Archivio del Tag ‘ingegneria’
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Bibbia, Uap e alieni: Avi Loeb (Harvard) con Biglino
Uno cerca gli alieni nel futuro (o meglio ancora, nel presente), mentre l’altro li cerca nel passato. Ha qualcosa di veramente spettacolare, l’incontro a distanza tra Mauro Biglino e il professor Avi Loeb di Harvard, uno dei massimi astronomi viventi: col suo nuovissimo Progetto Galileo, Loeb è intenzionato a scovare tracce di vita extraterrestre attorno al nostro sistema solare. O addirittura al suo interno: come nel caso di Oumuamua, lo strano oggetto volante avvistato quattro anni fa, che potrebbe essere un “relitto tecnologico” di civilità evolutissime. Loeb e Biglino hanno un’altra caratteristica, in comune: la cultura mainstream li osteggia, perché teorizzano la possibilità di una realtà inaccettabile. Ovvero: non siamo soli, nello spazio, e i testi antichi (Bibbia inclusa) pullulano di Ufo e presenze extraterrestri. Di seguito, i passaggi salienti del dialogo tra Loeb e Biglino, coordinato da Davide Bolognesi, PhD e alumnus della Columbia University, nonché ideatore del canale YouTube “Starviews”. Messaggio chiave: non smettere mai di porsi domande, proprio come fanno i bambini, perché di questo vive (o meglio, dovrebbe vivere) la stessa scienza.
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Oscurati i nostri padri: gli Etruschi, giunti dall’Anatolia
Vi hanno raccontato della necessità assoluta di inocularvi non si sa bene cosa, per poter continuare a vivere liberi e sereni? Se è per questo, vi avranno anche detto che i misteriosi Etruschi erano di origine italiana. E’ normale, dice Nicola Bizzi: l’archeologia ufficiale si comporta sempre così, quando si imbatte in verità scomode. Negazionismo accademico? Fate voi. Però sappiate – avverte Bizzi, sul canale YouTube “Facciamo Finta Che”, di Gianluca Lamberti (di seguito, il testo integrale) – che i nostri antenati etruschi venivano dall’Anatolia, cioè dal mare. Arrivarono via nave dalle coste meridionali della Turchia: Lidia, Misia. In altre parole, dalle parti di Troia: infatti, Roma accettava che il suo mitico fondatore (Enea) fosse un profugo troiano. La migrazione dalle coste dell’attuale Turchia la confermano storici come Erodoto ed Ellanico. In Italia, si tace sulla Cultura di Rinaldone fiorita sul Lago di Bolsena (con scheletri anatolici spariti nel nulla) e sugli imponenti palazzi “cretesi” emersi a Luni sul Mignone, tra Roma e Viterbo. Silenzio anche sulle scoperte dei genetisti: in Toscana e Lazio, il 30% degli abitanti ha un corredo genico anatolico. Viene dall’oltremare anche la più famosa razza bovina toscana, la Chianina. Perché fanno così paura, gli Etruschi? Perché avevano una società matriarcale che introdusse in Italia una civiltà già evolutissima a partire dal 2500 avanti Cristo?Un fitto silenzio circonda il popolo etrusco, di cui l’ufficialità accademica parla il meno possibile, condizionata com’è dal paradigma che ingessa l’archeologia, in modo poco scientifico, rifiutando le fonti scomode e le scoperti recenti. Resiste ancora una vecchia convenzione, quella della presunta italianità degli Etruschi: italianità poi rafforzata dal mito fascista di Roma. Eppure, per i Romani stessi, la civiltà del Tevere era stata fondata da Enea, che era presentato come proveniente da Troia, in Anatolia. Ma chi erano, davvero, gli Etruschi? I Greci li chiamavano Tirreni, mentre i Romani li definivano Tusci. Gli stessi Etruschi chiamavano se stessi con un altro npme: Raslak, o anche Rasena. In Italia, la denominazione più diffusa era quella adottata dai latini: Tirreni. Ora, Tirra è l’antico nome di una regione costiera anatolica, affacciata sull’Egeo, che Omero chiama Meonia, e che poi si chiamerà Lidia ai tempi della grecia classica.La Lidia è situata nel nord-ovest dell’Anatolia (come la Misia), fra Troia e i Dardanelli. Si tratta di zone anticamente popolate da genti affini all’antica civiltà minoico-cretese. Avevano leggi avanzatissime, società fondate sul matriarcato e sul culto delle antiche divinità titaniche. Nel primo libro delle sue “Storie”, il sommo storiografo Erodoto scrive che i Lidi avrebbero colonizzato la Tirrenide, cioè l’Etruria. A spingerli lontano da casa sarebbe stata una gravissima carestia. Di qui l’emigrazione, fino alla terra degli Umbri. Ai Greci dava fastidio la libertà dei costumi etruschi: a differenza di quella greca, la donna etrusca poteva sedere a tavola col marito. Aveva prerogative sacrali e poteva anche dare il proprio nome alla stirpe. Dal X secolo avanti Cristo, queste popolazioni anatoliche riuscirono a colonizzare buona parte della penisola italiana: Lombardia e Veneto, zone della Liguria, l’intera Toscana e l’intero Lazio, parte di Umbria e Marche, parte della Campania: Napoli era stata un approdo etrusco, prima che una colonia della Magna Grecia.Gli Etruschi erano tipicamente orientali: per arte, stile architettonico, cultura. E che venissero dall’Oriente lo conferma un altro autore: Ellanico di Mitilene, storico vissuto dal 490 al 405, contemporaneo di Platone. Nella sua “Foronide”, descrive più migrazioni dall’Anatolia: spiega quante migrazioni sono avvenute, chi le guidava (quali sovrani), dove arrivarono in Italia e quali città italiane avrebbero fondato. Piena conferma, di questo, ci giunge da reperti archeologici e dalla toponomastica dei luoghi: i nomi di decine di località (anche di rilievo, come Ancona e Lucca) corrispondono a quelli di siti presenti sulle coste anatoliche. Sull’isola di Lemnos, patria della metallurgia nell’Egeo – colonizzata già dal 12.000 avanti Cristo, come rilevato da recenti scavi archeologici – sono state rinvenute molte iscrizioni in lingua etrusca: la stessa lingua che troviamo a Tarquinia, a Cere, a Vulci, a Fiesole, nelle città etrusche della Campania e nella Mantova di Virgilio (che discendeva da antenati etruschi).Ci sono squillanti evidenze anche scientifiche: alla fine degli anni ‘90, alcuni docenti universitari spagnoli si sono avvalsi degli studi di genetisti delle università di Madrid e Salamanca. Avevano condotto esami sulla popolazione della Toscana e dell’alto Lazio, confrontando il loro Dna con quello dei popoli anatolici. Ebbene: in oltre il 30% degli attuali abitanti del territorio corrispondente all’antica Etruria, fra l’Arno e il Tevere, i geni corrispondono pienamente con quelli delle popolazioni autoctone dell’Anatolia. E la corrispondenza non interessa solo gli umani: viene dall’Anatolia anche una razza bovina come la Chianina, quella della mitica bistecca fiorentina. Discende cioè da una razza anatolica, portata in Italia circa 4.000 anni fa. Ora, ci volevano i genetisti spagnoli, per capire che gli abitanti dell’Etruria venivano dall’Oriente? Evidentemente sì. Però non basta: perché gli archeologi, quando una scoperta infrange i loro paradigmi, molto spesso la ignorano.Gli archeologi accademici rifiutano ancora la scoperta (geologica) della verà età della Sfinge. E rigettano pure le rivelazioni dell’archeoastronomia, cioè la disposizione di certi siti secondo criteri astronomici. Così hanno rifiutato anche le scoperte della genetica, perché sono scomode per la vecchia tesi dell’autoctonia del popolo etrusco, la cui origine è convenzionalmente italica (per non parlare delle ultime ipotesi, decisamente deliranti e campate per aria, che lo vorrebbero disceso dalle Alpi o addirittura dalla Germania). E questo, nonostante vengano smentiti dagli autori antichi. Sempre Ellanico di Mitilene, ad esempio, parla di un certo Nana, mitico re dei Pelasgi (popoli del mare: grandi navigatori, mercanti e pirati). Attorno al 2500 avanti Cristo, quindi 4.500 anni fa, questo Nana – cacciato dai suoi sudditi – avrebbe risalito l’Adriatico con una sua flotta, per poi fondare importanti nuclei urbani lungo la penisola italiana.Uno studioso “eleusino” come Guido Maria Stelvio Mariani di Costa Sancti Severi, in un articolo uscito quattro anni fa sulla rivista “Archeomisteri” (da me citato nel saggio “I Minoici in America e le memorie di una civiltà perduta”) conferma che il termine Nana lo si ritrova nelle culture lelegiche della Caria, un’altra regione costiera anatolica. Probabilmente, Nana non era un nome proprio di persona, ma una sorta di nome sacrale: un po’ come il Faraone in Egitto, o il Minosse a Creta. Un termine che potrebbe essere assimilabile a quello di “condottiero”, o di Vanax nella civiltà micenea. Ebbene: Ellanico dice che questo Nana avrebbe creato vari scali adriatici, fondando diversi insediamenti. Nelle Marche avrebbe sbarcato un robusto contingente, gettando le basi per la nascita di una città che ancora oggi si chiama Pedaso, nell’attuale provincia di Fermo. E Pedasa è una importante città costiera anatolica: era l’antica capitale dei Lelegi della Caria, davanti all’isola di Rodi.Risalendo la costa marchigiana verso nord, il condottiero Nana avrebbe fondato una città molto importante: Ancona, nientemeno. Il capoluogo marchigiano deriva infatti il suo nome da Ankh e Uni: l’Ankh è la croce della vita per gli egizi, un simbolo molto noto anche alle popolazioni dell’Anatolia, mentre Uni è una dea, parte integrante del pantheon etrusco. Poi, sempre nel 2500 avanti Cristo, Nana avrebbe proseguito il suo viaggio fino a fondare un’altra importante città: Arimna, cioè l’odierna Rimini. E Arimna – guardacaso – è il nome di un altro centro urbano rilevante, nel sud della Licia, sempre sulle coste anatoliche. Nana avrebbe fondato anche Spina, alle foci del Po: importantissimo porto commerciale già dal VII secolo avanti Cristo, gestito “in condominio” da Etruschi e Veneti, sul confine tra le due aree d’influenza. Poi Nana si sarebbe spinto nell’entroterra, verso sud, fondando Curiti: l’odierna Cortona. Quindi avrebbe fondato Ar-Tinia: Arezzo. In etrusco, Ar significa insediamento, mentre Tinia è una delle principali divinità etrusche, un “dio degli elementi” equiparabile a Zeus.Finendo per realizzare un’ulteriore fondazione (Fruntac, corrispondente a Ferento), lo stesso Nana avrebbe seguito un percorso preciso, tracciato sulla base della geografia sacra: evidentemente aveva una meta prestabilita, cioè il Lago di Bolsena. Doveva certo conoscerne l’esistenza: era un posto già considerato sacro, per millenni, da altre popolazioni. Quel lago, poi, sarebbe diventato il luogo sacro d’eccellenza, per il popolo etrusco. Sempre secondo Ellanico, quindi, Nana sarebbe arrivato sul Lago di Bolsena, fondando la città di Vels Nani, poi Volsini Veteres, destinata a diventare la vera capitale sacrale degli Etruschi. Capitale sacra, perché lì convergevano gli ordinamenti di tutte le Lucumonie. Gli Etruschi non hanno mai avuto un regno unitario, erano pòliadi: