Archivio del Tag ‘influenza’
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Scie chimiche, la Nasa: è vero, irroriamo i cieli con il litio
Scie chimiche: per anni il governo statunitense ha etichettato come complottisti coloro che manifestavano preoccupazione per le sostanze spruzzate nei cieli? Peccato che la Nasa «ha appena ammesso che i “complottisti” avevano ragione al 100%», scrive “Natural News” citando il “Waking Times”: la fonte si riferisce a Douglas Rowland, uno scienziato dell’ente aerospaziale americano che ha chiarito che l’agenzia sta addizionando con litio i gas di scarico dispersi nell’atmosfera. Non solo: il rilascio di litio è in corso sin dagli anni ‘70, dice Rowland in una telefonata registrata. Benché secondo il ricercatore il litio non sia dannoso per l’ambiente né pericoloso per l’uomo, annota “Natural News”, «questa sostanza è stata usata per decenni come farmaco psichiatrico: funziona alterando i livelli di serotonina e di norepinefrina che sono secreti dal sistema endocrino umano». Il litio quindi «altera fortemente gli schemi cerebrali». E i medici che lo prescrivono a pazienti psichiatrici «non capiscono come funzioni, o quali siano i dosaggi ottimali». E quindi, «come si può pensare che spruzzare grandi quantità di questa sostanza in modo indiscriminato nell’atmosfera possa essere una cosa positiva?».Tutto viene fatto in nome della scienza, scrive “Natural News” in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”. Sul suo sito web ufficiale, la Nasa dichiara di effettuare il rilascio del litio per studiare il movimento del vento nell’alta atmosfera, al fine di analizzare i dati sul gas caricato o ionizzato (chiamato “plasma”) e sul “gas neutrale” attraverso il quale transita.L’agenzia afferma che le variazioni contano, poiché tutti i Gps e i satelliti per le telecomunicazioni inviano i propri segnali attraverso la ionosfera, e «una ionosfera disturbata si traduce in segnali disturbati»; per questo è necessario sapere cosa fa agire la ionosfera in determinati modi. «Oltre al litio psicotropo – continua “Natural News” – altri hanno provato la somministrazione di vaccini via aerosol», ovvero «l’irrorazione di vaccini per via aerea sulle popolazioni a loro insaputa». Diverse migliaia di persone sarebbero state «vaccinate tramite aerosol “per molti anni” in Russia con “ceppi vivi attenuati contro molte malattie”». Inoltre, «sono state condotte vaste sperimentazioni sul campo in Sudamerica usando il vaccino vivo attenuato del morbillo, definite molto positive. Buoni risultati sono stati riportati anche utilizzando un aerosol per vaccinare contro l’influenza A».«L’introduzione del vaccino per via aerea, che ripercorre meglio la via naturale di molte infezioni, potrebbe portare allo sviluppo dell’immunità al portale d’ingresso, e potrebbe anche indurre una difesa più generalizzata», sostengono i ricercatori. Recenti studi avrebbero inoltre rilevato che il metodo ottimale di vaccinazione sarebbe quello effettuato per aerosol attraverso il naso, sistema «che è considerato migliore per le popolazioni pediatrica e geriatrica». E il litio riasciato dagli aerei? «Non è un farmaco che dovrebbe essere spruzzato nell’atmosfera perché, ribadiamo, medici e scienziati non sanno realmente quali dosi siano efficaci e quali siano eccessive», scrive “Natural News”. Lo stesso Rowland, nella sua conversazione registrata, ha promesso di rispondere alle domande specifiche che dovesse ricevere via email. Ha anche detto che l’agenzia spaziale accoglie con favore queste richieste provenienti da cittadini comuni, visto che informare la gente è una delle missioni fondamentali della Nasa. «Se questo è vero, allora perché gli altri funzionari governativi che lavorano presso agenzie-chiave hanno obbligo di silenzio sulle discussioni riguardanti le scie chimiche?».Se non siete ancora pronti per credere che il governo americano sia capace di spargere litio attraverso le scie chimiche, conclude “Natural News”, basta prendere in esame un documento pubblico, classificato “Codice 840 Rmmo”, prodotto dal “Range and Mission Management Office” della base di Wallops. Un documento che «dovrebbe mettere a tacere ogni vostro dubbio», perché «definisce espressamente, in una dichiarazione di missione del 2013, che lo “scopo” del lancio è “testare i metodi di caricamento dei fusti di litio” da trasportare in missioni successive”». Si parla di “rapporto positivo dalla piattaforma ottica aerea delle immagini video e delle nuvole di litio visibili