Archivio del Tag ‘Inferno’
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Laboratorio Italia: come trasformare gli uomini in topi
“To live in a land where justice is a game” (Bob Dylan, “Hurricane”, 1976). Non si può che morire di vergogna, per il fatto di vivere in una terra dove, ormai, la giustizia è un gioco. E dove “they try to turn a man into a mouse”, provano a trasformare l’essere umano in topo: non Rubin Carter, il famoso pugile finito in carcere, ma proprio tutti. Il rumore di ceppi e catene si è fatto assordante, lungo i meandri stucchevoli nella neolingua sanitaria che pretende di assoggettare i cervelli e i corpi, sottendendo la fine – sostanziale – di uno Stato di diritto che invece esiste ancora, e per il momento arma la mano di centinaia di avvocati combattivi. Sopravvive tuttora la Costituzione entrata in vigore nel 1948, benché amputata brutalmente una decina d’anni fa con l’inserimento dell’obbligo del pareggio di bilancio. Una Carta ora ritoccata anche con l’ambigua indicazione, teoricamente nobile ma contigua al verbo “gretino”, sulla tutela dell’ambiente (possibile alibi per chissà quali altre torsioni, future o imminenti).Quanto è lontana, da tutto questo, la remotissima America in cui un cantautore carismatico – con una semplice canzone di denuncia – poteva contribuire a restituire la libertà a un atleta finito in cella in quanto afroamericano, per un rigurgito tardivo di razzismo? A contendersi la Casa Bianca, all’epoca, erano Gerald Ford e Jimmy Carter. Oggi il mondo sa che l’inquilino di Pennsylvania Avenue è un anziano diroccato e forse mentalmente presente solo a intermittenza. Un ometto debolissimo, piazzato su quella poltrona da maneggi informatici scandalosamente enormi, su cui le autorità giudiziarie non hanno mai voluto fare piena luce. Un presidente facente funzioni, interamente manovrato da altri, cui oggi tocca misurarsi – in mezzo a gaffe ormai leggendarie – con un personaggio come Vladimir Putin, tra praterie di missili puntati. Il vecchio film, la guerra, sembra un fantasma che ritorna, un vampiro inestinto: solo che stavolta il cittadino medio non riesce ad afferrarne neppure il sapore più superficiale, preso com’è da tutti gli altri assilli che, da due anni, lo inchiodano al baratro di precarietà nel quale la vita di tutti è letteralmente precipitata, in Occidente.Lo stesso Bob Dylan, in pieno terrore pandemico (marzo 2020) ha voluto mettere l’accento sul “murder most foul”, il più disgustoso degli omicidi – quello di John Fitzgerald Kennedy – come sciagurato evento-chiave della seconda parte del secolo, conclusosi davvero solo l’11 settembre 2001 con la sua coda di orrori: l’Iraq e l’Afghanistan, le bombe al fosforo sui civili di Falluja e su quelli di Gaza, Obama e le altre carneficine “regionali” (dalla Libia alla Siria), i tagliagole dell’Isis in azione in Medio Oriente e nelle capitali europee. E’ durata pochissimo, la ricreazione, perché sulla scena ha fatto irruzione il coronavirus-chimera di Wuhan: la globalizzazione della schiavitù psicologica e non solo, con il suo corredo di strumentazioni distopiche. Il “false prophet” dell’ultimo Dylan è uno scheletro che brandisce una siringa, suonando alla porta di casa come per consegnare un regalo ben impacchettato. Nel disco (“Rough and rowdy ways”) manca solo l’estremo omaggio, il corollario: la schedatura definitiva mediante pass vaccinale, e senza neppure la cortesia di un vero vaccino.Il mistero più fitto continua ad aleggiare sui sieri genici C-19: graziosamente, in prima battuta, Pfizer aveva provato a sostenere che sarebbe stato possibile rivelare la loro reale composizione soltanto fra 70 anni. Nel frattempo, le agenzie europee della farmacovigilanza parlano di oltre 30.000 morti sospette e 3 milioni di persone finite nei guai dopo l’inoculo: sembra il bilancio di una guerra, non certo quello di una campagna vaccinale. Nonostante ciò, probabilmente, sfugge la vera ragione che motiva i renitenti, che sono milioni: a farli desistere dal subire l’iniezione è essenzialmente l’atteggiamento ricattatorio di un potere che si è macchiato di un crimine gravissimo, rifiutandosi ostinatamente di approntare terapie efficaci, sollecitamente segnalate dai medici. Questo, si immagina, ha contribuito a causare la morte di migliaia di persone: pazienti non curati, lasciati a casa a marcire da soli in modo da poter poi essere ricoverati, gonfiando in tal modo i numeri televisivi dell’emergenza. Dovrebbe essere intuitivo comprendere il “no” di tanti italiani: com’è possibile accettare di ottenere una sorta di libertà condizionata, a patto di sottoporsi al Tso, se questo è imposto da autorità tanto inaffidabili e pericolosamente sleali?Il caso italiano fa scuola: se è vero che l’uragano psico-politico-sanitario si è abbattuto essenzialmente sull’Occidente, è vero anche che nessun altro paese ha dovuto vivere i supplizi inflitti all’Italia, in termini di vessazioni e distorsioni dell’ordinamento democratico. Perfettamente speculare anche l’acquiescenza della maggioranza dei cittadini-sudditi, ormai rassegnati a subire qualsiasi arbitrio, da parte della voce del padrone (non importa quale). Mentre gli altri paesi occidentali si stanno scrollando di dosso la dittatura sanitaria, nella patria del potere vaticano si usa ancora obbedir tacendo: il governo prolunga oltremisura le restrizioni e ritarda in modo esasperante le cosiddette riaperture, con l’aggravante del Tso esteso in modo pressoché generalizzato. Le discriminazioni sono diventate persecutorie, varcando la soglia degli uffici pubblici, di molti negozi, persino degli sportelli bancari e delle Poste. Questo, per ora, è lo spettacolo offerto da Mario Draghi, destinato a entrare nella storia: esattamente come il Britannia e la svendita del paese negli anni ‘90, come il “whatever it takes” concesso solo dopo la morte civile della Grecia e la capitolazione di Italia e Spagna.Un vero statista, ovviamente, avrebbe innanzitutto messo mano al problema numero uno: lo ha fatto Boris Johnson, nel Regno Unito, fungendo da apripista per svariati paesi, dalla Spagna alla Danimarca. La Francia annuncia la fine del Green Pass entro marzo? Niente paura: il bis-ministro Speranza (in quota alla Fabian Society, che gli italiani non conoscono) va avanti imperterrito con lo squallore settimanale delle Regioni “colorate”, come se davvero fossimo in presenza di un’emergenza ospedaliera. La verità è tristissima: qualcuno, lassù, ha deciso che l’Italia dovesse essere l’area-test per il nuovo ordine sanitario. Le major ordinarono a Obama di procedere, e Renzi rispose: scelsero l’Italia, come paese-cavia per gli obblighi vaccinali, conoscendone il ventre molle (politico) e la solidità dello storico tutore che risiede Oltretevere, il network tentacolare che traffica anche coi cinesi, coi vaccini e coi tamponi. A proposito: non è certo uno scherzo, smontare da un giorno all’altro l’albero della cuccagna. Chiunque ci provasse, va da sé, forse potrebbe anche temere persino per la sua incolumità fisica. Non a caso si è stranamente affollato, il cimitero degli scienziati che avevano osato sdrammatizzare il problema, offrendo soluzioni tempestive e convincenti.Dopo aver bellamente elevato a sistema l’esercizio del ricatto, oggi il signor Draghi – a un anno dall’intronazione – può ben fregiarsi del titolo di grande demolitore: come se fosse sempre lui, il fondo, il vero detentore della specialità rottamatoria. Ci aspetta una crisi socio-economica dai risvolti potenzialmente spaventosi? Ovvio: per un anno intero, il governo (in questo, identico al precedente) ha letteralmente sventrato interi settori vitali, dal commercio al turismo, passando per la scuola, i trasporti, la cultura, lo spettacolo. Come da copione, fa notare qualcuno: l’inferno dei tanti è il paradiso dei pochissimi, quelli che infatti orchestrano la sinfonia di Davos. Non andrà tutto bene? Già. Ma non andrà completamente in porto, a quanto a pare, neppure la conversione definitivamente “cinese” della latitudine occidentale: il grande caos è agitato dallo scontro, sotterraneo e non, di possenti forze contrarie. Se la catastrofe è grandiosamente globale, comunque, l’Italia riesce a brillare di luce propria: nessun altro paese ha usato così bene il Covid per terremotare il proprio tessuto socio-economico.Tornano alla mente i tempi (oscuri, ma non quanto l’attuale) dei tentati golpe e delle stragi nelle piazze: poteri sovrastanti, che manovrano silenziosamente. Il target non è cambiato: l’Italia, gli italiani. A cui lo show offre le prodezze di Sanremo e le carezze che il gesuita Bergoglio dispensa a Greta Thunberg, la ragazzina davanti a cui si genuflette Draghi insieme al ministro Cingolani. Mala tempora: tanti connazionali, ormai, si sentono già esodati: e infatti stanno programmando l’espatrio, verso lidi meno inospitali. Chi può permetterselo, sta seriamente pensando di lasciare il paese: tale è il disgusto che provocano le sue autorità politiche, ma anche la deprimente sottomissione della maggioranza ostile e buia, annichilita dalla paura e fuoriviata dalla disinformazione di regime. Perché proprio l’Italia? Perché proprio l’erede dell’impero che Ottaviano Augusto volle far discendere dal troiano Enea, cioè dalla Creta dei Minosse che la mitologia dipinge come atlantidea? Perché proprio l’Italia, dominata per quasi due millenni dal medesimo potere confessionale, retrivo e oscurantista?Qualcuno intanto si diverte, amaramente, a constatare la strettissima osservanza vaticana delle massime cariche istituzionali: gli inquilini di Palazzo Chigi e del Quirinale, più il neo-presidente della Corte Costituzionale (altro personaggio, Giuliano Amato, rimasto nel cuore degli italiani). Ecco, appunto: gli italiani. Forse sono proprio loro, che mancano all’appello. Dove sono? Facile: eccoli là, in fila per il tampone. Fino a quando? Il palazzo comincia a parlare di allentamenti primaverili: ma chi si fida più, di quelle lingue biforcute? Se lo stanno godendo appieno, il grande spettacolo della schiavizzazione strisciante: in fila per tre, con la brava mascherina sulla faccia. Medici, psicologi e sociologi si esercitano in previsioni apocalittiche: parlano di danni, fisici e mentali, incalcolabili. Sembrano gli effetti di un immane esperimento sulfureo: scoprire fino a che punto si può “trasformare un uomo in un topo”. In Italia, ovviamente. Come sempre.(Giorgio Cattaneo, 12 febbraio 2022).“To live in a land where justice is a game” (Bob Dylan, “Hurricane”, 1976). Non si può che morire di vergogna, per il fatto di vivere in una terra dove, ormai, la giustizia è un gioco. E dove “they try to turn a man into a mouse”, provano a trasformare l’essere umano in topo: non Rubin Carter, il famoso pugile finito in carcere, ma proprio tutti. Il rumore di ceppi e catene si è fatto assordante, lungo i meandri stucchevoli nella neolingua sanitaria che pretende di assoggettare i cervelli e i corpi, sottendendo la fine – sostanziale – di uno Stato di diritto che invece esiste ancora, e per il momento arma la mano di centinaia di avvocati combattivi. Sopravvive tuttora la Costituzione entrata in vigore nel 1948, benché amputata brutalmente una decina d’anni fa con l’inserimento dell’obbligo del pareggio di bilancio. Una Carta ora ritoccata anche con l’ambigua indicazione, teoricamente nobile ma contigua al verbo “gretino”, sulla tutela dell’ambiente (possibile alibi per chissà quali altre torsioni, future o imminenti).