ogni comunità faceva capo a una Lucumonia, unità amministrativa estesa su una o più città. A volte, queste Lucumonie erano anche in guerra fra loro.Purtroppo, non si allearono mai – tutte insieme – se non quando ormai era troppo tardi. Ed è per questo che poi Roma riuscì ad averne ragione, conquistandole tutte, una dopo l’altra. Però queste Lucumonie facevano tutte capo a Volsini Veteres sul Lago di Bolsena, dove c’era il fanoso Fanus Voltumnae, cioè il tempo di Vultumna, grande dea della civiltà etrusca. Nel tempio venivano stabiliti i conteggi delle epoche: chiodi infissi, di bronzo, scandivano lo scorrere sacro del tempo. Tornando a Nana, avrebbe infine fondato anche Orvieto e Viterbo. Tutte città antichissime, risalenti a 4.500 anni fa: e i riscontri archeologici non mancano. Quella di Nana, però, secondo Ellanico fu solo una prima migrazione. Si ritiene che queste spedizioni fossero intraprese da marinai molto esperti, che a mio parere avevano un fine esplorativo e di colonizzazione. E l’Italia, crocevia del Mediterraneo e piena di risorse minerarie, ha sempre fatto gola: soprattutto ai popoli dell’Oriente. E’ naturale, quindi, che vi siano state queste progressive ondate di colonizzazione.Sempre secondo Ellanico, una seconda grande ondata si sarebbe verificata cinque secoli dopo, attorno al 2000 avanti Cristo. Sarebbe da mettere in relazione con la cosiddetta Cultura di Rinaldone, un villaggio della provincia di Viterbo sulla costa meridionale del Lago di Bolsena. Nel 1903, proprio a Rinaldone venne scoperta una necropoli con scheletri sorprendentemente alti. Non erano giganti, sia chiaro; ma mentre i popoli italiani dell’epoca superavano raramente il metro e sessanta di statura, gli scheletri di Rinaldone oltrepassavano i due metri: e risultavano appartenenti a popolazioni provenienti dall’Anatolia. Ufficialmente, questi resti umani sarebbero stati portati al Museo Archeologico di Firenze. Eppure, dopo un’inchiesta svolta da diversi studiosi, in passato, oggi nessuno sa più dire dove siano. Probabilmente sono nascosti in qualche scantinato, o sono addirittura stati distrutti. Non me ne stupirei: con la loro stessa esistenza, infatti, quegli scheletri provavano la provenienza anatolica di quelle genti finite in Italia. E anche questo la dice lunga su come vengano continuamente occultati certi indizi, certe testimonianze: le prove vengono fatte sparire, soprattutto se sono scomode.Le altre ondate migratorie di cui ci parla Ellanico, poi, sarebbero provenute dalla Misia e dalla Caria, sempre regioni costiere dell’Anatolia affacciate sull’Egeo. Proprio le stirpi arrivate con la seconda ondata avrebbero fondato città fondamentali, per la successiva cultura etrusca: Vulci, Sovana, Sorano (da Sur, “il Sole” in lingua etrusca). Poi Pitigliano, Misa, Tuscania, Poggio Buco, Saturnia, Marsiliana sull’Albenia. Tutti siti importantissimi dell’Etruria vera e propria. Sempre secondo Ellanico, un secolo dopo sarebbe giunta (dalla Licia) una terza ondata migratoria: un’ondata molto importante, guidata da un discendente del primo Nana. Anche in quella occasione, alla spedizione avrebbero preso parte diversi popoli del mare. Per Ellanico, il vero nome dei Lici sarebbe stato Luccu o Lucca. E infatti troviamo la città toscana di Lucca, sulle rive del Serchio, fondata proprio durante questa seconda ondata, insieme a Luni (in Lunigiana) e a diversi altri centri della zona delle Alpi Apuane.Più tardi, attorno al 1800 avanti Cristo, avrebbe avuto luogo quella che possiamo considerare una quarta ondata migratoria: un certo Kuriti (o Corito) avrebbe ampliato, regnandovi, uno dei centri fondati dal precedente Nana nel 2500 avanti Cristo, cioè l’odierna Cortona. E suo figlio, Dardano, disceso verso sud, avrebbe fondato la città di Cori. Secondo la tradizione, poi, Dardano avrebbe intrapreso un viaggio verso Creta, fondando la particolare stirpe dei Teucri Dardani (ma quest’ultimo, sottolineo, è un aspetto mitologico). In seguito ci sarebbero state ulteriori, successive ondate migratorie: ed è proprio grazie a questi arrivi se poi si formò in Italia quello che conosciamo come il popolo etrusco. Ci fu una sesta ondata migratoria, poi un’altra (dal 1800 al 1500 avanti Cristo) che secondo diverse interpretazioni – mitologiche, anche in questo caso – sarebbe stata all’origine di tutte quelle importantissime città del basso Lazio, in particolare della Ciociaria, che vengono chiamate Città Saturnie. Costruite con imponenti mura megalitiche (come Alatri, Ferentino, la stessa Cassino), eppure ignorate per decenni dagli archeologi, che fino agli anni ‘30-40 ne attribuivano l’origine ai Romani.Solo adesso, timidamente, si comincia ad ammettere che quelle città risalirebbero almeno al 1200-1300 avanti Cristo; ma pare vi siano elementi per collocarle anche nel 1500 avanti Cristo. A quella data risalirebbe Luni sul Mignone, a cavallo tra le province di Viterbo e Roma, in una zona oggi inaccessibile: l’hanno proprio esclusa dagli itinerari turistici. Luni sul Mignone venne scavata da una missione archeologica svedese: negli anni ‘60, su una collina costeggiata dal fiume Mignone trovarono un insediamento imponente, con edifici palaziali (di tipo minoico, oserei dire) costruiti in solida pietra, con stanze anche di 10 metri di lunghezza. Ma poi, tutto è stato incredibilmente ricoperto. Finita la missione (finanziata dal re di Svezia, grande appassionato di archeologia), uno dei siti archeologi più straordinari d’Europa è stato nuovamente sepolto dalla terra. Attualmente, il sito è in stato di abbandono: si trova tra il fiume Mignone e la stazione abbandonata di San Romano lungo l’ex ferrovia Orte-Civitavecchia, oggi dismessa. L’accesso è quasi proibitivo: si devono percorrere chilometri a piedi, itinerari scomodi e anche pericolosi.Questo sito l’hanno voluto cancellare dalle mappe archeologiche: perché è scomodo. L’abbiamo visto: per gli autori antichi, gli Etruschi venivano da Oriente. Eppure, è stato fatto di tutto per mettere in discussione questa origine (ormai confermata dalla stessa genetica). Quanto ai Greci, è noto che non amassero gli Etruschi, a cui – attraverso le colonie elleniche della Magna Grecia – hanno sempre conteso i porti e le risorse minerarie della penisola italiana. Spesso e volentieri, gli Etruschi si sono alleati con i Cartaginesi per arginare la colonizzazione ellenica dell’Italia meridionale. Questa rivalità era anche fondata su motivazioni religiose. Una parte della popolazione della Grecia classica continuava a praticare ancestrali forme di religiosità ancora legate all’antico pantheon titanico, ma la maggior parte della dirigenza politica delle poleis greche praticava il nuovo culto delle divinità olimpiche, che gli Etruschi vedevano come fumo negli occhi. Soprattutto, gli Etruschi non digerivano la caratterizzazione patriarcale della civiltà greca, alla quale anteponevano con orgoglio la forma matriarcale della loro società.Tornando al tema archeologico, si parla spesso in maniera impropria della Civiltà Villanoviana, oscurando invece la Cultura di Rinaldone. Ebbene: sono entrambe forme della stessa cultura. Quella che viene definita Civiltà Villanoviana, in realtà, è un falso scientifico, un po’ come le varianti Covid o certi ominidi “inventati” dalla palentologia, che in realtà non sono mai esistiti. Infatti, da alcuni reperti trovati nel sito di Villanova, sull’Appennino bolognese – un po’ come hanno fatto in America con la Cultura Clovis, altro falso clamoroso – hanno voluto creare una cultura a sé stante, dichiarandola prettamente italica e separandola dalla cultura etrusca vera e propria, con il pretesto che la Villanoviana poteva essere identificata come precedente, rispetto a quella propriamente etrusca. Con schematismi a mio parere del tutto fuori luogo, la cultura etrusca la si fa iniziare ufficialmente nell’XVIII secolo avanti Cristo; tutto quello che è le preesistente, riconducibile alla stessa matrice culturale, viene etichettato come “villanoviano”.Da qui l’invenzione della presunta matrice culturale autoctona, per giustificare l’autoctonia del successivo popolo etrusco. E al tempo stesso, si evita di riconoscere la Cultura di Rinaldone, non certo limitata a Rinaldone: era una cultura pre-etrusca, di fatto riconducibile alle migrazioni dall’Anatolia, e aveva caratterizzato almeno metà del territorio italiano. Quindi: vengono ignorati 2.000 anni (1.500, a essere stretti) di ininterrotta civilizzazione della nostra penisola, da parte di una cultura avanzata, proveniente dall’Oriente, che avrebbe portato qui l’agricoltura, la metallurgia, forme evolute di urbanizzazione e di ingegneria (dighe, canali irrigui). Sembra incredibile, ma è così: tutto questo viene ignorato, ripeto, per non ammettere l’origine orientale della matrice etrusca. Eppure fu proprio questa Cultura Rinaldoniana ad arrivare in Italia: già formatasi, già pronta. Fu questa, gradualmente, a fondersi poi e a integrarsi gradualmente con popolazioni locali come quelle dei Piceni delle Marche e degli Umbri veri e propri (quelli dell’Umbria), che avevano un’origine – loro sì – prettamente italica.Gli Etruschi entrarono in contatto con gli stessi Latini, con i Sabini. La stessa Roma è stata etrusca per secoli, assimilando dagli Etruschi gli ordinamenti, la divisione in centurie, molte simbologie (come lo stesso fascio littorio, che è di origine etrusca). Con il pretesto che la lingua etrusca non sia stata correttamente tradotta e interpretata, si continua a ricamare – sugli Etruschi – tutto quello che si vuole, a completa discrezione dei paradigmi di certi studiosi, di certi baroni universari. E non è nemmeno vero che l’etrusco non sia stato tradotto. E’ una lingua di matrice assolutamente non indoeuropea (come invece il latino e alcune lingue di origine celtica). La lingua etrusca è la stessa che veniva parlata in Anatolia e sull’isola di Lemnos, scritta con i medesimi caratteri. E’ stata tradotta; solo, non disponiamo di testi abbastanza estesi da poter ampliare il vocabolario. Il testo più lungo che conosciamo è quello della cosiddetta Mummia di Zagabria: una mummia tardo-egizia, di epoca tolemaica, conservata nel Museo Archeologico della capitale croata.Quella mummia è stata bendata con strisce di lino “riciclate”; erano etrusche, e su quelle gli Etruschi avevano scritto lunghi testi sacri, di natura religiosa, che probabilmente sarebbero andati perduti se non fossero stati utilizzati per fasciare quel corpo. Esistono poi vari testi scritti su tavole di bronzo, di natura giuridica o commerciale: il loro vocabolario è quindi limitato. Poi la lingua etrusca è andata arenandosi, purtroppo, già all’inizio dell’epoca dell’Impero Romano. Sono sopravvissute a livello