anche tramite osservazione da terra”. Tutto chiaro? «Il governo degli Stati Uniti ha trattato gli americani come cavie nel passato; sarebbe semplicemente ingenuo pensare che questa prassi sia stata interrotta».Scie chimiche: per anni il governo statunitense ha etichettato come complottisti coloro che manifestavano preoccupazione per le sostanze spruzzate nei cieli? Peccato che la Nasa «ha appena ammesso che i “complottisti” avevano ragione al 100%», scrive “Natural News” citando il “Waking Times”: la fonte si riferisce a Douglas Rowland, uno scienziato dell’ente aerospaziale americano che ha chiarito che l’agenzia sta addizionando con litio i gas di scarico dispersi nell’atmosfera. Non solo: il rilascio di litio è in corso sin dagli anni ‘70, dice Rowland in una telefonata registrata. Benché secondo il ricercatore il litio non sia dannoso per l’ambiente né pericoloso per l’uomo, annota “Natural News”, «questa sostanza è stata usata per decenni come farmaco psichiatrico: funziona alterando i livelli di serotonina e di norepinefrina che sono secreti dal sistema endocrino umano». Il litio quindi «altera fortemente gli schemi cerebrali». E i medici che lo prescrivono a pazienti psichiatrici «non capiscono come funzioni, o quali siano i dosaggi ottimali». E quindi, «come si può pensare che spruzzare grandi quantità di questa sostanza in modo indiscriminato nell’atmosfera possa essere una cosa positiva?».
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Daily Mail: troppe medicine inutili e letali, migliaia i morti
L’ex medico personale della Regina ha chiesto che si faccia con urgenza un’inchiesta pubblica sulle “oscure” pratiche delle aziende farmaceutiche. Sir Richard Thompson, ex presidente del Royal College of Physicians, nonché medico personale della Regina per 21 anni, ha avvertito che molti farmaci potrebbero essere meno efficaci di quanto si pensi. Thompson è membro di un gruppo di sei noti medici che oggi hanno messo in guardia sull’influenza che le case farmaceutiche hanno nella prescrizione dei medicinali. Gli esperti, guidati dal cardiologo Aseem Malhotra, del sistema sanitario nazionale, sostengono che troppo spesso ai pazienti vengono date medicine inutili – e talvolta dannose – di cui possono fare a meno. Affermano che le case farmaceutiche sviluppano medicinali da cui trarre profitto più che medicinali che abbiano effettivamente il maggiore beneficio per i pazienti. I sei medici accusano inoltre il sistema sanitario nazionale per la sua incapacità di opporsi ai giganti dell’industria farmaceutica.«È venuto il tempo di fare un’inchiesta pubblica che sia ampia e trasparente sul modo in cui viene rilevata la reale efficacia dei medicinali», ha detto Thompson. «C’è il concreto pericolo che alcuni trattamenti farmaceutici siano molto meno efficaci di quanto si pensasse finora». Il medico ha aggiunto che questa campagna mette in luce «la base debole, e talvolta oscura, del modo in cui si valuta l’efficacia e l’uso dei medicinali, specialmente nel caso degli anziani». Scrivendo al “MailOnLine”, il dottor Malhotra ha detto che il conflitto d’interessi commerciale sta contribuendo a «un’epidemia di medici e pazienti disinformati e fuorviati, nel Regno Unito e non solo». Ha aggiunto anche che il sistema sanitario nazionale nel suo complesso sta somministrando un’eccessiva quantità di farmaci ai suoi pazienti, e che gli effetti collaterali dell’eccesso di medicine stiano causando una quantità innumerevole di morti.Malhotra sostiene inoltre che studi empirici sulle statine – farmaci contro il colesterolo somministrati a milioni di persone – non sono mai stati pubblicati, e che simili dubbi sorgono anche sul Tamiflu, un farmaco che è costato al sistema sanitario nazionale quasi 500 milioni di sterline. Il gruppo dei sei medici ha chiesto di essere convocato presso la Commissione parlamentare per l’audizione pubblica al fine di svolgere un’inchiesta indipendente sulla sicurezza delle medicine. Affermano che i finanziamenti pubblici vengono spesso forniti alla ricerca medica sulla base del fatto che questa potrà essere redditizia, non sul fatto che sarà utile ai pazienti. «Non c’è dubbio che alla base dell’assistenza sanitaria ci sia una cultura del tipo ‘più medicine è meglio’, il che è esacerbato dagli incentivi finanziari all’interno del sistema stesso, che portano a prescrivere sempre più farmaci e a mettere in atto sempre più procedure mediche», afferma il dottor Malhotra. «Ma c’è anche un altro inquietante ostacolo alla