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Il Dio di Giordano Bruno, l’uomo che frequentava l’infinito
Una volta catturato, Giordano Bruno ha compiuto un’operazione durata otto anni: un giorno dichiarava di essersi sbagliato, ma l’indomani ritrattava. Avanti così per otto anni, nella sua cella di Castel Gandolfo. Aveva scritto che, fra tutte le religioni che aveva incontrato, quella cristiana non era neppure la peggiore; solo che era amministrata da gente senza cervello. Perché avevano tanta paura di lui, al punto da riservargli l’atroce morte sul rogo? Perché lui aveva un’idea di Dio che dovrebbe essere anche la nostra. Il suo Dio è frattale, e si identifica completamente attraverso la natura e tutto ciò che ci circonda: non è un Dio con la barba. E una persona del genere, che non antropomorfizza la natura attraverso un essere, che dev’essere gestito da un’entità come la Chiesa (o il clero di qualsiasi altra religione) è molto pericoloso: perché apre le menti alle persone. Tant’è vero che si rendeva conto che tutte le religioni avevano preso spunto dal medesimo tipo di sapere, un sapere ben preciso.Giordano Bruno sapeva tante cose, di Dio. E non era disposto a vedere il Dio di tutti amministrato da pochi, attraverso una strategia che è sempre la solita: “Se non fai questo, vai all’inferno” (oggi: non ti do più lo stipendio). Diceva, ai suoi carcerieri: siete sicuri che sia così? Prima che gli mettessero la mordacchia per portarlo al rogo, disse loro: «Avete più paura voi, nel condannarmi a morte, di quanta ne abbia io, che sto per morire. Perché io, tanto, non muoio». Sapeva bene che cos’era la sua mente: il suo pensiero. Tu lo puoi anche bruciare, un uomo, ma il suo pensiero no. La Chiesa ha impiegato secoli, per ammettere la sua gravissima colpa: c’è voluto Wojtyla, pensate. Giordano Bruno conosceva un Dio che non è quello che immaginamo noi: è un’altra cosa. Giordano Bruno conosceva le diverse dimensioni: conosceva l’Ottava.Da sempre, sulla Terra, per entrare nelle dinamiche iniziatiche bisogna comprendere ed “essere” l’Ottava. Da sempre, a tutte le latitudini, si conosce il comportamento della natura, quindi anche il nostro. Esempio: la luce. Se la spacchettiamo, osserviamo sette colori più uno, che è il bianco che ci arriva dal Sole. “Sette più uno” è l’essenza della Legge dell’Ottava: in termini non solo fisici (fuori di noi), ma anche psicofisici (dentro di noi). Idem, il suono: sette note principali, più una (la ripetizione del do, che crea il salto d’ottava). La scienza questo meccanismo lo conosce bene, ma non comprende quale valenza abbia dentro di noi. Se la lettura della luce la trasponiamo in una dinamica religiosa – cosa fatta ovunque, da sempre – allora quei sette colori diventano sette virtù, che messe insieme diventano un’ottava virtù (la santità).All’inteno di quelle sette virtù (o sette chakra, è lo stesso) c’è un’ulteriore suddivisione: nel settenario religioso cristiano, ci sono quattro virtù cardinali e tre virtù teologali. Cosa sono, queste virtù? Giordano Bruno diceva che i nostri atti di immaginazione e di pensiero sono “atti di luce”. Noi siamo una sintesi di tutte le leggi della natura, compresa la luce. Ma soprattutto: siamo una sintesi di tutte le leggi naturali presenti in questa realtà e anche nelle altre realtà. Perché la natura non è solo qui, come la scienza ha potuto evincere negli ultimi 80-100 anni, cercando di definire le dimensioni. E allora il parametro dimensionale, in termini emotivi, dentro di noi, sono proprio le nostre emozioni. Dimensioni uguale emozioni, uguale virtù. Cos’hanno dentro, le virtù, per essere definite dimensioni? Hanno parametri spazio-temporali diversi da quelli della tridimensionalità.Quando si entra in un mondo religioso, ci si sente chiedere di credere in Dio: di vedere Dio. Ai vicari del Papa, Ildegarda di Bingen diceva: «Quando parlo con Dio, parlo in una luce bianca dove non c’è lunghezza, né larghezza, né profondità; ma soprattutto, quando finisco, mi sento più giovane». Se vissuto in termini emozionali, il bianco mostra che lo spazio e il tempo sono cose diverse. Come virtù, il bianco è la fede. Questo vuol dire che, da sempre – attraverso la manipolazione delle proprie strutture emotive – tutto il mondo inziatico sa vivere lo spazio e il tempo dentro di sé in dinamiche completamente diverse dalle nostre. Indipendentemente dall’epoca in cui sono vissuti, tutti i grandi iniziati avevano un’idea del tempo e dello spazio che noi non abbiamo. Se non hai quest’idea, non hai neanche il pensiero di quest’idea. E siccome il pensiero è materia, tu quest’idea non ha puoi portare fuori da questa realtà interna.Questi signori, lo spazio-tempo lo vivevano unificato: non suddiviso in passato, presente e futuro (lunghezza, larghezza, profondità). Vivevano queste cose insieme, e sapevano che anche la memoria – come i sogni e i pensieri – è materia. Quindi si muovevano liberamente nel tempo, indipendentemente dallo spazio, e come conseguenza vivevano una dinamica mentale molto più aperta e una creatività intuitiva molto più evoluta, che permetteva loro di convivere sì con questa realtà, ma inserendovi la loro visione della realtà. E cioè: noi siamo esseri che si devono definire Ottave, e l’Ottava – che è un’entità molto più grande della nostra (volendo, possiamo chiamarla anche Dio), ha come fine ultimo la crezione di mondi. Per questo Giordano Bruno parlava di “mondi, nei mondi, nei mondi”. Questa è l’Ottava.Il percorso dell’Ottava inizia (non esattamente) in Palestina, con la Radix Davidis, la stirpe di Giuda, cioè tutto quello che ha a che fare con Salomone, fino a Gesù (che siano esistiti o meno, non mi interessa). Quello però è un momento, di tremila anni fa, in cui i Giudei – una parte, quindi, degli ebrei – conoscono l’Ottava e la testimoniano costruendo il Tempio: un condensato di tutte le leggi della natura (dell’Ottava). Poi questa dinamica si evolve e finisce in mano ai Templari, che creano la possibilità di costruire luoghi che contengono l’Ottava: le cattedrali, dove questa dinamica è presente. Poi cambiano nome, e diventano Fedeli d’Amore (Dante, Cavalcanti, Brunetto Latini): esauriti i soldi dei Templari, il sapere finisce nei libri, nei dipinti, nelle sculture. Così, l’Ottava si custodisce nell’arte. Tutti i personaggi citati nelle “Vite” del Vasari parlano dell’Ottava attraverso le loro opere. E’ un altro momento importante: corrisponde a un’evoluzione etica e sociale dell’umanità.Poi la cosa si evolve ancora, grazie a Giordano Bruno: che prende questo sapere e lo rimette in moto, innescando la proto-scienza. Ovunque è andato, in giro per l’Europa, sono poi fiorite le tecnologie (dall’Inghilterra alla Germania). Ha individuato personaggi particolarissimi e li ha tenuti insieme, chiamandoli Giordaniti: poi si chiameranno Rosacroce, finiranno nel ‘900 con Salvador Dalì, in Europa, ma questo processo continuerà ovunque nel mondo, soprattutto negli Usa – di nuovo, grazie agli ebrei (ma non solo) – declinandosi in contesti ormai tecnologici come il cinema, i fumetti, i videogiochi, la Borsa. Giordano Bruno è stato fondamentale: ha radunato attorno a sé tutti quelli che poi si sarebbero occupati di scienza e tecnologia. La proto-scienza annovera gente che, da Galileo in poi, queste cose comincia a masticarle bene.Pensiamo a Cartesio, Newton, Faulaber: partendo dal mondo del simbolo, quindi dell’Ottava, e sapendo una cosa essenziale – che le leggi della natura sono anche numeri e geometria, oltre che arte – possono essere anche fisica. Newton, che è un alchimista Rosacroce, per 64 anni si è occupato soprattutto del Tempio. Lo stesso farà Cartesio, e così Galileo. Per noi, tutti questi personaggi sono scienza. Ma sono partiti dalla proto-scienza: alle leggi fisiche sono arrivati attraverso il percorso dell’Ottava, rimesso in moto da Giordano Bruno. Il padre delle equazioni modulari (con cui poi la quantistica ha messo in piedi la Teoria delle Stringhe) è il matematico Srinivasa Ramanujan, che nel ‘900 fu il secondo indiano, nella storia, a studiare a Cambridge: le intuizioni gli arrivavano in sogno, tramite la terza moglie del dio Shiva. Erano numeri precisi: quelli che appartengono all’Ottava. Ne hanno fatto anche un film, “L’uomo che vide l’infinito”. Il talento di Ramanujan, che sbalordiva i professori inglesi, consisteva nel riuscire poi a dimostrare, con passaggi logici, le intuizioni che gli erano state trasmesse in sogno.Giordano Bruno aveva un modo speciale di immaginare l’universo. Diceva: c’è il mondo delle idee, grazie al quale – in questa realtà – arrivano le vestigia delle idee (la natura). Noi le guardiamo, queste vestigia (tutto quello che ci circonda) e portiamo dentro di noi non più le vestigia, ma l’ombra delle idee. E in questa discesa, che lui chiamava “di luce”, noi alla fine