Archivio del Tag ‘infezione’
-
Magaldi: il Covid-19 puzza di bruciato, come l’11 Settembre
Ancora loro? Prima il terrorismo finto-islamico progettato a Washington, e adesso il virus da laboratorio travestito da pipistrello cinese? Attenti: «Stiamo acquisendo elementi inquietanti», avverte Gioele Magaldi. Ipotesi: “qualcuno” potrebbe aver usato la Cina come cavia, ben sapendo che avrebbe reagito in modo autoritario: tutti sprangati in casa, panico obbligatorio, militari nelle strade. Obiettivo: produrre a tavolino una crisi mondiale, capace di paralizzare il pianeta, tenendolo in ostaggio di un’élite di vampiri finanziari psicopatici, stavolta al riparo dell’alibi sanitario. Un incubo orwelliano: addio libertà, e fine della democrazia. «Se davvero saranno accertate le informazioni che stiamo componendo», dice il presidente del Movimento Roosevelt, ci troveremmo di fronte a un piano mostruoso. Sta per avverarsi il sogno degli oligarchi? Se lo tolgano dalla testa: «Così come l’11 Settembre alla fine non ha prodotto i risultati sperati – dice Magaldi – sappiano, lorsignori, che non andrà a segno nemmeno questa ulteriore mossa da apprendisti stregoni, questo creare i “Frankestein” da gettare in mezzo a noi, in danno della collettività, per perseguire fini spregevoli e inconfessabili».Il sospetto: «Qualcuno potrebbe aver “gettato i dadi” di questa situazione per portarci – attraverso varie giravolte e diverse azioni spericolate e tortuose – verso un tipo di mondo differente, nel segno di un nuovo 11 Settembre». Nel qual caso, aggiunge Magaldi, non sarebbe corretto parlare di 11 Settembre “di matrice cinese”, visto che il sistema-Cina «sarebbe stato semplicemente utilizzato per giungere allo scopo», cioè la confisca planetaria della democrazia. La Cina, spiega l’analista, «è stata utilizzata come volano, fin dall’inizio, per l’operazione progettata dalle menti che nel 1975 hanno prodotto il manifesto “The crisis of democracy”», sollecitato dalla Commissione Trilaterale allo scopo di fermare l’avanzata dei diritti e della democrazia sociale in Occidente. «Dietro la crescita della Cina come superpotenza inserita nel mondo globale, per un verso capitalistica ma non democratica, c’era un progetto: che coinvolgeva attori non cinesi, sovranazionali, apolidi».Anche in questo caso, quindi, la regia dell’operazione Covid-19 (che sta rapidamente schiantando il globo, paralizzando miliardi di persone) sarebbe affidata a un network-ombra senza patria e con tanti passaporti, in grado di condizionare i governi di ogni continente attraverso tentacoli che infiltrano ministeri, intelligence, militari, multinazionali e istituzioni internazionali come l’Oms. Ieri il terrorismo, oggi il contagio? Se la paura è altrettanta e la risposta è identica – meno libertà, in cambio della sicurezza – sorge il peggiore dei sospetti: siamo di fronte a un’altra gigantesca operazione di strategia della tensione, a livello internazionale, come già fu per l’attentato alle Torri Gemelle? Evidente: la stessa élite oligarchica che controlla gran parte delle leve mondiali della finanza, ricattando gli Stati, potrebbe aver deliberamente immesso il coronavirus a Wuhan, per poi usare la prevedibile reazione cinese, rigidamente securitaria, come modello per il mondo intero. Obiettivo: militarizzare la crisi e – con l’alibi del Covid – estendere finalmente anche all’Occidente lo standard cinese, dove libertà e democrazia non esistono.Massone progressista di ispirazione socialista-liberale, Magaldi (già inziato alla superloggia “Thomas Paine” e oggi leader del Grande Oriente Democratico), è il frontman italiano del circuito massonico progressista sovranazionale che si oppone alle politiche di austerity. Nel saggio “Massoni”, bestseller pubblicato da Chiarelettere e uscito nel 2014, ha denunciato le trame delle superlogge “neoaristocratiche”: svuotare la nostra democrazia, per instaurare un regime economicamente neoliberista e politicamente post-democratico. Un sistema in cui le elezioni non contano più, visto che poi i governi devono sottostare ai diktat dei “mercati”. Quanto all’11 Settembre, il libro di Magaldi demolisce la versione ufficiale degli Usa, spiazzando però anche le narrazioni complottistiche: a progettare il crollo delle Twin Towers, sostiene, fu la superloggia “Hathor Pentalpha”, creata dai Bush nel 1980 per accelerare ulteriormente – anche con il ricorso al terrorismo “fatto in casa” – questa globalizzazione senza diritti. Un film dell’orrore, che ha proposto prima Al-Qaeda e poi l’Isis, due “Frankestein” prodotti dalle stesse “menti raffinatissime”. Ora siamo alla terza variante, il Covid-19?Per ora, Magaldi parla di «indizi, voci insistenti e strane coincidenze», riservandosi di formulare una denuncia precisa, nei prossimi giorni, non appena il quadro sarà più chiaro. Era stato il primo, settimane fa, a prendere nota: «Fateci caso: la crisi di Wuhan sta rafforzando politicamente la dirigenza cinese, che – prima dell’esplosione dell’epidemia – non sapeva come presentare ai cinesi la grande frenata dell’economia, ampiamente attesa». Cioè: il coronavirus avrebbe “salvato” Xi Jinping, appena umiliato dai dazi brutalmente imposti da Trump? «Ora la Cina appare vincente: dichiara di aver sconfitto trionfalmente il virus. E come? Sigillando Wuhan». Occhio: solo Wuhan, non tutto il paese. «Il resto della Cina ha limitato i danni, continuando a produrre: noi, invece, abbiamo sprangato l’Italia intera». Su Conte e colleghi, Magaldi è impietoso: prima il premier ha minimizzato, poi «ha permesso a migliaia di potenziali “untori” di lasciare la Lombardia per infettare il Sud», salvo poi «mettere agli arresti domiciliari 60 milioni di italiani, devastando l’economia del nostro paese», con il pieno consenso dei governatori delle Regioni del Nord, «in preda al panico perché consapevoli di non disporre di una sanità all’altezza della situazione».Ecco il bilancio dei tagli criminali alla sanità imposti dall’ideologia neoliberista: lo pagano, sulla loro pelle, gli anziani che muoiono per crisi respiratoria, in ospedali dove mancano posti letto in terapia intensiva. Una verità spietata, che forse gli italiani – grazie anche alle denunce dei medici – stanno finalmente mettendo a fuoco. Sarebbe l’occasione giusta, meglio tardi che mai, per ribaltare il tavolo. «Il coronavirus toglie la maschera al neoliberismo: i miliardi che fino a ieri sembravano irraggiungibili ora vengono concessi da un giorno all’altro, a riprova del fatto che finora eravamo stati presi in giro dai professori del rigore». Ma non è possibile cantare vittoria, sottolinea Magaldi: se dovesse emergere che il caos-coronavirus è un’operazione pianificata, allora c’è da temere il peggio. Ovvero: nemmeno la strage in corso servirà a restituire allo Stato il suo potere finanziario, che nel caso della sanità equivale alla scelta tra la vita e la morte. Ancora una volta – se le peggiori ipotesi saranno confermate – saranno le solite “menti raffinatissime” a dosare il denaro col contagocce, decidendo a chi somministrarlo, e in quali dosi. Sconcerta, a maggior ragione, il destino dell’Italia: perché siamo il paese più colpito, al mondo, da questo virus ancora abbastanza misterioso?«Possibile che i “soloni della scienza” che sfilano in televisione non sappiano spiegarci perché a essere travolta è proprio la Lombardia, cioè il cuore economico del paese?». Non solo: «Colpisce la lentezza esasperante della crisi: come se qualcuno pensasse di protrarla all’infinito, anche indugiando stranamente sull’adozione di farmaci salva-vita». C’è qualcosa che non quadra, dice Magaldi, a partire dal ruolo anomalo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’Italia come “cavia numero due”, dopo la Cina? Un paese-test – il primo, nell’Occidente democratico – per sperimentare l’incarceramento di massa collaudato a Wuhan? E attenti: il secondo round (la mazzata economica) è dietro l’angolo: se Conte si copre di ridicolo coi suoi 25 miliardi, «quanto tempo impiegheranno, le scimmiette ammaestrate sui balconi, a smettere di cantare l’inno nazionale?». Tra quanto esploderà la rabbia di un popolo condannato alla peggiore crisi della sua storia, dopo la Seconda Guerra Mondiale? E soprattutto: fa parte di un piano? «Vigileremo, continueremo ad acquisire dati e scopriremo presto cosa sta davvero avvenendo». Nel caso, «ciascuno muoverà le sue pedine», avverte Magaldi: «La lotta sarà dura: ma noi la combatteremo in modo costante, forte e sapiente».Ancora loro? Prima il terrorismo finto-islamico progettato a Washington, e adesso il virus da laboratorio travestito da pipistrello cinese? Attenti: «Stiamo acquisendo elementi inquietanti», avverte Gioele Magaldi, il 23 marzo su YouTube. Ipotesi: “qualcuno” potrebbe aver usato la Cina come cavia, ben sapendo che avrebbe reagito in modo autoritario: tutti sprangati in casa, panico obbligatorio, militari nelle strade. Obiettivo: produrre a tavolino una crisi mondiale, capace di paralizzare il pianeta, tenendolo in ostaggio di un’élite di vampiri finanziari psicopatici, stavolta al riparo dell’alibi sanitario. Un incubo orwelliano: addio libertà, e fine della democrazia. «Se davvero saranno accertate le informazioni che stiamo componendo», dice il presidente del Movimento Roosevelt, ci troveremmo di fronte a un piano mostruoso. Sta per avverarsi il sogno degli oligarchi? Se lo tolgano dalla testa: «Così come l’11 Settembre alla fine non ha prodotto i risultati sperati – dice Magaldi – sappiano, lorsignori, che non andrà a segno nemmeno questa ulteriore mossa da apprendisti stregoni, questo creare i “Frankestein” da gettare in mezzo a noi, in danno della collettività, per perseguire fini spregevoli e inconfessabili».