crescita di consapevolezza su – e dunque alla risoluzione di – questi problemi, ed è qualcosa di cui tutti dovremmo essere preoccupati. Si tratta dell’informazione che viene fornita ai medici e ai pazienti al fine di guidare le decisioni sul trattamento».Malhotra ha accusato le aziende farmaceutiche di «ingannare il sistema» spendendo in pubblicità e marketing il doppio di quanto spendano in ricerca medica. Ha dichiarato inoltre che la prescrizione di farmaci fa spesso più male che bene, e i rischi maggiori li sopportano gli anziani. Un ricovero ospedaliero su tre negli over-75 è dovuto alla reazione avversa a un farmaco, ha detto. Oltre che da Richard Thompson, il dottor Malhotra è sostenuto anche dal professor John Ashton, presidente della Facoltà di Scienze della Salute, dallo psichiatra J.S. Bamrah, presidente della British Association of Psysicians of Indian Origin, dal cardiologo Rita Redberg, editore della rivista medica “Jama Internal Medicine”, e infine dal professor James McCormack, scienziato farmaceutico. Il dottor Malhotra, che ha lanciato la campagna a titolo personale, è capo del think-tank per la salute del King’s Fund, membro dell’Academy of Medical Royal Colleges, e consigliere del Forum Nazionale sull’Obesità. Le sue critiche si rivolgono in particolare alla recente drammatica crescita delle prescrizioni di statine. Nice – l’ente del sistema sanitario nazionale deputato al razionamento dei farmaci – nel 2014 ha deciso di abbassare la soglia per la prescrizione di statine in modo da incoraggiare i medici a prescriverle a più persone.È poi emerso che sei dei dodici membri della commissione ricevevano finanziamenti da case farmaceutiche – in parte tramite pagamenti diretti in cambio di “consulenze” o seminari, e in parte tramite fondi di ricerca. Il dottor Malhotra sostiene che uno studio completo e definitivo sull’efficacia delle statine e sui loro effetti collaterali non è mai stato pubblicato. Lo stesso dice dell’efficacia del Tamiflu, un farmaco contro l’influenza per il quale il sistema sanitario ha già pagato 473 milioni di sterline. Un resoconto del 2014 di un gruppo di noti ricercatori ha concluso che il Tamiflu non risultava maggiormente efficace del comune paracetamolo [anche noto come Tachipirina, NdT].Il dottor Malhotra cita anche un’indagine della rivista medica “Bmj”, che all’inizio del mese ha suggerito che Rivaroxaban, importante farmaco anticoagulante, non è così sicuro e privo di rischi come gli studi pubblicati suggerivano, per quanto le autorità difendano l’uso del farmaco. Scrive: «Per amore della nostra futura salute e della sostenibilità del sistema sanitario nazionale, è tempo che si metta in campo una vera azione collettiva contro l’eccesso di medicine, iniziando dalla Commissione parlamentare per l’audizione pubblica, affinché lanci un’inchiesta indipendente sull’efficacia e la sicurezza dei farmaci». Aggiunge il professor Ashton: «La salute pubblica dipende da un’ampia e accurata base di evidenza empirica che tenga conto anche della convenienza, al fine di garantire che vengano prese decisioni in base alla migliore ricerca disponibile, decisioni finalizzate a migliorare e proteggere la salute delle persone, nonché a stabilire nel modo migliore quale sia la priorità della cura per ciascun paziente».(Anna Hodgekiss e Ben Spencer, articolo apparso sul “Daily Mail” del 23 febbraio 2016, tradotto e ripreso da “Luogo Comune”: “Big Pharma sta uccidendo decide di migliaia di persone nel mondo”).L’ex medico personale della Regina ha chiesto che si faccia con urgenza un’inchiesta pubblica sulle “oscure” pratiche delle aziende farmaceutiche. Sir Richard Thompson, ex presidente del Royal College of Physicians, nonché medico personale della Regina per 21 anni, ha avvertito che molti farmaci potrebbero essere meno efficaci di quanto si pensi. Thompson è membro di un gruppo di sei noti medici che oggi hanno messo in guardia sull’influenza che le case farmaceutiche hanno nella prescrizione dei medicinali. Gli esperti, guidati dal cardiologo Aseem Malhotra, del sistema sanitario nazionale, sostengono che troppo spesso ai pazienti vengono date medicine inutili – e talvolta dannose – di cui possono fare a meno. Affermano che le case farmaceutiche sviluppano medicinali da cui trarre profitto più che medicinali che abbiano effettivamente il maggiore beneficio per i pazienti. I sei medici accusano inoltre il sistema sanitario nazionale per la sua incapacità di opporsi ai giganti dell’industria farmaceutica.
