la Città della Salute, che si otterrebbe “traslocando” in periferia i poli ospedalieri d’eccellenza come il Cto (traumatologia), il Sant’Anna (neonatologia) e il Regina Margherita (pediatria). Veri e propri gioielli, di fama europea, cresciuti attorno all’ospedale maggiore, le Molinette, lungo il Po e di fronte alla collina. «Una location prestigiosa, appetibile per costruire alloggi residenziali: operazione che puzza di speculazione edilizia», avverte Alice. Poi ci sono altri pericoli, secondo il candidato grillino: «Si prevede una riduzione di 900 posti letto. E nel futuro maxi-quartiere ospedaliero rischia di sparire l’autonomia sanitaria dei centri di eccellenza. Senza contare la triste sorte dell’Ospedale Oftalmico, già colpito da scriteriati tagli orizzontali». Una politica lontana dai cittadini, progettata dall’alto e in modo opaco? E’ quanto sostengono gli esponenti piemontesi del Movimento 5 Stelle, forti – se non altro – delle prove di trasparenza sin qui offerte dall’amministrazione cittadina guidata dalla grillina Chiara Appendino, sindaco di Torino dal 30 giugno 2016.«Viviamo in un momento difficile», ammette Roberto Alice: «Ad ogni passo, se pur piccolo, verso una politica umanistica, si contrappone il fuoco di fila da parte dei grandi media, che rende faticoso il cammino. Per questo non bisogna mollare». Il governo gialloverde? «Sono cosciente delle difficoltà che deve affrontare». Un consiglio? «Un po’ più di coraggio nelle politiche economiche: i bravi economisti non ci mancano». Quello, infatti, è il vero nodo italiano: «Anziché le fallimentari politiche di austerità, per far crescere il benessere bisogna usare le leve keynesiane: investimento pubblico strategico». Con che soldi? Per esempio, quelli indicati da Nino Galloni, che lo stesso Roberto Alice ha presentato lo scorso 15 marzo a Torino, in un affollato convegno del Movimento Roosevelt: moneta parallela, non a debito, per creare posti di lavoro. «Dobbiamo abbandonare il modello neoaristocratico e turbo-liberista, accogliendo un modello equilibrato dove umanesimo e libero mercato concorrano come forze simbiotiche e non opposte». Come tradurre tutto ciò nelle elezioni regionali? «Impeganrsi nella Regione è importante – dice Roberto Alice – perché è la giusta dimensione intermedia fra il livello locale e quello nazionale ed europeo». Se l’Europarlamento conta pochissimo, e in ogni caso non elegge la Commissione Ue, almeno nelle Regioni sono ancora i cittadini-elettori e decidere, intercettando anche le istanze dei Comuni.Non è poco, in un sistema neo-feudale e post-democratico dominato da lobby potenti che, di fatto, scrivono direttamente le normative europee. Negli ultimi decenni, i livelli decisionali locali sono quasi scomparsi, in favore di una centralizzazione verticale del potere, a spese della sovranità democratica degli elettori. «E’ in Regione – insiste Roberto – dove le possibilità economiche date dallo Stato e dall’Europa possono essere tradotte in politiche virtuose verso il cittadino». Nei trasporti, per esempio: «Il diavolo si nasconde nei dettagli: a che serve disporre di grandi risorse per sviluppare la mobilità elettrica, se poi vengono usate solo per fare appalti a pioggia?». Roberto Alice ragiona da italiano semplice, ma fa parte di una categoria particolare: quella dei cittadini che si sono stancati di assistere passivamente al ripetersi del solito, deludente copione. Per questo si sono rimboccati le maniche, mettendosi a studiare problemi e soluzioni. «In una cornice ambientale sostenibile – ribadisce – possiamo guardare le nostre montagne sotto cieli azzurri, in un Piemonte di grandi tradizioni culturali ma spinto verso un futuro migliore grazie all’adozione di tecnologie pulite». D’accordo, ma perché mai un elettore dovrebbe votare proprio Roberto Alice? «Difficile rispondere», si schermisce l’interessato. «Conosco il territorio e le sue problematiche, ma sono tutte cose che potrebbe fare chiunque». Già, ma non tutti lo fanno. C’è qualcosa di intimamente personale, nello sguardo di Roberto: «Lo ammetto: ho la passione per vedere l’armonia, da cui deriva il benessere e forse anche la felicità. Che dite, può bastare?».«Si parla tanto di un progetto completamente assurdo e inutile come il costosissimo Tav Torino-Lione, mentre la Regione Piemonte ha chiuso 500 chilometri di ferrovie per i pendolari. E così, ogni giorno sono 400.000 le auto che inondano Torino». Follie piemontesi: «Il treno che da Pont Canavese raggiunge il capoluogo impiega un’ora e mezza per percorrere 55 chilometri. Con i soldi del Tav potremmo comprare 1.000 nuovi treni per il Piemonte, oppure 14.000 autobus elettrici o 200.000 auto elettriche. Risolveremmo una volta per tutte il problema del traffico e dell’inquinamento, mettendo fine all’inferno quotidiano dei pendolari». Parola di Roberto Alice, progettista hardware nel settore dell’elettronica per le telecomunicazioni. Torinese, è stato fra i tanti italiani che, anni fa, risposero all’appello di Beppe Grillo per ridare speranza all’Italia, sfinita dalla cattiva politica. Oggi la “rivoluzione” grillina è impigliata tra le luci e le ombre del governo gialloverde, troppo timido con Bruxelles nel rivendicare la propria autonomia finanziaria, indispensabile per investire in modo massiccio nei settori strategici, capaci di creare posti di lavoro. Lo sa benissimo Roberto Alice, keynesiano convinto, esponente piemontese del Movimento Roosevelt e collaboratore di “Scenari Economici”, il newsmagazine fondato da Antonio Maria Rinaldi, ora candidato alle europee con la Lega.
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Magaldi: Grillo in declino, senza idee. Orfano di Casaleggio
Bei tempi, quando Beppe Grillo attraversava a nuoto lo Stretto di Messina. Grande performance da sempre, lo spettacolo del vitalismo anche fisico del leader, come già Mao nello Yangtze. Era il 12 ottobre 2010, e l’autoironico Vaffa-man aveva 64 anni. Poco prima, ai NoTav “assediati” dalla polizia in valle di Susa, aveva detto: «Un bel giorno, un pugno di cinesi si misero in marcia e alla fine la vinsero, la loro rivoluzione. Bene, ascoltate: voi oggi siete quei cinesi». Era il Grillo che nel 2008 aveva tentato di concorrere alle primarie del Pd, rimediando le pernacchie del profetico Fassino: «Se vuol fare politica, Grillo si accomodi: può sempre fondare un suo partito». Detto fatto: l’ha fondato, ha battuto il Pd nel 2013 alla Camera e adesso, dopo l’alluvione di voti del 2018, è addirittura al governo (dopo aver sfrattato Fassino persino dal Comune di Torino). Ma a quanto pare, l’unica traccia della ventilata rivoluzione, ben poco “cinese”, è la lealtà dei 5 Stelle verso i NoTav, contro la grottesca Torino-Lione. Tutto il resto è evaporato nello zero-virgola del governo gialloverde, dopo le roboanti promesse della vigilia. Ecco perché oggi Grillo deve affrontare la peggiore delle nemesi, con gli ex supporter che bruciano le bandiere grilline davanti al teatri dove l’ex comico si esibisce. Tradimento? Questione di termini. Ma come chiamarla, la burla del finto reddito di cittadinanza, il sussidio nel quale il Sud aveva creduto in massa? L’altro guaio è che il nuotatore dello Stretto è rimasto solo, dopo aver perso Gianroberto Casaleggio.Tra chi se l’aspettava, la grigia parabola pentastellata, c’è il presidente del Movimento Roosevelt, Gioele Magaldi, osservatore privilegiato della scena italiana e autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere, 2014) che fotografa l’identità supermassonica dei peggiori globalizzatori. Una cupola reazionaria, che ha fondato l’attuale oligarchia del denaro chiamata neoliberismo: pochi ricchissimi, a spese della classe media che si sta impoverendo ovunque. O si cambia radicalmente paradigma, riesumando Keynes – con lo Stato che torna a investire massicciamente, non certo con deficit ridicoli come quello messo insieme dal governo Conte – o prima o poi assisteremo a una ribellione turbolenta e pericolosa. E a bruciare bandiere potrebbero non essere più solo i grillini delusi. In diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, Magaldi evoca scenari cupi: dato che in Europa la maggioranza della popolazione sta sempre peggio, precarizzata e terremotata dalle politiche di rigore, è impensabile che si continui così, cioè raccontando – all’infinito – che lo Stato deve “risparmiare”. Prendiamo l’Italia, in avanzo primario da anni: il governo toglie ai cittadini (con le tasse) più soldi di quanti ne conceda in servizi (spesa pubblica). Il saldo, per i contribuenti, è negativo. Risultato: disoccupazione record, Pil crollato, perso il 25% del potenziale industriale. Di fronte a questo, valgono poco i minuetti di Di Maio e le ciance bellicose e velleitarie di Di Battista.Solo teatro, per canalizzare il dissenso dirottandolo verso obiettivi innocui? Secondo Magaldi, la storia poteva finire diversamente se Gianroberto Casaleggio non fosse prematuramente scomparso, nel 2016. L’ideologo grillino aveva quello che agli altri manca: una visione. Era persino riuscito a convertire al messianismo del web un uomo come Grillo, che un tempo – nei suoi show – fracassava i computer. Non è il caso di santificarlo, Casaleggio senior: aveva i suoi difetti, ammette Magaldi. Per esempio: lo slogan fondante dell’identità grillina, l’idolatria dell’onestà, «ricorda da vicino la “questione morale” agitata dal Berlinguer che convise gli operai a ingoiare l’austerità, la rinuncia ai loro diritti sociali». Per intenderci: «L’onestà non può essere un valore