religioso varie confraternite etrusche, alcune delle quali ancora attive ai tempi di Costantino, che però mantenevano l’uso della lingua solo per competenze strettamente inizitiche e cerimoniali, riservate esclusivamente agli adepti. Poi, con la soppressione di queste confraternite, si è perso l’ultimo uso effettivo della lingua etrusca. E’ pur vero però che il grande imperatore romano Claudio, vissuto nel I secolo dopo Cristo, aveva una moglie etrusca, Tanaquilla: una sacerdotessa, una donna di elevatissima cultura.Claudio si appassionò alla storia degli Etruschi, e raccolse tutte le documentazioni ancora disponibili, al suo tempo. Tant’è che l’imperatore fu probabilmente l’ultimo romano a saper parlare e leggere in maniera corretta la lingua etrusca. Poi, con l’assimilazione delle ultime Lucumonie (tra cui quella di Vulci), gli Etruschi entrarono completamente nella romanizzazione. Le loro città divennero municipalità romane, e iniziarono forzatamente a utilizzare la lingua latina: nel giro di 3-4 generazioni, gli Etruschi persero completamente l’uso della loro lingua. E lo avevano anche previsto: sapevano che la loro civiltà di sarebbe conclusa nel corso di quello che per noi è il I secolo dopo Cristo. Eppure, tantissimo è rimasto, di loro. Erano uno dei popoli più religiosi dell’antichità, oltre che uno dei più evoluti sul piano sociale e culturale. Avevano espressioni artistiche uniche, incredibili.A volte imitavano l’arte greca, tendevano a prendere il meglio delle culture altrui. Erano in grado di realizzare ceramiche di tipo attico, “made in Etruria”, addirittura superiori alle originali: e le esportavano, anche per dare fastidio al commercio dei greci. Ci hanno lasciato testimonianze straordinarie: scultoree, di fusione del bronzo. Per non parlare delle opere idrauliche: anche nei pressi di Firenze hanno trovato antichi acquedotti etruschi, potenzialmente ancora funzionanti. E nonostante questo, le Sorvintendenze continuano a ignorare certi ritrovamenti. Ci sono tantissimi siti etruschi in rovina, coperti dalle erbacce. Tombe meravigliose, le cui pitture stanno scomparendo: mai state oggetto di una adeguata conservazione. Quello etrusco – ripeto – è un popolo volutamente dimenticato, perché dà fastidio. Gli Etruschi fondavano ogni istante della loro vita sul confronto con le divinità. La Disciplina Etrusca era fondata su determinati libri, andati perduti (almeno, ufficialmente). Ne è rimasto ben poco, anche se nell’800, in Inghilterra, pare sia spuntata una trascrizione dei Libri Sibillini, o ciò che ne resterebbe (impossibile verificare, dato che non disponiamo più degli originali).Sappiamo comunque che gli Etruschi dividevano il territorio secondo una geografia sacra incredibilmente strutturata. Non solo conoscevano la precessione degli equinozi e le dinamiche dei solstizi, ma costruivano ogni loro sito secondo precisi schemi di geografia sacra. Nulla era mai costruito a caso, neppure la singola abitazione privata: tutto andava realizzato su determinati punti del terreno, che erano sacralizzati dal lucumone o dal sacerdote. Quei luoghi dovevano emanare determinate energie ctonie, telluriche, in sintonia con gli dèi. Costruire un edificio in un luogo non propizio, considerato funesto dalle regole della Disciplina Etrusca, sarebbe stato un sacrilegio. Piuttosto che far passare una strada in un’area inadatta, cioè fuori dalle direttrici delle “porte solstiziali”, erano capaci di spianare una collina, affrontando un lavoro di mesi.Un grande ricercatore come Giovanni Feo, appena scomparso, è stato forse tra i pochissimi a capire davvero l’anima del popolo etrusco. Ci ha lasciato libri bellissimi, che ci spiegano l’origine della religiosità fondata sulla Disciplina Etrusca e il rapporto costante che avevano con gli dèi. Interrogavano le forze della natura in ogni cicostanza, per le azioni più importanti: e attendevano i responsi, che poi ottenevano (così almeno interpretavano la caduta di un fulmine, il volo di alcuni uccelli). Il loro era un rapporto di simbiosi – forte, irrinunciabile – con le forze della natura, sia quelle del sottosuolo che quelle degli dèi celesti. E’ un popolo fondamentale, per le nostre origini: e tuttora se ne parla il meno possibile, e non certo in modo corretto. La reticenza sugli Etruschi, in sostanza, non fa che confermare l’inattendibilità spesso tendenziosa di una archeologia cattedratica che stenta a riconoscere alcune tra le più importanti scoperte sulla nostra vera origine, proprio perché la costringerebbero ad archiviare il suo paradigma convenzionale, ormai superato.(Nicola Bizzi, dalla trasmissione “Etruschi: origine e storia di una civiltà scomoda”, in diretta streaming il 1° agosto 2021 nella rubrica “Il Sentiero di Atlantide”, sul canale YouTube “Facciamo Finta Che”, di Gianluca Lamberti. Nel libro “I Minoici in America”, Bizzi svela come l’archeologia stenti ancora a riconoscere come i Popoli del Mare, di origine titanico-atlantidea secondo la tradizione eleusina, abbiano dominato il Mediterraneo e l’Atlantico ben prima dell’affermarsi delle civiltà successive – mesopotamica, egizia, greco-romana).Vi hanno raccontato della necessità assoluta di inocularvi non si sa bene cosa, per poter continuare a vivere liberi e sereni? Se è per questo, vi avranno anche detto che i misteriosi Etruschi erano di origine italiana. E’ normale, dice Nicola Bizzi: l’archeologia ufficiale si comporta sempre così, quando si imbatte in verità scomode. Negazionismo accademico? Fate voi. Però sappiate – avverte Bizzi, sul canale YouTube “Facciamo Finta Che”, di Gianluca Lamberti (di seguito, il testo integrale) – che i nostri antenati etruschi venivano dall’Anatolia, cioè dal mare. Arrivarono via nave dalle coste meridionali della Turchia: Lidia, Misia. In altre parole, dalle parti di Troia: infatti, Roma accettava che il suo mitico fondatore (Enea) fosse un profugo troiano. La migrazione dalle coste dell’attuale Turchia la confermano storici come Erodoto ed Ellanico. In Italia, si tace sulla Cultura di Rinaldone fiorita sul Lago di Bolsena (con scheletri anatolici spariti nel nulla) e sugli imponenti palazzi “cretesi” emersi a Luni sul Mignone, tra Roma e Viterbo. Silenzio anche sulle scoperte dei genetisti: in Toscana e Lazio, il 30% degli abitanti ha un corredo genico anatolico. Viene dall’oltremare anche la più famosa razza bovina toscana, la Chianina. Perché fanno così paura, gli Etruschi? Forse perché avevano una società matriarcale “titanica” che introdusse in Italia una civiltà “inspiegabilmente” evoluta già nel 2500 avanti Cristo?
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Gimbe, l’oracolo catastrofista è pagato da Big Pharma
Come si fa a reputare sempre attendibile e indipendente una fondazione come la Gimbe, di Nino Cartabellotta, che riceve finanziamenti pubblici e si fa pagare da Big Pharma, inclusi i produttori di vaccini-Covid? Se lo domanda Martina Piumatti, che – come documenta in un reportage sul “Giornale” – ha cercato, per ora inutilmente, di “stanare” quello che viene definito “l’oracolo catastrofista” più rispettato d’Italia. «Citata dai media, ascoltata dalla politica e plaudita dagli stessi scienziati e virologi che poi premia (come Ricciardi o Burioni)», la Fondazione Gimbe – Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze – sforna ogni settimana il suo monitoraggio “indipendente” dell’andamento della curva epidemiologica, dichiarando di essere «al servizio del paese» e garantire «una tempestiva e costante informazione indipendente sull’emergenza Covid-19», analizzando ogni 24 ore «i dati della pandemia e della campagna vaccinale». Non solo: Gimbe propone (anche a enti pubblici) un seminario online, a pagamento, per illustrare i dati del suo monitoraggio. Ma a stilare analisi ed elaborare quelle previsioni, «molto citate e spesso accompagnate da un’aura quasi oracolare», avverte Martina Piumatti, non sono virologi o epidemiologi.
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Bill Gates, la Clinton e lo stranissimo incidente di Suez
Ci sono anche Bill Gates e Hillary Clinton, nel puzzle azionario che fa capo all’armatore della gigantesca portacontainer Ever Given, incagliatasi il 23 marzo nel Canale di Suez, ostruendo per giorni l’idrovia mercantile più importante del mondo. Lo segnala “Come Don Chisciotte”, che si interroga sull’incidente più strano della storia: un mastodone da 200.000 tonnellate, mandato a sbattere contro le rive da una semplice tempesta di vento? Strano: l’enorme nave faceva parte di un convoglio: tra tanti cargo incolonnati, la tempesta avrebbe colpito solo lei? Altra stranezza: prima di imboccare il canale, la Ever Given aveva seguito una rotta “folle”, disegnando sui tracciati Gps – letteralmente – un gigantesco pene: la “firma” di una clamorosa beffa? «La nave non solo si è messa di traverso, ma con la prua si è addirittura conficcata in un argine-sponda del canale, manovra che a questo punto è difficile ritenere accidentale: con l’apparato motore, infatti, sarebbe stato possibile contrastare la manovra sbagliata ed evitare l’impatto».Lo afferma su “Africa ExPress” l’ingegner Bruno Brugnoni, consulente marittimo e già direttore di macchina sui grandi mercantili. Un uomo esperto, che ha passato decine di volte il Canale di Suez. «Certamente – conclude – la verità non si saprà mai. Non essendoci stati morti o feriti, tutte le questioni saranno risolte dalle assicurazioni: e queste non hanno interesse a divulgare i particolari». Il mistero del “fallo” sui tracciati tiene banco anche sui giornali: goliardata, gesto involontario o strana coincidenza? Il disegno, sottolinea il “Fatto Quotidiano”, lo si vede chiaramente dal filmato pubblicato su Twitter dal sito “Vessel Finder”, specializzato nel tracciare e registrare le tracce Gps delle navi. Le stesse autorità egiziane – vere vittime del blocco dell’idrovia – non escludono l’errore umano. Sull’inserto “InsideOver” del “Giornale”, Lorenzo Vita suggerisce un’altra possibilità: l’hackeraggio a distanza dei comandi della nave. Esistono infatti «hacker in grado di penetrare nei sistemi informatici dell’imbarcazione e impartire gli ordini».Ipotesi solo teorica, suffragata però da test come quello condotto da Gianni Cuozzo, amministratore delegato di Aspisec, durante un recente convengo sulle “rotte digitali del trasporto”: a scopo dimostrativo, a Genova, Cuozzo «ha hackerato una petroliera in navigazione nel Mar Adriatico, e ci è riuscito con un semplice pc portatile fornito dall’Autorità di Sistema Portuale genovese». L’esperto di cyber-rischi, ricorda Lorenzo Vita, «si è servito di due portali, accessibili a chiunque, per identificare la nave e capire quale fosse il sistema informatico che la governava. Attraverso il sistema di tracking è penetrato nella rete della nave e in quel momento aveva tutte le capacità di controllare le attività all’interno dell’imbarcazione». Nella sostanza, alle ore 7.40 del mattino, la Ever Given – proveniente dalla Malesia e diretta nel Mediterraneo, per poi scaricare a Rotterdam i suoi 18.300 container imbarcati – si è incagliata su una delle sponde del canale, ostruendolo completamente e impedendo il passaggio di qualsiasi nave, essendo lunga 400 metri.Il giorno successivo all’incidente, almeno altre 15 navi erano trattenute agli ancoraggi e almeno 237 navi erano in coda per passare. Purtroppo, la nave si era incagliata nella sezione del canale non ampliata, rendendone impossibile l’aggiramento. Il 29 marzo, infine, la nave è stata sbloccata e lentamente raddrizzata. Nei giorni successivi all’incagliamento, molte navi hanno deciso di intraprendere la circumnavigazione dell’Africa, che comporta costi maggiori e tempi più lunghi di almeno 10 giorni. In tutto, l’incidente ha impedito la circolazione di più di 400 navi, tra cui 25 petroliere. L’agenzia “Bloomberg” stima che l’ostruzione del Canale di Suez, attraverso il quale transitano 19.000 navi all’anno (il 12% delle merci mondiali e il 30% del traffico dei container spediti via mare), abbia creato una perdita economica di almeno 9,6 miliardi di dollari al giorno, per la mancata consegna delle merci (oltre 8 miliardi, secondo i Lloyd’s, il valore delle merci bloccate nei giorni scorsi nel canale).