Archivio del Tag ‘Fabrizio Cicchitto’
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Il virus massacra solo l’Occidente, e regala l’Italia alla Cina
«Con 45mila morti, più di un milione di contagiati e medici che dicono che gli ospedali sono al collasso, non crediamo che esista davvero un “modello Italia”. Dal quadro internazionale emerge però che la pandemia ha colpito in modo molto più forte l’Occidente nel suo complesso, mentre c’è stato il rafforzamento proprio di chi l’ha provocata, cioè della Cina» Ma non solo: al di là della realtà cinese, c’è un andamento molto diverso per quello che riguarda l’Asia e i paesi dell’Occidente: il virus, in pratica, sta “massacrando” solo noi. Lo afferma Fabrizio Cicchitto su “Libero”, mettendo mano alle cifre. Quelle cinesi, che vanno prese con beneficio d’inventario, parlano di appena 86.346 contagiati e solo 4.634 morti. Anche il Vietnam è un’incognita: vengono denunciati solo 35 morti. Più attendibili (ma molto simili) i dati riguardanti le altre nazioni, «che sono Stati democratici o comunque, come Singapore, sottoposti a un controllo internazionale». Esempio: il Giappone ha avuto solo 19.000 contagiati e 1.874 morti, la Corea del Sud 28.000 contagiati e appena 494 vittime. Dati ancora più confortanti quelli di Taiwan (603 contagiati e 7 morti) e quelli di Singapore (58.124 contagiati e 28 deceduti). Attenzione: «Nessuna di queste nazioni ha effettuato il lockdown».Al tempo stesso, «conoscendo la Cina e non fidandosi dell’Oms», i paesi asiatici hanno comunque adottato misure rigorose di contenimento del coronavirus. «Il confronto con le nazioni dell’Occidente – scrive Cicchitto – dà il senso del disastro che sta avvenendo in quest’area del mondo, che pure è decisiva ai fini delle sorti della libertà e della democrazia». Snocciolare le cifre propone un confronto imbarazzante. Usa: 11 milioni e 300.000 contagiati e 247.000 deceduti. Italia: 1 milione e 180.000 contagiati, con 45.000 vittime. Germania: 803.000 contagi e 12.000 deceduti. Spagna: un milione e 460.000 contagiati, di cui 40.769 morti. Austria: 204.000 contagiati e 1.829 morti. Gran Bretagna: un milione e 370.000 contagiati, di cui 51.000 morti. In Svezia, paese che ha rifiutato di effettuare il lockdown, i contagi sono 177.000 e i decessi 6.164 decessi. La questione di fondo, secondo Cicchitto, è stata posta da uno studioso dei rapporti fra l’Occidente e l’Asia, Parag Khanna: a suo parere, i governi e i popoli dell’Asia si sono dimostrati molto più capaci di affrontare la pandemia, rispetto a quelli dell’Occidente. La prima ragione? «Sta nel fatto che hanno avuto l’esperienza Sars: da allora hanno imparato quanto sia importante avere sistemi sanitari solidi e rispondere con rapidità a questi focolai».In quei paesi, aggiunge Khanna, il livello di preparazione sociale e politica è più alto: intanto «mai dibattuto sull’utilità delle mascherine: tutti le portavano fin dall’inizio». Ma a pesare, in realtà, è «la fiducia dei cittadini nei governi: credono nella loro competenza e nel fatto che vogliono proteggere la vita e il benessere». Al di là delle nostre beghe, scrive Cicchitto, esistono questioni di fondo che – partendo dalla pandemia – possono mutare gli equilibri mondiali. La crisi politica tuttora aperta negli Stati Uniti e lo scontro al Parlamento Europeo con il voto di Polonia e Ungheria, paesi contrari all’allentamento del rigore finanziairo, «aprono interrogativi sul fatto che la pandemia può mettere alle corde l’Occidente sul piano politico, economico e culturale». Per quello che ci riguarda, «il problema lo abbiamo in casa: perché fino a qualche tempo fa il M5S è stato molto legato alla Cina». Per questo, il precedente governo «ha fatto aderire l’Italia, unico paese del G7, alla Nuova Via della Seta, operazione a suo tempo celebrata dal leader Xi Jinping venuto in Italia». Tutto ciò «si è verificato nella disattenzione generale», senza che Pd, Forza Italia e Lega si opponessero. «Nel frattempo, dobbiamo anche pensare a che fine stanno facendo i porti di Trieste e di Taranto, mentre il Copasir si sta occupando delle implicazioni riguardanti Huawei», sulle quali il governo «deve fare realmente i conti».«Con 45mila morti, più di un milione di contagiati e medici che dicono che gli ospedali sono al collasso, non crediamo che esista davvero un “modello Italia”. Dal quadro internazionale emerge però che la pandemia ha colpito in modo molto più forte l’Occidente nel suo complesso, mentre c’è stato il rafforzamento proprio di chi l’ha provocata, cioè della Cina» Ma non solo: al di là della realtà cinese, c’è un andamento molto diverso per quello che riguarda l’Asia e i paesi dell’Occidente: il virus, in pratica, sta “massacrando” solo noi. Lo afferma Fabrizio Cicchitto su “Libero“, mettendo mano alle cifre. Quelle cinesi, che vanno prese con beneficio d’inventario, parlano di appena 86.346 contagiati e solo 4.634 morti. Anche il Vietnam è un’incognita: vengono denunciati solo 35 morti. Più attendibili (ma molto simili) i dati riguardanti le altre nazioni, «che sono Stati democratici o comunque, come Singapore, sottoposti a un controllo internazionale». Esempio: il Giappone ha avuto solo 19.000 contagiati e 1.874 morti, la Corea del Sud 28.000 contagiati e appena 494 vittime. Dati ancora più confortanti quelli di Taiwan (603 contagiati e 7 morti) e quelli di Singapore (58.124 contagiati e 28 deceduti). Attenzione: «Nessuna di queste nazioni ha effettuato il lockdown».
