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Il nuovo virus (la Russia) e i centri Nato già sul suolo ucraino
Roberto Speranza è intoccabile: è veramente protetto dai poteri forti che rappresenta. Proprio lui, insieme al Pd, avrebbe appena impedito a Draghi di eliminare definitivamente il Green Pass: il primo ministro, infatti, avrebbe voluto abolirlo dal 1° aprile, con la fine dello stato d’emergenza. E invece, niente da fare: c’è chi vuole che la “schedatura digitale” resti in vigore a tutti i costi. Fonti vicine al governo mi riferiscono addirittura di pressioni, in questo senso, da parte del Vaticano: rendetevi conto. Spero quindi che questo esecutivo cada al più presto, e che i suoi componenti poi rispondano, anche a livello giudiziario, dei crimini che hanno commesso: devono essere messi in condizione di non nuocere più al paese. Ormai, un buon 30% degli italiani ha compreso di essere stato vittima della farsa pandemica. E oggi, lo stesso potere che fino a ieri ha sottomesso la popolazione col pretesto del Covid, si è inventato il nuovo virus con cui terrorizzare tutti: la Russia. Notare: mentre Francia e Germania stanno già trattando sottobanco per limitare i danni delle sanzioni, l’Italia procede verso il precipizio. Di questo passo saremo gli unici a subire conseguenze devastanti: ed è la precisa volontà demolitrice di questo governo di servi.L’operazione Covid e la disinformazione sulla crisi in Ucraina hanno gli stessi mandanti e la stessa matrice, basata sulla frode sistematica e sul capovolgimento della verità. Tanto per cominciare, sul suolo ucraino, la Russia sta colpendo decine di laboratori destinati a produrre armi biologiche e batteriologiche, anche con l’impiego di virus: laboratori finanziati dallo stesso Deep State statunitense che sta dietro alla farsa pandemica che ci ha attanagliato negli ultimi due anni. Ridicolo, poi, che i nostri media parlino delle difficoltà che starebbero incontrando le forze russe. Mosca non ha mai pensato a una guerra-lampo, concentrata su unico fronte: al contrario, l’operazione russa – accuratamente pianificata – prevedeva fin dall’inizio la “bonifica” dell’Ucraina, agendo contemporaneamente su 10 fronti ben distinti. Mi spiego: è emersa la presenza, sul territorio ucraino, di oltre una ventina di installazioni Nato. Dal golpe del 2014, che ha deposto il legittimo presidente Yanukovic e portato al regime che ha prodotto prima Poroshenko e ora l’attuale pagliaccio, la Nato non ha fatto che moltiplicare, in chiave anti-russa, le sue installazioni militari in Ucraina.Un sito web di orientamento religioso, “VeritasLiberabitVos.it”, presenta una mappa aggiornata della presenza militare Usa e Nato in Ucraina, evidenziando le basi principali, a partire dal sito operativo navale Ochakov che è stato completamente distrutto dai russi il 25 febbraio. Oppure l’Isola dei Serpenti, un centro di intelligence della Cia, catturata dai russi sempre il 25 febbraio, senza neppure dover combattere. Un’altra installazione ad uso e consumo della Nato è il porto di Yuzhny, nella regione di Odessa, utilizzato anche dalla marina militare britannica: nel centro portuale di Yuzhny (non ancora raggiunto dalle forze russe) era prevista la costruzione di una vera e propria base Nato. E non è tutto: sono stati censiti 241 campi di addestramento, per “armi combinate”, nella regione di Kherson, ora occupata dalle truppe della Federazione Russa. Quindi, come dimostrano le prove documentali: parliamo di 241 campi, con addestratori americani. A Mariupol, invece – dove i russi stanno ormai finendo di “bonificare” i residui quartieri ancora in mano alle truppe fedeli a Kiev – c’erano centri di addestramento per cecchini.Tra gli altri siti in dotazione alla Nato, c’era il “Centro internazionale per la pacificazione e la sicurezza” di Yavorov, nella regione di Lvov (Leopoli): è stato distrutto il 13 marzo dai missili russi. Un altro centro di addestramento, sempre con istruttori americani, era quello di Malaya Lyubasha, nella regione di Rovno: qui, gli Usa addestravano le unità ucraine della X Brigata dei Fucilieri da Montagna. Al momento risulta che tutti gli istruttori americani abbiano lasciato l’installazione, che ora sarebbe allo sbando. Buona parte di queste strutture, ormai, sono state completamente disabilitate dall’intervento russo. Proprio per questo, le truppe di Mosca stanno procedendo – con lentezza, necessariamente – per eseguire questi interventi di tipo selettivo e chirurgico, esattamente come previsto dai piani iniziali di Mosca. Senza contare che, nella prima settimana di guerra, l’Ucraina ha perso da subito la sua capacità aerea, la difesa antiaerea e l’80% del suo potenziale militare: l’esercito ucraino ha sostanzialmente perduto ogni capacità offensiva.Che dire? Cerchiamo di tenere alto il morale: viviamo tempi davvero difficili, la situazione economica non rifiorirà certo da un giorno all’altro. Probabilmente, nelle prossime settimane avremo ulteriori rincari dei generi alimentari, ulteriori spinte inflattive. Ci saranno problemi determinati dall’aumento del costo dei carburanti. Ma è quello che vuole il sistema: vuole le persone spaventate (e oggi distratte dalla cronaca bellica). Io però sono tendenzialmente ottimista: la mia forza d’animo interiore mi suggerisce che le cose, alla fine, andranno bene. Dal punto di vista militare, sono convinto che entro la metà di aprile questa guerra potrebbe concludersi, anche perché tecnicamente la Russia ha già vinto. Tutto dipende da quando l’Occidente autorizzerà i suoi fantocci di Kiev a trattare. In Ucraina vorrebbero già negoziare: ma la trattativa è bloccata, perché i veri padroni impediscono agli ucraini di scendere a patti, e tentano di sabotare e ritardare l’avanzata delle truppe russe. Gli stessi russi avanzano lentamente anche per limitare i danni collaterali e le vittime civili: la Russia non ha né l’interesse né la volontà di uccidere cittadini ucraini. Quindi: impariamo a riconoscere le “false flag” e non legittimiamo questa grande ondata di follia russofobica. E manteniamo alta la bandiera della libertà: in Italia non c’è più un solo politico che parli di libertà. Ce ne rendiamo conto?(Nicola Bizzi, dichiarazioni rilasciate a Gianluca Lamberti del canale YouTube “Facciamo Finta Che”, nella diretta del 20 marzo 2022 con anche Luca La Bella e Adrian Fiorelli).Roberto Speranza è intoccabile: è veramente protetto dai poteri forti che rappresenta. Proprio lui, insieme al Pd, avrebbe appena impedito a Draghi di eliminare definitivamente il Green Pass: il primo ministro, infatti, avrebbe voluto abolirlo dal 1° aprile, con la fine dello stato d’emergenza. E invece, niente da fare: c’è chi vuole che la “schedatura digitale” resti in vigore a tutti i costi. Fonti vicine al governo mi riferiscono addirittura di pressioni, in questo senso, da parte del Vaticano: rendetevi conto. Spero quindi che questo esecutivo cada al più presto, e che i suoi componenti poi rispondano, anche a livello giudiziario, dei crimini che hanno commesso: devono essere messi in condizione di non nuocere più al paese. Ormai, un buon 30% degli italiani ha compreso di essere stato vittima della farsa pandemica. E oggi, lo stesso potere che fino a ieri ha sottomesso la popolazione col pretesto del Covid, si è inventato il nuovo virus con cui terrorizzare tutti: la Russia. Notare: mentre Francia e Germania stanno già trattando sottobanco per limitare i danni delle sanzioni, l’Italia procede verso il precipizio. Di questo passo saremo gli unici a subire conseguenze devastanti: ed è la precisa volontà demolitrice di questo governo di servi.
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“Se fossi Zelensky, oggi avrei paura: ma non di Putin”
In passato poteva anche accadere che gli occidentali uccidessero il loro uomo, per far credere che l’avessero assassinato i russi. Seriamente: se fossi la Russia, io oggi mi preoccuperei di proteggere Zelensky. Lo vedete che il palazzo presidenziale di Kiev non lo attaccano manco a morire? C’erano gruppi che davano la caccia a Zelensky? Ah, ma attenti: questo ce l’hanno detto le fonti occidentali. I russi, invece, non fanno che ripetere: noi riconosciamo il governo di Zelensky. Sanno che rappresenta una parte consistente del suo popolo. E quindi a loro serve vivo, per arrivare al vero obiettivo di Mosca: una trattativa che metta fine al conflitto in Ucraina nel più breve tempo possibile, permettendo a Putin di salvare la faccia portando a casa qualche concessione territoriale. Forse i russi hanno anche un altro timore, probabilmente fondato: che qualcuno, in Occidente, speri di trasformare l’Ucraina in una sorta di Afghanistan, di Iraq europeo, fonte perpetua di instabilità e di minaccia per la Russia. Che infatti, non a caso – al di là della martellante disinformazione occidentale – si sta muovendo con estrema prudenza.Vale sempre, il vecchio adagio: la prima vittima della guerra è la verità. Pure in tempo di pace, però, non c’è mai da fidarsi delle versioni ufficiali. Quanto ai giornalisti, buio pesto: dei conflitti non capiscono niente, nemmeno se vanno sul posto. Anche per questo è ridicola, la roboante propaganda che l’Occidente riversa sulla strana guerra dei russi, omettendo la domanda chiave: perché Mosca sta rinunciando a sfruttare la sua schiacciante superiorità aerea, che le consentirebbe di annientare le resistenze ucraine? In appena tre giorni, dopo aver distrutto a terra i velivoli avversari, i russi hanno acquisito il pieno dominio dei cieli. Però non intendono avvalersene per fare piazza pulita degli ucraini: perché? Forse, lo choc iniziale (un’invasione così massiccia) doveva servire anche a innescare un possibile ribaltone interno, che avrebbe chiuso la partita in poche ore: ma evidentemente, i generali di Kiev – sicuramente in contatto con il Cremlino – non se la sono sentita, di rovesciare Zelensky. Così, è scattato il Piano-B: la manovra a tenaglia per imbrigliare l’Ucraina, senza però raderla al suolo.Il bombardamento su Mariupol? Colpire seriamente una sola città è uno strumento di pressione: vale come monito per tutte le altre, che però non sono state ancora prese davvero di mira. Come dire, è l’ennesima spinta verso l’obiettivo a cui la Russia punta: non la distruzione dell’Ucraina, né la sua occupazione permanente, ma una trattativa che porti a un accordo credibile. Per questo è cresciuto anche il bilancio delle perdite russe: schierare artiglierie campali “napoleoniche”, quasi senza usare missili (e senza ricorrere all’arma più efficace, l’aviazione) espone l’esercito di Mosca a rischi inevitabili. Di nuovo: è un altro modo per “comunicare”, sia pure nell’atroce linguaggio bellico, una volontà negoziale. Lo stesso dicasi per l’incentivo all’evacuazione dei civili: la guerra casa per casa, nelle città, sarebbe insostenibile sul piano dell’immagine, ma anche su quello strettamente militare, perché non farebbe altro che produrre quello che i russi non vogliono, e cioè una carneficina.Meglio quindi dissipare la “nebbia di guerra”: ad accompagnare l’insolito incedere dei russi (che potrebbero stravincere, e invece procedono al rallentatore) è proprio l’ostinazione nel tener aperti spiragli negoziali. Che infatti, nonostante tutto, sembrano destinati ad avere successo: l’Ucraina ha già annunciato possibili concessioni sull’indipendenza del Donbass e sulla rinuncia alla Nato. A quanto pare, Kiev sarebbe disposta a restituire a Mosca anche la piena titolarità della Crimea (territorio storicamente russo, “regalato” all’Ucraina ai tempi dell’Urss, quando la capitale era comunque Mosca, ndr). Io spero che si arrivi presto a una trattativa che, in Ucraina, metta fine all’orrore della guerra, dove a pagare il prezzo maggiore sono sempre i civili. Comunque mi sembra che lo stesso Zelensky non rifiuti la disponibilità negoziale dei russi. Chi vorrebbe farla fallire, allora, questa trattativa? Gli altri: la Nato, gli Usa.A ostacolare la possibilità del negoziato non è certo Putin, che – anzi – vorrebbe che la crisi fosse brevissima: ha le truppe sul terreno, gli hanno messo contro mezzo mondo. Il Cremlino spera che le ostilità fiscano al più presto, e chiaramente spera anche di ottenere alcune concessioni, per evitare di fare una figuraccia. Non è che voglia tantissimo, Putin: e lo sta dicendo. Dall’altra parte, invece, con chi abbiamo a che fare? Dobbiamo fare i conti con l’orribile “piramide gesuito-massonica” (Putin fa parte della “piramide conservatrice”: orribile anch’essa, ma in questo momento meno orribile). La vera piramide offensiva è quella gesuito-massonica: si è presa il Papato, da noi il Quirinale e la Presidenza del Consiglio, e poi l’Onu, la presidenza Ue e la Casa Bianca, insieme alla Germania e alla Francia di Macron. Sono molto all’attacco, cercano di sfruttare questo attuale vantaggio. Loro, in Ucraina, avrebbero interesse al “modello americano”. Ovvero: entro in Iraq e in Libia per “portare la pace”, e intanto faccio fuori quei disgraziati dei dittatori.Oppure: entro in Siria – in vari modi: anche “by proxy”, attraverso altre forze – e tolgo di mezzo il maledetto Assad, per poi sostituirlo con un regime “libero”, fondato sulle elezioni. Ancora: entro in Afghanistan (a suo tempo, per cacciare i sovietici), e poi, dopo l’11 Settembre ci rientro (stavolta “per combattere il terrorismo islamico”). Insomma: vado a “portare la libertà e la democrazia” là dove non ci sono. Ed è ormai dimostrato: ogni volta che lo fanno, il risultato è il contrario. In Afghanistan, con la scusa di cacciare quei comunistacci dei sovietici – che volevano controllare quello che era uno Stato-cuscinetto, com’era fino a ieri la stessa Ucraina – hanno preparano i loro combattenti: li hanno addestrati, li hanno equipaggiati con missili antiaerei e razzi anticarro. E così hanno preparato due forze distinte: Al-Qaeda e