tratteniamo le ombre: non l’essenza delle cose, ma la loro ombra. Quindi, parlava di dimensioni: c’è una dimensione, diceva, all’interno della quale ci sono tutti i presupposti (o archetipi) di quello che poi diventerà natura, di cui noi cogliamo – attraverso la vista – solo gli aspetti più esteriori.Però attenzione: idee, vestigia e ombre sono tre parti. Una realtà leggibile anche con il simbolo, cioè il numero. Diceva Giordano: con la vista prendo un’immagine. Esempio: un cavallo. Lo prendo e lo porto dentro di me. Quindi poi la metto dentro l’immaginazione. Come faccio a ricordarmelo, quel cavallo? Dev’essere bellissimo, oppure bruttissimo. E’ così che l’acquisizione di quel cavallo – vista, quindi immaginazione – poi finisce nell’intelletto, che registra tutto freddamente: per impressionarlo, dunque, gli serve qualcosa di eclatante. Alla fine, visto che l’intelletto ne ha preso nota, quell’immagine sarà inserita nella memoria. E lì rimarrà per sempre.Questo significa che Giordano Bruno pensava all’universo in termini dimensionali e lo portava dentro di sé. Comprendendolo come? Attraverso quattro momenti, ripetuti tre volte. E cioè: vista, immaginazione, intelletto, memoria. Tre volte quattro fa sette (virtù, chakra). Tutto questo diventava: mente. Quello è l’ottavo momento. Perché la mente cosciente di tutti noi ha un potere così grande, da poter parlare anche con la mente non cosciente, di cui abbiamo paura. E invece siamo noi, che diamo gli input a un altro tipo di dinamica mentale che serve per evolversi. Ne abbiamo paura perché una certa psicologia ci ha insegnato ad aver timore di tutto quello che, per noi, non è “io”. Comunque: con questi sette momenti, Giordano Bruno viveva la sua giornata. Vuol dire che quei sette momenti (più uno) gli permettevano di “essere” Ottava. Capito, adesso, perché era intollerabilmente pericoloso?(Michele Proclamato, dichiarazioni rilasciate a Gianluca Lamberti sul canale YouTube “Facciamo Finta Che”, nella trasmissione “I sigilli di Giordano Bruno e la memoria immortale”, il 24 dicembre 2021. Saggista e simbologo, Proclamato ha dedicato a Giordano Bruno la monografia “L’uomo di Dio”).Una volta catturato, Giordano Bruno ha compiuto un’operazione durata otto anni: un giorno dichiarava di essersi sbagliato, ma l’indomani ritrattava. Avanti così per otto anni, nella sua cella di Castel Gandolfo. Aveva scritto che, fra tutte le religioni che aveva incontrato, quella cristiana non era neppure la peggiore; solo che era amministrata da gente senza cervello. Perché avevano tanta paura di lui, al punto da riservargli l’atroce morte sul rogo? Perché lui aveva un’idea di Dio che dovrebbe essere anche la nostra. Il suo Dio è frattale, e si identifica completamente attraverso la natura e tutto ciò che ci circonda: non è un Dio con la barba. E una persona del genere, che non antropomorfizza la natura attraverso un essere, che dev’essere gestito da un’entità come la Chiesa (o il clero di qualsiasi altra religione) è molto pericoloso: perché apre le menti alle persone. Tant’è vero che si rendeva conto che tutte le religioni avevano preso spunto dal medesimo tipo di sapere, un sapere ben preciso.
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Il Green Pass per l’Inferno, nell’impero della menzogna
E così avrebbero deciso di protrarre ancora le misure restrittive imposte per fronteggiare un’emergenza creata dagli stessi gestori, quelli che – da oltre un anno – rifiutano di risolvere il problema nell’unico modo ragionevole: ufficializzare un protocollo per le cure domiciliari (che esistono e funzionano, ma si continua a fingere che non esistano, per non inficiare il delirio universale introdotto con la profilassi genetica sperimentale, ora forsennatamente estesa anche ai bambini). Il delirio è vastissimo, e stravice la guerra dei numeri: piega la ragione, obnubila le menti. Sono almeno 60, le malattie infettive censite: perché affrontare la profilassi solo per il mitologico Sars-Cov-2, tuttora solo solo “sequenziato” e mai davvero “isolato”, evitando di farsi almeno altre 60 iniezioni ogni anno? Ma il tempo stringe: prima che si potesse spiegare la differenza tra un NoVax e un italiano mediamente intelligente, che non ha “paura del vaccino” ma diffida della menzogna elevata a sistema, ecco irrompere il Super Green Pass a spazzare via gli ultimi germi di democrazia, da buttare a mare con gli idranti insieme ai portuali di Trieste.L’altro aspetto psico-pandemico della faccenda è la curiosa attitudine (patologica?) di chi ancora si attarda a ragionare di politica come se fossimo in tempo di pace: come se la gigantografia del Sole Ingannatore non oscurasse l’orizzonte quotidiano, nel gelo siderale dell’ex Parlamento, impegnato a brigare sulla via del Quirinale. E perché mai, un giorno, a restituire il maltolto dovrebbero essere i medesimi, spietati esecutori che finora hanno sottratto ogni libertà, rendendo un privilegio l’accesso a tutto ciò che, prima, si pensava fosse alla portata di tutti per legge naturale, per acquisizione secolare consolidata? Discorsi ormai stucchevoli: c’è un limite estetico, oltre il quale non si può spingere chi ancora ha il senso delle cose, chi ancora non si è completamente smarrito dentro la neolingua orwelliana che ribalta allegramente la verità col sinistro cinismo del joker in giacca e cravatta, in mezzo a torme prezzolate di valletti travestiti da giornalisti. C’è anche chi – dopo due anni – perde ancora a tempo a parlare di errori: ma un gangster rapina una banca intenzionalmente, non per sbaglio.Ognuno ci mette del suo, in questo gioco al massacro: per chi sperava che la silente Unione Europea avesse smesso di esistere, ecco la doccia gelata dell’ultima alzata d’ingegno, l’ideona di bloccare affitti e compravendite di case non idonee ai parametri del gretismo imperante, al quale si genuflettono i ministri che oggi riesumano dai cimiteri anche il cadavere dell’energia nucleare, naturalmente “green”. Sanno benissimo di poter imporre di tutto, ormai, a uno zoo che ha accettato di farsi siringare il cervello e ha imparato a rigare dritto, come in Cina, per avere a pagamento quello che fino a ieri era gratis. Il Green Pass per l’Inferno mette fine, simbolicamente, al poco che restava del paese risorto nel 1945. I gangster sono al lavoro, e infatti l’economia minuta continua a crollare: laddove non bastò il lockdown, ora provvede il ricatto. Solo un geniale surrealista, forse, riuscirebbe a immaginare che possa nascere qualcosa di non calamitoso, dalla ghenga servizievole che obbedisce a ordini superiori e tiene in ostaggio i popoli mentendo e seminando angoscia.E così avrebbero deciso di protrarre ancora le misure restrittive imposte per fronteggiare un’emergenza creata dagli stessi gestori, quelli che – da oltre un anno – rifiutano di risolvere il problema nell’unico modo ragionevole: ufficializzare un protocollo per le cure domiciliari (che esistono e funzionano, ma si continua a fingere che non esistano, per non inficiare il delirio universale introdotto con la profilassi genetica sperimentale, ora forsennatamente estesa anche ai bambini). Il delirio è vastissimo, e stravince la guerra dei numeri: piega la ragione, obnubila le menti. Sono almeno 60, le malattie infettive censite: perché affrontare la profilassi solo per il mitologico Sars-Cov-2, tuttora soltanto “sequenziato” e mai davvero “isolato”, evitando di farsi almeno altre 60 iniezioni ogni anno? Ma il tempo stringe: prima che si potesse spiegare la differenza tra un NoVax e un italiano mediamente intelligente, che non ha “paura del vaccino” ma diffida della menzogna elevata a sistema, ecco irrompere il Super Green Pass a spazzare via gli ultimi germi di democrazia, da buttare a mare con gli idranti insieme ai portuali di Trieste.
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“Ultimo biglietto per l’inferno, vorrebbero estinguerci”
Loro “devono” stringere, adesso. Tutto si sta svolgendo come da copione: e con il Super Green Pass siamo arrivati alla fase del delirio. Siamo arrivati all’antitesi della logica, messa al servizio dell’arte discriminatoria funzionale a questo processo di persecuzione. Potevano anche far di meglio, rinchiuderci in casa: ma magari lo faranno tra un po’. Ai signori che decidono, dico: siete su un treno lanciato verso l’inferno, cioè il peggior posto che si possa scegliere di vivere, in questa realtà. Il grande giudice universale (che si chiama vita) riserva la pena peggiore a chi cerca di interrompere un processo evolutivo: perché significa mettersi contro la vita stessa. E voi state cercando di fare questo: voi volete estinguerci. Non volete i nostri soldi, non volete la nostra salute. Voi volete, semplicemente, estinguerci: volete che, in questo mondo, venga a mancare quella parte di umanità che è in grado di accogliere il nuovo.