-
Paolo Barnard annuncia: abbiamo la cura per il coronavirus
«Attenti, abbiamo una cura». Di colpo, il coronavirus cambia faccia: non è più una condanna. Lo afferma un medico francese, il professor Didier Raoult. La notizia – mentre il virus fa strage in Lombardia – arriva in Italia tramite Paolo Barnard. Il grande giornalista ha rotto il suo silenzio stampa, tornando a parlare il 21 marzo con una serie di tweet e un video da tre minuti su YouTube: mostra un’email ricevuta dal dottor Wayne Marasco, della Harvard Medical School. Il messaggio: uno studio clinico francese, non ancora “randomizzato”, fornisce la concreta speranza che l’idrossiclorochina (un farmaco antimalarico, molto conosciuto e anche economico) possa avere effetti decisivi contro il Covid-19. «Questo farmaco – dice Barnard, leggendo l’email di Marasco – è già disponibile in quantità di massa: potrebbe fornire un aiuto in tempo reale per i pazienti lombardi infettati, per quelli a rischio infezione e per tutto il personale sanitario in Lombardia». Oltre che a Barnard, la mail – come riporta “Come Don Chisciotte” – è indirizzata a Giorgio Palù e Cristina Parolin, lui preside e lei professoressa dell’università di Padova. «Sottolineo – aggiunge Barnard – che alle dosi descritte nello studio francese, questo farmaco riduce anche il “viral shading”», la mobilità del virus, cioè «quando il virus va in giro nel corpo, o dal corpo va in giro nell’ambiente: quindi sostanzialmente riduce anche la contagiosità delle persone».«È molto importante», sottolinea Barnard. «Ultimo punto: associato all’antibiotico azitromicina ha dato risultati ancor più sorprendenti». Barnard si rivolge ai suoi lettori: l’appello deve arrivare al più presto alle autorità sanitarie italiane: «È un messaggio estremamente importante e di grande autorevolezza scientifica». Immediato il rilancio da parte di “Come Don Chisciotte”, sin dalle prime ore. «Sappiamo come guarire dal coronavirus», ha annunciato in esclusiva a “Les Echos” il dottor Raoult, virologo, direttore dell’Istituto Mediterraneo per le infezioni di Marsiglia. «Per la clorochina e i dati sono molto promettenti: tre quarti dei pazienti infettati non sono risultati più portatori del virus dopo 6 giorni di cura con il Plaquenil», scriveva Rosanna Spadini già il 21 marzo sul blog ispirato all’eroe di Cervantes. «Secondo l’iniziale test svolto a Marsiglia con 24 pazienti – dunque un dato ancora troppo basso per “cantare vittoria”, come spiegava bene il direttore dell’Aifa nella conferenza stampa della Protezione Civile – i risultati ottimi si sono avuti su pazienti gravi e meno gravi». Ma sempre secondo gli studi presentati da Raoult sull’”International Journal of Antimicrobial Agents”, «l’idrossiclorochina utilizzata in abbinamento all’antibiotico azitromicina, utilizzato normalmente contro la polmonite batterica, ha portato alla guarigione dei pazienti in una settimana».I pazienti trattati a Marsiglia con il Plaquenil – aggiunge sempre “Come Don Chisciotte” – sono stati comparati ad altrettanti pazienti colpiti da Covid-19 ricoverati negli ospedali di Avignone e Nizza. Ebbene, «il 90% di quelli che non sono stati trattati con il farmaco sperimentale ad oggi è ancora portatore del virus». Molti, chiarisce lo stesso Barnard su Twitter – confondono il trattamento con la clorochina, «screditato da un mese», con ciò che lui stesso ha postato da Harvard e dallo studio francese, e cioè che la soluzione proposta consiste nel sommare l’idrossiclorochina all’azitromicina. «Non fatevi intimidire da chi vi risponde che questa cura è già stata usata da settimane: impossibile, perché quel preciso protocollo è uscito solo quattro giorni fa, ed è esclusivo francese». In questo modo, osserva “Come Don Chisciotte”, proprio Barnard – tornando per pochi minuti nelle vesti di giornalista – grazie alle informazioni ricevute dal dottor Marasco di Harvard è riuscito ad anticipare la notizia: gli Stati Uniti stanno lavorando per rendere queste cure operative a livello nazionale il più presto possibile: «Questa è adesso politica sanitaria americana, in questi minuti mentre vi sto parlando». Tempo 72 ore, ed è lo stesso Trump a confermare: idrossiclorochina e azitromicina, presi insieme, hanno una chance reale di essere una delle più grandi svolte nella storia della medicina.Barnard aveva riattivato il suo profilo Twitter già il 14 marzo, sostenendo che il ceppo virale tedesco sia arrivato in Lombardia mutato: questo spiegherebbe il maggior numero di vittime. È per verificare questa tesi che Barnard ha consultato Marasco nei giorni successivi. Attenzione: Wayne Marasco è una delle massime autorità mondiali, in materia. Le sue credenziali: Department of Cancer Immunology and Aids, Dana-Farber Cancer Institute; Department of Medicine, Harvard Medical School. «La mia tesi – gli scriveva Barnard – è che la contagiosità, ma soprattutto l’orribile “fatality rate” del ceppo lombardo, sia dovuta al fatto che il ceppo arrivato in Lombardia si sia mutato in un’aggressivo “assortant strain”, e non sia quindi lo stesso Sars-CoV2 di Europa e Corea del Sud». Marasco conferma: mutazioni del CoV2 sono già avvenute in Cina. Quindi, il luminare americano «non scarta la mia ipotesi», scriveva Barnard giorni fa, auspicando che in Italia vengano svolti immediatamente «critici ed essenziali accertamenti molecolari sulle mutazioni». Il punto: è inquietante che un’autorità medica mondiale abbia accettato l’ipotesi teorica che il virus lombardo possa essere anomalo, e che auspichi accertamenti “essenziali” in merito. L’ipotesi «deve allertare anche i nostri esperti», perché «escluderla è da irresponsabili».Sul “Sole 24 Ore”, già l’11 marzo il virologo milanese Fabrizio Pregliasco confermava una «significativa “vicinanza” genetica tra il virus che ha circolato in Cina, quello tedesco e quello che sta causando i casi in Lombardia», aggiungendo: «Probabilmente, quando avremo a disposizione un numero maggiore di sequenziamenti genetici virali da valutare, potremmo capire meglio se ci sono state mutazioni in grado di rendere un ceppo più o meno aggressivo». La virologa Maria Rita Gismondo, del Sacco di Milano, si esprime in modo consonante con Barnard sull’”Huffington Post”: «In Lombardia c’è qualcosa che non comprendiamo. Si sono superati i morti della Cina in un’area infinitesimamente più piccola e in un tempo minore». Ovvero: «Sta succedendo qualcosa di strano: in Lombardia c’è un’aggressività che non si spiega. Le ipotesi possono essere tutte valide, e una è che il virus sia forse mutato». Ora, la notizia-bomba è sul tavolo della sanità italiana. Viene dalla Francia e l’ha recapitata Paolo Barnard, che si è procurato la validazione di Harvard. Co-fondatore di “Report” con la Gabanelli, Barbard è stato esiliato dalla Rai (e dal giornalismo italiano) per la scomodità delle sue inchieste. Ora è tornato, per aiutare l’Italia alle prese con la catastrofe-coronavirus.«Attenti, abbiamo una cura». Di colpo, il coronavirus cambia faccia: non è più una condanna. Lo afferma un medico francese, il professor Didier Raoult. La notizia – mentre il virus fa strage in Lombardia – arriva in Italia tramite Paolo Barnard. Il grande giornalista ha rotto il suo silenzio stampa, tornando a parlare il 21 marzo con una serie di tweet e un video da tre minuti su YouTube: mostra un’email ricevuta dal dottor Wayne Marasco, della Harvard Medical School. Il messaggio: uno studio clinico francese, non ancora “randomizzato”, fornisce la concreta speranza che l’idrossiclorochina (un farmaco antimalarico, molto conosciuto e anche economico) possa avere effetti decisivi contro il Covid-19. «Questo farmaco – dice Barnard, leggendo l’email di Marasco – è già disponibile in quantità di massa: potrebbe fornire un aiuto in tempo reale per i pazienti lombardi infettati, per quelli a rischio infezione e per tutto il personale sanitario in Lombardia». Oltre che a Barnard, la mail – come riporta “Come Don Chisciotte” – è indirizzata a Giorgio Palù e Cristina Parolin, lui preside e lei professoressa dell’università di Padova. «Sottolineo – aggiunge Barnard – che alle dosi descritte nello studio francese, questo farmaco riduce anche il “viral shading”», la mobilità del virus, cioè «quando il virus va in giro nel corpo, o dal corpo va in giro nell’ambiente: quindi sostanzialmente riduce anche la contagiosità delle persone».
-
Medico, Sos: contagi al buio, quanto durerà l’emergenza?
Purtroppo sta succedendo quello che si temeva da sempre, che potesse avvenire una pandemia. I virus respiratori di possibile provenienza animale dovuti alla combinazione di questi coronavirus erano sotto sorveglianza e temuti da molto tempo. Questo virus è simile geneticamente a quello della Sars di 17 anni fa, ma ha una caratteristica di contagiosità superiore, lo si vede dalla velocità con cui si diffonde. Dall’iniziale focolaio di Codogno si è passati a Pavia, quindi a Lodi, ora siamo a tutta la Lombardia e alla continua espansione in altre Regioni. Non sappiamo quando finirà e non sappiamo il numero di persone contagiate. Sappiamo il numero di malati. Questa malattia si manifesta in forme gravi soprattutto in alcuni soggetti anziani che soffrono di patologie e arriva fino al decesso, nelle fasce più giovani invece può indurre contagi asintomatici, quindi il numero delle persone contagiate ci è ignoto perché non manifestano sintomi. Pensiamo sia un numero importante. L’80% degli infettati non manifesta sintomi o li manifesta in misura ridotta, il rimanente manifesta polmoniti e negli anziani dà manifestazioni gravi. È quello che stiamo vivendo, con la difficoltà di dare una risposta ospedaliera su tutto il territorio.Il futuro è difficile da prevedere perché è una combinazione di diversi fattori, tra cui il numero delle persone contagiate. Ogni quarto d’ora vediamo un’ambulanza che passa. Il secondo elemento è che non sappiamo quanti stiano creando una immunità al virus, cosa che potrebbe limitare la diffusione. Chi si occupa di elementi matematici indica verso la fine di marzo il picco, ma lo sapremo solo a bocce ferme. A Brescia abbiamo dovuto chiudere numerosi reparti, accorparli e renderli liberi per accogliere queste persone. Riusciamo a dimetterne qualcuno, adesso siamo a 500 posti letto. Potete immaginare lo sforzo che significa. Non sono tutti ricoverati nelle unità infettive, ma in tutto l’ospedale. Le esigenze sono due. La prima è riuscire a liberare sempre più posti letto, però è uno sforzo enorme. Fortunatamente adesso si sono attivati altri ospedali nel territorio bresciano. L’esigenza è dare almeno un letto a chi sta male. Comporta uno sforzo interno enorme. La seconda cosa non è semplice: avere i dispositivi di protezione necessari per il nostro personale sanitario.La nostra farmacia fa un lavoro estenuante per dotare gli operatori sanitari di mascherine, camici per proteggersi. Questo è un altro problema. In conseguenza dell’elevata contagiosità può portare al contagio fra operatori e riduce le risorse umane. Se i soldati si ammalano non possono combattere. Tutto è molto concitato, si lavora 24 ore al giorno, sette giorni su sette, è un continuo di problemi. È impressionante la rapidità con cui l’ondata epidemica ha colpito tutta la Lombardia, non ha dato il tempo giusto per le misure straordinarie. Mi sembrano siano passati 10 anni dalla fatica che abbiamo addosso. Com’è il morale del personale sanitario? Siamo molto determinati. Naturalmente c’è preoccupazione quando si vede una situazione così grave. Vedere queste persone che muoiono completamente sole non è facile. Siamo anche preoccupati per i colleghi: quando si lavora insieme per anni si è tutti amici, e vederli ammalati procura dolore e fatica. Ovviamente c’è poi la preoccupazione per le proprie famiglie, che non si contagino. Ma siamo determinati a portare la barca in porto e fare il nostro lavoro.(Francesco Castelli, dichiarazioni rilasciate a Paolo Vites per l’intervista “A Brescia continuiamo a combattere, ma servono posti letto e materiale”, pubblicata dal “Sussidiario” il 15 marzo 2020. Medico ospedaliero e ordinario di malattie infettive all’università di Brescia, già titolare della Cattedra Unesco e direttore della Scuola di specializzazione in malattie infettive, il professor Castelli ha operato a lungo in Africa, a contatto con gravi epidemie di colera).Purtroppo sta succedendo quello che si temeva da sempre, che potesse avvenire una pandemia. I virus respiratori di possibile provenienza animale dovuti alla combinazione di questi coronavirus erano sotto sorveglianza e temuti da molto tempo. Questo virus è simile geneticamente a quello della Sars di 17 anni fa, ma ha una caratteristica di contagiosità superiore, lo si vede dalla velocità con cui si diffonde. Dall’iniziale focolaio di Codogno si è passati a Pavia, quindi a Lodi, ora siamo a tutta la Lombardia e alla continua espansione in altre Regioni. Non sappiamo quando finirà e non sappiamo il numero di persone contagiate. Sappiamo il numero di malati. Questa malattia si manifesta in forme gravi soprattutto in alcuni soggetti anziani che soffrono di patologie e arriva fino al decesso, nelle fasce più giovani invece può indurre contagi asintomatici, quindi il numero delle persone contagiate ci è ignoto perché non manifestano sintomi. Pensiamo sia un numero importante. L’80% degli infettati non manifesta sintomi o li manifesta in misura ridotta, il rimanente manifesta polmoniti e negli anziani dà manifestazioni gravi. È quello che stiamo vivendo, con la difficoltà di dare una risposta ospedaliera su tutto il territorio.
