Archivio del Tag ‘fratellanza’
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Massoneria? Un mistero solo per le facce di bronzo della Tv
La massoneria è un potere forte, anzi fortissimo: peccato che sui giornali e nei talkshow televisivi si preferisca il pettegolezzo sulla piccola massoneria nostrana, ignorando deliberatamente l’unica fonte che, in Italia, ha messo nero su bianco nomi e cognomi della supermassoneria internazionale, quella che conta. Supermassoneria conservatrice, alla quale appartiene lo stesso neopresidente francese Emmanuel Macron: e alla medesima porta «hanno ripetutamente bussato sia Matteo Renzi che l’ex direttore del “Corriere”, Ferruccio De Bortoli, lo stesso che ora (nel libro “Poteri forti”) polemizza con Renzi evocando l’ombra della massoneria toscana su Maria Elena Boschi e Banca Etruria». Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere), dalle pagine web di “Affari Italiani” si rivolge direttamente «ai vari Lilli Gruber, Giovanni Floris, Luca Telese, Corrado Formigli, Enrico Mentana, Gianluigi Paragone, Bruno Vespa». Giornalisti e frontman che, «con rara faccia di bronzo, in questi anni hanno parlato di qualsiasi tematica attinente da vicino o da lontano la massoneria e il potere, ma si sono scientificamente cimentati nella censura e nella rimozione del libro “Massoni”, nonostante la grande diffusione del volume in Italia e all’estero».La polemica tra De Bortoli, Boschi e Renzi su Banca Etruria «è una vicenda piena di ipocrisia, doppi e tripli sensi, surrealtà e vecchi rancori», afferma Magaldi. La Boschi? «Ha fatto bene a interessarsi del possibile salvataggio di Banca Etruria, essendo una parlamentare del territorio dove la banca operava». Semmai, «ha fatto male a negare di averlo fatto: una brutta abitudine, quella di negare l’evidenza, che l’accomuna spesso allo stesso Renzi». Quanto alla telefonata tra i due Renzi, padre e figlio, intercettata dagli inquirenti e poi pubblicata dal “Fatto Quotidiano”, per Magaldi si tratta di «una pantomima», nella quale il figlio tratta il padre, Tiziano, «apparentemente in modo rude e con tono inquisitorio». Secondo Magaldi «si tratta di un’operazione preventiva, per poter un giorno utilizzare questa scenetta quale dimostrazione dell’assoluta estraneità di Matteo ai maneggi e alle relazioni “pericolose” del padre». Peccato, però, che il sistema di potere di cui Renzi junior ha beneficiato nella prima parte della sua ascesa, aggiunge Magaldi, si sia fondato «anche su tutta una serie di rapporti con personaggi toscani (alcuni massoni e altri no) collegati agli interessi imprenditoriali ed economici di Renzi senior, all’interno di un più complessivo groviglio di legami tra politica, istituzioni e cenacoli privati alla ricerca di profitti, tra Firenze e territori contigui».Massoneria e banche? Senz’altro: si tratta di un rapporto «storicamente evidente». Vale anche per Banca Etruria, «benemerita banca dedita al credito popolare», fondata da massoni e a lungo «ottimamente gestita dal “fratello” massone Elio Faralli», prima che subentrassero quelli che Stefano Bisi, gran maestro del Grande Oriente d’Italia, chiama “bischeri”, massoni e non. «Ma in tutta questa vicenda – insiste Magaldi su “Affari Italiani” – il personaggio più in malafede appare proprio Ferruccio De Bortoli». Un giornalista che, sempre secondo Magaldi, «durante tutta la sua carriera ha sempre cercato di essere ammesso ai salotti più esclusivi dell’aristocrazia massonica euro-atlantica». Solo che «non c’è mai riuscito», come del resto lo stesso Renzi, «da anni aspirante apprendista massone presso superlogge sovranazionali, visto che le amicizie massoniche di medio-basso calibro del padre Tiziano potevano essere buone per arrivare a governare la Provincia e il Comune di Firenze, ma non erano e non sono certo sufficienti a puntellare e a consolidare la traiettoria nazionale e internazionale delle ambizioni renziane».Sia De Bortoli che Renzi, aggiunge Magaldi, hanno spesso sfiorato l’accesso al “salotto buono”: «In tempi diversi, tra diverse Ur-Lodges presso cui hanno “bussato” (mediante intermediari), si sono trovati entrambi a un soffio dall’essere accolti dalla superloggia moderata “Atlantis-Aletheia”», una “officina” internazionale di cui fa peraltro fa parte «il massone Emmanuel Macron, neoeletto presidente francese». Incongruenza tutta italiana: «Trovo davvero ipocrita che De Bortoli si metta a cianciare in stile genericamente antimassonico di rapporti tra “massoneria e banche”, riguardo alla vicenda Etruria, ma si sia sempre guardato bene (al pari di quasi tutto il sistema giornalistico italiano) dall’evocare la questione della responsabilità che hanno avuto massoni neoaristocratici come Mario Draghi e Anna Maria Tarantola (all’epoca ai vertici di Bankitalia) nella pessima gestione del Monte dei Paschi di Siena, con riferimento sia all’acquisizione di Banca Antonveneta che ad altre non meno scabrose questioni». Non solo: «Trovo gravissimo – aggiunge Magaldi – che in contesti come la trasmissione “Otto e Mezzo” condotta da Lilli Gruber, così come in altri talk-show televisivi italiani, venga data occasione a De Bortoli e ad altri di pontificare genericamente di legami tra massoneria e banche, massoneria e affari, massoneria e poteri opachi o poteri forti, senza che nessuno si sia mai preso la briga di citare e discutere le precise informazioni e le puntualissime narrazioni (con nomi, cognomi, sigle, date e circostanze) degli intrecci tra la “libera muratoria” e il potere contenute nel libro “Massoni. Società a responsabilità illimitata”», edito già a fine 2014.Lilli Gruber – ed altri suoi colleghi del piccolo schermo – invitano “cani e porci”, «inesperti di questioni latomistiche o carichi di veleni antimassonici per qualche mancata affiliazione», a parlare di massoneria e potere in televisione, presentando «miriadi di libri privi di reale interesse per la pubblica opinione», ma al tempo stesso «evitano come la peste», anzi «censurano da anni» le straordinarie rivelazioni del libro “Massoni”, appena sbarcato anche in Spagna e Sud America, e di cui sta per uscire il sequel, significativamente intitolato “Globalizzazione e massoneria”. Perché dunque rifiutarsi di far approdare nel mainstream una precisa lettura del legame tra massoneria e potere, in primis in ambito finanziario? Forse perché quegli stessi media mainstream, «da qualche decennio, e non solo i Italia, sono in buona parte caduti nelle mani di ambigui segmenti massonici “contro-iniziatici”, traditori dei valori progressisti di libertà, uguaglianza e fratellanza che contraddistinguono da secoli l’autentica “libera muratoria”». Meglio allora evitare che il pubblico televisivo condivida “la scoperta delle Ur-Lodges”, cioè le 36 superlogge mondiali che rappresentano il “back office” del vero potere. Inclusa la “Atlantis Aletheia”, quella di Macron: la superloggia che, secondo Magaldi, si sarebbe rifiutata finora di accogliere i “bussanti” De Bortoli e Renzi.La massoneria è un potere forte, anzi fortissimo: peccato che sui giornali e nei talkshow televisivi si preferisca il pettegolezzo sulla piccola massoneria nostrana, ignorando deliberatamente l’unica fonte che, in Italia, ha messo nero su bianco nomi e cognomi della supermassoneria internazionale, quella che conta. Supermassoneria conservatrice, alla quale appartiene lo stesso neopresidente francese Emmanuel Macron: e alla medesima porta «hanno ripetutamente bussato sia Matteo Renzi che l’ex direttore del “Corriere”, Ferruccio De Bortoli, lo stesso che ora (nel libro “Poteri forti”) polemizza con Renzi evocando l’ombra della massoneria toscana su Maria Elena Boschi e Banca Etruria». Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere), dalle pagine web di “Affari Italiani” si rivolge direttamente «ai vari Lilli Gruber, Giovanni Floris, Luca Telese, Corrado Formigli, Enrico Mentana, Gianluigi Paragone, Bruno Vespa». Giornalisti e frontman che, «con rara faccia di bronzo, in questi anni hanno parlato di qualsiasi tematica attinente da vicino o da lontano la massoneria e il potere, ma si sono scientificamente cimentati nella censura e nella rimozione del libro “Massoni”, nonostante la grande diffusione del volume in Italia e all’estero».
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Titanic: strage per avidità, massoni insabbiarono l’inchiesta
Risparmiarono sulla sicurezza, trasformando il naufragio del Titanic in una strage: non c’erano scialuppe per tutti. Ma non emersero responsabilità, perché i consulenti coinvolti nelle indagini – tutti massoni – coprirono i colpevoli e insabbiarono la verità. «La storia britannica dal 1733 al 1923 potrebbe essere in buona parte da riscrivere, o per lo meno da rileggere con altri occhi». La ragione, scrive in una nota l’agenzia Ansa, sta nella cruciale influenza esercitata dalla massoneria: spesso segretamente, ma certo ai livelli più alto del regno. A confermarlo, se mai ve ne fosse stato bisogno, sono le liste con circa due milioni di nomi di “fratelli”, destinate a essere pubblicate su “Ancestry.com”, sito specializzato in ricerche genealogiche, «sullo sfondo di rivelazioni che sembrano accreditare fra l’altro il ruolo chiave avuto dalle logge anche per “deviare” l’inchiesta sul Titanic». Non si tratta di materiale diffuso da cospirazionisti incalliti e fanatici delle teorie del complotto, sottolinea l’Ansa: a parlare sono – nero su bianco – precise carte d’archivio, «sottratte finalmente all’oscurità di qualche cassetto polveroso», il cui contenuto è stato rilanciato il 24 novembre 2016 dal paludatissimo “Daily Telegraph”, che la principale agenzia di stampa italiana definisce «giornale di establishment come pochi altri a Londra».Oltre ai nomi di massoni già noti, da Winston Churchill, a Edoardo VIII a Oscar Wilde, l’elenco sterminato in via di pubblicazione include quelli del duca di Wellington, di re Giorgio VI, padre di Elisabetta II o ancora dello scienziato Alexander Fleming. Ma, più in generale, svela la capillare appartenenza alla “fratellanza” di centinaia di personaggi potenti: esponenti della dinastia reale, generali, giudici, alti funzionari. «Una rete capace all’occorrenza di cambiare il corso della storia. E, secondo la tesi d’alcuni esperti, d’insabbiare senza troppi problemi verità scomode sul naufragio del Titanic». L’inchiesta britannica condotta dopo l’affondamento del celebre bastimento, inabissatosi nell’Oceano Atlantico nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1912 causando la morte di 1.517 persone, si concluse in un nulla di fatto. E, come riferisce ora il “Telegraph”, fra i principali protagonisti di quella vicenda si distinsero vari “confratelli”.«Era massone Lord Mersey, messo a capo della commissione che avrebbe dovuto stabilire le responsabilità della compagnia navale britannica», la White Star Line, «proprietaria del transatlantico», scrive l’Ansa. «E così pure Sydney Buxton, presidente del British Board of Trade, coinvolto nello stesso organismo». Proprio il British Board of Trade, aggiunge l’agenzia citando il “Telepgraph”, sarebbe stato additato in un’inchiesta parallela del Senato Usa per aver varato un regolamento «che permetteva agli armatori di Sua Maestà di risparmiare sull’equipaggiamento con un numero di scialuppe di salvataggio insufficiente a caricare tutti i passeggeri». E proprio la mancanza di lance, «specie per chi viaggiava in terza classe, si sarebbe rivelata più tardi come una concausa evidente dell’elevato numero di vittime nel disastro». Ma l’indagine britannica si guardò bene dal farne menzione, sottolinea l’Ansa. «Negli elenchi pubblicati da “Ancestry” ci sono del resto anche i nomi di non pochi dei periti consultati, e quello di Lord Pirrie, patron dei cantieri Harland and Wolff di Belfast, da dove era uscita la nave “inaffondabile”. Tutti massoni e tutti solidali – è il sospetto – nel celare gli altarini più inconfessabili».Risparmiarono sulla sicurezza, trasformando il naufragio del Titanic in una strage: non c’erano abbastanza scialuppe. Ma non emersero responsabilità, perché i consulenti coinvolti nelle indagini – tutti massoni – coprirono i colpevoli e insabbiarono la verità. «La storia britannica dal 1733 al 1923 potrebbe essere in buona parte da riscrivere, o per lo meno da rileggere con altri occhi». La ragione, scrive in una nota l’agenzia Ansa, sta nella cruciale influenza esercitata dalla massoneria: spesso segretamente, ma certo ai livelli più alto del regno. A confermarlo, se mai ve ne fosse stato bisogno, sono le liste con circa due milioni di nomi di “fratelli”, destinate a essere pubblicate su “Ancestry.com”, sito specializzato in ricerche genealogiche, «sullo sfondo di rivelazioni che sembrano accreditare fra l’altro il ruolo chiave avuto dalle logge anche per “deviare” l’inchiesta sul Titanic». Non si tratta di materiale diffuso da cospirazionisti incalliti e fanatici delle teorie del complotto, sottolinea l’Ansa: a parlare sono – nero su bianco – precise carte d’archivio, «sottratte finalmente all’oscurità di qualche cassetto polveroso», il cui contenuto è stato rilanciato il 24 novembre 2016 dal paludatissimo “Daily Telegraph”, che la principale agenzia di stampa italiana definisce «giornale di establishment come pochi altri a Londra».
