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Archivio del Tag ‘giustizia’

  • Trump contesta Biden: il popolo ha diritto a elezioni oneste

    Scritto il 09/11/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    «Sappiamo tutti perché Joe Biden si sta affrettando a fingersi falsamente vincitore e perché i suoi alleati dei media stanno cercando così duramente di aiutarlo: non vogliono che la verità sia rivelata». E’ una dichiarazione di guerra, quella con cui Donald Trump il 7 novembre ha risposto all’acclamazione (mediatica) di Joe Biden. «Il semplice fatto è che queste elezioni sono tutt’altro che terminate», precisa il presidente uscente, deciso a non riconoscere nel candidato democratico il vero “winner” delle presidenziali 2020. «Joe Biden non è stato certificato come il vincitore, per non parlare di nessuno degli Stati altamente contestati, diretti a riconteggi obbligatori, o Stati in cui la nostra campagna ha sfide legali valide e legittime che potrebbero determinare il vincitore finale». Poi, Trump si sofferma su alcuni dei casi più contestati: «In Pennsylvania, ad esempio, ai nostri osservatori legali non è stato consentito un accesso significativo per osservare il processo di conteggio». Sintetizza l’uomo tuttora insediato alla Casa Bianca: «I voti legali decidono chi è presidente, non i media». E annuncia: a partire da lunedì 9 novembre, «la nostra campagna inizierà a perseguire il nostro caso in tribunale, per garantire che le leggi elettorali siano pienamente rispettate e che il legittimo vincitore sia insediato».
    Nell’ultima comunicazione ufficiale, Trump ribadisce la sua linea irremovibile: «Il popolo americano ha diritto a un’elezione onesta: ciò significa contare tutte le schede legali e non contare le schede illegali. Questo – sottolinea – è l’unico modo per garantire che il pubblico abbia piena fiducia nelle nostre elezioni». Durissima l’accusa rivolta agli avversari: «Rimane scioccante che la campagna di Biden si rifiuti di concordare con questo principio di base – scrive Trump – e voglia che le schede siano contate anche se sono fraudolente, fabbricate o espresse da elettori non ammissibili o deceduti». Un’imputazione frontalmente imbarazzante: Trump parla del voto postale “fabbricato in serie”, pervenuto fuori tempo massimo o addirittura inautentico, persino confezionato attribuendo le schede a cittadini morti da tempo. «Solo una parte coinvolta in azioni illecite terrebbe illegalmente gli osservatori fuori dalla sala di conteggio e poi combatterebbe in tribunale per bloccarne l’accesso», aggiunge Trump. «Allora – si domanda – cosa nasconde Biden?». La chiosa è più che una promessa: «Non mi fermerò – averte Trump – finché il popolo americano non avrà il numero di voti onesto che merita e che la democrazia richiede».
    A suffragio delle tesi di Trump, i suoi sostenitori citano “pacchi di schede” a spasso per l’America, nonché la gaffe di Biden, che avrebbe annunciato “la più grande frode elettorale della storia” (intendendo invece “la più grande sorpresa”). Soprattutto, i trumpiani ricordano le uscite delle due principali lady democratiche, alla vigilia dell’election-day: Hillary Clinton aveva dichiarato di aver chiesto a Biden di non riconoscere in nessun caso l’eventuale vittoria di Trump, mentre a Nancy Pelosi era scappato detto che, scrutinio a parte, alla fine avrebbe vinto Biden, in un modo o nell’altro. Imbarazzante e senza precedenti l’atteggiamento dei media: anche se per legge il presidente viene proclamato solo a dicembre, dal voto parlamentare dei grandi elettori, stampa e network televisivi (insieme a molti politici anche europei, come l’eurocommissario italiano Paolo Gentiloni) si sono affrettati a “incoronare” Biden, esprimendo sollievo per la “sconfitta” di Trump, ancora una volta presentato come il male assoluto. Peggio ancora: Twitter ha oscurato i messaggi di Trump, e la “Cnn” è arrivata a interrompere una diretta del presidente, togliendogli l’audio e smentendolo in tempo reale, avendo “deciso” che le sue contestazioni sarebbero infondate, leggibili solo come la riprovevole ostinazione dello sconfitto che non vuole arrendersi all’evidenza.
    A proposito di evidenza: il primo dato che emerge è che il presidente uscente ci mette la faccia, mettendo a rischio la tenuta della nazione, per sostenere la tesi dei brogli che avrebbero avvantaggiato Biden. Escludendo l’instabilità mentale, questo potrebbe significare una sola cosa: e cioè che Trump sia realmente convinto di poter dimostrare le sue gravissime accuse, innanzitutto in sede legale, a costo di far impallidire i sospetti di manipolazione elettorale rivolti a paesi come la deprecata Bielorussia. C’è davvero qualcosa di indicibile, nelle urne del 2020, se non ci si ferma neppure di fronte al rischio di lesionare in modo forse irreparabile il prestigio democratico della superpotenza? L’atteggiamento di Trump – inaudito, ma non del tutto inatteso, da parte di un politico ininterrottamente dipinto come “mostro” da tutto il mainstream politico-mediatico – conferma i peggiori timori di chi vede un complotto mondiale dietro la stessa gestione dell’epidemia Covid, che Trump ha contestato fin dall’inizio. Ricorda l’economista Ilaria Bifarini: Trump è la prima, vera vittima politica del coronavirus, perché – avendo centrato il record della piena occupazione – senza il virus avrebbe stravinto. Sempre ammesso, appunto, che la partita non sia ancora finita.

    «Sappiamo tutti perché Joe Biden si sta affrettando a fingersi falsamente vincitore e perché i suoi alleati dei media stanno cercando così duramente di aiutarlo: non vogliono che la verità sia rivelata». E’ una dichiarazione di guerra, quella con cui Donald Trump il 7 novembre ha risposto all’acclamazione (mediatica) di Joe Biden. «Il semplice fatto è che queste elezioni sono tutt’altro che terminate», precisa il presidente uscente, deciso a non riconoscere nel candidato democratico il vero “winner” delle presidenziali 2020. «Joe Biden non è stato certificato come il vincitore, per non parlare di nessuno degli Stati altamente contestati, diretti a riconteggi obbligatori, o Stati in cui la nostra campagna ha sfide legali valide e legittime che potrebbero determinare il vincitore finale». Poi, Trump si sofferma su alcuni dei casi più contestati: «In Pennsylvania, ad esempio, ai nostri osservatori legali non è stato consentito un accesso significativo per osservare il processo di conteggio». Sintetizza l’uomo tuttora insediato alla Casa Bianca: «I voti legali decidono chi è presidente, non i media». E annuncia: a partire da lunedì 9 novembre, «la nostra campagna inizierà a perseguire il nostro caso in tribunale, per garantire che le leggi elettorali siano pienamente rispettate e che il legittimo vincitore sia insediato».

  • Golpe o guerra civile: il regime che vuole cancellare Trump

    Scritto il 06/11/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Da noi imperversano, tipo bombardamento di Dresda, le fake news. Le rivediamo finalizzate a seminare terrore e assembramenti in ospedali e pronti soccorsi, tramite fake contagiati e fake decessi da fake Covid (fake=falso). Decessi autentici, invece, da intubazioni, ventilazioni, ovviamente in assenza coatta di parenti, e cure salvavita negate agli oncologici, diabetici, infartuati e depressi. E tutti, convinti che i governanti governino per noi, i medici medichino per noi e i media ci diano notizie vere, abboccano e si adeguano. Negli Usa, operando gli stessi mandanti ed eseguendo gli stessi sicari, la differenza la fa un presidente il quale, bene o male che gli vogliate, tutta questa pantomima la contrasta e ridicolizza. Ma il senso profondo di tutto questo pochi lo sanno. Basterebbe l’eresia di un presidente anti-Cupola, degna dei Catari contro il Papa, perché i signori del Nuovo Ordine Mondiale digital-pandemico, ricorrendo a personaggetti come Greta Thunberg, o a personaggioni come Bergoglio, o ad altri chicchirichì del pollaio, lo sostituiscano come “male assoluto” addirittura a Russia, Cina, Iran. E, nella congiuntura, alla maledetta idrossoclorochina ammazza-virus e vaccino.

  • Hechich: resistenza, io violerò il coprifuoco della vergogna

    Scritto il 05/11/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Non mi esprimerò sugli altri provvedimenti del nuovo Dpcm che dovrebbe andare in vigore da venerdì. Mi soffermerò solo su uno, che ritengo particolarmente odioso, specialmente se spalmato in tutte le zone d’Italia. Il coprifuoco alle 22. Che senso ha? Il virus, visto che sembrerebbe essere derivato da quello dei pipistrelli, esce solo di notte? E’ un virus vampiro? Ma è per limitare gli assembramenti, dicono. Ma quali assembramenti se bar, ristoranti, locali, tavole calde, discoteche, paninoteche, birrerie e quant’altro sono chiusi da ore? I giovani si ritrovano? Perché, fino alle 22 non riescono a ritrovarsi tra di loro e dopo le 22 sì? Siamo il contrario del virus vampiro? Abbiamo il raptus dell’assembramento dopo le 22 ma alle 20 no? E perché no? Dna o perché tutti, da bravi, dobbiamo prima cenare a casa con le pappardelle fatte dalla mamma? Non basta controllare che non ci siano ’sti assembramenti di giovani con una bottiglia in mano? (ma comprata dove? Torniamo al punto di prima). E la stampa, che sembra regga il gioco del poliziotto buono e quello cattivo, a scrivere che gli “esperti” consigliavano alle 21 ma che Conte, magnanimo, ha concesso le 22. Patetici, stampa a reggere il gioco, e governo. Provvedimento idiota, assurdo, incongruente, e non sarebbe il primo. Certamente.
    Provvedimento anticostituzionale? Forse. Sicuramente dovrebbe essere votato dal Parlamento o almeno avere la autorevolezza di un decreto legge. Un Dpcm, come è stato già ribadito da giuristi autorevoli, non dovrebbe avere queste prerogative. Ma soprattutto il coprifuoco, perché tale è, ricorda molto i tempi più bui dell’Italia, la guerra, l’occupazione tedesca, i repubblichini – ma non solo: i golpe sudamericani, la caduta di Allende… Beh, giustamente qualcuno potrà obiettare che non siamo a quel punto, non ci sono le odiose repressioni, le torture, le sparizioni; siamo in uno Stato di diritto, in Italia, e nell’Italia odierna non potrebbe mai accadere. Vero, ma purtroppo è già accaduto, pochi anni fa, ma la memoria dell’italiano medio è corta. Ricordatevi di Bolzaneto e della Diaz. In quella tragica notte tutti i diritti democratici, lo stesso habeas corpus sono stati eclissati da una violenza che poi i giornali definirono macelleria messicana. E i responsabili, i dirigenti che lo hanno permesso, hanno fatto carriera poi, non dimentichiamo neanche questo. Ma allora perché questo coprifuoco insensato?
    L’unica ragione che riesco a vedere (e se qualcuno ne ha di altre valide lo scriva, ma lasciate per cortesia perdere la scemenza dei giovani untori nottambuli) è quella classica per cui dagli albori della storia viene fatto un coprifuoco: la paura della rivolta sociale, la paura della gente stufa di venir presa per i fondelli e di dover subire provvedimenti spesso idioti, stanca di promesse di sostegni economici che si stanno rivelando una farsa, proclami a vuoto non seguiti da fatti, come abitudine di questo governo (ricordate i tutor? Ma niente, rimosso anche questo). Perde la prudenza della classe media adagiata e si riversa nelle strade, questa folla di delusi alla canna del gas. Provvedimento ipocrita, in tal caso, non idiota (o anche ipocrita e nel contempo idiota, ma per altre ragioni). Ne abbiamo già avuto esempio nelle grandi città. Si è vista la reazione di Napoli, dopo che De Luca ci aveva provato. Ma no, la lezione non è servita: e, caparbio, il governo ripeterà quell’errore. Se di errore si tratta, e spero sinceramente sia solo uno dei tanti errori idioti, perché viene il sospetto che il provvedimento sia fatto apposta proprio per provocare una reazione e quindi zittire con una repressione esemplare i manifestanti. Prove generali per assetti futuri? Per vedere fino a quanto la gente è apatica? Tanto, se la gente scenderà in piazza e sarà caricata, la colpa sarà di camorristi, mafiosi, delinquenti comuni, spacciatori, taglieggiatori, ma che pensate? La gente ben vestita, la signora con i capelli bianchi la giovane bionda ben pettinata con la borsa firmata, mica è quella che sembra: sono camorristi, hanno il coraggio di dire.
    Io vivo in campagna, in un paesino di poche anime. Non ho l’occasione di partecipare a manifestazioni di protesta civile, ma il mio piccolo contributo posso darlo, facendo né più né meno quello che ho sempre fatto: portare fuori il mio cane tra le 11 e mezzanotte. Continuerò a farlo, per le strade di campagna totalmente vuote anche nei giorni normali. Porterò con me la mascherina per educazione, per mettermela se mi fermeranno, per rispetto verso idee diverse. Ma sulla mia passeggiata notturna con il cane non indietreggerò di un millimetro. Se mi fermano, continuerò a farlo, a rifarlo e a rifarlo ancora. Con questo post in pratica mi autodenuncio. Ma se tenteranno di fermarmi, di arrestarmi e di portarmi via, beh, non starò inerte, opporrò resistenza: sì, resistenza RESISTENZA, parola che evoca quegli altri coprifuochi di cui prima abbiamo parlato. Perché quando si passa il limite, bisogna reagire: per non doversi un giorno pentire di non averlo fatto, per non vergognarsi di non aver fatto niente di fronte all’inaridimento della Democrazia. Si inizia anche così la resistenza civile, con un piccolo gesto, come quello di portare fuori il cane per strade di campagna deserte tra le 11 e la mezzanotte.
    (Roberto Hechich, “Il coprifuoco della vergogna”, 5 novembre 2020. Laureato in geologia ed esperto in comunicazione e pubbliche relazioni, Hechich – direttore del Dipartimento per la Geopolitica e la Difesa del Movimento Roosevelt, di cui coordina il gruppo regionale Friuli–Venezia Giulia – è autore di romanzi e racconti, nonché appassionato studioso di materie geostrategiche).