i Talebani. Il nome “Al-Qaeda” è stato inventato dalla Cia, ormai si sa. Quel gruppo doveva poi fare anche terrorismo in Occidente, sempre ai loro ordini: proprio quel terrorismo, infatti, ha prodotto l’autoritorismo degli Stati, che hanno ristretto le nostre libertà, facendo avanzare il regime mondialista.Poi, appunto, visto che un regime quasi “normale” poteva nascere persino in Afghanistan, hanno inventato i Talebani: che, in origine, erano studenti islamici (pakistani, però). Così l’Afghanistan è diventato – e lo è tuttora – l’ambiente perfetto per la nascita di qualsiasi terrorismo. E guardate anche la recente aggressione ai danni del Kazakhstan, che ha retto perché difeso dai russi: è stato invaso da decine di migliaia di terroristi, teoricamente “islamici”; ma non sono mai islamici, i personaggi che guidano il terrorismo islamico: sono sempre occidentali. Idem in Siria: si è creato l’Isis e da lì sono partiti miliziani a fare terrorismo in tutto il mondo. Ma l’Isis dove aveva potuto crescere? In un Iraq senza più Saddam Hussein. Chi ha favorito tutto questo? Sempre loro: i nostri governanti occidentali. Per inciso: Saddam li teneva in carcere, i terroristi. Sono poi stati scarcerati dagli invasori americani. Ora, l’Occidente potrebbe avere interesse a fare la stessa cosa con l’Ucraina. Cioè: creare uno Stato destabilizzato, per anni, stavolta all’interno dell’Europa, più vicino a noi e infinitamente più importante.Potrebbe essere l’alibi perfetto per verticalizzare ulteriormente il potere, in termini di Unione Europea, costruendo quindi un elemento di continua provocazione, per la Russia, destinato a durare anni. Immaginate lo scenario: milizie a non finire, anche mercenarie, in Ucraina. Perché è proprio a loro che, già adesso, stanno consegnando le armi che noi stiamo fornendo, da portare – forse – all’esercito ucraino. Ma chi dà le armi agli ucraini sa benissimo che non vinceranno, con quelle armi: sa che moriranno, con quelle armi in pugno. E sa che enormi depositi di armi rimarranno sul terreno, a disposizione dei gruppi che rispondono a loro: neonazisti, mercenari, nuovi gruppi che si formeranno. In altre parole: potrebbe essere in corso una manovra per far diventare l’Ucraina una sorta di Afghanistan o di Iraq europeo, come fomentatore permanente di altri problemi. Speriamo di no, ma già vedo che alcuni passi in questa direzione ci potrebbero essere. Quindi: speriamo proprio che le trattative vadano avanti. In fondo, lo stesso Zelensky va in questa direzione, anche se giustamente sbraita e strilla. E quindi: se Putin è cattivissimo, quanto lo è l’Occidente?(Fausto Carotenuto, estratti dal video “La grande tenaglia in Ucraina: chi fa fallire la pace”, su YouTube dal 10 marzo 2022. Già analista strategico dell’intelligence, Carotenuto – poi fattosi promotore del network “Coscienze in Rete” – vanta una lunga esperienza internazionale, in ambito geopolitico, per conto dei servizi segreti occidentali).In passato poteva anche accadere che gli occidentali uccidessero il loro uomo, per far credere che l’avessero assassinato i russi. Seriamente: se fossi la Russia, io oggi mi preoccuperei di proteggere Zelensky. Lo vedete che il palazzo presidenziale di Kiev non lo attaccano manco a morire? C’erano gruppi che davano la caccia a Zelensky? Ah, ma attenti: questo ce l’hanno detto le fonti occidentali. I russi, invece, non fanno che ripetere: noi riconosciamo il governo di Zelensky. Sanno che rappresenta una parte consistente del suo popolo. E quindi a loro serve vivo, per arrivare al vero obiettivo di Mosca: una trattativa che metta fine al conflitto in Ucraina nel più breve tempo possibile, permettendo a Putin di salvare la faccia portando a casa qualche concessione territoriale. Forse i russi hanno anche un altro timore, probabilmente fondato: che qualcuno, in Occidente, speri di trasformare l’Ucraina in una sorta di Afghanistan, di Iraq europeo, fonte perpetua di instabilità e di minaccia per la Russia. Che infatti, non a caso – al di là della martellante disinformazione occidentale – si sta muovendo con estrema prudenza.
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Dall’11 Settembre, demolizione controllata dell’umanità
Te la ricordi, quella vecchia storia? Gli aerei che picchiano contro i palazzi? L’America indifesa, il mondo attonito. L’inferno del fumo, le vittime, i soccorritori intossicati e sepolti dalla cenere. Quanto tempo è passato, da allora? Vent’anni. Cioè niente, in teoria, per i tempi della storia. In questo caso, invece, vent’anni sono tutto. Perché ci sono eventi che forgiano il presente, lo rifondano. Sono avvenimenti esiziali, rispetto ai quali esiste un dopo e un prima. Come si viveva, prima? Si era relativamente liberi, mediamente infelici oppure allegri, spensierati, ordinariamente annoiati o magari indignati dalla contabilità delle ingiustizie. La sensazione era che ogni avversità fosse comunque affrontabile, ogni opinione esprimibile e ogni soluzione discutibile, e che le conseguenze non fossero immediatamente globali. Buoni e cattivi recitavano insieme, nell’avanspettacolo della geopolitica, cioè ai piani bassi dove conta davvero il soldo, la paga del mercenario, il cospicuo fatturato occulto dei mandanti.
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Il sonno di Biden: via libera a Israele, nel mirino l’Iran
Come sempre accade in questo paese, è partita la gara al crucifige del potente decaduto di turno. Joe Biden ormai è trattato come un anziano in preda ad attacchi di narcolessia, incapace di gestire una delle operazioni militari più importanti dal Vietnam in poi e totalmente in preda al panico di fronte alle conseguenze dirette e immediate del suo errore. Il giorno dopo la sua elezione era praticamente Napoleone con residenza nel Delaware. Oggi, un vecchietto che guarda i cantieri con le borse della spesa in mano. In effetti, sic transit gloria mundi. Il carro del vincitore è comodo ma anche rischioso come mezzo di locomozione a lungo termine: in questo caso, peggio di una Tesla con pilota automatico. C’è però un problema, molto serio. La stampa spara su Biden, ma non si pone la domanda più importante. E inquietante: chi comanda davvero in America? Perché è ovvio che non sia Biden a farlo, almeno stando all’ultima settimana.Altrimenti occorrerebbe davvero invocare il ritiro delle sue prerogative presidenziali, visto che avrebbe deciso di testa sua di ritirarsi dall’Afghanistan contro tutte le indicazioni di intelligence e buona parte degli alti papaveri del Pentagono: uno così, meglio che non sia dotato dei codici nucleari. E se invece Joe Biden fosse stato messo a Pennsylvania Avenue proprio perché serviva un pensionato presentabile e innocuo, in servizio permanente ed effettivo? Dopo il ciclone Trump, in grado di garantire una falsa guerra commerciale con la Cina che sostenesse gli indici in attesa che la Fed tornasse a sua volta operativa nel settembre 2019, serviva un normalizzatore che tranquillizzasse il mondo. Occorreva la percezione esterna di una primavera americana, citando il titolo di un incensato libro apologetico invecchiato precocemente. E non particolarmente bene.Già, perché al netto di tutti i difetti di Donald Trump, occorre riconoscergli una certa predisposizione all’essere una mina vagante, proprio come assicurazione sulla vita: difficile mettere in campo strategie parallele con uno così, il rischio che salti tutto all’aria diventa preponderante. E non vale la candela. Joe Biden, invece, è perfetto. È il nonno che comincia i preparativi per il pranzo di Natale già a fine novembre, l’uomo dalla lacrima facile e dall’eloquio talmente soporifero che rende superfluo ogni contenuto espresso. Nessuno lo ascolta. Chi comanda allora? I corpi intermedi, si sa, in America dopo gli insediamenti presidenziali cominciano le loro guerre interne di posizionamento per decidere chi darà le carte almeno fino al voto di mid-term. Agenzie in testa, quindi Fbi e Cia. Più la Dea, quando di mezzo c’è il Sud America. C’è poi il Pentagono, un’idrovora di denaro capace però di garantire storicamente un effetto leva al Pil tramite il warfare, la guerra permanente.Di colpo, terrorismo e Isis – in accezione K, quasi fosse la versione light di una bibita – sono tornati sulla scena a colpi di bombe. Note a tutti, talmente note da essere annunciate. E poi distrutte preventivamente come domenica: peccato che l’auto centrata dai droni fosse una normale utilitaria vuota e i pericolosi terroristi uccisi, solo sei bambini e tre adulti altrettanto disgraziati. Perché altrimenti, se fosse davvero stata imbottita di esplosivo per un attentato devastante, la conta delle vittime sarebbe almeno tripla. C’è però una cosa che la stampa, tutta, si è dimenticata di raccontarvi di queste giornate convulse seguite alla presa di Kabul. Abbandonando in fretta e furia la seconda conferenza stampa sul tema, Joe Biden si è congedato dai giornalisti con un perentorio «ora ho un altro impegno, davvero». Ed era vero. Doveva incontrare il primo ministro israeliano, Naftali Bennett, costretto suo malgrado a un giorno in più di attesa a Pennsylvania Avenue.Ecco le poche parole che Biden, formalmente impegnato h24 nella risoluzione del caos afghano, avrebbe utilizzato come discorso introduttivo al dialogo nello Studio Ovale: «Discuteremo anche della minaccia rappresentata dall’Iran e del nostro impegno per assicurare che Teheran non sviluppi mai un’arma nucleare… Se la diplomazia fallirà, siamo pronti a indirizzarci verso altre opzioni». E che la discussione non fosse puramente un atto di cortesia del presidente Usa verso l’ospite e l’ossessione del suo paese verso gli ayatollah, lo dimostrano le parole dello stesso Bennett sull’argomento, riferite solo pochi giorni prima di imbarcarsi per Washington e riprese dal “New York Times”: «I nostri attacchi clandestini contro l’Iran proseguiranno, continueremo a punire Teheran attraverso attività da zona grigia». Tradotto: spionaggio, sabotaggio e false flags.E se il concetto fosse stato poco chiaro, ecco che il “Jerusalem Post” ha pubblicato un retroscena nel quale il capo di Stato maggiore dell’esercito israeliano (Idf), generale Aviv Kohavi, confermava come «i progressi del programma nucleare iraniano ci hanno spinto ad accelerare i nostri piani operativi e il budget della difesa recentemente approvato garantisce copertura a queste attività». Quindi, con ogni probabilità, nel meeting tenutosi allo Studio Ovale – nel corso del quale Joe Biden si sarebbe appisolato, suscitando ieri l’ilarità sulla prima pagina di un quotidiano italiano (meno pronto nel rendere noti gli intenti bellicosi di Tel Aviv, però) – si sarebbe parlato di una campagna di operazioni militari e para-militari sotto copertura che Israele intende intensificare contro l’Iran e obiettivi iraniani.Il tutto mentre la Russia, player di primo piano rispetto a quanto sta accadendo in Afghanistan, chiedeva l’esatto contrario alla comunità internazionale: ovvero, il ritorno immediato al tavolo delle trattative di Vienna per discutere, appunto, sull’accordo relativo al nucleare di Teheran. Strana coincidenza: forse Israele vuole sabotare quell’accordo ed è andata a comunicare allo storico e potente alleato il via alle operazioni, ottenendo un tacito via libera a colpi di russate? Chissà se Biden avrà capito, viene da chiedersi a questo punto. Soprattutto le conseguenze di una possibile provocazione strutturale e di larga scala contro Teheran, le cui implicazioni geopolitiche e militari renderebbero la presa di Kabul e l’evacuazione di massa una passeggiata nel parco. Sempre casualmente, poi, domenica scorsa un attacco congiunto di artiglieria e droni ha ucciso 30 soldati della coalizione saudita in Yemen, ferendone una sessantina.Ovviamente, la responsabilità è stata immediatamente attribuita ai guerriglieri Houthi, i quali però – a differenza del solito – non hanno immediatamente rivendicato l’atto. Chi finanzia e sostiene i guerriglieri Houthi nella loro lotta contro Ryad? L’Iran. Guarda caso, dopo settimane e settimane di silenzio, la Penisola Arabica torna a far parlare di sé. A colpi di mortai. E questa volta, anche con l’ausilio di droni. Ovviamente, trattasi di mera casualità. Cosa? Ma il fatto è che a pochi giorni, forse solo ore, dalla conferma di Israele – da parte nientemeno che del primo ministro e del capo dell’esercito – di una campagna di “grey actions” contro Teheran, di colpo i rozzi guerriglieri Houthi diventano infallibili perpetratori di attacchi chirurgici. Addirittura contro una base militare saudita. Roba da professionisti. Un po’ come certe operazioni con i droni a Kabul. Chi comanda in America, dunque? Per la seconda volta in pochi giorni, vi rimando al mio articolo del 31 luglio scorso. Sempre più apparentemente profetico, purtroppo.(Mauro Bottarelli, “Il sonno di Biden e il rischio che Teheran sia peggio di Kabul”, dal “Sussidiario” del 31 agosto 2021).Come sempre accade in questo paese, è partita la gara al crucifige del potente decaduto di turno. Joe Biden ormai è trattato come un anziano in preda ad attacchi di narcolessia, incapace di gestire una delle operazioni militari più importanti dal Vietnam in poi e totalmente in preda al panico di fronte alle conseguenze dirette e immediate del suo errore. Il giorno dopo la sua elezione era praticamente Napoleone con residenza nel Delaware. Oggi, un vecchietto che guarda i cantieri con le borse della spesa in mano. In effetti, sic transit gloria mundi. Il carro del vincitore è comodo ma anche rischioso come mezzo di locomozione a lungo termine: in questo caso, peggio di una Tesla con pilota automatico. C’è però un problema, molto serio. La stampa spara su Biden, ma non si pone la domanda più importante. E inquietante: chi comanda davvero in America? Perché è ovvio che non sia Biden a farlo, almeno stando all’ultima settimana.