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Carpeoro: come gli Illuminati hanno infiltrato l’America
Hanno vinto loro, gli Illuminati. Ma forse è meglio chiamarli con un altro nome: sono diventati, semplicemente, il potere. Bancario, finanziario. I padroni del denaro: lo strumento attraverso cui condizionare interi paesi e continenti. E’ il Nuovo Ordine Mondiale, che ormai abbiamo sotto gli occhi. Di Illuminati si parla spesso a sproposito: i loro simboli (l’occhio nel triangolo) oggi diventano anche tatuaggi per popstar, segni di riconoscimento a beneficio dei fotografi, del marketing, del botteghino. Non c’è teoria cospirazionista che non li ponga al vertice della piramide “occulta” del massimo potere. «Errore: il potere è sempre manifesto, palese», avverte l’avvocato Gianfranco Carpeoro, massone, con una vastissima cultura nel campo della simbologia e del mondo esoterico. Illuminati: maneggiare con cura. Hanno alle spalle una lunga storia. Vera. Cominciata in Germania e continuata, pericolosamente, in America, dove Washington tentò di metterli alla porta. Ci riuscì solo in parte, perché poi i suoi successori li presero a bordo. E a Yalta furono così potenti da riuscire a propiziare la nascita di Israele escludendo la creazione dello Stato di Palestina, ponendo così le basi per il conflitto permanente che oggi indossa la maschera dell’Isis.«Ma attenzione: gli Illuminati di oggi non hanno nulla a che vedere con i fondatori, tedeschi, di un’ideologia che era l’opposto del Nuovo Ordine Mondiale». Erano idee libertarie, su cui si fondò il primo socialismo utopistico, pre-marxista, di Saint-Simon, Blanc, Prudhomme. La parola “illuminati” richiama direttamente il ‘700, il clima culturale del secolo dei Lumi, racconta Carpeoro in una conversazione con Benedetto Sette, pubblicata su YouTube. Tramite i suoi esponenti di punta, come Diderot e d’Alembert, fondatori dell’“Encyclopédie”, l’Illuminismo «voleva restituire, a una civiltà dominata da poteri assoluti, autocratici e autoritari, l’equilibrio consentito dai “lumi” della ragione». Nella Francia del ‘700, la ragione viene posta al di sopra di ogni altra cosa: «D’altro canto, una cinquantina di anni prima, Cartesio sosteneva il “cogito ergo sum”, cioè che l’essere è dato dal pensare». E quindi: «Poter mettere in discussione qualunque cosa è giusto. L’importante, però, è non sostituire vecchi dogmi con nuovi dogmi, sul piedestallo di una finta razionalità: questo crea nuove ingiustizie».Ed è esattamente quello che è accaduto agli Illuminati, nella loro parabola: se gli ideologi tedeschi erano partiti dall’idealismo egualitario e proto-socialista, i loro epigoni americani (auto-proclamatisi “eredi” degli Illuminati di Baviera) sono diventati i massimi guardiani dello status quo, del potere oligarchico in mano a pochissimi. Tutto nasce il 1° maggio del 1776 a Ingolstadt, nel sud della Germania, dove il professor Johann Adam Weishaupt, docente di giurisprudenza, fonda la confraternita degli Illuminati di Baviera. Obiettivo: una società più giusta, liberata dall’arbitrio di un potere fondato sul dominio. Una prospettiva rivoluzionaria, a partire dall’abolizione del tabù assoluto, la proprietà privata. «Weishaupt era un massone tedesco che aveva nel suo progetto la creazione di un livello superiore alla massoneria», racconta Carpeoro. L’ideologo degli Illuminati di Baviera si muove come un altro massone libertario, il francese Louis Claude de Saint-Martin, che aveva creato quello che chiamava Ordine dei Perfettibili. Matrice comune: i Rosacroce, la leggendaria “fratellanza” che accomunò Dante Alighieri e Giordano Bruno, fino a Goethe, Victor Hugo e oltre, verso la prospettiva di un’umanità liberata dal bisogno e dalla paura.Lo statuto elaborato da Weishaupt «ha come presupposti l’abolizione della proprietà privata e l’allargamento progressivo della scala di interessi: individui e popoli devono sempre porsi al di sotto di un ordine superiore, cioè l’interesse di tutti, dell’umanità, del mondo». Il principio mistico-religioso è di origine gnostica, continua Carpeoro. E Weishaupt parte dall’opera di Comenius, che era anch’esso un Rosacroce, al secolo Jan Amos Komenský. «Fu l’ultimo di quei Rosacroce che avevano teorizzato la costruzione della società perfetta: Francesco Bacone con la “Nuova Atlantide”, Tommaso Campanella con “La città del sole”, Tommaso Moro con “Utopia”; lo stesso rifondatore dei Rosacroce, Johann Valentin Andreae, scrisse un’opera che si chiamava “Christianopolis” o “Viaggio all’isola di Caphar Salama”». Stesso tema: un mondo di cittadini liberi e consapevoli, con pari diritti. «Ben presto, però, Weishaupt si accorge che un ideale di questo tipo deve fare i conti col potere: deve cioè diventare un’organizzazione di potere». All’inizio, i primi Illuminati hanno un enorme successo: partono dalla Baviera, ma le loro idee finiscono per conquistare tutta la Germania. «Weishaupt diventa un interlocutore privilegiato dei malgravi tedeschi, dei potenti. E all’ombra di questo progetto abbastanza idealista nasce quindi una struttura dalle forti connotazioni pratiche».Così, inevitabilmente, affiorano i primi problemi: alla fine del ‘700, al movimento aderisce il barone Adolf von Knigge, «colui che dà la svolta vera alla società degli Illuminati come struttura», creando «una struttura di potere, di gestione e direzione unica della società». Fatale lo scontro con Weishaupt, «un idealista con la mania dei rituali magico-esoterici». Quei rituali gli varranno l’accusa di “gesuitismo” e autoritarismo. La realtà è un’altra: i baroni, che pure hanno aderito allo slancio ideolgico iniziale, capiscono che l’egualitarismo di Weischaupt mette in pericolo i loro privilegi. Sarà Federico II di Prussia a sciogliere ufficialmente la società, per legge. E Weishaupt morirà povero solo, in esilio, abbandonato da tutti, nel 1830. «La storia degli Illuminati di Baviera finisce qui», sottolinea Carpeoro: «Non è mai andata oltre la dimensione territoriale della Germania». Come dire: gli Illuminati successivi, che giureranno di ispirarsi a Weischaupt, non hanno mai avuto alcuna relazione diretta con il movimento tedesco. Non solo: se i primi neo-Illuminati americani avevano ancora, in parte, qualche germe idealistico nella loro ideologia, i successori hanno fatto piazza pulita di qualsiasi istinto democratico, divenendo la punta di lancia dell’élite finanziaria che oggi domina il pianeta.Il passaggio cruciale è la nascita degli Stati Uniti d’America, 4 luglio 1776. Siamo ancora nel secolo dei Lumi, ma dall’altra parte dell’Oceano. Le idee viaggiano: il fondatore, George Washington, massone, è anch’egli un iniziato Rosacroce. «Succede che quando Washington giura come presidente – racconta Carpeoro – alcuni americani dichiarano di ispirarsi al modello degli Illuminati tedeschi, pur senza aver mai avuto alcun rapporto con essi. Ma è lo stesso Washington a sconfessarsi totalmente. In una lettera aperta a un giornale, avverte: mai e mai poi mai le idee dei nuovi Illuminati avrebbero dovuto prendere possesso dell’America». Bel problema: «Siccome Washington era anche il capo della massoneria americana – continua Carpeoro – questi signori capirono che dovevano inquinare la massoneria, per riuscire ad arrivare al potere negli Stati Uniti. E lo fecero utilizzando tutti coloro che avevano perso la guerra civile americana, quindi una serie di personaggi sudisti, cioè schiavisti, che vennero infiltrati nella massoneria, resero gran parte della massoneria americana conservatrice e reazionaria, e poi elaborarono le teorie dei Nuovi Illuminati».I Nuovi Illuminati nascono infatti all’inizio del XX secolo, tra l’Inghilterra e l’America. «Riferendosi – per l’etichetta e per il marchio – a quello che aveva fatto Weischaupt in Germania, in realtà teorizzano il cosiddetto mondialismo, il Nuovo Ordine Mondiale. Teorizzano cioè il fatto che, traversalmente agli Stati, possa nascere non “una” società perfetta in un determinato paese, ma “la” società perfetta». Nasce quindi «una struttura che deve necessariamente cospirare». Una super-struttura, «trasversale a tutti gli Stati». E questo accade attraverso uomini d’affari come Cecil Rhodes, secondo cui Usa e Gran Bretagna devono dare vita a un unico governo federale della Terra. A questo scopo, Rhodes crea una confraternita, la Rhodes Scholarship, che in America esiste tuttora. E così Lionel Curtis, che fonda vari gruppi, tra cui la Tavola Rotonda di Rohdes-Milner, presupposto dell’attuale Round Table. «In pratica, questi personaggi infiltrano soprattutto il governo americano, fin dalla sua nascita». Nonostante l’altolà di Washington, i Nuovi Illuminati riusciranno ad avere intensi rapporti con diversi presidenti americani: Edward Mandell House sarà il segretario di Woodrow Wilson, il presidente che costruirà la Società delle Nazioni, progenitrice dell’Onu. Altra eminente personalità dei neo-Illuminati americani, lo scrittore Herbert George Wells, autore nel 1897 del fortunato romanzo “La guerra dei mondi”.«Quindi – prosegue Carpeoro – fin dall’inizio si diffonde questo progetto di costruire il Nuovo Ordine Mondiale nel nome degli Stati Uniti d’America. Successivamente, come tutte le strutture di potere, questa diventa una struttura che affianca il potere in realtà senza cambiare niente». Il New World Order, che in origine doveva avere un’ispirazione rivoluzionaria, «in realtà si riduce alla pura gestione dell’esistente: una gestione trasversale, mondialista e di assoluto potere dello status quo». Evidente: «Per questi signori, meno cambia e meglio è: perché così fa comodo a loro». Ma il processo di “degenerazione” non è improvviso, avviene per gradi. Quando gli Illuminati devono aggirare Washington e quindi si alleano con le componenti più conservatrici del paese, il Sud schiavista, intuendo che saranno riassorbite nel vertice di potere in vista della riconciliazione nazionale postbellica, il loro capo è Albert Pike, «un eminente massone del neo-rito scozzese, che fece una politica di infiltrazione culturale molto capillare». Nonostante ciò, dice Carpeoro, «il suo modo di essere “illuminato” non è lo stesso di Rotschild: Pike è ancora fortemente ideologico».Il discorso degli attuali Illuminati diventa esclusivamente pragmatico successivamente, «con le associazioni tra banchieri, i trust, i vari Bilderberg». Così, «con un’ulteriore mutazione, diventa una struttura di conservazione; ma all’inizio gli Illuminati erano una struttura di rivoluzione». Il sionismo bellicista? «E’ una conseguenza, non una causa». E i motivi sono anch’essi evidenti: «Poiché una parte dei grandi banchieri mondiali sono di provenienza ebraica, ai tempi di Yalta hanno forzato la situazione e utilizzato anche la struttura trasversale degli Illuminati per arrivare alla costituzione dello Stato di Israele, e soprattutto per escludere che si facesse lo Stato di Palestina». E’ tristemente noto: «Una delle posizioni più reazionarie e meno sostenibili, pubblicamente, di un certo sionismo, è la negazione dell’esistenza del popolo palestinese, così come tra gli arabi esiste chi nega l’esistenza del popolo ebreo». Falsi storici: «I Filistei biblici sono gli attuali palestinesi, e già facevano le guerre per la terra, in quell’epoca». Il conflitto israelo-palestinese, “cristallizzato” nel retrobottega di Yalta nel 1945, è ancora oggi il focolaio di odio da cui la manipolazione culturale fa derivare lo “scontro di civiltà” tanto caro al complesso militare-industriale, a Wall Street, al Pentagono.Autore del romanzo “Il volo del Pellicano” (Melchisedek) sulla “storia di una leggenda realmente accaduta”, quella dei Rosacroce, lo stesso Carpeoro sta per pubblicare un saggio, presso Uno Editori, intitolato “Dalla massoneria al terrorismo”. Focus: la strategia della tensione internazionale, affidata a manovalanza magari islamista ma accuratamente coperta dalla “sovragestione”, il network di potere che vede al lavoro interi settori dei servizi segreti occidentali impegnati in missioni “false flag”, attentati compiuti “sotto falsa bandiera”, per esempio quella dell’Isis, in Francia, e progettati da “menti raffinatissime”, appartenenti alla massoneria deviata, di potere, il cui vertice è costituito proprio dai neo-Illuminati. «La loro influenza principale, con la teorizzazione del Nuovo Ordine Mondiale, è il condizionamento economico degli Stati: i banchieri si sono organizzati tramite questa struttura per condizionare le scelte economiche degli Stati». I risvolti di cronaca – le strane incongruenze nelle indagini, i messaggi simbolici di cui sono disseminate le stragi – suggeriscono l’idea che, dai diktat finanziari, si possa anche passare, all’occorrenza, alle bombe e ai Kalashnikov. Per contro, ripete Carpeoro, «l’intensificarsi di quella violenza indica che il vertice del massimo potere non è più così compatto: qualcuno si sta sfilando, chi resta al comando teme di perdere terreno e per questo spinge sul terrorismo». Mai stati del tutto granitici, i poteri forti: «Litigano spesso fra loro, e questo apre spazi per tutti noi». Del resto «il potere è uno schema, non una piramide monolitica», anche se si tratta di piramidi “illuminate”.Hanno vinto loro, gli Illuminati. Ma forse è meglio chiamarli con un altro nome: sono diventati, semplicemente, il potere. Bancario, finanziario. I padroni del denaro: lo strumento attraverso cui condizionare interi paesi e continenti. E’ il Nuovo Ordine Mondiale, che ormai abbiamo sotto gli occhi. Di Illuminati si parla spesso a sproposito: i loro simboli (l’occhio nel triangolo) oggi diventano anche tatuaggi per popstar, segni di riconoscimento a beneficio dei fotografi, del marketing, del botteghino. Non c’è teoria cospirazionista che non li ponga al vertice della piramide “occulta” del massimo potere. «Errore: il potere è sempre manifesto, palese», avverte l’avvocato Gianfranco Carpeoro, massone, con una vastissima cultura nel campo della simbologia e del mondo esoterico. Illuminati: maneggiare con cura. Hanno alle spalle una lunga storia. Vera. Cominciata in Germania e continuata, pericolosamente, in America, dove Washington tentò di metterli alla porta. Ci riuscì solo in parte, perché poi i suoi successori li presero a bordo. E a Yalta gli affiliati furono così potenti da riuscire a propiziare la nascita di Israele escludendo la creazione dello Stato di Palestina, ponendo così le basi per il conflitto permanente che oggi indossa la maschera dell’Isis.