    Non mi esprimerò sugli altri provvedimenti del nuovo Dpcm che dovrebbe andare in vigore da venerdì. Mi soffermerò solo su uno, che ritengo particolarmente odioso, specialmente se spalmato in tutte le zone d’Italia. Il coprifuoco alle 22. Che senso ha? Il virus, visto che sembrerebbe essere derivato da quello dei pipistrelli, esce solo di notte? E’ un virus vampiro? Ma è per limitare gli assembramenti, dicono. Ma quali assembramenti se bar, ristoranti, locali, tavole calde, discoteche, paninoteche, birrerie e quant’altro sono chiusi da ore? I giovani si ritrovano? Perché, fino alle 22 non riescono a ritrovarsi tra di loro e dopo le 22 sì? Siamo il contrario del virus vampiro? Abbiamo il raptus dell’assembramento dopo le 22 ma alle 20 no? E perché no? Dna o perché tutti, da bravi, dobbiamo prima cenare a casa con le pappardelle fatte dalla mamma? Non basta controllare che non ci siano ’sti assembramenti di giovani con una bottiglia in mano? (ma comprata dove? Torniamo al punto di prima). E la stampa, che sembra regga il gioco del poliziotto buono e quello cattivo, a scrivere che gli “esperti” consigliavano alle 21 ma che Conte, magnanimo, ha concesso le 22. Patetici, stampa a reggere il gioco, e governo. Provvedimento idiota, assurdo, incongruente, e non sarebbe il primo. Certamente.

  • Magaldi: violeremo il coprifuoco, è imposto da mascalzoni

    Scritto il 03/11/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    «A quel cialtrone di Giuseppe Conte trema la voce, ormai, nell’annunciare le nuove, inutili e devastanti restrizioni? Fa bene, ad avere paura: sa di essersi spinto troppo oltre, nel prestarsi a fare test di massa per dimostrare fino a che punto è possibile opprimere la popolazione, annullando democrazia e libertà, come vuole l’élite reazionaria che da decenni sta deliberatamente deprimendo l’Occidente». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, ha una visione chiara dell’origine della crisi in corso: «Prima il terrorismo economico-finanziario, poi la farsa hollywoodiana del terrorismo jihadista, e adesso la pandemia da operetta: sempre le stesse forze manipolano la realtà e la politica contro gli interessi delle collettività, in Italia e nel mondo». Magaldi sfida Conte e i fautori del “coprifuoco” in arrivo: «Saremo la cattiva coscienza di questi mascalzoni, esecutori e mandanti di questa tragicommedia chiamata pandemia». E avverte: «Chi ha ancora sangue nelle vene sarà felice di partecipare alle imminenti “passeggiate” della Milizia Rooseveltiana: senza mascherina e violando il coprifuoco, inviteremo le forze dell’ordine a fare obiezione di coscienza, nei confronti di misure assolutamente inutili in chiave anti-Covid ma micidiali per dare il colpo di grazia all’economia familiare di milioni di italiani».
    Autore nel 2014 del bestseller “Massoni” (Chiarelettere), che svela il ruolo occulto delle superlogge “neoaristocratiche” nell’imposizione del globalismo mercantilista neoliberale, in cui emerge la Cina come modello alternativo a quello occidentale (efficienza economica, ma senza libertà), Magaldi accusa il “partito cinese”, trasversale e influente anche tra le fila del governo Conte, di aver manipolato l’emergenza sanitaria a scopo di potere. «Il governo ha offerto un atteggiamento paternalistico e dispotico. Bisognava dire, sia agli anziani (fragili) che agli ipocondriaci paurosi: state a casa, voi sì. Siate liberi di mettervi in lockdown, se non volete contagiarvi e quindi immunizzarvi. Conosco tanti anziani che hanno contratto il Covid, si sono curati e oggi stanno meglio di prima. Chi invece ha paura, stia casa: si trinceri in un auto-lockdown responsabile, ma non impedisca agli altri di vivere e lavorare». Magaldi torna a citare un virologo mainstream come Guido Silvestri, secondo cui un nuovo lockdown sarebbe irreparabile. «Silvestri dice: state calmi, ormai ci si cura e si guarisce da casa». Ovvio che il numero dei contagiati dipende dall’enorme numero di tamponi effettuati. «Se poi però il numero dei contagiati viene usato dai media come una clava per fare terrorismo psicologico, e su questo i politici costruiscono le loro restrizioni, tra ordinanze e Dpcm, è tutto un montare di una colossale manipolazione».
    Insomma, si decidano ad ammetterlo: «L’aumento delle rilevazioni dei contagi non comporta affatto un’ecatombe», afferma Magaldi. «Piuttosto, così facendo, abbiamo perso altro tempo prezioso: in questi mesi bisognava infatti rafforzare la medicina territoriale e allestire comunque, anche a costo di lasciarli vuoti, dei centri di terapia (intensiva e non). E invece non è stato fatto nulla, di tutto questo. E ora il governo pensa davvero di cavarsela con un nuovo lockdown?». Per Magaldi, occorrerebbe invece «tranquillizzare la popolazione, togliere qualunque coprifuoco, favorire la ripresa di tutte le attività economiche». E inoltre, «spiegare che la contagiosità è un dato fisiologico ampiamente previsto, e che la gran parte dei contagiati stanno bene e non sono in pericolo: la piccola parte di popolazione che avrà complicazioni sarà curabile all’ospedale e soprattutto da casa, in assoluta sicurezza». In altre parole: nulla di quanto serviva è stato fatto, mentre non si è esitato a varare misure demenziali e suicide per l’economia. Anche per questo è durissimo, il presidente “rooseveltiano”, con il governo Conte: «Molti protagonisti di questa fase storica – sottolinea – andranno processati: per danni alla salute fisica e psichica dei cittadini e per i danni irreparabili arrecati all’economia, quindi alla sicurezza sociale, oltre che per grave attentato alla Costituzione».
    Il “partito cinese”, trasversale e annidato anche nel governo italiano, «sta sfruttando la pandemia per devastare l’economia, che già era in sofferenza, in modo da ottenere un maggior controllo sociale», sostiene Magaldi, che spiega: «Una persona che sia privata della sua autonoma via alla libertà economica sarà più incline a sottomettersi al “padrone” istituzionale che gli dà la mancia, e parliamo di istituzioni oggi occupate da gente che ha in odio la democrazia». Il leader “rooseveltiano” ammette di provare «dolore», di fronte allo spettacolo degli italiani costretti a rinunciare a lavorare, e quindi a sostentarsi economicamente, con anche «la paura di chi vede esaurirsi gli ultimi risparmi: le nostre città sono diventate spettrali, i cittadini già rimpiangono la vita che non c’è più e che di questo passo non potrà più esserci, per lunghi anni». Al tempo stesso, però, secondo Magaldi questa è anche una formidabile opportunità: «E’ la grande occasione per mostrare chi è davvero coraggioso e chi è vigliacco, chi ha voglia di combattere e chi è soltanto un “leone da tastiera”, chi ha coscienza dei propri diritti e anche coscienza del proprio dovere, di difendere i suoi diritti e quelli degli altri».
    Se qualcuno aveva sperato che il governo Conte risarcisse le imprese azzerate dal lockdown e riportasse il paese verso la normalità è rimasto deluso. Al contrario, ora si corre verso nuove, devastanti restrizioni. «La misura è colma», sentenzia Magaldi, pronto a mobilitare la Milizia Rooseveltiana, formazione creata dal movimento da lui presieduto, sorto nel 2015 per democratizzare la politica. «Abbiamo bisogno che, ogni settimana, gruppi “rooseveltiani” (anche esigui) infrangano il lockdown, infrangano il coprifuoco e si facciano portare nei commissariati, diventino dei “fuorilegge” riconosciuti, naturalmente nel senso alto e nobile della disobbedienza civile. E’ quella cosa per la quale, di solito – aggiunge Magaldi – i rivoluzionari pacifici e nonviolenti vengono poi riconosciuti, dalle istituzioni e dello stesso popolo, come benemeriti eroi», ben distinti dai teppisti che devastano vetrine e si scontrano con le forze dell’ordine. «Chi lancia molotov non ha capito che, spesso, poliziotti e carabinieri sono assolutamente simpatetici con le ragioni dei manifestanti: sono cittadini anche loro, e si rendono ben conto di trovarsi a fare i “cani da guardia” di qualcosa che è profondamente iniquo, figlio di una volontà più proterva rispetto a quella dei cialtroni del governo italiano». La missione civile dei “rooseveltiani” è precisa: «Facciamo in modo che il mondo diventi consapevole che il danno di questa pandemia non è nel virus, ma è nelle cattive misure politiche prese per fronteggiarlo».
    Magaldi offre anche un preciso sguardo geopolitico, alla vigilia delle presidenziali Usa. «Col virus, il “partito cinese” voleva azzoppare Trump, sperando di poter utilizzare Biden come ariete dell’oligarchia, sorretta dai partner occulti dell’unico vero fascismo di oggi, cioè il comunismo cinese». “Ordo ab chao”, si dice in massoneria, intendendo il ricorso al caos per instaurare un nuovo ordine. «Ebbene: il caos è stato abbondantemente prodotto con il coronavirus, senza il quale la riconferma di Trump sarebbe stata scontata. Oggi le chance di Biden sono cresciute, ma attenzione: i sondaggi erano sbagliati già nel 2016, quando davano sicura vincente Hillary Clinton». Aggiunge Magaldi: «Sappiate che gli astri di Trump sono migliori di quelli di Biden: non significa per forza che vincerà, ma vuol dire che la sua storia ha da dare qualcosa di più fruttuoso, alla comunità americana e a quella mondiale». Joe Biden? «Sarebbe solo un comprimario, altri deciderebbero al suo posto: e questo è un bene». Grazie a un preciso patto supermassonico, spiega Magaldi, l’eventuale presidenza Biden sarebbe infatti co-gestita da una cabina di regia concorde su un punto: «La necessità di proseguire nel contrasto della pericolosa egemonia del “partito cinese” sull’Occidente, che oggi viene esercitata anche attraverso l’autoritarismo indotto dalla cosiddetta pandemia».

    «A quel cialtrone di Giuseppe Conte trema la voce, ormai, nell’annunciare le nuove, inutili e devastanti restrizioni? Fa bene, ad avere paura: sa di essersi spinto troppo oltre, nel prestarsi a fare test di massa per dimostrare fino a che punto è possibile opprimere la popolazione, annullando democrazia e libertà, come vuole l’élite reazionaria che da decenni sta deliberatamente deprimendo l’Occidente». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, ha una visione chiara dell’origine della crisi in corso: «Prima il terrorismo economico-finanziario, poi la farsa hollywoodiana del terrorismo jihadista, e adesso la pandemia da operetta: sempre le stesse forze manipolano la realtà e la politica contro gli interessi delle collettività, in Italia e nel mondo». Magaldi sfida Conte e i fautori del “coprifuoco” in arrivo: «Saremo la cattiva coscienza di questi mascalzoni, esecutori e mandanti di questa tragicommedia chiamata pandemia». E avverte: «Chi ha ancora sangue nelle vene sarà felice di partecipare alle imminenti “passeggiate” della Milizia Rooseveltiana: senza mascherina e violando il coprifuoco, inviteremo le forze dell’ordine a fare obiezione di coscienza, nei confronti di misure assolutamente inutili in chiave anti-Covid ma micidiali per dare il colpo di grazia all’economia familiare di milioni di italiani».