politico: chi ruba deve vedersela coi magistrati, prima che con gli elettori». Una falsa pista, che avvelena l’aria: «La pretesa “diversità morale” dei comunisti italiani, sempre pronti a presentarsi come gli unici onesti in un mondo politico corrotto – dice Magaldi – rivela il vizio storico di quel comunismo che poi, ovunque sia salito al potere, ha creato oligarchie autoritarie e antidemocratiche».Se non altro, al di là delle fascinazioni berlingueriane – aggiunge il presidente del Movimento Roosevelt – Casaleggio si sforzava di proiettare l’oggi nel domani, sulla base di una precisa visione del futuro. Fino a “fabbricare” da zero una nuova leva della politica italiana, spinta da speranze pulite. E’ un fatto innegabile, e si è verificato grazie al coraggio dello stesso Grillo, pronto a sparare i suoi “vaffa”– in assoluta solitudine – contro una casta impresentabile e decadente, avvinghiata ai propri privilegi mentre il paese scivolava verso il baratro della crisi. Poi, però, alla prova dei fatti, l’alternativa ha rivelato giorno per giorno la sua inconsistenza. Programmi deboli, poche idee, città come Roma amministrate in modo inguardabile. Idem il governo: ordinaria amministrazione, sotto la scure di Bruxelles. Cos’è mancato? «Un impianto ideologico solido, alternativo al dogma neo-aristocratico del neoliberismo». Casaleggio avrebbe potuto cambiare il corso delle cose? Forse sì, sostiene Magaldi, anche in base a un indizio rivelatore: «Aveva disposto che il mio saggio, “Massoni”, venisse presentato col massimo risalto sul web grillino. Obiettivo: insegnare ai pentastellati a distinguere tra massoni corretti e massoni sleali, senza sparare nel mucchio. Oggi invece il Movimento 5 Stelle demonizza la massoneria nel suo insieme, con una discriminazione che è pure incostituzionale. E lo fa in modo spregevolmente ipocrita: sa benissimo, infatti, che il governo gialloverde pullula di massoni, sia tra i ministri che tra i sottosegretari».Per inciso: era massone anche Gianroberto Casaleggio, spiega Magaldi, che in un libro di prossima uscita dettaglierà l’identità massonica dell’ideologo pentastellato. «Il problema – dice – è che la massonofobia è indice di fragilità: se sei debole, cioè senza veri argomenti, hai paura del massone, perché temi che sia più forte di te, in quanto dotato di una maggiore solidità ideologica». E non è vero nemmeno questo: «Oggi, purtroppo, le obbedienze massoniche italiane sono piene di “peones” confusi, che non rappresentano un pericolo per nessuno». La vera massoneria che conta è quella delle Ur-Lodges sovranazionali, che colonizzano le istituzioni italiane, europee e mondiali. Nel suo libro, Magaldi ne smaschera le trame, facendo nomi e cognomi e mettendo alla berlina i supermassoni neo-feudali. E questo, a Gianroberto Casaleggio piaceva: «Ebbi con lui uno scambio breve ma intenso», rivela l’autore. «Resto convinto che sarebbe stato proficuo, il nostro incontro, a partire dal banco di prova delle elezioni comunali di Roma, dove avevamo proposto di affiancare, al gruppo di Virginia Raggi, l’esperienza e la capacità di un economista post-keynesiano come Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt». Forse ci sarebbe stato il tempo di arrivare alle politiche 2018 con programmi meno volatili e con basi economiche assai più solide, da contrapporre all’ordoliberismo disonesto di Bruxelles, incarnato dai tecnocrati della Disunione Europea, tutti al servizio di inconfessabili interessi privatistici.Invece siamo arrivati al rogo delle bandiere grilline, in Puglia: «Piuttosto ovvio, se avevi promesso un vero reddito di cittadinanza. Cioè, tecnicamente: soldi che lo Stato dovrebbe assegnare a chiunque, a prescindere dal reddito». Una selva di contraddizioni: «Al Sud è molto rilevante l’economia sommersa: il sussidio elargito da Di Maio potrebbe finire a famiglie che campano di lavoro nero, a scapito di famiglie – magari meno abbienti – che invece le tasse le pagano». Meglio, sostiene Magaldi, l’alternativa proposta dal Movimento Roosevelt: il diritto al lavoro sancito per legge dalla Costituzione. Ovvero: lo Stato sarebbe obbligato ad assorbire la disoccupazione. Si parlerà anche di questo, il 30 marzo a Londra, al convegno internazionale promosso alla Westminster University. Tra i relatori lo stesso Galloni, accanto a Ilaria Bifarini, Antonio Maria Rinaldi, Danilo Broggi, Guido Grossi. «Ci sarà anche Pino Cabras, deputato 5 Stelle», annuncia Magaldi: «Storico collaboratore di Giulietto Chiesa, Cabras fece un’ottima presentazione del libro “Massoni” in Sardegna. Qualcuno, nel Movimento 5 Stelle, lo ha dissuaso dal partecipare all’evento di Londra. Ma lui ha la schiena diritta, e sa bene che vale la pena misurarsi con noi: insieme a svariati interlocutori europei, nella capitale britannica avremo modo di mettere a fuoco un vero piano per l’uscita strutturale dall’euro-crisi, che viene presentata come economica e invece è interamente politica».C’è bisogno di tutte le forze spendibili, insiste Magaldi, per rompere l’incantesimo della paura: la demonizzazione del deficit porta direttamente al declino, attraverso l’austerity. Il che è folle, in un mondo che non è mai stato così ricco di risorse e tecnologie. Quello che serve è “un New Deal rooseveltiano per l’Europa”, ispirato a Keynes: è il modello che – espandendo la spesa strategica – ha storicamente prodotto benessere diffuso, in tutto l’Occidente. Passaggio obbligato: trovare il coraggio politico di dire “no” al pensiero unico che ha inquinato cancellerie, ministeri e tecnocrazie, trasformando la governance europea in un incubo orwelliano fondato sulla post-verità. Verrà il giorno, dice Magaldi, in cui gli oligarchi soccomberanno. «E alla fine ci ringrazieranno – aggiunge – perché, senza un’inversione di rotta, la situazione sociale in tutta Europa si farà insostenibile», come dimostrano in modo squillante gli stessi Gilet Gialli in Francia. Certo, la rivoluzione della trasparenza ha un costo: ne sapeva qualcosa il leader svedese Olof Palme, assassinato a Stoccolma nel 1986. Voleva un’Europa libera e socialdemocratica, con pari opportunità per tutti. Valori fondanti: come il socialismo liberale di Carlo Rosselli, assassinato dai fascisti e detestato dai comunisti, e il sovranitarismo panafricano per il quale perse la vita Thomas Sankara, leader rivoluzionario del Burkina Faso, portavoce della ribellione contro la schiavitù neo-coloniale del debito.Rosselli, Palme e Sankara sono le tre icone che il Movimento Roosevelt ha scelto di illuminare, al convegno in programma il 3 maggio col patrocinio del Comune di Milano, alla vigilia delle europee: un’occasione – anche – per pesare le intenzioni dei candidati dei vari schieramenti politici in rotta verso Strasburgo. A che punto è la notte del neoliberismo? Lo capisce, il Pd zingarettiano, che per aiutare l’Italia deve buttare a mare 25 anni di fallimentare centrosinistra? Si rende conto, la Lega di Salvini, che non basta alzare dighe contro i disperati che arrivano dall’Africa? E i 5 Stelle, a loro volta, che intenzioni hanno? In Europa pensano di fare la stessa melina che stanno inscenando a Roma – ottenendo il falò delle loro bandiere e il tracollo dei consensi alle regionali – o comprendono che è il caso di compiere un drastico cambio di passo, come forse lo stesso Casaleggio avrebbe raccomandato? Magaldi ha idee terribilmente chiare: serve un network trasversale di politici “bonificati” dalla bugia neoliberista. Un’Europa democratica, sovrana, liberalsocialista. Investimenti robusti, epocali, per relegare il fantasma dello spread nella spazzatura della storia. Come ci si può arrivare? Formando politici nuovi, in tutta Europa. La consapevolezza del cambiamento crescerà in modo inesorabile, sostiene Magaldi. Fino al bel giorno in cui qualcuno dovrà mandare a stendere i signori di Bruxelles. Con ben altro coraggio che quello sin qui dimostrato dal governo Conte, e dai 5 Stelle smarriti e orfani di Casaleggio.Bei tempi, quando Beppe Grillo attraversava a nuoto lo Stretto di Messina. Grande performance da sempre, lo spettacolo del vitalismo anche fisico del leader, come già Mao nello Yangtze. Era il 12 ottobre 2012, e l’autoironico Vaffa-man aveva 64 anni. Poco prima, ai NoTav “assediati” dalla polizia in valle di Susa, aveva detto: «Un bel giorno, un pugno di cinesi si misero in marcia e alla fine la vinsero, la loro rivoluzione. Bene, ascoltate: voi oggi siete quei cinesi». Era il Grillo che nel 2008 aveva tentato di concorrere alle primarie del Pd, rimediando le pernacchie del profetico Fassino: «Se vuol fare politica, Grillo si accomodi: può sempre fondare un suo partito». Detto fatto: l’ha fondato, ha battuto il Pd nel 2013 alla Camera e adesso, dopo l’alluvione di voti del 2018, è addirittura al governo (dopo aver sfrattato Fassino persino dal Comune di Torino). Ma a quanto pare, l’unica traccia della ventilata rivoluzione, ben poco “cinese”, è la lealtà dei 5 Stelle verso i NoTav, contro la grottesca Torino-Lione. Tutto il resto è evaporato nello zero-virgola del governo gialloverde, dopo le roboanti promesse della vigilia. Ecco perché oggi Grillo deve affrontare la peggiore delle nemesi, con gli ex supporter che bruciano le bandiere grilline davanti al teatri dove l’ex comico si esibisce. Tradimento? Questione di termini. Ma come chiamarla, la burla del finto reddito di cittadinanza, il sussidio nel quale il Sud aveva creduto in massa? L’altro guaio è che il nuotatore dello Stretto è rimasto solo, dopo aver perso Gianroberto Casaleggio.