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Brancaccio: l’Ue distrugge il lavoro e fabbrica migranti
I partiti xenofobi guadagnano consensi e ormai influenzano le agende di governo proponendo il blocco dei movimenti migratori? «Bisognerebbe spiegare ai cittadini che la crescita dell’immigrazione è un problema del tutto secondario rispetto alla questione principale, che riguarda la libera circolazione internazionale dei capitali», spiega l’economista Emiliano Brancaccio. «L’indiscriminata libertà di movimento dei capitali è un fattore scatenante delle onde speculative, degli squilibri e delle crisi del nostro tempo». Se oggi i capitali «possono muoversi da un paese all’altro alla continua ricerca di bassi salari, bassa pressione fiscale sui profitti e blandi vincoli ambientali e contrattuali», il risultato è che «ogni istanza di progresso sociale e civile viene presto o tardi soffocata». Per questo, Brancaccio pensa a un sistema di controllo dei movimenti di capitale, fuori e dentro l’Europa, «specialmente da e verso quei paesi che adottino misure di dumping sociale e fiscale». Ma il vero problema, dice l’economista, è che l’Unione Europea è ormai un cadavere. Pura utopia sperare di poterla riformare dall’interno, come sperava la sinistra di Tsipras e soci.In Italia, ovviamente, buio pesto: «Dalle nostre parti il dibattito politico è dominato dal nulla», dichiara Brancaccio a Giacomo Russo Spena in un’intervista su “Micromega”. «Eppure, quando ai prossimi appuntamenti elettorali si tratterà di giudicare i programmi dei partiti, poche cose saranno importanti quanto la posizione che le varie forze assumeranno sul tema della circolazione indiscriminata dei capitali». L’esodo di massa dei lavoratori, dal Sud verso il Nord dell’Europa? E’ «l’unico meccanismo che può mitigare gli effetti della forbice occupazionale in atto». Ma siamo alla macelleria pura: «Quella migratoria è una valvola di sfogo delicata, complessa, dolorosa, che richiederebbe un minimo di organizzazione preventiva della direzione e della velocità dei flussi». Dinamiche che l’Ue non ha neppure provato a governare, preferendo affidarsi «a rozzi meccanismi di mercato», contribuendo così a «cospargere altra benzina sul fuoco del risentimento sociale e della xenofobia». Ci siamo dentro anche noi: «Oggi la propaganda delle forze reazionarie, in Gran Bretagna come in Germania, cattura consensi anche lamentando che “ci sono troppi italiani in giro”. Con buona pace per gli ideali di fratellanza tra i popoli europei».Queste tendenze, aggiunge Brancaccio, potrebbero sfociare in una sorta di “xenofobia liberista”, a partire dai possibili esiti della trattativa sulla Brexit. L’influente Istituto Bruegel di Bruxelles promuove un nuovo accordo tra Ue e Regno Unito che si basi da un lato sulla riaffermazione della indiscriminata circolazione internazionale dei capitali tra le due aree, e dall’altro sulla concessione ai britannici di bloccare a piacimento i flussi di immigrati dal continente. «Se questo è il meglio che gli illuminati think-tank europei sono in grado di proporre, la sintesi che ho definito “xenofobia liberista” non è più semplicemente un’ipotesi sul futuro, ma deve già esser considerata un’orrida realtà di fatto», dice Brancaccio. Gli storici revisionisti sostengono che l’avvento dei fascismi in Europa fu una reazione alla rivoluzione bolscevica? «Quel che sta avvenendo in questi anni sembra suggerire che l’ascesa di forme più o meno surrettizie di fascismo può anche verificarsi come effetto diretto del meccanismo capitalistico e delle sue crisi, pur nella totale assenza di una minaccia di tipo comunista o anche solo vagamente tradeunionista».E il peggio è che nessuna schiarita è in vista: «Mettiamocelo bene in testa: in Europa non c’è nessuna svolta, nessun vento federalista di cambiamento». La sostanza delle politiche economiche non è cambiata: «L’Eurozona resta sull’orlo della deflazione, con effetti tremendi per le economie più fragili e per i lavoratori di tutto il continente». Morale: «Il sentiero che stiamo percorrendo è palesemente insostenibile». E il problema non riguarda solo la quantità totale di liquidità erogata, ma anche l’impossibilità di indirizzarla verso i soggetti più in difficoltà: attraverso l’acquisto di titoli di Stato, il grosso delle erogazioni Bce finisce alla Germania, anziché alle economie che più ne avrebbero bisogno. E non ci sono segnali politici che possano lasciar sperare in un cambio di rotta. «Con le attuali regole, la solvibilità è del tutto compromessa in Grecia, e in prospettiva non è garantita nemmeno in Italia e negli altri paesi del Sud Europa». Se Draghi si decidesse ad affrontare davvero il problema, aggiunge Brancaccio, dovrebbe riconoscere che l’Eurozona sta implodendo: «Nessuna unione monetaria alla lunga può sopravvivere se il paese più forte si ostina ad attuare una politica di competizione al ribasso sui salari».Oggi in Germania le retribuzioni hanno cominciato finalmente a crescere, ma in questo modo «è stato eliminato solo un terzo del vantaggio competitivo che la Germania aveva accumulato nello scorso decennio, anche grazie a una ferrea politica di controllo dei salari». In una situazione di deflazione – più merci che denaro circolante – si distrugge capacità produttiva, eliminando posti di lavoro nel Sud Europa. In Italia, dall’approvazione del Jobs Act l’occupazione è aumentata meno della metà rispetto alla crescita media europea, già molto modesta. E’ provato: «La precarizzazione dei contratti non crea occupazione, serve solo a indebolire i lavoratori e a ridurre ulteriormente i salari». Così, oggi, gli italiani che lasciano i confini nazionali sono più degli immigrati che arrivano. Altro che Asia e Africa: «Almeno metà delle attuali migrazioni è interna al continente». Era tutto previsto, peraltro, dalla castrofica architettura Ue: fin dall’inizio, «si sapeva che l’assetto dell’Unione avrebbe determinato andamenti sbilanciati dell’occupazione nei diversi paesi, e quindi avrebbe indotto imponenti migrazioni di lavoratori dalle aree più deboli a quelle più forti». Rispetto al 2007, aggiunge Brancaccio, in Germania ci sono oggi circa tre milioni di occupati in più, mentre in Spagna registriamo 2 milioni e trecentomila occupati in meno. In Italia i posti di lavoro sono un milione in meno rispetto a dieci anni fa. «E in tutto il Sud Europa sono stati distrutti circa 5 milioni di posti di lavoro».I partiti xenofobi guadagnano consensi e ormai influenzano le agende di governo proponendo il blocco dei movimenti migratori? «Bisognerebbe spiegare ai cittadini che la crescita dell’immigrazione è un problema del tutto secondario rispetto alla questione principale, che riguarda la libera circolazione internazionale dei capitali», spiega l’economista Emiliano Brancaccio. «L’indiscriminata libertà di movimento dei capitali è un fattore scatenante delle onde speculative, degli squilibri e delle crisi del nostro tempo». Se oggi i capitali «possono muoversi da un paese all’altro alla continua ricerca di bassi salari, bassa pressione fiscale sui profitti e blandi vincoli ambientali e contrattuali», il risultato è che «ogni istanza di progresso sociale e civile viene presto o tardi soffocata». Per questo, Brancaccio pensa a un sistema di controllo dei movimenti di capitale, fuori e dentro l’Europa, «specialmente da e verso quei paesi che adottino misure di dumping sociale e fiscale». Ma il vero problema, dice l’economista, è che l’Unione Europea è ormai un cadavere. Pura utopia sperare di poterla riformare dall’interno, come sperava la sinistra di Tsipras e soci.
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Charroux: islamici colpiranno le Torri con aerei. Era il 1969
“Arriverà un giorno in cui degli islamici, tramite aerei dirottati, abbatteranno i due monumenti speculari più importanti per la cultura americana”. E’ scritto, nero su bianco, in un libro di cui nessuno parla mai, men che meno in relazione all’11 Settembre. Lo scrisse il francese Robert Joseph Grugeau, in arte Robert Charroux. Titolo del volume, nell’edizione italiana: “Il libro dei segreti traditi”. Attenzione: fu pubblicato nel 1969, mentre le Twin Towers erano ancora in costruzione. Una sconcertante, precisissima profezia? No, peggio: «Probabilmente quella era un’istruzione. Come dire: guardate, quando dovrete fare quella cosa, contro l’America, la dovrete fare così». Lo afferma Gianfranco Carpeoro, esoterista e studioso di simbologia, ospite di “Border Nights” insieme al regista Massimo Mazzucco, all’indomani della strage parigina del Bataclan, 13 novembre 2015. Stessa matrice: super-massoneria deviata. «Essendo l’11 Settembre nato in ambito massonico o paramassonico, l’attentato alle Torri lo hanno fatto esattamente così, perché così funziona. Il Batalclan richiama la fuga dei Templari braccati da Filippo il Bello, che lasciarono Parigi riparando in Scozia dove fondarono la massoneria moderna. E l’11 Settembre richiama la “predizione” di Robert Charroux». Non sono coincidenze, ma “firme”: «Consentono, a chi deve decodificare l’attentato, di capire perfettamente da dove è partito».
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Carotenuto: i Maghi Neri non ci domineranno per sempre
Fa più rumore un albero che cade, lo sappiamo: l’immensa foresta cresce in silenzio. Oggi però di alberi ne cadono a migliaia, tutti i giorni. E’ un fragore spaventoso, che provoca smarrimento. Il che non è casuale: più che il legname, infatti, al taglialegna interessa proprio la paura che il crollo provoca. Guerre, disperazione, crisi economiche accuratamente progettate. Ma l’indotto globalizzato della strage quotidiana, il “core business del male”, non è nemmeno il lucro: l’obiettivo numero uno è lo scoraggiamento di massa, planetario. La resa dell’umanità. I trilioni di dollari contano, eccome – sono la lussuosa paga dei grandi mercenari, gli strumenti della “piramide oscura”. Al cui vertice però siedono tenebrosi “sacerdoti”, i Maghi Neri, il cui vero “fatturato” non è misurabile in denaro, ma in dolore. La loro missione: sabotare le connessioni vitali, amorevoli, tra persone e popoli. Da questa prospettiva, decisamente inconsueta, Fausto Carotenuto fotografa, a modo suo, il senso della grande deriva mondiale che stiamo vivendo, di cui spesso stentiamo a cogliere il significato. Ma non lasciamoci spaventare, aggiunge: se il frastuono è in aumento, se gli “architetti del buio” stanno “esagerando”, è perché cominciando ad avere paura del nostro risveglio.Fausto Carotenuto non è un guru della new age. E conosce bene le dinamiche del quadro geopolitico: per anni, è stato analista strategico dei servizi segreti italiani. Da tempo, ha intrapreso nuove esperienze, confluite nel network “Coscienze in Rete”. E ha scritto libri come “Il mistero della situazione internazionale”, che provano a tradurre anche la politica in termini spirituali: una dimensione inconfessabile, impresentabile a livello mainstream (sarebbe spernacchiata come grottesca surperstizione). Ma in realtà – sostiene l’autore – è l’unica prospettiva capace di spiegare fino in fondo l’attitudine dei “dominus”, la loro incrollabile e misteriosa vocazione al peggio. Carotenuto ricorre alle categorie simboliche dell’invisibile, evocando i due principi-cardine a cui si ispirerebbe la “piramide nera”: da un lato “Lucifero”, il demone della realtà illusoria, presentata come rifugio dorato, dove la coscienza “si addormenta” e smette di evolversi; e dall’altro “Arimane”, «il padrone della scena materiale», la cui missione consisterebbe nel «convincerci che non abbiamo spirito, che siamo solo animali evoluti», e quindi «fa di tutto per meccanizzarci, per legarci a vite prive di amore, abbacinate dal denaro, dai piaceri fisici, dal potere sugli altri».Queste due potenze, scrive Carotenuto, sono il vertice di una piramide – reale, concreta – fatta di uomini in carne e ossa. Sono i sommi sacerdoti e loro discepoli, che coordinano le “fratellanze oscure” e le organizzazioni trasversali, utilizzando schiere di mercenari puntualmente reclutati e profumatamente pagati per fare il “lavoro sporco”, senza averne neppure la piena consapevolezza. Ogni anello di questa catena infernale, sostiene l’autore, interpreta innanzitutto il ruolo del carnefice, per poi scoprirsi vittima a sua volta: le vite degli esponenti del massimo potere, a prima vista comode, sono in realtà tormentate da continue lotte: tutti i grandi boss sono avvelenati dalla paura di essere scalzati e privati degli smisurati privilegi conquistati con ogni mezzo. In altre parole: nessuno è davvero felice, lassù. Al punto che, sempre più spesso, si registrano autentiche ribellioni: eredi designati, rampolli di grandi famiglie ed ex “macellai” di lungo corso (dell’economia, della finanza, delle multinazionali) all’improvviso “vedono” la disperazione del sistema e la respingono, non essendo più disposti a restare complici della “piramide oscura”.Anche per questo, secondo Carotenuto, sta aumentando l’intensità della violenza a cui siamo sottoposti, fra disastri economici, guerre e terrorismo: l’élite “nera” teme di perdere la sua presa. E il suo declino, pronostica l’autore, potrebbe essere più rapido di quanto non s’immagini. Ma non sarà una passeggiata: il potere “nero” è un osso durissimo. A comiciare da loro, quelli che Carotenuto chiama Maghi Neri, cioè personalità votate al male: «Hanno ricevuto enormi fortune, grandissimi poteri». Magia, vera e propria: «Lunghi e ripetuti rituali, contro-iniziazioni», che nel corso della storia hanno reso questi individui «particolarmente acuti, di un’intelligenza fredda e metallica, priva di cuore». Godono del potere immenso che esercitano sull’umanità – che disprezzano, insieme al bene e alla libertà. Coadiuvati dai loro discepoli, continua Carotenuto, i Maghi Neri istruiscono le “fratellanze oscure”, ovvero «ristrette organizzazioni», non note ai più, che «praticano ritualità oscure», di tipo occultistico, «con l’uso intensivo di medium». Oltre ai mezzi ordinari, materiali, «dalla manipolazione agli omicidi» le “fratellanze oscure” «praticano attivamente la magia nera», nella quale hanno evidentemente la massima fiducia. Nella formazione degli adepti «viene spenta ulteriormente la forza dell’amore e vengono accentuate particolari doti, dell’intelligenza e dell’obbedienza».Spesso si tratta di giovani, «lanciati in carriere fulminanti», per arrivare a volte a diventare «consiglieri più o meno occulti di qualche eminente personalità», fino ad essere «investiti in prima persona nei grandissimi incarichi». Secondo Carotenuto, «il