«È certo che una nave di quel tipo non può arenarsi tanto facilmente su un tratto rettilineo e ipercontrollato», scrive Marco Di Mauro su “Come Don Chisciotte”. La Ever Given, poi, è un gioiello dell’ingegneristica navale d’avanguardia, di marca giapponese (Imabari Shipbuilding). Nel Cda di Imabari, scrive il blog, a farla da padrone è Mitsui, che a sua volta è compartecipata da un’infinità di soggetti, tra cui – in modo diretto e indiretto, anche attraverso il gruppo Evergreen – i maggiori fondi d’investimento (Vanguard e BlackRock, letteralmente “padroni del mondo”), oltre al miliardario Bill Gates, passato dall’informatica ai vaccini, e alla signora Clinton in persona. «Dunque – sintetizza Di Mauro – possiamo affermare con certezza che la Ever Given è una nave di proprietà dei gruppi speculativi globalisti, quelli che stanno operando il Great Reset attraverso l’Operazione Covid, quelli che si sono specializzati nell’approfittare di emergenze e crisi globali da loro create».Il regime egiziano del generale Al-Sisi, aggiunge “Come Don Chisciotte”, «è sempre stato nella lista nera dei globalisti, che hanno nel mirino i giacimenti dello Zor, scoperti da Eni, e legati alla morte di Giulio Regeni». Non solo: il blocco di Suez è stato solo uno dei molteplici incidenti che in questi giorni hanno tagliato l’Egitto in due. «Ora il paese, oltre a dover rimborsare tutte le compagnie di navigazione e ad aver perso somme ingentissime per la chiusura di Suez, si trova a fronteggiare una crisi interna senza precedenti». Sempre Di Mauro segnala che l’Egitto ha incoraggiato «colloqui tra realtà indipendentiste palestinesi», e ha appena riaperto – dopo anni – il valico di Rafah, unico accesso a Gaza non controllato da Israele. «Come dimostra il suo essersi prestato come laboratorio a cielo aperto di Pfizer (traduci BlackRock), Israele è l’avamposto più importante della strategia globalista in Medio Oriente». Si domanda Di Mauro: «Che il blocco di Suez sia stata una rivalsa israeliana sulle aperture di Al-Sisi, supportata dai cinesi e dai globalisti?».Una rappresaglia, dunque, o magari un oscuro avvertimento? Mitt Dolcino parla delle «incredibili giustificazioni» (la tempesta di vento) per «l’incredibile incidente di una delle navi più grandi del mondo nel Canale di Suez», per giunta «dopo aver disegnato un gigantesco pene con le sue manovre prima di incagliarsi». E non è che, magari, nei prossimi giorni – si domanda Dolcino – qualcuno deciderà di proibire ai maxi-cargo, per “rischi simili e mai analizzati prima”, l’accesso al Canale di Panama? Singolari concidenze: il giorno 24 marzo (del 1999) esplosero strani incendi nei trafori autostradali del Monte Bianco e del Tauern in Austria, e sempre il 24 marzo (del 2001) ci fu il rogo del San Gottardo in Svizzera. Incendi costati quasi cento vittime, tutti nel giorno del calendario che segue quello dell’incidente di Suez. «Dopo l’ultimo incendio nei tunnel europei – scrive Mitt Dolcino – si sbloccò, di lì a breve, il progetto ingegneristico ancora oggi più rilevante del mondo, l’Alptransit ferroviario (da cui scaturì anche l’implementazione del progetto Tav se volete). Poi nessun, altro incidente devastante dello stesso tipo». E adesso, il “mistero” dell’incagliamento di Suez.Ci sono anche Bill Gates e Hillary Clinton, nel puzzle azionario che fa capo all’armatore della gigantesca portacontainer Ever Given, incagliatasi il 23 marzo nel Canale di Suez, ostruendo per giorni l’idrovia mercantile più importante del mondo. Lo segnala “Come Don Chisciotte“, che si interroga sull’incidente più strano della storia: un mastodonte da 200.000 tonnellate, mandato a sbattere contro le rive da una semplice tempesta di vento? Strano: l’enorme nave faceva parte di un convoglio: tra tanti cargo incolonnati, la tempesta avrebbe colpito solo lei? Altra stranezza: prima di imboccare il canale, la Ever Given aveva seguito una rotta “folle”, disegnando sui tracciati Gps – letteralmente – un gigantesco pene: la “firma” di una clamorosa beffa? «La nave non solo si è messa di traverso, ma con la prua si è addirittura conficcata in un argine-sponda del canale, manovra che a questo punto è difficile ritenere accidentale: con l’apparato motore, infatti, sarebbe stato possibile contrastare la manovra sbagliata ed evitare l’impatto».
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Eshed: Israele e Usa collaborano con alleati extraterrestri
Parlando in un’intervista a “Yediot Aharonot”, Haim Eshed – che è stato a capo del programma spaziale israeliano per quasi 30 anni e ha ricevuto tre volte l’Israel Security Award – ha spiegato che Israele e Stati Uniti hanno entrambi a che fare con gli alieni, da anni. E questo non si riferisce assolutamente agli immigrati, con Eshed che chiarisce l’esistenza di una “Federazione Galattica”. L’87enne ex capo della Divisione Spaziale del ministero della difesa ha fornito ulteriori descrizioni su che tipo di accordi sono stati presi, esattamente, tra gli alieni e gli Stati Uniti, che apparentemente sono stati fatti perché desiderano ricercare e comprendere «il tessuto dell’universo». Questa cooperazione include una base sotterranea segreta su Marte, dove sono presenti rappresentanti americani e alieni. Se fosse vero, ciò coinciderebbe con la creazione della Space Force da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump come quinto ramo delle forze armate statunitensi, anche se non è chiaro da quanto tempo questo tipo di relazione, se del caso, sia in corso tra gli Stati Uniti e i suoi rapporti con alleati extraterrestri.Ma Eshed insiste sul fatto che Trump ne è a conoscenza e che era “sul punto” di rivelare la loro esistenza. Tuttavia, secondo quanto riferito, la Federazione Galattica gli ha impedito di farlo, dicendo che desideravano prevenire l’isteria di massa poiché sentivano che l’umanità aveva bisogno di «evolversi e raggiungere uno stadio in cui capire cosa sono lo spazio e le astronavi», ha riferito “Yediot Aharonot”. Per quanto riguarda il motivo per cui ha scelto di rivelare queste informazioni ora, Eshed ha spiegato che il tempismo era semplicemente dovuto a quanto è cambiato il panorama accademico e quanto è rispettato nel mondo accademico. «Se avessi escogitato quello che sto dicendo oggi cinque anni fa, sarei stato ricoverato in ospedale», ha spiegato a “Yediot”. Ha aggiunto che «oggi parlano già in modo diverso. Non ho niente da perdere. Ho ricevuto lauree e premi; sono rispettato nelle università all’estero, dove anche la tendenza sta cambiando». Eshed ha fornito ulteriori informazioni nel suo ultimo libro, “The Universe Beyond the Horizon” (”Conversazioni con il professor Haim Eshed”), insieme ad altri dettagli come il modo in cui gli alieni hanno prevenuto le apocalissi nucleari e «quando potremo fare il salto e visitare i Men in Black».Sebbene non sia chiaro se esistano prove che potrebbero supportare le affermazioni di Eshed, sono arrivate appena prima di un recente annuncio di “Space Il”, il gruppo dietro il tentativo fallito di Israele di far atterrare un veicolo spaziale sulla Luna nel 2019. Caricato sui social media con il testo “Pronto a emozionarti di nuovo?”, l’annuncio conteneva un video di 15 secondi della Luna, con il testo che diceva “Ritorno alla luna”, seguito dalla data del 9 dicembre 2020. È probabile che questo sia il seguito del veicolo spaziale Beresheet, che si è schiantato dopo che gli ingegneri hanno perso il contatto con esso pochi minuti prima che fosse dovuto atterrare. Tuttavia, il progetto di follow-up, intitolato Beresheet 2, dovrebbe richiedere tre anni per essere pronto.(Aaron Reich, “L’ex capo della sicurezza spaziale israeliana dice che gli alieni esistono, ma l’umanità non è pronta”, dal “Jerusalem Post” del 10 dicembre 2020. Ingegnere aerospaziale e docente universitario, il generale Haim Eshed è stato fondatore e direttore del programma di difesa spaziale del ministero della difesa israeliano dal 1981 al 2011.Parlando in un’intervista a “Yediot Aharonot”, Haim Eshed – che è stato a capo del programma spaziale israeliano per quasi 30 anni e ha ricevuto tre volte l’Israel Security Award – ha spiegato che Israele e Stati Uniti hanno entrambi a che fare con gli alieni, da anni. E questo non si riferisce assolutamente agli immigrati, con Eshed che chiarisce l’esistenza di una “Federazione Galattica”. L’87enne ex capo della Divisione Spaziale del ministero della difesa ha fornito ulteriori descrizioni su che tipo di accordi sono stati presi, esattamente, tra gli alieni e gli Stati Uniti, che apparentemente sono stati fatti perché desiderano ricercare e comprendere «il tessuto dell’universo». Questa cooperazione include una base sotterranea segreta su Marte, dove sono presenti rappresentanti americani e alieni. Se fosse vero, ciò coinciderebbe con la creazione della Space Force da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump come quinto ramo delle forze armate statunitensi, anche se non è chiaro da quanto tempo questo tipo di relazione, se del caso, sia in corso tra gli Stati Uniti e i suoi rapporti con alleati extraterrestri.
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Poveri illusi, credete che ci lascino tornare alla normalità?