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Renzi attacca la Merkel solo per essere ammesso a corte
Attenti a Renzi: la sua “guerra” contro la Merkel non è una semplice mossa diversiva per distrarre gli italiani dagli ultimi scandali, Banca Etruria e la famiglia Boschi. Non è un fuoco di paglia, ma un’offensiva vera e propria, avviata con la richiesta al Consiglio d’Europa di non far scattare in automatico la proproga alle sanzioni contro la Russia. Ma non è che il premier italiano abbia finalmente preso atto dell’insostenibile “regime” europeo, e quindi intenda sfidarlo a viso aperto, per indebolirlo, sulla base di sacrosante istanze sovraniste e democratiche. Al contrario: Renzi aspira ad essere finalmente ammesso in quel club esclusivo, che finora l’ha messo alla porta. Non ha funzionato con le buone? Ora ci prova con le cattive, cioè tentando di “costringere” l’élite a rassegnarsi ad accettarlo a corte, anche solo per controllarlo meglio. Ma non è detto che ci riesca: è stato talmente scaltro, il Fiorentino, da preoccupare persino il vertice europeo del supremo potere: temono che non abbia scrupoli a riservare anche ad alcuni di loro il trattamento con cui in Italia il giovane premier ha liquidato tutti, da Berlusconi a Bersani, incluso Enrico Letta.Lo sostiene Gianfranco Carpeoro, saggista e massone, già gran maestro della comunione massonica di rito scozzese, confermando una prima analisi fornita da Gioele Magaldi, autore nel 2014 del libro “Massoni, società a responsabilità illimitata”: «Renzi è un “bussante”, chiede di essere accolto presso una delle Ur-Lodges, cenacoli massonici del massimo potere internazionale. “Bussa”, ma non gli aprono: non si fidano di lui». Un anno dopo, dai microfoni di “Border Nights”, Carpeoro conferma: «Renzi è ancora fuori dalla porta, non lo vogliono. E allora prova a forzare, attaccando direttamente la Merkel», cioè il politico europeo che più di ogni altro incarna i voleri dell’oligarchia tecnocratica che regge l’Europa. Un super-potere eminentemente apolide e massonico, che agisce nell’ombra ma si avvale di personaggi anche di primissimo piano, come Mario Draghi e Wolfgang Schaeuble, Christine Lagarde del Fmi e Jens Weidmann, presidente della Bundesbank. Letta cenava con Draghi e Napolitano a casa di Eugenio Scalfari? Renzi no. A lui tocca il ruolo di mattatore e rottamatore. Amico dello stragista e super-massone Tony Blair? Non basta, evidentemente. Troppo spregiudicato, l’italiano, persino per i “serial killer dell’economia europea”.Hanno tutti visto la fine che ha fatto fare a Bersani e Letta, dopo aver messo nel sacco anche Berlusconi, spiega Carpeoro, che sottolinea il ruolo-cardine dei cosiddetti poteri forti nei retroscena della politica italiana: «Berlusconi è stato abbandonato di colpo sia dall’Opus Dei che dalla massoneria internazionale neo-oligarchica». Lo dimostrerebbe la doppia defezione, parallela, di Fabrizio Cicchitto, «già stretto collaboratore di Licio Gelli», e