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Bizzi: l’universo spazzerà via gli scarafaggi dell’Apocalisse
«La Bestia tanto attesa sta arrivando, ormai è qui». Emmanuel Macron parlava del Covid, ma nessuno ha potuto equivocare la suggestione maneggiata: quella dell’Apocalisse di Giovanni. Viene proprio da Parigi la “Porta dell’Inferno”, di ispirazione dantesca, cuore della mostra su Auguste Rodin che verrà inaugurata alle Scuderie del Quirinale proprio il 15 ottobre, in coincidenza con l’entrata in vigore del Green Pass esteso a tutti i lavoratori italiani. L’intento simbolico sembra palesemente sinistro: prospettare “l’inferno” per tutti, sempre alimentando una tetra visione apocalittica ormai costellata di mille segni infausti e minacciosi, copiosamente mutuati dalla trita simbologia del satanismo. Il che, però – obietta Nicola Bizzi – dimostra solo di che pasta è fatta e in cosa crede, l’élite “nera” che s’è inventata l’Operazione Corona. Un piano devastante, secondo Bizzi destinato a fallire rovinosamete: i suoi stessi esecutori, sottolinea lo storico fiorentino, sanno benissimo che si sta avvicinando l’immane rivolgimento cosmico che cambierà i destini della Terra.«Non avranno scampo: finiranno in galera», profetizza Bhante Dhammasila, monaco buddista dell’antica tradizione Theravāda, ospite della trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi” condotta da Tom Bosco con Matt Martini e lo stesso Bizzi. Ordinato nello Sri Lanka, Dhammasila (“verità e disciplina morale”) è un “operatore spirituale” di primissimo piano, nel mondo buddista. All’anagrafe risponde al nome di Silvio Strano, e vanta un impressionante currulum culturale: laureato a pieni voti in filologia tedesca e spagnola a Messina, nonché in lettere classiche con indirizzo archeologico a Roma, si è specializzato con un master in beni archeologici alla Sapienza e un altro master (management degli enti locali) a Reggio Calabria. Ha studiato, insegnato e svolto attività di ricerca in varie università italiane, tedesche (Ingolstadt) e spagnole (Barcellona). Grazie ai suoi studi anche esoterici padroneggia alla perfezione il linguaggio meno esplicito del potere, quello simbolico e cifrato, ormai però chiaramente leggibile.«Non si nascondono più, hanno sdoganato i loro rituali: ora ci sbattono direttamente in faccia quello che fino a ieri veniva fatto passare in modo subliminale». Macron e la Bestia in arrivo? «Vergognoso e inquietante. Ma credo che quella Bestia tanto decantata arriverà per loro: così come sarà per loro che si aprirà quella porta collocata alle Scuderie del Quirinale, l’inferno dantesco di Rodin. Pensano che la gente non se ne accorga, ma hanno fatto i conti senza l’oste: c’è una parte di umanità meno dormiente, che si è accorta di quello che ci stanno facendo». Ergo: «E’ giunto il momento di aprire gli occhi, tutto questo dev’essere assolutamente confinato: non è più tollerabile – dice ancora Dhammasila – assistere a queste espressioni di satanismo, a questo pugno dato continuamente in faccia alla popolazione mondiale». L’elenco è lungo: dall’increscioso show “pandemico” messo in scena nel 2012, in occasione della cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Londra nel 2012, fino alla scultura del caprone installata a Milano, lo scorso aprile, in piazza Gae Aulenti.Una maratona di orrori, che passa per «lo spettacolo osceno dell’inaugurazione della galleria del Gottardo nel 2016», cui si aggiunge «l’installazione del Moloch al Colosseo nel 2019» e infine «l’imbarazzante presepe 2020 a piazza San Pietro», affollato di astronauti e divinità cornute. Come dire: la Porta di Rodin è solo l’ultimo atto di una sorta di sinistro rituale a puntate. In particolare, per Matt Mattini, l’apertura della Porta dell’Inferno vorrebbe essere anche «un’operazione di magia nera, sincronizzata con precisi passaggi astrologici e un particolare indice ciclico planetario». Una cerimonia per “accogliere” – nel segno dell’inferno, appunto – l’avvento del “lasciapassare verde” esteso in modo universale. E’ evidente come si intenda mettere in scena, in modo sfacciato, l’estetica apocalittica della tradizione cristiana. E non solo in Italia: la Slovenia ha appena imposto l’obbligo del Green Pass persino per accedere ai negozi e fare la spesa.«Nelle intenzioni dei promotori – dice Martini – quella che Diego Fusaro chiama “l’infame tessera verde” non sembra essere altro che il “marchio della Bestia”, evocato nell’Apocalisse: marchio senza il quale – è scritto – non si potrà più né vendere, né comprare». Il piano-Covid è stato convalidato dal Dalai Lama e da Bergoglio, nel frattempo scomunicato e colpito dall’anatema delle Chiese orientali. Ma, nonostante la morte sospetta di personaggi come Gangchen Tulku Rinpoche, «notissimo Lama guaritore che si opponeva alle forze oscure che manipolano le coscienze spaventandole con l’eggregore nero che sta dietro al Covid», gli architetti del disastro umanitario non rusciranno a prevalere, secondo gli osservatori de “L’Orizzonte degli Eventi”. E’ vero, ammette Martini, nel frattempo dovremo soffrire ancora: «Se usiamo la raffigurazione del Tao, siamo alla massima estensione del campo nero, che riduce a un’esigua luce il campo bianco: quello che viviamo è il momento di massima oscurità».Lo stesso Dhammasila indica altri segni esibiti in questi giorni: dalle modelle sfilate a Cannes («la donna-grafene, tutta nera e coi tentacoli, e la donna-ragno, senza più occhi») alla stessa Greta Thunberg, che il “Guardian” utilizza per una copertina inquietante, coprendole il lato destro del volto con una colata nera di petrolio. Greta, cioè «la bimba che utilizzano come mascotte per questo ipocrita piano “ecologico” di finta salvezza del pianeta». Eppure, dice il monaco-filosofo, non ce la faranno: «A questi demoni non sarà consentito di portare a compimento la loro agenda criminale: faranno nuovi danni e lasceranno altre macerie, ma il loro progetto apocalittico, nutrito di satanismo, svanirà nel nulla». Ne è certo anche Nicola Bizzi, che dice: «Ci stiamo approssimando, astrologicamente, a un giro di boa che sta provocando qualcosa di veramente incredibile».«A volte sorrido, nell’osservare questi fanatici dell’Apocalisse», premette Bizzi: «Li vedo come piccoli uomini, granelli di sabbia che si arrogano il diritto di manifestare il loro Anticristo, il loro demone, la loro malvagità». Ma attenzione: «L’universo è infinito, grande e potente: potrebbe mai prendere davvero in cosiderazione questi insignificanti, piccoli uomini?». Insiste lo storico: «Siamo a un giro di boa determinate, che per il nostro pianeta potrebbe comportare un grande balzo evolutivo. Un salto quantico, una vera evoluzione della coscienza: qualcosa che si verifica solo ogni 26.000 anni. E loro lo sanno. Proprio per questo vogliono consolidare il loro marcio potere: per essere come quell’élite che si impose 12.000 anni fa, quando la civiltà umana finì sommersa dai cataclismi innescati da impatti cometari». Quelli che oggi mettono in scena l’arrivo imminente «del loro Anticristo, del loro avatar», in realtà «sono gli eredi di quei sacerdoti-scienziati che 12.000 anni fa emersero dalle ceneri, dal fango di un’umanità che era collassata».Sacerdoti-scienziati che «pretesero di gestire la ricostruzione, il nuovo mondo, che da allora infatti hanno ininterrottamente gestito. Ma restano piccoli uomini, granelli di sabbia infinitesimali». La Porta dell’Inferno? Mezzucci: si illudono di sprofondarci nella sottomissione, ma falliranno. E a proposito, segnala Bizzi: «Sono lieto che decine di migliaia di persone, sui social, abbiano risposto al mio appello: mettere in evidenza la Porta del Paradiso, che orna il Battistero di Firenze». Addirittura, è previsto che in migliaia, il 15 ottobre, la visiteranno. «Non che io creda nel paradiso cattolico, beninteso», premette lo storico, di religione eleusina. Però, aggiunge, «questo gesto simbolico è una risposta all’eggregore malvagia: perché i gestori attuali del potere sono malvagi fino al midollo, fin nel profondo dell’anima (che non hanno)».Sono pericolosi? Certamente: lo si è visto. E ce ne daranno ulteriori dimostrazioni. Basta però non fraintendere la portata effettiva della loro manipolazione simbologica. «Ritengo che le loro azioni “magiche” siano decisamente sopravvalutate», sostiene Bizzi. «So benissimo che utilizzano anche l’astrologia, insieme alla magia, per ogni loro azione: ogni seduta del governo viene pianificata in base all’astrologia, ogni introduzione di un decreto legge, anche la data di pubblicazione di una legge sulla Gazzetta Ufficiale. Tutto viene ponderato sulla base di calcoli astrologici. E questo è normale, perché loro ritengono – in questo modo – di tutelarsi». Ma, sempre secondo Bizzi, stanno già pensando al dopo: «Sanno benissimo che arriverà qualcosa di epocale. E si illudono di mantenere (anche dopo) il loro potere, sperando di ricostruire dalle ceneri un’umanità secondo i parametri della loro malvagità, del loro egoismo, della loro frustrazione».La verità è che, oggi, «stiamo andando incontro a un ciclo cosmico persino superiore, come impatto, a quello di 12.000 anni fa. Siamo veramente a una svolta, nella galassia. E secondo me – sottolinea Bizzi – questi piccoli insetti, questi scarafaggi, saranno veramente spazzati via come fuscelli». Insiste lo storico: «Saranno spazzati via dal fango, dalle macerie che loro stessi avranno creato. Ci saranno lutti e dolore, come profetizzato da Rasputin per l’Italia nel lontano 1916?». Cent’anni fa, il controverso consigliere dell’ultimo Zar “vide” un