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Ebola e bioterrorismo, chi tocca muore: strage di scienziati
«Il pericolo, nella ricerca della verità, è che qualche volta la si trova» (William Faulkner). Nel periodo compreso tra il 12 novembre 2001 e l’11 febbraio 2002, ben sette microbiologi scoprono a proprie spese che fare il loro mestiere è più pericoloso che correre in Formula Uno, fare bungee-jumping tutti i week-end e coltivare l’hobby del sesso non protetto. Anche altri microbiologi faranno in seguito una brutta fine. Non tutti i microbiologi sono tuttavia egualmente a rischio; i microbiologi specializzati in sequenziamento del Dna sarebbero i più suscettibili di morire in circostanze “strane ed inconsuete”. Precisiamo che il sequenziamento del Dna è una delle tecniche necessarie dell’emergente campo di applicazione delle armi biologiche di distruzione di massa, soprattutto per ciò che riguarda la creazione di nuovi virus e batteri. Tuttavia, il mestiere di microbiologo era diventato a rischio già qualche tempo prima. Curiosamente, proprio all’indomani dell’11 Settembre o giù di lì.Il 4 ottobre 2001, infatti, un aereo commerciale in volo tra Israele e Novosibirsk fu abbattuto “per errore” sopra il Mar Nero da un missile terra-aria ucraino fuori rotta di 100 chilometri rispetto a presunte esercitazioni in atto. Inizialmente si diffuse la voce che si trattasse di un volo charter, invece si trattava di un regolare volo di linea, il volo “Air Sibir 1812”. Novosibirsk è nota come la capitale scientifica della Siberia, ed è riconosciuta come sede di importanti ricerche microbiologiche. Si ritiene che sull’aereo precipitato si trovassero almeno cinque microbiologi israeliani. Il 12 novembre 2001, Benito Que, 52 anni, esperto in malattie infettive e biologo cellulare, venne trovato in coma per strada vicino al laboratorio della Università Medica di Miami, dove lavorava. Il “Miami Herald” scrisse che sarebbe stato assalito da quattro persone armate di mazze da baseball, ma la versione ufficiale fu che era stato colto da malore. Morì il 6 dicembre. Era esperto di sequenziamento del Dna. Aveva lavorato con Don C. Wiley e con David Kelly, altri due microbiologi morti “suicidi”.Quattro giorni dopo, il 16 novembre 2001, Don C. Wiley, 57 anni, uno dei più eminenti esperti americani del settore, scomparve. La sua auto a noleggio fu trovata abbandonata sull’Hernando de Soto Bridge vicino a Memphis, Tenn, col serbatoio pieno e le chiavi nel cruscotto. Wiley era appena uscito da una cena ed era in procinto di partire per una vacanza con la famiglia. Il suo corpo fu trovato il 20 dicembre nel Mississipi, a 500 chilometri di distanza. La tesi ufficiale fu che, forse a causa di una vertigine, fosse caduto nel fiume dal ponte. Wiley era un esperto su come il sistema immunitario risponda ad attacchi virali come l’Hiv, l’Ebola e l’influenza. Aveva vinto un importante premio per il suo lavoro nel campo dei vaccini anti-virali. Si occupava di sequenziamento del Dna. Aveva lavorato con David Kelly.Il 23 novembre 2001, Vladimir Pasechnik, 64 anni, biologo specializzato in passatempi simpatici come la vaporizzazione di peste bubbonica, fu trovato morto a Wiltshire, Inghilterra, non lontano da casa. Pasechnik era stato responsabile per lo sviluppo di armi biologiche in Unione Sovietica ed era passato al blocco occidentale nei primi anni Novanta. Il giorno dopo, 24 novembre, un aereo della Crossair precipitò in Svizzera. Tra i passeggeri vi erano tre eminenti israeliani: Yaakov Matzner, 54 anni, preside di medicina della Università Ebraica, Amiramp Eldor, 59 anni, capo del dipartimento di ematologia dell’ospedale Ichilov di Tel Aviv, e Avishai Berkman, 50 anni, direttore del dipartimento di salute pubblica di Tel Aviv. Il 10 dicembre, Robert Schwartz, 57 anni, fu trovato assassinato nella sua casa di campagna nella contea di Loudoun, in Virginia. Si occupava di sequenziamento del Dna e organismi patogeni.L’11 dicembre, Set Van Nguyen, 44 anni, fu trovato morto all’ingresso di una camera refrigerata nel laboratorio dove lavorava, a Geelong nello Stato di Victoria, in Australia. Van Nguyen era entrato nella camera refrigerata senza accorgersi che era satura di un gas velenoso, che lo aveva ucciso rapidamente. Nello stesso centro di ricerca, cinque