dell’attuale ministro dell’interno, la cui permamenza al potere è spiegabile solo attraverso il suo azionista (occulto) di riferimento, «l’Opus Dei». Disarcionato il Cavaliere e neutralizzato Bersani, dopo la parentesi del “venerabile” Mario Monti, Cicchitto e Alfano hanno sostenuto Letta, anch’esso – secondo Carpeoro – in quota all’Opus Dei. Poi, però, è arrivato Renzi. Che “non ha fatto prigionieri”. Ed è andato a sbattere, finora, contro i “niet” della Merkel, che rappresenta esattamente i super-poteri europei che fanno capo ai super-poteri della periferia, compresa quella italiana.Per questo, conclude Carpeoro, oggi Renzi tenta il Piano-B: l’attacco. «La guerra ormai è partita, e ne vedremo le conseguenze. Renzi e Merkel: difficilmente lo sconfitto potrà sopravvivere, politicamente». E’ lo schema tattico del “vero potere”: «Difficilmente fabbricano leader, preferiscono stare a guardare e muoversi di conseguenza, schierandosi col vincente», allo scopo ovviamente di reclutarlo per la loro causa, facendone un semplice esecutore. «Lo hanno sempre fatto: prima hanno mollato Berlusconi quando hanno capito che poteva più servirgli, poi hanno appoggiato Letta», quindi hanno assistito alla capitolazione di Letta operata in modo sfrontato da Renzi, e oggi stanno a vedere come se la cava, il Rottamatore, con la signora Merkel. Unico dato certo: il gioco è questo, l’obiettivo del premier italiano non è certo una sollevazione democratica contro l’oligarchia di Bruxelles, Berlino e Francoforte. E il Movimento 5 Stelle? «Potrà avere una chance di governo solo se starà bene agli americani», taglia corto Carpeoro, sicuro che il movimento di Grillo (e Casaleggio) sia nato «su esplicita autorizzazione degli Usa», come “gatekeeper” in grado di interpretare, convogliare e quindi controllare la protesta.Attenti a Renzi: la sua “guerra” contro la Merkel non è una semplice mossa diversiva per distrarre gli italiani dagli ultimi scandali, Banca Etruria e la famiglia Boschi. Non è un fuoco di paglia, ma un’offensiva vera e propria, avviata con la richiesta al Consiglio d’Europa di non far scattare in automatico la proproga alle sanzioni contro la Russia. Ma non è che il premier italiano abbia finalmente preso atto dell’insostenibile “regime” europeo, e quindi intenda sfidarlo a viso aperto, per indebolirlo, sulla base di sacrosante istanze sovraniste e democratiche. Al contrario: Renzi aspira ad essere finalmente ammesso in quel club esclusivo, che finora l’ha messo alla porta. Non ha funzionato con le buone? Ora ci prova con le cattive, cioè tentando di “costringere” l’élite a rassegnarsi ad accettarlo a corte, anche solo per controllarlo meglio. Ma non è detto che ci riesca: è stato talmente scaltro, il Fiorentino, da preoccupare persino il vertice europeo del supremo potere: temono che non abbia scrupoli a riservare anche ad alcuni di loro il trattamento con cui in Italia il giovane premier ha liquidato tutti, da Berlusconi a Bersani, incluso Enrico Letta.