futuro in cui, letteralmente, «i cieli avranno l’alito della morte e le fonti non daranno più che acque amare». Acque «più tossiche del sangue marcio del serpente». Impressionante, certo: «Gli uomini allora moriranno di acqua e di aria, ma si dirà che sono morti in seguito a malattie cardiache o polmonari». Sembrano parole scritte oggi, in piena Era Pandemica, sotto cieli inquinati dalle scie rilasciate dagli aerei.Scrisse ancora Rasputin: l’Italia finirà stritolata da lotte intestine, e l’umanità «sarà schiacciata dal frastuono dei pazzi e dei malfattori: la saggezza sarà messa in catene, e saranno l’ignorante e il prepotente a dettare legge». Ancora: «Il sangue scorrerà a fiumi, nella Roma dei Papi e dei lestofanti». Il monaco visionario parlava di una rivolta sanguinosa, al termine della quale «un uomo venerando sarà trascinato per le strade», su cui rimarranno «lembi della sua pelle». E solo allora «si scoprirà che l’uomo venerando era in realtà un serpente». Rasputin parla della «santa insurrezione del popolo contro il lupo famelico vestito da agnello». Curioso, annota Matt Martini: il lupo vestito d’agnello è proprio il simbolo della Fabian Society, molto influente – attraverso politici di sinistra – nella gestione italiana dell’Operazione Corona. Nicola Bizzi, però, invita a non lasciarsi condizionare da certe suggestioni: «Vorrei lanciare un messaggio ottimistico: so che la forza dell’universo è molto superiore al potere di questi miserabili».«La Bestia tanto attesa sta arrivando, ormai è qui». Emmanuel Macron parlava del Covid, ma nessuno ha potuto equivocare la suggestione maneggiata: quella dell’Apocalisse di Giovanni. Viene proprio da Parigi la “Porta dell’Inferno”, di ispirazione dantesca, cuore della mostra su Auguste Rodin che verrà inaugurata alle Scuderie del Quirinale proprio il 15 ottobre, in coincidenza con l’entrata in vigore del Green Pass esteso a tutti i lavoratori italiani. L’intento simbolico sembra palesemente sinistro: prospettare “l’inferno” per tutti, sempre alimentando una tetra visione apocalittica ormai costellata di mille segni infausti e minacciosi, copiosamente mutuati dalla trita simbologia del satanismo. Il che, però – obietta Nicola Bizzi – dimostra solo di che pasta è fatta e in cosa crede, l’élite “nera” che s’è inventata l’Operazione Corona. Un piano devastante, secondo Bizzi destinato a fallire rovinosamente: i suoi stessi esecutori, sottolinea lo storico fiorentino, sanno benissimo che si sta avvicinando l’immane rivolgimento cosmico che cambierà i destini della Terra.
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Tsunami, clima e potere: dalle Canarie alle Tre Gole
Ipotesi mega-tsunami: uno in America, l’altro in Cina. E’ singolare, la simmetria incarnata da due eventi lontanissimi nello spazio, ma contemporanei: alla preoccupante, anomala eruzione del vulcano Cumbre Vieja alle Canarie fa eco l’ennesima alluvione che sta mettendo sotto pressione la mastodontica Diga delle Tre Gole situata nell’Hubei, la provincia di Wuhan. Coincidenze? Qualcuno sarebbe tentato di pensare che, in tempi di fanta-climatologia (con 50.000 giovani in piazza a Milano al seguito di Greta Thunberg), eventuali malintenzionati potrebbero anche approfittare della situazione, calcando la mano su eventi naturali, al punto da forzarne gli effetti. Un’ipotesi estrema, vagliata da Tom Bosco a “L’Orizzonte degli Eventi”, il 28 settembre, insieme a Nicola Bizzi e Matt Martini. Tema: le catastrofiche conseguenze che i geologi attribuiscono virtualmente all’eruzione delle Canarie, nel caso l’isola occidentale di La Palma smottasse nel mare. In parallelo, si evoca l’altrettanto spaventosa ondata che si abbatterebbe sul territorio cinese se dovesse cedere l’immenso impianto delle Tre Gole, il più imponente che sia mai stato costruito dall’uomo.
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Maggiani: libertà, è la legge che batte nel nostro cuore
“Il cavaliere dell’eterna gioventù seguì, verso la cinquantina, la legge che batteva nel suo cuore”. E’ un verso del poeta Hikmet, il poeta turco rivoluzionario che ha passato più vita in galera che libero. Ed è l’origine del titolo, “L’eterna gioventù”, della mia storia. E’ l’eterna gioventù di chi vive per la vita, di chi vive le epoche della storia sapendo che la sua missione di umano, la sua missione di cavaliere (perché è Don Chisciotte, il cavaliere dell’eterna gioventù) è quella di continuare indefesso. Sempre, fino alla fine, e la fine non arriverà mai: non ci sarà mai, una fine, perché la storia non ha mai fine. La sua missione è quella di continuare a seguire la legge del suo cuore. La legge che lo vuole rivoltoso, che lo vuole ostinato rivoltoso contro il sopruso, contro la servitù, contro la stupidità, contro l’oppressione. Questo libro è dedicato ai perseveranti. Io conosco i perseveranti: ho avuto la gioia e l’onore di conoscerne tanti, nella vita. Io stesso vorrei potermi dire un perseverante.I perseveranti sono quelli che vivono le epoche, le stagioni, gli anni della vita senza mai retrocedere dai principi che li guidano, dalla legge che batte nel loro cuore. I perseveranti sono i retti, sono i giusti, sono gli indomiti, sono i coraggiosi. Ma sono anche gli allegri, i gioiosi: che attraversano le epoche sapendo di lavorare per la vita, e mai per la morte. Io ho raccontato questa storia per noi, per me e per voi. Per noi che ci sentiamo sconfitti, che ci sentiamo derubati, che ci sentiamo annientati dallo strapotere del vincitore: il potere assoluto che governa ogni cosa della nostra vita. Governa addirittura i nostri sogni: sa come reprimerli, sa come cacciarli in un angolo buio dove fatichiamo anche noi a cercarli e a trovarli. E ci porta via una cosa che è preziosa. E’ preziosa, per la nostra vita. E’ preziosa per vivere, non per sopravvivere: ci porta via le nostre storie. Come possiamo, senza le nostre storie? Senza le nostre leggende…Le leggende che hanno tenuto assieme i nostri padri, i padri dei nostri padri: tenuti assieme in una storia comune, in un’identità comune, universale. Le nostre storie: le storie dei nostri eroi. Le storie degli eroi che sono dimenticati, o che non hanno mai avuto voce, ma che sono vissuti, che vivono, che stanno vivendo. Anche questa è un’epoca di eroi. Solo che è difficile trovarli, nella melma in cui, come in un girone dell’inferno, il potere degli usurpatori ci vuole tenere. Io credo che la mia storia sia un dovere civile (averla scritta e raccontata): il dovere – per quello che posso, e non è tanto – di ricostruire una delle molte leggende. Tenere assieme le molte storie che conosco, che mi sono state raccontate. Tenerle assieme alle mie storie, alle storie nostre.Ho raccontato una storia molto lunga, che comincia “nel fosco fin del secolo morente”, alla tragica fine del XIX secolo, e arriva a domani. Perché sì: perché c’è un domani, nella storia. Perché c’è un domani per me, c’è un domani per noi, c’è un domani per voi. C’è, ci deve essere. E le nostre storie servono a farci camminare a testa alta. Servono a farci essere felici di ciò che siamo: felici di una cosa forse terribile, ma vera e sacrosanta. Cioè: felici di combattere, sapendo che possiamo essere sconfitti, ma sapendo che la storia non finisce mai. Mai: l’ultimo atto non è stato ancora scritto. E non è detto che si possa vivere sempre e solo nella sconfitta: si può vivere anche nelle vittorie. E’ possibile. E’ quello che possono fare gli umani. E’ quello che possiamo fare noi.Io non posso convincervi a leggere la mia storia. Posso solo convincervi a questo: a partecipare, nelle vostre storie. E se sono anche le mie, allora lo facciamo assieme: partecipare di una storia comune, mettere insieme i brandelli dispersi delle grandi, grandi vite che ci hanno preceduto, e delle grandi vite che ancora stiamo vivendo. Tornare a mettere insieme la grande leggenda degli uomini liberi. La grande leggenda che vive nella storia. Le leggende non sono favole. Le leggende sono grandi storie dentro la storia, che vivono della storia e sono più grandi, anche, della storia. Perché la storia scritta nei manuali non può (e a volte non vuole) contenere le vite, ma solo i documenti, solo gli oggetti, solo le cose morte che restano per poter essere compulsate e poter essere indagate. No, la storia è fatta delle vite. E ogni vita è una grande vita. E mettere assieme grandi vite è mettere assieme una grande leggenda: la nostra grande leggenda.(Maurizio Maggiani, video-presentazione del suo ultimo romanzo, “L’eterna gioventù”, appena uscito per i tipi di Feltrinelli).“Il cavaliere dell’eterna gioventù seguì, verso la cinquantina, la legge che batteva nel suo cuore”. E’ un verso del poeta Hikmet, il poeta turco rivoluzionario che ha passato più vita in galera che libero. Ed è l’origine del titolo, “L’eterna gioventù”, della mia storia. E’ l’eterna gioventù di chi vive per la vita, di chi vive le epoche della storia sapendo che la sua missione di umano, la sua missione di cavaliere (perché è Don Chisciotte, il cavaliere dell’eterna gioventù) è quella di continuare indefesso. Sempre, fino alla fine, e la fine non arriverà mai: non ci sarà mai, una fine, perché la storia non ha mai fine. La sua missione è quella di continuare a seguire la legge del suo cuore. La legge che lo vuole rivoltoso, che lo vuole ostinato rivoltoso contro il sopruso, contro la servitù, contro la stupidità, contro l’oppressione. Questo libro è dedicato ai perseveranti. Io conosco i perseveranti: ho avuto la gioia e l’onore di conoscerne tanti, nella vita. Io stesso vorrei potermi dire un perseverante.