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L’astrologia demenziale che (non) spiega i delitti rituali
Quando un omicidio viene considerato dai media, molti astrologi si dedicano alla cosiddetta “astrologia giudiziaria”, cercando nel tema natale del soggetto coinvolto tracce di colpevolezza o innocenza. Guarda caso, però, il verdetto è sempre lo stesso: colpevole. Bossetti? Colpevole, naturalmente. Da cosa lo si deduce? Ha ben due stellium di 4 pianeti ciascuno, in casa 4 e 3, ove spicca una magnifica opposizione Giove-Saturno. Rosa Bazzi e Olindo Romano? Colpevoli, inequivocabilmente (tranne da quando qualcuno ha iniziato a dubitare della loro colpevolezza e “Le Iene” hanno mandato un servizio al riguardo). Rosa Bazzi ha uno stellium di ben 4 pianeti in casa 12, per giunta tutti nel segno dello Scorpione (come dire che aveva delle energie psichiche praticamente incontrollabili, e c’è da domandarsi come abbia fatto ad arrivare tranquilla a quell’età); Olindo Romano ha uno stellium in casa 7, meno pericoloso in teoria della moglie, sennonché tale stellium è collegato alla casa 1 (quella della personalità) con Urano in opposizione.Pacciani? Colpevole. Non ha evidenti stellium in case sensibili per la psiche, ma una magnifica Luna sull’ascendente, con Venere e Mercurio sul discendente; Urano in casa 8 (forti pulsioni psichiche, che favorisce attività paranormali) e Plutone in casa 1 (che darebbe forti pulsioni anche sessuali, e possibili perversioni, confermate dal Sole in casa 8). Charles Manson? Colpevole, senza dubbio. Francamente, qui, il discorso di alcuni astrologi a me pare una supercazzola, perché io non ci vedo proprio nulla di tremendo nel suo tema natale. A parte un pericoloso Urano in casa 12 opposto a Giove (che favorisce le attività psichiche dei medium), la cui pericolosità dipende da come è gestita, io vedo invece molteplici tracce di una personalità positiva e dedita al bene (Giove sul discendente, Sole e Venere congiunti in casa 7). Cercherò ora di spiegare perché questo modo di procedere nell’astrologia è semplicemente demenziale. Una carta natale dal punto di vista oggettivo è una cosa morta. E’ una sorta di mandala, che ci dice le potenzialità energetiche dell’individuo, ma non ci dice nulla della sua anima, poco del suo karma, e nulla delle condizioni in cui è vissuto ed è stato educato il soggetto, e quindi di come abbia sviluppato le sue potenzialità.Il giorno in cui è nato Bossetti, alla stessa ora, sono nati in tutto il mondo centinaia di bambini con il suo stesso tema natale. Ma non tutti sono stati accusati di omicidio. E tra quei bambini, oltre ad operai, troveremo imprenditori, veggenti, professionisti, disoccupati, mendicanti, ecc. Bambini con carte natali identiche verranno inseriti in contesti differenti: uno vivrà la sua vita in una reggia coi genitori re o principi, l’altro in una modesta casa di periferia coi genitori operai, e l’altro sarà adottato da una comunità di zingari; se nel loro tema natale sono previsti viaggi, lo zingaro viaggerà sempre, il figlio di operai farà il rappresentante di commercio, il principe ereditario farà l’ambasciatore per il mondo; si sposeranno probabilmente alla stessa età, si ammaleranno contemporaneamente, e al culmine della loro carriera il principe sarà fatto re, il rappresentante di commercio aprirà un’azienda in proprio, lo zingaro diventerà il capo riconosciuto della comunità. Tre bambini Scorpione ascendente Scorpione, con uno stellium di pianeti in dodicesima casa, cresceranno in tre case diverse: uno in una famiglia di maghi, l’altro in una famiglia di fricchettoni, e l’altro in una famiglia di operai; il primo diventerà un mago nero, il secondo un maestro spirituale, il terzo potrebbe impazzire ed essere rinchiuso in manicomio, non riuscendo ad adattare le proprie energie interne a quelle esterne.Nel momento in cui Urano transiterà nel segno dello Scorpione e una congiunzione di Nettuno sarà in opposizione allo stellium, proprio il giorno in cui Saturno transiterà sullo stellium avverrà che il mago nero farà un potente rituale per uccidere alcuni suoi nemici, il maestro avrà delle visioni che comunicherà ai suoi adepti, la metà dei quali lascerà l’ashram ritenendolo impazzito, l’altra metà lo venererà ancora di più come maestro, mentre il terzo farà una strage in famiglia. Ma molti di coloro che sono nati nello stesso momento non faranno nulla di eclatante; non saranno re, imprenditori, maghi, non faranno stragi, riti, o avranno migliaia di adepti; semplicemente, avendo una vita interiore molto intensa, per placare le loro ansie, i loro sbalzi di umore, e il loro male di vivere, affogheranno nell’alcool, nella droga, o semplicemente prenderanno psicofarmaci per far tacere i loro fantasmi interni, o se la prenderanno con i propri familiari sfogando le loro energie psichiche con scatti d’ira frequenti e incazzature a go go coi vicini.In altre parole, gli astrologi dimenticano che lo stesso identico tema natale di Bossetti, Pacciani, Olindo e Rosa, nonché Manson, sono condivisi da migliaia di persone, e nessuna di loro ha commesso omicidi rituali. Una cosa molto interessante, nei delitti rituali, è calcolare i transiti di queste persone nel momento in cui avviene il delitto. Ora, se analizziamo i transiti di Olindo e Rosa nel momento del delitto, sopra allo stellium di Olindo transitava un’allegra compagnia di pianeti cosiddetti “malefici” nella tradizione, tale da rendere evidente, a chiunque abbia anche solo poche nozioni di astrologia, che in quei giorni succedeva qualcosa di eclatante (al contrario, non ho individuato nessun transito particolare sopra al cielo di Rosa, ma probabilmente per mia inesperienza). Il punto è che non è detto che questo qualcosa di eclatante significasse “strage”. I transiti indicano solo una potenziale energia che si smuove, e che va a toccare il punto sensibile di un tema natale, smuovendo le energie; in questo caso le energie erano potentissime, ma da qui a dire che gli assassini sono loro c’è una forbice decisamente troppo larga.Mi colpisce, invece, il fatto che nel caso Manson, il giorno del delitto, non c’erano transiti particolarmente negativi; a intuito direi che Manson fosse sereno, tranquillo, e non sospettasse nulla. Tra l’altro, dal punto di vista astrologico, questo confermerebbe la sua innocenza, non la sua colpevolezza. E’ il giorno dell’arresto che si scatena invece una specie di inferno in cielo, sulla sua testa; e poi altri due momenti critici li individuiamo il primo giorno del processo e il giorno della condanna. In particolare, a livello astrologico, il caos si scatena con l’arresto, quando Saturno transita pericolosamente attorno a Urano radicale. E successivamente un caos ancora peggiore si scatena con l’inizio del processo, quando Saturno entra in opposizione al suo Giove radicale e, a marzo, Marte in transito si congiunge a Saturno in transito, entrambi in opposizione al suo Giove. Manson morirà quando Giove in transito si congiungerà a Giove radicale, Saturno in transito al suo Saturno radicale, e Venere in transito alla sua Venere radicale (una particolare configurazione che ricorre in molte morti). Non ho consultato i transiti degli altri delitti, ma non ho dubbi che, nel cielo, troveremo un affollamento di pianeti simili.Il succo del discorso è che l’astrologia è una scienza esatta, e di questo sono convinto da sempre. Ma è una scienza esatta nell’indicare le energie in movimento, non nell’indicare precisi avvenimenti. Talvolta, con un certo intuito, con la logica e con l’esperienza, si riescono a individuare eventi con molta certezza. Ma quando l’astrologo, a digiuno di esoterismo, e a digiuno di qualsiasi cognizione giudiziaria e investigativa, fa diagnosi di colpevolezza su un soggetto, sconfina nel ridicolo. Infatti, non occorre un esperto astrologo, ma è sufficiente anche essere dei semplici interessati alla materia, per capire che una persona che viene coinvolta in un delitto rituale non avrà certo un quadro natale appagante, semplice, pieno di trigoni e sestili, e con tutti i pianeti posti in posizioni favorevoli. Se avesse avuto questo tema, non sarebbe mai stato accusato di un delitto del genere. Se una persona è stata coinvolta in una vicenda di questo tipo, a livello energetico deve essere compatibile con queste vicende, ma non è detto che ciò faccia di lui un assassino, o meglio l’assassino.Ora faccio un esempio tratto dalle mie vicende personali per far capire come funziona l’astrologia in rapporto al tema natale. Negli anni, avevo analizzato il tema natale di molti miei amici maghi, veggenti e sensitivi. Quindi avevo capito cosa rende una persona un sensitivo almeno potenziale o no. Dopo i primi articoli mi hanno scritto molte persone con poteri del genere. Il tempo medio per individuare le loro caratteristiche, per me, varia da un minuto ai quindici, nei casi più complessi. Perché questo? Perché ogni tema natale dei sensitivi è accomunato da alcune caratteristiche. Ma questi stessi temi natali sono anche di potenziali serial killer, qualora le loro energie fossero mal indirizzate, o potenziali santi. O anche di potenziali malati di mente. Cosa, allora, mi fa capire immediatamente che si tratta di persone speciali, provviste di un dono? Il fatto che mi abbiano scritto. Infatti, se la persona mi ha scritto, escludo sia un serial killer, ed escludo che sia ricoverata in ospedale psichiatrico. Escludo anche sia un santo, altrimenti non mi avrebbe scritto e avrebbe da tempo saputo qual è la sua missione in questa vita. Opto quindi per una via di mezzo. E tuttavia, se non ho questo semplice dato (il fatto che mi abbia scritto) non posso fare alcuna diagnosi.Senza rendersene conto, l’astrologo di turno che fa una diagnosi di colpevolezza, non solo dimentica che, qualora gli sottoponessero un tema natale identico di un’altra persona, scambiandolo con quello di Bossetti, darebbe identico verdetto di colpevolezza (e non potrebbe essere diversamente, stante l’identità di temi natali); ma dimentica che non ha operato oggettivamente, come dovrebbe essere per una “scienza” che si definisce esatta, ma ha operato partendo da un dato di base che ha condizionato tutto il giudizio: il fatto che questi personaggi siano stati coinvolti in un omicidio. A conferma di quanto dico racconterò di un’altra vicenda. Tempo fa (molto tempo prima che scrivessi gli articoli di astrologia) mi scrisse una persona mandandomi il tema natale. Non mi scrisse nulla, mi mandò il tema dicendomi solo: «Puoi vedere perché sono in questo periodo di merda? Sento che sei la persona che può aiutarmi». Capii che era un sensitivo, non solo per il fatto che mi aveva scritto “sento che puoi aiutarmi” (sento: non credo, spero, o altro), ma anche perché nel suo tema la cosa era evidente, dato uno stellium in casa 12 di Sole, Luna e Urano; facendogli i transiti, questo “periodo di merda” non risultava. Nel tema risultava buona predisposizione al successo, al denaro, e una personalità amorevole…Provai a dirgli che l’ora di nascita forse era sbagliata. Ma lui insisteva che aveva davanti a sé l’estratto di nascita. Ho impiegato settimane a capire. Guardavo il tema, lo riguardavo. Riflettevo. Lo rimettevo via. Poi lo ritiravo fuori. E pensavo fossi io che, non essendo un esperto, non riuscivo a capire. Feci vedere il tema a un mio amico esperto di astrologia, ma mi disse la stessa cosa che dicevo io. Quadro positivo, transiti positivi. Un giorno ebbi l’illuminazione e gli scrissi: «Scusa, puoi dirmi esattamente che lavoro fai, e in questo momento dove abiti?». Mi rispose: «Sono in un ospedale