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L’imam filo-Pd e la fiction del terrore, da Osama all’Isis
“La verità è così preziosa che bisogna proteggerla sempre con una cortina di bugie”. (Winston Churchill). Il livello di propaganda che emana dai media in questa grande campagna d’autunno all’insegna della strategia della tensione globale ha ormai superato ogni limite di tolleranza, per non dire di decenza. Credo che oramai questa cosa del “più la bugia è grossa e più la gente la crederà” stia loro sfuggendo di mano. La saggezza popolare, quella che, nella scritta sul muro qui sopra, sfida il nemico fantasmatico a palesarsi nel reale per un virile e decisivo fare a cazzotti, è sempre pronta a vedere la nudità dell’imperatore e ogni volta che appare un nuovo nemico già ex-amico, una nuova compagine terroristica dal nome improbabile, un nuovo babau – anche se non è ancora stato trovato un caratterista all’altezza dell’Osama Bin Laden fatto morire nell’epico finale della serie “Al Qaeda” – è sempre meno disposta a crederci. La grossezza della bugia deve diventare quindi enormità, essa si gonfia fino a che un giorno, inevitabilmente, non potrà che esplodere in faccia a coloro che l’hanno creata ed hanno continuato a gonfiarla a dismisura credendo di poterlo fare all’infinito.Si comincia a credere sempre meno alla narrazione di ogni ennesimo attentato anche se non si appartiene alla categoria dei complottisti, perché nel mondo dell’informazione mainstream 2.8, stanno esagerando, secondo me, con quella che ormai non è nemmeno più affabulazione ma pura mitopoiesi. E’ una cascata di menzogne con l’aggravante della presunzione dell’idiozia totale dell’ascoltatore. Le palle, di tutti i colori, rotolano in salotto dal televisore trasformandocelo in un’area bimbi dell’Ikea. La creazione del nemico è fatta di caratteristi ed improbabili macchiette che lo risulterebbero anche in un film di 007, dei quali ormai si lanciano al pubblico solo i pochi brandelli rimasti dopo che si sono fatti immancabilmente esplodere, tra cui sempre gli incredibili passaporti intonsi. A volte sono solo nomi senza volto, Carneadi assurti agli onori della cronaca per ancor meno del quarto d’ora sindacale. Immagini fuggenti che però rimangono bene impresse nella mente, come solo i fantasmi riescono a fare.Vogliamo parlare dei famigerati filmati dell’Isis mandati regolarmente alla Signora Katz (alla quale scommetto nessuna intelligence va a chiedere come faccia ad avere sempre il canale aperto con l’Isis)? Lì vale il trucco del “non possiamo ovviamente mostrarvene le immagini”. E’ noto che basta offrire un lieve input al nostro inconscio per farlo scatenate in immaginazioni degne del peggior incubo. All’inizio il messaggio è “Jihadi John è un terrorista islamico che ha tagliato la testa ad un prigioniero occidentale”. Poi vi fanno vedere uno vestito ed incappucciato di nero (il Babau) con un coltello in mano e il prigioniero inginocchiato. Vi descrivono cosa accade in seguito ma non vi fanno vedere ovviamente le immagini, tanto voi ve le figurate lo stesso il più crude possibile e meglio di qualsiasi Eli Roth alla regia. Una volta stabilito il collegamento islamico=tagliagole attraverso lo shock emotivo della decapitazione fantasticata, senza contare l’evocazione di un archetipo come il sacrificio umano, basterà solo nominare “Isis” o anche solo “coltello”, e tutti risponderanno correttamente con la vampata di terrore che paralizza e sconvolge e l’odio verso il boia fantasma di turno.Siamo cani infedeli, è vero, ma cani di Pavlov. Questo è nient’altro che condizionamento operante.Un arnese vecchio come il cucco ma che, a quanto pare, ancora funziona. Non so se ve ne siete accorti ma, con questi ultimi attentati interpretati dai caratteristi islamici, gli sceneggiatori globalisti dello spin-off di “Al Qaeda”, ovvero “Isis”, stanno cercando di palestinizzare l’Europa. E visto che il masterplan in Europa è il governo unico, la sbobba unica europea che governi il meticciato ingovernabile del prossimo regno delle corporation post Ttip, dopo Parigi la prossima location del tour della paura non può che essere Bruxelles. E’ ovvio che, se il terrorismo minaccia Bruxelles, ci vuole più Europa. Con la speranza forse che “sarà l’Isis a far nascere l’Europa” (“il discorso di Hollande tocca un punto cruciale: che è stata colpita l’Europa, non la Francia. E che quando si parla di confini non si parla di quelli nazionali. Forse la tragedia di Parigi può essere la svolta per il Vecchio Continente”).Un’altra cosa che non credo riusciranno a reggere in eterno, oltre le spudorate menzogne, è l’imposizione della dissonanza cognitiva tra Islam terrorista cattivo / Islam di pace e moderato. Già si fatica a capire perché, mentre si sta facendo di tutto per farci percepire gli