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Cabras: disastro Afghanistan, e l’Italia ci rimette sempre
Una sconfitta clamorosa dell’Occidente, delle sue istituzioni e organizzazioni internazionali, delle sue scelte. Nelle relazioni dei ministri non ho sentito un’autocritica, se non una qualche ammissione tardiva, limitata e insufficiente. Questa è una disfatta. La prima cosa da evitare è annacquare l’analisi e pensare che lo show vada avanti comunque, “business as usual”. Il ministro Guerini vuole salvare comunque i “valori liberali dei paesi occidentali”. Lo prendo in parola, benissimo. Allora, perché l’Occidente ha scelto di criminalizzare un suo figlio, Julian Assange, anziché ascoltarlo? Le cose giuste sull’Afghanistan, Assange le ha dette dieci anni fa. Ripartiamo da lì, facciamo davvero i liberali e offriamogli lo status di rifugiato politico: c’è una mozione che una maggioranza parlamentare rinvia da mesi. Discutiamo su Assange, ora, a settembre: facciamo un’operazione verità. È il modo migliore per affermare una svolta nel modo di trattare le questioni dell’Afghanistan.Partiamo dai dati duri di questi vent’anni trascorsi. Ho sentito parlare di “conquiste”: qualche scuola, qualche pozzo. Ma di quali conquiste parlate? Pozzi? Quanti pozzi si sarebbero potuti costruire con 2,5 trilioni di dollari spesi dagli Usa e con gli 8,7 miliardi buttati via dall’Italia? Avremmo risolto la crisi idrica di interi continenti e di centinaia di popoli. Invece abbiamo avuto centinaia di migliaia di morti e milioni di profughi. Un modello di “nation building” disastroso. Un modello di “State building” e “army building” disastroso. Gli Usa hanno addestrato e armato 180.000 soldati e 120.000 membri delle forze dell’ordine per resistere in una transizione di un anno e mezzo. Sono stati travolti in dieci giorni dopo essere rimasti sguarniti dalle 200 basi Usa. Vogliamo far finta di nulla su questo fallimento clamoroso? È una guerra nata già su premesse false: l’11 Settembre, una strage piena di opacità, che in anni in cui non era stata inventata l’etichetta di “complottista” sarebbe stata vista come un tipico e gigantesco episodio di “strategia della tensione” con gravi complicità in apparati vicini. Invece è stata posta come pretesto alla base dell’intervento in Afghanistan, uccidendo ogni discussione.Venti anni di guerre, in cui la partecipazione italiana ha sommato tante gravi perdite senza alcun vantaggio. Possiamo leggere in un unico quadro le costose guerre in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria e le costose sanzioni a Iran e Russia. Il piatto piange. Non si discute ancora della sproporzione tra la subalternità dentro una Nato che espande i fronti e la totale inesistenza di dividendi ottenuti. La Repubblica italiana perde sempre, in ogni avventurismo militare e diplomatico, per due lunghi decenni: la Nato, così com’è, risulta essere un pessimo affare, per l’Italia. Vanno ridiscusse profondamente le condizioni di sicurezza dell’Europa, uscendo dai vicoli ciechi militaristi. La riforma della Nato è una questione urgente, da non diluire nei resoconti burocratici della coda di una sconfitta e in un’esaltazione acritica di un’America idealizzata. Sono pulsioni “anti-americane”, come dice Di Maio? No, questa è l’autonomia di una visione.(Pino Cabras, intervento pronunciato il 24 agosto 2021 nel corso della sessione delle Commissioni riunite Affari esteri e Difesa di Camera e Senato, in occasione dell’audizione del ministro degli esteri, Luigi Di Maio, e del ministro della difesa, Lorenzo Guerini, sulla crisi afghana e i suoi sviluppi. Eletto con i 5 Stelle, Cabras – fuoriuscitone all’epoca della nascita del governo Draghi – è l’animatore della nuova formazione “L’Alternativa C’è”).Una sconfitta clamorosa dell’Occidente, delle sue istituzioni e organizzazioni internazionali, delle sue scelte. Nelle relazioni dei ministri non ho sentito un’autocritica, se non una qualche ammissione tardiva, limitata e insufficiente. Questa è una disfatta. La prima cosa da evitare è annacquare l’analisi e pensare che lo show vada avanti comunque, “business as usual”. Il ministro Guerini vuole salvare comunque i “valori liberali dei paesi occidentali”. Lo prendo in parola, benissimo. Allora, perché l’Occidente ha scelto di criminalizzare un suo figlio, Julian Assange, anziché ascoltarlo? Le cose giuste sull’Afghanistan, Assange le ha dette dieci anni fa. Ripartiamo da lì, facciamo davvero i liberali e offriamogli lo status di rifugiato politico: c’è una mozione che una maggioranza parlamentare rinvia da mesi. Discutiamo su Assange, ora, a settembre: facciamo un’operazione verità. È il modo migliore per affermare una svolta nel modo di trattare le questioni dell’Afghanistan.
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Il fu Marco Travaglio e la fine di trent’anni di non-politica
A quale vero potere risponde, Mario Draghi? E verso dove sta cercando di portare l’Europa, attraverso la storica riconversione dell’Italia, da colonia politica di secondo piano a possibile primattore sullo scacchiere europeo e internazionale? Domande sospese, all’interno del tempo breve (anzi, brevissimo) imposto dalla super-crisi che si racconta sia stata innescata da una pandemia di origine virale. Un’emergenza esplosa proprio nel momento in cui stava per spezzarsi lo schema di dominio del capitalismo globalizzato dal neoliberismo, deciso a fare della Cina la manifattura del mondo, e a ridurre l’Europa – separata dal Grande Est – a una succursale atlantica azzoppata dalle recessioni finanziarie artificiali (austerity) e dal dumping sociale e occupazionale rappresentato dall’immigrazione di massa, proveniente da un’Africa predata sanguinosamente dagli stessi strateghi dell’esodo, mascherati da profeti buonisti della religione dell’accoglienza umanitaria.Nel deprimente panorama politico italiano, che il “nuovo” Draghi ha messo letteralmente in freezer commissariando il presente e il futuro del paese, spicca la parabola piuttosto imbarazzante di Marco Travaglio, ottimo polemista, acclamato in televisione (e anche nei teatri) quando vestiva i panni di gladiatore dell’antiberlusconismo. Giorgio Bocca, mai tenero col Cavaliere, si rammaricava della visione ristretta di Travaglio, limitata al solo profilo giudiziario degli eventi; lo riteneva incapace di una vera lettura storico-sociologica, prerogativa del giornalismo autentico (che ai tempi di Bocca ancora esisteva). Altri, come l’ispido Paolo Barnard, hanno accusato Travaglio di essere un sostanziale “gatekeeper”, un finto oppositore funzionale all’establishment – come del resto lo stesso Beppe Grillo. Altri ancora, infine, hanno notato l’ortodossia neoliberista del “Fatto Quotidiano” (a lungo incarnata da Stefano Feltri, ospite del Bilderberg), imputando al giornale anche una visione ultra-atlantista in politica estera e l’assenza di coraggio nel valutare le imprese degli Usa, spesso poco edificanti, specie nel loro opaco rapporto con i terrorismi recenti.Non deve stupire, in fondo, il fatto che oggi Travaglio rischi di sfiorare il patetico, nella sua difesa postuma dell’infimo Giuseppe Conte, arrivando persino a insultare l’ex sodale Grillo, ormai in rotta di collisione con il detronizzato, imbarazzante “avvocato del popolo”. Un’intera fetta di elettorato italiano, infatti, ha finto di scambiare per un vero pericolo il modesto Salvini: e agendo unicamente contro Salvini ha preteso di fare di Conte una figura politica reale, tridimensionale, come se Conte esprimesse davvero un pensiero, una linea, un’idea di paese. Esauritosi lo slancio dell’effimero Salvini, ecco che anche Conte è finito nel nulla da cui era sbucato, lasciando il suo paladino Travaglio con in mano un pugno di mosche. Pare sia bastata una telefonata con Grillo, il mandante originario dell’ectoplasma-Conte, per consentire a Draghi di mettere in cassaforte la riforma Cartabia della giustizia, osteggiata da Travaglio e da Conte ma non da Grillo, che ha impiegato cinque minuti a indurre i pentastellati ad ammainare anche la loro ultima bandiera, quella giustizialista.Proprio l’Italia forcaiola aveva fatto la fortuna di Travaglio, poi di Grillo, e prima ancora della Lega Nord. La caccia al nemico: era il riflesso psicologico all’origine della rottamazione della Prima Repubblica, imposta in realtà dal sommo potere atlantico. Era piena di difetti, l’Italia di Craxi e Andreotti, e probabilmente non avrebbe superato l’esame della storia: una volta caduta l’Unione Sovietica, avrebbe perso comunque la sua ragion d’essere. Ma il disastro neoliberale – imposto dalle altissime sfere – in Italia è stato declinato in modo straccione, con un tifo calcistico tra falsa destra e falsa sinistra, allineate entrambe al medesimo copione finto-europeista imposto dai poteri superiori. Nulla che il giornalismo (non solo di Travaglio) abbia saputo registrare, preferendo appiattirsi – come la stessa politica, del resto – sulla semplicissima fabbricazione del nemico apparente, l’Uomo Nero che è causa di ogni sciagura, il Male da abbattere in un orizzonte narrativo più metafisico che politico, in una sostanziale parodia della verità.E’ questo il palcoscenico sul quale si sono alternati, in modo spesso caricaturale, personaggi come Berlusconi e Renzi, le stesse controfigure del Pd, il finto rivoluzionario Grillo, il finto statista Conte. L’Italia ha assaggiato il morso del grande potere con l’autoritarismo privatizzatore e spietatamente antipopolare dell’oligarca Romano Prodi, braccio armato del potere cinese, e oggi si ritrova completamente alla mercé di un Mario Draghi che, un tempo partner di Prodi nella strategia di demolizione del paese, ormai opera in tutt’altra direzione, cioè verso un potenziale recupero di sovranità almeno economica. Ridotti a fantasmi, i partiti stanno a guardare (rendendo insopportabile, nauseante, lo spettacolo della sub-politica italiana). Sta a guardare la stessa stampa, che Draghi lo osannava già ieri, quando – con il suo “pilota automatico” – condannava il paese a subire la concorrenza sleale della Germania. In tutto questo, Marco Travaglio sembra diventato minuscolo: si limita a fare le pulci a un governo che detesta, solo perché è sostenuto da Salvini ed è costato la poltrona al diletto “Giuseppi”.E se Travaglio sembra auto-candidarsi a un declino malinconico, non è che i colleghi stiano molto meglio: tanto per cambiare si spellano le mani per applaudire Draghi, brillando nell’arte minore del servilismo, e senza neppure osare mettere in discussione, almeno giornalisticamente, la brutalità della campagna “vaccinale” anti-Covid, basata su profilassi geniche ancora solo sperimentali, sostanzialmente imposte aderendo alla falsa narrazione della pandemia come catastrofe irreparabile, e continuando incredibilmente a fingere che le terapie domiciliari non esistano. Nemmeno Travaglio, del resto, “vede” il problema: preferisce restare nel piccolo cortile delle liti tra comari, gli scandalosi diktat di Grillo e i mormorii dell’impresentabile Conte. L’elettorato non sembra essere da meno: non pretende soluzioni, si accontenta dell’abbattimento periodico e rituale del “puzzone” di turno. E’ come se la politica – intesa come scienza del costruire, secondo progetti – fosse stata “spenta” trent’anni fa. L’agonia terminale ha richiamato in servizio il “nuovo” Draghi, che però agisce in solitaria, bypassando il Parlamento: il suo Recovery è stato esaminato a Bruxelles, non certo in aula. Lo stato d’emergenza non è solo di oggi e non è soltanto sanitario: e Draghi lo rende semplicemente evidente, anche se Travaglio e colleghi non paiono essersene accorti.A quale vero potere risponde, Mario Draghi? E verso dove sta cercando di portare l’Europa, attraverso la storica riconversione dell’Italia, da colonia politica di secondo piano a possibile primattore sullo scacchiere europeo e internazionale? Domande sospese, all’interno del tempo breve (anzi, brevissimo) imposto dalla super-crisi che si racconta sia stata innescata da una pandemia di origine virale. Un’emergenza esplosa proprio nel momento in cui stava per spezzarsi lo schema di dominio del capitalismo globalizzato dal neoliberismo, deciso a fare della Cina la manifattura del mondo. Corollario: ridurre l’Europa – separata dal Grande Est – a una succursale atlantica azzoppata dalle recessioni finanziarie artificiali (austerity) e dal dumping sociale e occupazionale rappresentato dall’immigrazione di massa, proveniente da un’Africa predata sanguinosamente dagli stessi strateghi dell’esodo, mascherati da profeti buonisti della religione dell’accoglienza umanitaria.