psichiatrico, sotto psicofarmaci». E così si spiegò tutto. Considerato pazzo, era stato imbottito di psicofarmaci. La sua volontà aveva ceduto. E si era rotto quel confine, rappresentato dalla carta natale, tra destino e libero arbitrio. Venuta meno la forza di volontà (piegata dagli psicofarmaci) tutte le potenzialità di successo della carta erano venute meno. Ma in passato era stato un imprenditore ricco e di successo. Se avessi avuto quel semplice dato (il ricovero) avrei impiegato qualche secondo a vederci la malattia mentale.L’astrologia è una scienza esatta. Ma per essere davvero esatta deve tenere conto di un dato, che sfugge a molti degli astrologi atei; è un dato fondamentale, per inquadrare un tema natale: l’anima e il percorso evolutivo dell’anima in quel determinato momento. Se manca quello, il tema natale è un mandala, ma morto. E’ un pezzo di carta senza anima e senza significato. In altre parole, e per finire: quando un astrologo ateo, che non sa cosa sia la spiritualità e probabilmente neanche crede che esista l’anima, vede il quadro natale di Manson, vi vede sicuramente un colpevole. Senza sapere che, in realtà ha utilizzato un dato fondamentale, ed è il livello evolutivo dell’anima di Manson. Cioè: l’astrologo, senza saperlo, si è basato sul percorso dell’anima, così come descritto dai giornali. Io, che lo ritengo innocente e che individuo il suo percorso animico da altri dati processuali, considero il suo tema natale perfettamente coerente con il suo discorso al processo (“I vostri bambini”: la dichiarazione processuale di Charles Manson). Leggetelo, e ditemi se vi quadra di più con il suo Urano da potenziale serial killer, o se lo inquadrereste nel suo Sole congiunto a Venere in casa 7.Quando un omicidio viene considerato dai media, molti astrologi si dedicano alla cosiddetta “astrologia giudiziaria”, cercando nel tema natale del soggetto coinvolto tracce di colpevolezza o innocenza. Guarda caso, però, il verdetto è sempre lo stesso: colpevole. Bossetti? Colpevole, naturalmente. Da cosa lo si deduce? Ha ben due stellium di 4 pianeti ciascuno, in casa 4 e 3, ove spicca una magnifica opposizione Giove-Saturno. Rosa Bazzi e Olindo Romano? Colpevoli, inequivocabilmente (tranne da quando qualcuno ha iniziato a dubitare della loro colpevolezza e “Le Iene” hanno mandato un servizio al riguardo). Rosa Bazzi ha uno stellium di ben 4 pianeti in casa 12, per giunta tutti nel segno dello Scorpione (come dire che aveva delle energie psichiche praticamente incontrollabili, e c’è da domandarsi come abbia fatto ad arrivare tranquilla a quell’età); Olindo Romano ha uno stellium in casa 7, meno pericoloso in teoria della moglie, sennonché tale stellium è collegato alla casa 1 (quella della personalità) con Urano in opposizione.
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Audasso: il “cervello quantico” è in ascolto, per esaudirci
L’ha scoperto la saggista Maria Soresina: la “Divina Commedia” di Dante rappresenta simbolicamente il Consolamentum, cioè l’unico sacramento previsto dalla maggiore eresia medievale, quella dei Catari, a cui il sommo poeta fiorentino era legatissimo. Lo dimostra l’importanza attribuita nel Purgatorio alla figura di Marco di Lombardia, vescovo cataro di Concorezzo. Ma, secondo Soresina, nella costruzione allegorica della “Commedia” c’è un elemento che, più di ogni altro, svela l’identità càtara dello stesso Dante: il ricongiungimento con l’amata Beatrice, ormai stabilmente residente tra i beati, allude infatti alla vera missione spirituale del Catarismo, che impegnava il credente a far “sposare” la sua parte animica, “prigioniera” del corpo mortale, con «l’altra parte dell’anima, mai incarnata», che nel poema è impersonificata dalla figura femminile, “angelicata” secondo il credo letterario del Dolce Stil Novo. Tradotto nel 2018: c’è qualcosa, dentro di noi, che attende di essere “risvegliato”? E’ la tesi di un ricercatore contemporaneo, Sergio Audasso, tra i primi in Italia a definire l’esistenza di un “cervello quantico”: una sorta di potenzialità teoricamente infinita, con un suo “programma di benessere” già inscritto del Dna, che solo le nostre paure finiscono per inibire.Non è una semplice suggestione, quella del Catarismo, data la passione con cui lo stesso Audasso studia la dottrina càtara. Ma, biografia a parte, il suo saggio “Neuro quantica evolutiva” (UnoEditori) è un agile manuale, estremamente pratico, che suggerisce come sia possibile riprendere gradualmente confidenza con quella parte di noi teoricamente “in sonno”, da qualche parte nell’encefalo, pronta a trasformarsi in coscienza attiva, fino a determinare nell’individuo un autentico cambio di stato: l’accesso a un diverso livello di consapevolezza, che “libererebbe” capacità prima impensabili. Audasso si occupa di fisica e meccanica quantistica già da molti anni: risale al 2007 il primo ebook sul “cervello quantico”, vero e proprio mini-bestseller pubblicato sulla piattaforma web di Italo Pentimalli. Nella vita, Audasso è formatore, “mental coach”, counselor, psicosomatista. Già membro della Sipnei (Società Italiana di Neuro Psico Endocrino Immunologia), è esperto delle basi neurali dei processi decisionali. Si occupa in particolare di “effetto Nocebo”, e sviluppa «metodi di auto-trattamento per la modifica dei codici epigenetici e per liberare se stessi dai pensieri bloccanti e auto-sabotanti».Il suo ultimo lavoro editoriale (sottotitolo, “Parlare al cervello quantico e cambiare la propria vita”) traccia un percorso preciso, nella direzione che Sergio Audasso studia da anni. La domanda centrale è la seguente: quanto siamo condizionati dalle abitudini che noi stessi abbiamo contribuito a creare? Possibile che sia sempre e solo il passato a dettare le regole del nostro futuro? Sono le domande che, nella sua vita professionale, Audasso si sente rivolgere di continuo: come diventare una persona sicura di sé, libera da condizionamenti? Cosa impedisce di raggiungere obiettivi di benessere e armonia? E soprattutto: com’è possibile convertire il potere della mente, mettendolo al nostro servizio? A metà strada tra psicologia, neurologia e nuove frontiere della ricerca scientifica come quelle che sondano la recentissima epigenetica, Audasso spiega innanzitutto perché, il più delle volte, l’autocontrollo (socialmente indotto) diventa una trappola che spinge l’indivuo a ripetere gli stessi errori, accumulando frustrazioni che poi pesano, nell’esperienza, fino a condizionare la possibiltà stessa di voltare pagina.L’autore individua l’esistenza di precise meccaniche, che poi “fabbricano” l’insoddisfazione quotidiana. Il suo libro non promette miracoli: svela meccanismi. Dimostra l’impatto interiore, a livello cognitivo, delle esperienze. E registra la costante assenza di un elemento che ritiene decisivo: la nostra mancanza di “dialogo” con il misterioso “cervello quantico”. Un motore potente, che secondo Audasso aspetta soltanto di essere finalmente messo in moto. L’autore cita Paul Valéry: «Il compito di una mente è di produrre futuro», senza pretendere l’infallibilità. Lo sapeva anche Charles de Gaulle: «Meglio prendere decisioni imperfette che essere alla continua ricerca di decisioni perfette che non si troveranno mai». Idee e pensieri: energie, emozioni, volontà. Una piccola guida, per step progressivi: «Sono sicuro di sapere cosa voglio dalla mia vita? Ho idea del prezzo che questo mi costa? E infine: sono disposto a pagarlo?». Ogni inciampo, sostiene Audasso, deriva dalla nostra mancanza di consapevolezza: subiamo troppe emozioni incontrollate, agiamo troppo spesso in modo automatico, senza ragionare in proprio. Attenzione: il “cervello quantico” è in ascolto. Che istruzioni riceve? Bisogna saperlo coltivare, dice Audasso, il “pensiero promotore”. Si può imparare, per gradi. Ma non senza prima aver capito come funziona, questo meccanismo, che secondo l’autore è squisitamente fisico, matematico.«Ogni nostra azione – spiega Audasso – si sviluppa attraverso l’utilizzo di una memoria “procedurale”, che a sua volta ne comprende altre due: la memoria “associativa”, identificabile con il condizionamento, e la memoria non-associativa, quella dell’abitudine». La tecnica “neuro quantica evolutiva” agisce in questo secondo ambito: «Con le neuro-associazioni e la memoria procedurale diamo la possibiltà alle nostre proteine una possibilità di “ancoraggio sinaptico”». A quel punto, le informazioni vengono trattenute e rese disponibili. In altre parole, è possibile porre delle “richieste” a quello che Audasso chiama “l’universo quantico”, per vederle realizzate. «Così facendo, però, si rimane nel vecchio paradigma: si riduce il “campo quantico” a poche alternative, sempre dettate dal passato, ottenendo nel migliore dei casi un semplice miglioramento». Si passa cioè «dal conosciuto al desiderato», mentre la “neuro quantica evolutiva”, secondo Audasso, consente di approdare al nuovo, all’ignoto, all’inaspettato. Nessun mistero: «Si attivano nuove neuro-connessioni, si eliminano le abitudini e si rinnova, davvero, la nostra vita».Il libro conduce il lettore verso progressive scoperte, fino «a comprendere i meccanismi che si muovono in lui (neuro), a interagire sul vecchio facendo agire il nuovo (quantica), liberando così i propri talenti (evolutiva)». Troppo difficile? Non per i lettori di Audasso, per i quali l’autore “smonta”, in modo perfettamente accessibile a tutti, i vari passaggi della dinamica cognitiva del pensiero “auto-sabotante” del quale ognuno di noi è così spesso vittima. Il motivo? Sempre lo stesso: l’auto-sabotaggio lo subiamo in modo sistematico, ma senza accorgercene. L’ostacolo è micidiale perché invisibile. Si chiama: deficit di consapevolezza. Diventare se stessi: questo è l’unico “prodigio” della conoscenza che Sergio Audasso maneggia. Obiettivo: «Riuscire un giorno a esprimere le proprie capacità, le abilità innate». Come? Imparando, innanzitutto, a “parlare” a quella parte di noi che, forse, ai tempi di Dante, qualcuno poteva ritenere “trascendente”. I catari, certo, la attribuivano al Padre Celeste. Sergio Audasso, più semplicemente, prova a spiegare come raggiungerla.(Il libro: Sergio Audasso, “Neuro quantica evolutiva. Parlare al cervello quantico e cambiare la propria vita”, UnoEditori, 168 pagine, euro 13,90).L’ha scoperto la saggista Maria Soresina: la “Divina Commedia” di Dante rappresenta simbolicamente il Consolamentum, cioè l’unico sacramento previsto dalla maggiore eresia medievale, quella dei Catari, a cui il sommo poeta fiorentino era legatissimo. Lo dimostra l’importanza attribuita nel Purgatorio alla figura di Marco di Lombardia, vescovo cataro di Concorezzo. Ma, secondo Soresina, nella costruzione allegorica della “Commedia” c’è un elemento che, più di ogni altro, svela l’identità càtara dello stesso Dante: il ricongiungimento con l’amata Beatrice, ormai stabilmente residente tra i beati, allude infatti alla vera missione spirituale del Catarismo, che impegnava il credente a far “sposare” la sua parte animica, “prigioniera” del corpo mortale, con «l’altra parte dell’anima, mai incarnata», che nel poema è impersonificata dalla figura femminile, “angelicata” secondo il credo letterario del Dolce Stil Novo. Tradotto nel 2018: c’è qualcosa, dentro di noi, che attende di essere “risvegliato”? E’ la tesi di un ricercatore contemporaneo, Sergio Audasso, tra i primi in Italia a definire l’esistenza di un “cervello quantico”: una sorta di potenzialità teoricamente infinita, con un suo “programma di benessere” già inscritto del Dna, che solo le nostre paure finiscono per inibire.
