Archivio del Tag ‘imperialismo’
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Giulietto Chiesa: finito il consenso, useranno il terrore
Democrazia e libertà civili furono gli strumenti culturali e istituzionali indispensabili per la costruzione del consenso. Il loro esercizio soddisfacente permise di controllare e conquistare non solo i ceti intermedi che venivano consolidandosi, ma anche settori decisivi delle classi lavoratrici. Il “welfare state” fu l’arma economica con cui le classi dominanti dell’Occidente si assicurarono il superamento indolore del “turning point” previsto da Karl Marx. Il risultato fu raggiunto. A fatica, certo, e attraverso lotte durissime, poiché le forze lavoratrici si erano nel frattempo dotate di strumenti di difesa: partiti, sindacati, società civile organizzata. La storia del XX secolo è stata, in Occidente, un continuo alternarsi di offensive e controffensive delle due classi principali. Quando la bilancia delle forze si spostò dalla parte dei subordinati, e per il Potere il pericolo divenne concreto, esso ricorse senza esitazione alla forza, al sangue, alla violenza.
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E ora eccoci serviti, dopo settant’anni di quasi-democrazia
Il 2 agosto 1980 è la data che viene segnata dalla peggior strage avvenuta in Italia dal secondo dopoguerra. Alla stazione di Bologna morirono 85 persone dilaniate da un ordigno collocato nella sala di seconda classe e furono oltre 200 i feriti. A tutt’oggi è rimasta inascoltata la domanda di verità che i parenti delle vittime e un’intera città chiedono con forza a uno Stato sordo e volutamente reticente. E ogni anno si rinnova questa richiesta, ritorna in piazza una protesta sacrosanta verso le autorità del momento, che tanto parlano ma nulla fanno. Il segreto di Stato rimane la pietra tombale su questa e altre vicende. Molto è stato detto e scritto su quella maledetta mattina, e non è qui mia intenzione entrare nel merito di questo specifico evento. Questo mio contributo intende piuttosto delineare un quadro generale e una traiettoria dalla “democrazia” e della politica italiana, condizionata da sempre dall’azione legale e criminale di poteri forti del tutto interni e ai posti di comando nella società italiana e in un contesto internazionale.
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Onore al coraggio della Siria, che resiste alla barbarie
L’opera di demonizzazione preventiva è sempre la stessa. La si ritrova, ugualmente modulata, su tutti i quotidiani e in tutte le trasmissioni televisive, di destra come di sinistra. In quanto totalitario, il sistema della manipolazione organizzata e dell’industria culturale occupa integralmente la destra, il centro e la sinistra. Il messaggio dev’essere uno solo, indiscutibile. Armi chimiche, armi di distruzione di massa, violazione dei diritti umani: con queste accuse, la Siria è oggi presentata mediaticamente come l’inferno in terra; per questa via, si prepara ideologicamente l’opinione pubblica alla necessità del bombardamento, naturalmente in nome dei diritti umani e della democrazia (la solita foglia di fico per occultare la natura imperialistica delle aggressioni statunitensi).
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L’avvocato del diavolo: chi piazza bombe pone questioni
È morto a 88 anni Jacques Vergès, una delle figure più controverse di Francia. Nato in Thailandia da padre francese e madre vietnamita, crebbe sull’isola di Reuniòn. Esponente della resistenza anti-nazista accanto a De Gaulle, divenne avvocato, approdò al comunismo maoista, strinse amicizia con Pol Pot e si distinse nell’impegno a favore dell’anticolonialismo. Dal ‘70 al ‘78 disparve nel nulla senza che mai alcuno sia riuscito a sapere dove fosse vissuto nei cosiddetti “anni misteriosi”. Ricomparso sulla scena civile legò la sua fama all’attività forense in difesa di noti criminali. Iniziò col terrorista libanese Georges Ibrahim Abdallah e con l’ex capo della Gestapo Klaus Barbie, conosciuto anche come “il macellaio di Lione”.