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L’Orizzonte degli Eventi: serve un’intelligence popolare
Un bel po’ di anni fa, dal grande Giampaolo Pansa udii queste parole: se avete una notizia, datela. Cioè: non stateci a pensare troppo, non abbiate paura dell’impatto che potrà avere. Certo, le notizie vanno prima controllate, verificate. Ma lo sport nazionale – aggiunse l’autore di “Carte false”, brillante pamphlet sulle troppe cialtronerie del giornalismo italiano – consiste nel non darle quasi mai, le vere notizie, se non in dosi omeopatiche e dopo aver sondato con infinita cautela tutti i potentati, anche politici, che potrebbero non gradire l’articolo in uscita. Il corollario del Pansa-pensiero: meglio una notizia imprecisa, piuttosto che il silenzio. Così almeno la lezione fu recepita, allora, dai giovani aspiranti colleghi, che ancora vedevano nella professione del reporter (proprio grazie alla presenza di fuoriclasse come Pansa) la possibilità di fare davvero i “cani da guardia della democrazia”. Con le dovute proporzioni, certo: al netto delle limitate capacità di ciascuno. E ben sapendo che l’errore, lo svarione e la presbiopia ideologica sono sempre dietro l’angolo.Il mondo di Pansa, come sappiamo, è tramontato con la fine dei grandi partiti, travolti da Mani Pulite, per poi inabissarsi definitivamente dopo l’11 Settembre insieme a tutto il resto (compresi i “cani da guardia” e la stessa democrazia, almeno per come la si era conosciuta e apprezzata negli anni d’oro del libero scrivere e del libero parlare). Dal pianeta delle stragi e delle “guerre al terrorismo” – passando per le tempeste artificiali dello spread – siamo approdati al nuovo universo della Verità Unica Pandemica, nel quale è diventato lecito anche togliere la parola al presidente degli Stati Uniti, sebbene ancora in carica. Banale dirlo, oggi: l’informazione stessa sembra sia stata letteralmente inghiottita da un buco nero, risucchiata nella terra di nessuno che gli astrofisici chiamano “l’orizzonte degli eventi”, oltre il limite misurabile dalla velocità della luce. L’Orizzonte degli Eventi è anche il nome della trasmissione web-streaming condotta il giovedì sera da Tom Bosco con Matt Martini e Nicola Bizzi sul canale YouTube di “Border Nights”. Obiettivo: monitorare gli accadimenti e provare a spiegarli, tentando di decifrarne il significato.Missione rischiosa, naturalmente: si può sempre essere imprecisi, specie in diretta. Ne è consapevole lo stesso Martini, chimico farmaceutico e appassionato studioso dei legami (anche di matrice esoterica) tra passato e presente, con una particolare predilezione per le culture orientali. Martini è anche co-autore e curatore, insieme a Bizzi, dell’instant-book “Operazione Corona”, trasformatosi in bestseller. Un libro editato a tempo di record da Aurora Boreale, con il contributo di personaggi come l’avvocato Marco Della Luna e, tra gli altri, di un medico del calibro di Stefano Scoglio, già candidato al Nobel per la Medicina. Ebbene: di fronte al prevedibile clamore suscitato dalla trasmissione, sempre più seguita, lo stesso Martini si è sentito in dovere di fornire qualche precisazione. Per esempio, questa: non si può pretendere che la nostra diretta del giovedì sera diffonda sempre e solo notizie certificate. A volte si limita, per così dire, a segnalare spunti, indizi, semplici opinioni e possibili tracce di verità eventuali. Siamo una sorta di “intelligence popolare”, dice Martini, spiegando: ve lo immaginate, un servizio segreto che trascurasse qualche pista?Il menù (proprio come quello degli 007) comprende inevitabilmente anche la possibilità di imbattersi nelle cosiddette bufale, quelle che oggi va di moda chiamare fake news. Per verificarle occorre tempo, e dunque ci si trova di fronte al famoso bivio: tacere (che è la scelta più comoda) o parlare comunque, pur sapendo di poter cadere in errore. La risposta del pubblico (decine di migliaia di visualizzazioni) sta premiando la scelta di immediatezza operata dalla trasmissione: parlare, sempre e comunque. Un “collega” come Massimo Mazzucco, anche lui presente nel circuito di “Border Nights”, è più prudente: sceglie di pronunciarsi solo quando è certo di poter documentare quanto afferma, sapendo benissimo che l’avversario (politici, media, debunker) non aspettano altro che un passo falso, magari su un aspetto secondario, per poter attaccare la fonte – screditandola – allo scopo di squalificare l’intero contenuto, scomodo, che ha presentato.Esemplare l’ultimo colpo messo a segno dall’inappuntabile Mazzucco: in un video documentatissimo anticipato sul suo canale (”Contro Tv”, fondato insieme a Giulietto Chiesa) ha dimostrato come l’establishment si sia rifiutato di riconoscere le ormai numerose terapie che contrastano il Covid in modo efficace, senza nemmeno dover ricoverare i pazienti. Perché lo hanno fatto? Perché l’abilitazione di una qualunque terapia – spiega Mazzucco – avrebbe reso impossibile la concessione dell’autorizzazione d’emergenza per i “vaccini genici”, ancora sperimentali, presentati (in modo fraudolento, dunque) come unica soluzione possibile. Si domanda Mazzucco: se le terapie messe a punto dai migliori medici italiani a partire dalla tarda primavera 2020 fossero state prontamente adottate, quante vittime in meno avremmo avuto? La risposta “sta soffiando nel vento”, per dirla con Bob Dylan, o magari è stata inghiottita – anche lei – dal grande buco nero nel quale sono finite le principali verità, riguardo allo spettacolo planetario della cosiddetta pandemia.Il paziente lavoro di Mazzucco – indagini e reportage – è strettamente correlato con quello di molti altri analisti che, a monte, si confrontano ogni giorno con fonti aperte, come ricorda lo stesso Matt Martini: si tratta sempre di notizie (o anche solo di voci e indizi) comunque rintracciabili “in chiaro”, sulla stampa o sul web. Blog, social media, siti ufficiali, web-tv: un “concerto” caotico e contraddittorio, worldwide, dal quale estrarre spunti da approfondire. Il giovedì sera, L’Orizzonte degli Eventi si comporta come una sorta di prima linea: registra dati, selezionandone alcuni. Non sappiamo sempre quanto siano attendibili, ammette Martini, che però spiega: non possiamo permetterci di trascurarne nessuno, di quelli che ci paiono interessanti. E il pubblico – è il caso di ripeterlo – apprezza questa scelta metodologica, che poi (nel caso de L’Orizzonte degli Eventi) viene declinata, legittimamente, in base alla sensibilità culturale degli speaker, alla loro esperienza e alla capacità effettiva di proporre analisi coerenti (in diretta) sulla base dei fatti evidenziati.Possono apparire surreali, queste riflessioni, in un mondo in cui una forte minoranza della popolazione ha ormai raggiunto una radicata convinzione: del mainstream, semplicemente, non ci si può più fidare. Ed è abbastanza illusorio sperare in una sua prossima “redenzione”, tenendo conto di un fatto basilare: le società che controllano i media sono pochissime, un pugno di operatori, strettamente correlati fra loro e al servizio dei massimi poteri. L’autonomia della singola redazione, in pratica, è come se si fosse estinta. Un giorno la situazione cambierà, come in fondo tutto, sulla Terra, finisce sempre per cambiare, prima o poi? D’accordo, ammettiamolo. Ma nel frattempo, chi si incarica di rilanciare informazioni, analisi e ipotesi che il mainstream tace? Certo, il rischio del manierismo cospirazionistico è evidente: si corre il pericolo di finire in un ghetto farneticante, comodissimo per il “potere” che si dichiara di voler contrastare. Vero, ma l’alternativa quale sarebbe? Tacere? Attendere di avere sottomano tutti gli elementi?Questo vale certamente per chi, come Mazzucco, costruisce solidi reportage giornalistici su argomenti precisamente delimitati. Ma il lavoro dei reporter come Mazzucco parte comunque da informazioni rilevate e rilanciate dagli operatori di prima linea, da quelli che Matt Martini chiama “l’intelligence popolare”. In tutto questo, trovo sia dirimente una parola preziosa e oggi infrequente: libertà. Puoi anche diffidare di certi contenuti, ma se non fossero circolanti sarebbe un male. E’ fondamentale dare conto delle idee che vengono espresse, anche quelle che possono apparire stralunate: fotografano benissimo lo stato emotivo, psicologico, cognitivo e politico della platea odierna. Alla censura, del resto, provvede già il mainstream, maestro innanzitutto di autocensura. Se si è liberi, si può sempre valutare serenamente ogni voce: senza averne paura, e anzi apprezzando la polifonia (anche stridente) dell’insieme. E senza mai dimenticare la lezione del vecchio Pansa, che ai cronisti in erba ripeteva: ascoltate tutto e tutti, ma non fidatevi ciecamente di nessuno – beninteso: nemmeno di me.(Giorgio Cattaneo, 11 giugno 2021).Un bel po’ di anni fa, dal grande Giampaolo Pansa udii queste parole: se avete una notizia, datela. Cioè: non stateci a pensare troppo, non abbiate paura dell’impatto che potrà avere. Certo, le notizie vanno prima controllate, verificate. Ma lo sport nazionale – aggiunse l’autore di “Carte false”, brillante pamphlet sulle troppe cialtronerie del giornalismo italiano – consiste nel non darle quasi mai, le vere notizie, se non in dosi omeopatiche e dopo aver sondato con infinita cautela tutti i potentati, anche politici, che potrebbero non gradire l’articolo in uscita. Il corollario del Pansa-pensiero: meglio una notizia imprecisa, piuttosto che il silenzio. Così almeno la lezione fu recepita, allora, dai giovani aspiranti colleghi, che ancora vedevano nella professione del reporter (proprio grazie alla presenza di fuoriclasse come Pansa) la possibilità di fare davvero i “cani da guardia della democrazia”. Con le dovute proporzioni, certo: al netto delle limitate capacità di ciascuno. E ben sapendo che l’errore, lo svarione e la presbiopia ideologica sono sempre dietro l’angolo.