-
Gli Usa ammettono: il coronavirus era da noi già nel 2019
«Potrebbe essere stato l’esercito Usa ad aver portato l’epidemia a Wuhan». Così il portavoce del ministero degli esteri cinese Zhao Lijian. Una riflessione nata dopo l’audizione al Congresso degli Stati Uniti del direttore del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie, Robert Redfield, nella quale ha riconosciuto che alcune persone, morte negli Usa di recente causa polmonite, sarebbero invece decedute per Covid-19 non diagnosticato. «È stato trovato il paziente zero negli Stati Uniti?». Ha rincarato la dose Lijian. «Quante sono le persone infette? Come si chiamano gli ospedali? Potrebbe essere l’esercito americano che ha portato l’epidemia a Wuhan. Siate trasparenti! Rendete pubblici i vostri dati! Gli Stati Uniti ci devono una spiegazione!». La vicenda è riportata da “The Hill”, che spiega come ciò sia parte di una narrativa cospirativa che circola sul web, e che vede il virus portato in Cina dagli atleti americani, e loro numeroso seguito, che si sono recati a Whuan per partecipare ai Giochi mondiali militari, che si sono svolti tra il 18 e il 27 ottobre 2019, praticamente quando è iniziata l’epidemia. Non necessariamente un atto criminogeno, ma una trasmissione involontaria: gli atleti Usa, o il seguito, sarebbero stati già infetti da coronavirus.La tesi sarebbe sostenuta da una coincidenza: cinque atleti di nazionalità ancora ignota sarebbero stati ricoverati in un ospedale locale per virus ignoto. Vero il ricovero, spiega il “Global Times”, ma si trattava del ben noto colera. E, però, la domanda posta resta. Secondo “Global Research”, già ad agosto, un medico di Taiwan avrebbe avvertito gli Stati Uniti che alcuni decessi per polmonite attribuiti alle sigarette elettroniche, le “svapo”, erano in realtà da attribuire a un nuovo coronavirus. “Repubblica”, a settembre, riferiva di 550 ammalati con problematiche polmonari, che avevano portato ad alcuni decessi. Conto più che approssimativo, se si tiene conto di cosa sia la sanità americana, che all’inizio dell’epidemia, ad esempio, ha negato il tampone a cittadini di ritorno dalla Cina perché non avevano i soldi per pagarli (qualcosa sta cambiando, vedi il “Washington Post”). Certo, la vicenda “svapo” va vista nell’ottica di una guerra mossa dalle potenti industrie del tabacco alla concorrenza, ma è pur vero che non si sono registrati analoghi disturbi in altre aree del mondo, come l’Italia, dove lo “svapo” aveva preso piede.Ad alimentare la possibilità che la polemica impegnata da Zhao Lijian abbia una sua plausibilità, è anche il fatto che il cosiddetto “paziente zero” di Whuan, da cui è nata l’epidemia, sia ancora causa di controversie. Così andiamo a qualcosa di più inquietante, forse collegato, forse no: il 5 agosto il “New York Times” riportava la notizia che il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie degli Stati Uniti aveva intimato al laboratorio di armi batteriologiche di Fort Detrick di «cessare ogni attività» perché il sistema di filtraggio delle acque reflue non era sicuro. Un po’ quanto viene descritto nel film “Cattive acque”, uscito tre settimane fa in Italia (tempestività di Hollywood), che racconta la storia vera della battaglia giudiziaria intrapresa da un avvocato americano contro l’azienda chimica Dupont, i cui scarichi hanno avvelenato, e continuano ad avvelenare, migliaia di persone (non solo, spiega anche dell’avvelenamento da sostanze chimiche di circa il 90% dell’umanità… da vedere, in streaming, dato che i cinema son chiusi).Ovviamente si disse che nessuna sostanza pericolosa era effettivamente fuoriuscita da Fort Detrick, che però è stato chiuso in via preventiva. In altra nota, avevamo accennato come a luglio 2019, cioè poco prima della chiusura di Fort Detrick, la Camera degli Stati Uniti aveva chiesto formalmente al Pentagono se avesse testato e usato armi chimiche tra gli anni ’50 e gli anni ’70. Una richiesta insolita e non motivata da problematiche d’attualità. La cui spiegazione potrebbe essere proprio la contaminazione causata da Fort Detrick, notizia che presumibilmente circolava in alcuni ambiti. Un modo per far pressione, in maniera indiretta come si usa in tali casi, sulla vicenda, perché si chiudesse senza suscitare polveroni sull’Us Army. Al di là delle domande, si può notare come l’episodio di cronaca nera – che, ripetiamo, non necessariamente ha a che vedere col coronavirus – abbia come focus Fort Detrick, sito che richiama alla memoria altro ed oscuro.Qualcuno ricorderà il panico che per diversi mesi attanagliò il mondo dopo l’11 Settembre a causa della diffusione di missive contenenti antrace, letale arma batteriologica. La responsabilità dell’invio della posta avvelenata, indirizzata a personalità importanti e non d’America e del mondo, fu attribuita all’Agenzia terrorista nota come Al-Qaeda (il segretario di Stato americano Colin Powell usò tale minaccia per convincere il mondo della necessità di attaccare l’Iraq, che avrebbe avuto magazzini pieni di antrace). L’Fbi scoprì poi che l’antrace che aveva terrorizzato il mondo proveniva dall’America, da Fort Detrick appunto. La vicenda si chiuse individuando anche un possibile untore, un ignoto ricercatore che prestava la sua opera in quel laboratorio strategico. Che, ovviamente, non avrebbe mai potuto far tutto quel pandemonio globale da solo… tant’è. Morì suicida, tutto insabbiato.(”Dall’antrace al coronavirus, le vie di Fort Detrick”, post di “Piccole Note” del 13 marzo 2020).«Potrebbe essere stato l’esercito Usa ad aver portato l’epidemia a Wuhan». Così il portavoce del ministero degli esteri cinese Zhao Lijian. Una riflessione nata dopo l’audizione al Congresso degli Stati Uniti del direttore del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie, Robert Redfield, nella quale ha riconosciuto che alcune persone, morte negli Usa di recente causa polmonite, sarebbero invece decedute per Covid-19 non diagnosticato. «È stato trovato il paziente zero negli Stati Uniti?». Ha rincarato la dose Lijian. «Quante sono le persone infette? Come si chiamano gli ospedali? Potrebbe essere l’esercito americano che ha portato l’epidemia a Wuhan. Siate trasparenti! Rendete pubblici i vostri dati! Gli Stati Uniti ci devono una spiegazione!». La vicenda è riportata da “The Hill“, che spiega come ciò sia parte di una narrativa cospirativa che circola sul web, e che vede il virus portato in Cina dagli atleti americani, e loro numeroso seguito, che si sono recati a Whuan per partecipare ai Giochi mondiali militari, che si sono svolti tra il 18 e il 27 ottobre 2019, praticamente quando è iniziata l’epidemia. Non necessariamente un atto criminogeno, ma una trasmissione involontaria: gli atleti Usa, o il seguito, sarebbero stati già infetti da coronavirus.
-
La Cina: Usa non trasparenti, il coronavirus viene da loro?
Arriva la prima dichiarazione ufficiale da parte di Pechino sulla possibilità che il coronavirus sia nato negli Stati Uniti. Attraverso il suo account Twitter molto seguito, uno dei portavoce del ministero degli affari esteri cinese, Zhao Lijian, dichiara: «Potrebbe essere stato l’esercito Usa ad aver portato l’epidemia a Wuhan». Chiaro il riferimento ai noti Giochi militari che avevano portato nella città oltre 300 militari nord-americani nell’ottobre scorso, «proprio nel periodo che gli scienziati hanno individuato come il momento dell’incubazione del famigerato Covid-19», osserva “L’Antidiplomatico”. In una audizione, il direttore del Centers for Disease Control and Prevention, Robert Redfield, ha infatti ammesso candidamente che molti americani, apparentemente morti di influenza, siano poi risultati positivi al coronavirus. «Quando è apparso il paziente zero negli Stati Uniti? Quante persone sono state infettate?», domanda il portavoce di Pechino, che si interroga anche su quali siano gli ospedali statunitensi ad aver registrato la patologia. «Potrebbe essere stato l’esercito Usa a portare l’epidemia a Wuhan», insiste Zhao Lijian: «Siate trasparenti, rendete pubblici i dati». E aggiunge: «Gli Stati Uniti ci devono una spiegazione».Nel corso della citata audizione pubblica, Redfield aveva parlato di 34 milioni di casi di “influenza” e non meno di 20.000 morti. «Quanti di loro avevano il coronavirus?», domanda Zhao. Annota “L’Antidiplomatico”: «Si tratta di una prima presa di posizione pubblica da parte di Pechino. E dato che la Cina è il paese che a livello scientifico e medico è più avanti, nello studio di questo nuovo virus, ci possiamo aspettare delle simpatiche rivelazioni nelle prossime settimane». Il video con l’intervento di Redfield, osserva “BlogSicilia”, è stato condiviso anche da altri media cinesi, tra cui l’emittente nazionale “Tvcc” e il tabloid “Global Times”. Quanto al polemico tweet di Zhao, un altro portavoce del ministero degli esteri di Pechino, Geng Shuang, ha affermato che nella comunità internazionale ci sono «opinioni differenti» sull’origine del virus, e che «la Cina considera quella domanda come scientifica», e quindi «dovrebbe essere affrontata in modo professionale», evitando però di confermare se quanto scritto da Zhao sul social media sia la posizione ufficiale del governo.Come riferito dalla “Cnn”, in molti in Cina stanno lanciando una campagna per mettere in discussione l’origine del coronavirus che ha contagiato oltre 125.000 persone in tutto il mondo. I primi casi di contagio sono stati segnalati a Wuhan e lì sono stati registrati più infezioni e morti di ogni altra parte del pianeta. Il 4 marzo scorso Zhao Lijian, parlando in modo ufficiale, ha detto ai giornalisti che «non è stata ancora raggiunta una conclusione sull’origine del virus», e dunque gli scienziati cinesi sono al lavoro per identificarla. Il 27 febbraio, continua “BlogSicilia”, anche un famoso esperto cinese di malattie infettive, Zhong Nanshan, ha messo in dubbio la provenienza del coronavirus: «L’infezione è stata individuata per la prima volta in Cina, ma il virus potrebbe non aver avuto origine in Cina», ha detto in una conferenza stampa. Condividendo le parole di Redfield, un funzionario come Hua Chunying, capo-dipartimento del ministero degli esteri cinese, afferma: «E’ assolutamente sbagliato e inappropriato chiamarlo coronavirus cinese».Arriva la prima dichiarazione ufficiale da parte di Pechino sulla possibilità che il coronavirus sia nato negli Stati Uniti. Attraverso il suo account Twitter molto seguito, uno dei portavoce del ministero degli affari esteri cinese, Zhao Lijian, dichiara: «Potrebbe essere stato l’esercito Usa ad aver portato l’epidemia a Wuhan». Chiaro il riferimento ai noti Giochi militari che avevano portato nella città oltre 300 militari nord-americani nell’ottobre scorso, «proprio nel periodo che gli scienziati hanno individuato come il momento dell’incubazione del famigerato Covid-19», osserva “L’Antidiplomatico“. In una audizione, il direttore del Centers for Disease Control and Prevention, Robert Redfield, ha infatti ammesso candidamente che molti americani, apparentemente morti di influenza, siano poi risultati positivi al coronavirus. «Quando è apparso il paziente zero negli Stati Uniti? Quante persone sono state infettate?», domanda il portavoce di Pechino, che si interroga anche su quali siano gli ospedali statunitensi ad aver registrato la patologia. «Potrebbe essere stato l’esercito Usa a portare l’epidemia a Wuhan», insiste Zhao Lijian: «Siate trasparenti, rendete pubblici i dati». E aggiunge: «Gli Stati Uniti ci devono una spiegazione».
-
Virologo: in Italia 18.000 morti di influenza, e i media zitti
Ogni anno, in Italia, i morti con la comune influenza stagionale sono 20 volte di più di quelli morti ad oggi con Covid-19. Perché non intasiamo le rianimazioni ogni anno? Ecco i dati del Covid-19 in Italia, aggiornati alle ore 18:00 del 10 marzo 2020: 8.514 casi con 631 deceduti (Iss-Epicentro). Faccio notare che questo campione è estremamente selezionato, perché i test sono stati fatti in prevalenza su persone malate. La maggioranza degli esperti, fra cui Ilaria Capua, ritiene che i casi asintomatici siano da 10 a 100 volte superiori. Perciò il tasso di letalità non sarebbe del 7,4%, ma almeno dieci volte inferiore. Sull’influenza stagionale 2017-18, risulta che 8,7 milioni di persone si rivolsero telefonicamente al medico o al pediatra di famiglia per una “sindrome simil-influenzale”. Meno di 1/4 furono visitate dal medico. Sono morte “con complicazioni influenzali” non meno di 18.000 persone, in prevalenza anziane. Di quelle 18.000, solo 173 (1 su 100) morirono in un reparto di rianimazione, e in tutto furono 764 i “casi gravi da influenza confermata in soggetti ricoverati in terapia intensiva”. Cioè, le altre 17.000 persone sono morte a casa propria, o in casa di riposo, o in un qualche reparto ospedaliero, senza diagnosi confermata di influenza.Se i media due anni fa avessero scatenato il putiferio attuale, non meno di 75.000 malati con influenza avrebbero intasato le rianimazioni, al ritmo di 750 nuovi ingressi ogni giorno (finora in rianimazione ne abbiamo ricoverati 650 in tutto). Questi dati confermano che siamo di fronte a una epidemia di panico e che gli untori per eccellenza sono i media. Ci dicono che in Italia abbiamo il più alto tasso di letalità? I dati più affidabili vengono dalla Corea del Sud, che registra tassi di letalità attorno al 6 per mille (1/12 dei nostri). Questo si spiega perché la Corea ha fatto test a tappeto fin dall’inizio (già più di 200.000) e conferma quanto abbiamo detto sopra, cioè che le nostre statistiche usano un denominatore (persone infettate) assai ridotto e selezionato: il che ingigantisce falsamente il rapporto morti/infettati, cioè il tasso di letalità. Tra i tanti messaggi che arrivano nei social, spiccano gli appelli dei medici di rianimazione, veramente preoccupanti. Il nostro sistema sanitario pubblico collocava l’Italia ai primi posti nel mondo, con un invidiabile rapporto qualità/costi, ma a partire dal 1992 (legge-delega per la privatizzazione del Ssn) è stato smantellato per favorire le speculazioni private, che non hanno alcun interesse a investire nei settori più costosi, come grandi chirurgie e rianimazioni. Questo fatto non sarà mai ribadito e condannato abbastanza.Però le testimonianze e gli appelli accorati da parte di medici e infermieri dei reparti di terapia intensiva, ora sotto pressione per i malati gravi con Covid-19, mentre sono condivisibili sul piano umano, sono fuorvianti per la comprensione di questa “epidemia”. Sarebbe come usare la