islamici come terroristi sanguinari e tagliagole, e quindi farceli odiare, allo stesso tempo ci stiano riempiendo di islamici a strafottere, con l’obbligo di accoglierli, amarli e di non indulgere nell’islamofobia (una delle cinquanta sfumature del piagnonismo minoritario politicamente corretto). Ma come si fa? Pretenderebbero che li odiassimo (come Netanyahu, ad esempio) e allo stesso tempo li amassimo cristianamente come Papa Francesco. La percezione quantistica dell’Islam. “Ti odio e poi ti amo e poi ti amo e poi ti odio e poi ti amo”, cantava Mina, ma era una canzone. Qui siamo in guerra e in guerra non è concepibile non sapere chi è il nemico o ondeggiare nell’indeterminazione, a meno che ciò non serva a qualcuno e noi siamo solo pupazzi ammaestrati o i cani di Pavlov di cui sopra.E’ ovvio che non tutti i musulmani sono jihadisti e wahabiti e che non tutti gli imam sono come quello a Brest che insegna ai bambini che la musica è haram e che chi l’ama sarà tramutato in porco, altrimenti non esisterebbe la pregevolissima musica mediorientale.D’altra parte nelle manifestazioni di condanna degli islamici al terrorismo (dallo slogan chiaramente spin #notinmyname), nonostante il tentativo di farle passare per oceaniche dalla solita informazione che esegue solo gli ordini, si è trattato di appena 400-500 gatti tra il solito piddinume da parata ed esclusi l’omaccia della Cgil, il Landini ingolfato, il centrodestra in tracce (Casini e Cicchitto) e le istituzioni in contumacia. A Milano hanno rischiato di essere stati di più al raduno degli ex-paninari in S.Babila. Insomma il “da che parte stanno” che in guerra è di prammatica e durante la Seconda Guerra Mondiale mandò i giapponesi d’America in campi di concentramento, è ancora per noi un mistero. Perciò, quando senti l’Allahu akbar gridato dai saraceni appena sbarcati, è l’antico sangue templare che ti ribolle nelle vene o solo il timore che, una volta in Europa, l’islamico pacifico e moderato getti la maschera e vada a dar di rota alla vecchia scimitarra?Vi è un’innegabile ambiguità islamica che permette a qualcuno di manipolarla a scopo di creazione del caos. Ciò che mi sembra interessante chiedersi, a questo punto, è perché diavolo le istituzioni islamiche, più che scendere inutilmente e vergognosamente in quattro gatti in piazza in favore di telecamera, non denuncino l’evidente strumentalizzazione globalista dei suoi estremisti jihadisti a progetto per scopi che paiono servire più che altro i loro nemici storici ed il loro alleato in bisinissi l’Arabia Saudita, per non parlare dei doppiogiochisti turchi, da sempre con un piede nell’Islam e l’altro in Europa. Perché insomma queste istituzioni moderate, di pace e fratellanza, che dovrebbero rappresentare i buoni ed onesti tra i musulmani, non dicano: “Ci siamo accorti anche noi che è un grande inganno e vogliamo denunciarlo perché ci danneggia come danneggia voi”. Invece, zitti.Cari saraceni, non è che ci state credendo veramente a questa reconquista, per caso? Non crederete anche voi, spero, alla telenovela della Katz con il trailer della Tour Eiffel che crolla nel prossimo episodio? Pensate che facendo i piddini e campagna elettorale per loro, ciò possa servire alla causa del profeta? Ci costringete quindi proprio ad odiarvi, noi che volevamo solo amarvi? Perché sappiate che islamico + piddino raddoppia i punti e si completa prima la raccolta.(Barbara Tampieri aka Lameduck, “Il tempo dell’inganno universale”, da “L’Orizzonte degli Eventi” del 22 novembre 2015).“La verità è così preziosa che bisogna proteggerla sempre con una cortina di bugie”. (Winston Churchill). Il livello di propaganda che emana dai media in questa grande campagna d’autunno all’insegna della strategia della tensione globale ha ormai superato ogni limite di tolleranza, per non dire di decenza. Credo che oramai questa cosa del “più la bugia è grossa e più la gente la crederà” stia loro sfuggendo di mano. La saggezza popolare, quella che, nella scritta sul muro qui sopra, sfida il nemico fantasmatico a palesarsi nel reale per un virile e decisivo fare a cazzotti, è sempre pronta a vedere la nudità dell’imperatore e ogni volta che appare un nuovo nemico già ex-amico, una nuova compagine terroristica dal nome improbabile, un nuovo babau – anche se non è ancora stato trovato un caratterista all’altezza dell’Osama Bin Laden fatto morire nell’epico finale della serie “Al Qaeda” – è sempre meno disposta a crederci. La grossezza della bugia deve diventare quindi enormità, essa si gonfia fino a che un giorno, inevitabilmente, non potrà che esplodere in faccia a coloro che l’hanno creata ed hanno continuato a gonfiarla a dismisura credendo di poterlo fare all’infinito.
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Travaglio: e secondo voi esiste ancora un Parlamento?