Qualche settimana fa Bill Gates, tipico rappresentante della barbarie culturale americana “aumentata” e resa cieca dal potere e da livelli di ricchezza indecorosi, ha paragonato la lotta al Covid alla seconda guerra mondiale, un parallelo demenziale dove il virus diventa Hitler e i vaccini e il controllo sociale informatico fanno la parte delle forze alleate. E’ evidente che Bill non ha mai aperto un libro di storia in vita sua o se lo ha fatto non ci ha capito molto, ma non rinuncia a utilizzare in maniera ancora più grottesca del solito la reductio ad hitlerum che è l’artificio retorico fondamentale del Washington consensus: tutto ciò che si oppone ai disegni delle élites occidentali diventa il male assoluto. Tuttavia nello stesso editoriale dove il vaccinatore folle propone questo sconsiderato paragone, fa un un esame e al tempo stesso un panegirico di tutti gli strumenti informatici e i finanziamenti privati disponibili per il “passaporto Covid”, ovvero i certificati digitali sanitari destinati a dividere i sani dai “malati”, i puri dagli intoccabili e questo per ogni virus presente e futuro, esistente o meno, creato o pompato. Ora è difficile immaginare qualcosa di più vicino allo spirito del nazismo e alle tendenze eugenetiche di quel regime che sono diventate anche quelle delle attuali oligarchie del denaro.Ora di ciò che pensa Gates potremmo anche infischiarcene da un punto di vista puramente intellettuale vista l’assoluta povertà dei contenuti e la consapevolezza appannata dal denaro che spinge fatalmente a giocare con i destini altrui mostrando il volto della filantropia, ma non si può evitare il confronto con la nuova eugenetica che nasce dal controllo di massa. Essa si fonda su una sorta di dittatura pseudoscientifica, cone del resto l’eugenetica del secolo scorso: non dimentichiamo che il manifesto per la razza dell’estate 1938 – ed era proprio luglio – si chiamava ufficialmente “manifesto degli scienziati per la razza” a dimostrazione che la libertà della scienza è solo un concetto limite, qualcosa che si conquista ogni giorno, ma che non è possibile dare per scontato, anzi non lo è quasi mai. Oggi invece di dividere l’umanità a seconda del colore della pelle o dell’etnia la si intende dividere in individui che accettano la perdita delle libertà fondamentali, ovvero i nuovi “sani” e chi invece recalcitra avendo coscienza che questa ingegnerizzazione della società elaborata nei think tank neoliberisti e negli incubi dei super ricchi spazza via la dignità, il lavoro e il futuro per enormi masse di persone.Il tutto si traduce si traduce anche in un neo maltusianesimo che del resto è un altro dei punti apertamente portato avanti da Gates. Come egli concili la diminuzione di popolazione con la campagna vaccinale che dovrebbe avere lo scopo opposto è per ora un mistero, ma temo che se non si riuscirà ad arginare il neonazismo sanitario di cui Gates è il Führer, lo scopriremo presto. Chi pensa che la situazione che si è creata con l’assunzione di un virus modestamente patogeno in killer universale sia passeggera, che si tornerà alla normalità e che i danni inflitti dalle misure di contenimento a seguito di una semplice sindrome influenzale potranno essere riparati, è davvero un ingenuo: proprio l’artificialità dell’allarme denuncia che ci sono poteri interessati a trasformare la crisi in stato permanente e distruggere così ciò rimane della democrazia, sia pure ridotta a democratismo, come aveva previsto nello specifico Marcuse, ma che tutta la scuola di Francoforte aveva previsto attraverso la pervasività dei media di massa, che abituano le persone ad una ricezione passiva dei messaggi. Finito un virus se ne farà un altro e poi un altro ancora, e se non basta verranno aggiunti sempre nuovi pericoli. Ecco perché non bisogna farla passare liscia ai narratori della peste, perché la peste sono loro.(”Adolf Gates”, dal blog “Il Simplicissimus” del 5 luglio 2020).Qualche settimana fa Bill Gates, tipico rappresentante della barbarie culturale americana “aumentata” e resa cieca dal potere e da livelli di ricchezza indecorosi, ha paragonato la lotta al Covid alla seconda guerra mondiale, un parallelo demenziale dove il virus diventa Hitler e i vaccini e il controllo sociale informatico fanno la parte delle forze alleate. E’ evidente che Bill non ha mai aperto un libro di storia in vita sua o se lo ha fatto non ci ha capito molto, ma non rinuncia a utilizzare in maniera ancora più grottesca del solito la reductio ad hitlerum che è l’artificio retorico fondamentale del Washington consensus: tutto ciò che si oppone ai disegni delle élites occidentali diventa il male assoluto. Tuttavia nello stesso editoriale dove il vaccinatore folle propone questo sconsiderato paragone, fa un un esame e al tempo stesso un panegirico di tutti gli strumenti informatici e i finanziamenti privati disponibili per il “passaporto Covid”, ovvero i certificati digitali sanitari destinati a dividere i sani dai “malati”, i puri dagli intoccabili e questo per ogni virus presente e futuro, esistente o meno, creato o pompato. Ora è difficile immaginare qualcosa di più vicino allo spirito del nazismo e alle tendenze eugenetiche di quel regime che sono diventate anche quelle delle attuali oligarchie del denaro.
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Conte come il despota Cromwell, chi oggi lo stima lo odierà
Mi voglio rivolgere oggi a tutti quegli italiani (a quanto pare non sono pochi) che, incredibilmente, continuano a sostenere l’operato del governo Conte. Non mi interessa, sinceramente, se lo facciano per masochistico asservimento, per appartenenza politica o logica di partito, per cronica ipocondria o perché – cosa ancor più grave – sono veramente convinti, nella loro ingenuità, che questo esecutivo stia operando per il loro bene e per il loro interesse. Ebbene, intendo rivolgere a questi italiani alcune precise domande: vi site accorti che questo governo ha precipitato l’Italia, giorno dopo giorno, in una dittatura orwelliana dominata da un pensiero unico tecnocratico-scientista? Vi siete accorti che la nostra Costituzione è stata ignobilmente calpestata, infangata e cancellata con un tratto di penna proprio da quelle massime cariche dello Stato che avevano giurato di difenderla? Vi siete accorti che nessun membro del governo, nessun governatore di Regione, nessun politico o parlamentare, sia della maggioranza che dell’opposizione (a parte le voci nel deserto di Vittorio Sgarbi e Sara Cunial), da febbraio ad oggi ha più menzionato la parola “democrazia”, ha più parlato dei fondamentali e sacrosanti diritti dei cittadini sanciti dalla Costituzione?Vi siete accorti che chiunque oggi scenda in piazza per difendere tali diritti e la stessa Costituzione che li garantisce viene puntualmente accusato dai nostri governanti e dai media compiacenti di essere un “irresponsabile” o addirittura un “complottista”? Se vi siete accorti di tutto questo e continuate a tacere, se vi siete accorti di tutto questo e vi sta ancora bene l’operato di questo governo, mi dispiace per voi, ma siete indegni di essere italiani e non meritate quei diritti e quelle libertà che vi hanno tolto mentre voi li applaudivate, gridando dai vostri balconi “Andrà tutto bene!”. Tutto bene un kaiser! Alcune settimane fa, commentando un mio articolo, una lettrice evidentemente filo-governativa mi ha accusato di «non avere rispetto per tutti coloro che sono morti». Io le ho prontamente replicato di essere semmai lei a non avere alcun rispetto nei confronti di quelle decine di migliaia di uomini e donne che hanno lottato, combattuto e dato la propria vita per conquistare e difendere la democrazia e la libertà. Almeno ha avuto il buon gusto di non replicare.Negli ultimi mesi si è consumata una vicenda senza precedenti nella storia umana: in seguito ad un allarme sanitario partito dalla Cina, la maggior parte dei governi mondiali, e in modo particolare quelli europei, seguendo tutta una serie di linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (linee guida poi rivelatesi parte di un’agenda già da tempo pianificata), aggirando abilmente ogni legittimo dibattito parlamentare, ha applicato e imposto un prolungato “stato d’emergenza” che ha portato alla sospensione o al restringimento dei più elementari e inalienabili diritti dei cittadini, alla forzata chiusura delle attività commerciali e lavorative, alla deliberata distruzione dell’economia e della classe media e al prolungato confinamento domiciliare di centinaia di milioni di persone. E tutto questo è avvenuto con il medesimo, identico copione, in decine di nazioni, nelle quali la democrazia rappresentativa è stata cancellata con un tratto di penna e sostituita con una dittatura scientista e tecnocratica pronta a imporre con la forza e con la piena complicità dei media un aberrante pensiero unico, e a reprimere con la censura e l’intimidazione ogni forma di dissenso.E l’Italia, in questo contesto, come ben sappiamo si è brillantemente distinta, dimostrando non solo la totale assenza di ogni autentica opposizione politica, ma arrivando a instaurare un inaudito clima mediatico di terrore e di repressione poliziesca. Come uomo libero e di buoni costumi sono stato tra i primi a denunciare con forza fin dall’inizio non solo la pessima gestione, da parte dell’esecutivo, di una “emergenza” pianificata e creata ad arte da quei poteri e quelle lobby che come ben sappiamo tirano da sempre le fila della politica, ma anche le inaudite restrizioni delle nostre libertà fondamentali e dei nostri più basilari diritti costituzionali. Già a marzo avevo con forza denunciato l’illegittimità e l’anticostituzionalità del lockdown e dei decreti della Presidenza del Consiglio, paragonando senza mezze misure Giuseppe Conte ad una figura nefasta come Oliver Cromwell. Chi ha un minimo di cognizioni storiche si ricorderà, infatti, come la spietata dittatura di un “signor nessuno” come Cromwell, nel XVII° secolo, in soli cinque anni, riuscì a precipitare l’Inghilterra in un abisso di orrore e disperazione.Dopo l’abbattimento della liberale monarchia degli Stuart, questo “signor nessuno” (in realtà un burattino manovrato, guarda caso, dalle stesse lobby di potere con cui ancora oggi ci scontriamo), proclamatosi “Lord Protettore” con l’appoggio del Parlamento, cancellò con un tratto di penna i più elementari diritti dei cittadini, compresi quelli di parola e di riunione; fece arrestare, torturare e giustiziare chiunque si opponesse alla sua tirannia eterodiretta; distrusse completamente l’industria, l’imprenditoria e l’economia e, immancabile ciliegina sulla torta, sottrasse allo Stato il potere di emettere moneta, concedendolo interamente a banchieri privati come i Rothschild. E fece tutto questo con il pieno appoggio del Parlamento, semplicemente perché non esisteva più alcuna vera opposizione. Oliver Cromwell non pagò in vita per i suoi crimini, in quanto morì di malaria e complicazioni renali a Londra il 3 Settembre 1658; ma, una volta ripristinate in Inghilterra la giustizia e la legalità, il suo corpo venne riesumato, e poi pubblicamente sventrato, impiccato e decapitato. La sua testa venne poi esposta, su un palo alto sei metri, a Westminster Hall fino al 1685, quando una tempesta la fece rotolare a terra. Sic semper tyrannis!Molto probabilmente la drammatica situazione che, mentre scrivo, stiamo ancora vivendo sarà un giorno menzionata nei libri di scuola dei nostri figli e nipoti come il più grande inganno degli ultimi secoli. Un grande inganno perpetrato, ai danni dei popoli, da una certa élite di potere che, con il pretesto di una falsa pandemia e servendosi di un “virus” abilmente ingegnerizzato in laboratorio, ha tentato di accelerare il progetto di instaurazione di un nuovo ordine mondiale. Un nuovo ordine mondiale già da molto tempo pianificato e annunciato, fondato sul forzato depopolamento e sul controllo tecnocratico totale dei cittadini di un mondo sempre più globalizzato, con la progressiva accentrazione di tutte le risorse e ricchezze, con la distruzione delle identità etniche, nazionali, culturali e religiose, e con il graduale restringimento, fino ad arrivare alla totale eliminazione, dei diritti civili e delle libertà democratiche sanciti dalle vigenti costituzioni nazionali. Diritti civili e libertà democratiche conquistati dai popoli con il sangue, attraverso secoli di incessanti lotte e battaglie.Questo governo, come ho già scritto in altri miei recenti articoli, molto probabilmente cadrà nelle prossime settimane per via giudiziaria per gli effetti dell’Obamagate e dello scandalo Palamara, e molte verità verranno pienamente alla luce. Soltanto allora molti di coloro che lo hanno ingenuamente legittimato e applaudito apriranno gli occhi e, animati da fervore “giustizialista”, si scaglieranno verbalmente contro Conte, Di Maio, Renzi e Zingaretti, arrivando a negare di averli mai votati o sostenuti. Mentre l’intera Europa scende in piazza e si sta riappropriando dei propri diritti e della propria libertà, qui in Italia continuo a vedere solo un gregge di schiavi impauriti, con tanto di museruola, che parla a vanvera di rispetto dei “morti” senza avere alcun rispetto per i vivi. Un grande uomo e libero muratore chiamato Benjamin Franklin pronunciò queste sacrosante parole: «Chi è pronto a dar via le proprie libertà fondamentali per comprarsi briciole di momentanea sicurezza, non merita né la libertà né la sicurezza».(Nicola Bizzi, “Il conte Cromwell e i nemici della democrazia”, dalla pagina Facebook di Bizzi del 5 luglio 2020).Mi voglio rivolgere oggi a tutti quegli italiani (a quanto pare non sono pochi) che, incredibilmente, continuano a sostenere l’operato del governo Conte. Non mi interessa, sinceramente, se lo facciano per masochistico asservimento, per appartenenza politica o logica di partito, per cronica ipocondria o perché – cosa ancor più grave – sono veramente convinti, nella loro ingenuità, che questo esecutivo stia operando per il loro bene e per il loro interesse. Ebbene, intendo rivolgere a questi italiani alcune precise domande: vi site accorti che questo governo ha precipitato l’Italia, giorno dopo giorno, in una dittatura orwelliana dominata da un pensiero unico tecnocratico-scientista? Vi siete accorti che la nostra Costituzione è stata ignobilmente calpestata, infangata e cancellata con un tratto di penna proprio da quelle massime cariche dello Stato che avevano giurato di difenderla? Vi siete accorti che nessun membro del governo, nessun governatore di Regione, nessun politico o parlamentare, sia della maggioranza che dell’opposizione (a parte le voci nel deserto di Vittorio Sgarbi e Sara Cunial), da febbraio ad oggi ha più menzionato la parola “democrazia”, ha più parlato dei fondamentali e sacrosanti diritti dei cittadini sanciti dalla Costituzione?