testimonianza del marinaio di una scialuppa di salvataggio del Titanic per ricostruire la storia di quel naufragio… ma qui abbiamo solo qualche scialuppa: non c’è né il Titanic né l’iceberg. Non c’è epidemia, non c’è pandemia. E abbiamo due precedenti famigerati, proprio con due varianti di coronavirus che fecero tanto scalpore per poi rivelarsi veri e propri “fuochi di paglia”: la Sars del 2002 (8.000 casi in tutto) e la Mers del 2012 (800 casi). Notate che la Sars ebbe una letalità del 9% e la Mers addirittura del 38%.Stanno arrivando voci di vaccini “quasi” pronti da parte di Israele o degli Usa che potrebbero salvare molte vite aggredite da questo virus. Tanto rumore per un vaccino? Nell’influenza comune del 2017-18 il ceppo prevalente era A/H1N1pdm09 (più noto come H1N1 o “suina”), ed era incluso nel vaccino antinfluenzale somministrato a circa la metà degli ultrasessantacinquenni italiani – non solo quell’anno, ma anche negli anni precedenti. Quel ceppo ebbe origine nel 2009 negli Usa, come variante dell’influenza suina. Nel 2010 il nostro ministero della salute si impegnò a pagare 184 milioni di euro alla Novartis per 24 milioni di dosi di vaccino contro la “H1N1 suina”, ma anche quella annunciata “pandemia” in realtà fu una vera e propria bufala mediatica: di fatto furono vaccinati meno di un milione di italiani, e 9 milioni di dosi di quel vaccino rimasero nei frigoriferi delle Asl. Parlare di Israele (Netanyahu promise il vaccino a una settimana dalle recentissime elezioni) o di Usa (pure loro in campagna elettorale, coi cittadini che, se disoccupati e non coperti da assicurazione, devono pagare una somma notevole per farsi fare un tampone, e per giunta col più alto tasso di risultati falsi positivi nel mondo) data la situazione conosciuta, sarebbe come sparare sulla Croce Rossa.Cosa penso delle misure per ridurre il contagio prese dal governo italiano? Il grande Ennio Flajano diceva che in Italia “la situazione è grave ma non seria”. Per tutti i dati che abbiamo qui esaminato, dovremmo concludere che questa volta la situazione è “seria, ma non grave”. Dico “seria” nel senso che le misure adottate riflettono l’ansia di dimostrarsi “seri e responsabili”, ma mi domando: verso chi? Verso la Ue? Verso la Nato? Perché non verso i cittadini italiani? Il primo requisito della serietà è la coerenza, e ogni cittadino lo sa se ha ricevuto messaggi coerenti dalle autorità e dagli “esperti” in questi 40 giorni. Walter Ricciardi, imbarcato nel pieno della tempesta, ha fatto miracoli sia nel fronte interno che su quello internazionale. E quando infuria la tempesta, quando le vele sono già lacerate e la barca è piena d’acqua, puoi solo spalare acqua e stare zitto. In scienza e coscienza, io credo di spalare acqua, di rattoppare almeno qualche vela, e di stare (quasi) zitto.Ho detto quasi zitto: solidale coi colleghi (anche sottopagati) che fanno turni stressanti negli ospedali devastati da trent’anni di “filibustering” neoliberista, ma anche urlante a squarciagola contro “colleghi” veri o sedicenti tali che, in anonimato, seminano il terrore parlando di “nipotini che uccidono i nonni”, o di “incoscienti che escono a fare una passeggiata”, o che spacciano il prodotto Xy come panacea curativa (e soprattutto preventiva, così non scappa neanche un potenziale cliente fra i 60 milioni) contro la “peste del 2020” che avrebbe una “contagiosità pazzesca” e una mortalità (sarebbe troppo pretendere da loro il termine corretto letalità) “spaventosa”. Ripeto: chi sta in prima linea negli ospedali oggi è davvero sotto stress, va rispettato e sostenuto, e le misure ragionevoli per ridurre le probabilità di contagio vanno adottate; ma un grande quotidiano della mia regione, il Veneto, oggi riferisce che abbiamo 498 letti di terapia intensiva, di cui 67 occupati da pazienti con tampone positivo per Covid-19.(Leopoldo Salmaso, dichirazioni rilasciate a Patrizia Cecconi per l’intervista “Il tasso di letalità del coronavirus in Italia è almeno 10 volte inferiore ai dati ufficiali”, pubblicata da “L’Antidiplomatico” l’11 maezo 2020. Epidemiologo e virologo, specialista in malattie infettive, il dottor Salmaso vanta una lunga esperienza internazionale in paesi come la Tanzania, dove conduce progetti sanitari secondo i protocolli prescritti dall’Oms).Ogni anno, in Italia, i morti con la comune influenza stagionale sono 20 volte di più di quelli morti ad oggi con Covid-19. Perché non intasiamo le rianimazioni ogni anno? Ecco i dati del Covid-19 in Italia, aggiornati alle ore 18:00 del 10 marzo 2020: 8.514 casi con 631 deceduti (Iss-Epicentro). Faccio notare che questo campione è estremamente selezionato, perché i test sono stati fatti in prevalenza su persone malate. La maggioranza degli esperti, fra cui Ilaria Capua, ritiene che i casi asintomatici siano da 10 a 100 volte superiori. Perciò il tasso di letalità non sarebbe del 7,4%, ma almeno dieci volte inferiore. Sull’influenza stagionale 2017-18, risulta che 8,7 milioni di persone si rivolsero telefonicamente al medico o al pediatra di famiglia per una “sindrome simil-influenzale”. Meno di 1/4 furono visitate dal medico. Sono morte “con complicazioni influenzali” non meno di 18.000 persone, in prevalenza anziane. Di quelle 18.000, solo 173 (1 su 100) morirono in un reparto di rianimazione, e in tutto furono 764 i “casi gravi da influenza confermata in soggetti ricoverati in terapia intensiva”. Cioè, le altre 17.000 persone sono morte a casa propria, o in casa di riposo, o in un qualche reparto ospedaliero, senza diagnosi confermata di influenza.
-
Si muore per soldi, non per il virus: guai se cediamo al Mes
Ma saranno stati almeno vaccinati, i 20.000 soldati americani che stanno sbarcando in Europa per poi “passeggiare” nelle terre del coronavirus? Ora fraternizzano con la popolazione in un paese come la Germania, da cui – si apprende – si è propagata la prima infezione nel vecchio continente. E’ dunque un vaccino, forse sperimentale, a proteggere i militari statunitensi impegnati nell’operazione “Defender Europe”, non rinviata nonostante la grave allerta sanitaria europea? Se lo domanda Manlio Dinucci, veterano cronista di guerra in forza al “Manifesto”, in collegamento web con Claudio Messora su “ByoBlu”. Quello di Messora è il canale d’informazione che più di ogni altro, in questi giorni, si sta battendo per offrire agli italiani un’osservazione attendibile della crisi in corso. Sempre su “ByoBlu”, l’economista Nino Galloni avverte: c’è il rischio concreto che venga ratificato il Mes, erede diretto del pernicioso e ormai obsoleto Fondo Salva-Stati, creato nel periodo in cui alla Bce non era ancora stato consentito di sostenere i debiti pubblici, acquistando titoli di Stato. Vi sembra il caso, proprio ora, di mettersi a parlare di Mes?Due operazioni – l’esercitazione Nato e il Mes – che non vengono rinviate, nonostante l’emergenza coronavirus. Un sospetto: c’è una oscura correlazione diretta, tra questi eventi in apparenza non connessi tra loro? E’ tutto estremamente strano, quasi surreale. Per esempio: è assolutamente inconcepibile, dice Galloni, che – al momento dell’estensione della zona rossa all’intera Lombardia – da Palazzo Chigi possa essere partita la fuga di notizie che ha determinato l’esodo di migliaia di persone verso il Sud. L’emergenza sanitaria? Mal raccontata, enfatizzata: il problema si è fatto davvero drammatico per una minuscola quota di persone (per lo più anziane, deboli, già malate) a causa della rottamazione del sistema sanitario nazionale. Anni di tagli forsennati, fino al suicidio firmato da Monti, con 30 miliardi tolti all’assistenza medica ospedaliera. I numeri del coronavirus restano limitatissimi, ribadisce Galloni, se parliamo di criticità serie: la tragedia è che ormai i nostri ospedali, ridotti ai minimi termini, faticano a gestire nel modo migliore poche centinaia di malati gravi.Strano che ora, su tutto questo, incomba anche la ratifica del Mes: perché non rimandarla, vista la situazione di emergenza nazionale? Galloni parla chiaro: a finire in rianimazione (economica) è l’Italia intera. Per salvarla, servono tanti miliardi, e subito. Se li garantisse la Bce, come si spera, si trasformerebbero comunque in debito. Invece, l’emissione tempestiva e a costo zero di una moneta parallela – non convertibile, spendibile solo in Italia – sarebbe il toccasana. Perché nessuno ne parla, nel governo Conte? Peggio: perché intanto non si chiede di annullare il summit del 16 marzo, cioè la ratifica del Mes? Il pericolo è mortale, avverte Galloni: accedendo a quel fondo (e l’Italia oggi ha un disperato bisogno di denaro pronto uso, per fronteggiare l’emergenza) si va incontro a conseguenze catastrofiche. Non potendo restituire il prestito a stretto giro, i rischi sono letali. Primo: la svendita di quel che resta delle strategiche partecipazioni statali, il 20% di quello che furono (e attenzione: garantirono il boom economico). Secondo: la svendita dei gioielli del patrimonio italiano, cioè i beni culturali che alimentano l’economia turistica. In altre parole: se firma il Mes, l’Italia sparisce. Muore.L’altro colpo mortale – dice Gioele Magaldi, leader del Movimento Roosevelt (di cui lo stesso Galloni è vicepresidente) – è rappresentato dalla decisione di mettere l’intera Italia in quarantena. «Una scelta tardiva, comunque inefficace e dunque inutile, ma sicuramente autodistruttiva». A motivare per decreto la paralisi del paese, evidentemente, è il panico: lo spettacolo dei reparti di terapia intensiva, ridotti ai minimi termini e letteralmente assediati dai pazienti con difficoltà respiratorie. Cosa andava fatto, invece? «Ovvio: alle prime avvisaglie del problema, bisognava attrezzarsi in modo adeguato». Con posti letto raddoppiati o triplicati, e personale disponibile, non ci sarebbe stato nessun allarme. Invece: l’Italia non ha agito, non ha preteso risorse immediate. «Conte si è limitato a mendicare elemosine, fuori tempo massimo». E prima ancora, l’Unione Europea – scandalosamente – non si è affatto preoccupata del problema. In compenso, si ricorda del Mes.Vediamo di capirci, insiste Magaldi: già prima del coronavirus, l’Italia delle aziende e delle famiglie era prossima al coma. Un mese di pre-emergenza l’ha messa in ginocchio. E adesso, il decreto-Conte l’ha stesa al tappeto. Virtualmemte, l’operazione-coronavirus sembra il capolavoro di un ipotetico nemico: se qualcuno avesse voluto distruggerci, non avrebbe potuto far meglio di Conte. A proposito: c’è qualcosa che è proibito sapere, riguardo all’epidemia? Nessuno ha certezze, ma moltissime fonti citano strane coincidenze. Bill Gates, Berkeley, Darpa e Pentagono: il coronavirus sembra più americano che cinese. Un’arma perfetta per sabotare il gigante asiatico, a cui Trump ha dichiarato guerra? Magaldi non ci sta, e invita a leggere oltre l’apparenza: è proprio la dirigenza cinese a trarre vantaggio dal virus, che le permette di mascherare la fine della maxi-crescita, largamente attesa (e attentamente taciuta) ben prima del disastro di Wuhan. Il guaio? Gli strateghi della globalizzazione neoliberista aprirono alla Cina le porte del mercato mondiale, senza chiederle contropartite: democrazia, sindacati, tutela dell’ambiente. Niente.La Cina è stata bravissima ad approfittarne, sbalordendo il mondo. Ma ha sbaragliato la concorrenza occidentale in modo sleale, con prodotti a basso costo. Che tutto questo sarebbe accaduto, lo sapevano fin dall’inizio gli ingegneri (occidentali) del globalismo cinesizzato. Per Usa ed Europa, dolori: crisi, disoccupazione, tagli, delocalizzazioni. Ed exploit finanziario, a beneficio dei supremi gestori. Il loro obiettivo? Creare un mostro, la super-Cina: efficientissima, regina del business, ma senza libertà né democrazia. Il sogno: trasformare lo stesso Occidente in un clone della nuova Cina. Poi, con Trump, il gioco si è rotto e sono spuntati i dazi. Infine ecco il coronavirus, che da Wuhan – via Germania – ora infesta l’Italia, spaventando il resto del mondo. E se i media italiani scivolano verso il terrorismo psicologico quotidiano, è perché la sanità – brutalmente amputata – stenta ad assistere nel modo migliore le vittime di un morbo che, statisticamente, sembra rivelarsi assai meno pericoloso di tanti altri, che però non fanno notizia.Riuscirà il coronavirus laddove tante prediche politiche, in questi anni, hanno fallito? Gli italiani capiranno che lo Stato non può essere lasciato senza soldi, cioè senza difese? Sovranità finanziaria vuol dire anche sicurezza: se invece la moneta manca, si rischia anche la pelle. Il virus è drammaticamente esplicito, in questo: l’Italia ha un disperato bisogno di miliardi a costo zero, ma il 16 marzo ad attenderla c’è il Mes, lo strozzino. Decenni fa, un incubo simile sarebbe stato impensabile. Eppure, anche se i media non lo sottolineano: da trent’anni, l’Italia è in avanzo primario. Cioè: i soldi che i cittadini versano in tasse sono più di quanto lo Stato spenda in termini di servizi. Una follia, rimasta sottotraccia, e che adesso – grazie alla crisi-coronavirus – potrebbe esplodere. Meglio tardi che mai? Sì, ma a condizione che venga archiviato il Mes: se dovessimo attingere al fondo europeo, per l’Italia sarebbe davvero la fine. Allora sì, che il coronavirus diventerebbe una catastrofe: la tomba del Belpaese, l’estinzione del benessere e della possibilità di risalire la china.Ma saranno stati almeno vaccinati, i 20.000 soldati americani che stanno sbarcando in Europa per poi “passeggiare” nelle terre del coronavirus? Ora fraternizzano con la popolazione in un paese come la Germania, da cui – si apprende – si è propagata la prima infezione nel vecchio continente. E’ dunque un vaccino, forse sperimentale, a proteggere i militari statunitensi impegnati nell’operazione “Defender Europe”, non rinviata nonostante la grave allerta sanitaria europea? Se lo domanda Manlio Dinucci, veterano cronista di guerra in forza al “Manifesto”, in collegamento web con Claudio Messora su “ByoBlu”. Quello di Messora è il canale d’informazione che più di ogni altro, in questi giorni, si sta battendo per offrire agli italiani un’osservazione attendibile della crisi in corso. Sempre su “ByoBlu”, l’economista Nino Galloni avverte: c’è il rischio concreto che venga ratificato il Mes, erede diretto del pernicioso e ormai obsoleto Fondo Salva-Stati, creato nel periodo in cui alla Bce non era ancora stato consentito di sostenere i debiti pubblici, acquistando titoli di Stato. Vi sembra il caso, proprio ora, di mettersi a parlare di Mes?