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Dall’11 Settembre, demolizione controllata dell’umanità
Te la ricordi, quella vecchia storia? Gli aerei che picchiano contro i palazzi? L’America indifesa, il mondo attonito. L’inferno del fumo, le vittime, i soccorritori intossicati e sepolti dalla cenere. Quanto tempo è passato, da allora? Vent’anni. Cioè niente, in teoria, per i tempi della storia. In questo caso, invece, vent’anni sono tutto. Perché ci sono eventi che forgiano il presente, lo rifondano. Sono avvenimenti esiziali, rispetto ai quali esiste un dopo e un prima. Come si viveva, prima? Si era relativamente liberi, mediamente infelici oppure allegri, spensierati, ordinariamente annoiati o magari indignati dalla contabilità delle ingiustizie. La sensazione era che ogni avversità fosse comunque affrontabile, ogni opinione esprimibile e ogni soluzione discutibile, e che le conseguenze non fossero immediatamente globali. Buoni e cattivi recitavano insieme, nell’avanspettacolo della geopolitica, cioè ai piani bassi dove conta davvero il soldo, la paga del mercenario, il cospicuo fatturato occulto dei mandanti.
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Bogre, l’odore della paura: se sei eretico, devi tremare
La Crociata è passata, Montségur è in rovina, ma tu sei vivo: sei sopravvissuto, sei sfuggito al gran carnaio. E sei a casa, tornato alla tua vita quotidiana. E cerchi di dimenticarli, qui giorni bui. Ma quella sera è alla tua porta, che battono. La tua porta viene sfondata. Ti prendono, ti trascinano, ti spingono. Hai un bel gridare, protestare, dire che non hai fatto niente. Ti portano nelle prigioni dell’Inquisizione. Ogni sforzo di immaginazione è vano: la prigione, la miseria, la puzza. Non quella degli escrementi, dei topi, della paglia marcia. No: la puzza della paura. Perché si marcisce in dieci, in venti, in cinquanta per cella. Ogni tanto la porta si apre, allora protesti: non ho fatto nulla, sono innocente! E ne portano via uno, due… Tu no. Poi ti rendi conto che chi viene portato via non lo rivedi più. Ecco da dove viene, l’odore della paura. A un certo punto immagini in peggio: non desideri più essere chiamato, oltrepassare quella porta. Vorresti rimanere lì, nella paglia. Ma quando non si vuole più qualcosa, ecco che accade. La porta si apre, e ti chiamano. Ti trascinano, tra due soldati, lungo un corridoio buio.Già senti, intimamente, che ti uccideranno (non importa come: con la corda, con il ferro, con il fuoco). E invece no: o almeno, non subito. Ti portano davanti a Monsignore l’Inquisitore, un monaco domenicano dalla triste figura. Non osi guardarlo in faccia, perché conosci il potere di quell’uomo. Lui può tutto: può mandarti in prigione, toglierti le tue proprietà. Può distruggere la tua casa e trasformarla in un porcile, in una discarica di immondizia, se per caso hai ospitato un eretico. Può condannarti al rogo, o alla prigione a vita. E allora ti metti in ginocchio, protesti la tua innocenza. E quell’uomo – che avevi immaginato duro, come di pietra e ferro – si mostra empatico: ti tende la mano. Ti dice: «Ragazzo mio, se davvero non hai fatto niente sono desolato, evidentemente c’è stato un errore». E tu, che avevi così tanta paura, ora all’improvviso pensi alla porta che si riapre. Pensi alla tua casa, al tuo bestiame, alla tua pace. Ecco: scampare all’inferno. L’inquisitore intanto ti chiede come ti chiami. Tu rispondi: «Mi chiamo Guilhelm, sono zoccolaio, vivo a…». E lui: «Ah, vivi là? Allora dimmi, amico mio: non è che per caso hai visto, ascoltato, creduto, protetto, guidato, ospitato quei maledetti eretici che, come mele marce, guastano quelle buone?».Ma sì, certo che sì. E’ chiaro che hai frequentato gli eretici, i Catari, i Buoni Uomini, qualunque sia il loro nome. Sono gente della tua famiglia, amici, il notaio, il vecchio parroco. Persone di fiducia: li hai ospitati, guidati fino al villaggio vicino. Non hai mai pensato che fosse male. Del resto, lo stessi si definivano “buoni cristiani”, e anche tu lo sei. Però sai che, se dici questo all’inquisitore, di sicuro non gli piacerà. E allora, menti. Una piccola bugia: «I Catari? Non so, non ricordo… Dovrei domandare a mia moglie, mi spiace…». Ma lui, l’Inquisitore, non è solo. Ha con sé gli archivi: chilometri di archivi. E allora li sfoglia. «Ah, non ricordi? E allora te la rinfresco io, la memoria. Quindici anni fa, all’uscita dalla messa, sono venuti a casa tua, e tu li hai ospitati e nutriti». Così scopri che l’inquisitore sa tutto: il colore degli abiti, le parole pronunciate. Chi c’era, il giorno e l’ora. Sa tutto, fin dall’inizio: significa che qualcuno che conosci gli ha raccontato tutto. E così, oltre alla frequentazione degli eretici, hai appena detto il falso davanti al Tribunale dell’Inquisizione.La pena è il “muro stretto”. Definizione quasi innocente, per dire: una cella senza luce, tu incatenato in ginocchio, le braccia in croce, pane secco, acqua marcia. E l’attesa… L’attesa della morte. Così pensi: tutto è perduto. Ebbene, no: quello è il momento in cui l’inquisitore ti tende la mano. Ti dice: «Guilhelm, ragazzo mio, vedo che sei un bravo ragazzo. Non è colpa tua, se ti sei lasciato convincere: non sei stato attento, non hai ascoltato i nostri consigli. Ma lo so, che sei un bravo ragazzo: non è colpa tua, è colpa loro. E allora io posso fare qualcosa per te: posso far sparire il tuo dossier. Posso aggiustare le cose, Guilhelm. Però tu mi devi aiutare. Dammi un nome: uno solo. Un nome di quelli che hanno ascoltato, ospitato, nutrito, creduto, aiutato, adorato gli eretici. Un nome, Guilhelm: uno solo, e te ne torni a casa. Avanti: parla, collabora». E lì, tocca guardare in fondo all’anima, ognuno la propria. A quel punto, chi riuscirebbe a tacere? Chi? Nessuno, in questa storia, è entrato in resistenza. Certo, i Buoni Uomini, forse. I Perfetti. Ma la piccola gente, trascinata dal vento folle della storia? S’è ritrovata là, all’inferno. E per uscire dall’inferno, la gente ha parlato.Tutti parlano: fanno un nome, poi due, poi dieci. Magari il nome di un vicino che ti aveva rubato una capra, o una fascina di fieno. E poi saltano fuori i nomi dei cugini, dei fratelli. Negli archivi dell’Inquisizione si trovano madri che hanno denunciato i loro figli, capite? Madri che hanno denunciato i figli. Quando anche i legami familiari sono spezzati, cosa resta? E allora si parla, eccome. E si viene liberati: la promessa dell’inquisitore è una promessa certa. «Tuttavia, Guilhelm, tu hai comunque una colpa: e devi espiarla con una pena, una piccola penitenza». Per la maggior parte di coloro che furono condannati, la pena fu quella di cucire un segno di infamia sui propri abiti: una croce gialla. Avrebbe significato l’obbrobrio, la pietra lanciata contro di te dai bambini del villaggio. Gli sputi, la vergogna: giorno dopo giorno. E dire che pensiamo che il nostro secolo abbia inventato tutto. Eppure, nonostante questo, la croce gialla era la più leggera delle pene che ci si potesse attendere, da un Tribunale dell’Inquisizione.(Olivier De Robert, monologo presente nello straordinario film “Bogre”, di Fredo Valla, documentario che rievoca la “grande eresia europea”: quella dei Catari. Dice il regista: «Bogomili e Catari sono ombre del passato, che hanno attraversato in silenzio la storia. Ma la loro memoria affiora dalle parole di chi li ha cacciati, perseguitati, estirpati; di chi ha acceso i roghi, bruciato i loro corpi, i loro libri, e abbattuto le loro case»).La Crociata è passata, Montségur è in rovina, ma tu sei vivo: sei sopravvissuto, sei sfuggito al gran carnaio. E sei a casa, tornato alla tua vita quotidiana. E cerchi di dimenticarli, qui giorni bui. Ma quella sera è alla tua porta, che battono. La tua porta viene sfondata. Ti prendono, ti trascinano, ti spingono. Hai un bel gridare, protestare, dire che non hai fatto niente. Ti portano nelle prigioni dell’Inquisizione. Ogni sforzo di immaginazione è vano: la prigione, la miseria, la puzza. Non quella degli escrementi, dei topi, della paglia marcia. No: la puzza della paura. Perché si marcisce in dieci, in venti, in cinquanta per cella. Ogni tanto la porta si apre, allora protesti: non ho fatto nulla, sono innocente! E ne portano via uno, due… Tu no. Poi ti rendi conto che chi viene portato via non lo rivedi più. Ecco da dove viene, l’odore della paura. A un certo punto immagini il peggio: non desideri più essere chiamato, oltrepassare quella porta. Vorresti rimanere lì, nella paglia. Ma quando non si vuole più qualcosa, ecco che accade. La porta si apre, e ti chiamano. Ti trascinano, tra due soldati, lungo un corridoio buio.