lavoro rituale fatto su di loro lascia spesso tracce esteriori visibili negli occhi, che acquistano una apparenza strana, priva di calore o vitrea». Occhi «dotati di una luce inquietante, o spenti». Non è una pagina della saga di Harry Potter. Ricorda da vicino certi film, come “L’avvocato del diavolo”, con Al Pacino e Keanu Reeves. Ma quella di Carotenuto non è fiction: anche se parla apertamente di magia (nera), la modalità narrativa è quella della saggistica. Le “fratellanze oscure”? Esistono, eccome. E funzionano proprio così, sostiene l’autore. «Si tratta probabilmente di qualche decina di organizzazioni segrete, presenti e attive ovunque nelle strutture del potere laico e di quello religioso». Sono queste organizzazioni che «predispongono e dirigono gli uomini che portano avanti in modo piuttosto consapevole le più forti operazioni di condizionamento dell’umanità: le contro-ispirazioni, gli attacchi alla natura umana, le guerre, il terrorismo».Tutto il resto è a valle, assicura l’ex analista geopolitico dell’intelligence: dalla Trilaterale al Council on Foreign Relations, dal Bilderberg all’Aspen Istitute, dal Club di Roma ai Rotschild, fino alla Goldman Sachs e alla super-massoneria deviata. La recente letteratura complottista punta il dito contro i gesuiti e l’Opus Dei, i Fratelli Musulmani, il B’nai B’rith israeliano? «Queste organizzazioni, misteriose ma note, sono sono al quinto livello della scala del potere oscuro», cioè «abbastanza in basso», vale a dire: «Meri esecutori, ben compensati per i loro servigi, con soldi e potere. Ma non sono loro a elaborare le grandi strategie del male». Restano agli ordini dei «livelli superiori», cioè «alcune centinaia di famiglie e organizzazioni». Gli uomini delle “fratellanze oscure” «ricevono spesso incarichi dirigenziali importanti nei principali settori del potere economico, politico, militare, religioso, culturale, scientifico, mediatico e malavitoso». Esecutori speciali, che «rispondono fedelmente agli uomini delle cerchie ristrette», da cui ricevono istruzioni, che applicano alla lettera, senza mai discuterle, per non perdere le posizioni acquisite.Quello degli esecutori disseminati nelle “fratellanze oscure”, sempre secondo Carotenuto, è un vero e proprio esercito: «Sono molte migliaia, in tutte le organizzazioni mondiali di potere, in tutti i settori. Capi e dirigenti importanti delle organizzazioni multinazionali fondamentali», dall’Onu al Fmi, dalla Banca Mondiale al Wto fino all’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Inlcusi «la maggior parte dei capi religiosi e dei capi di Stato e di governo». Leader di partito e capi delle multinazionali, vertici bancari e finanziari, senza contare l’impero dei mass media, la maggior parte dei servizi segreti e delle forze armate. Farebbero parte del sistema anche i maggiori responsabili dei principali gruppi religiosi, nonché i boss dei cartelli criminali mafiosi. «Vicino a loro c’è sempre almeno un emissario della cerchia ristretta, della “fratellanza”, da cui dipende il loro gruppo». E’ un uomo «al quale non si può dire di no, mai: nemmeno il presidente degli Stati Uniti può dire di no a un certo assistente o collaboratore, mai». A volte, aggiunge Carotenuto, il politico non capisce neppure perché gli viene ordinato di fare certe cose, in apparenza senza senso; ma obbedisce sempre, puntualmente premiato con «ricche porzioni di potere materiale».Più a valle ancora, nella serie di gironi danteschi rappresentati da Carotenuto, ci sono i semplici “mercenari” reclutati per singole missioni. E quindi – ultimo anello della catena – ci siamo noi, il resto dell’umanità: «Se non ci fossimo noi, coi nostri attuali comportamenti, a fare da base a ognuna di quelle piramidi, non esisterebbero neppure». L’autore le chiama “forme-impero”, “piramidi del male”. Tutti noi, inconsapevolmente, ne facciamo parte. Come? Lasciando che la nostra coscienza continui a dormire: «Tutti gli spazi della nostra vita non occupati dalla nostra coscienza, dalle nostre azioni e dai nostri pensieri vigili, in direzione del bene, della crescita della coscienza nostra e degli altri intorno a noi, sono il campo di manovra delle forze oscure. Ogni mancanza di amore e di coscienza, da parte nostra, è un mattone delle piramidi del male, che approfittano immediatamente delle nostre omissioni, delle nostre assenze, dei nostri egoismi». Basta poco: fidarsi di quello che il potere racconta, lasciarsi gestire, delegare ai “poteri oscuri” l’orientamento della nostra vita, delle nostre scelte anche politiche, del nostro lavoro, del nostro tempo. «Il loro potere deriva dal sangue che ci succhiano, che sono le nostre energie economiche, fisiche, vitali e psichiche. Ma siamo sempre noi a porgere il collo, inconsciamente, a queste vere e proprie “piramidi di vampiri”».Carotenuto le chiama anche “forze dell’ostacolo”: in apparenza soltanto negative, “demoniache”, ma in realtà – per quanto abominevoli – anch’esse funzionali, in ultima analisi, alla “strategia del risveglio” con cui, silenziosamente, l’umanità sarebbe alle prese. Solo lo stato di crisi, infatti, mobilita le risorse interiori, altrimenti dormienti. Il male, in funzione del bene: una visione filosofica tipicamente orientale, in Occidente abbracciata per lo più dalle correnti minoritarie, esoteriche, come il templarismo (San Bernardo che non uccide il diavolo, ma lo doma tenendolo al guinzaglio, incatenato). Il libro di Carotenuto sorvola sui nomi, preferendo uno sguardo prospettico e teorico. Non denuncia direttamente singoli “colpevoli”, ma descrive il meccanismo che li produce – e lo fa ricorrendo a una visione “animica”, di tipo spiritualistico, insistendo nella convinzione che (al di là dell’apparenza) proprio la dimensione spirituale sia quella dotata di maggiore concretezza, come il super-potere della “piramide” ben sa, assicura l’autore.Quelli a cui manca questa consapevolezza, invece, siamo proprio noi: non abbiamo ancora compreso l’immenso potenziale, anche pratico, di una forza non convenzionale chiamata “amore”, capace di prodigiosi contagi benefici – quelli che la “piramide oscura” teme così tanto, al punto da traumatizzarci anche col terrore diffuso, per spezzare le “reti invisibili, amorevoli”, destinate infine a vincere. E’ infatti questo il messaggio dell’autore: la “foresta” sarà anche silenziosa, ma ultimamente sta crescendo a ritmi inimmaginabili. Milioni di individui, dice Carotenuto, attraverso la condivisione di conoscenze ed esperienze solidali stanno espandendo in profondità la loro coscienza, verso un’evoluzione impensabile dell’umanità, senza più odio. Si avvicina la fine delle “forme-impero”, come Roma (il contario di Amor) trasformatasi in un altro impero, con l’alibi di una religione storicamente manipolata, modellata per riprodurre all’infinito lo schema del dominio, quello dei Maghi Neri? Carotenuto ci crede: il male è scatenato, nel mondo, e questo provoca ondate di angoscia e di egoismo. Ma le “armate bianche” – così le chiama – sono entrate in azione, e spingeranno ognuno di noi a sottrarsi al potere delle “piramidi oscure”, cambiando il modo di pensare la propria vita e cominciando ad amare il prossimo. Questo farà crollare l’architettura dell’inferno che ci tiene prigionieri della paura.(Il libro: Fausto Carotenuto, “Il mistero della situazione internazionale. Come portare la spiritualità in politica”, Uno Editori, 247 pagine, euro 16,90).Fa più rumore un albero che cade, lo sappiamo: l’immensa foresta cresce in silenzio. Oggi però di alberi ne cadono a migliaia, tutti i giorni. E’ un fragore spaventoso, che provoca smarrimento. Il che non è casuale: più che il legname, infatti, al taglialegna interessa proprio la paura che il crollo provoca. Guerre, disperazione, crisi economiche accuratamente progettate. Ma l’indotto globalizzato della strage quotidiana, il “core business del male”, non è nemmeno il lucro: l’obiettivo numero uno è lo scoraggiamento di massa, planetario. La resa dell’umanità. I trilioni di dollari contano, eccome – sono la lussuosa paga dei grandi mercenari, gli strumenti della “piramide oscura”. Al cui vertice però siedono tenebrosi “sacerdoti”, i Maghi Neri, il cui vero “fatturato” non è misurabile in denaro, ma in dolore. La loro missione: sabotare le connessioni vitali, amorevoli, tra persone e popoli. Da questa prospettiva, decisamente inconsueta, Fausto Carotenuto fotografa, a modo suo, il senso della grande deriva mondiale che stiamo vivendo, di cui spesso stentiamo a cogliere il significato. Ma non lasciamoci spaventare, aggiunge: se il frastuono è in aumento, se gli “architetti del buio” stanno “esagerando”, è perché cominciando ad avere paura del nostro risveglio.
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Sovragestione: i padrini dell’Isis erano a Yalta nel 1945
Si credono Dio, anziché ricercare la propria spiritualità. Non sono più degli iniziati, ma dei contro-iniziati. Per il massone Gianfranco Carpeoro, è questa la profonda motivazione psicologica che spinge gli uomini del vertice-ombra dell’Occidente a organizzare il terrorismo più spietato, ieri affidato ad Al-Qaeda e oggi all’Isis. L’obiettivo strategico non cambia: mantenere il potere in pochissime mani, a qualsiasi costo, utilizzando l’intelligence per “fabbricare” leader islamisti adatti a reclutare kamikaze, figli di un mondo devastato dai dominus occidentali. Carpeoro la chiama “sovragestione”, ed è la chiave per capire di che morte stiamo morendo. I boss occulti della “sovragestione”? Si tratta di «un ristretto numero di persone, che fanno parte della finanza e della politica internazionale». A loro volta, «manovrano pezzi di governi, di amministrazioni, di servizi segreti, logge massoniche o paramassoniche, strutture religiose di varia estrazione, istituzioni bancarie, esponenti dell’economia o dell’imprenditoria». La struttura ricorda quella della ‘ndrangheta: «Una rete ad anelli, dove la regola aurea viene ampiamente rispettata: ogni anello conosce solo e soltanto l’anello che gli è immediatamente superiore e quello che gli è immediatamente inferiore e nulla più».Perché siamo finiti tra le spire della “sovragestione”, che ultimamente ha preso di mira l’Europa con gli attentati di Parigi, Bruxelles e Nizza, regolarmente targati Isis? Per Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere), non si può capire molto se non si legge tra le righe: l’origine del potere occidentale moderno è interamente massonico (democrazia, laicisimo). Ma nel dopoguerra la massoneria internazionale ha partorito 36 super-strutture segrete, chiamate Ur-Lodges (logge madri), che hanno intrapreso una gestione monopolistica della politica, dell’economia, della finanza. Alcune di queste hanno espresso una tendenza neo-conservatrice, aristocratica, neo-feudale. Fino all’eccesso: la strategia della tensione, i golpe in mezzo mondo. Avverte Magaldi: anche questo va interpretato; se sei consapevole di averla “inventata” tu, la modernità, mettendo fine all’assolutismo monarchico con la Rivoluzione Francese e all’oscurantismo vaticano con il Risorgimento italiano, può accadere che ti consideri il padrone del mondo, il nuovo mondo che hai contribuito in modo determinante a creare, abbattendo l’Ancien Régime.Il che è aberrante, ma aiuta a “vedere” come ragionano i capi supremi dell’élite mondiale reazionaria che dagli anni ‘80 ha preso il sopravvento, dichiarando guerra alla democrazia e imponendo la sua globalizzazione a mano armata, gestita dalle multinazionali finanziarie. E a questo disegno appartiene anche l’ultimissima stagione: quella del terrore, che ci sta investendo. Non a caso, nel mirino è finita anche l’Europa, terremotata dall’austerity. Se da qualche anno il terrore “islamista” si rivolge contro l’Europa, scrive Gianfranco Carpeoro sulla sua pagina Facebook, «non è certamente perchè il “sovragestore” vuole distruggerla». Al contrario: l’élite occidentale che organizza il terrorismo-kamikaze «ha interesse che rimanga così», questa Unione Europea interamente in mano a loro, gli oligarchi della finanza. Ergo: «Il neoterrorismo deve impedire che l’Europa si liberi dal giogo monetario delle banche e dalla soggezione al potere finanziario». Sono sempre “loro”, gli uomini al comando dietro le quinte: ieri col Trattato di Maastricht che ha rovinato l’Italia, poi con i diktat della Troika che hanno ridotto la Grecia alla fame. Gli europei cominciano a ribellarsi? Ed ecco gli attentati “islamici”. Il regno della paura serve a questo: impedire che si evada dal “lager”. La violenza terroristica è in aumento? Altro segnale, aggiunge Carpeoro: qualcuno, davanti a tanto sangue, si sta sfilando dall’élite criminale. E allora, forse, il super-vertice comincia ad avere paura, a sua volta. Per questo preme sull’acceleratore delle stragi.Secondo Carpeoro, il male viene da lontano: è figlio del sistema economico attuale. Il capitalismo finanziario mondializzato è feroce, disumano: perché qualcuno stia meglio, bisogna che qualcun altro stia peggio. Mors tua, via mea. Da lì in poi, “vale” tutto. Anche la guerra. Fino al neoterrorismo della “sovragestione”. Guai, infatti, se dovessero trionfare gli ideali proclamati all’Onu, all’indomani della Seconda Guerra Mondiale. Erano il cardine della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, fortemene voluta dalla “libera muratrice” Eleanor Roosevelt, secondo la quale «nessun sistema, nessun regime politico, nessuna dottrina sociale può essere giusta se ogni individuo, fino all’ultimo pigmeo africano, fino al più sfruttato lavoratore cinese o coreano, non può vivere con dignità o senza poter aspirare alla sua porzione di spazio spirituale e vitale, cioè di felicità». E allora ecco il “terrorismo interno” di oggi, la nuova strategia della tensione, che «salda il rapporto tra il popolo e il potere con il collante della paura, com’era già accaduto ai tempi di Al-Qaeda e delle Torri Gemelle». Perché poi la manovalanza è islamica? Opera nostra, anche quella: a partire da Yalta, dalla scelta di non dare uno Stato ai palestinesi.Una decisione fatale, dice Carpeoro, che determinò il ritiro dalla scena della componente più ispirata del mondo esoterico occidentale, la “fratellanza” dei Rosacroce, delusa dal patto di spartizione mondiale firmato da Roosvelt, Churchill e Stalin. Attorno alla “leggenda storicamente accaduta” dei Rosacroce, di cui è un grande studioso, Carpeoro ha scritto anche un romanzo, “Il volo del Pellicano”, edito da Melchisedek. Avvocato e giornalista (all’anagrafe, Gianfranco Pecoraro), Carpeoro è stato gran maestro della massoneria più “indipendente” (33esimo grado del Rito Scozzese), a capo di una comunione massonica auto-scioltasi per scongiurare pericolose infiltrazioni di potere. Ai Rosacroce si sarebbero ispirate correnti “deviate” fino al satanismo e vicinissime alla super-élite del massimo potere, quella della “sovragestione” degli “uomini che si credono Dio”. Di ben altra caratura, invece, i veri Rosacroce, il cui ultimo “Ormùs” fu il pittore Salvador Dalì, con accanto personaggi come Picasso, Erik Satie, Jean Cocteau, il regista moldavo Emil Loteanu. Era stata proprio la “paramassoneria” di potere, scrive Carpeoro, a sabotare – a Yalta – il grande progetto rosacrociano per il dopoguerra: pace in Medio Oriente. Vinsero gli altri, i protagonisti delle future Ur-Lodges: niente pace, meglio la guerra. Opportuno, quindi, coltivare i focolai dell’odio, partendo proprio dalla Palestina, in mezzo agli emirati del petrolio.