-
Nonni a rischio, gli anziani italiani sono i più deboli d’Europa
Maschio, 81 anni e con tre o più patologie pre-esistenti. È questo l’identikit preferito dal coronavirus per colpire le sue vittime, che in media passano dal ricovero al decesso in 4 giorni. L’età media dei pazienti italiani deceduti e positivi al Covid-2019 è infatti di 81 anni, in maggioranza uomini (le donne sono poco meno del 27%) e in più di due terzi dei casi affetti da tre o più patologie preesistenti, soprattutto ipertensione e cardiopatia ischemica. I dati emergono dall’analisti di 105 pazienti italiani deceduti al 4 marzo, condotta dall’Istituto superiore di sanità. In particolare, il 42% dei decessi si è registrato nella fascia di età tra 80 e 89 anni, il 32% tra 70 e 79, l’8% tra 60 e 69, quasi il 3% tra 50 e 59 e il 14% sopra i 90 anni. Era una situazione prevedibile? Finché non c’è stata l’esplosione del virus a Codogno non pensavo che potesse essere di questa entità. Il virus ha un R0 di 2,2, cioè ogni persona contagia più di due persone, quindi le misure stringenti sono necessarie. Il vaccino non ha alcun significato, in questo caso, trattandosi di un ceppo di coronavirus nuovo, contro cui non esistono al momento vaccini. Che gli anziani fossero o meno vaccinati è del tutto ininfluente.C’è una specificità anti-genica propria di questo coronavirus, non c’è alcuna copertura immunologica. Si spera entro l’anno di acquisirla, di avere un vaccino adatto. Nella gran parte dei casi le vittime presentavano patologie pre-esistenti. Sono patologie in atto, croniche, come ipertensione, scompenso cardiaco, insufficienza renale, broncopneumopatia cronico ostruttiva (Bpco). Quanto al fumo, è un importante fattore di rischio per qualunque malattia respiratoria infettiva, perché blocca l’immunità locale. Sono tutte condizioni di rischio, essendo le malattie croniche che ho citato età-correlate, l’età diventa indirettamente un fattore di rischio, ma l’età in sé non è un fattore di rischio maggiore, se la persona è in salute. In Italia ci sono molti più anziani e anziani malati rispetto a tutti i paesi in cui si è finora sviluppata la malattia. Non c’è bisogno che si propaghi il virus più aggressivo, è più debole la popolazione. Pur in presenza di un sistema sanitario eccellente, purtroppo noi potremmo avere una mortalità maggiore rispetto ad altri. Ma solo per questo: i nostri anziani sono più esposti a forme gravi.E se il virus dovesse espandersi con nuovi focolai al Sud? Mediamente nel Mezzogiorno c’è un sistema sanitario meno efficiente, e quindi teoricamente gli effetti potrebbero essere maggiori. Per altri versi, là dove c’è una società più portata alla dimensione rurale, e in alcune zone così è, questo di per sé può avere un certo effetto protettivo. Ma gli aspetti negativi, a partire dalla minore qualità del sistema sanitario, prevalgono su quelli positivi. Agli over 75, e anche agli ultra65enni, è stata imposta una sorta di quarantena. L’isolamento ha un senso se previene un contatto a rischio, e quindi dovrebbe essere anche un isolamento in entrata, cioè non si dovrebbero ricevere persone anche a casa. Alla fine sarebbe pesante da sostenere. Ciò non toglie che se una persona ha diverse patologie croniche è opportuno che si isoli, ma non che non esca di casa. Uscire, passeggiare, andare in un parco senza avere contatti sociali non espone al contagio ed è perfettamente compatibile con il mantenimento di un minimo di efficienza fisica e di stimolo psicologico che un isolamento vero tende invece a fiaccare. In fatto di precauzioni anti-contagio, valgono ovviamente quelle di carattere generale.È importante però che non ci sia esposizione al freddo, perché questo facilita qualunque malattia virale aerogena, che ci sia una buona nutrizione e che in caso di presenza di malattie croniche ogni variazione dei sintomi abituali vengano tempestivamente percepite e riferite, almeno telefonicamente, al medico curante, perché nessuno esclude che i segni tipici della malattia in un organismo già malato si presentino in modo atipico, meno facilmente percepibile. Quindi serve un po’ di enterocezione, capacità di cogliere il proprio interior, e spirito critico. Anche in presenza di misure stringenti, un auspicabile declino delle infezioni sarà comunque lento. Purtroppo temo che fino all’estate, speriamo però con numeri più piccoli, combatteremo con questo virus. Tra gli anziani, c’è chi dice: ma io ne ho passate tante, ho fatto la guerra, la spagnola, non sarà il coronavirus ad avere la meglio. E c’è chi invece si preoccupa. La reazione è molto variabile ed è fisiologico che sia così, anche in base al carattere di ciascuno. Complessivamente, però, direi che prevale la preoccupazione, perché c’è la percezione che siamo in presenza di qualcosa di inusuale e perché probabilmente il modo in cui le notizie vengono trasmesse travalica spesso i limiti della correttezza, completezza e serietà dell’informazione, generando una quota di ansia.(Raffaele Antonelli Incalzi, dichiarazioni rilasciate a Marco Biscella nell’intevista “I nostri anziani più colpiti perché sono i più deboli d’Europa”, pubblicata dal “Sussidiario” il 10 marzo 2020. Il professor Antonelli Incalzi è direttore del reparto di geriatria dell’ospedale policlinico universitario Campus Bio-Medico di Roma, nonché presidente della Società italiana di gerontologia e geriatria).Maschio, 81 anni e con tre o più patologie pre-esistenti. È questo l’identikit preferito dal coronavirus per colpire le sue vittime, che in media passano dal ricovero al decesso in 4 giorni. L’età media dei pazienti italiani deceduti e positivi al Covid-2019 è infatti di 81 anni, in maggioranza uomini (le donne sono poco meno del 27%) e in più di due terzi dei casi affetti da tre o più patologie preesistenti, soprattutto ipertensione e cardiopatia ischemica. I dati emergono dall’analisti di 105 pazienti italiani deceduti al 4 marzo, condotta dall’Istituto superiore di sanità. In particolare, il 42% dei decessi si è registrato nella fascia di età tra 80 e 89 anni, il 32% tra 70 e 79, l’8% tra 60 e 69, quasi il 3% tra 50 e 59 e il 14% sopra i 90 anni. Era una situazione prevedibile? Finché non c’è stata l’esplosione del virus a Codogno non pensavo che potesse essere di questa entità. Il virus ha un R0 di 2,2, cioè ogni persona contagia più di due persone, quindi le misure stringenti sono necessarie. Il vaccino non ha alcun significato, in questo caso, trattandosi di un ceppo di coronavirus nuovo, contro cui non esistono al momento vaccini. Che gli anziani fossero o meno vaccinati è del tutto ininfluente.
-
Carpeoro: ma siamo sicuri di sapere cosa sta succedendo?
«Entro il 2020 diventerà di prassi indossare in pubblico mascherine chirurgiche e guanti di gomma, a causa di un’epidemia di grave malattia simile alla polmonite, che attaccherà sia i polmoni sia i canali bronchiali e che sarà refrattaria ad ogni tipo di cura». Lo scriveva nel 2004 Sylvia Browne nel libro “Profezie”, sottotitolo “Cosa ci riserva il futuro”, edito in Italia nel 2006 da Mondadori. «Tale patologia – vaticinava l’autrice, statunitense – sarà particolarmente sconcertante perché, dopo aver provocato un inverno di panico assoluto, sembrerà scomparire completamente per altri dieci anni, rendendo ancora più difficile scoprire la sua causa e la sua cura». Sembra proprio lui, il coronavirus, annunciato con 16 anni di anticipo. «Righe che inducono alla riflessione», ammette Gianfranco Carpeoro: «Mi piacerebbe leggere tutto il libro, vedrò di ordinarlo». La Browne, considerata una “sensitiva”, ha scritto decine di volumi sulle sue doti “medianiche” che si sarebbero palesate fin da quando era bambina. Morta nel 2013 in California, aveva partecipato come consulente per polizia e Fbi ad oltre 100 casi di sparizioni e omicidi. Un vero mistero, secondo Carpeoro, avvolge invece l’emergenza attuale: siamo sicuri di sapere cosa sta succedendo, davvero, in Italia e nel mondo?«Siamo in una situazione in cui tutto può succedere: se avessimo politici capaci saprebbero reagire, e questa situazione la trasformerebbero in opportunità». E’ una tesi già anticipata da Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt: proprio l’emergenza è un’occasione d’oro per stracciare le regole truccate dell’austerity europea e rivendicare l’accesso ai fondi che consentirebbero all’Italia di invertire la rotta, con investimenti capaci di produrre occupazione e archiviare la crisi neoliberista. Si profila invece un disastro economico? «Dipende da come reagiamo noi: nel dopoguerra siamo stati capaci di ricostruire un paese in macerie, facendo addirittura il boom economico», afferma Carpeoro, a sua volta “rooseveltiano”, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Avvocato per trent’anni (vero nome, Pecoraro) nonché giornalista, romanziere e saggista, Carpeoro non è affatto ottimista sul sistema-Italia: «Temo che il governo firmerà la revisione del Mes», annunciata come una catastrofe finanziaria: c’è il rischio concreto che il nuovo organismo europeo imponga in cambio una “ristrutturazione” del debito, con meccanismi draconiani (una patrimoniale, o il prelievo forzoso dai conti correnti italiani).Siamo a questo? «C’è poco da illudersi: ci caliamo le brache con tutti», protesta Carpeoro, ricordando – a titolo di esempio – il caso Regeni e quello dei due marò accusati di aver ucciso un pescatore al largo delle coste indiane. «L’Egitto ci ha ammazzato un italiano e non abbiamo fatto niente. L’India cattura due concittadini innocenti, per una cosa che non hanno fatto, e noi non facciamo niente». Poi non lamentiamoci, aggiunge Carpeoro, se nessuno rispetta l’Italia e tutti ci calpestano. «Ma di che stiamo parlando? Vallo a fare agli americani, e vedi cosa ti succede. Allora vuol dire che hanno ragione loro, a comportarsi così». Vistosa, in questi giorni, la polemica verso gli Usa, sospettati di aver “infettato” la Cina con il coronavirus, finendo col danneggiare anche l’Italia. Carpeoro è scettico: «Di solito, la sovragestione è abile nello sfruttare le crisi, senza il bisogno di crearle direttamente». Il problema, comunque, è la non-reazione delle vittime. «Parliamo di cose serie, accertate: Trump ha colpito l’Italia in modo inaudito, con i dazi. E noi non abbiamo fatto niente: subiamo, senza fiatare».Cosa avremmo potuto fare? «Uscire dalla Nato, per esempio: avete presente cosa significano, per gli americani, quei 30 miliardi che versiamo loro ogni anno? Invece ci limitiamo a obbedire, come se agli americani non fosse possibile dire di no». E di questo, aggiunge Carpeoro, dobbiamo dire grazie ai politici di oggi. «Quelli di ieri, i Craxi che a Sigonella seppero farsi rispettare, li abbiamo mandati in esilio ad Hammamet». Ma da che parte può essere “scappato”, il coronavirus? Carpeoro allarga le braccia: «Si fanno tante ipotesi, ma la verità è che non lo sappiamo». La prima, vera calamità è proprio la disinformazione: silenzi, omissioni, zero trasparenza. «Immagino ci siano retroscena, ma non li conosciamo. E personalmente – aggiunge Carpeoro – non mi fido di quello che ci viene raccontato: non abbiamo modo di verificare praticamente niente, sulla reale entità della situazione che ci sta investendo».Stupisce, infatti, la gravità delle misure intraprese, dalla chiusura delle scuole al totale isolamento di intere regioni. In pratica: 12 milioni di italiani, letteralmente in quarantena. «Le cifre finora diffuse, quanto a contagiati e deceduti – insiste Carpeoro – non giustificano un allarme così grande. Nemmeno in occasione di epidemie ben più gravi, inclusa la Spagnola, si era fatto ricorso a provvedimenti così restrittivi». Colpa del governo, fatto da dilettanti allo sbaraglio? Non è detto: secondo Carpeoro, la realtà potrebbe essere persino peggiore. «Domanda: c’è forse qualcosa che ci nascondono, riguardo alla reale gravità della situazione?». Uno sguardo al resto dell’Europa (e del mondo) non è certo rassicurante: «Francia e Germania sono nella nostra stessa situazione, ma hanno palesemente taroccato i dati sui decessi per non suscitare allarme e non subire contraccolpi economici. E se l’hanno fatto francesi e tedeschi, figurarsi i coreani». Noi, in compenso, siamo riusciti a brillare una volta di più: «Vent’anni di tagli alla sanità ci hanno messo in croce, di fronte all’emergenza». Quanto a Conte e colleghi, complimenti vivissimi per la fuga di notizie sull’isolamento delle zone rosse, da cui migliaia di persone sono fuggite in massa prima che le strade venissero chiuse dai posti di blocco: «Se voleva frenare il contagio, Conte ha ottenuto il risultato opposto: diffonderlo ulteriormente, dalla Lombardia alle altre regioni».«Entro il 2020 diventerà di prassi indossare in pubblico mascherine chirurgiche e guanti di gomma, a causa di un’epidemia di grave malattia simile alla polmonite, che attaccherà sia i polmoni sia i canali bronchiali e che sarà refrattaria ad ogni tipo di cura». Lo scriveva nel 2004 Sylvia Browne nel libro “Profezie”, sottotitolo “Cosa ci riserva il futuro”, edito in Italia nel 2006 da Mondadori. «Tale patologia – vaticinava l’autrice, statunitense – sarà particolarmente sconcertante perché, dopo aver provocato un inverno di panico assoluto, sembrerà scomparire completamente per altri dieci anni, rendendo ancora più difficile scoprire la sua causa e la sua cura». Sembra proprio lui, il coronavirus, annunciato con 16 anni di anticipo. «Righe che inducono alla riflessione», ammette Gianfranco Carpeoro: «Mi piacerebbe leggere tutto il libro, vedrò di ordinarlo». La Browne, considerata una “sensitiva”, ha scritto decine di volumi sulle sue doti “medianiche” che si sarebbero palesate fin da quando era bambina. Morta nel 2013 in California, aveva partecipato come consulente per polizia e Fbi ad oltre 100 casi di sparizioni e omicidi. Un vero mistero, secondo Carpeoro, avvolge invece l’emergenza attuale: siamo sicuri di sapere cosa sta succedendo, davvero, in Italia e nel mondo?