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Guerra Usa-Cina per l’egemonia, l’Italia (virus) è una preda
Heartland o Heartlands (letteralmente: il Cuore della Terra) è un nome che venne dato alla zona centrale del continente Eurasia da Sir Halford Mackinder, il geografo inglese autore di “Democratic Ideals and Reality”. L’Eurasia è un supercontinente comprendente i continenti di Europa e Asia. La frase che riassume l’intera concezione geopolitica di Mackinder è la seguente: «Chi controlla l’Est Europa comanda l’Heartland: chi controlla l’Heartland comanda l’Isola-Mondo: chi controlla l’Isola-Mondo comanda il mondo». Bene, iniziamo adesso ad analizzare un po’ di dati in nostro possesso. Nel 2013 il presidente cinese Xi Jinping annuncia il progetto “Via della Seta” che punta a coinvolgere 65 paesi che raccolgono circa il 65% della popolazione mondiale e il 40% del Pil. Da almeno 10 anni in Europa è aperta una gara per attirare tantissimi soldi in arrivo dalla Cina. In questa gara, l’Italia è sul podio dal 2017 alle spalle di Germania e Francia. Ad inizio 2019 l’export agroalimentare Made in Italy verso la Cina aveva fatto registrare +20%, su base decennale si registra invece un incredibile +254%. In questo quadro geopolitico, logica vuole che l’amministrazione Trump e i suoi alleati storici (Israele in primis), non possono più permettersi di stare a guardare.La Via della Seta, i rapporti sempre più stretti con la Cina e la Russia, insomma il progetto Eurasia mina le fondamenta dell’egemonia americana in Europa. «Guardando anche ad occhio nudo una carta geografica diventa di chiara evidenza che la realizzazione di tale ambizioso progetto metterebbe definitivamente fuori gioco gli Stati Uniti a cui, per sventare tale pericolo, non resterebbe altra via che generare il caos» (Filippo Romeo, “Il nuovo Grande Gioco centro-asiatico). Il 3 gennaio 2020 il generale iraniano Qasem Soleimani è rimasto ucciso per rappresaglia in un attacco con drone statunitense sull’aeroporto internazionale di Baghdad, in Iraq. Ma il vero obiettivo di Trump non era l’Iran, ma la Cina e la Russia: il vero obiettivo era l’Eurasia. Sempre ad inizio 2020, in Cina nella città di Wuhan, capoluogo della provincia cinese dell’Hubei, scoppia una epidemia di coronavirus. Tra febbraio e marzo 2020, Cina, Iran ed Italia sono i tre paesi più colpiti dal coronavirus (guarda tu che coincidenze); una delle spiegazioni che ci viene data è che «il coronavirus è il virus della verità, dove appare espone la verità. Nel caso della Cina ha esposto che c’è una dittatura comunista che sopprime la verità. In Iran ha esposto il fanatismo religioso. Nel caso dell’Italia ha esposto la scarsa capacità amministrativa» (Edward Luttwak a “Di Martedì”, ripreso su “Libero”).Il 31 gennaio 2020 il Regno Unito cessa ufficialmente di essere uno Stato membro dell’Unione Europea e dell’Euratom. A marzo 2020, secondo un portavoce del ministero degli esteri di Pechino l’origine del coronavirus non sarebbe legata a errori di vigilanza e contenimento delle autorità cinesi nella città del presunto ‘focolaio zero’, ma a una contaminazione arrivata dall’esterno, per la precisione dagli Usa. «Gli Stati Uniti devono essere trasparenti! E devono pubblicare i loro dati! Gli Stati Uniti devono darci una spiegazione», attacca su Twitter uno dei portavoce del governo, Zhao Lijian. Riassumiamo quindi un attimo: «La Cina supera di gran lunga gli Stati Uniti nel numero dei brevetti registrati e produce almeno otto volte più laureati Stem [Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica] all’anno rispetto agli Stati Uniti, guadagnandosi lo status di miglior contributore alla scienza globale. Una vasta gamma di nazioni in tutto il Sud globale ha sottoscritto accordi per entrare a far parte della Bri, che dovrebbe essere completata nel 2049».«Solo l’anno scorso, le aziende cinesi hanno firmato contratti per un valore di 128 miliardi di dollari per progetti di infrastrutture su larga scala in decine di nazioni. L’unico concorrente economico degli Stati Uniti è impegnato a ricollegare la maggior parte del mondo con la versione del 21° secolo, completamente interconnessa, di un sistema commerciale che era stato al suo apice per oltre un millennio: le vie della seta eurasiatiche. Inevitabilmente, questa è una cosa che la classe dirigente statunitense non è assolutamente in grado di accettare. Considerare la Bri come una pandemia» (Pepe Escobar, su “Asia Times”). Il 10 marzo 2020, il Parlamento russo ha approvato un emendamento a una legge costituzionale che darà la possibilità all’attuale presidente Vladimir Putin di rimanere al potere fino al 2036. Il 13 marzo oltre 30 tonnellate di materiale sanitario sono state donate dalla Cina all’Italia e saranno distribuite al più presto, inoltre un team di medici cinesi inizierà a collaborare con i colleghi italiani per sconfiggere il Covid-19, mentre dagli altri Stati membri dell’Europa non arriva nessun aiuto all’Italia. La tanto cara Europa ci ha lasciato soli.Sempre a marzo, la Germania, in totale autonomia, stanzia 550 miliardi a sostegno della propria economia e con tempi rapidissimi; in Italia, una nazione messa in ginocchio dalla quarantena, il governo ha stanziato per adesso 25 miliardi (e stanno ancora valutando se concedere 500 euro per tre mesi ai lavoratori autonomi). Un paese come l’Italia, dove negli ultimi 30 anni il risparmio dei cittadini è stato letteralmente spazzato via, sarà più semplice morire di fame che di coronavirus. Ma non è finita qui. «L’esercitazione della Nato “Defender Europe”, che si terrà in Europa da aprile a maggio 2020, coinvolgerà 37.000 soldati di 18 nazioni facenti parte dell’Alleanza. Saranno impiegati circa 33.000 mezzi e container, e 450 veicoli corazzati. L’obiettivo della grande esercitazione è quello di testare la capacità dell’Europa – con il significativo contributo statunitense, ovviamente – di reagire a un atto ostile. Molti europei se ne stanno chiedendo, in questi giorni, perché – vista la diffusione del virus influenzale in tutto il continente – “Defender Europe” non venga annullata. L’esercitazione rappresenta uno degli strumenti con cui Washington argina le “velleità espansionistiche” del Cremlino e al contempo alimenta la paura dell’accerchiamento insita nell’animo russo» (”Difesa Online”).Il 14 marzo il presidente Trump mette un post su Twitter: “The United States loves Italy”, gli Stati Uniti ci amano. La risposta da parte della Cina non si fa attendere, e il 15 marzo arriva la lettera dell’ambasciatore in Italia Li Junhua: «Sono convinto che quando avremo vinto sul virus, il popolo italiano e quello cinese saranno ancora più vicini e uniti, e la cooperazione bilaterale sarà ancora più prospera. Speriamo che quel giorno arrivi presto». Bene, direi che adesso iniziamo ad avere un quadro della situazione più chiaro. Scordatevi per un attimo la propaganda mediatica di queste settimane, prendete tutte queste informazioni e unite i puntini; cambiate adesso il vostro punto di osservazione, spostatevi verso l’alto e guardate in basso: riuscite a vedere il “disegno” che si cela dietro a tutti questi avvenimenti? E’ in atto una guerra per decidere chi prenderà definitivamente il controllo dell’Europa. Da un lato il progetto Stati Uniti d’Europa, dall’altro il progetto Eurasia. Comunque vada, attualmente, l’Italia è una preda e non il predatore. Geopolitica? Fantapolitica? L’importante è prendere coscienza di quello che sta accadendo, perché in questo preciso periodo storico è fondamentale anticipare gli eventi per non rimanerci intrappolati dentro.(”Heartland: guerra, atto finale”, riflessione pubblicata da “Tommesh” su “Come Don Chisciotte” il 16 marzo 2020).Heartland o Heartlands (letteralmente: il Cuore della Terra) è un nome che venne dato alla zona centrale del continente Eurasia da Sir Halford Mackinder, il geografo inglese autore di “Democratic Ideals and Reality”. L’Eurasia è un supercontinente comprendente i continenti di Europa e Asia. La frase che riassume l’intera concezione geopolitica di Mackinder è la seguente: «Chi controlla l’Est Europa comanda l’Heartland: chi controlla l’Heartland comanda l’Isola-Mondo: chi controlla l’Isola-Mondo comanda il mondo». Bene, iniziamo adesso ad analizzare un po’ di dati in nostro possesso. Nel 2013 il presidente cinese Xi Jinping annuncia il progetto “Via della Seta” che punta a coinvolgere 65 paesi che raccolgono circa il 65% della popolazione mondiale e il 40% del Pil. Da almeno 10 anni in Europa è aperta una gara per attirare tantissimi soldi in arrivo dalla Cina. In questa gara, l’Italia è sul podio dal 2017 alle spalle di Germania e Francia. Ad inizio 2019 l’export agroalimentare Made in Italy verso la Cina aveva fatto registrare +20%, su base decennale si registra invece un incredibile +254%. In questo quadro geopolitico, logica vuole che l’amministrazione Trump e i suoi alleati storici (Israele in primis), non possono più permettersi di stare a guardare.
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Mai sprecare un’arma: virus, la guerra ibrida contro la Cina
La politica delle nuove Vie della Seta, o Belt and Road Initiative (Bri), era iniziata con il presidente Xi Jinping nel 2013, prima in Asia centrale (Nur-Sultan) e poi nel sud-est asiatico (Jakarta). Un anno dopo, l’economia cinese, a parità di potere di acquisto, aveva superato quella degli Stati Uniti. Inesorabilmente, anno dopo anno dall’inizio del millennio, la quota statunitense dell’economia globale si è andata riducendo, mentre quella della Cina è in costante ascesa. La Cina è già il centro nevralgico dell’economia globale e il principale partner commerciale di quasi 130 nazioni. Mentre l’economia degli Stati Uniti è un guscio vuoto e il modo, tipico dei giocatori d’azzardo, con cui il governo degli Stati Uniti si autofinazia (i mercati dei pronti contro termine e tutto il resto) viene visto come un incubo distopico, lo stato della civiltà avanza in una miriade di aree della ricerca tecnologica, anche grazie al Made in China 2025. La Cina supera di gran lunga gli Stati Uniti nel numero dei brevetti registrati e produce almeno otto volte più laureati Stem [scienze, tecnologia, ingegneria e matematica] all’anno rispetto agli Stati Uniti, guadagnandosi lo status di miglior contributore alla scienza globale.