«Il tutto – scrive Carpeoro – si concluse con la istituzione del solo Stato di Israele». Sicché, «non risulta niente affatto avventato definire tale esito come la premessa del sorgere di un progenitore del neoterrorismo islamico, e cioè quello palestinese, nella prima versione dell’Olp». Dal Medio Oriente all’Italia: «Altrettanto accadde in occasione dell’omicidio del povero Enrico Mattei, reo di voler sottrarre il mondo del petrolio arabo alla gestione economica, ma anche culturale, della lobby delle Sette Sorelle, in nome della sua formazione socialista, scarsamente sensibile al perpetuarsi del potere di certi sceicchi e califfi». Tessere di un mosaico, nemico della democrazia, da sud a nord: «Il progetto europeo di caratura liberalsocialista veniva definitivamente sabotato tramite l’omicidio del suo leader politico e spirituale Olof Palme, mettendo le basi di questa disgraziata Europa attuale, burocratica e disumana, unione solo di banche e burocratica distruttrice di economie produttive a favore di una finanza ormai astratta, estranea da ogni legittima aspirazione di popoli e individui». E dopo la Svezia, la “sovragestione” colpì di nuovo in terra d’Israele con l’omicidio del leader ebreo Rabin, «protagonista di una pax massonica, stavolta nel senso autentico, in Medio Oriente, che tanto aveva preoccupato i Signori della Guerra e del Terrore».Come dire: solo gli sprovveduti possono pensare che il tragico carnevale dell’Isis nasca dal nulla. Passo su passo, di attentato in attentato, l’Occidente ha fabbricato «una polveriera che si chiama Islam», ma attenzione: «Darle questo nome è un abuso nei confronti della dottrina religiosa in questione», che infatti è stata «modificata, redatta, interpretata nell’ignoranza e nell’arretratezza, sponsorizzata dai satrapi del petrolio e dai potenti protetti dall’Occidente per incrementare odio e integralismo da utilizzare per la autoconservazione di un potere assoluto e cieco». Luoghi comuni: «Quando si dice Islam, automaticamente si pensa al mondo arabo, ma la logica delle divisioni etniche in questo caso non aiuta: il popolo turco non è arabo, quello afghano tanto meno, e neanche la quasi metà del popolo indiano islamico e di quello africano». In realtà, aggiunge Carpeoro, la grande religione islamica è stata «riadattata a strumento permanente di supporto a regimi politici integralisti e assoluti, neganti ogni diritto e ogni libertà democratica, fautori di sistemi sociali dove c’è chi ha tutto funzionalmente allo sfruttamento di chi non ha nulla». Solo così, quella religione «è diventata il collante di popolazioni quasi abbrutite dall’ignoranza e dal bisogno, tramite una rete di imam e presunti padri spirituali la cui presenza e la cui legittimazione era stata la prima cosa assolutamente proibita dal Profeta».I veri leader islamici sono stati emarginati, e la parte sana delle popolazioni travolte dal terremoto è «dormiente e passiva di fronte a questo scempio». E siamo ai giorni nostri: «Ecco che dalla disperazione del popolo palestinese, dai flagelli vari, siccità, malattie, povertà del popolo africano, dalle drammatiche divisioni tra popoli asiatici nasce e si diffonde una vera e propria figura antropologica: il terrorista». Al terrorista, per decine di anni, «viene offerta la prospettiva simbolica che gli ha consentito di accettare il rischio di sacrificare la sua vita: il riscatto sociale». E i terroristi di oggi, annidati nelle nostre città che si vantano si realizzare una vera integrazione? «Quella che noi chiamiamo “integrazione” è stata solo la trasmissione di schemi consumistici e disumanizzanti», sostiene Carpeoro. Questo processo, è vero, «ha soppiantato il potenziale esplosivo del vecchio terrorismo», ma ne ha anche fatto impallidire le motivazioni sociali e politiche, che almeno ne consentivano la comprensione, mantenendo «un minimo di possibilità di recupero umano e sociale».Ora è tardi: «Aiutata dalla sapiente diffusione di nuove droghe raffinate e di ulteriori adattamenti snaturanti della religione islamica, la mutazione antropologica del terrorista si è ulteriormente evoluta: da esseri comunque umani a macchine del terrore». L’Isis, appunto: uomini «addestrati e resi dipendenti da varie droghe in campi adeguatamente finanziati e organizzati». Questo esercito di neoterroristi «è oggi pronto a spargersi nelle nostre città come metastasi di un carcinoma, e noi siamo impotenti». Ma attenzione: «E’ un esercito “sovragestito”, anche se dubito molto che chi ne fa parte ne sia consapevole». Sono temi che lo stesso Carpeoro approfondirà in un saggio che si annuncia esplosivo, “Dalla massoneria al terrorismo”, che uscirà in autunno per i tipi di Uno Editori. Si scrive Isis, ma si legge “sovragestione”. Il problema siamo noi, il nostro sistema: che va radicalmente bonificato nella sua struttura occulta di potere. «La vera scommessa dell’Occidente è la nascita di un Neoumanesimo».Si credono Dio, anziché ricercare la propria spiritualità. Non sono più degli iniziati, ma dei contro-iniziati. Per il massone Gianfranco Carpeoro, è questa la profonda motivazione psicologica che spinge gli uomini del vertice-ombra dell’Occidente a organizzare il terrorismo più spietato, ieri affidato ad Al-Qaeda e oggi all’Isis. L’obiettivo strategico non cambia: mantenere il potere in pochissime mani, a qualsiasi costo, utilizzando l’intelligence per “fabbricare” leader islamisti adatti a reclutare kamikaze, figli di un mondo devastato dai dominus occidentali. Carpeoro la chiama “sovragestione”, ed è la chiave per capire di che morte stiamo morendo. I boss occulti della “sovragestione”? Si tratta di «un ristretto numero di persone, che fanno parte della finanza e della politica internazionale». A loro volta, «manovrano pezzi di governi, di amministrazioni, di servizi segreti, logge massoniche o paramassoniche, strutture religiose di varia estrazione, istituzioni bancarie, esponenti dell’economia o dell’imprenditoria». La struttura ricorda quella della ‘ndrangheta: «Una rete ad anelli, dove la regola aurea viene ampiamente rispettata: ogni anello conosce solo e soltanto l’anello che gli è immediatamente superiore e quello che gli è immediatamente inferiore e nulla più».
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Sesso e potere, la virilità di Cristo. E il Natale ha 5000 anni
Di Salvatori se ne contano tanti: e sono tutto maschi e virili, come Cristo. E’ la tesi “blasfema” di un eminente intellettuale come Francesco Saba Sardi, scomparso nel 2012, autore di decine di libri tra cui “Il Natale ha 5000 anni”, messo all’indice dal Vaticano. Chi è, dunque, e come “nasce” un dio? Perché la Chiesa nega la sessualità del messia? In un’intervista a Sonia Fossi per la rivista “Hera”, Saba Sardi spiega la sua visione della religione intesa solo come sistema di potere sui popoli. Triestino, spregiatore dei dogmi, Saba Sardi ha tradotto in sei lingue alcuni tra i più grandi scrittori dell’800 e del ‘900, pubblicando oltre 40 libri su temi che spaziano dalla narrativa alla saggistica, dalla poesia ai viaggi. E’ considerato una delle menti più prestigiose del XX secolo, riconosciuto dal Quirinale tra le maggiori autorità intellettuali italiane. “Il Natale ha 5000 anni” racconta la vicenda della nascita e della diffusione del Natale cristiano, illuminando le radici della religiosità in un momento storico di nascente integralismo. Con l’avvento del neolitico, 12.000 anni fa, la nostra civiltà diventa stanziale grazie alla scoperta dell’agricoltura. Per gestire la terra e il lavoro nasce la guerra. E per motivare la guerra viene “inventata” la religione.Nasce così l’attuale sistema di potere, che in un suo saggio del 2004 Saba Sardi chiama “dominio”. Temi anticipati da “Il Natale ha 5000 anni”, volume popolato di vicende e personaggi che, prendendoci per mano, ci fanno percorrere il cammino dell’uomo: «Dodicimila anni fa l’umanità dell’Eurasia ha inventato le divinità», riassume Sonia Fossi nell’intervista ripresa dal blog di Gianfranco Carpeoro. Ma è nella crisi generale di 5000 anni fa che Francesco Saba Sardi individua «il sorgere della necessità di speranza che porta l’uomo a desiderare la comparsa del Salvatore, del redentore capace di ricondurci alla fratellanza dei primordi». E così, «la speranza nei Figli del Cielo apparsi in maniera straordinaria, uscendo da grotte, rocce o nascendo da madri vergini, si diffonde per millenni lungo tutti i territori eurasiatici». Sicchè, il Cristianesimo «è solo uno dei Natali dei Figli del Cielo». Ma chi è questa volta il Figlio del Cielo? Sempre lo stesso di 5000 anni fa? E cosa rappresenta per noi oggi la religione, la fede, la credenza in entità sovrumane?“Il Natale ha 5000” anni viene pubblicato per la prima volta nel 1958 per essere poi ritirato dalle librerie. La pubblicazione del 2007 dell’editore Bevivino è in realtà la seconda edizione, precisa Sonia Fossi. Cosa accadde nel 1958? «Nel ’58 il mio libro fu accolto molto bene dal pubblico e molto male dalla “Civiltà Cattolica”». La rivista dei gesuiti, allora diretta da padre Enrico Rosa, «dedicò un intero numero, ben 25 pagine, alla confutazione della tesi esposta nel mio libro, confutazione a cura di padre Rosa». Che cosa ha fatto e cosa può ancora fare paura del suo libro? «Varie cose. Ad esempio, ha fatto paura il fatto che io affermassi che il Cristianesimo è un mitema: ma il mito non è bugia». Il mito è un’affermazione che sorge spontaneamente, spiega Saba Sardi. «Il Natale è un mito che sorge nell’impero eurasiatico quando nell’età neolitica l’umanità passa dal nomadismo alla stanzialità. La società stanziale inventò l’agricoltura, l’allevamento di bestiame, il maschilismo e il potere. La necessità di una società organizzata richiese l’istituzione di una gerarchia che veniva ordinata soprattutto dal cielo con l’idea della divinità».Su quali elementi – domanda la giornalista – basò la sua confutazione padre Rosa? «La mia tesi è inconfutabile», risponde lo studioso. «Padre Rosa basò la sua confutazione sul fatto che Gesù è una realtà storica e non una figura mitica. Ma anche se Gesù fosse una realtà storica questo non avrebbe nessuna importanza, perché fu Paolo di Tarso il fondatore del Cristianesimo e non Cristo». Il Cristianesimo nasce e si diffonde seguendo vari rami, varie tesi come ad esempio la gnostica, per poi arrivare alle edizioni Paoline, e gli scritti di Paolo di Tarso diventano la base su cui si fonda il cattolicesimo per come noi oggi lo conosciamo. Come interpretare questo percorso? «E’ chiaro che quando è giunto il momento di scegliere tra i vari rami del Cristianesimo si è pensato di scegliere il Dio monoteista che più conveniva a chi in quel momento gestiva il potere, in questo caso l’imperatore Costantino. Insomma, Paolo di Tarso è stato un autore che ha trovato nell’imperatore Costantino un formidabile editore». Quindi l’imperatore Costantino potendo scegliere tra diversi autori decide di editare Paolo di Tarso? «Sì, e da quel momento il Cristianesimo sostituisce la Trinità Capitolina formata da Giove, Marte ed Ercole. Bisogna sottolineare il fatto che le figure e le qualità degli Dei Capitolini non soddisfacevano più gli intellettuali romani dell’epoca. Costantino unificò l’impero donando al popolo romano un Figlio del Cielo, monoteista e nato da un Dio sensibile e più raffinato degli Dei a cui i romani erano abituati fino ad allora».La narrazione cristica ha però avuto un’immensa fortuna: perchè? «La grande forza del Cristo, così come per tutti gli Apparsi, per tutti i Figli del Cielo, consiste soprattutto nell’essere maschio», spiega Saba Sardi. «La gerarchia è maschile. Il potere maschile, il Tyrannos (in lingua turca e in latino: il pene duro), il Tiranno». Attenzione: «Nessun potere può affermarsi se non è incarnato; così, il potere si materializza in una parte del corpo». Al che, «sesso e potere diventano tutt’uno». Si badi: «Non c’è mai stata un’Apparsa. Mai una donna venuta a rivelare il Nuovo Mondo, a promettere l’Età dell’Oro». Da quando sono stati inventati gli Dei, le Dee, le Ninfe, le Valchirie – aggiunge Saba Sardi – sono sempre «al servizio del Signore degli Dei, il Grande Maschio». Il potere è maschio in una civiltà dominata dai maschi, osserva Sonia Fossi. Ma se l’umanità avesse camminato sulla scia dell’energia femminile, questo avrebbe fatto differenza nella nostra evoluzione? «Moltissima differenza. Il potere non è donna. La donna è madre. Nella nebulosità dei nostri ricordi ancestrali si è persa l’idea delle Dee che si auto-generavano senza il ricorso dell’inseminazione maschile come la Madre Terra, metafora del suolo che risorge continuamente da se stesso. Nell’età neolitica la donna venne “domesticata”, ridotta alla condizione di inferiorità e sudditanza».