-
E’ stata la Germania a infettare l’Europa, inguaiando l’Italia
Se qualcuno non aveva ancora capito che l’Europa unita non esiste, a spiegarglielo ora provvede il coronavirus: di fronte all’emergenza sanitaria, un peso massimo come l’Italia viene lasciato completamente solo. Da Bruxelles, nessuna indicazione su come affrontare l’epidemia in modo coordinato. Ma c’è chi fa peggio: la Germania. Sarebbero stati proprio i tedeschi a infettare il resto del continente. O almeno: è tedesco il primo caso conclamato di coronavirus in Europa, ben prima del famigerato focolaio di Lodi. Ma a Berlino si sono ben guardati dal segnalarlo: e così il virus si è diffuso, estendendosi ovunque, ma lasciando alla sola Italia il ruolo pubblico dell’untore. Lo afferma Marco Pugliese, in una ricostruzione sul “Sussidiario”: potrebbe essere stato un 33enne tedesco ad avere diffuso il coronavirus in Europa. Però Berlino ha taciuto le informazioni e l’Italia ne sta pagando il prezzo. La notizia mette in imbarazzo «sua maestà la Germania». E così, «il paese più affidabile per antonomasia, in Europa, si scopre nudo». Attenti: «Mentre in Italia si litigava riguardo a quarantene e selfie in ristoranti cinesi, in Germania si consumava il fatto che avrebbe dato origine all’epidemia di coronavirus destinata a stravolgere il Belpaese».Il “paziente zero”, un uomo di 33 anni, il 20 e il 21 gennaio aveva partecipato ad un meeting a Shanghai, insieme a una collega. «La donna, in Germania dal 19 al 22 gennaio, era asintomatica. Accusò primi malori il 26 gennaio, proprio durante il volo di ritorno in Cina, e risultò positiva al virus 2019-nCov». La donna, continua Pugliese sul “Sussidiario”, informò tempestivamente i colleghi tedeschi della sua positività. Ma nel frattempo l’uomo, reduce da una breve influenza, era già rientrato al lavoro: «Fu trovato positivo, anche se ormai asintomatico». Oltre a ciò, il 28 gennaio risultarono positivi altri tre impiegati dell’azienda. «Il caso creò scalpore, per il fatto che fossero presenti soggetti privi di sintomi». Secondo Pugliese, è proprio questo «l’episodio chiave all’origine della diffusione europea». Osserva il giornalista: «Le sequenze genetiche del coronavirus ottenute dalla ricerca italiana non sono ancora numerose, ma attestano una certezza: non è colpa degli italiani se l’infezione si è diffusa». Una mappa genetica pubblicata da “nextrstrain.org” evidenzia inoltre come lo stesso caso tedesco «potrebbe essere stato all’origine di una catena di contagi, ed essere collegato a molti casi in Europa e in Italia».Le infezioni in Messico, Finlandia, Scozia e Italia, e perfino i primi casi in Brasile, appaiono geneticamente simili al focolaio di Monaco, aggiunge il “Sussidiario”. «Uno scenario totalmente capovolto, rispetto a quello narrato nell’ultimo periodo». E qui è intervenuta la grande manipolazione: la Germania ha comunicato il tutto «con una certa furbizia, giocando con le parole». Il primo contagio è stato infatti descritto come “unicum scientifico”, abilmente veicolato come “scoperta di contagio asintomatico”. «Vero, ma eludendo si trattasse d’un focolaio». Poi, tramite il ministro della salute, Berlino «ha parlato di pandemia, ma descrivendo il tutto come “problema mondiale”». Di fatto, «una narrazione in cui la Germania “scopre” e “avverte”». Falso: «In realtà ha in casa un focolaio mal controllato (e non apertamente comunicato) e delle dichiarazioni fumogene riguardo possibili pandemie». Tutto questo, «senza esporre alla dura legge del mercato la Germania, che nel frattempo non utilizzava tamponi e classificava contagi e decessi dovuti all’influenza classica, di fatto puntando la pistola fumante verso Roma».Aggiunge lo stesso Pugliese: «Molti tedeschi in ferie, soprattutto in Italia, vennero tamponati al ritorno in Germania e trovati positivi. Dando la notizia in questo modo, l’intento era di far passare gli italiani come responsabili del contagio europeo, almeno indirettamente». E così, «l’Italia «finiva sott’acqua, con un Conte incredulo e frastornato dinanzi all’aumento dei casi, con il governo in discussione e sotto accusa. Il crollo in Borsa ha fatto il resto: «Mercati e mezzo mondo hanno iniziato a sfiduciare il paese, all’improvviso solo e considerato poco affidabile». E’ stata «una narrazione tremenda, che ha fatto crollare l’economia italiana tramite uno scossone peggiore a quello dovuto all’11 Settembre». Hanno vinto i “furbi”: «Germania (e anche Francia) hanno continuato con una politica mediatica d’omissione, che di rimbalzo ha portato l’Italia sull’orlo del baratro». Il governo tedesco? «Non ha solo cercato di contenere il morbo, ma anche il nefasto effetto economico prodotto dall’immagine di un “paese in quarantena”. Dopo la scoperta del “paziente zero”, anche l’Ecdc (European center for disease prevention and control), infatti, lascia intendere che anche altri Stati Ue siano già nello stessa situazione dell’Italia ma non lo dicano».Ora, riassume Pugliese, non interessa colpevolizzare chi s’ammala e diffonde, ma sottolineare «una pessima quanto faziosa comunicazione europea, che in aggiunta a qualche errore del nostro governo ha trasformato l’Italia nella nazione untrice per antonomasia (una situazione simile alla Cina)». L’Italia si è vista quindi caricata di un doppio fardello: «Da una parte contenere il virus con misure forti, dall’altra evitare di passare come “grande focolaio europeo”, a tutto discapito della salute e della Borsa». Uno scenario deleterio, conclude il “Sussidiario”, da cui in queste ore si sta cercando di uscire «grazie ad uno studio che di fatto scagiona il nostro paese, ma ci fa capire quanto la Ue sia in pezzi», visto che «quel che ha subito l’Italia avrebbe potuto essere evitato». Una Ue sempre più in frantumi e una Germania non proprio affidabile: «Sono le due certezze partorite da questa crisi, che è sempre più logorante». Ma perché a pagare è sempre l’Italia? «Perché è il paese più giovane di tutti», sostiene Gianfranco Carpeoro, saggista, su YouTube: «Siamo una nazione unita solo da 150 anni. Prima, gli abusi stranieri sulla penisola erano ancora peggiori». Ma l’Ue non dovrebbe impedire tutto questo? «Certo, se solo esistesse: ma una vera Unione Europea non è mai nata».Se qualcuno non aveva ancora capito che l’Europa unita non esiste, a spiegarglielo ora provvede il coronavirus: di fronte all’emergenza sanitaria, un peso massimo come l’Italia viene lasciato completamente solo. Da Bruxelles, nessuna indicazione su come affrontare l’epidemia in modo coordinato. Ma c’è chi fa peggio: la Germania. Sarebbero stati proprio i tedeschi a infettare il resto del continente. O almeno: è tedesco il primo caso conclamato di coronavirus in Europa, ben prima del famigerato focolaio di Lodi. Ma a Berlino si sono ben guardati dal segnalarlo: e così il virus si è diffuso, estendendosi ovunque, ma lasciando alla sola Italia il ruolo pubblico dell’untore. Lo afferma Marco Pugliese, in una ricostruzione sul “Sussidiario”: potrebbe essere stato un 33enne tedesco ad avere diffuso il coronavirus in Europa. Però Berlino ha taciuto le informazioni e l’Italia ne sta pagando il prezzo. La notizia mette in imbarazzo «sua maestà la Germania». E così, «il paese più affidabile per antonomasia, in Europa, si scopre nudo». Attenti: «Mentre in Italia si litigava riguardo a quarantene e selfie in ristoranti cinesi, in Germania si consumava il fatto che avrebbe dato origine all’epidemia di coronavirus destinata a stravolgere il Belpaese».
-
Montanari: non temete il virus, quello che vi dicono è falso
Non solo non sono un virologo, ma non sono neppure uno psicologo né un esperto di sociologia. Meno che mai sono uno psichiatra, e ancora meno sono un magistrato, perché è la magistratura che dovrebbe indagare su certi comportamenti. Ciò che posso dirle è che il coronavirus battezzato Sars-Cov-2 dopo aver portato per un po’ un nome provvisorio è uno dei non pochi virus fatti in laboratorio. Fatto apposta? Questo proprio non lo so e, nel caso specifico, a saperlo non sono in tanti. Ma mica ce lo vengono a raccontare. Ci sono virus che nascono senza volerlo, li classifichi tra gli incidenti, e altri che sono creati da modificazioni messe in atto per motivi di ricerca o per altri motivi su cui evito di entrare. Comunque sia nato questo virus, la cosa ha scarsa rilevanza se non dal punto di vista di investigazioni che nulla hanno a che fare con la salute. Sappiate, ma è cosa molto nota, che modificare un virus è tutto sommato semplice, ed esistono persino brevetti che proteggono certe metodiche per farlo; e per quello che c’interessa ora, proprio lavorando anche sui coronavirus.Se ne conoscono diversi ceppi, alcuni dei quali possono provocare patologie negli esseri umani, da un volgare raffreddore a polmoniti, e il nuovo virus cinese condivide tantissime caratteristiche con i suoi fratelli. Si muore? Bisogna impegnarsi parecchio. Premesso che di quel virus in particolare sappiamo poco, stante la novità della sua comparsa, non esistono dati che indichino una mortalità significativamente diversa da quella di una qualunque influenza. È indispensabile aggiungere che i pochissimi che sono morti ad oggi non sono morti di coronavirus ma “con” il coronavirus, il che è molto diverso. Si trattava di pochissimi casi di persone molto avanti negli anni e già affette da patologie gravi. Per loro sarebbe bastato un normale raffreddore, per il tracollo. Indicare come responsabile della loro morte il coronavirus ha lo stesso grado di comicità che aveva incolpare il morbillo della manciata di morti sopravvenute in pazienti terminali. Se non fosse comicità, dovremmo tirare in ballo condizioni come l’ignoranza e la truffa (che non vogliamo tirare in ballo). E allora, fermiamoci alla comicità.Una comicità piuttosto costosa: questo è uno degli aspetti curiosi su cui ho solo domande e nessuna risposta. Cominciamo dall’inizio, e sono certo di dimenticare qualche passaggio. Almeno da mesi io sto vedendo delle strane forme influenzali con polmoniti che faticano a rispondere non solo ai farmaci ma all’omeostasi, cioè alla capacità di autoguarigione che, in maggiore o minor misura, abbiamo tutti. Piano piano quei pazienti sono guariti e diventano difficilmente indagabili, anche perché non sono rintracciabili. Dunque, nessuna prova che si tratti del virus cinese. Mi chiedo come mai qualche mese fa si mise in atto una simulazione centrata su un’epidemia teorica, guarda caso da coronavirus, che avrebbe fatto 60 milioni di morti nel mondo. Poi mi chiedo come mai qualche centinaio di soldati americani siano stati ospitati proprio a Wuhan, appena prima del manifestarsi della malattia. Altra domanda: perché i passeggeri dell’aeroporto di quella città venivano irrorati con un aerosol della cui natura niente è stato detto, e questo settimane prima che venisse denunciata l’esistenza del virus? Ma è di fronte alla reazione dei governi che resto ancora più perplesso.Oggettivamente ci troviamo di fronte a ben poco: un virus, non importa il suo stato di famiglia, che ha un grado di patogenicità bassissimo e una mortalità irrilevante. Di patogeni infinitamente più diffusi e infinitamente più aggressivi ne abbiamo a iosa, e nessuno si