  • Magaldi: lockdown criminale, chi lo impone va processato

    Scritto il 01/11/20 • nella Categoria: idee • (1)

    Quel tanghero di Massimo Giannini, direttore della “Stampa”, ci ha appena detto che bisogna essere disposti a cedere quote di libertà in nome della salute? Nossignore: non si può essere disposti a sacrificare un bene certo, come la libertà, in nome di una salute che è soltanto presunta. All’inizio dell’esplosione pandemica ci avevano spiegato che tre quarti della popolazione mondiale si sarebbe infettata, visto l’alto tasso di contagiosità (e il basso tasso di letalità). Quindi, piuttosto che “cagarsi addosso” e vivere con la “museruola”, vivere di nuovo segregati nella depressione e nella distruzione ormai quasi completa del sistema economico ordinario, è meglio affrontare il rischio di un problema che, peraltro, molti stanno curando brillantemente a casa. Questo perché forse in ospedale ti curano anche peggio, e non scordiamoci che all’inizio della pandemia molti morti sono stati causati dalla negligenza del sistema sanitario, dalle scelte mediche attuate e dal terrorismo indotto, che ha gettato i cittadini, a valanga, a cercare rimedio nel posto sbagliato, mentre probabilmente bastava intanto una più adeguata prevenzione, e poi una serie di opportuni accorgimenti terapeutici.
    Cito un virologo mainstream come Guido Silvestri, secondo cui un nuovo lockdown sarebbe irreparabile. Silvestri dice: state calmi, ci si cura e si guarisce da casa. Se aumentiamo il sistema dei tamponi, aumenterà anche il numero dei contagiati. Se il numero dei contagiati viene usato dai media come una clava per fare terrorismo psicologico, e poi su questo i politici costruiscono le loro restrizioni, tra ordinanze e Dpcm, è tutto un montare di una colossale manipolazione. Lo ammettano: l’aumento delle rilevazioni dei contagi non comporta affatto un’ecatombe. Piuttosto, così facendo, abbiamo perso altro tempo: in questi mesi bisognava allestire comunque, anche a costo di lasciarli vuoti, dei centri di terapia (intensiva e non), e invece non è stato fatto un cazzo, di tutto questo. E poi arriva quel gran cialtrone del governatore della Campania, che – dopo non aver fatto niente di utile per migliorare la situazione – ora decide di chiudere tutto. Quanto a cialtronaggine, forse De Luca supera persino lo stesso Conte: chiudiamo tutto, dice, e così conservo questo mio piccolo palcoscenico da guitto, senza arte né parte, che governa una Regione che d’altra parte l’ha appena stra-votato. Ai campani viene da dire: ve lo meritate, De Luca, e adesso tenetevelo.
    Certo l’alternativa a De Luca qual era? Anche a livello nazionale, non è che l’opposizione – se fosse al governo – farebbe meglio: questa è una classe politica da buttare letteralmente nel cesso. Non c’è un’idea, non c’è una visione di paese, non c’è coraggio. All’opposizione si fanno belli del disagio cui va incontro la cialtronaggine di Conte, ormai finalmente penalizzato dai sondaggi sull’umore degli italiani, ma – a parte questo lucrare sull’altrui insipienza – non c’è una sapienza, che viene contrapposta. Se chiedeste a Meloni e Salvini cosa farebbero, al posto di Conte, questi si metterebbero a biascicare: non lo sanno dire, perché non lo hanno in mente. Cosa fare, oggi? Tranquillizzare la popolazione, togliere qualunque sistema di coprifuoco, favorire la ripresa di tutte le attività economiche. E spiegare che la contagiosità è un dato fisiologico ampiamente previsto, i cui numeri derivano dai tamponi. Ma la gran parte dei contagiati stanno bene e non sono in pericolo. Una parte avrà sintomi influenzali, e solo una piccola parte avrà complicazioni più gravi (curabili all’ospedale e soprattutto da casa, in assoluta sicurezza).
    Il governo ha offerto un atteggiamento paternalistico e dispotico. Bisognava dire, sia agli anziani (fragili) che agli ipocondriaci paurosi: state a casa, voi sì. Siate liberi di mettervi in lockdown, se non volete contagiarvi e quindi immunizzarvi. Conosco tanti anziani che hanno contratto il Covid, si sono curati e oggi stanno meglio di prima. Se invece avete paura, state a casa: trinceratevi in un auto-lockdown responsabile, ma non rompete i coglioni agli altri. Intendiamoci: capisco gli anziani e anche gli ipocondriaci, spaventati da questo terrorismo psicologico sparso a piene mani, da mesi. A loro va tutta la mia solidarietà e simpatia. Ma in questi giorni, per strada, abbiamo anche a che fare con gente che se avesse un’arma la userebbe, per eliminare il pericoloso “untore” che a distanza di 50 metri ha osato abbassarsi la mascherina per respirare, per prendersi giustamente una boccata di ossigeno, sapendo che l’uso prolungato della mascherina può causare danni alla salute.
    Ci stanno proponendo un nuovo lockdown? Saranno processati. Ormai bisogna pensare che molti protagonisti di questa fase storica andranno processati: per danni alla salute fisica e psichica dei cittadini e per i danni irreparabili arrecati all’economia, quindi alle condizioni di sussistenza, oltre che per grave attentato alla Costituzione. Il “partito cinese”, trasversale e annidato anche nel governo italiano, sta sfruttando la pandemia per devastare l’economia, che già era in sofferenza, in modo da ottenere un maggior controllo sociale: una persona che sia privata della sua autonoma via alla libertà economica sarà più incline a sottomettersi al “padrone” istituzionale che gli dà la mancia, e parliamo di istituzioni oggi occupate da gente che ha in odio la democrazia. Provo dolore, di fronte allo spettacolo degli italiani costretti a rinunciare a lavorare, e quindi a sostentarsi economicamente, con la paura di chi vede esaurirsi anche gli ultimi risparmi. Le nostre città sono diventate spettrali: i cittadini già rimpiangono la vita che non c’è più, e che di questo passo non potrà esserci più, per lunghi anni.
    Al tempo stesso, però, questa è una grande occasione: è la grande occasione per mostrare chi è davvero coraggioso e chi è vigliacco, chi ha voglia di combattere e chi è soltanto un “leone da tastiera”, chi ha coscienza dei propri diritti e anche coscienza del proprio dovere, di difendere i suoi diritti e quelli degli altri. Durante l’estate appena trascorsa si credeva che sarebbero diminuite le restrizioni, e che il governo avrebbe inondato con una pioggia di miliardi le attività danneggiate. Si sperava che saremmo tornati a un trend di vita normale, ma così non è stato. Anzi: ci stanno proponendo un nuovo lockdown. Ebbene, ora la misura è colma. Il Movimento Roosevelt rivolgerà al governo un ultimatum, con misure per assistere gli italiani. E scenderà in campo la Milizia Rooseveltiana, per fare una rivoluzione, con le sue incursioni radicalmente teatrali. Abbiamo bisogno che, ogni settimana, gruppi “rooseveltiani” (anche esigui) infrangano il lockdown, infrangano il coprifuoco e si facciano portare nei commissariati, diventino dei “fuorilegge” riconosciuti, naturalmente nel senso alto e nobile della disobbedienza civile. E’ quella cosa per la quale, di solito, i rivoluzionari pacifici e nonviolenti vengono riconosciuti, dalle istituzioni e dello stesso popolo, come benemeriti eroi.
    Quindi, attenzione: chi scaglia bottiglie, sfascia le vetrine dei negozi e lancia molotov contro le forze dell’ordine non ha capito nulla. Spesso, poliziotti e carabinieri sono assolutamente simpatetici con le ragioni dei manifestanti: sono cittadini anche loro, e si rendono ben conto di trovarsi a fare i “cani da guardia” di qualcosa che è profondamente iniquo. Quindi solidarizzate, fraternizzate con le forze dell’ordine. Cercate, con loro e con l’opinione pubblica, una sintonia. E non si tratta nemmeno di demonizzare questi poveracci che sono al governo: sono solo camerieri e maggiordomi. C’è una volontà più proterva, che va oltre il governo italiano, anche se ricade su segmenti amministrativi e governativi. Noi dobbiamo testimoniare, di fronte all’opinione pubblica italiana, che – in modo reiterato e minuzioso – si può e si deve rintuzzare queste misure che sono state prese. Ci sono gli sguardi del mondo, sull’Italia. Facciamo in modo che il mondo diventi consapevole che il danno di questa pandemia non è nel virus, ma è nelle cattive misure politiche prese per fronteggiarlo.
    (Gioele Magaldi, dichirazioni rilasciate il 31 ottobre 2020 nella diretta web-streaming “Pane al pane”, di MrTv, su YouTube).

    Quel tanghero di Massimo Giannini, direttore della “Stampa”, ci ha appena detto che bisogna essere disposti a cedere quote di libertà in nome della salute? Nossignore: non si può essere disposti a sacrificare un bene certo, come la libertà, in nome di una salute che è soltanto presunta. All’inizio dell’esplosione pandemica ci avevano spiegato che tre quarti della popolazione mondiale si sarebbe infettata, visto l’alto tasso di contagiosità (e il basso tasso di letalità). Quindi, piuttosto che “cagarsi addosso” e vivere con la “museruola”, vivere di nuovo segregati nella depressione e nella distruzione ormai quasi completa del sistema economico ordinario, è meglio affrontare il rischio di un problema che, peraltro, molti stanno curando brillantemente a casa. Questo perché forse in ospedale ti curano anche peggio, e non scordiamoci che all’inizio della pandemia molti morti sono stati causati dalla negligenza del sistema sanitario, dalle scelte mediche attuate e dal terrorismo indotto, che ha gettato i cittadini, a valanga, a cercare rimedio nel posto sbagliato, mentre probabilmente bastava intanto una più adeguata prevenzione, e poi una serie di opportuni accorgimenti terapeutici.

  • Elezioni Usa: la polizia e i cittadini temono una guerra civile

    Scritto il 24/10/20 • nella Categoria: segnalazioni • (2)

    Il fatto che i funzionari delle forze dell’ordine si aspettino una violenza diffusa in tutta la nazione come conseguenza delle elezioni, dovrebbe far tremare ogni americano fino alle ossa. Continuo a ripetere che la violenza non risolverà nulla, ma gran parte della popolazione non ascolta più voci come la mia. Come leggerete nel prosieguo, le autorità hanno deciso di “prepararsi al peggio” in modo che tutti siano consapevoli di cosa sta per accadere. Ma, a questo punto, se non possiamo tenere un’elezione presidenziale senza violenza, quanto tempo ancora potrà reggere il nostro sistema? Chiunque finisca per vincere, le elezioni del 2020 ci diranno molto su dove si sia spinta la situazione in America. Per fortuna, i funzionari della maggior parte delle grandi città non hanno ficcato la testa sotto la sabbia e stanno preparandosi a fronteggiare i disordini di massa che seguiranno le prossime elezioni. Il Nypd (polizia di New York) sta addestrando centinaia di rinforzi per prepararli al giorno delle elezioni, per timore che possano scoppiare rivolte e proteste dopo l’annuncio dei risultati.