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Magaldi: Draghi e l’inferno, una guerra nata 50 anni fa
Mario Draghi non ha avuto (ancora) il coraggio politico di attaccare il paradigma-Covid, creato per sottomettere la popolazione. Un piano partorito da una gestione di potere che, secondo alcuni, risale al golpe che il neoliberismo commissionò al “fratello” Kissinger l’11 settembre 1973, con l’ordine impartito in Cile al massone Pinochet di abbattere Salvador Allende, “venerabile maestro” della loggia di cui il generale golpista era il numero due, il “primo sorvegliante”. Secondo Bob Dylan – in base alla sofisticata esegesi fornita da Gioele Magaldi, che rivela l’identità massonica dello stesso cantautore, Premio Nobel – il piano ebbe inizio ancora prima, per la precisione il 22 novembre 1963 a Dallas, con l’assassinio in mondovisione di John Fitzgerald Kennedy. Numeri: 11 e 22, in una ridondanza che porta dritti a un altro 11 settembre, quello del 2001, quando lo stesso potere (che Magaldi definisce massonico ma rinnegato, contro-iniziatico e neo-aristocratico) passò alla penultima fase della globalizzazione, quella “a mano armata”, basata su guerre imperiali innescate da stragi “false flag”, sotto falsa bandiera, condotte sotto la supervisione di servizi segreti “distratti” quanto basta per alimentare il mito del terrorismo islamico.Può non piacere, Magaldi, quando ricorda che l’atroce Roberto Speranza (di cui ha invocato ripetutamente le dimissioni) è solo un burattino di Massimo D’Alema, artefice del mini-cartello elettorale “Liberi e Uguali” rappresentato in origine da altri due esponenti della massoneria, l’ex presidente del Senato (il “fratello” Pietro Grasso), e l’ex presidente della Camera (la “sorella” Laura Boldrini). D’Alema? Altro super-grembiulino reazionario come Monti, come Napolitano e come lo stesso Prodi, vicinissimo (anche lui) al redditizio potere cinese “inventato” dal club di Kissinger come modello alternativo e iper-efficiente (prospero, ma non democratico) per mettere in crisi il modello occidentale e la sua irrinunciabile libertà, non certo portata in dono dalla cicogna – come ama ripetere Magaldi – ma costata sangue, durante le rivoluzioni europee e il Risorgimento italiano, per abbattere lo strapotere del Papa e del Re. Libertà, uguaglianza e fraternità: gli ideali della Rivoluzione Francese (massonica, anche quella) come fondamento della nascita degli Stati Uniti d’America con Washington, e poi – prima con Roosevelt e poi con i Kennedy – fonte inesauribile della sete di giustizia sociale che, nel dopoguerra, plasmò l’Occidente nel quale siamo cresciuti, basato sul rispetto dei diritti umani e sociali.D’accordo, uno si domanda – in mezzo al gossip favolistico del mainstream media, ancora impegnato a contare “casi” e “contagi” – ma tutto questo “che c’azzecca”, con il Covid e il governo Draghi? C’entra eccome, sostiene Magaldi, che riassume: tenete d’occhio il grande potere massonico-reazionario che dagli anni ‘80 impose il neoliberismo a tutto l’Occidente, e poi concesse alla Cina vantaggi sleali, per consentirle imporsi come superpotenza commerciale. Quel potere supermassonico fece piazza pulita di ogni ostacolo: in Italia liquidò un genio della finanza keynesiana come Federico Caffè (maestro di Draghi), assassinò in Svezia Olof Palme (campione del welfare europeo e leader di un socialismo liberale pronto a impegnare lo Stato per salvare i posti di lavoro), quindi si liberò della Prima Repubblica italiana (corrotta, ma sovranitaria) e in Medio Oriente fece assassinare uno statista del calibro di Yitzhak Rabin, deciso a impedire che il conflitto israelo-palestinese restasse in eterno l’alibi perfetto, e ipocrita, per qualsiasi inconfessabile guerra sporca, coi dividendi regolarmente suddivisi in parti uguali tra gli oligarchi degli opposti estremismi.E va bene, ma Draghi e il Covid? Sorride, Magaldi: il disastro ha almeno mezzo secolo di vita, e qualcuno pretenderebbe, in modo infantile, una soluzione rapida? La sua tesi: due anni fa, lo stesso Draghi (e altri, inclusa l’attuale presidente della Bce, Christine Lagarde) abbandonarono il club degli oligarchi per approdare ai lidi della supermassoneria “progressista”, roosveltiana e keynesiana. Avete presente, che cosa significa? Nel 2011, lo stesso Draghi – dopo aver disastrato l’Italia con le super-privatizzazioni commissionate a Prodi e D’Alema – contribuì alla caduta del legittimo governo di Silvio Berlusconi, ovvero dell’ultimo parlamentare che gli italiani abbiano insediato a Palazzo Chigi. Tutto il resto è post-democrazia: Monti e Letta, lo stesso Renzi, Gentiloni, e infine il prestanome Conte, modesta pedina di un certo club vaticano previdentemente infiltrata tra i 5 Stelle che nel 2018 i sondaggi davano vincenti.Il mondo a cui è stata inflitta la piaga-Covid (libertà confiscata, grazie al pretesto di una presunta pandemia pericolosissima) è quello a qui, solo nel 2018, in Italia, Sergio Mattarella osò negare a Paolo Savona la poltronissima di ministro dell’economia, visto che faceva paura a un’Europa che – per bocca del tedesco Günther Oettinger, che Magaldi definisce massone reazionario – aveva l’arroganza di spiegare, sovrastando il Quirinale, che sarebbero stati “i mercati” a spiegare agli italiani come votare, la volta seguente, gettando nella spazzatura la Lega e 5 Stelle, tigri di carta eppure temute dall’oligarchia che utilizza Bruxelles (cioè la finta Unione Europea, mai esistita) per i suoi scopi verminosamente privatistici, finanziari, di bottega. Quello terremotato dalla gestione “terroristica” del Covid è un pianeta reduce da mille manipolazioni operate dal medesimo potere, che non ha esitato ad “asfaltare” la Grecia riducendola alla fame, per poi umiliare l’Italia (bersagliata dalle Ong che usano i migranti come clava politica) negandole un misero 2,4% di deficit.Poi, appunto, è arrivato l’infarto: l’ultima fase del piano, nato mezzo secolo fa. Dopo Kissinger, dopo Reagan e la Thatcher, dopo Blair e i Clinton, dopo Bin Laden e servizi segreti annessi, dopo i “signor no” della Commissione Europea e le stragi collaterali dell’Isis, ecco l’apoteosi: il vàirus. Il capolavoro della paura, il sogno degli oligarchi: tutti in casa, fingendo che non esistano terapie efficaci. Un anno di delirio: lockdown e zone rosse, coprifuoco, menzogne a reti unificati, oscuramento e boicottaggio (criminale) delle cure salva-vita, cancellate – massimo scandalo – per arrivare alla procedura di autorizzazione d’emergenza dei “vaccini genici”, approntati in pochi mesi, non autorizzabili in presenza di terapie alternative ed efficienti, come quelle – una decina – messe a punto da tanti, valenti medici italiani. Neppure loro avevano capito la vera posta in gioco, e dunque la reale dimensione del dramma? Non sapevano, gli illusi, che questo potere – corruttivo, dittatoriale, stragista – avrebbe calpestato e cancellato le loro ricette, nate per salvare decine di migliaia di vite umane?Non illudetevi, dice Magaldi, che l’origine delle “incomprensibili storture” della gestione Covid siano da imputare alla semplice bulimia affaristica di Big Pharma. Certo, esiste anche quella: sono in gioco centinaia di miliardi. Ma i soldi sono solo un business collaterale, sappiatelo. Quello vero, il primo – sostiene l’autore di “Massoni” – è ben più preoccupante: ha a che fare con la fine della nostra libertà. Siamo a un bivio della storia, ed è bene saperlo. Il club di Magaldi, tanto per dire, era tra quelli che sostennero Trump contro la Clinton. Di fronte al disastro elettorale delle presidenziali 2020, con le inedite accuse di brogli, quel network non si è dato per vinto, e ha costetto Biden a trattare. Tema: uscire dall’allucinazione degli ultimi cinquant’anni. Lo stesso Draghi – che fa parte della partita – non s’impunta sul ricatto dei vaccini, cui è condizionato (di fatto) il ritorno alla normalità? Non pretende la necessaria trasparenza? Capitelo, chiede Magaldi: un passo alla volta. Il che, francamente, è preoccupante. Tradotto: si tratta di fronteggiare l’inferno, e di attrezzarsi (con pazienza) per sconfiggerlo, un po’ alla volta, con sapienza. Sapendo che le sofferenze dei giusti non potranno finire subito, perché il nemico è potentissimo. In Germania, dove Angela Merkel ha gettato la maschera, la polizia può entrare nelle case senza nessun mandato. Come dire: la notte, purtroppo, è ancora lunga.Mario Draghi non ha avuto (ancora) il coraggio politico di attaccare il paradigma-Covid, creato per sottomettere la popolazione. Un piano partorito da una gestione di potere che, secondo alcuni, risale al golpe che il neoliberismo commissionò al “fratello” Kissinger, con l’esito dell’11 settembre 1973: l’ordine impartito in Cile al massone Pinochet di abbattere Salvador Allende, “venerabile maestro” della loggia di cui il generale golpista era il numero due, il “primo sorvegliante”. Secondo Bob Dylan – in base alla sofisticata esegesi fornita da Gioele Magaldi, che rivela l’identità massonica dello stesso cantautore, Premio Nobel – il piano ebbe inizio ancora prima, per la precisione il 22 novembre 1963 a Dallas, con l’assassinio in mondovisione di John Fitzgerald Kennedy. Numeri: 11 e 22, in una ridondanza che porta dritti a un altro 11 settembre, quello del 2001, quando lo stesso potere (che Magaldi definisce massonico ma rinnegato, contro-iniziatico e neo-aristocratico) passò alla penultima fase della globalizzazione, quella “a mano armata”, basata su guerre imperiali innescate da stragi “false flag”, sotto falsa bandiera, condotte sotto la supervisione di servizi segreti “distratti” quanto basta per alimentare il mito del terrorismo islamico.
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Cure proibite, per lanciare i vaccini: spiegata la strage
Ha idea, Roberto Speranza, di quante persone sono morte per il Covid, nell’ultimo anno, a causa delle cure non autorizzate? Migliaia? Tutti pazienti che potevano essere salvati, se solo non fossero stati ostacolati in ogni modo i medici che avevano scoperto come guarirli, spesso da casa, senza nemmeno ricorrere all’ospedale. Massimo Mazzucco snocciola i numeri della strage: e spiega anche perché è stata provocata, da che cosa. L’imputato numero uno ha un nome preciso: il vaccino. Se fossero state approvate le terapie salva-vita, sarebbe stato impossibile (per l’Ema, e quindi per l’Aifa) accordare ai vaccini-Covid l’autorizzazione d’emergenza per la loro somministrazione. Normalmente, per approvare un vaccino servono 3-5 anni di sperimentazioni. La procedura emergenziale può scattare solo in un caso: quando non esistono alternative, cioè cure. Ecco perché le cure (che esistono e funzionano) sono state sistematicamente boicottate: se fossero state approvate, addio vaccini.Piccolo particolare: in attesa dei vaccini, l’Italia ha ufficialmente registrato 120.000 morti. Quanti di questi pazienti sarebbero ancora vivi, se ai medici fosse stato permesso di curarli con i farmaci nel frattempo individuati come rimedio efficace? Nel video-denuncia “Covid, le cure proibite”, Mazzucco documenta i capi d’accusa che ormai emergono in modo schiacciante: tutte le terapie vincenti (almeno una decina) sono state regolarmente oscurate e combattute per poter presentare il vaccino come unica soluzione, e – sempre per imporre la vaccinazione di massa – sono state imposte le peggiori restrizioni: lockdown, coprifuoco, zone rosse. Un ricatto: tornerete liberi solo quando vi sarete vaccinati. Ma attenzione, si tratta dell’ennesimo imbroglio: è infatti prevista una vaccinazione periodica e frequente, dall’incubo non si uscirà mai. E naturalmente: le terapie salva-vita, quelle che renderebbero superfluo il vaccino, restano nel cassetto.Nel suo reportage, Mazzucco non entra nel merito del piano vacciale più controverso della storia. Quelli somministrati sono farmaci “genici” sperimentali, impropriamente chiamati vaccini: non immunizzano completamente il corpo, e lasciano che il soggetto vaccinato possa restare contagioso. Non solo: presentano un serio rischio fisico immediato, in termini di reazioni avverse, mentre non si conoscono le conseguenze a lungo termine di un inoculo Rna-Dna che va a insediarsi nelle cellule, interagendo con il genoma umano. In questo caso, Mazzucco – autore di video-reportage che hanno fatto storia, come quelli sull’11 Settembre, trasmessi anche da “Canale 5″ in prima serata – si concentra sul più pazzesco degli scandali: quello delle “cure proibite”. Un copione invariabile, drammatico: scoperta la terapia, viene immediatamente screditata e poi messa al bando. Una dopo l’altra, le autorità sanitarie italiane hanno regolarmente respinto tutte le cure – efficaci – che i medici avevano scoperto, per contrastare il Covid.L’elenco è avvilente, grida vendetta: e a protestare (inutilmente, finora) sono proprio i medici, cui è stato materialmente sottratto lo strumento terapeutico per guarire i pazienti. Incredibilmente, il protocollo nazionale parla ancora di Tachipirina – farmaco inutile, in caso di Covid, se non dannoso – e si limita a raccomandare la “vigilante attesa”. Di cosa, se non dell’aggravamento? Mazzucco cita i vip prontamente curati e guariti nel 2020, non proprio giovanotti: Berlusconi, Briatore, lo stesso Trump. Rimessi in sesto in pochissimi giorni, nonostante la loro età avanzata. Come? Non certo con la “vigile attesa”: li hanno curati tempestivamente, con i farmaci adatti. Quelli a cui il cittadino normale continua a non avere accesso, visto che ai medici di famiglia non è ancora stato affidato un protocollo idoneo. Attenzione: si tratta di farmaci normalissimi. Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano, spiega come “domare” l’incendio Covid ricorrendo a semplici antinfiammatori: funzionano purché si agisca celermente, cioè dopo i primi sintomi.I medici dell’associazione Ippocrate, che curano il Covid in modo volontaristico data la latitanza delle autorità sanitarie, hanno messo a punto un prontuario specifico: precisi farmaci (di uso comune) per ogni singola fase della malattia. I numeri sono dalla loro parte: si parla di migliaia di guarigioni da casa, evitando il ricovero. A Roma, il dottor Mariano Amici dimostra di aver guarito il 100% dei suoi pazienti – non meno di 2.000 persone – con la somministrazione, in fase precoce, di normali antinfiammatori. Nel video-reportage di Mazzucco, sul tema intervengono i sanitari dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna: le morti per Covid sono finite, assicurano, quando hanno cominciato a curare i pazienti direttamente nelle loro case, rinunciando cioè alla “vigile attesa” (che determinava il ricovero di malati ormai in gravi condizioni). Carta vincente, le cure precoci domiciliari: quelle che il ministero di Speranza ha appena chiesto e ottenuto, dal Consiglio di Stato, di non autorizzare.Mazzucco rievoca le tappe del calvario. Capitolo primo, le vitamine: consigliate da molti medici come sostanze utili per la prevenzione e, in dosi elevate, per la guarigione. Ma guai a dirlo: contro la “bufala” delle vitamine anti-Covid si sono scatenati prima i virologi televisivi, e a ruota i media. Risultato: vitamine bocciate. Ma non per tutti: Mazzucco esibisce un documento dei carabinieri che (già a marzo 2020) invitava i miltari dell’Arma ad assumere ogni mattina le vitamine C e D. Lo schema si ripete in modo scandaloso di fronte a ogni altra scoperta medica: anziché essere incoraggiati, i sanitari che hanno individuato una terapia efficace vengono zittiti, oscurati, screditati e boicottati. Succede a Giuseppe De Donno (Mantova), il primo ad aver sperimentato la plasmaferesi: guarigioni garantite, in poche ore, a chi riceve trasfusioni con il sangue dei pazienti guariti. Niente da fare nemmeno per Elena Campione dell’università romana di Tor Vergata, che ha scoperto i benefici della lattoferrina: sostanza naturale e antivirale, contenuta nel latte materno, che spiega il motivo per cui i bambini non vengono colpiti dall’infezione.Un caso-limite è quello dei cortisonici: nell’aprile 2020, sempre Roberto Speranza non ha degnato di risposta i 30 luminari italiani che gli segnalavano i grandi risultati ottenuti con farmaci a base di cortisone. Ironia della sorte, due mesi dopo è stata la stessa Oms a complimentarsi coi medici inglesi, che a loro volta avevano scoperto le virtù del Desametasone. Ma niente da fare, la consegna è sempre la stessa: negare l’evidenza per affossare le cure. E pazienza, se nel frattempo i malati – lasciati a casa in “vigile attesa” – continuano a morire, o arrivano in ospedale con la salute ormai gravamente compromessa proprio perché rimasti per giorni senza cure. E’ così che ha funzionato, la macchina del terrore: negare le terapie è “servito” esattamente ad alzare il numero dei ricoveri, delle terapie intensive, permettendo ai politici, ai media e agli “scienziati di corte” di recitare all’infinito il mantra della paura e dell’attesa messianica dell’unico possibile rimedio, il vaccino.Per questo, aggiunge Mazzucco, nonostante i risultati lusinghieri sono state biocciate tutte le altre soluzioni terapeutiche nel frattempo emerse: la quercetina scoperta dal Cnr, l’ozonoterapia praticata con successo all’ospedale di Udine, l’adenosina (introdotta a Reggio Calabria dai medici Sebastiano Macheda e Pierpaolo Correale), e persino un antiparassitario come l’ivermectina, che ha permesso alla Repubblica Ceca di veder crollare di colpo i decessi per Covid. Tradotto: a Praga si è smesso di morire, in Italia no. Culmine della vergogna, il caso dell’idrossiclorochina associata a un antibiotico come l’azitromicina: terapia sperimentata con successo in Francia dal professor Didier Raoult, uno dei maggiori virologi al mondo, ma poi abbandonata dopo uno studio (falsato da dati inventati) pubblicato sul “Lancet”. Poi la rivista si è corretta, scusandosi: quello studio era da buttare, la clorochina (antimalarico in uso da decenni) non è affatto pericolosa, in dosi appropriate. Ma il divieto di usarla, in Italia, è rimasto: anche dopo la scoperta della frode scientifica del “Lancet”.Domanda: quale organizzazione criminale potrebbe mai progettare e attuare un piano simile, fondato sulla disinformazione e sul boicottaggio delle guarigioni, a costo di provocare decine di migliaia di morti? Qualunque ne sia l’origine, dice Mazzucco, ne conosciamo il coordinatore: Big Pharma. Anche in Italia, tutti i decisori sono strettamente controllati dalle farmaceutiche, che ottengono il consenso dei media a suon di milioni in termini di pubblicità. In cambio, giornali e televisioni fanno parlare – come oracoli – solo e sempre determinanti esponenti del mondo scientifico (i vari Bassetti, Pregliasco, Crisanti, Galli, Burioni e Lopalco, perfettamente funzionali al business farmaceutico-vaccinale). Ferreo anche il controllo sul governo, esercitato da un Comitato Tecnico-Scientifico composto da dirigenti dell’Aifa, del ministero della salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, tutti «baroni legati a Big Pharma, che non si sognerebbero mai di contraddire le farmaceutiche».Nel Cts, ricorda Mazzucco, c’erano anche Ranieri Guerra, indagato per il piano pandemico non aggiornato né applicato, e lo stesso Walter Ricciardi, consulente di Speranza. «Due anni fa, Ricciardi dovette dimettersi da direttore dell’Iss dopo che emersero i suoi conflitti d’interesse con le case farmaceutiche». Questi, sottolinea Mazzucco, sono i personaggi che stabiliscono cosa chiudere, e fino a quando: il controllato e il controllore sono lo stesso soggetto, Big Pharma, che agisce attraverso i suoi ramificati canali, anche istituzionali. «La stessa Ema è zeppa di dirigenti che provengono da Big Pharma, tramite il meccanismo delle “porte girevoli”: l’attuale direttrice, Emer Cooke, quella che ripete che “i benefici dei vaccini superano i rischi”, viene dalla lobby europea delle industrie farmaceutiche». E’ vero, purtroppo: la Cooke è stata a lungo in forza alla Efpia, European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations.Nell’Epfia, conferma Wikipedia, Emer Cooke ha lavorato per 8 anni come lobbysta delle “Big 30″, incluse Pfizer, AstraZeneca, Novartis e Johnson & Johnson. «Secondo voi chi l’ha messa a dirigere l’Ema, Gesù Bambino?». Non solo: «Credete che sia l’Unione Europea, coi nostri soldi, a finanziare la sua agenzia del farmaco? Errore: l’agenzia vive di fondi pubblici solo per il 16%, dato che l’84% del denaro che serve al suo funzionamento proviene dalle aziende farmaceutiche, sotto forma di autorizzazioni per i medicinali». Domanda retorica: qualcuno può davvero pensare che l’Ema (da cui di fatto dipende anche l’Aifa) sia un ente autonomo e quindi scientificamente affidabile, indipendente, che ha a cuore solo la salute dei cittadini, e non invece – anche e soprattutto – quella dei bilianci miliardari del complesso industriale farmaceutico che la foraggia quasi completamente?Tragedia e farsa si sommano, nell’impietosa ricostruzione di Mazzucco, fino all’epilogo tanto atteso: lo sdoganamento anticipato dei famosi “vaccini genici”. «Per i preparati vaccinali, la procedura d’emergenza (quindi con sperimentazione molto limitata) può avvenire solo a certe condizioni». Una su tutte: «Non deve esistere nessuna cura disponibile, per la malattia in questione, altrimenti il vaccino non la può ricevere, l’approvazione d’emergenza». Vale per la statunitense Food and Drug Administration: a febbraio, nell’autorizzare i vaccini-Covid, la Fda ha ricordato che non deve esistere «una adeguata, approvata e disponibile alternativa al prodotto». Idem l’Ema: il vaccino «deve rispondere a una necessità medica non soddisfatta, ovvero una patologia per la quale non esiste un metodo soddisfacente di diagnosi, prevenzione o cura autorizzato dalla comunità (o, anche se questo metodo esistesse, il nuovo prodotto medicinale deve rappresentare un importante vantaggio terapeutico per i malati)».E dato che «nessun vaccino potrà mai rappresentare un importante vantaggio terapeutico, rispetto a una medicina che agisce subito», ecco che «le medicine normali non vengono autorizzate», scandisce Mazzucco. «Abbiamo svelato l’arcano: le cure non sono mai state riconosciute non perché non funzionino, ma perché sapevano fin dall’inizio che – riconoscendo una qualunque cura valida – non si sarebbe potuta ottenere l’autorizzazione d’emergenza per il vaccino». Ragiona il reporter: «Se per ipotesi i vaccini non esistessero (cioè, se non fossero mai stati “inventati”), secondo voi come si competerebbe la sanità, rispetto al Covid? Ovvio: curerebbe i malati senza indugi, con tutte le terapie disponibili, e anzi rafforzandole con ulteriori ricerche (proprio quelle che finora sono state accuratamente evitate, privando i medici di sperimentazioni su vasta scala)». Insiste Mazzucco: «Paradossalmente, il vaccino non è la soluzione: è il problema». Vero, se è stato la vera causa del rifiuto di somministrare terapie salva-vita.«Pensateci: potremmo tornare a vivere tranquillamente, domattina, riaprendo tutto e curando le persone appena si ammalano, con le varie terapie ormai disponibili (lasciando libere di vaccinarsi, ovviamente, le persone che lo desiderano)». E invece, questo non accade. «Quello che non è accettabile – ripete Mazzucco – è che il vaccino sia imposto come unica condizione per riavere le nostre libertà. Si chiama ricatto, e si chiama anche crimine: perché nel frattempo muoiono mogliaia di persone che si potrebbero salvare». E’ così: «Le nostre libertà ci vengono negate intenzionalmente, proprio per obbligarci ad accettare la vaccinazione come unica via d’uscita». Lo dice apertamente la professoressa Leana Wen, docente di politiche della salute alla George Washington University. «La Wen è tra i “top doctors” americani, scrive sul “Washington Post” e appare spesso come commentatrice televisiva. E’ stata anche premiata dal Forum di Davos tra i “giovani leader globali”».Una grande opinion maker, Leana Wen: nel 2019, “Time Magazine” l’ha definita “una delle 100 persone più influenti del mondo”. Di fronte al fatto che Stati come Florida e Texas stanno già riaprendo tutto, anche con pochi cittadini vaccinati, alla “Cnn” si è lasciata scappare la seguente ammissione: «Ci sono milioni di persone che per qualche ragione temono i vaccini, e non capiscono quale possa esserne il vantaggio, per loro. Noi dobbiamo spiegargli bene che il vaccino è il loro lasciapassare, per tornare alla vita com’era prima della pandemia. E la finestra di tempo per farlo si sta restringendo, per legare le riaperture alla situazione vaccinale: altrimenti, se si riapre tutto, quale sarà la “carota”?». La carota: il premio. «Come faremo a incentivare le persone a farsi vaccinare? Ecco perché il Cdc e l’amministrazione Biden devono affermare con forza: se sarete vaccinati, guardate quante cose potrete fare, quante libertà potrete riavere. Viceversa, la gente tornerà a godersi queste libertà in ogni caso».Capito, come funziona? Massimo Mazzucco lancia un appello severo e accorato ai giornalisti, finora reticenti o addirittura complici del sistema “bastone e carota”, fatto di cure negate, migliaia di vittime e “terrorismo sanitario” per spingere il popolo bue verso l’imbuto previsto fin dall’inizio, quello del vaccino. «Voi, che continuate a chiamare “negazionista” chiunque protesti per questa situazione assurda, finirete per passare alla storia come i nuovi collaborazionisti», dice Mazzucco agli operatori dei media. «Gli uomini di Vichy sono passati alla storia per aver aiutato il nazismo in Francia; voi passerete alla storia per aver aiutato il vacci-nazismo che si sta cercando di instaurare: e come c’è stata una Norimberga per i nazisti, ci sarà sicuramente una Norimberga anche per voi». E dunque: «Smettetela di fare i servi delle case farmaceutiche, e tornate a mettervi dalla parte dei cittadini, prima che sia troppo tardi».Il secondo messaggio, al termine del suo lungo video, Mazzucco lo dedica a tutti quelli che dicono: «Non vedo l’ora di vaccinarmi, così almeno questo incubo finirà». Magari. «Non illudetevi: non finirà. Il tira e molla delle restrizioni continuerà all’infinito». Facile profezia: «Ci faranno respirare un po’ quest’estate, e poi in autunno arriverà la “quarta ondata”, così imporranno nuove restrizioni e magari daranno la colpa a quelli che si saranno “divertiti troppo” durante l’estate. Incolperanno anche i non vaccinati, per cercare di metterci gli uni contro gli altri». Mazzucco è pessimista: «State tranquilli che non basterà una sola vaccinazione, per farla finita: ci saranno i richiami, perché ci saranno mille, nuove meravigliose “varianti”, e dovremo abituarci a vaccinarci tutti, ogni anno». Non ci credete? Male. «Ci sarà una terza dose, poi il richiamo annuale», dice Albert Bourla, presidente della Pfizer. «Deve diventare un’abitudine: una volta all’anno dovremo vaccinarci», conferma l’immunologo genovese Matteo Bassetti.E se qualcuno aveva sperato che con Mario Draghi sarebbe finita, la colossale farsa, si deve amaramente ricredere: «Dovremo continuare a vaccinarci, per gli anni a venire – ha appena annunciato il nuovo primo ministro – perché ci saranno delle varianti, e quindi i vaccini andranno adattati». Che caso: la Pfizer intanto ha già previsto rincari del 900%. «Una dose costerà fino a 175 dollari: che pagheremo noi, con in soldi delle nostre tasse». Pfizer e Moderna – aggiunge Mazzucco – hanno appena cominciato le sperimentazioni su bambini di 6 mesi, ed entro novembre sarà pronto il vaccino per il neonati (e i bambini fino a 11 anni)». Chiosa il reporter: «Questa idea di vaccinarsi pur di uscire dall’incubo è una pia illusione: significa uscire dalla gabbia del lockdown per entrare nella gabbia più grande, quella delle vaccinazioni permanenti. Che poi è il sogno di Big Pharma: una società in cui tutte le persone sane si abituino comunqe a vaccinarsi regolarmente, a tutte le età, una o più volte all’anno, pena la restrizione delle loro libertà. Questo è quello che vogliono ottenere, e stanno per riuscirci».Quindi, conclude Massimo Mazzucco, vedete voi in che mondo volete vivere: «Un mondo libero, dove ci vengono garantite da subito delle cure valide (e dove chi vuole potrà anche vaccinarsi, se lo desidera), oppure un mondo di schiavi, ricattati dalle continue restrizioni e condannati a circolare con il passaporto vaccinale in tasca per andare allo stadio, in discoteca, a trovare i parenti anziani nelle case di risposo». Violando la Costituzione, il governo Draghi ha già imposto il vaccino ai sanitari: in teoria, la Carta proibisce di sottoporre cittadini a Tso con farmaci ancora sperimentali. Il grande avvocato tedesco Reiner Fuellmich, insieme a mille colleghi e 10.000 medici di tutto il mondo, sta preparando le carte per ottenerla, la Nuova Norimberga. Nella geografia della strage, spicca l’Italia di Giuseppe Conte e Roberto Speranza: alle cure negate (”proibite”, per dirla con Mazzucco) corrisponde un numero spaventoso di vittime, abbandonate in “vigile attesa” della morte.Ha idea, Roberto Speranza, di quante persone sono morte per il Covid, nell’ultimo anno, a causa delle cure non autorizzate? Migliaia? Tutti pazienti che potevano essere salvati, se solo non fossero stati ostacolati in ogni modo i medici che avevano scoperto come guarirli, spesso da casa, senza nemmeno ricorrere all’ospedale. Massimo Mazzucco snocciola i numeri della strage: e spiega anche perché è stata provocata, da che cosa. L’imputato numero uno ha un nome preciso: il vaccino. Se fossero state approvate le terapie salva-vita, sarebbe stato impossibile (per l’Ema, e quindi per l’Aifa) accordare ai vaccini-Covid l’autorizzazione d’emergenza per la loro somministrazione. Normalmente, per approvare un vaccino servono 3-5 anni di sperimentazioni. La procedura emergenziale può scattare solo in un caso: quando non esistono alternative, cioè cure. Ecco perché le cure (che esistono e funzionano) sono state sistematicamente boicottate: se fossero state approvate, addio vaccini.