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Edwards, Onu: il wireless 5G è una guerra contro l’umanità
I primi otto mesi della Seconda Guerra Mondiale senza combattimenti si chiamavano “The Phoney War”. L’uso delle onde millimetriche come tecnologia di comunicazione wireless di quinta generazione o 5G è un altro tipo di guerra dissimulata. Anche questa guerra-fantasma è silenziosa, ma questa volta vengono sparati colpi – sotto forma di raggi laser simili a radiazioni elettromagnetiche (Emr) da migliaia di minuscole antenne – e quasi nessuno nella linea di tiro sa che vengono feriti silenziosamente, gravemente e irreparabilmente. Nel primo caso, il 5G rischia di rendere le persone elettro-ipersensibili (Ehs). Forse, a rendermi Ehs è stato il fatto di stare seduto davanti a due grandi schermi di computer per molti dei 18 anni in cui ho lavorato all’Onu. Quando l’ufficio delle Nazioni Unite a Vienna ha installato potenti punti di accesso wi-fi e cellulare – progettati per servire grandi aree pubbliche – in corridoi stretti con pareti metalliche in tutto il Centro internazionale di Vienna, a dicembre 2015, mi sono ammalato continuamente per sette mesi. Ho fatto del mio meglio, per due anni e mezzo, per avvisare il personale delle Nazioni Unite, l’amministrazione e il servizio medico del pericolo per la salute del personale delle Nazioni Unite dell’Emr da questi punti di accesso, ma sono stato ignorato.Ecco perché, a maggio 2018, ho portato la questione al segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres. È un fisico e un ingegnere elettrico, e all’inizio della sua carriera aveva tenuto conferenze sui segnali delle telecomunicazioni, ma ora ha affermato di non sapere nulla al riguardo. Si è impegnato a chiedere all’Organizzazione Mondiale della Sanità di esaminare il caso, ma sette mesi dopo quei punti di accesso pubblico rimangono al loro posto. Non ho ricevuto risposte alle mie numerose e-mail. Di conseguenza, ho accolto con favore l’opportunità di unire gli sforzi per pubblicare un appello internazionale per fermare il 5G sulla Terra e nello spazio perché mi era chiaro che, nonostante ci fossero stati 43 precedenti appelli scientifici, pochissime persone hanno capito i pericoli dell’Emr. La mia esperienza di redattore potrebbe aiutarmi a garantire che un nuovo appello sul 5G, incluso il problema di trasmettere il 5G dallo spazio, fosse chiaro, completo, esplicativo e accessibile al non-scienziato. L’appello internazionale per fermare il 5G sulla Terra e nello spazio è pienamente referenziato, citando oltre un centinaio di articoli scientifici tra le decine di migliaia sugli effetti biologici dell’Emr pubblicati negli ultimi 80 anni.Dopo aver trascorso anni a elaborare documenti delle Nazioni Unite che trattano di spazio, so che lo spazio è contestato in maniera geopolitica e che qualsiasi evento spiacevole che coinvolga un satellite militare rischia di innescare una risposta catastrofica. La legge spaziale è così inadeguata – solo un esempio è la complessità della legge sulla responsabilità spaziale – che potremmo davvero chiamare l’orbita terrestre un nuovo selvaggio West. La Cina ha causato costernazione internazionale nel 2007 quando ha testato un’arma anti-satellite, distruggendo il proprio satellite. I detriti nello spazio sono la principale preoccupazione tra le nazioni “spaziali”, con una cosiddetta Sindrome di Kessler che presenta una cascata di detriti spaziali che potrebbe rendere inutilizzabili le orbite terrestri per mille anni. Il lancio di oltre 20.000 satelliti commerciali 5G in tali circostanze ti sembrano razionali? Vivo a Vienna, in Austria, dove l’implementazione del 5G è improvvisamente alle porte. Nelle ultime cinque settimane, il pre-5G è stato annunciato ufficialmente all’aeroporto di Vienna e il 5G nella Rathausplatz, la piazza principale di Vienna, che attira decine di migliaia di visitatori al suo mercatino di Natale ogni dicembre e una pista di pattinaggio ogni gennaio, due mete speciali per i bambini.Insieme agli uccelli e agli insetti, i bambini sono i più vulnerabili alla deprivazione che il 5G causa sui loro piccoli corpi. Amici e conoscenti e i loro bambini a Vienna stanno già segnalando i classici sintomi di avvelenamento da Emr: sangue dal naso, mal di testa, dolori agli occhi, dolori al petto, nausea, affaticamento, vomito, acufene, vertigini, sintomi simil-influenzali e dolore cardiaco. Riferiscono anche di una “fascia” stretta intorno alla testa; pressione sulla parte superiore della testa; brevi dolori lancinanti intorno al corpo e ronzio degli organi interni. Altri effetti biologici, come tumori e demenza, di solito richiedono più tempo per manifestarsi, ma nel caso del 5G, che non è mai stato testato per la salute o la sicurezza, chi lo sa? In una notte, in Austria è spuntata una foresta di infrastrutture 5G. Nel giro di tre settimane un’amica è passata dalla salute robusta alla fuga da questo paese, dove vive da 30 anni. Ogni persona sperimenta l’Emr in modo diverso. Per lei è stata un’estrema tortura, quindi lei e io abbiamo trascorso le sue ultime due notti in Austria dormendo nei boschi.È interessante notare che, mentre guidava attraverso la Germania meridionale, ha sofferto torture anche peggiori che in Austria, mentre nella Germania settentrionale non aveva affatto sintomi e si sentiva completamente normale: il che suggerisce che non vi è stato ancora nessun lancio del 5G. Non ci sono limiti legali all’esposizione all’Emr. Convenientemente per l’industria delle telecomunicazioni, ci sono solo linee guida non legalmente applicabili come quelle prodotte dalla grandiosa Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti, che risulta essere come il Mago di Oz: solo una piccola Ong in Germania che nomina i propri membri, nessuno dei quali è medico o esperto ambientale. Come il Mago di Oz, l’Icnirp sembra avere poteri magici. La sua prestidigitazione fa scomparire nel nulla gli effetti non termici (non riscaldanti) dell’esposizione all’Emr, poiché tenere conto delle decine di migliaia di studi di ricerca che dimostrano gli effetti biologici dell’Emr invaliderebbe le sue cosiddette linee guida sulla sicurezza. Ha incantato l’Unione internazionale delle telecomunicazioni, parte della famiglia delle Nazioni Unite, nel riconoscere queste linee guida.E una piccola e-mail inviata all’Icnirp nell’ottobre 2018 per presentare il professor Martin Palli commenti sui nuovi progetti di linee guida dell’Icnirp hanno evocato un’immediata esplosione di interesse per la presenza online del mittente – che fino a quel momento non ne aveva attratto – da parte di aziende e individui in tutto il mondo, autorità di immigrazione di un paese, l’ufficio del cancelliere austriaco (capo del governo), uno studio legale a Vienna e persino l’Interpol! Spero che le persone leggano e condividano il nostro Appello sullo Spazio 5G per svegliarsi rapidamente e gli altri e usarlo per agire da soli per fermare il 5G. Persino otto brevi mesi di questa Phoney War del 5G potrebbero provocare una catastrofe per tutta la vita sulla Terra. Elon Musk ha lanciato i primi 4.425 satelliti 5G a giugno 2019 e “coprirà” la Terra con il 5G, in violazione di innumerevoli trattati internazionali. Ciò potrebbe dare inizio all’ultima grande estinzione, per gentile concessione del multi-trilionario 5G Usa, il più grande esperimento biologico e la più atroce manifestazione di arroganza e avidità nella storia umana. La prima reazione delle persone all’idea che il 5G possa essere una minaccia esistenziale per tutta la vita sulla Terra è di solito incredulità o dissonanza cognitiva. Una volta esaminati i fatti, tuttavia, la loro seconda reazione è spesso il terrore.Dobbiamo trascendere questo per vedere il 5G come un’opportunità per potenziarci, assumerci la responsabilità e agire. Potremmo aver già perso l’80% dei nostri insetti a causa dell’Emr negli ultimi 20 anni. I nostri alberi rischiano di essere ridotti a milioni per garantire la segnalazione continua del 5G per auto, autobus e treni a guida autonoma. Staremo a guardare noi stessi e i nostri bambini irradiati, i nostri sistemi alimentari decimati, i nostri ambienti naturali distrutti? I nostri giornali stanno ora diffondendo casualmente il meme che l’estinzione umana sarebbe una buona cosa; quando però la domanda non diventa retorica ma reale, quando è la tua vita, tuo figlio, la tua comunità, il tuo ambiente che è sotto minaccia immediata, puoi davvero iscriverti a un simile suggerimento? In caso contrario, firmare l’appello Stop 5G e mettersi in contatto con chiunque si possa pensare a chi ha il potere di fermare il 5G, in particolare Elon Musk e i Ceo di tutte le altre società che intendono lanciare satelliti 5G, a partire da adesso. La vita sulla Terra ha bisogno del tuo aiuto, ora.(Claire Edwards, “La tecnologia wireless 5G è una guerra contro l’umanità”, da “Global Reserach” del 9 giugno 2019. Funzionario dell’Onu, Edwards è tra i promotori dell’appello internazionale contro la diffusione del 5G sulla Terra e nello spazio orbitale).I primi otto mesi della Seconda Guerra Mondiale senza combattimenti si chiamavano “The Phoney War”. L’uso delle onde millimetriche come tecnologia di comunicazione wireless di quinta generazione o 5G è un altro tipo di guerra dissimulata. Anche questa guerra-fantasma è silenziosa, ma questa volta vengono sparati colpi – sotto forma di raggi laser simili a radiazioni elettromagnetiche (Emr) da migliaia di minuscole antenne – e quasi nessuno nella linea di tiro sa che vengono feriti silenziosamente, gravemente e irreparabilmente. Nel primo caso, il 5G rischia di rendere le persone elettro-ipersensibili (Ehs). Forse, a rendermi Ehs è stato il fatto di stare seduta davanti a due grandi schermi di computer per molti dei 18 anni in cui ho lavorato all’Onu. Quando l’ufficio delle Nazioni Unite a Vienna ha installato potenti punti di accesso wi-fi e cellulare – progettati per servire grandi aree pubbliche – in corridoi stretti con pareti metalliche in tutto il Centro internazionale di Vienna, a dicembre 2015, mi sono ammalata continuamente per sette mesi. Ho fatto del mio meglio, per due anni e mezzo, per avvisare il personale delle Nazioni Unite, l’amministrazione e il servizio medico del pericolo per la salute del personale delle Nazioni Unite dell’Emr da questi punti di accesso, ma sono stata ignorata.