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Sinistra? No, grazie: ha fallito, e non vede la catastrofe
La tradizione comunista e socialista, dopo la disfatta dell’esperimento sovietico, non è stata capace di produrre nulla di alternativo in grado di contrastare il pensiero unico, che infatti ha vinto. Gli epigoni di quell’esperienza sono ormai – come scriveva acutamente Alexadr Herzen, pur riferendosi alla generazione del 1848 – «stranieri del tempo loro» e non capiscono di essersi lasciati «sfuggire il presente e il futuro», mentre continuano a «lottare contro il loro stesso passato». Non è questione di “tradimenti”; questi ci sono stati, ma sono stati piuttosto l’effetto che la causa. Il fatto è c’era un buco nella teoria, anzi una voragine. Marx non poteva averla vista, perché quella voragine si aprì dopo di lui, sebbene qualche importante intuizione lui e Friedrich Engels la ebbero. I loro epigoni, invece, ci cascarono dentro.
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La minaccia che spaventa gli outsider, da Grillo a Crocetta
Per i prossimi due anni pare che ci sia un copione già scritto. Nel 2015, settantennale della liberazione dell’Europa dal nazismo, gli Usa arriveranno nuovamente a “liberare” l’Europa dall’attuale oppressione tedesca, grazie all’instaurazione del Ttip, il mercato transatlantico o “Nato economica”, che comporterà probabilmente un aggancio delle valute europee al dollaro. In un certo senso è vero che la storia si ripete, poiché, dopo la caduta del Muro di Berlino, la Germania del cancelliere Helmut Kohl effettivamente riprese il sogno hitleriano – illustrato nel “Mein Kampf” – di un sub-imperialismo tedesco in Europa dell’Est all’ombra del super-imperialismo anglosassone. Ma è destino dei sub-imperialismi subire cicliche umiliazioni da parte della razza superiore.
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C’è chi dice no: Morales e Correa, l’America della libertà
Assistere alla festa che il governo ecuadoriano di Rafael Correa ha organizzato lo scorso 23 luglio in onore di Evo Morales, per manifestare la propria solidarietà nei confronti del presidente boliviano e per condannare l’offesa che quattro governi europei (fra cui il nostro) hanno inferto non solo a Morales, ma a tutto il popolo latinoamericano (mi riferisco ovviamente al caso Snowden), è stata l’esperienza più coinvolgente e interessante del mio lungo viaggio in Ecuador. A emozionarmi, più dei discorsi di Morales e Correa, è stato lo spettacolo delle migliaia di cittadini stipati nel Teatro Nacional de la Casa de la Cultura di Quito. Moltissimi gli indigeni (non solo militanti di organizzazioni come Fenocin, Cnc, Conaye, presenti con bandiere e striscioni, ma anche e soprattutto gente dei barrios e dei villaggi), a testimonianza del profondo risentimento di queste popolazioni nei confronti di un’arroganza coloniale che sopravvive al declino politico, economico, morale e civile dell’Occidente.
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Guerra nucleare contro la Cina: ecco il piano degli Usa
Amitai Etzioni ha posto una domanda importante: «Chi ha autorizzato i preparativi di una guerra contro la Cina?». Etzioni afferma che il piano bellico non è il tipo di piano d’emergenza che potrebbe rendersi disponibile per un evento improbabile. Etzioni riferisce inoltre che il piano di guerra del Pentagono non è stato ordinato, e neanche rivisto, dalle autorità civili Usa. Siamo di fronte ad un esercito statunitense “neoconizzato”, che danneggia gli americani e il resto del mondo. Etzioni ha ragione nel dire che si tratta di una decisione di grande importanza presa da un esercito “neoconizzato”. La Cina è ovviamente cosciente del fatto che Washington si sta preparando per una guerra. Se il “Yale Journal” lo sa, anche la Cina lo sa. Se il governo cinese è realistico, è consapevole del fatto che Washington sta pianificando un attacco nucleare preventivo contro la Cina.
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Noi, oppressi dal debito: gli schiavi di Roma stavano meglio
Da una parte l’umanità e dall’altra il denaro – che ha vinto la sua guerra millenaria, e ora impone la sua legge dura e spietata. Se Roma evitava almeno di spillare tasse agli schiavi, a spremere anche loro provvide il feudalesimo, cioè la condizione storica alla quale stiamo tornando, come “profetizzato” in tempi non sospetti da Giuliano Amato. Di questo passo, con l’eclissi storica della sovranità, non ci saranno più diritti di nessun tipo: cittadini e popoli saranno semplicemente ridotti a chiedere l’elemosina, pronti anche a combattere le guerre di clan organizzate dei nuovi imperi. Analisi storica suggestiva, firmata dall’economista greco Dimitris Kazakis: che, attraverso fonti eterodosse – da Tacito a Engels, fino a Hitler – “spiega” che il dramma nel quale stiamo sprofondando, in primis come Eurozona, è paragonabile soltanto al più spaventoso cataclisma della storia dell’Occidente, ovvero la caduta dell’Impero Romano.