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Militari, nuovo avviso a Macron: guerra civile alle porte
Signor Presidente della Repubblica, Signore e Signori, Ministri, Membri del Parlamento, Ufficiali Generali, dei vostri gradi e qualità, Non cantiamo più la settima strofa della Marsigliese, conosciuta come la «strofa dei bambini». Eppure è ricca di lezioni. Lasciamo che sia essa a prodigarle su di noi: «Entreremo nella carriera quando i nostri anziani non saranno più lì. Là troveremo la loro ceneri e il segno delle loro virtù. Molto meno gelosi di sopravvivere a loro che di condividere la loro bara, avremo il sublime orgoglio di vendicarli o seguirli». I nostri anziani sono combattenti che meritano di essere rispettati. Questi sono ad esempio i vecchi soldati di cui avete calpestato l’onore nelle ultime settimane. Sono queste migliaia di servi della Francia, firmatari di un appello di buon senso, soldati che hanno dato i loro anni migliori per difendere la nostra libertà, obbedendo ai vostri ordini, per intraprendere le vostre guerre o per attuare le vostre restrizioni di bilancio, che avete insozzato mentre il popolo della Francia li ha sostenuti.Queste persone che hanno combattuto contro tutti i nemici della Francia, le avete trattate come faziose quando la loro unica colpa è amare il loro Paese e piangere la sua caduta visibile. In queste condizioni spetta a noi, da poco entrati in carriera, entrare nell’arena semplicemente per avere l’onore di dire la verità. Veniamo da quella che i giornali hanno chiamato «la generazione del fuoco». Uomini e donne, soldati attivi, di tutti gli eserciti e di tutti i ranghi, di tutte le sensibilità, amiamo il nostro Paese. Queste sono le nostre uniche pretese di fama. E se non possiamo, per legge, esprimerci a faccia scoperta, è altrettanto impossibile per noi tacere. Afghanistan, Mali, Repubblica Centrafricana o altrove, molti di noi hanno subito il fuoco nemico. Alcuni lì hanno lasciato dei compagni. Hanno offerto la loro pelle per distruggere l’islamismo a cui state facendo concessioni sul nostro suolo. Quasi tutti noi abbiamo conosciuto l’operazione Sentinel. Abbiamo visto con i nostri occhi le periferie abbandonate, gli alloggi con la delinquenza. Abbiamo subito i tentativi di strumentalizzare diverse comunità religiose, per le quali la Francia non significa nulla, nient’altro che un oggetto di sarcasmo, disprezzo o persino odio.Abbiamo marciato il 14 luglio. E questa folla benevola e diversificata, che ci ha acclamati perché ne siamo l’emanazione, ci è stato chiesto di guardarla per mesi, vietandoci di circolare in divisa, rendendoci potenziali vittime, su un suolo che siamo comunque capaci di difendere. Sì, i nostri anziani hanno ragione sulla sostanza del loro testo, nella sua interezza. Vediamo la violenza nelle nostre città e nei nostri villaggi. Vediamo il comunitarismo prendere piede nello spazio pubblico, nel dibattito pubblico. Vediamo l’odio per la Francia e la sua storia diventare la norma. Potrebbe non essere compito dei militari dirlo, sosterrete. Al contrario: poiché siamo apolitici nelle nostre valutazioni della situazione, è un’osservazione professionale quella che forniamo. Perché questa decadenza, la abbiamo vista in molti Paesi in crisi. Precede il crollo. Annuncia caos e violenza e, contrariamente a quanto voi affermate qua e là, questo caos e questa violenza non verranno da un «pronunciamento militare» ma da un’insurrezione civile.Per cavillare sulla forma dell’appello dei nostri anziani invece di riconoscere l’ovvietà delle loro scoperte, bisogna essere piuttosto codardi. Per invocare un dovere di riservatezza mal interpretato al fine di mettere a tacere i cittadini francesi, bisogna essere molto ingannevoli. Per incoraggiare i principali ufficiali dell’esercito a prendere posizione ed esporsi, prima di sanzionarli ferocemente non appena scrivono qualcosa di diverso dalle storie di battaglia, devi essere molto perverso. Codardia, inganno, perversione: questa non è la nostra visione della gerarchia. Al contrario, l’esercito è, per eccellenza, il luogo in cui ci parliamo sinceramente perché impegniamo la nostra vita. È questa fiducia nell’istituzione militare che chiediamo. Sì, se scoppia una guerra civile, l’esercito manterrà l’ordine sul proprio territorio, perché gli verrà chiesto di farlo. È anche la definizione di guerra civile. Nessuno può desiderare una situazione così terribile, i nostri anziani non più di noi, ma sì, ancora una volta, la guerra civile si sta preparando in Francia e lo sapete perfettamente.Il grido di allarme dei nostri Anziani si riferisce infine a echi più lontani. I nostri anziani sono i combattenti della resistenza del 1940, che persone come voi molto spesso trattavano come faziosi, e che continuarono la lotta mentre i legalisti, paralizzati dalla paura, scommettevano già sulle concessioni con il male per limitare i danni; sono i “pelosi” [soprannome dato ai soldati francesi durante la Grande Guerra, ndr] di 14 anni, morti per pochi metri di terra, mentre voi abbandonate, senza reagire, interi quartieri del nostro Paese alla legge del più forte; sono tutti i morti, celebri o anonimi, caduti al fronte o dopo una vita di servizio. Tutti i nostri anziani, coloro che hanno reso il nostro Paese quello che è, che ne hanno disegnato il territorio, ne hanno difeso la cultura, hanno dato o ricevuto ordini nella sua lingua, hanno combattuto affinché voi lasciaste che la Francia diventasse uno Stato fallito, che sostituisce la sua impotenza regale sempre più evidente con una brutale tirannia contro quelli che tra i suoi servi che vogliono ancora avvertirlo? Agite, signore e signori. Questa volta non si tratta di emozioni personalizzate, formule già pronte o copertura mediatica. Non si tratta di estendere i propri mandati o conquistarne di nuovi. Riguarda la sopravvivenza del nostro Paese, del vostro Paese.(Testo diffuso dai militari francesi e ripreso l’11 maggio 2021 da “Renovatio 21″. «Da qualche giorno correva la voce che un nuovo appello dei militari francesi sarebbe apparso sulla scena», scrive il sito. «Stavolta però, a differenza del precedente, non sarebbe stato firmato da ufficiali in pensione, ma da soldati attivi». Il testo pubblicato da “Renovatio 21″ sta circolando in rete. «In Francia la situazione è grave», sottolinea il blog. «Dopo anni di aberrazioni terroristiche, proteste popolari soffocate nella repressione (i Gilet Gialli) e lockdown draconiani che hanno piegato il paese, forse la misura e colma. Lo Stato più superbo d’Europa si appresta a collassare sotto il peso delle sue stesse scelte dementi in campo sociale, economico, migratorio? E l’Italia, che lezione vuole trarre da ciò che sta accadendo appena Oltralpe?»).Signor Presidente della Repubblica, Signore e Signori, Ministri, Membri del Parlamento, Ufficiali Generali, dei vostri gradi e qualità, Non cantiamo più la settima strofa della Marsigliese, conosciuta come la «strofa dei bambini». Eppure è ricca di lezioni. Lasciamo che sia essa a prodigarle su di noi: «Entreremo nella carriera quando i nostri anziani non saranno più lì. Là troveremo la loro ceneri e il segno delle loro virtù. Molto meno gelosi di sopravvivere a loro che di condividere la loro bara, avremo il sublime orgoglio di vendicarli o seguirli». I nostri anziani sono combattenti che meritano di essere rispettati. Questi sono ad esempio i vecchi soldati di cui avete calpestato l’onore nelle ultime settimane. Sono queste migliaia di servi della Francia, firmatari di un appello di buon senso, soldati che hanno dato i loro anni migliori per difendere la nostra libertà, obbedendo ai vostri ordini, per intraprendere le vostre guerre o per attuare le vostre restrizioni di bilancio, che avete insozzato mentre il popolo della Francia li ha sostenuti.
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Un anno intero senza più Giulietto Chiesa: e che anno
Un anno intero, senza Giulietto Chiesa: e che anno. Brutalizzati da un potere sbrigativo e di colpo palese, scoperto, sfrontato. Tutti rinchiusi in casa, trattati come bestie. Interi settori dell’economia distrutti, la socialità azzerata grazie al terrorismo mediatico-sanitario. Popolazioni destabilizzate e portate sull’orlo della follia, disinformate in modo aggressivo e violento. I portavoce della catastrofe impegnati a terrorizzare il pubblico in televisione, e gli eretici reietti completamente silenziati, isolati, ostracizzati, insultati e diffamati, demonizzati come criminali anche se medici, avvocati, magistrati, scienziati Premi Nobel. Il mondo capovolto: la bugia al potere, e la verità sfrattata come mai prima, nella storia. Il tutto, in un silenzio spaventoso dove a pesare è l’omertà di chiunque abbia un po’ di visibilità, e ha scelto di tacere. Tacere su cosa? Sull’evidenza: si incarcerano intere nazioni sulla base di una patologia virale perfettamente curabile da casa, ma presentata come inaffrontabile per gonfiare all’infinito i numeri dell’emergenza, onde imporre – anche col ricatto – la vaccinazione universale perpetua, oltre naturalmente ai diktat grotteschi di un regime che cancella diritti e libertà.«Ce l’hanno con noi: ci hanno dichiarato guerra». Giulietto Chiesa non ha fatto in tempo a vederne l’esplosione, ci ha lasciati quando ancora i medici non avevano finito di capire con che cosa avessero a che fare. Però la guerra – quella dei pochissimi contro tutti gli altri – Giulietto l’aveva vista arrivare, eccome: sotto forma di conflitti imperialistici, di terrorismo fatto in casa, di manipolazione finanziaria a scopo predarorio, a danno di intere comunità nazionali. Da giornalista (già comunista, e vicino alla Russia) l’ex corrispondente de “L’Unità”, della “Stampa” e del “Tg5″ aveva sempre fiutato, con largo anticipo, le direttrici delle faglie sotterranee che avrebbero terremotato il mondo, sotto la sferza di un’élite a vocazione totaliaria e ormai incontenibile, dopo il crollo geopolitico dell’Urss. Fu il primo, in Italia – nel saggio “La guerra infinita”, immediato bestseller eppure mai recensito sui giornali – a denunciare come interamente falsa, la versione ufficiale sugli attentati dell’11 Settembre. Avvertimento esplicito: se esitono poteri capaci di tanto, prepariamoci pure al peggio. Gli costò caro, quel libro: Giulietto Chiesa fu letteralmente espulso dai salotti del mainstream, trattato come un pericoloso pazzo visionario.E’ esattamente l’assenza di voci come la sua, dotate di solida cultura e profondità storiografica, a rendere ancora più orfana e più squallida la cronaca di oggi, appiattita sull’agenda delle menzogne. Un menù disgustoso, cui tenta di opporsi un manipolo di eroi civili, mentre la maggioranza degli italioti ancora circola per strada con la mascherina e corre a fare la fila per un vaccino che – ammettono gli stessi fabbricanti – non è detto che sia efficace, né innocuo. Giulietto Chiesa si è perso le elezioni americane più scandalose della storia, l’insediamento truffaldino alla Casa Bianca della banda golpista che organizzò le rivoluzioni colorate, e ora la cessione dell’Italia – chiavi in mano – a Mario Draghi. Non c’era già più, Giulietto, quando Twitter e gli altri organi del Grande Fratello silenziarono il presidente degli Stati Uniti, ancora in carica, come se fosse un fuorilegge. Senza più informazione – ripeteva Giulietto – addio democrazia. Ed eccoci qui, infatti: costretti a rincasare alle 22, da un potere che ha introdotto (senza colpo ferire) una misura bellica come il coprifuoco. Anche questa abiezione, Giulietto Chiesa se l’è risparmiata. Ma sapeva dove saremmo arrivati: «Siamo in guerra», ripeteva. «Ce l’hanno con noi, e non si fermeranno davanti a niente».(Giorgio Cattaneo, 26 aprile 2021).Un anno intero, senza Giulietto Chiesa: e che anno. Brutalizzati da un potere sbrigativo e di colpo palese, scoperto, sfrontato. Tutti rinchiusi in casa, trattati come bestie. Interi settori dell’economia distrutti, la socialità azzerata grazie al terrorismo mediatico-sanitario. Popolazioni destabilizzate e portate sull’orlo della follia, disinformate in modo aggressivo e violento. I portavoce della catastrofe impegnati a terrorizzare il pubblico in televisione, a reti unificate, e gli eretici reietti completamente silenziati, isolati, ostracizzati, insultati e diffamati, demonizzati come criminali anche se medici, avvocati, magistrati, scienziati Premi Nobel. Il mondo capovolto: la bugia al potere, e la verità sfrattata come mai prima, nella storia. Il tutto, in un silenzio spaventoso dove a pesare è l’omertà di chiunque abbia un po’ di visibilità, e ha scelto di tacere. Tacere su cosa? Sull’evidenza: si incarcerano intere nazioni sulla base di una patologia virale perfettamente curabile da casa, ma presentata come inaffrontabile per gonfiare all’infinito i numeri dell’emergenza, onde imporre – anche col ricatto – la vaccinazione universale perpetua, oltre naturalmente ai diktat grotteschi di un regime che cancella diritti e libertà, mentre blatera di Green Deal e di riconversione ecologica per sudditi obbedienti.