anni prima era stato isolato un virus della famiglia delle Paramyxoviridae, lo stesso ceppo al quale appartiene il virus della Sars. Tale virus era stato identificato come trasmissibile agli esseri umani. Il 9 febbraio 2002, Victor Korshunov, 56 anni, direttore della subfacoltà di microbiologia alla Università statale medica di Mosca, fu trovato morto in una strada. Altri due scienziati russi, Ivan Glebov ed Alexi Brushlinski, erano stati uccisi nelle settimane precedenti.L’11 febbraio 2002, Ian Langford, 40 anni, fu trovato morto nella sua residenza a Norwich, Inghilterra. Il 27 febbraio, Tanya Holzmayer, 46 anni, scienziata russa emigrata negli Stati Uniti, fu uccisa a colpi di pistola da un altro microbiologo, Guyang Huang, il quale poco dopo fu trovato morto in un parco con la pistola vicino alla propria mano. La Holzmayer si occupava di genoma umano. David Wynn-Williams, 55 anni, astrobiologo impegnato nella ricerca sulla possibile esistenza di microbi extraterrestri, il 24 marzo morì investito da un’auto mentre faceva jogging. Il giorno dopo, Steven Mostow, 63 anni, noto come “dottor influenza” per la sua esperienza nel trattamento dell’influenza, morì schiantandosi col suo Cessna in fase di atterraggio, apparentemente per il distacco di uno dei motori. Mostow era anche un noto esperto in bioterrorismo.Il 24 giugno 2003 morì in Africa il dottor Leland Rickman, 47 anni, apparentemente per un malore. Era un esperto di malattie infettive, nonché consulente in materia di bioterrorismo. Da ultimo (ma siamo sicuri?), il 17 luglio, David Kelly, 59 anni, esperto microbiologo nonché consulente in armi biologiche di distruzione di massa per il governo britannico, fu trovato morto in un bosco. L’inchiesta terminò con una dichiarazione di suicidio, ma ogni evidenza suggerisce che si sia invece trattato di un omicidio. Mesi dopo, emersero testimonianze sul fatto che Kelly sarebbe stato in procinto di scrivere un libro sui programmi di guerra biologica delle grandi nazioni. C’è chi aggiunge alla lista anche Jeffrey Paris, 49 anni, trovato spiaccicato a fianco di un parcheggio automobilistico il 6 novembre 2001, e Christopher Legallo, 33 anni, analista di problemi del terrorismo, schiantatosi in aereo il 30 settembre 2002. Su quest’aereo avrebbe dovuto trovarsi anche sua moglie, Laura Koepfler, analista nel campo delle armi di distruzione di massa, ma aveva cambiato programma all’ultimo momento. Qui mi fermo, ma gli strambi decessi di microbiologi sarebbero proseguiti in seguito.Secondo Maurizio Blondet, nel giugno 2004 la somma dei microbiologi morti in circostanze anomale sarebbe giunta a ventiquattro. Per sapere se la morte di tutti questi microbiologi è solo un’anomalia statistica degna di nota, bisognerebbe conoscere la quantità esatta di microbiologi che ci sono al mondo e calcolare se il tasso percentuale di decessi bizzarri è superiore alla norma. Non ho questo dato, né tutto sommato mi interessa. Certe volte, il dubbio è di gran lunga preferibile alla certezza. Preferisco sbagliarmi senza esserne sicuro piuttosto che essere sicuro di non sbagliarmi. Per la seconda edizione del libro (“Il mito dell’11 Settembre, l’opzione del dottor Stranamore”), nel 2007 aggiungiamo per scrupolo che la Sfiga dei Microbiologi prosegue imperterrita. I 15 microbiologi sono nel frattempo cresciuti sino a varie decine. Elencarli tutti non avrebbe alcun senso, ne riportiamo solo alcuni a mo’ di esempio.John Clark, un microbiologo i cui studi avevano aperto la strada alla clonazione della famosa pecora Dolly, si impicca il 12 agosto 2004. Leonid Strachunsky, specialista nella creazione di microbi resistenti alle armi biologiche, ucciso l’8 giugno 2005 da una bottiglia di champagne che anziché dargli alla testa gli ha dato sulla testa. Un bel colpo secco. David Banks, esperto in prevenzione di epidemie e quarantene, muore l’8 maggio 2005 a bordo del solito aereo che casca. Matthew Allison, biologo molecolare, il 13 ottobre 2004 entra nella sua auto parcheggiata che esplode come succede solo nei film. E terminiamo i nostri esempi con Antonina Presnyakova, scienziata che si occupava direttamente di armi biologiche e che il 25 maggio 2004 crede anch’essa di trovarsi in un film e quindi si punge per sbaglio con un ago infetto di Ebola, che ovviamente