«Il Neolitico è stata una tragedia per l’umanità», insiste Saba Sardi. «L’invenzione della stanzialità, nel tempo ha cambiato tutto: il modo di mangiare, la concezione dello spazio. Abbiamo cessato di divertirci. Andare a caccia è divertente, il selvaggio si diverte. Zappare non è divertente come non è divertente fare l’impiegato. Abbiamo cessato di divertirci e abbiamo inventato la guerra. La parola ha cessato di essere spontanea: non è la parola che inventa il mondo, ma sono gli oggetti che iniziano a imporre le parole». Il suo libro percorre la storia dei Figli del Cielo, dei mitema. Quali elementi uniscono queste figure al Cristo? «Come abbiamo già detto la maschilità», risponde l’autore. «Il fatto che devono affrontare dei pericoli: ad esempio, il Dio egizio Amon Ra – il Sole – deve affrontare il pericolo della notte, come il Cristo deve affrontare il buio, il Diavolo. Il fatto è che sono Apparsi, il Natale è Apparso. Non è sempre necessaria una madre vergine, ma una nascita straordinaria: Mitra nasce da una roccia. Poi, l’Apparso trionfa nell’aldiquà o nell’aldilà; quello che conta è il trionfo attuale o futuro, dopo aver “rinominato” il mondo non più con la parola spontanea, ma come conseguenza dell’essersi impadronito del mondo». In altre parole, attraverso l’evocazione della divinità, «il potere consiste nel darci il pensiero, che è parola».Tutti i profeti raccontano del ritorno dell’Età dell’Oro, scrive la Fossi, anche se ognuno chiama questo tempo che ci attende con le proprie parole: cosa rappresenta questa visione? «Nostalgia e speranza», dice Saba Sardi. «Speranza che ritorni il tempo felice. Il tempo in cui non si consumava la propria vita lavorando, perché cacciare o raccogliere delle radici nei boschi non è un lavoro». Ed ecco il nostro tempo: «La civiltà per come l’abbiamo costruita ora è un disastro. Abbiamo distrutto la natura, abbiamo ucciso noi stessi». Tornare indietro? «E come? Tornando alla caccia? E’ più probabile che ci penserà la Terra stessa a ripulire l’uomo. L’Apocalisse è la fine del mondo per ricominciare. L’Età dell’Oro è apocalittica. Ci sarà un’epoca di felicità futura perché la nostalgia e la speranza sono tutt’uno. Tutti gli Apparsi, tutti i Figli del Cielo parlano di questo momento, tutti».Quindi, figure simili a Cristo esistono almeno da 5000 anni. «Nel Neolitico avviene la rivoluzione razionale, la ratio: il cognito prende il posto del mitema e sostituisce la poesis, l’invenzione, la poesia che è immediatezza e spontaneità, è ciò che sopravvive ancora nei bambini». Quindi le informazioni le abbiamo, ma a causa della nostra razionalità non riusciamo ad utilizzarle? «No, non riusciamo. Tutte le informazioni da cui siamo invasi nella nostra società sono composte da due parti: la prima è costituita da dogmi. Dogma è la fede e l’affermazione fideistica non ha nulla a che fare con la razionalità. La seconda parte dell’informazione è composta dalla giustificazione, la riprova. Il Vaticano, ad esempio, informa utilizzando la razionalità dell’informazione religiosa». Ratzinger ha detto di continuo che il Cristianesimo è razionale. «I preti non fanno altro che dare dimostrazione di Dio e delle sue manifestazioni hanno bisogno della riprova». Mentre la scienza «parte da ipotesi che debbono essere provate», la religione «al posto delle ipotesi mette delle certezze aprioristiche», cioè «dogmi che non possono essere smentiti perché smentire i dogmi significa essere degli eretici».La storia dell’uomo è comunque piena di eretici, di uomini che hanno tentato con tutte le loro forze di smentire questi dogmi. Gente come Giordano Bruno, disposta a pagare con la vita. Oggi, domanda Sonia Fossi, un Giordano Bruno che tipo di opposizione incontrerebbe? «Incontrerebbe un padre Rosa che gli darebbe pubblicamente del bugiardo», risponde Saba Sardi. Ma la Chiesa «è in contraddizione con se stessa: ad esempio, dichiara Cristo una realtà storica, quindi non nega l’incarnazione, ma dell’incarnazione nega la sessualità». Infatti, “Il Natale ha 5000 anni” mostra le immagini di antichi dipinti in cui la sessualità di Cristo non viene negata, ma mostrata. Quei dipinti «sono esistiti fino al Concilio di Trento», poi sono stati occultati. «Il Concilio di Trento è da considerarsi l’antirinascimento», sostiene lo studioso. La copertina del libro sotto accusa, ad esempio, mostra la “Sacra Famiglia” di Hans Baldung Grien, datata 1511. «L’immagine che ha suscitato, a più riprese, scandalo, mostra il Bambino Gesù sottoposto a manipolazioni genitali. A toccarlo è la nonna, sant’Anna, mentre il bambino tende una mano al mento della madre, Maria, e l’altra scopre l’orecchio dal quale è entrato il Verbo».Da cattolici e protestanti «si è cercato in vari modi di spiegare, o meglio esorcizzare, l’atto erroneamente considerato un gesto di libertà senza precedenti nell’arte cristiana, ma le erezioni di Gesù sono illustrate da una folla di dipinti rinascimentali», afferma Saba Sardi. «In più di un dipinto l’erezione è talmente palese da aver indotto più volte i censori a mascherarla con pennellate o drappeggi, quando non si è arrivati a distruggere i dipinti “incriminati”». Eppure, aggiunge lo studioso, «la virilità di Gesù è una componente fondamentalissima nella concezione cristiana». Sicchè, «negare questa evidenza, negare la sessualità del Cristo, equivale a negare l’Ensarcosi, l’incarnazione del Figlio del Cielo, e dunque a negare il dogma stesso del Dio-uomo; questo equivale dunque a pronunciare una bestemmia».Visto che l’esistenza stessa di questi dipinti testimonia il fatto che la Chiesa non ha da sempre negato la sessualità di Cristo – ragiona Sonia Fossi – come siamo arrivati alla negazione? Nel Cristianesimo, Saba Sardi distingue tre fasi: nella prima, la fase Agostiniana, «Dio è Padre, severo e unilaterale: concede la grazia ai suoi figli ma chi non è nelle sue grazie va all’inferno». La seconda è la fase del Rinascimento: «In questa fase Dio Padre viene sostituito dal figlio, che ha ha doti di spontaneità e umanità, ed è davvero di carne e sangue». Poi arriva il Concilio di Trento, che apre la terza fase del Cristianesimo, in cui si torna alla figura del Padre severo e indiscutibile. «Naturalmente un residuo del Dio che si incarna nel Figlio, della fase rinascimentale, ha continuato a sopravvivere resistendo fino a Giovanni XXIII, ma adesso si sta tornando a Pio IX, al Sillabo. Perché la concezione dell’uomo che può e deve scegliere è impossibile da conciliare per la Chiesa, quindi si torna al Sillabo: così si pensa, così si parla, così si scrive». La poesis è pericolosa, conclude Saba Sardi: «Il poeta è pericoloso perché non rispetta i dettami del potere, quindi, tutti devono essere ridotti al comune denominatore: il Sillabo e i suoi derivati. I giornali sono il Sillabo, la produttività è il Sillabo. Il poeta è la negazione del Sillabo».Di Salvatori se ne contano tanti: e sono tutti maschi e virili, come Cristo. E’ la tesi “blasfema” di un eminente intellettuale come Francesco Saba Sardi, scomparso nel 2012, autore di decine di libri tra cui “Il Natale ha 5000 anni”, messo all’indice dal Vaticano. Chi è, dunque, e come “nasce” un dio? Perché la Chiesa nega la sessualità del messia? In un’intervista a Sonia Fossi per la rivista “Hera”, Saba Sardi spiega la sua visione della religione intesa solo come sistema di potere sui popoli. Triestino, spregiatore dei dogmi, Saba Sardi ha tradotto in sei lingue alcuni tra i più grandi scrittori dell’800 e del ‘900, pubblicando oltre 40 libri su temi che spaziano dalla narrativa alla saggistica, dalla poesia ai viaggi. E’ considerato una delle menti più prestigiose del XX secolo, riconosciuto dal Quirinale tra le maggiori autorità intellettuali italiane. “Il Natale ha 5000 anni” racconta la vicenda della nascita e della diffusione del Natale cristiano, illuminando le radici della religiosità in un momento storico di nascente integralismo. Con l’avvento del neolitico, 12.000 anni fa, la nostra civiltà diventa stanziale grazie alla scoperta dell’agricoltura. Per gestire la terra e il lavoro nasce la guerra. E per motivare la guerra viene “inventata” la religione.
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Ma quest’Europa è da cestinare: partiti, prendetene atto
Non basta l’evocazione di Ventotene per resuscitare il sogno europeo, messo nero su bianco dall’antifascista Altiero Spinelli, insieme a Ernesto Rossi e Ursula Hirschmann, con prefazione di Eugenio Colorni. Doveva essere l’antidoto naturale contro gli opposti appetiti truccati da nazionalismi. Né basta una location tutt’altro che casuale – il ponte della portaerei Garibaldi, nave intitolata all’eroe cosmopolita dell’unificazione italiana – per dare credibilità alle promesse di Angela Merkel, François Hollande e Matteo Renzi. «Il meeting ha voluto provare al mondo che il “sogno europeo” non è morto e che andrà avanti, nonostante il Brexit». Eppure, scrive Marco Moiso, quelli che oggi si dicono protettori del progetto europeo «rischiano di diventare i carnefici del sogno europeo a causa della loro palesata incapacità di capire il significato, profondo, che quel sogno ha e potrebbe avere per il popolo europeo». Ovvero, il sogno di Spinelli: «Un’unione federale delle nazioni europee, gli Stati Uniti d’Europa, volta a creare una società libera dalla paura, dal bisogno e dalle costrizioni, in cui ci sia uguaglianza nelle opportunità di realizzazione personale e collettiva, e in cui sia diffuso un senso di fratellanza che vada oltre la diversità di razze, nazionalità e religioni».Vale a dire: l’esatto opposto del “mostro tecnocratico” rappresentato oggi dall’Ue, che per Moiso – esponente del Movimento Roosevelt fondato da Gioele Magaldi – va assolutamente archiviato e superato, varando una vera federazione paritaria da realizzare a qualsiasi costo, «tramite un’evoluzione dell’attuale Unione Europea o tramite la sua dissoluzione». Nulla di simile è in vista, però, stando alle velleitarie conversazioni che hanno avuto luogo a Ventotene, dove sono emerse soltanto proposte «contingenti al contesto politico attuale e completamente incapaci di ridisegnare il progetto europeo, per ridargli senso e finalità». Se infatti «è auspicabile identificare un gruppo di nazioni disposte a proseguire verso una federazione degli Stati europei», partendo quindi dai partner di maggior peso come appunto Francia, Italia e Germania, «non è certo con i temi dell’esercito, della difesa e del rigore finanziario che si possono riaccendere gli animi per far ripartire il processo di unificazione europea».L’unione federale delle nazione europee è un progetto ambizioso, insiste Moiso, «ed è con ambizione che bisogna affrontarlo, senza cedere a particolarismi nazionali e comprendendo la necessità e l’opportunità, nel 21° secolo, di un’unione politica, economica e sociale del vecchio continente». I futuribili Stati Uniti d’Europa? «Dovranno essere capaci di restituire dignità (economica e sociale) e sovranità (politica) al popolo europeo, rimettendo l’uomo al centro del confronto politico e ridando al Parlamento continentale – eletto tramite suffragio universale – il ruolo di legislatore, di fulcro del processo integrativo e della governance complessiva dell’Europa: ruolo oggi usurpato malamente dalla Commissione Europea e sciaguratamente da una Banca Centrale Europea asservita ad interessi privati». Soltanto attraverso una completa ridefinizione del ruolo e delle finalità degli “Stati Uniti d’Europa”, conclude Moiso, «il 21° secolo potrà vedere un’ulteriore evoluzione della società in senso democratico ed egualitario, su scala globale».Organismo meta-partitico sorto per sollecitare il “risveglio” dei partiti sui temi più strategici, il Movimento Roosevelt proprone «l’apertura di un cantiere, trasversale alle identità partitiche e movimentiste, che avrà la finalità di riscrivere la Costituzione Europea per rilanciare un progetto sinceramente democratico e social-liberale». Imposta come un approdo istituzionale necessario e non negoziabile, l’attuale Ue – rivelatasi un formidabile strumento di controllo geopolitico per ingabbiare l’Europa, bloccando lo sviluppo delle relazioni con Mosca dopo la caduta del Muro – è stata in realtà progettata come una struttura autoritaria e antidemocratica: un comitato d’affari dove migliaia di lobbisti condizionano la Commissione, le cui direttive – scritte sotto dettatura – esaudiscono i voleri delle maggiori multinazionali. Il capolavoro dell’Ue consiste nell’aver demolito la sovranità democratica neutralizzando l’autonomia finanziaria degli Stati, obbligati – con l’euro – a ricorrere al mercato anche per rifornirsi di moneta, strumento indispendabile per la pianificazione strategica dell’economia. E’ la morte dell’interesse pubblico, come spiega Paolo Barnard: lo Stato è costretto a ricorrere e prestiti, esattamente come fosse una famiglia o un’azienda.E senza più la minima capacità di investire, utilizzando lo strumento-chiave del deficit positivo (il debito pubblico che ha permesso lo sviluppo del dopoguerra, del quale stiamo ancora beneficiando – infrastrutture, servizi) lo Stato è costretto a tagliare e privatizzare i settori vitali del welfare e a super-tassare il settore privato, aggravando la crisi, come più volte sottolineato da economisti indipendenti del calibro di Nino Galloni: se persino la moneta è “privatizzata”, cioè non più a disposizione del bilancio in modo teoricamente illimitato, si innesca una spirale depressiva che si traduce nel disastro economico che stiamo vivendo, di cui – in ultima analisi – è vittima anche lo Stato, che vede costantemente diminuire il gettito fiscale, nonostante l’aumento esasperante delle imposte. L’Europa sta rischiando grosso: l’allarme viene dalla catastrofe della disoccupazione, dal Brexit, dall’emergere della protesta attraverso il crescente consenso popolare di cui godono i nuovi movimenti nazionalisti, ostili alla gestione monopolitica del potere da parte di Bruxelles. Riscrivere le regole, da zero: mission impossibile? L’ostacolo enorme è rappresentato dalla super-piramide del potere finanziario, il vero padrone dell’Ue. Primo passo, per il Movimento Roosevelt: cominciare almeno a “costringere” i partiti a prendere atto che, così, non si può più andare avanti.Non basta l’evocazione di Ventotene per resuscitare il sogno europeo, messo nero su bianco dall’antifascista Altiero Spinelli, insieme a Ernesto Rossi e Ursula Hirschmann, con prefazione di Eugenio Colorni. Doveva essere l’antidoto naturale contro gli opposti appetiti truccati da nazionalismi. Né basta una location tutt’altro che casuale – il ponte della portaerei Garibaldi, nave intitolata all’eroe cosmopolita dell’unificazione italiana – per dare credibilità alle promesse di Angela Merkel, François Hollande e Matteo Renzi. «Il meeting ha voluto provare al mondo che il “sogno europeo” non è morto e che andrà avanti, nonostante il Brexit». Eppure, scrive Marco Moiso, quelli che oggi si dicono protettori del progetto europeo «rischiano di diventare i carnefici del sogno europeo a causa della loro palesata incapacità di capire il significato, profondo, che quel sogno ha e potrebbe avere per il popolo europeo». Ovvero, il sogno di Spinelli: «Un’unione federale delle nazioni europee, gli Stati Uniti d’Europa, volta a creare una società libera dalla paura, dal bisogno e dalle costrizioni, in cui ci sia uguaglianza nelle opportunità di realizzazione personale e collettiva, e in cui sia diffuso un senso di fratellanza che vada oltre la diversità di razze, nazionalità e religioni».