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Kadosh, messaggio templare: Draghi abbatta le colonne
Qualcuno intravede nell’11 Settembre l’abbattimento di due colonne: hanno cercato di fare tabula rasa di un sistema? Appunto: possiamo dire che quello dell’11 Settembre è “l’abbattimento delle colonne” in chiave contro-iniziatica. Chi ha operato in quel modo ha lanciato un messaggio massonico che soltanto gli imbecilli, che sono tantissimi, non hannocompreso (o non hanno voluto comprendere: il sistema mediatico mainstream non è fatto di imbecilli; è popolato per lo più di servi, che rispondono a gente che non è affatto imbecille, e che vuole che il racconto sulle cose rimanga in una dialettica tra il complottismo più becero e il pastone mainstream più insignificante e conformista). Chi ha operato in quel modo sapeva di avere a che fare con il simbolismo massonico. Ma, in chiave contro-iniziatica, non ha “abbattuto le colonne” per perseguire giustizia e libertà. Ha abbattuto le colonne per compiere un’opera inversa, di costrizione: non è un caso che, da quell’evento, siano nati dei pacchetti legislativi (negli Usa, il Patriot Act) che andavano nel senso della restrizione della libertà e della somma ingiustizia, in danno dei cittadini.Il massone iniziato al 30° grado viene messo nelle condizioni di “abbattere le colonne” del Tempio. La massoneria ha questa enfasi, sulla costruzione: l’iniziato è un costruttore, come ricordato nella ritualità. Nella sua “cassetta degli attrezzi”, sapienziali e pratici, c’è l’idea del costruire, che si tratti di costruzioni materiali o spirituali, sociali, intellettuali. La sua opera frena le pulsioni distruttive. Eppure, in questo grado viene chiamato a compiere la “distruzione delle colonne”. L’abbattimento delle colonne è un librarsi verso la trascendenza, è la messa in discussione di qualunque costrutto umano. Ecco il paradosso: i liberi muratori sono costruttori, eppure il cavaliere Kadosh sa che qualunque costruzione umana, persino i costrutti più sublimi della stessa massoneria, a un certo punto vanno abbattuti: perché quella libertà, nell’immanenza (sociale, politica) può essere figlia soltanto della liberazione nella trascendenza, cioè nell’affrancamento da tutti i vincoli e i limiti della vita immanente. Significa essere proiettati verso l’assoluto, che però finisce a sua volta per essere relativo: la trascendenza non può che avere a che fare con un rapporto diverso con l’immanenza.Per agire bene nell’immanenza occorre trascenderla: ed ecco perché occorre “abbattere le colonne” del Tempio. Quindi, sì: i cavalieri templari sanno essere distruttori, e una delle loro funzioni, talvolta, consiste nel fare tabula rasa di qualsiasi cosa impedisca la fruizione di quella giustizia e quella libertà a cui si sono votati. Sul piano numerologico, nel 30° grado massonico viene svelato il “mistero del settenario”, nella connessione al serpente (il potere del serpente, la conoscenza del serpente) e al numero 14: la scala dei 7 gradini che compare in questo grado è sia ascendente che discendente. E il 14 rinvia a uno degli arcani maggiori al libro sacro al dio Toth, cioè i Tarocchi: l’Arte. E’ la capacità di trasformare. E’ quell’insieme di sapienza, potenza e amore che conferisce all’uomo la capacità di “essere dio della Terra”, ovvero di accedere a conoscenze e poteri trascendenti per plasmare di nuovo l’immanenza. E a livello globale, questo è un periodo nel quale proprio i temi del 30° grado massonico sono quasi incarnati nei pensieri, nelle aspirazioni, nelle problematiche di miliardi di persone.C’è un equilibrio che si è rotto: viviamo in una svolta epocale. Questa svolta evoca scenari da incubo, delle distopie. Ne parla un bel libro, “Il grande reset”, dell’amica Ilaria Bifarini. Il tema nasce dalle dichiarazioni di Klaus Schwab (ispiratore del World Economic Forum di Davos), da alcuni visto come un incubo: questa grande crisi sarebbe il preludio non già di una rigenerazione possibile dell’economia, della società, dei rapporti umani (usciti più saldi dalla terribile esperienza che stiamo tuttora vivendo); sarebbe invece il preludio di uno scenario da incubo, il cui il distanziamento sociale diventerebbe stabile, in cui certi mestieri morirebbero, e in cui alcuni – già oggi – stanno certamente lucrando molto: da un lato c’è la morte per asfissia di interi segmenti produttivi, ma altri stanno facendo soldi a palate (e si preparerebbero a farne altrettanti, nel nuovo corso delle cose, dove la pandemia diventerebbe permanente, periodica). Quindi dovremmo abituarci, secondo questo scenario distopico, a un’umanità che va peggiorando il suo percorso di civiltà.Questo non può non avere a che fare con il ruolo, i doveri e anche i diritti dei cavalieri Kadosh. Chi sono? Sono quegli iniziati che, nella vita reale, vogliono realizzare lo spirito di questo grado massonico. Ogni autentico cavaliere Kadosh, in questa epoca, non potrà che aver pronta la mano alla spada: per capire se quello che ci attende è un mondo di giustizia e libertà, oppure un mondo di nuove e più pesanti oppressioni. Oggi abbiamo a Palazzo Chigi un illustre rappresentante del mondo supermassonico: un uomo, un iniziato, un “fratello” che per lunghi anni ha interpretato da par suo, ma da contro-iniziato, l’ideologia neoaristocratica e neoliberista (in Europa, declinata nel senso dell’ordoliberismo), e un bel giorno ha rivelato ai confratelli progressisti di voler passare dall’altra parte, la loro. Io stesso mi sono esposto, nell’avvalorare questo cambio di casacca, di intendimenti. Cosa che confermo: i passi che il “fratello” Mario Draghi sta compiendo, nel suo difficile ruolo di governo, sono perfettamente intonati ad una strategia sottile.Altri, però, guardano con attenzione a ciò che sta accadendo in Italia, e cercheranno di impedire che le cose vadano in una certa direzione. E c’è sempre il dubbio che, a un certo punto, Draghi o altri possano cedere, sotto il peso di determinate pressioni. Ecco allora che il ruolo del cavaliere templare è importante, da ricordare: sia per Mario Draghi che per gli altri fratelli coinvolti in importanti ruoli, intorno a Palazzo Chigi, in questo tempo. E’ importante ricordare che le spade dei cavalieri templari sono lì, pronte a difendere (e a spiegare, combattendo cioè anche con la penna) i valori per cui devono battersi. Questa traiettoria del 30° grado, che è graduale e sapiente, gnostica e sottile, sarà accompagnata. Però, chi dovesse avere dei tentennamenti, fino magari a pensare di doversi arrestare, di fronte alle “colonne da abbattere”, sappia che invece le colonne vanno abbattute. Questa traiettoria (del fratello Draghi e di altri, che non si ferma a Palazzo Chigi: deve andare oltre) dev’essere quella di chi abbatte le colonne, senza alcun ripensamento. E chi vuol capire, capisca.Mario Draghi non è venuto certamente ad abbattere il capitalismo: da social-liberale, quale si è infine ricordato di voler essere, non prevede l’abbattimento delle multinazionali, cioè dell’idea di società che operano a livello sovranazionale. Ma, specie per l’Italia, è importantela difesa delle piccole e medie imprese. Soprattutto le piccole imprese, infatti, sono l’asse portante di questo paese. L’attuale presidente di Confindustria ne ha appena svilito il ruolo, affermando che “piccolo non è bello”, sbagliando clamorosamente. Oltretutto, con una cattiva scelta di tempi ha fatto l’encomio di Conte, salvo – l’indomani – genuflettersi di fronte all’arrivo di Draghi (e ha fatto bene, ma c’è ancora molta confusione). A livello mondiale, la convivenza di multinazionali e di piccole e medie imprese significa “glocalismo”, cioè coniugare l’aspetto “gobal” con l’aspetto “local”.Perché mai, una società che operasse in regime di libero mercato (senza monopoli, senza oligopoli) non dovrebbe potersi proiettare in un orizzonte globale, offrendo ottimi servizi su scala planetaria? Le multinazionali, semmai, devono essere al servizio di un’economia globale più giusta, più rispettosa di un presente e di un futuro in cui i paesi che devono svilupparsi abbiano garanzie e protezioni per quello sviluppo endogeno, che non dev’essere soffocato dalla rapacità di alcune multinazionali, cui vanno tagliate le unghie. Altre multinazionali vanno ricondotte a una condizione che non sia oligopolistica. Altre ancora, probabilmente, pagheranno per esser state il braccio armato di gruppi oligarchici che si muovono su un piano che va oltre quello economico.“Abbattere le colonne”, per questo governo, significa abbattere le colonne di una falsa Europa, di una falsa idea di economia sociale e di mercato ispirata all’ordoliberismo, e riadattare al XXI secolo alcuni caposaldi dell’ideologia social-liberale, keynesiana, rooseveltiana e rosselliana, e puntare decisamente verso un’Europa fondata politicamente. Abbattere le colonne del Tempio significa fare strage di tutti quegli interessi oligarchici che hanno impedito all’Europa di diventare un soggetto davvero integrato, capace di collocarsi nelle dialettiche geopolitiche più importanti. E significa ridare all’Italia uno slancio che ha perso da tanto tempo. Fare questo è un’opera erculea, titanica. Serviranno anni e anni. E occorre pazienza, perché di mezzo c’è anche una pandemia (che Draghi non ha potuto gestire dall’inizio, e che è stata affrontata malissimo nello scorso anno).Nel 30° grado, “abbattere le colonne” significa liberarsi di ogni costruzione, anche la più sublime (persino del simbolo del Grande Architetto, della dualità, dei più importanti archetipi massonici iniziatici) per librarsi davvero verso la trascendenza. Abbattere le colonne significa ricordarsi che il fondamento della libertà sta nella trascendenza rispetto a ogni forma. E così, il templare snuda la spada. Ed è pronto a colpire anche il “fratello” che abbia tradito gli intendimenti che, come templare, sarebbe stato tenuto a osservare. Quindi, i cavalieri templari che svolgeranno il loro ruolo con onore e abbatteranno le colonne del Tempio (che vanno abbattute) saranno supportate dai “fratelli”. Gli altri invece saranno “passati a fil di spada”, nauralmente in senso metaforico.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate nell’ambito della trasmissione web-streaming “Massoneria On Air” condotta il 4 marzo 2021 da Fabio Frabetti di “Border Nights”, con la partecipazione di Sergio Magaldi e Gianfranco Carpeoro, che hanno chiarito la natura del 30° grado massonico del Rito Scozzese e la “missione” del cavaliere Kadosh, ispirato all’élite esoterica dei Templari, impegnata a battersi per “giustizia e libertà”, in difesa degli oppressi. «Questa puntata – ha annunciato Gioele Magaldi, in apertura – sarà guardata anche dal “fratello” Mario Draghi, che è un appassionato di scozzesismo». Autore del saggio “Massoni” e presidente del Movimento Roosevelt, Magaldi – leader del Grande Oriente Democratico ed esponente italiano del circuito massonico progressista mondiale – interpreta la missione di Draghi nel segno della discontinuità rispetto ai decenni precedenti, verso una riconversione democratica della politica, italiana e internazionale).Qualcuno intravede nell’11 Settembre l’abbattimento di due colonne: hanno cercato di fare tabula rasa di un sistema? Appunto: possiamo dire che quello dell’11 Settembre è “l’abbattimento delle colonne” in chiave contro-iniziatica. Chi ha operato in quel modo ha lanciato un messaggio massonico che soltanto gli imbecilli, che sono tantissimi, non hanno compreso (o non hanno voluto comprendere: il sistema mediatico mainstream non è fatto di imbecilli; è popolato per lo più di servi, che rispondono a gente che non è affatto imbecille, e che vuole che il racconto sulle cose rimanga in una dialettica tra il complottismo più becero e il pastone mainstream più insignificante e conformista). Chi ha operato in quel modo sapeva di avere a che fare con il simbolismo massonico. Ma, in chiave contro-iniziatica, non ha “abbattuto le colonne” per perseguire giustizia e libertà. Ha abbattuto le colonne per compiere un’opera inversa, di costrizione: non è un caso che, da quell’evento, siano nati dei pacchetti legislativi (negli Usa, il Patriot Act) che andavano nel senso della restrizione della libertà e della somma ingiustizia, in danno dei cittadini.