Giorgio Napolitano & Enrico Letta sono molto preoccupati per il Parlamento, profanato dalle squadracce pentastellate ansiose di trasformare quell’aula sorda e grigia in un bivacco di manipoli. Tutte le forze democratiche, da Grasso alla Boldrini, da Renzi a De Luca a Farinetti, da Berlusconi a Verdini a Dell’Utri, da Alfano a Cicchitto a Giovanardi, da Monti a Piercasinando a Cesa, da Salvini a Maroni a Borghezio, senza dimenticare La Russa, la Cancellieri in Ligresti e tutto il cucuzzaro, sono precettate per stringersi a coorte in un nuovo arco costituzionale, pronte alla morte per difendere il sacro tempio del potere legislativo così orrendamente sfigurato dai nuovi lanzichenecchi. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che tre anni fa votava a gran maggioranza la mozione “Ruby nipote di Mubarak”.Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che ha approvato in vent’anni un centinaio di leggi vergogna, perlopiù incostituzionali, su misura per Berlusconi, i suoi reati, i suoi processi, le sue aziende, le sue tv, i suoi affari. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che dal 1994 a oggi ha eseguito punto per punto il “papello” di Totò Riina, abolendo le supercarceri di Pianosa e Asinara, l’arresto obbligatorio per i mafiosi, l’ergastolo, i pentiti e ora completando l’opera dimezzando le pene ai boss per farli uscire prima. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che ha salvato dall’arresto una trentina di parlamentari, compresi Dell’Utri, Previti e Cosentino. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che in vent’anni ha votato tre scudi fiscali e una dozzina fra condoni tributari, edilizi e ambientali.Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che ha regalato ai partiti 2,3 miliardi di rimborsi-truffa tradendo il referendum che abolì i finanziamenti pubblici. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che l’anno scorso, in un empito di dignità, approvò una mozione M5S-Sel per sospendere l’acquisto dei caccia F-35, dopodiché Napolitano riunì il Consiglio di Difesa e decretò che il Parlamento non doveva impicciarsi. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che Napolitano tratta come il cortile del Quirinale, minacciando le dimissioni casomai non obbedisse ai suoi ordini. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che un anno fa ricevette l’ordine di Napolitano & Letta di devastare la Costituzione, e pure con una certa urgenza, tant’è che doveva pure scassinarne l’art. 138 per fare alla svelta.Napolitano e Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che è stata totalmente bypassata per la nuova legge elettorale prima da Napolitano, che convocò i gruppi di maggioranza per discuterne aumma aumma al Quirinale; poi da Renzi&Berlusconi che han fabbricato l’Italicum Pregiudicatum in luoghi privati col beneplacito di Napolitano & Letta. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che è stata ridotta da Napolitano e dai suoi governi a passacarte di Palazzo Chigi e del Quirinale: nel primo settennato, Napolitano ha firmato e il Parlamento ratificato (quasi sempre strozzato dalle fiducie) 168 decreti, in gran parte incostituzionali perché privi dei requisiti di necessità e urgenza: 47 del governo Prodi-2, 80 del governo Berlusconi-3, 41 del governo Monti. Senza contare quelli del NapoLetta. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che ha appena eseguito il diktat di Letta convertendo il decreto che, con la scusa dell’Imu, regala 4,5-7,5 miliardi alle banche con soldi nostri, rapinati dalle riserve di Bankitalia. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento: perché, c’è ancora un Parlamento?(Marco Travaglio, “Napolitano & Letta: da che pulpito la predica!”, da “Il Fatto Quotidiano” del 2 febbraio 2014, intervento ripreso da “Megachip”).Giorgio Napolitano & Enrico Letta sono molto preoccupati per il Parlamento, profanato dalle squadracce pentastellate ansiose di trasformare quell’aula sorda e grigia in un bivacco di manipoli. Tutte le forze democratiche, da Grasso alla Boldrini, da Renzi a De Luca a Farinetti, da Berlusconi a Verdini a Dell’Utri, da Alfano a Cicchitto a Giovanardi, da Monti a Piercasinando a Cesa, da Salvini a Maroni a Borghezio, senza dimenticare La Russa, la Cancellieri in Ligresti e tutto il cucuzzaro, sono precettate per stringersi a coorte in un nuovo arco costituzionale, pronte alla morte per difendere il sacro tempio del potere legislativo così orrendamente sfigurato dai nuovi lanzichenecchi. Napolitano & Letta sono preoccupati per il Parlamento, cioè per quella cosa che tre anni fa votava a gran maggioranza la mozione “Ruby nipote di Mubarak”.