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Datagate: i falchi della cyber-guerra con Obama dal 2008
Quattro anni e mezzo dopo la sua prima, trionfale elezione, Barack Obama è nella burrasca: i suoi piani di cyber-guerra sono stati smascherati dall’ex analista della Cia e dell’Nsa, Edward Snowden, per catturare il quale la Casa Bianca è giunta a “sequestrare” l’aereo presidenziale di Evo Morales, imponendo ai paesi satelliti – Italia compresa – di negare il diritto di sorvolo al presidente della Bolivia, “atto di guerra” senza precedenti nella storia, in tempo di pace. Rilette oggi, assumono tutt’altro sapore le tempestive cautele che Paolo Barnard espresse già nel novembre del lontano 2008, all’indomani dell’avvento di Obama: «Una delle regole più note del giornalismo anglosassone è “follow the money”». Cioè: “segui i soldi”, se vuoi capire la vera ragione delle cose. Era già tutto scritto, nell’elenco dei sostenitori del “primo presidente nero”: tra i suoi massimi sponsor, figurava il complesso militare-industriale incaricato di fronteggiare l’ascesa della Cina ricorrendo all’arma decisiva della “guerra informatica”, quella che ora il dissidente Snowden ha messo in piazza così clamorosamente.
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Cardini: giustizia, la rivoluzione che l’umanità attende
Il generale malessere del mondo, la crisi europea, le strane “primavere arabe” e il ritorno di potenze come la Francia, pronte a strumentalizzare i movimenti islamisti. E poi le rivolte in Egitto e in Turchia, che hanno messo i media di fronte a una domanda drammatica: di fronte a tanta ingiusizia, l’unica via d’uscita sarà una rivoluzione necessariamente globale? Ebbene sì, risponde lo storico Franco Cardini: serve una rivoluzione mondiale basata sulla giustizia e sulla redistribuzione della ricchezza, capace di trasformare i consumi salvaguardando il rapporto con l’ambiente. La «rivoluzione del futuro», inutile non vederla, ormai «ci sta davanti», sospinta dalla potenza formidabile del Bric, il cartello dei grandi paesi emergenti: Brasile, Russia, India e Cina, cui domani potrebbe aggiungersi anche l’Iran. «Questa rivoluzione potrà anche non verificarsi, oppure fallire: ma allora saremo tutti condannati».
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Grecia, Cipro e Siria messe ko, per rubargli il gas dell’Egeo
Grecia, Cipro, Siria. Tre crisi ben distinte, secondo la narrazione mainstream: il debito pubblico non più tollerato dall’Europa del rigore, la fragilità del sistema bancario dell’isola mediterranea, la rivolta armata contro il regime di Assad. Peccato che nessuno veda cosa c’è sotto: ma proprio in fondo, là in basso, nel fondale marino dell’Egeo. Tecnicamente: uno smisurato giacimento di gas. Un tesoro inestimabile, a cui avrebbero accesso – per diritto internazionale – sia i greci massacrati dalla Troika, sia i ciprioti strapazzati da Bruxelles, sia i siriani assediati dai miliziani Nato travestiti da ribelli. Quel tesoro lo vogliono per intero, e a prezzi stracciati, le Sette Sorelle. E’ questo il vero motivo per cui si sta cercando di radere al suolo la sovranità della Grecia, di Cipro e della Siria. Non si tratta di una tesi, ma di fatti che il mondo diplomatico conosce. Parola di Agostino Chiesa Alciator, già console italiano in Francia. Che avverte: il disastro che ci sta rovinando addosso – crisi economica, catastrofe finanziaria, focolai di guerra permanente in ogni angolo del pianeta – ha una precisa di data d’inizio: 11 settembre. Non quello del 2001, le Torri Gemelle. Si tratta di undici anni prima: la caduta del Muro di Berlino.