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Dante e i Templari fiorentini, fino a John Fitzgerald Kennedy
In un libro edito da Aurora Boreale, “Firenze, città santa dei Templari”, Luca Monti scrive che Dante Alighieri fu il Gran Maestro segreto dei Templari dopo Jacques De Molay. «La storia dei Templari è molto diversa da quella che viene descritta dagli storici tradizionali», spiega Monti, intervistato da Paolo Franceschetti. «Quando io mi occupo della storia non me ne occupo con gli strumenti tradizionali, cioè con i libri e i materiali scritti da storici, perché questi sono materiali scritti da uomini, quindi con criteri limitati; io parto invece dai simboli, che sono universali a tutte le latitudini. Da questo punto di vista i simboli usati dai Templari ci dicono molto, e ci dice molto anche il modo in cui Dante scriveva, che era di tipo esoterico. Già questo quindi offre le prime basi di partenza per l’interpretazione della Divina Commedia e ci dà delle precise indicazioni sul suo valore». Tutto, aggiunge Monti è basato su determinati numeri: 3 cantiche, e 3 è il numero della perfezione; 33 canti, e 33 è il massimo grado della massoneria, il massimo grado sapienziale. Ricorre spesso il numero 13: Dante mette nelle varie cantiche diversi gruppi di 13; 13 i dannati a cui Dante chiede il nome, 13 quelli cui non chiede il nome, 13 i dannati che si fanno riconoscere senza che venga loro chiesto il nome, eccetera.«Abbiamo poi indizi che dicono che Dante era un templare», prosegue Monti, nell’intervista pubblicata sul blog di Franceschetti. Esiste una moneta conservata in un museo di Vienna, in cui viene attribuito a Dante il grado di Cavaliere Kadosh, uno dei cavalierati più segreti all’interno dei Templari. «Attorno a sé lui aveva creato un circolo che ufficialmente si occupava di poesie d’amore, ma in realtà era un circolo segreto di matrice esoterica. L’ultima guida di Dante poi è San Bernardo, che è il creatore della regola templare». I manoscritti originali di Dante, ufficialmente, non esistono, osserva Franceschetti: non abbiamo una sua firma autografa, un suo manoscritto, nulla. Esiste qualcuno che li ha? «Per quello che posso immaginare sì, ci sono – risponde Monti – ma non sono consultabili e credo siano negli Stati Uniti, custoditi dai Templari di oggi. C’è ad esempio un certo Filippo Mazzei che è stato uno dei firmatari della Costituzione americana ed era un fiorentino di una famiglia templare molto importante. I legami quindi tra Templari e Usa sono molto stretti, perché a partire dal 1200 ormai l’Europa divenne scomoda per i Templari e quello che potevano fu portato negli Usa».Questi documenti, continua Monti, «non vengono divulgati perché da secoli ci sono battaglie all’interno del movimento templare tra coloro che sono chiamati “passatisti”, che hanno una visione pura del mondo iniziatico, e i “modernisti”, che sono la componente più nera». Nella Divina Commedia non esiste un solo cenno alla moglie di Dante, Gemma Donati, e così pure nelle altre opere. Corso Donati, Forese Donati e Piccarda Donati sono parenti di Gemma e vengono nominati, aggiunge Franceschetti – ma perché mai la moglie? Cosa ci hanno taciuto del personaggio di Dante? E’ possibile che sia un’opera collettiva e Dante sia un personaggio romanzato? «No, credo proprio di no. Credo sia tutta farina del sacco di una persona», dice Monti. «Dante divenne maestro templare controvoglia. Il vero maestro doveva essere Brunetto Latini, ma non se la sentì e per questo fu posto all’Inferno, per punirlo simbolicamente del suo rifiuto. Quanto a Gemma, potrebbe simboleggiare la “gemma gnostica” e non essere un personaggio vero e proprio. Probabile fosse quindi uno pseudonimo».E Dante cosa faceva nei periodi bui della sua biografia? «Si dedicò a ripristinare l’Ordine templare che ormai era quasi finito», racconta Luca Monti. «Non è escluso che sia stato in Medio Oriente per incontrare i Sufi, con cui ebbe rapporti molto stretti. Lo stesso Federico II provò a mettere insieme la cavalleria cristiana e islamica e addirittura quella mongola; lui infatti temporeggiava nell’intraprendere la crociata voluta dal Papa di allora, perché cercava questo accordo tra Islam e Cristianesimo esoterico». Altra domanda: Castel Del Monte, in Puglia, era il luogo dove fu custodito il Graal dai Templari? «E’ plausibile. Occorre vedere quale Graal, perché ce n’erano tre. Il contenitore del sangue di Cristo, il balsamario e quello dell’ultima cena». E che dire di due personaggi fondamentali della Divina Commedia, San Bernardo e Beatrice? «Beatrice è l’obiettivo cui devono tendere i Templari, perché simbolicamente rappresenta la gnosi, la “sofìa”, la conoscenza suprema. Per questo la troviamo nel Paradiso, perché non deve essere contaminata da energie basse». Quanto a San Bernardo, «non è solo chi ha scritto la regola, ma è colui che ha plasmato esotericamente i Templari». E i cavalieri del Tempio «non nascono certo per difendere i pellegrini in Terrasanta: in 9 infatti potevano fare ben poco». La loro vera missione: «Trovare degli oggetti esotericamente importanti». Nel tempio di Gerusalemme «cercarono l’Arca dell’Alleanza, la testa di San Giovanni Battista e molto altro».In chiave inziatica, aggiunge Franceschetti, com’è che l’esoterista Dante “vede” Inferno, Purgatorio e Paradiso? «Secondo me li ha visitati davvero», risponde Monti, «nel senso che con un “viaggio astrale” probabilmente lui ha effettuato questo percorso, e probabilmente è stato il “viaggio astrale” più interessante della storia dell’umanità», nientemeno. Con l’espressione “viaggio astrale” si può intendere “esperienza extracorporea”, nota anche con le sigle Obe o anche Oobe (dall’inglese “out of body experience”), che per Wikipedia sta a indicare «tutte quelle esperienze, la cui interpretazione rimane controversa, nelle quali una persona percepisce di “uscire” dal proprio corpo fisico, cioè di proiettare la propria coscienza oltre i confini corporei». Sempre per Wikipedia, circa una persona su dieci ritiene di aver avuto qualche volta nella vita una di queste esperienze. «Più stringatamente», il termine «sta a indicare quella sensazione che taluni provano come se stessero fluttuando all’esterno del proprio corpo e, in taluni casi, percependo la presenza del proprio corpo da un punto esterno ad esso».In genere – prosegue Franceschetti, cambiando argomento – gli iniziati condivisono tra loro il cosiddetto “segreto iniziatico”, e proprio per questo motivo «non parlano di Dante svelandone i principali segreti». Luca Monti invece perché ne parla? Non è vincolato al “segreto iniziatico”, pure essendo “Gran Priore del Sacro Ordine Equestre Ecumenico Templare”? «Personalmente – spiega l’autore del libro sul templarismo fiorentino – credo sia il momento di divulgare il più possibile, e che il “segreto iniziatico” debba essere molto ridimensionato». E aggiunge: «Credo anzi che la missione del vero iniziato, oggi, in cui i tempi sono molto cambiati, debba addirittura essere capovolta rispetto al passato, cioè essere quella di cercare di innalzare il livello sapienziale delle masse, per quanto possibile, buttando sempre più sassolini per permettere a chi vuole di fare delle ricerche». Sicché, Franceschetti ne approfitta: «Dante – dice – parla spesso di un “cinquecentodieci e quinque”, 515, che libererà l’umanità». Che cos’è? Cosa rappresenta? «E cosa rappresenta il 666? Teniamo conto che nella Divina Commedia le profezie dantesche sono tutte collocate, con precisione matematica, a 515 o 666 versi di distanza l’una dall’altra».«Io penso che questo 515 arriverà verso il 2020», risponde Monti. «Ma questo numero rappresenta anche la riunificazione; noi siamo tutti in potenza parti di Dio, particelle divine, e il 515 rappresenta la riunione di noi stessi col divino. Il 666 invece è il numero della Bestia dell’Apocalisse, ma ricordiamoci anche che l’Apocalisse è la Rivelazione». Altro quesito: se Dante fu il successore segreto di Jacques De Molay, l’ultimo leader dei Templari arso sul rogo, chi fu il successore di Dante? Sorpresa: per Luca Monti, il successore dell’Alighieri-templare fu «Gherarduccio dei Gherardini, antenato di John Fitzgerald Kennedy. Ecco perché questo legame tra Dante e i Templari». Sul tema, Monti sta scrivendo un libro, “Dal rogo all’ermellino”, ovvero «la trasformazione dei Templari dalla clandestinità all’affermazione di nuovi ordini». E i Catari, sterminati tra 1200 e 1300 dal Vaticano prima con la Crociata Albigese e poi con l’istituzione dell’Inquisizione, come incrociano la loro storia “eretica” con Dante e i Templari? «Catari e Templari sono fratelli – sostiene Monti – nel senso che condividevano una stessa visione gnostica della spiritualità; solo che i Templari non potevano esternarlo ufficialmente come i Catari, essendo formalmente riconosciuti dalla Chiesa». Ma non è tutto, perché «il legame spirituale dei Templari va oltre il Catarismo e oltre il Sufismo», basti pensare che «San Bernardo era un druido e anche quella è, quindi, una direzione spirituale da percorrere». Templari e Fedeli d’Amore? Stessa cosa, a Firenze: «I Fedeli d’Amore, quindi il gruppo di Cavalcanti e Brunetto Latini, erano i veritici templari, perché quello di “Fedele d’Amore” è il grado più alto dei Templari».(Il libro: Luca Monti, “Firenze, città santa dei Templari”, Aurora Boreale editore, 80 pagine, 12 euro).In un libro edito da Aurora Boreale, “Firenze, città santa dei Templari”, Luca Monti scrive che Dante Alighieri fu il Gran Maestro segreto dei Templari dopo Jacques De Molay. «La storia dei Templari è molto diversa da quella che viene descritta dagli storici tradizionali», spiega Monti, intervistato da Paolo Franceschetti. «Quando io mi occupo della storia non me ne occupo con gli strumenti tradizionali, cioè con i libri e i materiali scritti da storici, perché questi sono materiali scritti da uomini, quindi con criteri limitati; io parto invece dai simboli, che sono universali a tutte le latitudini. Da questo punto di vista i simboli usati dai Templari ci dicono molto, e ci dice molto anche il modo in cui Dante scriveva, che era di tipo esoterico. Già questo quindi offre le prime basi di partenza per l’interpretazione della Divina Commedia e ci dà delle precise indicazioni sul suo valore». Tutto, aggiunge Monti è basato su determinati numeri: 3 cantiche, e 3 è il numero della perfezione; 33 canti, e 33 è il massimo grado della massoneria, il massimo grado sapienziale. Ricorre spesso il numero 13: Dante mette nelle varie cantiche diversi gruppi di 13; 13 i dannati a cui Dante chiede il nome, 13 quelli cui non chiede il nome, 13 i dannati che si fanno riconoscere senza che venga loro chiesto il nome, eccetera.
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Dall’Ue al Ttip, l’atroce Europa filo-Usa creata per noi idioti
Nel Regno Unito, dove vige maggiore libertà di informazione che da noi, il corrente dibattito sul referendum del 23 giugno sull’uscita dall’Unione Europea ha reso noto all’opinione pubblica il fatto, censurato sul continente europeo, che il progetto dell’unificazione europea è un progetto di Washington varato alla fine degli anni ‘40 per assicurare agli Usa il controllo politico-finanziario del continente a scopi geostrategici ed economici e la sua permanenza nell’impero del dollaro, cioè tra i paesi che continuano ad accettare il dollaro, anche se super-inflazionato e vacillante, e a comperare bonds in dollari anche se spazzatura e a partecipare a guerre e sanzioni volute da Washington anche se contrarie agli interessi nazionali. Notoriamente da decenni gli Usa sono un paese che vive essenzialmente sulle spalle degli altri, comprando a debito beni, materie prime e servizi, e facendo continue guerre per imporre l’accettazione di questo sistema di pagamento. E fra qualche tempo emergerà anche come gli Usa si stanno impegnando per soffocare lo sviluppo e la industrializzazione di fonti alternative e pulite di energia, che soppianterebbero il petrolio, il dollaro come moneta obbligatoria per comprarlo, e le guerre per il petrolio, che sostengono l’elefantiaca industria statunitense degli armamenti.Il progetto ha visto e vede in azione personaggi presentati come padri dell’Europa ma in realtà pagati e diretti da Washington, innanzi tutti Jean Monnet e Robert Schuman. L’idea di unione europea viene inizialmente proposta come comunità del carbone, dell’acciaio e dell’atomo, allo scopo di ingranare tra di loro le economie di Francia e Germania, così da prevenire fantomatici futuri conflitti tra esse. Poi quel primo organismo sviluppa una rovinosa politica agricola comune, diventa un’area di libero scambio; poi assume poteri legislativi e di controllo sempre più ampli sugli Stati nazionali; poi si fa Schengen, la Bce, l’euro, il Trattato di Lisbona che impegna a una crescente integrazione politico-istituzionale, poi il controllo centralizzato dei bilanci e delle banche, e via discorrendo, verso la creazione di un superstato europeo a direzione non democratica, non trasparente e irresponsabile (“non accountable”), con soppressione delle democrazie nazionali parlamentari in quanto “causa di guerre”.Il tory Boris Johnson, ex sindaco di Londra, nel suo intervento pro-Brexit, spiega che i due veri padri dell’Unione Europea, Monnet e Schuman, intendevano creare un senso di identità-solidarietà europea con un metodo della psicologia comportamentale, applicando un principio che era già stato osservato come efficace in altri contesti, cioè – nella fattispecie europea – forzando permanentemente e crescentemente i diversi popoli europei a tenere comportamenti simili tra loro attraverso l’imposizione di regolamentazioni comuni, la moneta comune, l’inno comune, la bandiera comune; imporre un agire comune per far nascere un sentire comune. Decenni dopo, constatiamo che questo metodo ha chiaramente fallito, e ha anzi risvegliato contrapposti nazionalismi, poggianti su oggettive contrapposizioni di interessi soprattutto economici. Risorgono le frontiere, le economie divergono, crescono i movimenti anti-Ue. Ma persino davanti a tali fallimenti, l’oligarchia massonico-finanziaria, liberal-cosmopolita, insiste nel suo programma di unificazione forzata, imponendo crescenti cessioni di sovranità e crescenti sacrifici.Questa evoluzione sta comportando (senza che lo si dica e che si permetta ali popoli di decidere) radicali e surrettizie trasformazioni costituzionali nei vari paesi aderenti, che perdono la loro sovranità a quote crescenti e a vantaggio delle burocrazie centrali, non democratiche e non responsabili, dell’Unione Europea – burocrazie oscenamente strapagate, e tanto corrotte, parassitarie e inefficienti, che da vent’anni l’organismo europeo di revisione dei conti non firma i loro bilanci. L’unica volta che si è fatto un controllo, è scoppiato lo scandalo della Commissione Santer con la commissaria Edith Cresson. Poi hanno deciso che era meglio non controllare più! Incidentalmente: il potere legislativo, come praticamente ogni potere dell’Ue, risiede nella Commissione, non eletta e irresponsabile, che discute e decide in segreto, a porte chiuse, altroché fascismo!Ogni cessione di sovranità a questa burocrazia viene richiesta come condizione per sviluppo e sicurezza, ma l’Unione Europea è sempre più in crisi e sempre più in fondo alla graduatoria dell’Ocse in fatto di crescita – stanno meglio solo i paesi che non hanno aderito all’euro. Questo il bilancio dell’unione e della sua moneta. Un bilancio che dovrebbe svegliare anche le menti più torbide e sognatrici. Solo gli idioti non riconoscono, a questo punto, che il progetto dell’Unione Europea non è mai stato rivolto al progresso e al benessere