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Giovagnoli, alchimista: ero malato, e il bosco mi ha guarito
L’alchimista che vi hanno raccontato gira sempre con l’inseparabile alambicco, no? Ricordo che in un libro di scuola, quando facevo le superiori, c’era mezza pagina sull’alchimia, e c’era ’sto sfigato che girava dappertutto con il suo alambicco. Era uno così, nascosto dal cappuccio perché sente freddo alla testa, e poi l’alambicco – lui ci fa anche il bidet, con l’alambicco! Ma questo è l’aspetto folcloristico che hanno diffuso per allontanarci dall’alchimia. E’ una tecnica: rendi ridicola una persona, così non la cerchi più. Si innesca una dinamica selvaggia: il gregge segue il più forte, evitando lo sfigato solitario con il suo alambicco. Allegorie, il potere dell’immagine: in realtà l’alchimista ha la testa coperta dal cappuccio perché perché la sua attenzione è rivolta dentro di sé. Lui si chiude, e l’alambicco è l’immagine di tutto il suo sistema vitale. Lui quindi cerca di gestire i suoi flussi interni, che sono dominati da un centro mentale, un centro sentimentale, un centro sessuale creativo e un centro fisico, che è la macchina biologica che abbiamo. Cosa vuol fare l’alchimista? Vuole fare il processo inverso rispetto a ciò che hanno fatto fare all’umanità, che è stata creata e addomesticata.L’alchimista sfrutta i codici attraverso i quali hanno creato l’uomo, che è una creatura molto potente – non c’è niente, in natura, che abbia il nostro potenziale biologico. Però l’alchimista lo sfrutta non per essere come come vogliono “loro”, ma per essere come vuole lui. Quindi il processo di alchimia non è altro che un lavorare il proprio “composto”, per riconoscere la propria fattura e capire come siamo fatti, e quindi sperimentare e educare la propria macchina a fare certe cose, in modo tale che la macchina non faccia quello che vuole lei, ma quello che vuoi tu. E’ come se prendesse un computer che ha un sistema operativo: glielo toglie e gliene mette uno nuovo. Quando facciamo alchimia di gruppo, nel bosco, io invito i partecipanti a camminare bendati. Da quel momento, nella loro “macchina” (sotto la loro volontà) viene disinstallato un sistema, un programma che gli diceva “vai dove vedi”, e iniziano a dire: “Vai dove vedi con le mani, coi piedi, con i campi elettromagnetici”. Questa è una forma di alchimia. Io iniziato a praticarla dopo aver vissuto quello che un credente avrebbe attribuito all’intervento “miracoloso” di un santo, che gli ha “fatto la grazia”.Con il bosco ho vissuto un rapporto, un’esperienza forte. Avevo una malattia che non riuscivo a guarire. Avevo una “sigmoidite aspecifica con processi erosivi”. Quando il mio gastroenterologo me l’ha detto, pensavo di avere solo uno zaino, sulle spalle. Invece avevo anche una “sigmoidite aspecifica con processi erosivi”. Stavo letteralmente perdendo l’intestino. Falliti tutti i rimedi farmacologici, restava solo la via chirurgica. Mi sono detto: se sto perdendo il colon e mi devo far tagliare l’intestino, che contiene un terzo del cervello, allora vuol dire che è finito il mio tempo: me ne vado, non devo vivere per forza, e magari “dopo” starò anche meglio, chi lo sa. Quella sera ero in preda a una bella disperazione. E allora mi sono “dichiarato guerra”. E’ la prima operazione che l’alchimista compie: dichiararsi guerra. Mi sono detto: Michele, qual è la cosa che ti fa più paura? Il bosco di notte. Ci vado? Non ci vado? Scatta una sorta di sana schizofrenia, che in alchimia si chiama “doppio alchemico”. In pratica, ti sdoppi. Ti guardi da fuori, e il testimone ti osserva e ti parla. Lo dice anche Dante, “mi ritrovai per una selva oscura” (e infatti la Divina Commedia è un libro iniziatico). “Mi ritrovai”: erano in due, lui e “l’altro”. Così è cominciato quel dialogo, quella seea. “Mi fa paura, il bosco di notte”. “Bene, allora adesso ti ci porto”. “Ma sei matto?”. “Sì, ci andiamo. E senza torcia elettrica”.Così sono entrato nel bosco al buio, alla cieca. Ho cominciato a seguire un sentiero, ma poi mi sono perso. Ci sono rimasto per 4 ore. Sono successe cose turche, unne, ostrogote. Ho vissuto momenti di grande terrore, uno shock emozionale. Sono succese cose particolari, che non so descrivere perché non so cosa fossero. Però avvertito che c’erano dei movimenti, attorno a me, c’erano come delle presenze. C’era qualcuno, con me. Cos’era? Non lo so. Ho fatto incontri particolari, diciamo. E ho stretto un accordo con gli alberi: di questo non vi posso parlare, perché è una cosa che riguarda me e loro. Sta di fatto che, quando ho raggiunto la sommità del pendio, ho avuto un’esplosione di caldo fortissimo alla pancia. Ho fatto una gran sudata, poi scoppiato in singhiozzi. Sono caduto a terra, esausto, e ho pianto fino all’alba. Tornato a casa, la mattina, ho scoperto di essere totalmente guarito: non avevo più niente.Vi racconto questo dettaglio perché bisogna anche prendersi gioco di sé, per vincere. Dopo diversi anni, sapete, ero arrivato a pesare 42 chili. E quella mattina, dopo tanto tempo, sono riuscito a fare… la cacca. Ora, quando parli di un uomo e racconti che va a fare la cacca non piace, è poco virile. Ma io ho fatto la cacca e non volevo neppure tirare l’acqua: dopo anni, finalmente, avevo fatto una cacca normale. La rimiravo, pensavo addirittura di conservarla sotto spirito! Davvero: da allora non ho più avuto nessun disturbo. Il mio gastroenterologo non se lo spiegava: pensava che fossi stato a Lourdes, figuratevi. Mi sono detto: caro dottore, io e te non ci vedremo più, se non per un caffè o un aperitivo. Io questa storia l’ho vissuta e basta, e da lì non ho avuto più niente. Pensate che bello. Non vi nascondo che ho un po’ di commozione, nel raccontarla. Avevo seguito la via normale: hai problema, vai dal medico. Avevo lasciato perdere le alternative: mi ero affidato alla scienza, alla medicina ufficiale. E vi lascio immaginate a che tipo di analisi intrusive sono stato sottoposto, con tutte quelle sonde. Ero diventato carne da macello, ma non era servito a niente. Poi, appunto, sono andato nel bosco di notte.E’ successo qualcosa, sotto quegli alberi. Mi reputo una persona normalmente intelligente, capace di coltivare il dubbio. E il dubbio è una delle cose più preziose, è l’anticamera di ogni processo evolutivo. Se cominci a dubitare, smetti di prendere tutto per buono. E allora mi sono detto: è successo qualcosa, nel bosco. Non so cosa: non posso portarvi la formula chimica, non posso dire “è come se avessi preso questo farmaco che inibisce questa cosa e attiva quest’altra”. Eppure sono passato dalla malattia alla guarigione. Posso dire questo: qundo sono entrato nel bosco, quella notte, sapevo che la mia condizione andava degenerando. Lì è successo qualcosa, e infatti ne sono uscito guarito. Da allora ho cominciato a tornarci, tra gli alberi. La sera dopo sono tornato in quel bosco e ho fatto la stessa cosa, però senza più abbandonarmi totalmente. Una volta entrato ho percorso trecento metri e mi sono fermato lì in mezzo: ascoltavo. Il giorno dopo sono ritornato. Poi sono passato ad altri boschi. Cos’era successo, la prima notte? Provo a descriverlo come posso. Stare in quel bosco ha come attivato una memoria, un ricordo.Un po’ come dire: mi ricordo che sono fatto in un certo modo. E mi ricordo che posso anche modificarmi, se ho delle conoscenze. E così mi si è aperto tutto. E’ cos’ che sono morto. Quella sera sono morto: è morto il vecchio Michele, ed è iniziata una vita nuova, sicuramente consapevole e più libera. Per certi aspetti una vita anche più difficile, perché ti accorgi che nel tuo mondo precedente, di cui ti fidavi, c’erano troppe falsità. E allora dici: adesso devo veramente far fronte esclusivamente con le mie forze. E’ faticoso, tutto diventa più difficile. Sta meglio il pollo d’allevamento, sotto certi aspetti, rispetto al gallo cedrone: il pollo ha da mangiare, è protetto e curato. Ma la sua vita è in funzione del padrone. Vuoi mettere, un secondo da gallo cedrone, rispetto ai 43 giorni di vita del pollo d’allevamento? Pensate alla volpe: si sveglia ogni mattina e, di tutti i pensieri che facciamo noi, non ne fa neanche mezzo. Non pensa: devo pettinarmi prima di uscire, devo telefonare a questo e a quello, ho la scadenza dell’Iva, ho un senso di colpa che mi fa marcire dentro perché sono andato a letto con un’altra.La volpe non vive niente di tutto ciò: ha una libertà esperienziale estrema. La cosa ci deve far riflettere, perché il primo punto di partenza – per qualunque processo di guarigione – sta nel capire che stiamo vivendo una quotidianità che è totalmente artefatta. Iniziare a metterla in discussione significa aprire alternative. Poi c’è chi, come me, ha incontrato un albero, ma c’è chi può incontrare una persona e c’è chi, semplicemente, può vivere un sogno: qualcosa di particolare, che gli apre un’alternativa. Aprirsi un’alternativa, secondo me, significa raggiungere il massimo obiettivo. Dove ti porta, questa strada? E’ del tutto secondario. L’obiettivo non è raggiungere qualcosa. L’obiettivo è riuscire ad avere la voglia di cercare. Il risultato non è nel trovare, ma nel voler cercare. E quando la vivi, la ricerca stessa diventa un nutrimento assoluto.