  • Black Dance Matter, Paolo Mosca: niente è come sembra

    Scritto il 22/10/20 • nella Categoria: Recensioni • (Commenti disabilitati)

    Ricordate Jeffrey Epstein, il potenziale ricattatore più famoso del mondo tramite le sue festicciole per vip sull’isola delle baby-schiave? Be’, non si è affatto suicidato, dopo l’arresto. L’hanno ucciso in cella o è stata solo una messinscena? Dunque il tizio non è mai morto? E’ detenuto da qualche parte e ora sta vuotando il sacco? Lo si potrebbe dedurre da tanti segni. Per esempio, la follia collettiva pre-elettorale chiamata Black Lives Matters: sarebbe meglio ribattezzarla “Black Dance Matters”, se è vero che negli Usa ormai in preda al delirio di massa questa “danza” a colpi di scontri con la polizia sta tirando la volata al Raccapricciante Joe (Biden) contro l’ologramma mediatico del male (Trump L’oeil). In tutto questo, ci si domanda dove sia finita Killary (Clinton), e cosa c’entri la dama più nera d’America con la guerra civile a rovescio scatenata dalle bande che agitano Martello e Falce (riedizione capovolta di “falce e martello”), in un mondo ultra-distopico in cui tutto è rovesciato, a gambe all’aria, cominciando dalla verità. Un incubo, in cui affiora l’esorbitante leggenda dei giustizieri di Q-Anon, e dove chi sogna di poter sfogliare finalmente il Diario della Luce potrebbe considerare L’Opzione di Sansone, la rivolta.
    “Up patriots to arms”, cantava Battiato nel 1980, profetizzando il peggio dopo aver avvistato pericolose crepe nel nostro modo di vivere e sentire. Oggi, a distanza di quattro decenni, l’apocalisse finalmente è arrivata tra noi: ormai ci siamo, la pazzia è esplosa e ci sta invadendo come un virus dall’origine tuttora oscura. A denunciarlo – sempre in musica – è un altro italiano, Paolo Mosca: milanese, classe 1974. Autore televisivo, scrittore e regista. “Rockit” ricorda le sue «brevi ma intense avventure con Castadiva», una band “indie” che fece parlare di sé vent’anni fa. «Un disco pubblicato con Venus (ormai introvabile), un album inedito di cui girò solo un singolo, date live, ospitate tra radio e Tv, i videoclip girati con Elisabetta Sgarbi e poi, all’improvviso, la scomparsa dai radar». Nel 2018, Paolo Mosca è tornato: l’ha fatto con il “moniker” Second Elliptic Eye, per firmare il disco “Non amarmi senza dirmelo”, interfaccia musical-teatrale del romanzo “La mantide religiosa”, pubblicato da Eclissi nel 2015. Ed è sempre con la sigla Second Elliptic Eye che oggi Mosca presenta su Spotify le dieci tracce di “Black Dance Matters”, dove – intercalando l’inquietante tappeto sonoro elettronico – a parlare in modo inequivocabile è la micidiale sequenza dei titoli dei brani.
    Avviso ai naviganti: siamo entrati in acque pericolosamente inaudite, dove «black is the color and none is the number», come cantava il profetico Dylan di “A Hard Rain’s a-gonna Fall”. Che c’azzecca, il Vate di Duluth premiato col Nobel? Sempre lui, Paolo Mosca, ha fornito su YouTube una splendida traduzione del monumentale “Murder Must Foul”, l’epico brano-denuncia in cui Dylan, a fine marzo, ha sparato “worldwide”, sul web, la sua versione dei fatti: il dramma nel quale siamo sprofondati nel 2020 risalirebbe a un tumore esploso mezzo secolo prima, nell’agguato di Dallas in cui un certo Deep State assassinò John Kennedy. «La stessa élite massonica contro-iniziatica ha poi organizzato il golpe in Cile per insediare il neoliberismo al potere, quindi ha progettato una globalizzazione-canaglia di cui alla Cina è stato affidato il ruolo di locomotiva». Potente suggestione: trionfi economici, ma senza democrazia. «Di mezzo c’è stata la drammatica accelerazione imposta dal terrorismo “islamico”, altra creazione delle stesse menti raffinatissime che oggi sovragestiscono l’emergenza planetaria chiamata Covid».
    Ad affermarlo non è un complottista, ma il massone progressista Gioele Magaldi, autore nel 2014 del bestseller “Massoni” che svela il ruolo occulto, nel potere mondiale, di una quarantina di superlogge sovranazionali quasi onnipotenti. «La stessa uscita di Dylan, a sua volta massone progressista come il figlio di Bob Kennedy intervenuto a Berlino, testimonia la guerra in corso: l’ala democratica sta combattendo contro la fazione dominante, oligarchica, che cerca di imporci il “terrorismo sanitario” e, negli Usa, utilizza sigle come Antifa per liberarsi di Trump, presidente eletto nel 2016 in modo inaspettato, e dunque tuttora temutissimo perché non sottoposto al controllo di quell’élite». Il ponte tra Gioele Magaldi e Paolo Mosca si chiama Movimento Roosevelt, entità meta-partitica fondata cinque anni fa per tentare di svegliare la politica dormiente. Un libero cantiere di idee, al quale Mosca ha dato un contributo determinante. Se però indossa i panni del creativo puro, utilizzando l’etichetta Second Elliptic Eye, si prende giustamente una bella dose di licenze poetiche. «Il disco – racconta – l’ho creato con mia figlia Diana: il titolo “Diario della luce” è stata una sua idea, è l’unico titolo in italiano e chiude il disco guardando oltre».
    Il suo non è un sermone politico: è il passo (danzante, appunto) di chi decide di surfare sulla musica, e soprattutto sulle parole, per parlare dal profondo, per immagini e visioni, animando un teatro di specchi in cui riflettere l’orrore postmoderno dei nostri giorni tramortiti dai Dpcm, dai replicanti orwelliani dei telegiornali e, certo, dai lampi della guerra politica (non solo incruenta, purtroppo) che sta incendiando gli Stati Uniti. “Black Dance”, spiega lo stesso Paolo, è il secondo progetto “pop” di Second Elliptic Eye. «Il primo disco, “Non amarmi senza dirmelo”, era sfacciatamente cantautorale. Qui si vira verso un genere dance-punk». L’idea, aggiunge, è quella di «fotografare il presente attraverso la musica». Il che, oggi, significa innanzitutto «rappresentare la danza nera che ci avvolge tra pandemie reali o presunte, mass media che dicono tutto e tutto il contrario, fake news vere e notizie accreditate come vere pur essendo fintissime». Nemmeno della scienza, aggiunge Paolo, ci si può più fidare: «L’esattezza che la dovrebbe contraddistinguere è travolta dai divulgatori scientifici che fanno la gara a spararla grossa».
    Quanto alla sequenza musicale di “Black Dance Matter”, va premesso che l’ascolto è ipnotico. «I brani sono dieci, e vogliono rappresentare 10 nodi che stanno disegnando il prossimo futuro», spiega l’autore: «Chi li ascolta per bene noterà dei riferimenti chiari a quello che sta accadendo». Alcuni esempi: «Nel brano “Trump (l’oeil)” giochiamo con il “trompe l’oeil”, cioè con l’effetto che inganna l’occhio». Non a caso: «Trump è un maestro nell’apparire ciò che non è, e qui lo vogliamo omaggiare. La musica infatti si rincorre melodicamente, cambiando di continuo sequenza come per non farsi afferrare». Da The Donald al suo avversario, il “raccapriccante” Biden: «In “Creepy Joe” a un certo punto si sente qualcuno annusare, vizio noto del candidato alla presidenza». Il titolo di un altro brano, “Hammer and Sickle”, evoca le sanguinose rivolte inscenate da Antifa, sotto bandiere in cui compaiono falce e martello. «Qui il ritmo ricorda una polka, ma con influenze country», sottolinea Paolo Mosca. Traduzione: «Il futuro degli Stati Uniti è comunista, o, ancor meglio, cinese?».
    «A leggere quanto emerge dalle mail ritrovate di Hunter Biden sembra proprio che ci sia questa possibilità», aggiunge l’autore, riferendosi alle prove che stanno emergendo, sui finanziamenti occulti che la famiglia Biden avrebbe incamerato da influenti sponsor cinesi. Certo salta agli occhi un altro dettaglio: il carattere marcatamente squadristico – più nero che rosso – che emerge dall’estetica di Antifa, che anche emotivamente capovolge qualsiasi riferimento alla tradizione antifascista, cioè essenzialmente democratica. Archiviate le imprese dei devastatori anti-Trump e le malefatte della famiglia Biden, Paolo Mosca rispolvera l’epica biblica: ecco “The Samson Option”, che si apre con suoni apocalittici, visto che «Sansone moriva distruggendo il tempio con tutti i filistei». Poi però il tono cambia: «La musica diventa ballabile e vagamente mediorientale». Messaggio: «Quanto sono disposti a portarci a fondo e quanto saranno in grado di indorarci pillole e vaccini?». Per ora, Paolo si ferma qui: «Il resto lascio che lo scoprano da soli gli ascoltatori, se no che gusto c’è?».
    Paolo Mosca ha esordito come autore televisivo alla fine degli anni ‘90. Ha collaborato con Rai e Mediaset, Mtv e Sky. Ha scritto per “L’isola dei famosi”, “Domenica Live”, “X Factor”, “Fuori dal coro”. Insieme alla sorella di Vittorio Sgarbi, Elisabetta, ha realizzato un bel po’ di film d’arte: tanti i protagonisti, da Hanif Kureishi a Morgan, da Manlio Sgalambro a Nicola Arigliano. Nel 2009, Bompiani gli ha pubblicato il suo primo saggio dedicato all’universo televisivo (”Reality. Dal Grande fratello all’Isola dei famosi”), seguito qualche anno dopo dal romanzo “La mantide religiosa”. Il suo blog, “Mosquicide”, è uno straordinario punto di osservazione: monitora il mondo in cui oggi la fiction assorbe le inquietudini del mondo reale. Un lavoro riassunto in modo magistrale nel volume “Passeggeri oscuri”, uscito due anni fa con un messaggio importante: le nuove serie Tv, oggi distribuite sul web, possiedono le chiavi del futuro (le rivelazioni anticipatrici un tempo affidate alla fantascienza dei kolossal che riempivano i cinema). Come dire: i “veggenti” non sono scomparsi, tutt’altro. Si sono semplicemente adattati al nuovo mezzo, per lanciare i loro avvertimenti. Il tema è sempre lo stesso: quello che sta per succederci, e perché.
    “Black Dance Matters” è solo l’ultima sfida di Paolo Mosca, originalissimo battitore libero capace di interagire perfettamente anche con il mainstream. Questione di cultura, passione, sensibilità e intelligenza intuitiva, adatta a maneggiare benissimo anche l’universo dei codici cifrati. Tra i suoi “maestri” c’è sicuramente anche il simbologo Gianfranco Carpeoro, che nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo” svela i retroscena (non certo islamici) degli attentati targati Isis in Europa. Quanto è breve il passo che separa i jihadisti eterodiretti dai miliziani della “danza nera” che ha devastato l’America, nei giorni del Covid? Saranno le prossime ore, cioè le ultime battute della campagna elettorale per le presidenziali americane, a svelarci qualcosa di decisivo sulla sovragestione in atto, grazie a cui niente è come sembra e nessuno è quello che dice di essere? «I prossimi 15 giorni saranno decisivi: non solo per il futuro degli Stati Uniti, ma per il futuro di tutto il pianeta», ammette Paolo Mosca. «Credo che mai le elezioni americane abbiano avuto questa portata storica. Ad ogni modo, comunque vada – chiosa, con un sorriso – la luce splenderà sempre».

    Ricordate Jeffrey Epstein, il potenziale ricattatore più famoso del mondo tramite le sue festicciole per vip sull’isola delle baby-schiave? Be’, non si è affatto suicidato, dopo l’arresto. L’hanno ucciso in cella o è stata solo una messinscena? Dunque il tizio non è mai morto? E’ detenuto da qualche parte e ora sta vuotando il sacco? Lo si potrebbe dedurre da tanti segni. Per esempio, la follia collettiva pre-elettorale chiamata Black Lives Matter: sarebbe meglio ribattezzarla “Black Dance Matter”, se è vero che negli Usa ormai in preda al delirio di massa questa “danza” a colpi di scontri con la polizia sta tirando la volata al Raccapricciante Joe (Biden) contro l’ologramma mediatico del male (Trump L’oeil). In tutto questo, ci si domanda dove sia finita Killary (Clinton), e cosa c’entri la dama più nera d’America con la guerra civile a rovescio scatenata dalle bande che agitano Martello e Falce (riedizione capovolta di “falce e martello”), in un mondo ultra-distopico in cui tutto è rovesciato, a gambe all’aria, cominciando dalla verità. Un incubo, in cui affiora l’esorbitante leggenda dei giustizieri di Q-Anon, e dove chi sogna di poter sfogliare finalmente il Diario della Luce potrebbe considerare L’Opzione di Sansone, la rivolta.