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Operaio accusa: così Mittal perde (apposta) le commesse
«I commerciali di ArcelorMittal hanno avuto un anno di tempo per “passeggiare” nel nostro pacchetto clienti: se sono in gamba, non ci rimarranno neanche le lacrime per piangere». Così parla “Giovanni”, operaio dell’ex Ilva, in un video girato dal Movimento Roosevelt il 10 dicembre. Ha il viso schermato dalla sciarpa, la voce camuffata: «Tutti, qui, hanno paura a dire certe cose». Una, in particolare: ArcelorMittal lascia le maestranze senza i mezzi necessari per lavorare. Risultato: le commesse vanno a farsi benedire. Sembra un suicidio programmato: «Mancano le attrezzature più elementari, e così il lavoro si ferma». E’ più che un sospetto: sembra il modo per avere poi il pretesto per chiudere Taranto e gli altri stabilimenti del gruppo. «Per un ordine di magazzino ci vogliono 6 autorizzazioni. Immaginate quante telefonate, poi magari il materiale arriva 2-3 mesi dopo. E nel frattempo? E’ così che fermi la produzione: non facendo niente». Durante l’amministrazione Riva, dice “Giovanni”, «chiedevi 2 e ti davano 4: il magazzino aveva anche più del necessario». Per questo, all’epoca, «le linee non si fermavano mai, funzionavano 24 ore su 24». Motivo: «C’era un interesse, che adesso evidentemente non c’è più».Roberto Hechich, dirigente del Movimento Roosevelt, ricorda un’analisi di “Micromega”: «Ci si augura – scriveva la rivista – che il governo italiano non stia davvero considerando l’opzione ArcelorMittal come exit strategy da Taranto, e non “per” Taranto: sarebbe l’inizio di un’era di difficoltà ancora maggiori per la città, per i lavoratori e per la popolazione». Scriveva profeticamente lo stesso Hechich: «Consegnare Taranto al gruppo ArcelorMittal vorrebbe dire la fine della città: la sola ragione per la quale un imprenditore spregiudicato come Mittal potrebbe accollarsi uno stabilimento come quello dell’Ilva, obsoleto e al centro di una questione giudiziaria, sarebbe voler acquisire le commesse Ilva e poi chiudere, così come Mittal ha fatto nel resto d’Europa». In effetti, in Francia, Belgio e Bulgaria, la multinazionale indiana ha acquisito stabilimenti per poi chiuderli, trasferendo la produzione dove il lavoro costa meno (ma mantenendo i prezzi elevati, dato che il prodotto è diventato più scarso). Per Taranto, ricorda Hechich, ArcelorMittal ha battuto una cordata semi-pubblica con Leonardo Del Vecchio di Luxottica e Cdp, la Cassa Depositi e Prestiti.«Nessuno dei nostri dirigenti si aspettava che vincesse Mittal», dice oggi “Giovanni”. «E’ vero, la cordata di Del Vecchio prospettava il sacrificio di più dipendenti, ma anche un cambio di paradigma: per Taranto si parlava di nuove tecnologie». Spiega sempre l’operaio: «Ci può stare, che si tagli il personale, perché – per cambiare sistema – l’altoforno lo devi fermare. Però guardi avanti: con gli anni, sarebbe potuta crescere anche l’occupazione». E invece, siamo in balia di una crisi al buio. «L’acciaio resta strategico per l’Italia», sottolinea Hechich: «Senza l’Ilva ci tocca comprare quello tedesco a prezzi più cari, oppure quello indiano (di qualità inferiore)». a Mittal conviene, chiudere l’Ilva, portandosi via i clienti e facendo produrre l’acciaio in India. «Il prezzo aumenta, se cresce la domanda e cala la disponibilità del prodotto», dice “Giovanni”, pensando all’impatto della crisi sul sistema-paese. «Senza più l’Ilva, tutta l’industria metalmeccanica italiana verrebbe a risentirne». Spiega: «La nostra base industriale è fatta di piccole e medie imprese: immaginiamo cosa voglia dire comprare acciaio dall’estero. Noi in Italia viviamo di meccanica e manifattura, e siamo stati anche i migliori al mondo, in questo campo».Con ArcelorMittal, continua la testimonianza dell’operaio, si è avuto un decadimento completo del lavoro, dopo un periodo di amministrazione straordinaria tutt’altro che facile. Tradotto: meno soldi e meno materiali. Carenza di accessori anche elementari: guanti, tubi, saldatrici. Penuria di lavoro e magazzini vuoti. «Speravamo che con ArcelorMittal tutto questo finisse, e invece ci siamo tristemente resi conto che dall’inizio dell’anno si andava avanti come prima, se non peggio». I dirigenti ripetevano: serve tempo, perché sono cambiati i fornitori. «E intanto i mesi passavano. Siamo arrivati a giugno, e questa penuria continuava». Così è tuttora: «Fermi-macchina di più di un mese perché manca l’abc della lavorazione, anche solo un bullone». Storie allucinanti: «A volte i nostri capireparto sono andati a comprare dei siliconi speciali di tasca loro, viceversa si sarebbero fermate le linee», racconta “Giovanni”. «A volte si è andati avanti grazie a noi operai: ci siamo sempre inventati di tutto e di più, pur di non smettere di lavorare. Adesso però non basta più. Ma così si fermano, le cose: facendo finta di niente». L’amministrazione straordinaria? «Aveva comunque comprato attrezzature, anche costose. Ora invece uno stabilimento è in cassa integrazione da 4 mesi per un guasto a una semplice centralina».L’operaio, portavoce dei colleghi, illumina un quadro desolante: «Gli ordinativi c’erano, ma noi non potevamo produrre perché mancavano i materiali necessari. E così, pian piano, le commesse hanno cominciato a venir meno». Una convinzione: «Secondo me c’era, fin dall’inizio, la volontà di non evadere le commesse», proprio per aggravare la crisi e consentire ad ArcelorMittar di accampare alibi per abbandonare l’Italia. «Un anno fa firmavamo con Arcelor, e accanto al contratto c’era il codice etico: dovevamo denunciare disfunzionalità, se le avessimo notate. Ora invece non c’è più nulla che funzioni. Bella presa in giro: una pantomima». Non solo: «Mittal si è lamentata del costo del nostro acciaio, proveniente dal minerale puro e non da rottami, e ne ha abbassato la qualità». E adesso? Appunto: la paura è che tutto finisca, dopo aver costretto gli operai a interrompere il lavoro, lasciandoli senza la strumentazione necessaria. «E’ incredibile sentire come il vissuto quotidiano sia molto più semplice di come viene presentato sugli schermi televisivi e politici», dice Marco Moiso, vicepresidente del Movimento Roosevelt, anche lui in collegamento video con “Giovanni”. «Ci sono persone disposte quasi a morire, per un lavoro che si sa che fa male (a chi lavora, e alla città di Taranto). Eppure, di lavoro c’è bisogno».«E’ chiaro che lo Stato deve tornare a giocare un ruolo, nell’economia. L’Italia è ancora il settimo produttore mondiale di acciaio, perdere l’Ilva avrebbe costi economici insostenibili». Per l’economista Nino Galloni, altro vicepresidente “rooseveltiano”, nel caso dell’ex Ilva «ci sono le condizioni perché lavoratori e management si uniscano, allo scopo di prendere in gestione l’azienda evadendo le commesse e salvaguardando la produzione». Secondo Galloni, «un volano finanziario può esser dato dalla capitalizzazione degli ammortizzatori sociali per circa 400 milioni all’anno». La scommessa, aggiunge, sarà sul mantenimento dei livelli competitivi internazionali: «Se poi la sfida su quei mercati non funzionasse, si aprirebbe l’alternativa tra la nazionalizzazione e forme protezionistiche». Galloni però resta «ottimista sulle nostre capacità tecnologiche di stare al passo coi tempi». Il problema, infatti, è politico: servono soldi. Ristrutturare Taranto con la tecnologia all’idrogeno, come a Linz in Austria? «Costerebbe 4-500 milioni per ogni milione di tonnellate prodotte», sintetizza l’operaio “Giovanni”. «Noi produciamo 8 milioni di tonnellate l’anno, quindi servirebbero 4 miliardi. In cambio avremmo un polo siderurgico all’avanguardia, non pericoloso per gli operai e non più inquinante per la città. Con un impianto del genere, poi, la facoltà di ingegneria di Taranto sfornerebbe fior di tecnici. Ma chi metterebbe quei 4 miliardi?».Lo Stato, risponde Roberto Hechic: non esistono alternative. «L’unica possibilità è che lo Stato ristrutturi gli impianti e risolva il problema ambientale. Poi si può anche rivendere l’acciaieria, ma le partecipate che funzionano bene (Fincantieri, Leonardo) mantengono comunque una quota statale, una “golden share”». Nel frattempo, gli operai soffrono. «A Taranto – dice ancora “Giovanni” – oggi si va avanti come negli anni ‘50, pure col senso di colpa: la fabbrica inquina la città, ma il lavoro manda avanti le famiglie. Vi sembra giusto, insistere con un metodo di produzione che uccide? E vi pare giusto che agli operai non si offrano alternative? E’ logorante, ve lo assicuro». La cosa è ancora più indisponente, chiosa Marco Moiso, se si pensa che «ci siamo appena impegnati per 120 miliardi con il Mes». E dunque, «non spendiamo 4 miliardi per una risorsa assolutamente strategica come il nostro acciaio, che oltretutto è tra i migliori al mondo?».«I commerciali di ArcelorMittal hanno avuto un anno di tempo per “passeggiare” nel nostro pacchetto clienti: se sono in gamba, non ci rimarranno neanche le lacrime per piangere». Così parla “Giovanni”, operaio dell’ex Ilva, in un video girato dal Movimento Roosevelt il 10 dicembre. Ha il viso schermato dalla sciarpa, la voce camuffata: «Tutti, qui, hanno paura a dire certe cose». Una, in particolare: ArcelorMittal lascia le maestranze senza i mezzi necessari per lavorare. Risultato: le commesse vanno a farsi benedire. Sembra un suicidio programmato: «Mancano le attrezzature più elementari, e così il lavoro si ferma». E’ più che un sospetto: sembra il modo per avere poi il pretesto per chiudere Taranto e gli altri stabilimenti del gruppo. «Per un ordine di magazzino ci vogliono 6 autorizzazioni. Immaginate quante telefonate, poi magari il materiale arriva 2-3 mesi dopo. E nel frattempo? E’ così che fermi la produzione: non facendo niente». Durante l’amministrazione Riva, dice “Giovanni”, «chiedevi 2 e ti davano 4: il magazzino aveva anche più del necessario». Per questo, all’epoca, «le linee non si fermavano mai, funzionavano 24 ore su 24». Motivo: «C’era un interesse, che adesso evidentemente non c’è più».
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Pino Aprile: truccati gli archivi, nascosto il genocidio del Sud
Come nasce la storiografia italiana? Nasce con un atto del 1830 da un piccolo, ristrettissimo gruppetto – parliamo di 2-3 famiglie: nessuno di loro aveva mai scritto o insegnato storia. Persone di buona cultura, normalmente di ambiente cattolico molto tradizionalista, alla De Maistre; individui nobili, possidenti terrieri, di strettissima osservanza sabauda. Le regole sono: vanno distrutti tutti i documenti che gettano ombre sulla dinastia. Quelli che non vengono distrutti devono essere classificati e collocati in un archivio segreto, inviolabile. Un’altra parte deve finire in archivi controllati da loro. Quella mostrata dev’essere una piccola parte. Saranno gli archivisti a scegliere a chi far vedere i documenti, controllando (in corso d’opera) come li usano. E chi poi scriverà di quei documenti dovrà prima sottoporre ai controllori l’elaborato, in modo che si decida se potrà essere pubblicato oppure no. Tutto questo è documentato dall’Istituto Studi Storici del Risorgimento (la massima autorità, il professor Umberto Levra, già docente all’università di Torino e presidente dell’associazione dei docenti di storia risorgimentale). Viene documentato come il Re in persona, per “aggiustare” la storia, strappasse documenti e lettere dei suoi familiari.