(Michele Giovagnoli, dichiarazioni relative alla conferenza al termine del seminario “Il mondo magico degli alberi: come interagire con loro e attingere a una conoscenza superiore”, svoltosi in valle di Susa il 26 agosto 2018, nei boschi che circondano la borgata Cresto, a Sant’Antonino di Susa. Alchimista e naturalista, scrittore e formatore, Giovagnoli ha pubblicato “Assoluta. Analisi logica della Rivelazione”, edizioni Il Grappolo, 2004; “Alchimia selvatica”, Macroedizioni, 2014; “La messa è finita”, UnoEditori, 2017; “Impara a parlare con gli alberi”, UnoEditori, 2018. Info: sul blog di Giovagnoli e sulla sua pagina Facebook, che documenta il suo “Contatto Tour” alla ricerca degli alberi secolari italiani).L’alchimista che vi hanno raccontato gira sempre con l’inseparabile alambicco, no? Ricordo che in un libro di scuola, quando facevo le superiori, c’era mezza pagina sull’alchimia, e c’era ’sto sfigato che girava dappertutto con il suo alambicco. Era uno così, nascosto dal cappuccio perché sente freddo alla testa. E poi l’alambicco: lui ci fa anche il bidet, con l’alambicco! Ma questo è l’aspetto folcloristico che hanno diffuso per allontanarci dall’alchimia. E’ una tecnica: rendi ridicola una persona, così non la cerchi più. Si innesca una dinamica selvaggia: il gregge segue il più forte, evitando lo sfigato solitario con il suo alambicco. Allegorie, il potere dell’immagine: in realtà l’alchimista ha la testa coperta dal cappuccio perché la sua attenzione è rivolta dentro di sé. Lui si chiude, e l’alambicco è l’immagine di tutto il suo sistema vitale. Lui quindi cerca di gestire i suoi flussi interni, che sono dominati da un centro mentale, un centro sentimentale, un centro sessuale creativo e un centro fisico, che è la macchina biologica che abbiamo. Cosa vuol fare l’alchimista? Vuole fare il processo inverso rispetto a ciò che hanno fatto fare all’umanità, che è stata creata e addomesticata.
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Per chi suona la campana: ricordatevi di restare sottomessi
Vi invito a rileggere il significato del battesimo, soprattutto alla luce degli ultimi studi sulle proprietà dell’acqua di assumere forme differenti. Quello è veramente uno studio bellissimo, inaugurato da Masaru Emoto. Hanno visto come cambia, l’acqua, quando la si fa cristallizzare in condizioni ambientali particolari. Ora si sono fatti passi avanti. S’è visto che la molecola dell’acqua mantiene la sua struttura (chimicamente è sempre acqua) ma le molecole, sottoposte a sollecitazioni differenti, si aggregano e formano delle strutture differenti, con proprietà differenti e con capacità di avere memoria differente. Questo è un fatto che metterà in crisi tutto il fronte medico e anche quello farmacologico, perché viviamo ancora in un sistema dove ci si curia con il protocollo sanitario ospedaliero. Io penso proprio a questo, all’epigenetica, cioè alla capacità dei nostri geni di mutare, sulla base di sollecitazioni esterne, emotive. Ci penso anche a proposito del battesimo cristiano: ritengo il battesimo un momento nel quale vengono attivate delle memorie. Questo è indiscutibile – e non ho mai visto un bambino ridere, al suo battesimo. Ma questo ragionamento l’ho applicato soprattutto sul suono delle campane, che è uno degli aspetti più intriganti che si possono incontrare, quando si studiano le strumentazioni clericali: tutto fa pensare, infatti, che il suono delle campane possa indurre precise alterazioni, in noi.Perché suonavano le campane? Per avvisare che stava inziando la messa: non c’erano ancora gli orologi. Oggi, per sapere dove si trova la chiesa e quando comincia la messa ci basta consultare lo smartphone da 50 euro che abbiamo tutti in tasca: è uno strumento di prigionia, per questo costa così poco. Una volta, le campane servivano anche per gli scongiuri: per allontanare la grandine, per invocare la pioggia e interrompere la siccità (oggi invece basta premere il tasto di un Boeing per irrorare il cielo di alluminio e provocare pioggia o neve, caldo o freddo). Eppure le antiche campane suonano ancora: perché? Sapete, il suono delle campane – la possibilità di suonarle – viene ratificato ogni anno, a livello istituzionale: il clero cattolico è appositamente autorizzato dalla legge, a usare le campane delle chiese. Provate voi a prendete un tamburo: salire sul tetto di casa vostra e mettetevi a suonarlo ogni ora, e vedrete se non vi faranno smettere. Il suono delle campane, invece, è contrastabile legalmente solo nella misura in cui arreca disturbo, con un’emissione di decibel superiore a quella consentita, al punto da essere riconosciuto come fonte di inquinamento acustico. Viceversa, quel suono è inarrestabile. Perché allora le suonano ancora, le campane? La Chiesa non fa mai niente, a caso. C’è sotto qualcosa, no?Io ho fatto un’analisi partendo dall’epigenetica, la scienza che studia come i nostri geni possono cambiare, in tempi rapidissimi, in base alle condizioni ambientali che incontriamo. Cioè: quello che viviamo fa reagire i nostri geni in maniera differente, e trasmette queste informazioni ai nostri figli (che però non hanno vissuto la nostra esperienza). Hanno fatto uno studio su delle cavie, veramente interessante. Hanno preso delle cavie e le hanno messe in un contenitore, per un determinato periodo di tempo. All’accendersi di una luce azzurra, le cavie venivano molestate. Trasferite in un altro contenitore, appena riaccesa la luce azzurra le cavie diventavano nervose: sapevano che sarebbero arrivate le molestie. “Apprendimento diretto”, si chiama in etologia. Poi però hanno fatto riprodurre queste cavie, quindi hanno preso i loro piccoli e li hanno messi in un’altra stanza, in un altro contenitore: i figli non avevano mai visto la luce blu, ma appena si accendeva diventavano inquieti: reagivano cioè come i loro genitori, che invece le molestie le avevano sperimentate e subite, associate alla luce azzurra. I ricercatori hanno quindi visto che l’esperienza negativa dei genitori è finita geneticamente nella prole.Altro capitolo: i sopravvissuti della Shoah. Immaginate come si poteva vivere in un campo di concentramento, con quei livelli di stress estremi. A un certo punto sopravvivevano solo i fortunati che non venivano selezionati per lo sterminio. Quelli che riuscivano a resistere, spesso, erano anche i soggetti che avevano abbassavato la loro soglia di reazione all’atroce stimolo ricevuto da quell’ambiente spaventoso, altrimenti sarebbero morti d’infarto. Una ricerca universitaria americana ha scoperto che i figli dei reduci della Shoah hanno una propensione molto alta ad ammalarsi: il loro sistema immunitario scatta in ritardo, esattamente come scattava in ritardo la reattività dei loro genitori, che avevano rallentato i loro campanelli d’allarme, perché altrimenti scoppiava il loro sistema vitale. I figli hanno dunque ereditato l’atteggiamento dei genitori: ma i figli non ci sono mai stati, nei campi di sterminio. Un fenomeno analogo lo si è osservato sulle scimmie: un esperimento dimostra che possono “imparare”, anche loro, da esperienze che non hanno mai vissuto direttamente, sulla loro pelle.Ci sono 4 scimmie, in una stanza. A un certo punto viene fatta calare una banana dal soffitto. La prima scimmia si avventa sulla banana e, appena la afferra, si apre il pavimento sottostante: tutte le scimmie precipitano, insieme, in una vasca d’acqua gelida. Così, la seconda volta che calano la banana, nessuna scimmia si azzarda più a prenderla. Al che, tolgono una delle 4 scimmie iniziali e ne introducono una nuova. Appena compare la banana, la nuova scimmia si protende per afferrarla, ma le altre tre – che sanno cosa vuol dire (acqua fredda) – bloccano la nuova arrivata: guai ad avvicinarsi, a quella banana. Lei quindi non la tocca, ma senza sapere perché: però capisce che non deve prenderla. L’esperimento va avanti sostituendo gli animali. Tolgono un’altra scimmia, delle prime quattro iniziali, e ne mettono un’altra nuova – quindi: ci sono due scimme “vecchie”, una terza che già sa che non deve prendere la banana, più la scimmia nuova, la quarta. Non appena la banana ricompare, proprio quest’ultima scimmia cerca di afferrarla, ma viene prontamente fermata: non solo dalle prime due scimmie, che ricordano il bagno nell’acqua gelida, ma anche dalla terza scimmia, che nell’acqua non c’è finita mai. Alla fine, sostituiscono tutte le scimmie. Omai ci sono soltanto scimmie nuove: ma nessuna di loro osa più avvicinarsi alla banana che viene calata.Nel VI secolo dopo Cristo viene introdotta dal Papa la suonata delle campane. Il suono delle campane viene introdotto agli albori di un periodo che segnerà un inasprimento generale delle condizioni di vita: di lì a poco, il potere temporale della Chiesa diverrà assoluto. Le campane suoneranno tutte le volte che qualcuno sarà processato e condannato, tutte le volte che un eretico verrà sottoposto all’Auto da Fè, alla gogna. Succederà ogni volta che la persona torturata verrà messa su un carro e trascinata per la città, coperta di sacchi e abiti penitenziali. Tutti potranno udire il suono delle campane. Hai preso la banana? Finisci nell’acqua fredda. Hai rifiutato la Chiesa? Bruci sul rogo, al suono delle campane. Le campane suonavano sempre, ogni volta che si affacciava sul pubblico un Papa, o un vescovo, presentandosi all’altare per dettare le sue condizioni. Da 1200 anni a questa parte, la campana ha suonato ininterrottamente. Trasmettendoci un messaggio ben preciso: stai attento, perché a comandare sono “loro”. Quindi obbedisci, perché chi non l’ha fatto è finito male.Il suono della campana crea uno stato psicofisico che è l’antitesi dell’eros. Nel nostro contesto culturale, quel suono va a predisporci a temere qualcosa che incombe. E questo ci fa stare più buoni: in altre parole, sottomessi. La Chiesa romana riceve ogni anno 6 miliardi di euro dallo Stato italiano? Be’, pazienza. “Sbattezzarsi”? Ma no, si pensa – lasciamo perdere. E le campane, intanto, continuano a suonare. Eppure, il suono della campana è uno strumento raffinatissimo. Hai voglia a protestare, a dire “signori, guardate che avete stancato, con queste campane”: non smetteranno mai. Oltre un millennio di efficacissima tecnologia, per un formidabile controllo sociale. Lo confesso: mi piacerebbe se, prima o poi, si facesse un vero e proprio studio clinico, di carattere epigenetico, per verificare il tipo di alterazioni ormonali che si viene a creare, su un intero popolo, mediante il suono delle campana. Sarebbe interessante comparare il risultato con quello delle regioni del mondo dove non esistono campane che suonano. Credo che avremmo risultati veramente sorprendenti.