  • Magaldi: fango sulla Marogna, vogliono ucciderla in carcere

    Scritto il 20/10/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Vogliono “suicidare” in carcere Cecilia Marogna, dopo che la stampa nazionale l’ha dipinta a reti unificate come fatua e disonesta millantatrice. Vero obiettivo: minacciare l’ex capo dei nostri 007 (ora presidente di Leonardo), in modo che taccia sull’infame business dei rapimenti e delle lucrose liberazioni degli ostaggi italiani in Africa. Lo afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente del circuito massonico progressista internazionale. Forte di solide relazioni coi servizi segreti, italiani e non solo, Magaldi denuncia «la squallida montatura (giudiziaria e mediatica) che ha colpito la donna arrestata a Milano, che in realtà aveva scoperto come riscattare con poca spesa padre Pierluigi Maccalli, sequestrato in Mali, per la cui liberazione invece sono stati appena spesi 10 milioni di euro». L’improvviso arresto della Marogna, diffamata come “la dama del cardinale Becciu”, per Magaldi è un avvertimento di stampo mafioso rivolto al generale Luciano Carta, di cui la Marogna è stata strettissima collaboratrice. Obiettivo: indurre l’ex direttore dell’Aise a non rivelare nulla sulla verminosa speculazione che si organizza regolarmente dilatando i tempi di rilascio degli ostaggi, allo scopo di aumentare il prezzo del riscatto.
    «In questa operazione i veri bersagli sono tanti: nel mirino c’è anche Papa Francesco, che aveva nominato il cardinale Giovanni Angelo Becciu come “numero due” della Segreteria di Stato vaticana. Ma quello più grosso – assicura Magaldi – è costituito da un’impresa prestigiosa come Leonardo SpA, punta di lancia dell’hi-tech italiano nel mondo e, ormai, unico soggetto in grado di svolgere un po’ di politica estera per conto del nostro paese, vista l’assenza di ministri all’altezza (e anzi, la presenza alla Farnesina di emeriti imbecilli)». Il presidente roosvetiano lancia quindi un’accusa gravissima: dietro al «polverone mediatico-giudiziario» scatenato contro Cecilia Marogna, valente operatrice collegata all’intelligence italiana e vaticana (presentata invece come un’avventuriera dalle mani bucate) c’è un preciso avvertimento, di stampo intimidatorio, rivolto proprio al generale Luciano Carta, passato dall’Aise a Leonardo: guai, se si lascia scappare qualcosa riguardo al lucroso business che ruota attorno agli italiani rapiti in Africa. «Funziona così: rapitori e liberatori si mettono d’accordo sulla durata del sequestro, in modo da far lievitare la cifra pattuita per il loro rilascio».
    Magaldi è lettaralmente furibondo con il sistema mediatico italiano: il 13 ottobre, la trasmissione “Fuori dal coro” (Rete 4) non ha mandato in onda una sua intervista, in cui chiariva i retroscena inconfessabili dell’arresto di Cecilia Marogna, fermata il 15 ottobre a Milano su mandato di cattura internazionale emesso dal Vaticano. «E non è tutto: l’agenzia “Adn Kronos” ha pubblicato solo una parte (quella meno rilevante) dell’intervista che ho concesso il 19 ottobre, omettendo quindi gli aspetti sostanziali delle mie rivelazioni». Per questo, annuncia Magaldi l’indomani, nella diretta web-streaming su YouTube condotta da Fabio Frabetti di “Border Nights”, il presidente del Movimento Roosevelt denuncerà la direzione dell’”Adn Kronos” all’Ordine dei Giornalisti e anche in altre sedi, comprese quelle giudiziarie. «Lo stesso – aggiunge – accadrà se il “Corriere della Sera” ostacolerà la pubblicazione dell’intervista concessa all’ottimo Ferruccio Pinotti, che ho scoperto essere in possesso di informazioni concordanti con le mie». Magaldi segnala – come “voce nel deserto”, finora – il reportage pubblicato da Luca Fazzo il 15 ottobre sul “Giornale”, dal titolo “La guerra tra spie dietro Lady Vaticano”: «Un articolo imperfetto, ma che almeno non si beve la storiella della “dama del cardinale”: eppure, è rimasto lettera morta».
    Attenzione, avverte Magaldi: nel caso accadesse qualcosa di irreparabile, a Cecilia Marogna, i «giornalisti cialtroni» ne sarebbero moralmente corresponsabili: «Non hanno indagato sul vero ruolo di quella donna, appassionata di intelligence e preparatissima in materia di questioni geopolitiche». Al contrario: «L’hanno dipinta come una millantatrice anche un po’ ladruncola, che avrebbe estorto mezzo milione di euro al Vaticano: come se la Segreteria di Stato fosse una comitiva di babbei, a cominciare dal cardinale Becciu». Di più: «Mezzo milione di euro in cinque anni, tra compensi e spese operative, in quel modo sono un’inezia: e Cecilia Marogna – rivela Magaldi – era arrivata a un passo dalla liberazione di padre Pierluigi Maccalli, detenuto in Mali. Liberazione che invece è poi stata ritardata deliberatamente per far salire il prezzo del riscatto, 5 milioni di euro a carico del governo italiano e altri 5 sborsati direttamente dal Vaticano».
    E’ questo – afferma Magaldi – il verminaio per coprire il quale è stata arrestata e messa alla gogna la Marogna, e non solo lei: «Di questo disegno fa parte anche la recentissima condanna, per una questione legata al caso Mps, di Alessandro Profumo, attuale amministratore dell’ex Finmeccanica», galassia cui appartiene la stessa Leonardo. «Anziché straparlare di come la Chiesa di Francesco scialacquerebbe l’obolo dei fedeli – dichiara Magaldi – ai cialtroni come Mario Giordano di “Fuori dal coro” consiglio di controllare i “balletti” di Borsa subiti in questi giorni dal gruppo Leonardo-Finmeccanica, che evidentemente si vuole intimorire». L’arma di ricatto? «Le tangenti che ogni operatore internazionale di qual calibro deve normalmente versare, purtroppo, se vuole lavorare in paesi senza democrazia». Soldi che passano di mano in mano, tra politici africani, 007 e «sedicenti terroristi», quelli che tengono in piedi «l’industria dei sequestri, che colpisce anche religiosi (da qui l’inevitabile coinvolgimento del Vaticano, per cui operava Cecilia Marogna, agendo in stretto contatto con il capo dell’intelligence italiana all’estero)».
    Secondo Magaldi, la donna è ora in pericolo di vita: «Se da San Vittore venisse estradata Oltretevere, dove la giustizia è meno trasparente di quella italiana, c’è chi pensa che potrebbe venir “suicidata”: c’è infatti un “progettino”, per far fare anche a lei la stessa fine già toccata a tanti altri, in passato, anche nelle carceri italiane». Facilissimo, oggi, inscenare una sua disperazione da “peccatrice pentita”, «dopo l’infame trattamento a cui l’hanno sottoposta i giornali, senza un minimo di pudore e di scrupolo professionale». Giornali che alle inchieste serie preferiscono le “veline” di regime e il facile scandalismo, che produce solo disinformazione (in questo caso addirittura criminale, se finisse per mettere a repentaglio la vita della detenuta). «Troppi giornalisti si guardano bene dal fare i necessari collegamenti, che consentirebbero loro di domandarsi, per esempio, chi trae vantaggio dall’attacco condotto in Borsa contro il gruppo Leonardo-Finmeccanica». Ma attenzione, avverte Magaldi: «Cecilia Marogna non è sola: c’è chi vigila sulla sua incolumità personale». E non è tutto: «I manipolatori sono avvisati: monitoriamo le loro mosse, daremo loro battaglia e li cacceremo a pedate».

    Vogliono “suicidare” in carcere Cecilia Marogna, dopo che la stampa nazionale l’ha dipinta a reti unificate come fatua e disonesta millantatrice. Vero obiettivo: minacciare l’ex capo dei nostri 007 (ora presidente di Leonardo), in modo che taccia sull’infame business dei rapimenti e delle lucrose liberazioni degli ostaggi italiani in Africa. Lo afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente del circuito massonico progressista internazionale. Forte di solide relazioni coi servizi segreti, italiani e non solo, Magaldi denuncia «la squallida montatura (giudiziaria e mediatica) che ha colpito la donna arrestata a Milano, che in realtà aveva scoperto come riscattare con largo anticipo e con meno denaro padre Pierluigi Maccalli, sequestrato in Mali, per la cui liberazione invece sono stati poi spesi 10 milioni di euro». L’improvviso arresto della Marogna, diffamata come “la dama del cardinale Becciu”, per Magaldi è un avvertimento di stampo mafioso rivolto al generale Luciano Carta, di cui la Marogna è stata strettissima collaboratrice. Obiettivo: indurre l’ex direttore dell’Aise a non rivelare nulla sulla verminosa speculazione che si organizza regolarmente dilatando i tempi di rilascio degli ostaggi, allo scopo di aumentare il prezzo del riscatto.