delle nazioni europei, bensì ad altri fini, a fini di dominazione, di controllo sociale. Informandoci, scopriamo che esso serviva e serve al dominio degli Stati Uniti sull’Europa attraverso un processo col quale il vassallo Germania è stato posto in una condizione di egemonia in Europa soprattutto mediante gli effetti dell’euro e delle politiche fiscali, che hanno prodotto e stanno producendo un forte e crescente indebitamento dei paesi periferici verso la Germania e hanno dato quindi a questa l’iniziativa politica, il controllo delle istituzioni comunitarie e il diritto di veto.La Germania impone, col pretesto di prevenire l’inflazione e di risanare i bilanci dei paesi Pigs, misure recessive, che generano un avvitamento fiscale con conseguenti calo del Pil, aumento del debito, accrescimento della sottomissione a Berlino, che diventa sempre più dominante. Invero l’euro non è una moneta unica, con un unico debito pubblico sottostante, ma un sistema di cambi fissi tra le precedenti valute, con debiti pubblici divisi, nel quale il regolamento delle transazioni internazionali si fa sostanzialmente mediante il rilascio di promesse di pagamento, cioè mediante indebitamento, delle singole banche centrali nazionali dei paesi a deficit commerciale verso quelli con attivo commerciale. I cambi fissi, impedendo l’aggiustamento fisiologico, cioè di mercato, dei rapporti valutare tra paesi con deficit e paesi con un surplus di bilancia commerciale, determinano un crescente deficit e un crescente indebitamento dei paesi meno efficienti soprattutto verso la Germania, ma anche una fuga di imprese, di capitali, di lavoratori e tecnici qualificati, così che la Germania si ritrova con enormi crediti che usa per comprarsi i pezzi più interessanti dei patrimoni e delle economie dei paesi indebitati – cioè trasforma i propri interessi attivi in beni reali dei paesi sottomessi. E l’Italia si ritrova non solo sempre più indebitata, ma sempre più deindustrializzata e sempre più abbandonata da giovani qualificati. Il crollo dei brevetti italiani è solo l’ultima riconferma di questo processo ultraventennale e strutturale di declino.Tale era il disegno europeista reale dietro l’europeismo di facciata concepito dai padri nobili per i figli scemi, dai padri che facevano leva su supposti sentimenti di fratellanza e solidarietà tra i popoli degli Stati europei, quando anche gli idioti sanno che, nella politica, soprattutto quella internazionale, le decisioni vengono prese per convenienza e calcolo, alla ricerca del vantaggio e della sopraffazione. Se teniamo presente questa realtà, non avremo alcuna difficoltà a capire per quale ragione tutte le innovazioni europeiste hanno avuto effetti contrari alle promesse. E per quale ragione ad ogni crisi causata da tali effetti, si è risposto che la cura era “più Europa”, più cessione di sovranità all’Unione, cioè a Berlino. Chi obietta, è estremista e populista, forse pazzo, quindi i suoi argomenti sono invalidi a priori, senza esame del merito, anzi non è nemmeno legittimato a parlare. Stile Stalin.La prossima innovazione, già in avanzato stadio di elaborazione, è il famoso Ttip, il trattato transatlantico di libero commercio, negoziato in segreto, senza che nemmeno i parlamentari possono fare copie delle bozze, e possono consultarle solo per due ore, sorvegliati dai carabinieri, senza poterne trascrivere brani, come recentemente denunciato dal sen. Tremonti. Perché questa segretezza ultra-dittatoriale? Per coprire gli interessi economici retrostanti e i loro progetti: col Ttip le multinazionali statunitensi potrebbero prendersi larghe fette dei mercati nazionali europei (soprattutto in Italia, ai danni dei milioni di piccole imprese che danno il grosso della ricchezza e dei posti di lavoro, e con vantaggio solo di quelle pochissime imprese, perlopiù grandi, di cui gli Usa importano i prodotti. Ossia: il Ttip sarà tutto a vantaggio delle esportazioni americane verso l’Europa e soprattutto verso l’Italia, e a danno dei piccoli produttori europei dai quali dipende il nostro livello di redditi e di occupazione.Le multinazionali americane potrebbero imporre la vendita in Europa senza etichette distintive di loro prodotti Ogm e in generale a rischio, potrebbero richiedere risarcimenti agli Stati che ponessero limiti allora affarismo quand’anche detti limiti siano giustificati da esigenze di tutte era della salute pubblica. Col Ttip disporrebbero anche, ciliegina sulla torta, di un tribunale sovranazionale praticamente organizzato da esse stesse, davanti a cui citare gli Stati dalle cui politiche e legislazioni si ritenessero danneggiate, per farli condannare a risarcire i danni da mancato profitto, e far pagare il risarcimento ai contribuenti. Anche quanto resta di libera ricerca e informazione medico-scientifica sarebbe tolto, perché contrario agli interessi del profitto. Molti economisti e giornalisti e politici in carriera, ipocritamente, dichiarano che il Ttip va bene, a condizione che la politica regolamenti l’affarismo. Ma ciò è proprio quel che il Ttip proibisce. E anche se non lo proibisse, la potenza di questo affarismo già controlla la politica.Se il Ttip passerà, e credo che passerà perché non vi sono in campo dinamiche capaci di contrastarlo, sarà la totale eliminazione, da parte del grande capitale finanziario, di ogni limite e di ogni valore che si opponga ai suoi calcoli e alle sue speculazioni, cioè la fine pratica dell’esistenza del principio politico e del principio legalitario, oltre che dei diritti dell’uomo. Rimarranno solo quelli degli investitori, come li chiama il Ttip, ossia del capitale finanziario. Sarà una riforma non semplicemente dell’economia, ma della società e dello stesso concetto di uomo, il quale sarà ridotto e considerato esclusivamente come componente dei processi finanziari. Il dominio Usa sull’Europa attraverso il processo di unificazione europea sotto il vassallo germanico serve ultimamente a questo.(Marco Della Luna, “Dall’europeismo al Ttip, un piano degli Usa”, dal blog di Della Luna del 24 maggio 2016).Nel Regno Unito, dove vige maggiore libertà di informazione che da noi, il corrente dibattito sul referendum del 23 giugno sull’uscita dall’Unione Europea ha reso noto all’opinione pubblica il fatto, censurato sul continente europeo, che il progetto dell’unificazione europea è un progetto di Washington varato alla fine degli anni ‘40 per assicurare agli Usa il controllo politico-finanziario del continente a scopi geostrategici ed economici e la sua permanenza nell’impero del dollaro, cioè tra i paesi che continuano ad accettare il dollaro, anche se super-inflazionato e vacillante, e a comperare bonds in dollari anche se spazzatura e a partecipare a guerre e sanzioni volute da Washington anche se contrarie agli interessi nazionali. Notoriamente da decenni gli Usa sono un paese che vive essenzialmente sulle spalle degli altri, comprando a debito beni, materie prime e servizi, e facendo continue guerre per imporre l’accettazione di questo sistema di pagamento. E fra qualche tempo emergerà anche come gli Usa si stanno impegnando per soffocare lo sviluppo e la industrializzazione di fonti alternative e pulite di energia, che soppianterebbero il petrolio, il dollaro come moneta obbligatoria per comprarlo, e le guerre per il petrolio, che sostengono l’elefantiaca industria statunitense degli armamenti.
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Il volo del pellicano, i Rosacroce sono ancora tra noi?
Tutto comincia con un certo Melchisedek, il biblico “re di giustizia” che ha la facoltà di autorizzare Abramo ad esercitare il potere terreno sul suo popolo. Figura estramamente misteriosa, Melchisedek: secondo la recentissima decrittazione di Mauro Biglino, nientemeno che un Elohim, come lo stesso Yahwè; per l’interpretazione esoterico-simbolica, invece, era una personalità “a diretto contatto col divino”, emblema vivente della perduta regalità, fondata su una speciale conoscenza gelosamente custodita, nei millenni, dalla cosiddetta Radix Davidis, la Stirpe di Giuda il cui destino è prefigurato nella pagina della Genesi su cui, ancora oggi, giurano i presidenti degli Stati Uniti. Dall’evangelico Giuseppe d’Arimatea fino al genio visionario di Salvador Dalì, passando per Alarico il re dei Goti, Dante Alighieri e Giordano Bruno, Bach e Cartesio, Leonardo e Giorgione. Una “confraternita del sapere”, che si sarebbe poi chiamata – anche – Rosacroce, nome col quale, all’inizio del ‘600, firmò un manifesto che chiedeva l’abolizione della proprietà privata e dei confini tra le nazioni.Melchisedek è anche il nome dell’editore che oggi ripubblica l’originalissimo romanzo che Gianfranco Carpeoro, ex avvocato e giornalista, già “sovrano gran maestro” della massoneria indipendente di rito scozzese, nonché appassionato studioso di linguaggi simbolici, ha dedicato al mistero dei Rosacroce, “Il volo del pellicano”. Molti simboli rappresentano la porta di un mondo che ci sfugge, al quale abbiamo accesso soltanto nella dimensione del sogno, che però – ha sostenuto l’autore in una recente presentazione milanese – al nostro risveglio non possiamo ricordare, perché ci manca il linguaggio adatto, dal momento che il sogno è il reame degli archetipi. L’archetipo rivive proprio nel simbolo, un’astrazione concepita per veicolare un messaggio attraverso i secoli. E noi, frastornati dal pensiero magico-manipolatorio del potere (religione, economia, politica), in realtà siamo circondati da simboli che ci “parlano”, se solo li sapessimo “leggere”. E’ quello che scopre Giulio Cortesi, il protagonista de “Il volo del pellicano”, uccello-simbolo della militanza rosacrociana, richiamato anche in una delle ultime apparizioni pubbliche di una rockstar come Freddy Mercury, leader dei Queen.Il libro di Carpeoro è un avvincente thriller alchemico-esoterico che si svolge su due livelli, due binari separati che corrono parallelamente alla verità di un mondo che è davanti ai nostri occhi, a patto che ci decidiamo ad accorgercene. Vi inciampa il grafico quarantenne Cortesi, disoccupato e con la passione per la cucina: sospettato di omicidio, si trova per caso coinvolto in un’insolita ricerca, un’avventura intellettuale tra antichi simboli e opere d’arte, che lo porterà a scoprire i segreti dei Rosacroce, gli iniziati alla fratellanza, attraverso i personaggi storici che, nei secoli, hanno costruito il destino della Stirpe di David, scrive lo stesso Carpeoro sul suo sito. Punto di partenza, l’opera di Giorgione: quale segreto si nasconde dietro la vera identità del grande pittore, la sua breve esistenza e le sue opere misteriose? E poi Giordano Bruno: cosa lo spinge a Wittenberg qualche anno prima della sua morte? E quale incontro, ad Ulm, cambierà la vita del filosofo e matematico Cartesio? E ancora: perché il protestante Silesio andò a Padova, prima di convertirsi al cattolicesimo, e cosa lo collega alle terzine del Pellegrino Cherubico e ai quadri di Giorgione?Lo stesso pittore è stranamente collegato anche al principe Sangro di Sansevero; a proposito: chi fu veramente Cagliostro? E che mistero si cela dietro la storia della famiglia Bach? E ancora: dove finirono le spoglie di Mozart? Gli enigmi si prolungano fino al ‘900, intrecciando indizi che coinvolgono il musicista Eric Satie, il “vate” Gabriele D’Annunzio, il francese Jean Coucteau e lo stesso Dalì, ultimo “Ormùs” (gran maestro) della segretissima confraternita, che prima di morire pare abbia trasmesso un fondamentale segreto: a chi? Tessere di un mosaico, verso il quale Cortesi viene guidato da svariate figure, tra cui un paio di professori torinesi, che lo spingono alla scoperta delle opere di Giordano Bruno e fra’ Luca Pacioli, il precettore di Leonardo, e poi Ruggero Bacone, Raimondo Lullo, lo stesso Cagliostro. Giulio Cortesi fa amicizia con altri due personaggi singolari: l’anziano architetto Quinto Ammonio Solfo, membro di una loggia massonica e raffinato intellettuale, e fra’ Tommasino di Chiaravalle, al secolo Tommaso Sale, un anziano mistico. «Entrambi – racconta Carpeoro – daranno a Giulio utilissime indicazioni sulla pista da seguire per addentrarsi nei misteri dei Rosa+Croce».Altri indizi gli vengono forniti in sogno da Cecilia, la fanciulla amata dal Giorgione, morta di peste a Venezia nel 1511. «A questo punto il protagonista ha varcato la soglia di un mondo che non conosceva, è proiettato in una dimensione spirituale che lo porta a una comprensione diversa e più profonda della realtà». Chiarito l’arcano dell’omicidio, Giulio proseguirà nelle sue ricerche e arriverà alla conclusione che anche Giorgione aveva appartenuto alla fratellanza dei Rosacroce. Studiando le opere di iniziati e maestri, «emergerà la verità sulla stirpe di David e sulla discendenza della famiglia in cui nacque Cristo». Giulio Cortesi scoprirà che la confraternita fondata dall’apostolo Giacomo (e da Giuseppe d’Arimatea) ha lo scopo di «conservare e diffondere il Sang Real, la stirpe di David, dalla tribù di Giuda, e accogliere anche tutti gli eletti, uomini e donne d’ogni censo e razza, che pur non avendo legami di sangue con la stirpe reale, sono stati e saranno iniziati per tramandare di maestro in maestro l’antica conoscenza».«Tutti gli interrogativi posti potrebbero trovare una risposta tra le righe del romanzo», scrive Carpeoro. «Ricomponendo le tesserine del mosaico si potrebbe trovare l’origine biblica dei Rosa+Croce della nostra bandiera tricolore o, analogamente, degli Stati Uniti d’America». Alcune risposte, però, «sono scritte con l’inchiostro simpatico», e quindi «solo il calore della grande passione per il simbolismo le farà magicamente apparire». E il finale è a sorpresa: sarà la persona più insospettabile a portare Giulio a conoscere una nobildonna austriaca, astrologa e seguace di Rudolf Steiner, che passerà le consegne della confraternita. «L’incontro con l’anziana astrologa condurrà Giulio a conoscere il nome degli ultimi due maestri Rosa+Croce ancora in vita, e lo lascerà con un interrogativo: ci sarà in futuro ancora qualcuno che possa divenire un maestro?». Ovvero, a tramandare la “segreta conoscenza” custodita nei millenni, le cui prime tracce risalgono al racconto biblico di Melchisedek?(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Il volo del pellicano”, Melchisedek editore, 512 pagine, 26 euro – 22,10 su Macrolibrarsi).Vuoi vedere che gli antichi la sapevano molto più lunga di noi, riguardo ai misteri dell’universo? «Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante non ne sogni la tua filosofia», fa dire Shakespeare in “Amleto”. Già, Shakespeare: un inglese ben strano, così addentro alle cose italiane da ambientare alla perfezione, nel Belpaese, i suoi maggiori capolavori, da “Romeo e Giulietta” al “Mercante di Venezia”. Ci sfugge qualcosa, sull’identità del “vero” Shakespeare? Proprio l’Italia del Rinascimento, infatti, fu la culla di grandi artisti che utilizzarono letteratura e pittura per veicolare messaggi segreti attraverso codici cifrati. Un antico sapere, risalente alla notte dei tempi. Tutto comincia migliaia di anni prima con un certo Melchisedek, il biblico “re di giustizia” che ha la facoltà di autorizzare Abramo ad esercitare il potere terreno sul suo popolo. Secondo Mauro Biglino, Melchisedek era un Elohim, come lo stesso Yahwè; per l’interpretazione esoterico-simbolica, invece, era una personalità “a diretto contatto col divino”, emblema vivente della perduta regalità, fondata su una speciale conoscenza gelosamente custodita, nei millenni, dalla cosiddetta Radix Davidis, la Stirpe di Giuda il cui destino è prefigurato nella pagina della Genesi su cui, ancora oggi, giurano i presidenti degli Stati Uniti.