agita. Anzi, la stragrande maggioranza di loro è perfettamente sconosciuta alla massa e nessuno ne parla né, tanto meno, se ne preoccupa. Restando all’Italia, in termini di popolazione lo 0,8% del pianeta, abbiamo 49.000 morti l’anno per infezioni contratte in ospedale: l’avete mai visto riportato a titoli cubitali? O avete mai visto ospedali chiusi, per questo? Ogni giorno più di 130 persone muoiono nella sola Italia per malattie infettive, e spesso si tratta di affezioni respiratorie, contratte nel corso di un ricovero in ospedale. Insomma, uno va a farsi togliere l’appendice ed esce con la polmonite: una malattia che, ovviamente, nulla ha a che fare con l’infiammazione dell’appendice ileo-ciecale. Questo semplicemente perché il grado d’igiene dei nostri ospedali è largamente insufficiente, e i batteri e i virus strisciano e saltellano allegramente, per usare un’informazione scientifica che ci regalò la ex ministra Lorenzin.E se a morire sono in 130 al giorno o pochi di più, pensate a quanti si ammalano e guariscono. E pensate a quanti muoiono a distanza dal ricovero, senza che la loro morte rientri nel calcolo. Di questo non si parla, e tutti vivono felici. Perché non se ne parla? Io la risposta ce l’ho, ma, essendo suddito di un regime molto attento a non correre rischi sulla propria sopravvivenza, me la tengo. Dico solo che tenere pulito un ospedale non garantisce vantaggi sulla cui natura lasciatemi sorvolare. Tornando al coronavirus: perché si sta paralizzando l’Italia? Ecco: è a questo che non trovo una risposta. Insomma, a chi giova? I numeri sono impietosi anche se si finge che chi è morto con il coronavirus sia morto a causa del coronavirus. Comunque si guardi la cosa, siamo di fronte all’irrilevanza. E allora, a chi conviene massacrare la nostra economia già comatosa? A chi conviene dare al mondo l’immagine di un paese di appestati? Proprio ieri sera mi telefonava mio figlio da Tenerife, dove abita da anni, e mi diceva che una signora incontrata per caso alla cassa del supermercato, sentendo l’accento, gli ha chiesto se fosse italiano e, ricevuta la ferale conferma, è inorridita.Del resto, è la reazione che non pochi italiani hanno verso i cinesi che incrociano per strada, come se il virus prediligesse un’etnia. Il fatto è che la percezione che rischiamo di dare è quella dei lebbrosi o degli appestati. Proteggersi contro il virus? Ognuno deve essere libero di comportarsi come crede meglio. Io posso dire che chiudere dei territori e dei luoghi di aggregazione, scuole comprese, è una cosa che non sta né in cielo né in terra. Vedere gente che fa a botte per comprare a qualunque prezzo le mascherine di carta è tristemente ridicolo, se non altro perché molte di quelle proteggono dai virus come un’inferriata protegge dalle zanzare. E pure l’amuchina… La gente è convinta che basti bagnarsi le mani con l’amuchina; di fatto, basta quello che chiamiamo commercialmente varechina, insieme con alcool etilico, per essere al riparo da virus e batteri. La gente aspetta con ansia il vaccino? Dei vaccini e della loro totale inutilità ho parlato molte volte, portando prove inoppugnabili e certificate. In questo caso è possibile che ci troviamo nelle condizioni del vaccino contro il tetano.Il tetano è una malattia decisamente rara, non trasmissibile da uomo a uomo, e che non dà immunità. Il che significa che, a differenza di quanto accade con malattie come il morbillo, la varicella, la pertosse e non poche altre, chi si è ammalato può ammalarsi di nuovo. Insomma, non si acquisisce immunità. Non è affatto improbabile che il virus cinese sia nella stessa condizione, esattamente come i tanti virus influenzali con i quali condivide affinità: uno sia ammala d’influenza e si può ammalare di nuovo all’infinito, perché la malattia non induce alcuna immunità. Quindi, come è il caso dell’influenza, quel vaccino potrebbe essere assurdo fin dalle basi teoriche. Insomma, la solita illusione a spese di chi ci casca, e un’illusione con gli effetti collaterali inevitabili per qualunque farmaco ma senza alcuna contropartita vantaggiosa. Che fare, allora? Niente. Ovvero: niente di più di quello che si fa normalmente per evitare di prendersi il raffreddore o l’influenza.Posso aggiungere che un’alimentazione razionale, senza tante delle porcherie che mangiamo e che, ancora peggio, rifiliamo ai nostri bambini, fa miracoli. Con quella non si guarisce: si previene. Tenere in ordine l’intestino, tenere equilibrato il chilo e mezzo di batteri, funghi e virus che ci abitano e che costituiscono il microbiota è fondamentale. Le riserve armate del nostro sistema immunitario, quello che ci difende dalle malattie infettive, stanno in grande maggioranza proprio lì. Poi, se l’infezione arriva, è indispensabile non cercare di eliminare la febbre. Il rialzo della temperatura ha due effetti fondamentali complementari: migliora le nostre difese e indebolisce i patogeni. Dunque, la Tachipirina? E’ solo uno dei tantissimi farmaci che contengono paracetamolo, un principio attivo che abbassa la temperatura corporea e che, quando è male utilizzato (come, purtroppo, è nella stragrande maggioranza dei casi) fa danni. Forse per togliersi di torno le mamme fastidiose che non hanno voglia di accudire i bambini con la febbre, i pediatri propinano paracetamolo a piene mani, infischiandosi del fatto che, così facendo, annientano la prima e più efficace difesa di cui disponiamo. E poi c’è l’abuso degli antibiotici, troppo spesso somministrati a casaccio.Gli antibiotici sono farmaci mirati. Il che vuol dire che ognuno di loro è efficace nei confronti di certi batteri e non di altri. Quando non si è certi di quale sia il batterio che ha provocato la malattia, si ricorre quasi di regola agli antibiotici chiamati ad ampio spettro, vale a dire farmaci che si spera arrivino dove il medico non è arrivato con la sua diagnosi. Ma peggio ancora si fa quando si somministrano antibiotici per una malattia virale. Qui c’è l’assoluta certezza che il farmaco sarà inutile. E in medicina, ciò che è inutile è invariabilmente dannoso, non esistendo nessun medicinale privo di effetti dannosi. Aggiungo che l’abuso di antibiotici ha creato ceppi batterici sempre più resistenti, con questo indebolendo fino, non di rado, ad annullare l’efficacia di quella classe di farmaci formidabili. A margine, dico che anche la chirurgia soffre di questo problema. Perché, quando il chirurgo lavora, espone il suo paziente al mondo esterno: e il corpo non è preparato a questa interferenza. Di qui l’indispensabilità di una copertura antibiotica. Ma se l’antibiotico funziona poco…Quindi non ci sono antibiotici contro il coronavirus, come non ci sono per i virus in generale, compresa la varietà di coronavirus responsabile di tanti raffreddori. Di fatto, i farmaci antivirali di cui disponiamo hanno un’efficacia modesta, e per il coronavirus non c’è niente che abbia un’efficacia provata. Le vitamine A, E, D e C sono utili nella prevenzione, così come sono utili certi alimenti. Per esempio lo zenzero, la curcuma (sempre presa con il pepe nero, altrimenti perde efficacia), l’echinacea… Poi gli alimenti fermentati come i crauti o il kefir. E ancora: le verdure, specie quelle in foglia. Insomma, se si mangia correttamente, se si fa una vita sana evitando ad esempio il fumo, si mantiene l’organismo capace di difendersi. Se vogliamo restare al coronavirus che tanto terrorizza la gente, la difesa più immediata è quella che riguarda l’efficienza dei polmoni. Di qualunque cosa s’illudano i fumatori, i loro polmoni non sono in condizioni ideali. E uno dei problemi è quello dello strato eccessivo di muco, spesso con caratteristiche non proprio sane, che ricopre i bronchi e che fa scivolare profondamente i patogeni entrati per inalazione.In aggiunta, le ciglia vibratili, specie di fruste che sono presenti sulla parete interna dei bronchi, sono paralizzate dal fumo e non sono più capaci di spingere fuori dei polmoni gli aggressori. E allora, anche il coronavirus trova una bella porta aperta. Ma la cosa vale per qualunque patogeno che passi attraverso il sistema respiratorio, comprese le particelle di cui mi occupo da decenni. Insomma, per stare bene bisogna comportarsi bene. E se la paura è utile perché ci fa essere pronti a difenderci, la paura indebolisce le difese. Dunque, è utile solo se è motivata e se è contenuta nei limiti della razionalità. Qui, invece, siamo al cospetto di una manifestazione d’isteria collettiva, indotta per motivi che ignoro da chi approfitta dell’ignoranza e della fragilità intellettuale della gente. Un consiglio? Usate la ragione e non date credito a chi vi usa come animali da reddito. Spesso l’imperatore è nudo.(Stefano Montanari, intervista rilasciata a Roberta Doricchi sul coronavirus, ripresa da Massimo Mazzucco sul blog “Luogo Comune”. Quando Montanari l’ha pubblicata sul suo sito, il medesimo è stato hackerato: il post è scomparso e il sito è andato in blocco senza motivo apparente, spiega Mazzucco. Dopo aver ottenuto lo sblocco dal provider, Montanari l’ha pubblicata di nuovo, ma il sito è stato nuovamente bloccato. Nel frattempo – aggiunge Mazzucco – l’intervista è stata ripresa da diversi siti, per cui circola comunque in rete. Laureato in farmacia con una tesi in microchimica, Montanari è autore di diversi brevetti nel campo della cardiochirurgia, della chirurgia vascolare e della pneumologia. Lo scienziato ha progettato sistemi e apparecchiature per l’elettrofisiologia, eseguendo consulenze scientifiche per varie aziende e dirigendo, tra l’altro, un progetto per la realizzazione di una valvola cardiaca biologica. Dal 1979 collabora con la moglie, Antonietta Gatti, in numerose ricerche sui biomateriali. Dal 2004 dirige il laboratorio Nanodiagnostics di Modena, in cui si svolgono ricerche e si offrono consulenze di altissimo livello sulle nanopatologie. Docente in diversi master nazionali ed internazionali, è autore di numerose pubblicazioni scientifiche. Da anni svolge un’intensa opera di divulgazione scientifica nel campo delle nanopatologie, soprattutto per quanto riguarda le fonti inquinanti da polveri ultrafini).Non solo non sono un virologo, ma non sono neppure uno psicologo né un esperto di sociologia. Meno che mai sono uno psichiatra, e ancora meno sono un magistrato, perché è la magistratura che dovrebbe indagare su certi comportamenti. Ciò che posso dirle è che il coronavirus battezzato Sars-Cov-2 dopo aver portato per un po’ un nome provvisorio è uno dei non pochi virus fatti in laboratorio. Fatto apposta? Questo proprio non lo so e, nel caso specifico, a saperlo non sono in tanti. Ma mica ce lo vengono a raccontare. Ci sono virus che nascono senza volerlo, li classifichi tra gli incidenti, e altri che sono creati da modificazioni messe in atto per motivi di ricerca o per altri motivi su cui evito di entrare. Comunque sia nato questo virus, la cosa ha scarsa rilevanza se non dal punto di vista di investigazioni che nulla hanno a che fare con la salute. Sappiate, ma è cosa molto nota, che modificare un virus è tutto sommato semplice, ed esistono persino brevetti che proteggono certe metodiche per farlo; e per quello che c’interessa ora, proprio lavorando anche sui coronavirus.