la uccide. Se non ne avete abbastanza, su Internet la lista continua.Non è la prima volta che scienziati di un settore specifico muoiono in rapida successione temporale in condizioni misteriose. Era accaduto pochi anni prima in Inghilterra ad almeno sei scienziati della Marconi (c’è chi dice che furono parecchi di più), a quel tempo colosso industriale, oggi sull’orlo del fallimento. Tuttavia, siamo appena usciti dal cinema dove abbiamo rivisto “America under Attack”, in versione Director’s Cut, e già ci troviamo alle prese con un nuovo film che si preannuncia così tosto da farci completamente dimenticare quello che abbiamo appena visto. Forse arriveremo addirittura a rimpiangere “America under Attack” e con esso i bei tempi in cui la partecipazione di tutti gli spettatori alla realizzazione di un colossal mediatico non era ancora un dovere sociale. O un destino inevitabile. Con “Sars Attack II” oppure “Sars Attack III”, la musica potrebbe infatti essere completamente diversa.(Roberto Quaglia, “Il caso dei microbiologi scomparsi”, da “Mondialisation” del 3 novembre 2014, ripreso da “Come Don Chisciotte”).«Il pericolo, nella ricerca della verità, è che qualche volta la si trova» (William Faulkner). Nel periodo compreso tra il 12 novembre 2001 e l’11 febbraio 2002, ben sette microbiologi scoprono a proprie spese che fare il loro mestiere è più pericoloso che correre in Formula Uno, fare bungee-jumping tutti i week-end e coltivare l’hobby del sesso non protetto. Anche altri microbiologi faranno in seguito una brutta fine. Non tutti i microbiologi sono tuttavia egualmente a rischio; i microbiologi specializzati in sequenziamento del Dna sarebbero i più suscettibili di morire in circostanze “strane ed inconsuete”. Precisiamo che il sequenziamento del Dna è una delle tecniche necessarie dell’emergente campo di applicazione delle armi biologiche di distruzione di massa, soprattutto per ciò che riguarda la creazione di nuovi virus e batteri. Tuttavia, il mestiere di microbiologo era diventato a rischio già qualche tempo prima. Curiosamente, proprio all’indomani dell’11 Settembre o giù di lì.
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L’Ebola? E’ un super-virus nato nei laboratori americani
Sarà solo un tragico caso, ma l’esplosione dell’epidemia di Ebola coincide con una serie di ricerche militari. Ricerche in atto negli Usa, in Canada e in Russia, dirette a potenziare il virus per studiare il modo migliore per combatterlo. Dettagli tecnici? Top secret. Ma, nei laboratori, Ebola è stato quasi certamente reso trasmissibile per via aerea e più resistente alle cure, in modo da mettere a punto i farmaci più idonei a contrastarne gli effetti. E il terribile sospetto, scrive Marco Mostallino su “Lettera 43”, è che la sua recente, devastante diffusione sia in qualche modo dovuta a una falla nei sistemi di sicurezza di quei laboratori ad alto rischio. Un terribile sospetto: il virus, negli ultimi mesi, ha infettato in Africa occidentale circa 8.000 persone, provocando il decesso di oltre 3.800 pazienti, con un tasso di mortalità che supera il 46% dei malati. «Il sospetto che siamo alle prese con un super-Ebola, creato dai ricercatori e molto più potente dell’originale, è suffragato dal confronto con il totale di circa 2.500 persone uccise dal virus fino all’anno scorso dal 1976, anno della sua scoperta». Ci sono tre precedenti: nel 1976 in Inghilterra e nel 2004 negli Usa (con due ricercatori contagiati e poi guariti) e, sempre nel 2004, in Russia, quando uno scienziato perse la vita dopo essere stato infettato.Da tempo gli Stati Uniti hanno in corso studi, coordinati dalla difesa e diretti a esplorare tutte le possibilità evolutive della malattia, per anticiparle attraverso la coltura di un super-virus: la prova, scrive Mostallino, si trova in un documento del ministero della salute americano, redatto e diffuso dall’ufficio incaricato di affrontare le emergenze sanitarie. «Si tratta di un protocollo di sicurezza dall’applicazione obbligatoria per tutte quelle istituzioni sanitarie (pubbliche e private) impegnate nella cosiddetta “dual research”, ovvero la ricerca definita “a doppio taglio” perché, spiega il Dipartimento della Salute Usa, può generare risultati “benefici o estremamente dannosi”, secondo l’utilizzo che se ne fa