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Italia vicina al collasso voluto dall’Ue, e la casta obbedisce
Svalutazione interna del 10%, vale a dire: l’Italia deve “costare” meno. Meno soldi per salari, pensioni e servizi, mettendo mano alle “riforme strutturali” neoliberiste invocate da Mario Monti e ora sul tavolo di Letta, Alfano e Saccomanni, cioè la “squadra” messa insieme da Napolitano. E’ la drammatica “ricetta” avanzata dall’élite finanziaria mondiale per tramite del famigerato Fmi, che nella settimana della crisi-burla ha recapitato a Roma un dossier di 300 pagine in cui il braccio armato della Troika disegna l’imminente fallimento del nostro paese, prenotandone la resa: cessione dello Stato a prezzi di realizzo, smantellamento di quel che resta del welfare, ulteriore compressione degli stipendi. Il rapporto rivela che il saldo della nostra bilancia dei pagamenti è migliorato solo “per disgrazia ricevuta”: spendiamo meno per le importazioni perché stanno franando i consumi sotto la scure dell’austerità, mentre le aziende chiudono e il 25% dei giovanissimi vive in famiglie che non sanno più come arrivare alla fine del mese.
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Mafia, misteri e affari: quelle strane amnesie sulla val Susa
Prendersela coi giornalisti italiani non è cosa di cui si possa andare fieri: prima di tutto perché è come sparare sulla croce rossa, poi perché si è in (assai) cattiva compagnia: da Cicchitto a Bondi alla Santanché ma passando per D’Alema che lo fanno un giorno sì e uno anche, tranne che nei confronti dei loro “biografi quotidiani” profumatamente pagati tramite finanziamento pubblico. Del resto non è colpa mia se in Italia non esistono gli “editori puri”, tranne poche lodevoli e circoscritte situazioni. Né posso farmi carico del percorso che ha portato ad approdi generalmente più confortevoli anche la maggior parte di coloro che nei primi anni aspiravano a dare attraverso il giornalismo il proprio personale contributo alla rivoluzione – che evidentemente ritenevano imminente. Nel caso di questi ultimi, alla perdita dell’indipendenza di giudizio va aggiunta anche una ulteriore tara che appesantisce non poco le loro cronache: il doversi rapportare con persone che per caso o per determinazione sono rimaste per quanto possibile più coerenti verso le idee che un tempo li accomunavano: persone spesso conosciute o addirittura frequentate negli anni della meglio gioventù.
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Ma Letta che fa, lascia o raddoppia? E chi se ne frega
Ma allora il governo Letta che fa, cade insieme a Berlusconi o tira avanti? Risposta: non ce ne può fregare di meno – del governo Letta, e anche di quello che verrà dopo, fosse pure guidato dal giovane Renzi. Tanto, non sono loro a decidere, si limitano a prendere ordini: quelli che il Cavaliere – amico di Gheddafi e di Putin – non era sempre così propenso ad eseguire, nei ritagli di tempo tra affari, processi e le “cena eleganti” di Arcore. Quisquilie, comunque, di fronte al dramma: l’Italia è totalmente in mani straniere. Al punto che, con questa offerta politica, i cittadini potrebbero fare a meno di votare. Prima Bersani, il Nulla fatto a candidato, e ora il sindaco di Firenze, a fronteggiare – si fa per dire – la corte del vecchio Silvio. Ma è solo teatro. I diktat sono a monte, a prescindere: non possiamo spendere più un soldo di nostra iniziativa, siamo controllati al centesimo. E spediti in guerra, pure, su inziativa del Sommo Potere Egemone. Idee ormai ricorrenti, rarissime però da ascoltare in televisione. A colmare la lacuna, per una volta, provvede Roberto D’Agostino.
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Nato e Bce, con tanti saluti all’Italia (e minacce a Grillo)
Dall’ultra-atlantista Emma Bonino, pronta a tutte le più sanguinose guerre decise da Washington, all’ultra-europeista Fabrizio Saccomanni, direttore di Bankitalia con esperienze sia alla Bce che al Fmi, dopo gli studi alla Bocconi e alla Princeton University. Due ministri-chiave, esteri ed economia, già delimitano in modo inequivocabile il perimetro del secondo “governo Napolitano”, con Letta premier e Alfano vice, più altri mestieranti della nomenklatura: Gaetano Quagliariello alle riforme, probabilmente per una legge elettorale anti-Grillo e un presidenzialismo all’italiana, Maurizio Lupi a infrastrutture e trasporti (leggasi: Tav Torino-Lione), nonché il redivivo Dario Franceschini (rapporti col Parlamento) e i “presentabili” Nuzia De Girolamo (agricoltura), Beatrice Lorenzin (sanità) e l’ex sindaco padovano Flavio Zanonato (sviluppo). Ministri-vetrina: la campionessa Josefa Idem (sport), il direttore della Treccani, Massimo Bray (cultura), il presidente dell’Istat Enrico Giovannini (altro“saggio”, ora incaricato di gestire lavoro e welfare) e la italo-congolese Cécile Kyenge, medico e primo ministro di colore nella storia italiana, delegata all’integrazione.