-
Usa-Cina, la guerra sporca del coronavirus. Le vittime: noi
Epidemia artificiale, virus da laboratorio appositamente coltivato: attacco alla Cina da parte degli Usa o, addirittura, mossa cinese per contagiare l’Occidente e “vaccinarsi”, in anticipo, da qualsiasi analoga minaccia occidentale? Tutte domande che Simone Galgano riassume in tre possibili scenari, per spiegare il boom del coronavirus, partito in sordina con la notizia del primo contagio a Wuhan, a fine 2019. Premessa geopolitica: gli Usa hanno messo la Cina nel mirino, accusandola di competere in modo sleale nel mercato globale (prodotti a basso costo, senza tutele per i lavoratori e per l’ambiente). Ma fu proprio l’élite del capitalismo occidentale ad affidare al Sud-Est Asiatico il ruolo di “manifattura del pianeta”, che poi i cinesi hanno interpretato alla perfezione. Il potere globalista sapeva benissimo che la delocalizzazione delle industrie avrebbe creato disoccupazione in Occidente, e che il nuovo turbo-capitalismo cinese (controllato dall’oligarchia comunista) avrebbe messo in crisi l’Europa e gli Stati Uniti, imponendo prezzi insostenibilmente bassi. Oggi la leadership Usa “si ricorda” improvvisamente che la Cina non è democratica.Per inciso: Pechino detiene una fetta rilevante del mostruoso debito estero statunitense, il maggiore del mondo (gli Usa consumano, ma il costo lo scaricano sui cinesi). Comodo, oggi, per il debitore insolvente, dichiarare guerra proprio alla Cina, il creditore: guerra ufficiale, con i dazi, e guerra segreta a colpi di virus? L’ipotetica “guerra batteriologica Usa” è il primo dei tre scenari esplorati da Galgano, sul blog “Maestro di Dietrologia”. La cronistoria è precisa. Nel 2017, proprio a Wuhan (l’avanzatissima Silicon Valley cinese) viene aggiornato un importante centro di ricerca di livello 4: oltre al personale cinese operano l’Oms, scienziati inglesi e americani. Obiettivo delle ricerche: un progetto condiviso per la salute pubblica mondiale. Il laboratorio esiste dal 2014, e nel 2015 viene brevettato un vaccino per un nuovo ceppo di coronavirus, molto più pericoloso dell’attuale, grazie anche agli ingenti fondi della Commissione Europea e della Fondazione Gates. A marzo 2019, il Canada invia un pacchetto di virus letale da studiare in caso di contagio a Wuhan. Operazione inizialmente segreta, poi desecretata dallo stesso governo cinese, preoccupato per la pericolosità della circolazione di tali agenti patogeni nel suo territorio.Il 18 ottobre del 2019, il Global Security Studies della John Hopkins University, di concerto con la Fondazione Gates, Bloomberg e il World Economic Forum, riunisce 15 leader mondiali (politici, economisti, filantropi, scienziati e militari) per simulare una pandemia partita ipoteticamente dal Brasile. Lo studio, chiamato Evento 201, riproduce virtualmente un’emergenza di 18 mesi per una pandemia globale, con 65 milioni di morti. Precisamente, l’Evento 201 simula lo scoppio di un coronavirus “zoonotico” che si trasmette da pipistrelli e maiali all’uomo, esattamente come nella spiegazione “scientifica” che ci hanno raccontato i media dopo i primi casi di contagio. Sempre a Wuhan, il 15 ottobre scorso, in occasione dell’evento Military World Games si registra una presenza massiccia di militari occidentali e funzionari del Pentagono, oltre che apparati di intelligence. «Ed è curioso – scrive Galgano – che due settimane dopo, proprio nella stessa città e dopo tutti i precedenti studi virologici e le simulazioni effettuate, sia nata la pandemia: il tempo di incubazione può variare entro un range di 15 giorni e, guarda caso, i primi casi ufficiali sono venuti fuori lo scorso inverno».Secondo la rivista “The Lancet”, il primo caso di infezione risale ipoteticamente al 1° dicembre, e la persona contagiata non si sarebbe mai recata al famoso mercato ittico di Wuhan. Il primo decesso ufficiale è invece dell’11 gennaio 2020. L’emergenza massima cade proprio durante il capodanno cinese, il 25 gennaio, con flussi migratori di centinaia di milioni di persone in viaggio dalle campagne alle città, a bordo di treni e aerei: quale migliore occasione per estendere il contagio? Negli Usa, il super-esperto Francis Boyle lo afferma candidamente, evitando di ricordare che nei laboratori militari di Wuhan non ci sono solo scienziati cinesi. «Il coronavirus è un’arma da guerra biologica creata in un laboratorio di Wuhan, e l’Organizzazione Mondiale della Sanità ne è già a conoscenza», afferma Boyle in un’intervista video rilasciata al sito “Geopolitics and Empire”. Il professor Boyle, docente di diritto all’Università dell’Illinois, nel 1989 ha redatto il Biological Weapons Act, la legge antiterrorismo per le armi biologiche. Boyle sostiene che il coronavirus, «un’arma da guerra biologica potenzialmente letale», sarebbe «fuoriuscito da un laboratorio di massima sicurezza» di Wuhan.Il governo cinese avrebbe quindi inizialmente cercato di coprire il caso, mentre ora sta adottando misure drastiche per contenere l’epidemia. E visto che il laboratorio Bsl-4 di Wuhan è anche un centro di ricerca dell’Oms, secondo Boyle la stessa organizzazione sanitaria mondiale «non poteva non sapere». Galgano ricorda gli avvertimenti del genarale Fabio Mini, già dirigente Nato: la guerra batteriologica sarà una delle più insidiose, nel futuro. In un mondo fino a ieri traumatizzato dall’Isis, creatura terroristica “fabbricata” in provetta da settori dell’intelligence occidentale, perché escludere che gli stessi poteri occulti che hanno scatenato l’Isis possano ricorrere anche ad agenti patogeni per provocare epidemie letali? «Ci sono troppi investimenti e studi in joinventure con l’apparato militare, per non solleticare certe idee e per non testare e utilizzare tali strumenti», riflette Galgano. «Perché mai gli Usa e altri paesi del blocco occidentale non dovrebbero utilizzare, come armi, eventuali virus da tempo studiati», visto che «il Pentagono, la Nato, l’Oms e tutte le Fondazioni occidentali hanno speso migliaia di miliardi di dollari e fatto ingenti investimenti ovunque in questo settore strategico?».Nella peggiore delle ipotesi, il Covid-19 potrebbe rappresentare «la prima di una lunga serie di pandemie non casuali, un primo vero test di massa per studiare gli effetti su larga scala, non più solamente relegati alle simulazioni teoriche, comprendendo il grado di sostenibilità delle popolazioni e dei diversi governi colpiti dalla “cattiva sorte”». Servirebbe a «verificare sul campo il funzionamento delle quarantene, la reazione delle persone e di eventuali isterie di massa», e in più – fatto non secondario – favorirebbe «una vaccinazione di massa sempre più accettata», oltre a provocare, nel frattempo, ingenti danni collaterali, e cioè «diverse conseguenze negative dal punto di vista finanziario, militare e geopolitico». Una “piccola pandemia” sembra tragicamente funzionale: può destabilizzare l’economia del “rivale”, «senza innescare necessariamente una guerra militare, che forse non converrebbe a nessuno». Per i suoi ipotetici ideatori sarebbe addirittura «un male minore», secondo “Maestro di Dietrologia”, «proprio ora che la Cina stava primeggiando economicamente, proprio durante il capodanno cinese, proprio nella stessa città dove la Fondazione Gates e la “sovragestione” hanno investito e operato nei laboratori di ricerca di Wuhan».Attenzione, sono solo ipotesi: «Non ci sono prove documentabili, ad oggi, che possa essere una strategia voluta». Ci sono semmai «ottimi indizi», sicuramente più numerosi di quelli che depongono a favore della pura casualità, a cui sembrano invece credere i media. Sono gli stessi media che, peraltro – lo ricordano vari medici italiani intervistati da Claudio Messora su “ByoBlu” – stanno trattando il coronavirus come fosse la peste, scatenando il panico tra la popolazione in modo criminale e irresponsabile, data anche la bassissima pericolosità del virus in Italia, che a quanto pare minaccia seriamente solo gli individui anziani e già molto malati. Ma guai a fare ipotesi complottistiche: in televsione, Diego Fusaro è stato zittito (e insultato, come se fosse pazzo) per il solo fatto di aver ipotizzato, a rigor di logica, la possibilità di includere, tra le altre, anche l’eventuale origine dolosa. Su Twitter, Paolo Barbard mette a fuoco un altro indizio preoccupante: a svelare la correlazione tra uomo e pipistrelli, nella propagazione del virus, è stata l’università californiana di Berkeley, e l’ha fatto con uno studio finanziato – con largo anticipo sull’epidemia – proprio dalla Darpa, l’agenzia del Pentagono specializzata in armi sperimentali, biologiche e batteriologiche. Interpellati i diretti interessati, Barnard registra le risposte: «Duemila righe di email firmate da Jared Adams, responsabile della comunicazione della Darpa, e silenzio assoluto invece da parte di Cara Brook, la biologa responsabile della ricerca».Tutta colpa dei soliti “amerikani”, cioè del famigerato Deep State che, dopo aver assassinato i Kennedy e Martin Luther King, avrebbe organizzato l’auto-attentato dell’11 Settembre? Non è detto, osserva “Maestro di Dietrologia”: per Simone Galgano, c’è pure la possibilità che la Cina, ormai messa in stato di assedio dalla superpotenza atlantica, possa aver esibito «la prova di forza del Drago», auto-sabotandosi per dimostrare la sua capacità di resistenza, nel caso qualcuno pensasse davvero di sterminare i cinesi, altrimenti inarrestabili. Galgano la definisce un’eventualità non troppo remota: «La Cina mostrerebbe i muscoli, mettendo in campo una copertura sanitaria su larga scala difficilmente replicabile in altri paesi». Un paese che si presenta «più forte e unito che mai, dinnanzi a sciagure di qualsiasi natura». In pratica: «Sacrificando solo sul breve termine la sua economia», Pechino colpirebbe il business occidentale «puntando su un’economia autarchica, nazionalista, in netto contrasto con la globalizzazione vigente». Un avvertimento alla comunità internazionale: la Cina si salverebbe comunque, mentre a sprofondare saremmo noi. Beninteso: a partire dall’Africa, è in corso una guerra segreta, anche per il controllo delle materie prime.Da parte sua, Pechino non tollera il dissenso e non esita a schiacciare la protesta di Hong Kong. Sarebbe capace di attuare una simile strategia della tensione, tra lacrimogeni e virus, per cristallizzare il potere centrale? In questo – ed è il terzo scenario contemplato da Galgano – è impossibile non tenere conto delle Ur-Lodges, le potenti superlogge internazionali di cui parla Gioele Magaldi nel saggio “Massoni”, pubblicato da Chiarelettere nel 2014: si tratta di «un network di poteri transnazionali, composto da multinazionali di ogni settore strategico “senza patria”, da eserciti senza appartenenza nazionale, da poteri massonici, “magici” ed economici globalisti, che lavorano al di sopra delle entità statuali». Anche la Cina è coinvolta nelle sovragestioni supermassoniche. Reti elusive, che non agiscono per schemi rigidi: «Sono infinitamente più elastiche, non ideologiche. Mutano forma come camaleonti e la loro trasversalità determina la loro forza». In questa piramide di poteri, «ogni livello mette in atto le proprie strategie per soddisfare i suoi bisogni, e le due possibilità descritte precedentemente (una guerra batteriologica Usa e una prova di forza della Cina) possono in questo mondo essere valide entrambe e convivere come opzioni, senza contraddizioni sostanziali».Manipolazioni a catena: «Noi ingenuamente pensiamo che il potere si realizzi e finisca all’interno di Stati sovrani, ma quello è solo un nostro limite culturale e uno dei motivi per i quali viviamo ai piedi dell’oracolo», scrive Galgano. Questa, aggiunge, è «una sovragestione che necessita di abbeverarsi al capitalismo occidentale e di implementare nuove visioni orwelliane distopiche e dispotiche, che si nutre della medicalizzazione di massa e delle tecnologie pervasive di controllo strutturale, per governare i tempi della modernità dall’alto dei cieli, ad libitum». Dacci oggi il nostro virus quotidiano: «Perché dare limiti al potere quando, per definizione, esso non ha forma?». Lo stesso Magaldi ricorda che, nel 1981, le superlogge – soprattutto reazionarie, ma anche progressiste – firmarono lo storico patto “United Freemasons for Globalization”. Alla Cina di Deng Xiaoping – segretamente affiliato al club delle Ur-Lodges neoaristocratiche – fu permesso di entrare nel Wto, senza pretendere che il colosso asiatico si democratizzasse. Oggi, l’ala progressista della supermassoneria sovranazionale contesta questa scelta e pretende che Pechino cambi passo, aprendo alla democrazia. Simmetricamente, il fronte reazionario (rappresentato, al di là delle etichette, da politici “dem” come i Clinton) si intendeva benissimo, fino a ieri, con l’oligarchia cinese.Un equilibrio infranto ora dal protezionismo di Trump, che negli ultimissimi anni ha coagulato attorno a sé l’intera classe dirigente degli Usa, divenuta ostile alla Cina, come conferma un osservatore del calibro di Edward Luttwak. E’ la stessa Nancy Pelosi, boss del partito democratico e acerrima rivale di Trump, a sparare a man salva su Huawei, anche incorrendo in una gaffe clamorosa come quella segnalata da Massimo Mazzucco a “Contro Tv”, in collegamento con Giulietto Chiesa: la Pelosi ha ammesso di temere la tecnologia 5G made in China, proprio perché sa che il digitale (quando è di marca Usa) serve a controllare direttamente gli utenti, attraverso un poderoso spionaggio di massa. «C’è un grande conflitto in atto da diversi anni tra Usa e Cina, e uno dei tanti motivi oggi è rappresentato dal colosso Huawei per il controllo dell’etere globale», ribadisce Galgano. La conferenza sulla sicurezza di Monaco – aggiunge – è diventata l’arena di un nuovo scontro fra gli Usa di Trump e la Cina, che in questa occasione si è difesa sfoderando l’orgoglio socialista, all’insegna dello slogan “non ci fermerà nessuno”.Cuore del confronto, il veto americano su Huawei: «Un cavallo di Troia dei servizi cinesi», secondo il segretario di Stato americano Mike Pompeo, l’uomo che ha brindato all’uccisione in Iraq del leader iraniano Qasem Soleimani, alleato della Cina, assassinato dagli Usa in modo terroristico, con un missile. L’impero non scherza, se vede minacciati i suoi privilegi feudali: consentire a Huawei di installare la rete 5G in Europa «potrebbe arrivare a mettere a rischio la Nato», secondo il ministro della difesa Usa, Mark Esper. Il ministro degli esteri cinese Wang Yi replica senza mezzi termini: «Le accuse sulla Cina sono bugie. Negli Usa non si accetta l’idea del successo in uno Stato socialista, ma questo è ingiusto, i cinesi meritano una vita migliore». Aggiunge: «Nessuno potrà fermarci, la Cina uscirà più forte di prima dall’emergenza del coronavirus», che quindi – secondo Pechino – non comprometterà la crescita del gigante asiatico. «Non vogliamo conflitti con la Cina», dichiara Pompeo, che però avverte: Pechino deve smettere di esercitare pressioni «palesi e nascoste» su nazioni come Italia, Corea del Sud e Iran. «Tutti paesi – chiosa Galgano – curiosamentre tra i più colpiti da questo virus».Epidemia artificiale, virus da laboratorio appositamente coltivato: attacco alla Cina da parte degli Usa o, addirittura, mossa cinese per contagiare l’Occidente e “vaccinarsi”, in anticipo, da qualsiasi analoga minaccia occidentale? Tutte domande che Simone Galgano riassume in tre possibili scenari, per spiegare il boom del coronavirus, partito in sordina con la notizia del primo contagio a Wuhan, a fine 2019. Premessa geopolitica: gli Usa hanno messo la Cina nel mirino, accusandola di competere in modo sleale nel mercato globale (prodotti a basso costo, senza tutele per i lavoratori e per l’ambiente). Ma fu proprio l’élite del capitalismo occidentale ad affidare al Sud-Est Asiatico il ruolo di “manifattura del pianeta”, che poi i cinesi hanno interpretato alla perfezione. Il potere globalista sapeva benissimo che la delocalizzazione delle industrie avrebbe creato disoccupazione in Occidente, e che il nuovo turbo-capitalismo cinese (controllato dall’oligarchia comunista) avrebbe messo in crisi l’Europa e gli Stati Uniti, imponendo prezzi insostenibilmente bassi. Oggi la leadership Usa “si ricorda” improvvisamente che la Cina, non è democratica.