e la maniera di maneggiare le fonti di un possibile contagio». La ragione di queste «prassi da apprendisti stregoni», e di tutte le misure di sicurezza che le accompagnano, secondo “Lettera 43” risiede nel timore degli Stati Uniti di subire attacchi batteriologici a opera di gruppi terroristici appoggiati da scienziati senza scrupoli. Di qui la decisione di «potenziare le capacità di contagio e la resistenza dei virus più pericolosi, in modo da essere pronti a fronteggiare anche le peggiori emergenze».Così si rinforza l’Ebola, ma anche l’aviaria, la peste e l’antrace, insieme al botulino e all’afta epizootica, «un morbo che colpisce gli animali e che, negli anni passati, ha devastato migliaia di allevamenti in Europa». Sempre il documento del governo statunitense indica tutti i tipi di ricerche alle quali i protocolli di massima sicurezza devono essere applicati. «La lista degli esperimenti ad altissimo rischio svolti nei laboratori americani parla da sola», avverte Mostallino. Nell’ordine: accrescimento degli effetti dannosi dell’agente patogeno o della tossina, distruzione delle difese immunitarie, conferimento all’agente o alla tossina di una resistenza alle efficaci profilassi cliniche. Si lavora anche per potenziare la stabilità, la trasmissibilità o lo spargimento dell’agente patogeno, per modificare l’ambiente che ospita l’agente tossico e per potenziare la sensibilità della popolazione alla tossina, quindi si studia come abbattere le difese umane naturali contro la malattia. E infine si parla anche di «generazione o ricostituzione di un agente patogeno o di una tossina ormai eradicata tra quelle della lista al punto precedente», ovvero l’elenco di malattie considerate ad altissimo rischio, tra le quali il governo Usa indica appunto anche l’Ebola.«È un elenco terribile, che non ha bisogno di commenti», rileva Mostallino. «Ma l’ultima prassi contenuta nel punto G, cioè la resurrezione in provetta di un morbo da tempo scomparso ma il cui virus è conservato nei laboratori, è considerata forse la più letale, perché il corpo umano ha ormai perduto le capacità di combattere un virus che non si presenta più da molti anni». Tra le sorprese, si scopre che – in laboratorio – l’Ebola è diventato trasmissibile anche per via aerea, mentre la scienza lo considera trasmissibile solo tramite contatto fisico con pazienti infetti. Eppure, è provato che in due laboratori nordamericani si sia cercato di potenziare la malattia, rendendo il contagio possibile senza contatto fisico: «Si tratta di un’altra prova che per motivi sanitari è stato messo in atto il tentativo di trasformare l’Ebola in un super-virus, capace di diffondersi con estrema facilità». Il primo laboratorio, come spiega l’associazione dei medici canadesi, è il centro studi “Upmc Center for Health Security” di Baltimora, dove gli Stati Uniti studiano i virus e le tossine che, secondo il Dipartimento della Difesa, potrebbero essere utilizzati da gruppi senza scrupoli per attacchi di “bioterrorismo”.L’altro laboratorio si trova in Canada, a Winnipeg, ed è il “National Microbiology Laboratory”, nel quale, secondo la rivista dell’associazione nazionale dei medici canadesi, nel 2012 venne fatta una «intrigante scoperta»: l’Ebola passò da esemplari di suini ad alcune scimmie, senza che queste ultime fossero entrate in contatto fisico coi maiali. Le scimmie – alcuni macachi – si infettarono senza mai toccare sangue, lacrime o sudore dei maiali. Per “Lettera 43” si tratta proprio del tipo di ricerca più pericoloso, quell’arma “a doppio taglio” per la quale il Dipartimento della Salute degli Stati Uniti impone rigidissimi protocolli di sicurezza. Alla base di tanta esasperazione, la paura del “bioterrorismo” che oggi oppone Stati Uniti e Russia: «Entrambi i colossi mondiali, infatti, studiano e potenziano l’Ebola, con l’obiettivo di essere pronti a un eventuale conflitto scatenato dal nemico attraverso il contagio». Insomma, per Mostallino «è in atto una sorta di guerra fredda batteriologica che viene combattuta nei laboratori pubblici e privati, controllati e finanziati dai governi di Washington e Mosca». Dal 2001 a oggi, ovvero dopo il panico scatenato dagli attentati dell’11 Settembre, sempre secondo la rivista dei medici canadesi, gli Stati Uniti hanno speso 79 miliardi di dollari nei programmi di difesa nazionale contro gli attacchi batteriologici. Di questi, ben 26 miliardi sono stati investiti nella specifica ricerca sul potenziamento e il contrasto delle malattie infettive.