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Atroce agonia Pd: rispetto a Bersani, il Trota è Churchill
«E’ del tutto evidente che il Pd sta per tirare un rigore senza portiere. Sbagliarlo sarebbe impossibile, quindi possono sbagliare». Parola del “profeta” Andrea Scanzi, su Twitter e Facebook il 17 e 18 aprile, nelle retrovie del voto per il Quirinale. «Un ritratto spietato di una macchina politica al capolinea, il Pd, pronta a immolarsi a Berlusconi in un momento politico drammatico», osserva “Megachip”. «Un gruppo dirigente disastroso, incapace di prendere in considerazione Rodotà». Tutto merito dello “smacchiatore”: «Chi come me l’ha votato alle primarie del centrosinistra, pur non lesinandogli pubbliche critiche, ha il dovere di chiedersi quale logica perversa abbia guidato Pierluigi Bersani a sbattere clamorosamente, prima perdendo milioni di voti e poi perdendo anche la faccia», protesta Gad Lerner. «La modalità con cui Bersani ha privilegiato il rapporto con Berlusconi fanno parte di questa mentalità vetusta: l’idea che prima di tutto venga la salvaguardia del proprio gruppo d’appartenenza. Pessimo, ci ha defraudato, è venuto meno alle sue prerogative. Insieme a Franco Marini mi auguro che per coerenza ora lasci al più presto anche Bersani».
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La Bonino che non t’aspetti e la carica degli impresentabili
Salvare Berlusconi dai processi e garantire a Bersani un vero incarico per un governicchio: è questa la missione delle trattative per il Quirinale? Peccato che i candidati dei partiti «sono da fare accapponare la pelle», protesta Marco Travaglio, che passa in rassegna la nomenklatura quirinalizia come una galleria degli orrori. A cominciare dall’ex “dottor sottile” di Craxi, Giuliano Amato, il premier che fece pestare a sangue i disoccupati a Napoli un anno prima del G8 di Genova, dopo essersi fatto detestare nel fatidico ’92 con il prelievo forzoso del 6 per mille dai conti correnti degli italiani, un bottino da 93.000 miliardi di lire. Un uomo d’oro, da 31.000 euro al mese, presidente dell’Antitrust ignaro del super-trust Mediaset, consulente della Deutsche Bank, membro della Treccani e della scuola San’Anna di Pisa, nonché consigliere di Monti per i tagli ai costi della politica (mai tagliati). Berlusconi lo candidò al Quirinale, il centrosinistra l’ha riempito di cariche: «Nella speciale classifica degli impresentabili è uno dei vincitori di diritto».
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Revelli: partiti al tramonto, è finita la politica del ‘900
I tedeschi, che la filosofia della storia l’hanno inventata, le chiamano “epoche assiali”: un tempo in cui il mondo ruota sul suo asse, e ogni cosa si rovescia. «E noi ci siamo dentro fino al collo: basta dare un’occhiata a Roma, mai come oggi caput mundi nel simbolismo del vuoto che ostenta», dice Marco Revelli. «Vuoto tutto. Vuoto il Sacro Soglio, con un papa arreso al disordine spirituale del mondo e al disordine morale della curia romana. Vuoto il Parlamento, capace forse di rappresentare il mosaico infranto della nostra società ma impossibilitato comunque a produrre uno straccio di sintesi. Vuoto, tra poco, il Colle dove è vissuto l’ultimo Sovrano tentato di governare lo stato d’eccezione permanente in cui siamo caduti. Vuota persino la poltrona del capo della polizia».
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Perché Berlusconi non attacca il Pd per lo scandalo Mps
«Non voglio espormi dando un giudizio su qualcosa che non conosco bene e su un’istituzione a cui voglio bene». Avrebbe potuto pronunciare parole di fuoco sulla banca rossa, e sui legami tra Monte dei Paschi e il gruppo dirigente del Pci-Pds-Ds, proprio come accadde ai tempi del caso Unipol. E invece stavolta Silvio Berlusconi evita la polemica: non solo rinuncia all’attacco, ma depotenzia le raffiche velenose del Pdl sui fondi che il governo ha dato in prestito all’Mps. Una cifra, dicono Alfano e Cicchitto, pari ai soldi incassati con l’Imu. Ma Berlusconi rinuncia all’affondo. Il nesso tra Mps e Imu? «Credo sia una coincidenza casuale a cui non credo si debba dare importanza». Motivo di tanta prudenza? La “banca rossa”, pilotata dal Pd, è la stessa che supportò il sistema di potere di Berlusconi. Lo racconta Alessandro De Angelis su “Huffington Post”: proprio a Siena si incrociano i grandi affari del Cavaliere e quelli dell’ex Pci.