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Ipnosi sociale Covid, l’eterna sindrome di Colin Powell
L’intera vicenda del Covid – qualunque cosa questa sigla significhi esattamente, sotto l’aspetto scientifico – ricorda in modo sinistro la storiella di Colin Powell alle Nazioni Unite: platea davanti a cui l’allora segretario di Stato agitò una fialetta, sostenendo che si trattasse di antrace. Un falso favoloso, ma inquietante: serviva a scatenare l’inferno della guerra in Iraq e a insanguinare la sospensione della democrazia occidentale all’alba del terzo millennio, e nel frattempo introduceva – come incubo – il fantasma della guerra biologica, incarnato da agenti tossici invisibili e inafferrabili quanto, secondo la narrazione dell’epoca, i terribili terroristi islamici, che poi si sarebbero reincarnati ininterrottamente fino ad assumere le sembianze dei barbarici tagliagole dell’Isis. A tracciare l’analogia tra il Covid e Colin Powell è Matt Martini, co-autore di “Operazione Corona” (Edizioni Aurora Boreale) nonché voce – con Tom Bosco e Nicola Bizzi – de “L’Orizzonte degli Eventi”, il giovedì sera sul canale YouTube di “Border Nights”.Comunque li si voglia leggere, i drammatici eventi che hanno travolto l’Occidente a partire dal 2020, emergono due dati sovrastanti: da un lato la totale intattendibilità delle fonti ufficiali, e dall’altro l’altrettanto sconfortante remissività della popolazione, che ha dimostrato ai manipolatori di essere pronta a subire qualunque vessazione, anche se non motivata da alcuna ragione credibile e seriamente presentata. A valle di questo doppio assunto, ogni altra considerazione si alleggerisce fatalmente di peso specifico, perdendo rilevanza. Se oggi il mainstream si divide, tra i falchi che vorrebbero proseguire in eterno con il delirio emergenziale e le colombe che hanno invece avviato una sostanziale de-escalation (fondata sull’imposizione propagandistica delle terapie geniche come unica possibile soluzione), dal canto loro i media continuano a recitare un copione surreale, mentre le voci indipendenti riescono a dividersi a loro volta, tra complotti ammissibili e cospirazioni immaginarie.L’enormità dell’accaduto – l’enfatizzazione allarmistica del pericolo, l’arresto dell’economia e della vita sociale, la sospensione delle libertà, l’imbuto stretto attraverso cui far passare la “ripartenza”, verso modelli socio-economici comunque inediti e disegnati dall’alto – non si vede come si possano coltivare qualche forma di ottimismo, quei (pochi) cittadini così ingenui da aver sperato di poter accedere in tempi ragionevoli a una qualche verità effettiva, conquistabile attraverso ordinari procedimenti politici orientati al raggiungimento di una giustizia condivisa, capace di mettere in ordine il prima e il dopo, il come e soprattutto il perché. Al massimo, sotto i riflettori finiranno capri espiatori, insieme alla sensazione – ormai solida – che almeno per il momento il cittadino comune non toccherà palla, essendo il suo destino (in un senso o nell’altro) interamente nelle mani di gestori sottili. Buoni o cattivi, nessuno di loro pare disposto a uscire allo scoperto, mettendo fine al genere di fitcion inaugurato nel 2003 dal vecchio Colin Powell.L’intera vicenda del Covid – qualunque cosa questa sigla significhi esattamente, sotto l’aspetto scientifico – ricorda in modo sinistro la storiella di Colin Powell alle Nazioni Unite: platea davanti a cui l’allora segretario di Stato agitò una fialetta, sostenendo che si trattasse di antrace. Un falso favoloso, ma inquietante: serviva a scatenare l’inferno della guerra in Iraq e a insanguinare la sospensione della democrazia occidentale all’alba del terzo millennio, e nel frattempo introduceva – come incubo – il fantasma della guerra biologica, incarnato da agenti tossici invisibili e inafferrabili quanto, secondo la narrazione dell’epoca, i terribili terroristi islamici, che poi si sarebbero reincarnati ininterrottamente fino ad assumere le sembianze dei barbarici tagliagole dell’Isis. A tracciare l’analogia tra il Covid e Colin Powell è Matt Martini, co-autore di “Operazione Corona” (Edizioni Aurora Boreale) nonché voce – con Tom Bosco e Nicola Bizzi – de “L’Orizzonte degli Eventi”, il giovedì sera sul canale YouTube di “Border Nights”.
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Nell’Ombra del Mondo, il potere invisibile degli Arconti
S’era mai visto un “noir” così atipico, nel quale il poliziotto entra in scena solo nel finale? E s’era mai vista – lontano dai testi di Paolo Franceschetti – una tale ridondanza dell’accoppiata formata dalla doppia lettera R? Va da sé che, se di «melma infernale» si tratta, a sbrogliare in caso (se così si può dire) non possa essere che lui, Mikael, «l’arcangelo delle ombre»: dalle tenebre esce per combattere alla luce del sole, fino a tornare poi ad annidarsi lungo la corrente energetica della Linea del Drago, magari sugli scogli irlandesi dell’Isola di Skelling. Elegante e volatile, la dissolvenza con cui Stefano Pica si congeda dal suo strano Viaggiatore, frastornato dai colpi di scena giocati con maestria sul limite friabile che separa il nostro quotidiano dall’Ombra del Mondo. Porte girevoli, pagina dopo pagina, in una successione incalzante e inesorabile di incidenti e sogni, proiezioni mentali e ammazzamenti veri, in un’illusione ottica che centra l’obiettivo di regalare al lettore la felicità di non sapere più dove si trova, esattamente: nel mondo del potere visibile, in mezzo ai suoi crimini, o nella matrice invisibile che forse lo determina, forgiandolo attraverso la sapienza “magica” di spietati Arconti?Giovane psicologo clinico con orientamento junghiano, esperto in criminologia forense, Stefano Pica s’inventa una fiaba senza tempo eppure attualissima, intrisa di simbologie esoteriche. Trama rocambolesca, ambientata nella Roma di oggi e innescata dalla misteriosa comparsa di «un libro non scritto», “Umbra mundi”, che funziona come tramite tra luce e ombra, scaraventando in una dimensione parallela il malcapitato studente universitario Renato Ranucci (prima accoppiata RR: per Franceschetti acronimo di Rossa Rossa, oscura società segreta che sarebbe annidata nel massimo potere, dedita anche alla pratica abominevole dei cosiddetti omicidi rituali). Certo, nel romanzo di Pica il simbolo ricorre: non è un caso, probabilmente, che si chiami Ruber Romero il famoso giudice pronto a insabbiare le indagini, allontanando l’investigatore “angelico”, né che la doppia R sia contenuta anche nel nome del personaggio-chiave, l’enigmatico professor Roman de la Rosa, in cui il fatidico fiore è espresso per intero, senza nemmeno cercare di nasconderlo.“Nell’ombra del mondo – Il Viaggiatore”, conferma l’editore (Terre Sommerse) è un romanzo sul potere, «con una trama psicologica e metafisica nata dal “fango infero” di un percorso iniziatico di tipo massonico dell’autore». Il suo avatar letterario, Renato Ranucci, è un giovane laureando in storia e filosofia, innamorato di Giordano Bruno. Pensando al grande Nolano, lo studente sottolinea l’idea che si possa «influenzare il mondo naturale agendo direttamente sulla sua ombra, attraverso la scienza, l’arte e la magia». Dopo averlo letteralmente rubato da una vestusta biblioteca, Renato (ri-nato, e forse anche Nato Re) scoprirà che quel misterioso libro rivelatore – che poi scatenerà una pericolosa caccia all’uomo – offre a chi lo possiede la tremenda facoltà di viaggiare dentro i sogni, ma in carne e ossa, tra amici che spariscono davvero, apprendisti stregoni, maghe e imperatrici, roghi medievali e fragorose bande di bikers, pronti a materializzarsi al momento giusto, in sella alle loro Harley, per evitare il peggio.«Si tratta di un romanzo che può avere una certa affinità con il periodo difficile che stiamo vivendo», dice l’autore, alludendo a «questa ‘Covid-crazia’ che sembra il tentativo, solo in parte riuscito, di completare l’inscatolamento della nostra coscienza all’interno di uno schema prefissato e gestito da una minoranza dominante che, nel mio romanzo, chiamo Arconti». Se una profetica canzone degli anni Ottanta (”Living in a box”) rendeva bene l’idea della situazione odierna, il “viaggiatore” Renato Ranucci, invece, “le scatole” le rompe, eccome: sbalzato fuori bordo, si troverà catapultato “nell’Ombra del Mondo”. Un viaggio che lo metterà di fronte ai tanti volti del potere, «uno dei quali è rappresentato da un Re che non riesce più a gestire il peso della Corona, che paradossalmente ritroviamo oggi sul capo di un virus (che in greco vuol dire veleno)», dice Stefano Pica. «Un virus incoronato “Re del mondo” che ha trasformato gli uomini in sudditi spaventati e gli ‘scienziati’ nei suoi gran sacerdoti».Spiega ancora Stefano: «Il Viaggiatore (Renato) è un archetipo legato al perdersi e al ritrovarsi, all’essere e al non essere, ma soprattutto al percorso di conoscenza di se stessi e del mondo, dove la meta non è mai delineata». L’Ombra del Mondo invece, ispirata dalla sapienza di Giordano Bruno, di fatto «è una dimensione speculare al mondo naturale: una dimensione onirica, dalla quale è possibile condizionare il mondo reale, come sta avvenendo oggi con il piano di manipolazione “asettica” che sta interessando la nostra vita». Nel romanzo, di fronte allo “spettacolo” di un’esecuzione capitale in epoca medievale, si legge: «La contemplazione del potere da parte delle masse popolari fornisce a queste ultime la sensazione illusoria di essere anche potenti, tanto da diventare sorde e cieche davanti a un potere che agisce contro di loro per soggiogarle». Il potere degli Arconti, appunto: «Una congrega operante nell’Ombra del Mondo, con lo scopo di ottenere energia da utilizzare per condizionare il mondo naturale e la vita delle persone comuni».Sacerdoti oscuri, contro-iniziatici, pronti a utilizzare «una spiritualità ierocratica e cerimoniale, rovesciata