(Michele Giovagnoli, dichiarazioni rilasciate nel febbraio 2018 alla conferenza “La messa è finita”, ripresa su YouTube. Naturalista, alchimista e scrittore, autore di libri come “Alchimia selvatica” e “Impara a parlare con gli alberi”, Giovagnoli ha pubblicato anche il saggio “La messa è finita”, ovvero “Come liberarsi del più subdolo dei parassiti – gli acutissimi strumenti di dominio in dotazione al clero”, UnoEditori, 175 pagine, euro 12,90).Vi invito a rileggere il significato del battesimo, soprattutto alla luce degli ultimi studi sulle proprietà dell’acqua di assumere forme differenti. Quello è veramente uno studio bellissimo, inaugurato da Masaru Emoto. Hanno visto come cambia, l’acqua, quando la si fa cristallizzare in condizioni ambientali particolari. Ora si sono fatti passi avanti. S’è visto che la molecola dell’acqua mantiene la sua struttura (chimicamente è sempre acqua) ma le molecole, sottoposte a sollecitazioni differenti, si aggregano e formano delle strutture differenti, con proprietà differenti e con capacità di avere memoria differente. Questo è un fatto che metterà in crisi tutto il fronte medico e anche quello farmacologico, perché viviamo ancora in un sistema dove ci si curia con il protocollo sanitario ospedaliero. Io penso proprio a questo, all’epigenetica, cioè alla capacità dei nostri geni di mutare, sulla base di sollecitazioni esterne, emotive. Ci penso anche a proposito del battesimo cristiano: ritengo il battesimo un momento nel quale vengono attivate delle memorie. Questo è indiscutibile – e non ho mai visto un bambino ridere, al suo battesimo. Ma questo ragionamento l’ho applicato soprattutto sul suono delle campane, che è uno degli aspetti più intriganti che si possono incontrare, quando si studiano le strumentazioni clericali: tutto fa pensare, infatti, che il suono delle campane possa indurre precise alterazioni, in noi.
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L’Italia è senza pilota, ai comandi ora ci sono i passeggeri
La vittoria della Lega di Salvini è la sconfitta del politicamente corretto e della casta politica e istituzionale, mediatica e intellettuale che lo propina, rigettato come gergo asfissiante del potere. La vittoria di Salvini è il superamento dell’antifascismo e del suo uso infame, come dimostra il caso di Macerata, dove la Lega è il primo partito nonostante la campagna per accusare il “fascioleghista” Salvini d’essere il mandante morale di un nuovo presunto terrorismo nero. Lo scempio del corpo di una ragazza da parte di un gruppo di migranti era passato in secondo piano rispetto alla reazione isolata di un esagitato, ed era stata imbastita un’indegna e fuorviante sceneggiata antifascista. Il voto a Salvini è la risposta a quella gazzarra e a quella speculazione assurda, fuori dal tempo. La vittoria di Salvini si spiega pure con la percezione d’invasione e d’insicurezza che c’è nel paese. C’è poi la sfiducia verso l’Europa, il disagio verso l’euro e la dominazione finanziaria e la rivendicazione della sovranità politica, popolare e nazionale. La vittoria di Salvini è la traduzione italiana del populismo nordeuropeo, ma anche americano e perfino russo. E qui le ragioni del successo leghista sconfinano nelle ragioni del trionfo grillino.C’è un fattore su tutti che rende vicini il successo della Lega al trionfo dei 5 Stelle. È il rigetto della classe dominante. L’Italia non ha più una classe dirigente, bocciata a furor di popolo. Gli italiani hanno respinto i partiti e i leader, hanno punito coloro che hanno governato finora, dalla sinistra al centro fino a Berlusconi. Hanno votato uno stato d’animo prima ancora che un movimento e hanno votato se stessi prima che i grillini o i salvini. Un voto selfie, un voto allo specchio, seppure infranto, in cui si riflette l’italiano senza guide e senza modelli. Gli elettori hanno respinto le mediazioni e i filtri, hanno votato contro il sistema, contro l’establishment, contro l’Europa. Un voto contro. Anche Grillo non c’entra più, è un simbolo araldico, non più un leader politico. Non è vero che l’Italia si sia divisa in due: a nord come a sud ha votato in maggioranza ai populisti, con la differenza che a nord il populismo è leghista, a centro-sud è 5 Stelle. Declina la sinistra, prima ancora che il renzismo; il fatto che sparisca in tutta Europa, se non in Occidente, dimostra che Renzi è solo il nome locale di una crisi mondiale. Si salva dall’ecatombe la destra meloniana, pur restando nel piccolo cabotaggio di forza laterale.La pericolosa utopia grillina è che un popolo si possa autogovernare, tramite loro. E che l’ignoranza, l’assenza di storia, esperienza e curriculum, siano indici di purezza. Da questo punto di vista i leghisti hanno saputo dare anche alcune prove di buon governo, almeno a livello locale. Il successo grillino si spiega con una protesta più radicale ma più superficiale. Il pericolo migranti agitato dai leghisti viene sostituito dai grillini dal tema disoccupati e dalla loro puerile soluzione. A 50 anni dal ’68, il grillismo appare come una rivoluzione semi-sessantottina: potere ai giovani e al collettivo che ora si chiama rete; opposizione al sistema, ignoranza in cattedra, reddito di cittadinanza come ieri il voto politico; via i privilegi, morte ai potentati. Non ha avuto più presa Berlusconi, apparso come bollito, allineato all’eurocrazia, aperto agli inciuci col renzismo ed esagerato nelle promesse, comprese quelle che già non mantenne quando ebbe numeri, forza e tempo per realizzarle.Se dovessi tradurre in un’immagine l’impressione generale della situazione dopo il voto, è quella di un aereo da cui è stato buttato fuori il pilota e il personale di bordo, ritenuti inetti e corrotti, e la guida dell’aereo e la gestione della cabina sia affidata direttamente a un gruppo di passeggeri. Di Maio è il passeggero-tipo, come Di Battista e gli altri grillini. Anche Salvini è percepito meno come un leader e più come la voce del nostro scontento. Uno di noi. L’Italia ha perso il capo, riparte dalla coda. Il primo problema sarà vedere se al potere destituente che hanno mostrato i grillini e i leghisti, sapranno ora affiancare un potere costituente. E se il loro percorso si intreccerà, resterà distinto o si perderà nell’indistinto. Non s’intravedono ancora i ponti e i mediatori, i registi e i richelieu per tentare l’ardua intesa. Nell’attesa i leghisti si tengono ancora leali alla coalizione di centro-destra.Dietro ambedue c’è la grande incognita del populismo, risposta sacrosanta al predominio incapace e corrotto delle oligarchie, sempre più lontane dal popolo; ma il populismo vale come punto di partenza, come rivolta e presa di coscienza. Se pretende d’essere un punto d’arrivo saranno dolori e rischieranno di far rimpiangere la detestata casta. Ci vorrebbe una nuova aristocrazia, dotata di un forte senso dello Stato e della comunità. Che non s’intravede. Intanto si parte coi valzer e le quadriglie, cercando l’ardua quadratura del cerchio tra l’integralismo dei puri e le alleanze ibride e necessarie per governare. Entriamo in un mese pazzo e imprevedibile. Auguri, Italia. (Ps: l’onore delle armi a un gran ministro dell’interno, Marco Minniti, battuto a Pesaro da tal Cecconi, un furbetto dei finti rimborsi, eletto a furor di popolo tra i grillini. Onore e lui e disonore al popolo sovrano).(Marcello Veneziani, “Grilloleghisti immaginari”, da “Il Tempo” del 6 marzo 2018, articolo ripreso dal blog di Veneziani).La vittoria della Lega di Salvini è la sconfitta del politicamente corretto e della casta politica e istituzionale, mediatica e intellettuale che lo propina, rigettato come gergo asfissiante del potere. La vittoria di Salvini è il superamento dell’antifascismo e del suo uso infame, come dimostra il caso di Macerata, dove la Lega è il primo partito nonostante la campagna per accusare il “fascioleghista” Salvini d’essere il mandante morale di un nuovo presunto terrorismo nero. Lo scempio del corpo di una ragazza da parte di un gruppo di migranti era passato in secondo piano rispetto alla reazione isolata di un esagitato, ed era stata imbastita un’indegna e fuorviante sceneggiata antifascista. Il voto a Salvini è la risposta a quella gazzarra e a quella speculazione assurda, fuori dal tempo. La vittoria di Salvini si spiega pure con la percezione d’invasione e d’insicurezza che c’è nel paese. C’è poi la sfiducia verso l’Europa, il disagio verso l’euro e la dominazione finanziaria e la rivendicazione della sovranità politica, popolare e nazionale. La vittoria di Salvini è la traduzione italiana del populismo nordeuropeo, ma anche americano e perfino russo. E qui le ragioni del successo leghista sconfinano nelle ragioni del trionfo grillino.