«L’idea di fondo è dunque quella di creare il super-virus, così da poterlo combattere, prima che sia il nemico a realizzarlo e a utilizzarlo in una azione terroristica o di guerra tra Stati», sintetizza “Lettera 43”. Concreto, quindi, il pericolo denunciato dal dottor Martin Furmanski, un medico statunitense specializzato nella ricerca sulle armi biologiche e batteriologiche: in un recente articolo pubblicato sulla rivista “Bulletin of the Atomic Scientists” dall’eloquente titolo “Rischio di pandemie e fuga dai laboratori: una profezia che si auto-avvera”, lo scienziato spiega che «il rischio di una pandemia provocata dall’uomo e diffusa a causa di una fuga (di agenti patogeni) da un laboratorio non è ipotetico: un caso avvenne nel 1977 proprio perché si pensava che il rischio di una pandemia fosse imminente». Furmanski spiega che si trattava della “influenza umana H1N1”, ovvero di una ripresa della terribile epidemia di influenza “Spagnola” che nel 1918 uccise milioni di persone in tutta Europa. «Il caso più famoso di ritorno del contagio della influenza da “H1N1-A” fu il riemergere della malattia nel maggio del 1977 in Cina e poco tempo dopo in Unione Sovietica» per poi diffondersi nel resto del mondo, soprattutto tra la popolazione giovane, al di sotto dei 20 anni.Racconta ancora lo scienziato: «Una serie di test genetici suggerirono sulle prime che potesse trattarsi di un virus fuggito dai laboratori nel 1949-50» e, anni dopo, «alcune tecniche avanzate di ricerca genetica confermarono l’ipotesi». Insieme a numerosi virologi che studiarono il caso, aggiunge “Lettera 43”, Furmanski oggi sostiene che «ironicamente» l’epidemia fu provocata dalla fuga del virus da un laboratorio americano nel quale si cercava un vaccino per prepararsi a fronteggiare un contagio globale che ancora non c’era, e che fu generato proprio dal tentativo di evitarlo. L’influenza “H1N1” non è il solo caso di epidemia scatenata dagli apprendisti stregoni: lo scienziato cita, tra gli altri, gli 80 casi di vaiolo riscontrati in Gran Bretagna tra il 1963 e il 1978 a causa di tre differenti fughe del virus da altrettanti laboratori nei quali veniva studiato e rafforzato. Oggi gli scienziati ritengono che «se un agente patogeno riappare dopo anni o decenni di assenza, si può ritenere che sia fuggito da un laboratorio nel quale era stato conservato inerte per anni». Che la costruzione di un super-virus dell’Ebola fosse in corso al momento della ricomparsa della malattia, praticamente sparita da anni – conclude Mostallino – è un dato assodato e ammesso dagli stessi laboratori nordamericani, oltre che dal protocollo di sicurezza del governo Usa, il quale mette in guarda contro gli enormi rischi della “dual research”, la ricerca a doppio taglio.Sarà solo un tragico caso, ma l’esplosione dell’epidemia di Ebola coincide con una serie di ricerche militari. Ricerche in atto negli Usa, in Canada e in Russia, dirette a potenziare il virus per studiare il modo migliore per combatterlo. Dettagli tecnici? Top secret. Ma, nei laboratori, Ebola è stato quasi certamente reso trasmissibile per via aerea e più resistente alle cure, in modo da mettere a punto i farmaci più idonei a contrastarne gli effetti. E il terribile sospetto, scrive Marco Mostallino su “Lettera 43”, è che la sua recente, devastante diffusione sia in qualche modo dovuta a una falla nei sistemi di sicurezza di quei laboratori ad alto rischio. Un terribile sospetto: il virus, negli ultimi mesi, ha infettato in Africa occidentale circa 8.000 persone, provocando il decesso di oltre 3.800 pazienti, con un tasso di mortalità che supera il 46% dei malati. «Il sospetto che siamo alle prese con un super-Ebola, creato dai ricercatori e molto più potente dell’originale, è suffragato dal confronto con il totale di circa 2.500 persone uccise dal virus fino all’anno scorso dal 1976, anno della sua scoperta». Ci sono tre precedenti: nel 1976 in Inghilterra e nel 2004 negli Usa (con due ricercatori contagiati e poi guariti) e, sempre nel 2004, in Russia, quando uno scienziato perse la vita dopo essere stato infettato.