nel suo significato originario, per ottemperare ad ambizioni strettamente materialiste e orientate al dominio». Quando finalmente Renato Ranucci finisce in trappola, a tu per tu con uno di loro, scopre che per gli Arconti il potere-dominio consiste nel «superare l’etica attraverso una visione del mondo elitaria, a tratti sacrilega», forte di una «smisurata autocelebrazione titanica». Ecco una delle scoperte del Viaggiatore: «Il sacrificio era anche uno degli strumenti utilizzati dal dominio per legittimare la sua estetica e la sua etica, nel mondo, attraverso una sanguinosa sacralità fatta di guerre e genocidi». Tradotto: «La creazione di conflitti rappresentava la modalità migliore per produrre l’energia necessaria per far girare le ruote dell’occulta macchina del dominio, che gli Arconti gestivano sapientemente all’Ombra del Mondo», in una sorta di «culto cannibale, che utilizzava la conoscenza e il dominio per divorare l’esistenza delle persone fino alle ossa».Stefano Pica (o meglio, Renato Ranucci) sa benissimo che «ogni potere necessita spesso di sacrifici cruenti». Ma sa anche che, «per assurdo, ciò che nel mondo reale può farti ammalare, all’ombra di esso può farti guarire». Non c’è da allarmarsi più di tanto, se nel romanzo un alchimista può trasformarsi addirittura nel più fedele degli animali, o se è un uccello – a un certo punto – a mettere l’ispettore di polizia sulla strada giusta per risalire agli autori di un orrendo triplice omicidio, provocato dalla brama di mettere le mani su quel maledetto libro. «Quel tomo funzionava come un campo di coordinazione energetico, dove ogni situazione e persona incontrata nel viaggio onirico si legava alla realtà del viaggiatore attraverso fili invisibili». Solo esaminando quei fili attraverso le loro ombre, riflette Renato, è possibile comprendere «il nesso che lega ogni esistenza umana alle sue molteplici manifestazioni», e grazie a questa conoscenza diventare infine “Re di stessi”, «costruttori del proprio destino».(Il libro: Stefano Pica, “Nell’Ombra del Mondo – Il Viaggiatore”, Terre Sommerse, 180 pagine, 16 euro).S’era mai visto un “noir” così atipico, nel quale il poliziotto entra in scena solo nel finale? E s’era mai vista – lontano dai testi di Paolo Franceschetti – una tale ridondanza dell’accoppiata formata dalla doppia lettera R? Va da sé che, se di «melma infernale» si tratta, a sbrogliare il caso (se così si può dire) non possa essere che lui, Mikael, «l’arcangelo delle ombre»: dalle tenebre esce per combattere alla luce del sole, fino a tornare poi ad annidarsi lungo la corrente energetica della Linea del Drago, magari sugli scogli irlandesi dell’Isola di Skelling. Elegante e volatile, la dissolvenza con cui Stefano Pica si congeda dal suo strano Viaggiatore, frastornato dai colpi di scena giocati con maestria sul limite friabile che separa il nostro quotidiano dall’Ombra del Mondo. Porte girevoli, pagina dopo pagina, in una successione incalzante e inesorabile di incidenti e sogni, proiezioni mentali e ammazzamenti veri, in un’illusione ottica che centra l’obiettivo di regalare al lettore la felicità di non sapere più dove si trovi, esattamente: nel mondo del potere visibile, in mezzo ai suoi crimini, o nella matrice invisibile che forse lo determina, forgiandolo attraverso la sapienza “magica” di spietati Arconti?
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Bizzi: guerra invisibile, ingabbiano la nostra anima
Io ho deciso di combattere questa battaglia per la verità e per la giustizia, che mi tiene impegnato notte e giorno. Da massone, e soprattutto da iniziato eleusino quale sono, dico che questa è anche una battaglia per la spiritualità. Veramente, ritengo che oggi siano in campo forze non umane, veramente pericolose: questo è uno dei momenti più bui della storia del genere umano. Le porte dell’inferno si stanno davvero spalancando: e dentro ci finiranno proprio tante persone. Molti ritengono di aver acquisito determinati livelli di consapevolezza, e poi invece vanno a sottoporsi a certe terapie geniche: mi domando che cosa abbiano praticato, finora. Ne parlo anche con “fratelli” come me, anche loro sconcertati dal comportamento di persone con cui abbiamo a che fare, persone che sostengono questa narrazione e, addirittura, si sottopongono volontariamente a certe terapie, che distruggono l’anima. Qui vogliono veramente ingabbiare le nostre anime.Devo proprio dare ragione a Rudolf Steiner, perché aveva capito dove sarebbe andata a parare, questa situazione. L’obiettivo in questo caso non sono i soldi. Questa operazione è partita ufficialmente per motivazioni economiche, e lo sappiamo: il motore economico è stato la spinta per determinare questa operazione. Ma questi sono personaggi che, il denaro, lo creano dal nulla: quello che vogliono veramente è il potere di controllo sulle nostre anime. Da parte di certe élite di potere, che hanno ben poco di umano (e che sicuramente non sono umane), c’è anche la volontà di imprigionare l’umanità in una gabbia “quantica”. Vogliono portare l’intelligenza artificiale a dei livelli tali, da creare qualcosa che è stato già creato, in passato. In un passato molto remoto, queste cose le hanno già fatte. Ve lo posso dire con cognizione di causa: esistono delle dimensioni parallele, che sono reali e fisiche.Intendo dimensioni parallele – create in un passato remoto da intelligenze artificiali, non umane – dove hanno ingabbiato per millenni le anime: e continuano a farlo. Ma chi detiene adesso le chiavi del potere non ha le chiavi di accesso a queste dimensioni. Però sono arrivati al punto da poterne creare, a loro volta: e questa sarebbe veramente la tomba dell’umanità. Perché questi non solo vogliono “depopolare” il pianeta, riducendo l’umanità di qualche miliardo di persone, ma vogliono anche precludere – a quelli che avranno “depopolato” – la possibilità di tornare. Ripeto: vogliono ingabbiare le anime. Quindi è arrivato il momento di prendere coscienza, di dare finalmente una spallata definitiva a questa farsa.Da mesi, vi stiamo invitando a ragionare con la vostra testa, spingendovi a cercare di capire quello che c’è oltre la narrazione. Questa è la battaglia decisiva: l’ultima. Il vento della libertà non soffia da solo: lo dobbiamo alimentare noi, con le nostre azioni. E nemmeno il vento della consapevolezza soffia da solo. Quindi, chi è in grado di prendere consapevolezza dia una spallata definitiva a questa farsa, che in buona parte sta già implodendo da sola, probabilmente, perché non riescono più a portarla avanti. Ma ci sono delle forze, in campo – non umane – che stanno facendo di tutto, per tenerla in piedi.Circola una foto sconcertante di Klaus Schwab (seminudo su una spiaggia, dove si esibisce in indumenti intimi femminili, ndr) che potremmo definire tranquillamente Mister Covid: è il deus ex machina dell’Operazione Corona, del Forum di Davos, colui che pretende di gestire il futuro della Quarta Rivoluzione Industriale, del Grande Reset. Quando vedete in televisione personaggi come Speranza, come Mattarella (che pontifica, da dietro quella sua ipocrita “museruola” che indossa in pubblico), o quando vedete personaggi come Conte, come adesso anche Mario Draghi (e il generale Figliuolo), non dimenticate che stanno tutti sostenendo un’operazione che è partita da gente come lo Schwab che possiamo ammirare in quella fotografia scattata in spiaggia.Ora, non voglio stare a criticare il suo abbigliamento e i suoi gusti: tra le mura domestiche, ognuno fa quello che vuole. Ma un personaggio del genere, che va su una spiaggia in quel modo, e poi pretende di dettare le linee-guida di come dev’essere il futuro dell’umanità, parla da solo. Quando vedete in televisione certi politicanti e certi personaggi che sponsorizzano le terapie geniche, cercate di pensare a Klaus Schwab conciato in quel mondo, sulla spiaggia, e vedrete che vi passerà la voglia, di sottoporvi a certe terapie. Insisto: ribellatevi, resistete. Perché questa è veramente l’ultima battaglia: adesso basta, perché questi personaggi non la devono passare liscia. Dovranno pagare: fisicamente, materialmente e anche spiritualmente.(Nicola Bizzi, dichiarazioni rilasciate il 20 maggio 2021 nella trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi” sul canale YouTube di “Border Nights”, con Tom Bosco, Matt Martini e la partecipazione straordinaria di Bhante Dhammasila, monaco buddista della tradizione Theravada. Storico e saggista, editore di Aurora Boreale, Bizzi è co-autore – con Martini e altri – dell’instant-book “Operazione Corona”. Nel passaggio in cui cita l’origine economica dell’emergenza pandemica, Bizzi allude alla crisi dei Repo, le compensazioni interbancarie, che a fine 2019 avrebbero reso “necessario” pensare di fermare l’economia mondiale con i lockdown, nel 2020, al fine di determinare il crollo momentaneo degli investimenti, viste le insufficienti coperture finanziarie disponibili, in quel momento).Io ho deciso di combattere questa battaglia per la verità e per la giustizia, che mi tiene impegnato notte e giorno. Da massone, e soprattutto da iniziato eleusino quale sono, dico che questa è anche una battaglia per la spiritualità. Veramente, ritengo che oggi siano in campo forze non umane, veramente pericolose: questo è uno dei momenti più bui della storia del genere umano. Le porte dell’inferno si stanno davvero spalancando: e dentro ci finiranno proprio tante persone. Molti ritengono di aver acquisito determinati livelli di consapevolezza, e poi invece vanno a sottoporsi a certe terapie geniche: mi domando che cosa abbiano praticato, finora. Ne parlo anche con “fratelli” come me, anche loro sconcertati dal comportamento di persone con cui abbiamo a che fare, persone che sostengono questa narrazione e, addirittura, si sottopongono volontariamente a certe terapie, che distruggono l’anima. Qui vogliono veramente ingabbiare le nostre anime.