  • Biglino: la Chiesa non ci imponga le sue idee sull’eutanasia

    Scritto il 11/10/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    L’Obolo di San Pietro, al centro dell’ennesimo scandalo vaticano finito sui giornali? Esisteva già al tempo degli Atti degli Apostoli: era una donazione obbligatoria, che poteva costare la vita ai trasgressori. Lo rammenta il biblista Mauro Biglino, citando l’uccisione dei discepoli Anania e Saffira, giustiziati proprio da San Pietro (come ricordato dallo stesso Bergoglio) per aver sottratto ai “gesuani” una parte del ricavato della vendita di un terreno di famiglia. Biglino ne prende spunto per commentare il Bollettino Stampa della Santa Sede, numero 476 del 22 settembre 2020, in cui il Vaticano riprende il tema dell’eutanasia. «Liberissimi di pensarla come vogliono, purché non pretendano di imporre il loro credo allo Stato laico, trasformandolo in legge, contro la libertà e i diritti di non la pensa come loro: non solo atei e agnostici, ma anche valdesi, anglicani, buddisti e induisti». Biglino è autore del saggio “La Bibbia non l’ha mai detto” (Mondadori), scritto con la professoressa Lorena Forni, giurista e docente dell’università Milano Bicocca: molte leggi dello Stato traggono ispirazione proprio dalla Bibbia, o meglio da traduzioni erronee dell’Antico Testamento. Nel suo ultimo intervento (di seguito, proposto testualmente), Biglino cita i tantissimi passaggi veterotestamentari da cui risulta proibitivo ricavare l’idea che, per gli autori biblici, la vita fosse un “dono di Dio”, vista l’enorme quantità di stragi e massacri ordinati dallo stesso Yahwè.
    Oggi devo iniziare chiedendovi il permesso di apportare una piccola variazione ad un proverbio famosissimo, che è quello che dice “il lupo perde il pelo ma non il vizio”. Ecco, mi viene da dire che talvolta “il lupo non perde né il pelo né il vizio”. E ve lo  dico adesso, all’inizio; poi vedremo, in un racconto che vi leggerò dal Nuovo Testamento alla fine di questa chiacchierata, come le cose siano collegate. In questi giorni siamo tutti a conoscenza degli ennesimi scandali che colpiscono, che interessano le finanze del Vaticano, compreso l’Obolo di San Pietro, cioè quella raccolta di denaro che i fedeli conferiscono al Vaticano e che deve (dovrebbe) essere impiegato per aiutare i bisognosi e in parte,  al Vaticano che deve essere, dovrebbe essere, impiegato per aiutare i bisognosi. Quello che mi interessa è riprendere ciò che la Chiesa ha pubblicato pochissimi giorni fa nel Bollettino Stampa della Santa Sede, il numero 476 del 22 settembre, dove il Vaticano riprende il tema dell’eutanasia. Il Bollettino è intitolato “Lettera Samaritanus bonus”, e la Chiesa entra nuovamente nel tema dell’assistenza al “fine vita”, ovviamente ivi compresa l’eutanasia.
    Vi entra però, a mio avviso, a gamba tesa: cioè vi entra con un tono, con una ferocia, con una perentorietà, alle volte mi sembra quasi con un’arroganza che non sono assolutamente giustificabili: non perché la Chiesa non abbia la libertà di esprimere (è un suo diritto) ciò che pensa dell’eutanasia e delle modalità per l’assistenza al “fine vita”, ma per il fatto che il Vaticano si pone come il detentore primo e ultimo di una verità assoluta e non discutibile, arrivando al punto da definire l’eutanasia un crimine: il che significa definire criminali quelli che eventualmente la praticano. Ora, a definire crimine o criminali può essere, in uno Stato laico, la legge – cioè la cosiddetta legge positiva, quella che viene scritta, concordata e accettata, e che da quel momento diventa vigente (e nessun pensiero religioso, nei tempi moderni, può pensare di – o addirittura voler – condizionare la giurisprudenza di uno Stato laico: questo vigeva nei tempi biblici, nel momento in cui non c’era distinzione tra Stato laico e stato religioso; le leggi che sono state pronunciate, i regolamenti che sono stati pronunciati da Yahweh regolamentavano tutta la vita del singolo, quindi non c’era una distinzione tra chi seguiva una corrente religiosa e chi non la seguiva. Quelle erano le leggi e quelle andavano andavano seguite.
    Ora, io capisco che la Chiesa sia entrata nuovamente in questo tema perché, dopo la vicenda del dj Fabo (accompagnato in Svizzera per avere l’eutanasia), la Corte Costituzionale italiana si è pronunciata e ha sancito la legittimità di quel comportamento, dicendo che tutta una serie di considerazioni possono già essere tratte dalla Costituzione così com’è e dalla giurisprudenza. Ora, è chiaro che questo prelude prima o poi alla formulazione di una legge che lasci quantomeno libertà di scelta, perché non si può accettare che, in uno Stato laico ovviamente, una confessione religiosa imponga la sua morale. E dico una confessione religiosa perché, se la Chiesa cattolica romana si pone contro l’eutanasia, dobbiamo pensare ad esempio che il Sinodo Valdese si è pronunciato a favore della pratica dell’eutanasia. Cosa dobbiamo dire? Che i teologi valdesi che si rifanno allo stesso libro a cui si rifanno i teologi cattolici sono dei religiosi, dei teologi, dei pensatori di seconda categoria? Sono degli amorali o, peggio ancora, sono degli immorali? O, nel momento in cui questo diventasse legge e la praticassero, sarebbero di fatto dei criminali, perché l’eutanasia per la Chiesa cattolica è un crimine? Assolutamente no! Cosa pensiamo delle altre religioni? Per esempio c’è una delle varie pratiche buddiste che accetta il suicidio; così vale per il Giainismo; l’Induismo lascia libertà di coscienza; nella Chiesa anglicana c’è una discussione in atto…
    Insomma, voglio dire: il pensiero della Chiesa Romana non è il pensiero unico, e non può e non deve essere presentato come pensiero unico; ma soprattutto non deve essere accettato come pensiero unico da uno Stato laico che deve ascoltare tutti, tutti: deve ascoltare gli atei, gli agnostici, e deve ascoltare anche tutte le altre confessioni religiose che, come abbiamo visto per i valdesi, pur partendo dagli stessi libri, pur rifacendosi allo stesso Dio, hanno un pensiero diverso. Quindi, questo è assolutamente importante. E adesso vediamo alcune cose che sono scritte in questo Bollettino: una, per esempio, nel capitolo “Prendersi cura del prossimo”, si dice che non si può praticare l’eutanasia perché «nella sofferenza è contenuta la grandezza di uno specifico mistero che soltanto la rivelazione di Dio può svelare». Bene, questo è il pensiero della Chiesa. Benissimo, direi: nulla da dire, fino a che non si ha la pretesa di farlo diventare il pensiero unico. Perché ad esempio c’erano (ci sono) i pensatori che si rifanno allo stoicismo, che hanno un pensiero completamente diverso: «Bene è ciò che segue il corso della natura e il male consiste nell’andare contro tale corso naturale».
    Visto che la Chiesa fa appello al diritto naturale, che ovviamente lei fa risalire a Dio (cioè al Dio Padre dell’Antico Testamento) – ma il diritto naturale lo citava anche Aristotele, quando diceva che la schiavitù era un fatto naturale – anche qui ci sarebbe quindi molto da discutere. Cioè: il diritto naturale ha delle interpretazioni che per certi aspetti lo relativizzano. E gli stoici sostengono che il suicidio «non sia in certe circostanze una forzatura del corso degli eventi, quanto piuttosto il contrario». Il suicidio stoico è considerato un atto di estrema libertà individuale, come il compimento di quel cammino di ogni uomo verso il perfezionamento e la completa realizzazione; ciò che la Chiesa invece vede nell’applicazione della sua morale indirizzata da quel suo Dio che – e qui lo dico e lo ripeto – nell’Antico Testamento non c’è. Quindi è una morale che e stata elaborata da teologi: pensiamo a Sant’Agostino, che distingueva tra persecuzione giusta e persecuzione ingiusta. La persecuzione giusta era quella della Chiesa perché era fatta in nome dell’amore (cioè: si poteva uccidere in nome dell’amore). Ma la Chiesa dice che la vita è un dono di Dio. Però la cosa strana è che dice che questo dono è indisponibile all’uomo. Ma allora, che dono è?
    Se io vi regalo un libro e vi dico: questo libro è vostro – però attenzione: lo dovete leggere, non lo dovete sgualcire, non lo potete prestare, non lo potete regalare, lo dovete mettere in una precisa posizione nella vostra libreria – questo è un dono o una imposizione? Un dono diventa nella disponibilità di chi l’ha ricevuto. Invece il Vaticano dice che la vita è un dono indisponibile. Ora, se i cristiani per fede vogliono accettare questo, sono liberissimi di farlo; ma non possono pretendere di imporre questa loro visione agli altri, perché altri – che non hanno quella fede – devono essere liberi di non ritenere la vita un dono di Dio, e quindi di farne ciò che vogliono. La Chiesa cita, sempre dentro questo Bollettino 476, Matteo 7, 12 che dice: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro». Ma se noi portiamo alle estreme conseguenze questa affermazione, allora cosa dobbiamo dire? Io ad esempio ho firmato un documento nel quale descrivo tutta una serie di condizioni all’interno delle quali io non voglio continuare a vivere perché non è più vita. Be’, siccome io voglio che gli altri facciano a me questo, stando a quanto c’è scritto in Matteo 7, 12, io dovrei farlo gli altri. Ma non mi sogno di farlo, perché ritengo che gli altri siano liberi di decidere di continuare a vivere qualunque siano le condizioni nelle quali si trovano a continuare a vivere.
    Sono due cose diverse, due cose assolutamente diverse. E questo vale per molte religioni: l’Induismo per esempio che lascia libertà di coscienza, il Buddismo l’ho detto prima… il Dalai Lama che in un’intervista ha detto che vale (cioè che è necessario) valutare caso per caso. Quindi vuol dire che ci sono scelte diverse, possibilità di scelte diverse: dunque il dono non può essere un’imposizione. Questo principio del fare agli altri ciò che vorreste fosse fatto a voi non può essere esteso: perché, se portato alle estreme conseguenze, crea l’anarchia, ovviamente (perché già una persona credente non vuole l’eutanasia, io la voglio e quindi chi dei due ha ragione? Nessuno dei due. Quindi bisogna lasciare libertà di scelta). La Chiesa dice anche che «l’annuncio della vita dopo la morte non è un’illusione o una consolazione ma una certezza che sta al centro dell’amore». Questo è scritto nel Bollettino che vi ho citato; ma la Chiesa dimentica ciò che scrive la Nuova Enciclopedia Cattolica nella edizione americana, la quale afferma che «parlando della resurrezione di Cristo», che è garanzia della resurrezione della vita dopo la morte per tutti, afferma che «l’ipotesi è di per sé storicamente indimostrabile perché il solo contesto, cioè la crocifissione di Gesù per motivi di sedizione, è oggetto di valutazione storica. I racconti della resurrezione non contengono quindi elementi che possano essere oggetto di una ricerca storica in quanto si tratta di dichiarazioni teologiche».
    Benissimo, dichiarazioni teologiche che valgono per chi crede in quella teologia, ma che non possono essere imposte a tutti, tanto meno possono essere imposte a tutti in uno Stato laico che deve necessariamente ascoltare tutti e lasciare libertà di scelta, perché una morale può essere diversa da un’altra e non necessariamente superiore. Ricordo che, partendo dallo stesso libro, cattolici romani e valdesi la pensano diversamente: eppure il libro è lo stesso. Vediamo un attimo questo libro perché, quando si dice che la vita è un dono di Dio e in quanto tale non è nella disponibilità dell’uomo, mi pare, anzi sono certo, che il Vaticano dimentica centinaia di passaggi anticotestamentari: ve ne leggo pochissimi. In Giosuè 10, 40 si fa una sorta di verbale delle battaglie che Giosuè, il successore di Mosè, ha combattuto per conquistare la cosiddetta Terra Promessa, che era un dono di Dio. E qui si dice chiaramente, nella sintesi che fa al versetto 40: «Così Giosuè conquistò tutta la regione», e fa l’elenco: «Non lasciò alcun superstite e votò allo sterminio ogni vivente, come aveva ordinato Yahweh l’Elohim di Israele». Cioè: Giosuè stermina tutti per ordine di Dio, quello stesso Dio che sarebbe garante del diritto naturale e che avrebbe donato la vita come dono indisponibile per l’umanità.
    Ma qui la Bibbia ci dice chiaramente che quel dono è disponibile, tant’è che lo si può azzerare semplicemente per andarsi a conquistare dei territori, non soltanto con l’approvazione (dietro ordine) di Dio. Ma c’è di peggio: vi leggo un paio di altri passi tra le centinaia disponibili. Sempre nel Libro di Giosuè, quando si parla della spartizione dei territori tra le varie tribù d’Israele, si dice che «la porzione dei figli di Dan risultò troppo piccola per loro», e quindi avevano bisogno di un territorio più grande. E allora cosa fanno? Provvede Dio? No! Devono provvedere da soli. E come fanno? Dimenticando che la vita è un dono di Dio e non è disponibile per l’umanità: quindi noi non possiamo fare ciò che vogliamo né della nostra né della vita degli altri. «I Daniti, giunti a Lais, trovarono quel popolo pacifico e che si sentiva sicuro, lo passarono a fil di spada e dietro diedero alle fiamme la città». Cioè, cosa fanno i Daniti? Trovano una città di gente che vive tranquilla, che non fa del male a nessuno, che non ha nessun appoggio perché erano lontani da Sidone, non avevano contatti con Amman (quindi non potevano ricevere aiuto o rinforzi) e i seguaci di quel Dio che fa il dono indisponibile della vita cosa fanno? Li massacrano.
    Li massacrano, per prendere quel territorio che serviva loro perché, come è scritto sempre nel Libro dei Giudici al capitolo 18, «a quella terra non mancava nulla anzi era molto ricca». Era molto ricca, e quindi i Daniti se la prendono. Ma siccome per sfortuna loro ci vivevano degli altri, loro li uccidono. Ora, come si fa a dire che questo Dio ci ha dato questa vita come dono indisponibile? Sempre nel Bollettino si dice: «L’uomo, in qualunque condizione fisica o psichica si trovi, mantiene la sua dignità originaria di essere creato a immagine di Dio». Nella Bibbia forse se ne sono dimenticati: i seguaci di Yahweh se ne sono sicuramente dimenticati. E Yahweh non glielo ha ricordato, non gli ha mai detto: non uccidete quelli là, perché sono immagine mia. L’uomo, si legge sempre nel Bollettino, «può vivere e crescere nello splendore divino perché è chiamato ad essere “ad immagine e gloria di Dio”», e il testo cita la Prima Lettera ai Corinti, capitolo 11, versetto 7. E andiamo a vedere. Qui San Paolo, sant’uomo, parla di come ci si deve comportare quando si partecipa all’assemblea. E dice che l’uomo non deve coprirsi il capo, mentre la donna sì. E dice: deve coprirsi il capo «a motivo degli angeli», perché – come ho già ricordato – le capigliature lunghe delle ragazze, e soprattutto delle ragazze giovani, eccitavano sessualmente gli angeli: quindi le donne dovevano coprirsi il capo a loro tutela.
    Ma questo non lo dice soltanto San Paolo; ne parla Tertulliano nei suoi scritti, ne parlano gli scritti di Qumran che dicono appunto: le donne che partecipano all’assemblea abbiano il capo coperto dove sono presenti i Malakim, cioè di angeli: abbiano il capo coperto a loro tutela. Ma torniamo al nostro tema: l’uomo non deve coprirsi il capo essendo “a immagine e gloria di Dio” e quindi, essendo “a gloria di Dio” la Chiesa dice l’uomo non può fare ciò che vuole del suo corpo…  La Chiesa si ferma qui, nella citazione del versetto 7, essendo “immagine e gloria di Dio”. Ma il versetto 7 prosegue: «Mentre la donna è gloria dell’uomo». Cioè: la donna non è gloria di Dio. Come la mettiamo? Se portiamo alle estreme conseguenze questo versetto, possiamo dire che l’eutanasia non è praticabile sul maschio, ma la donna può scegliere: perché tanto lei non è gloria di Dio  («mentre la donna è gloria dell’uomo poiché non l’uomo deriva dalla donna ma la donna dall’uomo»). Quindi la donna è gloria dell’uomo, non di Dio: e allora come la mettiamo? Perché si cita soltanto una parte del versetto e non l’altra?
    Insomma, ci sono tutta una serie di cose che ci fanno dire che la Chiesa, come ogni altra confessione religiosa, ha il diritto di esprimersi, e lo Stato laico ha il dovere di ascoltare tutte le forme di pensiero, sia religiose che filosofiche, che quelle della laicità etica o della eticità laica, quella degli agnostici, quella degli atei: deve ascoltare tutti. Invece qui siamo di fronte ad una situazione nella quale qualcuno dice che chi fa quella pratica indipendentemente dalla legge è un criminale. Questo non è accettabile, perché significa entrare prima già in un processo, in un iter legislativo che è comunque difficoltoso, ma che deve essere lasciato al libero pensiero laico di uno Stato laico. Io ho iniziato dicendovi che talvolta il lupo non perde né il pelo né il vizio, e vi ho accennato alle vicende nelle quali è coinvolto anche l’Obolo di San Pietro. Ora, l’Obolo di San Pietro è un qualcosa che è iniziato da subito. Se noi leggiamo gli Atti degli Apostoli, leggiamo che gli appartenenti alla setta dei Gesuani dovevano vendere i loro beni e mettere il denaro i piedi degli apostoli. Di una setta, si trattava: bisogna dirlo con chiarezza. Una setta, cioè un piccolo gruppo di persone che cercavano di diffondere una loro visione di quel Gesù.
    I Gesuani poi sono ancora un gruppo diverso rispetto ai cristiani, che hanno presentato nel mondo occidentale tutta un’altra visione di Gesù partendo da Paolo (quindi Paolo era in contrasto con i Gesuani). Bene, all’interno dei Gesuani guidati da Pietro, tutti gli appartenenti a quella setta dovevano vendere i loro beni e mettere il denaro ai piedi di Pietro, in particolare; poi gli apostoli avrebbero provveduto alla redistribuzione, ma intanto il discorso era: il denaro lo date a noi, lo gestiamo noi. Ora per fortuna quest’obbligo non c’è più, però comunque la richiesta di avere donazioni per la Chiesa è continua – e donazioni non soltanto delle monetine che si mettono in chiesa alla domenica, ma donazioni e anche elargizioni molto importanti, intere eredità che la Chiesa accumula (e non stiamo a parlare della ricchezza che ha accumulato, perché è nota a tutti). Bene, ma cosa succede? Succede che due persone, marito e moglie, appartenenti a questo gruppo, a questa setta di Gesuani, vendono un loro bene, consegnano quasi tutto il denaro a Pietro e ne trattengono una parte. Tutti noi sappiamo che all’interno delle sette vige – sia in forma strutturata, sia in forma quasi naturale – una sorta di regime poliziesco, per cui c’è chi va a riportare le cose e i capi le vengono sempre a sapere.
    Pietro, informato del fatto che Anania e Saffira si erano trattenuti una piccola parte del denaro per le loro esigenze personali, convoca Anania e gli dice, in sostanza: ma come mai Satana, cioè l’avversario, ti ha riempito il cuore? Come hai potuto pensare in cuor tuo ad una azione simile? Non hai mentito agli uomini ma a Dio. «All’udire queste parole Anania cadde a terra morto e un grande spavento si impadronì di tutti quelli che ascoltavano. Subito alcuni giovani si mossero per avvolgerlo e portarlo a seppellire». Cosa dobbiamo pensare? Che Anania sia morto di spavento, sia morto d’infarto, sia morto di ictus? la cosa più naturale è che sia stato ucciso da Pietro, anche – leggiamo, andando avanti nel racconto – che «circa tre ore dopo si presentò anche sua moglie ignara dell’accaduto». Pietro, pensate che astuzia – e qui siamo all’interno delle più sofisticate tecniche di indagine poliziesca, che consistono nell’avere informazioni da più parti per trovare conferme facendo in modo che chi ha le informazioni non possa parlarsi, le dice: «Dimmi, è per tal prezzo che avete venduto il campo?». E lei, ignara di ciò che era avvenuto, dice: sì, per tale prezzo. E Pietro le dice: «Ma perché vi siete accordati per tentare lo Spirito? Ecco alla porta i passi di coloro che hanno sepolto tuo marito, porteranno via anche te. Ella gli cade improvvisamente ai piedi morta».
    «Quei giovani, entrati, la trovarono morta e la portarono a seppellire vicino al marito. Un grande spavento si diffuse per tutta la Chiesa e in quanti ascoltavano queste cose». Cioè, nessuno doveva permettersi di trasgredire alle regole della setta: voi vendete tutto ciò che avete, e il denaro lo portate qui: chi non obbedisce, muore. Ma Pietro non era quello che aveva sentito dire da Gesù “perdonare fino a settanta volte sette”? Se n’erano dimenticati? Pietro si era dimenticato del fatto che la vita è un dono indisponibile di Dio? Uno dirà: va be’, ma questa qui è un’interpretazione di Biglino. Sapete chi ha scritto di questo, dicendo che Pietro li ha uccisi? Ne ha scritto Girolamo, quello che ha tradotto la Bibbia in latino, se non ricordo male nella Lettera 109; poi in una lettera successiva ha cercato di recuperare un po’, dicendo «ma lo ha scritto Porfirio». Bene, possiamo discutere quanto volete. Sentiamo cosa ne dice il Papa, cosa ne ha detto il Papa Francesco. Siamo al 16 ottobre del 2018, nel Bollettino 758 della Santa Sede è riportato l’incontro che Francesco ha avuto con i seminaristi della Lombardia. A un certo punto hanno cominciato a fargli tutta una serie di domande. E un sacerdote gli chiede che cosa pensa degli scandali che stanno travagliando la Chiesa. Eravamo nel 2018: scandali. Ora siamo nell’ ottobre 2020: scandali, per combinazione finanziari, Obolo di San Pietro.
    Il Papa risponde così: «E’ necessario che ci siano degli scandali, lo dice Gesù stesso: lo scandalo è dall’inizio della Chiesa, pensate ad Anania e Saffira, quei due che volevano truffare la comunità, uno scandalo. Pietro ha risolto in modo chiaro lo scandalo, in quel caso: ha, tra virgolette, tagliato la testa a tutti e due». Lo dice il Papa. Quindi: a partire dall’Obolo di San Pietro, cioè quello che veniva dato a San Pietro allora, fino agli scandali attuali, siamo di fronte a una struttura che ha, lo ripeto, il diritto di esprimere il suo pensiero, anche perché coloro che credono a quella struttura aspettano che quella struttura si esprima, perché spesso purtroppo non hanno voglia di leggere da soli ciò che c’è scritto nella Bibbia, e allora preferiscono farselo raccontare da altri. Benissimo, anche questo è un diritto legittimo, non ci interessa. Quello che però voglio ribadire, sottolineare, è che nessuna struttura può pensare di imporre la sua etica ad uno Stato laico, soprattutto quando quella struttura fa derivare la sua visione etica e morale da dei testi che quella struttura fa derivare da un Dio che quella stessa struttura ha inventato a tavolino: questo è assolutamente inaccettabile.
    (Mauro Biglino, video-intervento “Vaticano, Bollettino Santa Sede 0476″, pubblicato sul canale YouTube “Il vero Mauro Biglino” il 3 ottobre 2020).