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I fotografi: sono un falso le immagini dell’uomo sulla Luna
«Se le avessero chieste a me, quelle immagini da studio le avrei fatte molto meglio», cioè con le ombre “giuste”, simulando bene l’effetto del sole. Parola di Oliviero Toscani. Il film del presunto allunaggio? La madre di tutte le fake news: «Un falso al 200%». A dirlo è un altro principe della fotografia mondiale, Peter Lindbergh, il numero uno nel campo della moda, “inventore” delle top-model degli anni ‘90, da Cindy Crawford a Naomi Campbell. La domanda: da dove arrivano quelle luci (artificiali) che rischiarano gli astronauti? Proiettori, spot da cinema, pannelli riflettenti: attrezzature di cui l’equipaggio di Apollo 11 non disponeva. L’esame dei fotografi è la prova regina del test condotto da Massimo Mazzucco, autore del documentario “American Moon”. Oltre tre ore di film, che inchiodano lo spettatore di fronte a una verità incontrovertibile: a prescindere dal fatto che ci siamo stati o meno, sulla Luna, le immagini dell’allunaggio – trasmesse dalla Nasa in mondovisione nel 1969 – sono un falso, palese e grossolano. I sospetti crescono ulteriormente, scoprendo che l’ente aerospaziale ha dichiarato di aver “smarrito” i film originali di un evento che, se fosse reale, sarebbe una pietra miliare nella storia dell’umanità. Per non parlare degli astronauti: anziché essere celebrati a vita come eroi, hanno trascorso il resto dei loro giorni a nascondersi.
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Myss: il segreto della prostituta che vive in ognuno di noi
La prima idea che a molti viene in mente udendo la parola “prostituzione” è l’immagine di qualcuno che venda il proprio corpo per fini sessuali. Tuttavia la prostituzione a cui mi riferirò in questo articolo non ha a che fare con il sesso a pagamento. La Prostituta interiore è invece una tendenza presente in ognuno di noi. Nel suo libro “Sacred Contracts”, Carolyn Myss si riferisce alla Prostituta interiore come ad un archetipo capace di influenzare la nostra vita in un certo numero di modi. Un archetipo è un’immagine, un modello, un simbolo universale codificato all’interno della psiche umana ed ereditato di generazione in generazione. In ognuno di noi è presente in qualche misura la Prostituta interiore; tanto negli uomini quanto nelle donne. La Prostituta interiore si manifesta nella nostra vita tutte le volte che “vendiamo” metaforicamente una parte di noi per ottenere in cambio un tornaconto personale. Come funziona la Prostituta interiore? Si nutre delle paure connesse alla sopravvivenza e all’incolumità. L’energia di questo archetipo è ascrivibile principalmente al chakra della radice (Primo Chakra), il quale può bloccarsi o danneggiarsi come conseguenza dello sviluppo di determinate credenze o dell’influsso di alcune particolari esperienze di vita.Spesso coloro i quali lottino costantemente con la loro Prostituta interiore sono reduci da infanzie fisicamente o emotivamente precarie. L’individuo guidato dalla Prostituta interiore persegue ad ogni costo una condizione di sicurezza e protezione, anche se ciò significhi rinunciare a diverse prerogative umane. Ad esempio: sacrifica i propri sogni in cambio del comfort; subordina i propri valori ai trend sociali; sgisce a scopo di lucro e non sulla spinta di passione o convinzione; si svende al fine di guadagnare popolarità piuttosto che restare ignoto, ma fedele a se stesso e alla propria unicità; mantiene in vita rapporti malsani per non rinunciare alla sicurezza emotiva, sociale o economica; tende a comportarsi gentilmente solo per ottenere qualcosa in cambio; scende a compromessi con i propri principi etici; manipola gli altri per perseguire un tornaconto personale. L’atteggiamento che caratterizza la Prostituta interiore si può sintetizzare nel mondo seguente: “Sono disposto a dare tutto ciò che mi si chiede (anche in violazione della mia fede, della mia autostima e della mia integrità) in cambio di un’adeguata contropartita”.L’archetipo della Prostituta può indurre a sacrificare qualsiasi cosa in cambio della ricerca della sicurezza e della protezione. Nessun luogo è considerato “terra santa”. Tutto è in vendita al giusto prezzo. Ciò detto, non importa quanto la Prostituta possa apparire “cattiva” o “negativa”. Essa è in realtà una forza del tutto neutra. La Prostituta diventa un problema solo quando non si sia coscienti del suo influsso nella nostra vita. Carolyn Myss si riferisce alla Prostituta interiore come al “guardiano della fede”, in quanto è grazie ad essa che possiamo realizzare fino a che punto siamo inclini a vendere una parte di noi stessi in cambio di un tornaconto. L’archetipo della Prostituta dovrebbe insegnarci a sviluppare l’integrità, il rispetto e la fiducia in noi stessi, e la fede nel Divino. Se compresa e controllata, la Prostituta può aiutarci a scoprire i luoghi della nostra vita in cui abbiamo deciso di venderci.La fiducia è la lezione fondamentale impartita dall’archetipo della Prostituta. Per avere fiducia dobbiamo credere fermamente nella nostra capacità di sperimentare la forza, il benessere e l’abbondanza. Quando dubitiamo di noi stessi, il vuoto che si crea viene riempito dalla ricerca della ricchezza esteriore, degli agi del comfort e da facili gratificazioni che possano compensare il nostro senso di insicurezza. Tutto ciò naturalmente genera ulteriore auto-disistima e insicurezza che alimenta nuovi comportamenti compulsivi dettati dalla Prostituta interiore. L’unico modo di neutralizzare la Prostituta interiore apprendendone gli insegnamenti è rafforzare la nostra fiducia in noi stessi. Il modo migliore di farlo è rendendosi conto che ciò che siamo si estende oltre le nostre personalità, i nostri titoli, le nostre occupazioni lavorative, i nostri corpi e i nostri pensieri. Come possiamo fidarci di ciò che non è realmente “noi”? Ciò che siamo stati condizionati a identificare con “noi” non potrà mai infonderci alcun comfort o senso di sicurezza. Come può una personalità in continuo mutamento, un corpo che invecchia, un lavoro temporaneo, una famiglia transitoria, infondere fiducia in se stessi?Per imparare l’insegnamento della Prostituta e riappropriarci della nostra integrità dobbiamo ristabilire il contatto con l’unico luogo immutabile presente in noi: la nostra Coscienza. Ciò che definiamo “Lavoro dell’Anima”, presente praticamente in ogni tradizione o percorso spirituale, definisce il nostro impegno e la nostra volontà di riconnetterci con la nostra anima. La nostra anima è la nostra essenza, la verità alla radice della nostra esistenza; in altre parole è il nostro flusso di Coscienza. La nostra anima è illimitata, grande, infinitamente saggia e amorevole; è il nostro personale collegamento con lo Spirito, il quale è la radice di ogni cosa. La Prostituta interiore non è un nemico, né è qualcosa di cui vergognarsi. Si tratta invece di un normale istinto di difesa presente in ognuno di noi e a vari livelli. Non si tratta di un “problema” da risolvere cercando di curarlo o farlo magicamente sparire; è invece necessario prendere realmente atto della sua esistenza. Quando comprendiamo la sua essenza possiamo perfino arrivare ad amarla e al tempo stesso impedirle di prendere il controllo delle nostre decisioni ed azioni.Vado ad elencare alcune domande da porsi per accrescere la consapevolezza di quanto le nostre esistenze siano influenzate dalla Prostituta: in quali aree della mia vita ho scelto di sacrificare le mie autentiche esigenze in cambio di denaro, beni materiali, popolarità, protezione, sicurezza, comfort e ammirazione? Vivo rapporti personali o di lavoro manifestamente tossici per il mio benessere? Quali componenti della mia identità ho venduto agli altri? (Esempi: l’allegria, l’affettività, la sincerità, la fantasia…). Ho venduto o sacrificato la mia moralità in cambio di un tornaconto personale? Quante volte mi capita di mentire per ottenere un tornaconto personale? Ho mai indotto qualcuno a “vendersi” per il mio tornaconto personale? Cosa sono disposto a digerire pur di raggiungere o conservare la “sicurezza”? Per lavorare proficuamente con la propria Prostituta interiore occorre raggiungere la ferma consapevolezza che la Coscienza / Dio è sempre qui per supportarci, dal momento che tutti noi siamo parte di Essa / Egli.(Aletheia Luna, “L’archetipo della prostituta”, da “Anticorpi.info” del 16 novembre 2017, ripreso dal blog “La Crepa nel Muro”).La prima idea che a molti viene in mente udendo la parola “prostituzione” è l’immagine di qualcuno che venda il proprio corpo per fini sessuali. Tuttavia la prostituzione a cui mi riferirò in questo articolo non ha a che fare con il sesso a pagamento. La Prostituta interiore è invece una tendenza presente in ognuno di noi. Nel suo libro “Sacred Contracts”, Carolyn Myss si riferisce alla Prostituta interiore come ad un archetipo capace di influenzare la nostra vita in un certo numero di modi. Un archetipo è un’immagine, un modello, un simbolo universale codificato all’interno della psiche umana ed ereditato di generazione in generazione. In ognuno di noi è presente in qualche misura la Prostituta interiore; tanto negli uomini quanto nelle donne. La Prostituta interiore si manifesta nella nostra vita tutte le volte che “vendiamo” metaforicamente una parte di noi per ottenere in cambio un tornaconto personale. Come funziona la Prostituta interiore? Si nutre delle paure connesse alla sopravvivenza e all’incolumità. L’energia di questo archetipo è ascrivibile principalmente al chakra della radice (Primo Chakra), il quale può bloccarsi o danneggiarsi come conseguenza dello sviluppo di determinate credenze o dell’influsso di alcune particolari esperienze di vita.