    L’Obolo di San Pietro, al centro dell’ennesimo scandalo vaticano finito sui giornali? Esisteva già al tempo degli Atti degli Apostoli: era una donazione obbligatoria, che poteva costare la vita ai trasgressori. Lo rammenta il biblista Mauro Biglino, citando l’uccisione dei discepoli Anania e Saffira, giustiziati proprio da San Pietro (come ricordato dallo stesso Bergoglio) per aver sottratto ai “gesuani” una parte del ricavato della vendita di un terreno di famiglia. Biglino ne prende spunto per commentare il Bollettino Stampa della Santa Sede, numero 476 del 22 settembre 2020, in cui il Vaticano riprende il tema dell’eutanasia. «Liberissimi di pensarla come vogliono, purché non pretendano di imporre il loro credo allo Stato laico, trasformandolo in legge, contro la libertà e i diritti di chi non la pensa come loro: non solo atei e agnostici, ma anche valdesi, anglicani, buddisti e induisti». Biglino è autore del saggio “La Bibbia non l’ha mai detto” (Mondadori), scritto con la professoressa Lorena Forni, giurista e docente dell’università Milano Bicocca: molte leggi dello Stato traggono ispirazione proprio dalla Bibbia, o meglio da traduzioni erronee dell’Antico Testamento. Nel suo ultimo intervento (di seguito, proposto testualmente), Biglino cita i tantissimi passaggi veterotestamentari da cui risulta proibitivo ricavare l’idea che, per gli autori biblici, la vita fosse un “dono di Dio”, vista l’enorme quantità di stragi e massacri ordinati dallo stesso Yahwè.

  • Firmano 15.000 scienziati: le misure anti-Covid sono follia

    Scritto il 08/10/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    In qualità di epidemiologi di malattie infettive e scienziati della salute pubblica, nutriamo gravi preoccupazioni per gli impatti dannosi sulla salute fisica e mentale delle politiche Covid-19 prevalenti e raccomandiamo un approccio che chiamiamo Protezione mirata. Provenienti sia da sinistra che da destra e da tutto il mondo, abbiamo dedicato la nostra carriera alla protezione delle persone. Le attuali politiche di blocco stanno producendo effetti devastanti sulla salute pubblica a breve e lungo termine. I risultati (per citarne alcuni) includono tassi di vaccinazione infantile più bassi, peggioramento degli esiti delle malattie cardiovascolari, meno screening per il cancro e deterioramento della salute mentale – che porta a una maggiore mortalità in eccesso negli anni a venire, con la classe lavoratrice e i membri più giovani della società che portano il peso più gravoso. Tenere gli studenti fuori dalla scuola è una grave ingiustizia. Mantenere queste misure in atto fino a quando un vaccino non sarà disponibile causerà danni irreparabili, con danni sproporzionati ai meno privilegiati.
    Fortunatamente, la nostra comprensione del virus sta crescendo. Sappiamo che la vulnerabilità alla morte da Covid-19 è più di mille volte maggiore negli anziani e negli infermi rispetto ai giovani. In effetti, per i bambini, Covid-19 è meno pericoloso di molti altri danni, compresa l’influenza. Man mano che l’immunità cresce nella popolazione, il rischio di infezione per tutti, compresi i più vulnerabili, diminuisce. Sappiamo che tutte le popolazioni alla fine raggiungeranno l’immunità di gregge – cioè il punto in cui il tasso di nuove infezioni è stabile – e che questo può essere assistito da (ma non dipende da) un vaccino. Il nostro obiettivo dovrebbe quindi essere quello di ridurre al minimo la mortalità e i danni sociali fino a raggiungere l’immunità della mandria. L’approccio più compassionevole, che bilancia i rischi e i benefici del raggiungimento dell’immunità della mandria, è quello di consentire a coloro che sono a minimo rischio di morte di vivere normalmente la loro vita per costruire l’immunità al virus attraverso l’infezione naturale, proteggendo meglio coloro che sono al rischio. Chiamiamo questa protezione “mirata”.
    L’adozione di misure per proteggere i vulnerabili dovrebbe essere l’obiettivo centrale delle risposte di salute pubblica al Covid-19. A titolo di esempio, le case di cura dovrebbero utilizzare personale con immunità acquisita ed eseguire frequenti test Pcr di altro personale e di tutti i visitatori. La rotazione del personale dovrebbe essere ridotta al minimo. I pensionati che vivono a casa dovrebbero farsi consegnare generi alimentari e altri generi di prima necessità. Quando possibile, dovrebbero incontrare i membri della famiglia all’esterno piuttosto che all’interno. È possibile attuare un elenco completo e dettagliato di misure, compresi gli approcci alle famiglie multigenerazionali, che rientra nell’ambito e nelle capacità dei professionisti della sanità pubblica.
    Coloro che non sono vulnerabili dovrebbero essere immediatamente autorizzati a riprendere la vita normalmente. Semplici misure igieniche, come lavarsi le mani e stare a casa quando si ammalano, dovrebbero essere praticate da tutti per ridurre la soglia di immunità della mandria. Le scuole e le università dovrebbero essere aperte all’insegnamento di persona. Le attività extracurriculari, come gli sport, dovrebbero essere riprese. I giovani adulti a basso rischio dovrebbero lavorare normalmente, piuttosto che da casa. Dovrebbero aprire ristoranti e altre attività. Le arti, la musica, lo sport e altre attività culturali dovrebbero riprendere. Le persone più a rischio possono partecipare se lo desiderano, mentre la società nel suo insieme gode della protezione conferita ai più vulnerabili da coloro che hanno costruito l’immunità di gregge.
    (”Dichiarazione di Great Barrington”, redatta il 4 ottobre 2020 a Great Barrington, Massachusetts, Stati Uniti. Primi firmatari: Martin Kulldorff, professore di medicina presso l’Università di Harvard, biostatistico ed epidemiologo con esperienza nella rilevazione e nel monitoraggio di epidemie di malattie infettive e nella valutazione della sicurezza dei vaccini; Sunetra Gupta, professore all’Università di Oxford, epidemiologo con esperienza in immunologia, sviluppo di vaccini e modelli matematici di malattie infettive; Jay Bhattacharya, professore presso la Stanford University Medical School, medico, epidemiologo, economista sanitario ed esperto di politiche per la salute pubblica che si occupa di malattie infettive e popolazioni vulnerabili. Hanno finora aderito quasi 15.000 medici e scienziati. E’ possibile sostenere la Dochiarazione con una sottoscrizione on-line, da parte del pubblico).
    https://gbdeclaration.org/

    In qualità di epidemiologi di malattie infettive e scienziati della salute pubblica, nutriamo gravi preoccupazioni per gli impatti dannosi sulla salute fisica e mentale delle politiche Covid-19 prevalenti e raccomandiamo un approccio che chiamiamo Protezione mirata. Provenienti sia da sinistra che da destra e da tutto il mondo, abbiamo dedicato la nostra carriera alla protezione delle persone. Le attuali politiche di blocco stanno producendo effetti devastanti sulla salute pubblica a breve e lungo termine. I risultati (per citarne alcuni) includono tassi di vaccinazione infantile più bassi, peggioramento degli esiti delle malattie cardiovascolari, meno screening per il cancro e deterioramento della salute mentale – che porta a una maggiore mortalità in eccesso negli anni a venire, con la classe lavoratrice e i membri più giovani della società che portano il peso più gravoso. Tenere gli studenti fuori dalla scuola è una grave ingiustizia. Mantenere queste misure in atto fino a quando un vaccino non sarà disponibile causerà danni irreparabili, con danni sproporzionati ai meno privilegiati.

  • Conte governa coi bollettini dei contagi, la politica è morta

    Scritto il 08/10/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Può il bollettino dei contagi sostituire il Parlamento? Se lo domanda Gianluigi Da Rold sul “Sussidiario”, dopo la decisione di Conte di prorogare lo stato d’emergenza a causa del Covid–19 fino al 31 gennaio 2021. «Praticamente, l’Italia resterà in questa condizione per un anno intero, unico paese in  Europa». Il 1° ottobre, il numero dei tamponi eseguiti ha battuto ogni record: oltre 115.000. Ma terapie intensive, decessi e  ricoveri restano pressoché in linea con il numero dei giorni precedenti. Siamo “schiavi del bollettino”? La verità è che «ognuno dice la sua, e Conte decide prima ancora di consultare il Parlamento». Anche se non si tratta di un lockdown generale, scrive Da Rold, lo stato d’emergenza «mette maggiore ansia in un paese che è angosciato da altre prove che lo attendono, non solo in campo sanitario», e inserisce un nuovo motivo di polemica «proprio mentre ci si dovrebbe unire in uno sforzo comune sia per affrontare la pandemia, sia per affrontare quella che ormai sembra una crisi di sistema». Da anni, ormai, la democrazia parlamentare «sembra più preoccupata di garantire un libero mercato che abbia poche regole, piuttosto che la coesione sociale e i diritti di tutti i cittadini».
    In questo modo «si sono accentuate le differenze sociali, si sono ridotte le funzione dei Parlamenti e si è creata confusione fra i tre classici poteri». L’eco dello scontro, «ai limiti della decenza», tra Donald Trump e Joe Biden nel primo dibattito televisivo per le presidenziali americane «ha lasciato un po’ tutti stupefatti, ma è sembrato un segnale allarmante per come si presenti oggi la democrazia americana, quella che è stata – insieme alla Gran Bretagna, pur con tutti i suoi limiti – uno dei maggiori riferimenti per i democratici di tutto il mondo». Quanto all’Italia, sembra che il nostro paese sia «veramente sull’orlo di una vera e propria crisi di sistema». Tanto per cominciare, «c’è un governo che è composto principalmente da due forze che, al momento, hanno più motivi di divisione che di coesione». Divisi su tutto, Pd e Movimento 5 Stelle sono separati anche sul fronte costituzionale: contrariando Zingaretti, Grillo ha detto che non crede più nella democrazia rappresentativa. Ruolo della magistratura, Mes e Recovery Fund: non c’è intesa su niente. Senza contare che adesso «diventa inquietante» il ritardo con cui arriverebbero gli aiuti europei.
    Scontato, in fondo, per un governo-disastro nato al solo scopo di escludere la Lega? Di certo, il trasformismo “acrobatico” di Conte, passato dal governo con Salvini a quello contro Salvini, «ha di fatto indebolito tutta la politica nel suo complesso, non riuscendo tra l’altro a creare un’unità necessaria per superare una crisi di sistema». Non ci sono solo le critiche di Sabino Cassese sulla ridotta funzione del Parlamento, sul taglio lineare dei parlamentari avvenuto cancellando due articoli della Costituzione, con un referendum che ha esaltato solo Luigi Di Maio. Il problema è che, guardando ai risultati delle elezioni regionali, vedendo le proiezioni nazionali e i sondaggi – aggiunge Da Rold – non esiste solo un governo che è in minoranza numerica nel paese, ma paradossalmente maggioranza in Parlamento. Tra partiti e movimenti, «non esiste più un punto di riferimento, un autentico partito di maggioranza relativa intorno a cui sviluppare una linea politica di coalizione». Non solo: «Il proporzionale è destinato ad aumentare ancor più la confusione».
    Se la Lega perde voti e non raggiunge il 24%, e il Pd è inchiodato al 20%, i 5 Stelle – attualmente, partito di maggioranza relativa in Parlamento – stanno scivolando al quarto posto della classifica, forse prossimi al 10%. Cresce la Meloni, ma Forza Italia è in via di estinzione: «C’è qualcuno che può spiegare quale tipo di maggioranza funzionante, coesa, può uscire da un simile panorama politico?». Ed ecco delinearsi «una crisi di sistema veramente grave», peggiorata da quella che Da Rold definisce «l’invadenza delle magistratura nella politica», e l’atavica elefantiasi di una burocrazia «borbonica». Servirebbe «un governo che almeno assomigli a un esecutivo di unità nazionale», in grado di affrontare «la situazione sanitaria, occupazionale, economica, scolastica». E invece, si scivola verso il baratro.

    Può il bollettino dei contagi sostituire il Parlamento? Se lo domanda Gianluigi Da Rold sul “Sussidiario“, dopo la decisione di Conte di prorogare lo stato d’emergenza a causa del Covid–19 fino al 31 gennaio 2021. «Praticamente, l’Italia resterà in questa condizione per un anno intero, unico paese in  Europa». Il 1° ottobre, il numero dei tamponi eseguiti ha battuto ogni record: oltre 115.000. Ma terapie intensive, decessi e  ricoveri restano pressoché in linea con il numero dei giorni precedenti. Siamo “schiavi del bollettino”? La verità è che «ognuno dice la sua, e Conte decide prima ancora di consultare il Parlamento». Anche se non si tratta di un lockdown generale, scrive Da Rold, lo stato d’emergenza «mette maggiore ansia in un paese che è angosciato da altre prove che lo attendono, non solo in campo sanitario», e inserisce un nuovo motivo di polemica «proprio mentre ci si dovrebbe unire in uno sforzo comune sia per affrontare la pandemia, sia per affrontare quella che ormai sembra una crisi di sistema». Da anni, ormai, la democrazia parlamentare «sembra più preoccupata di garantire un libero mercato che abbia poche regole, piuttosto che la coesione sociale e i diritti di tutti i cittadini».

  • L’opposizione di burro ha accettato la “dittatura sanitaria”

    Scritto il 07/10/20 • nella Categoria: idee • (1)

    Si sa: i politici che hanno bisogno di essere eletti contano poco, prendono ordini, sono teatrino; il potere reale non viene messo in gioco con le votazioni popolari; i veri decision makers, gli ingegneri socio-economici, non si mettono in pubblica discussione. Si sa pure: gli eletti non possono rappresentare gli interessi degli elettori, perché sono poco più che figuranti, devono innanzitutto ripagare chi li sovvenziona e chi li mette in lista, poi fare i propri interessi. Si sa anche: metà della popolazione è analfabeta funzionale e solo un quinto è in grado di capire gli articoli di un giornale quotidiano; perciò la comunicazione per il pubblico, specie in campagna elettorale, è necessariamente fasulla. Alle elezioni del 20-21 settembre, la sedicente opposizione ha preso più voti e più seggi, ma è uscita sconfitta, siccome le affrontava sulla fortissima aspettativa di una travolgente avanzata e di una spallata liberatoria al governo, che sono mancate completamente, sicché il governo ne è uscito corroborato. Adesso potrà prorogare l’illegittimo stato di emergenza e l’illegittima sospensione dei diritti costituzionali e continuare a governare per decreti altrettanto illegittimi, con l’avallo del Quirinale.
    Potrà imporre lo stato di sorveglianza sanitaria e vaccinazioni con prodotti industriali di pessima qualità, poco o punto efficaci, pieni di sostanze tossiche e venduti da case farmaceutiche con fedine penali molto sporche, anche per corruzione politica. Potrà reprimere l’informazione e la critica su tutte queste realtà. Adesso potrà nominarsi un nuovo Presidente di comodo che blocchi nuovamente ogni alternativa che possa scaturire prossime elezioni politiche. Adesso potrà aprire a un’immigrazione selvaggia, deprimente per il mercato del lavoro, destabilizzante per l’ordine pubblico, costosa finanziariamente, pericolosa sanitariamente, lucrosa per l’apparato imprenditoriale legato alla sinistra e al Vaticano. E abolire i decreti sicurezza e dare lo jus soli per crearsi una nuova riserva elettorale. Adesso potrà imporre il denaro elettronico per far guadagnare le commissioni ai banchieri e facilitare le loro maxi-truffe; potrà restringere l’uso del contante per soffocare ulteriormente il lavoro autonomo a vantaggio delle multinazionali straniere.
    Adesso potrà spendere Mes e Recovery Fund per finanziare il suo consenso clientelare e indebitare più fortemente l’Italia, così da poter poi, quando bisognerà rimborsare i prestiti, imporre la tassa patrimoniale sul pingue risparmio mobiliare e immobiliare degli Italiani, come da tempo esige la Germania egemone (cioè si pagheranno l’acquisto dei voti con i soldi dei contribuenti). Adesso potrà perfezionare l’insabbiamento degli scandali del braccio giudiziario del suo sistema di potere, mentre il medesimo braccio potrà archiviare serenamente le cento e più denunce contro Conte e soci per la gestione della pandemia: una mana lava l’altra. Accettare oppure rifiutare il dominio dei finanzieri, il monopolio monetario privato, l’egemonismo germanico, la sostituzione etnica, il pensiero unico, il nichilismo gender, e ora la biocrazia o dittatura sanitaria: queste sono le scelte reali, morali, strutturali.
    Alla ricerca di ingresso al potere, sedicenti opposizioni, in due anni sono passate dal rifiuto incompleto di quel modello organico, all’accettazione condizionata, e ora all’accettazione incondizionata – modello che esse però non hanno mai ardito nemmeno descrivere come modello, come programma: come il nome del dio ebraico, non può nemmeno essere detto. E’ lo Stato orwelliano, il Moloch egregiamente analizzato da “Teoria della dittatura” di Michel Onfray. Avendo sin dall’inizio deciso di non fare opposizione al detto modello, non hanno mai formulato un modello organico alternativo: facendolo, si sarebbero legati le mani e reso più difficile il transito al modello dei poteri forti. Le loro proposte alternative sono sempre state, e rimangono, su elementi singoli, magari importanti, però mai sulla struttura complessiva.
    (Marco Della Luna, “Opposizione per analfabeti 2020″, dal blog di Della Luna del 27 settembre 2020).

    Si sa: i politici che hanno bisogno di essere eletti contano poco, prendono ordini, sono teatrino; il potere reale non viene messo in gioco con le votazioni popolari; i veri decision makers, gli ingegneri socio-economici, non si mettono in pubblica discussione. Si sa pure: gli eletti non possono rappresentare gli interessi degli elettori, perché sono poco più che figuranti, devono innanzitutto ripagare chi li sovvenziona e chi li mette in lista, poi fare i propri interessi. Si sa anche: metà della popolazione è analfabeta funzionale e solo un quinto è in grado di capire gli articoli di un giornale quotidiano; perciò la comunicazione per il pubblico, specie in campagna elettorale, è necessariamente fasulla. Alle elezioni del 20-21 settembre, la sedicente opposizione ha preso più voti e più seggi, ma è uscita sconfitta, siccome le affrontava sulla fortissima aspettativa di una travolgente avanzata e di una spallata liberatoria al governo, che sono mancate completamente, sicché il governo ne è uscito corroborato. Adesso potrà prorogare l’illegittimo stato di emergenza e l’illegittima sospensione dei diritti costituzionali e continuare a governare per decreti altrettanto illegittimi, con l’avallo del Quirinale.

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