Archivio del Tag ‘ingenuità’
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Il Corriere: gli Stati Generali di Francheschiello, il Re Sòla
«Tornassi indietro, rifarei tutto uguale». Il primo segnale che qualcosa non andava avremmo forse dovuto coglierlo il giorno che Conte andò per la prima volta in Lombardia, il 27 aprile, un paio di mesi dopo il primo caso di Codogno. Insomma, dal premier di un paese che piange 35 mila morti e conta 235 mila casi di Covid-19 ci si sarebbe potuto aspettare qualche dubbio in più sulla propria performance. Ma gli indizi, da allora, si sono succeduti e moltiplicati: un tratto sovrano, non sovranista ma proprio sovrano, una leggera megalomania, una folie de grandeur sembra essersi impadronita dell’ex avvocato del popolo, trasformando la narrazione dell’umile figlio della patria strappato alla sua amata professione, in quella del padre della patria vocato a una missione salvifica. «Rifarei tutto uguale» l’aveva detto solo Trump. E anche «tutto il mondo ci copia». «Renderò edotto il Parlamento», invece, l’avrebbe potuto dire Trump perché lui è presidente, non del Consiglio ma degli Stati Uniti. Invece neanche Trump l’ha detto. Conte sì, quando ha annunciato, con grazia, che dal sistema emergenziale dei Dpcm sarebbe passato a informare le Camere a scadenze fisse. Ma le frasi non dicono tutto. E poi ci vuole un orecchio allenato per coglierne la progressiva enfasi monarchica.Le immagini contano di più. Il cortile di Palazzo Chigi addobbato con guida rossa e standing portavoce per una conferenza stampa aveva una innegabile assonanza presidenziale con la coreografia dell’Eliseo. E il concedersi a microfoni e telecamere del press pack in Piazza Colonna, beh, quello sembra preso pari pari dai meeting informali con la stampa e le tv del premier inglese davanti a Downing Street. Manca il giardino della Casa Bianca, ma forse a Villa Pamphilj si potrà riparare. Naturalmente è bastato dire «Stati Generali» per evocare un sospetto di sovranità, anche se in realtà molto sfortunata, perché l’esito della manovra politica di Luigi XVI per risolvere la grande emergenza del suo regno fu così orribile da restare proverbiale. Ma siamo certi che Conte non avesse di certo in mente quel Borbone quando ha usato la fatidica immagine. Secondo alcuni dei suoi critici si immaginava piuttosto come un predecessore del decapitato, il Re Sole. Secondo altri, più cattivi, il Borbone cui rischia di assomigliare è di un altro ramo: Franceschiello, l’ultimo re delle Due Sicilie.C’è chi dice che Conte lo fa perché si è messo in testa di dotarsi di un suo partito, che i sondaggi danno tra il 12 e il 15, un po’ meno di quanto davano al partito di Monti mentre questi era a Palazzo Chigi, giusto per memoria di quanto transit gloria mundi. C’è chi invece insinua che nella sua testa siano state piantate ambizioni più grandi, visto che nel 2022 si elegge il Capo dello Stato, e se il Parlamento tiene fino ad allora ad eleggerlo dovrebbe essere l’attuale maggioranza. Confesso che non credo a queste maldicenze. La minaccia di farsi un partito, fatta circolare in queste settimane, sembra più che altro un’assicurazione per tenersi i partiti che ha: come minaccia verso i Cinquestelle per esempio funziona, attenti che se andiamo alle urne vi rubo un po’ di voti. E la storia del Capo dello Stato, beh, se uno vuole fare il Capo dello Stato la prima attività cui si applica è quella di conquistarsi qualche amico nell’opposizione, perché la maggioranza politica del momento non è mai bastata per salire al Quirinale, e questa volta meno che mai, visto che dovrebbe contare sulla lealtà di Renzi.Forse le cose sono più semplici, e più casuali. Forse non è estraneo un elemento di improvvisazione che nella cultura politica di Conte è quasi inevitabile, viste le origini. Non si vuol qui dire che possa essere paragonato al personaggio di un dramma romantico di Victor Hugo, Ruy Blas, valletto di un altro conte che si ritrova a fare il primo ministro di Spagna per una somiglianza. Ma certo il nostro Conte è un premier per caso, asceso a Palazzo Chigi per mancanza di un leader vincente alle elezioni, e rimastoci grazie a un ribaltamento di maggioranza. Il fatto è che l’uomo ha un eloquio indubbiamente fluente, forse retaggio di oratoria da avvocato, è intelligente e ha una certa simpatia fisica, e certe volte ci si affida un po’ troppo. Si dovrà dunque essere comprensivi per qualche stonatura istituzionale. Come quando, l’altro giorno, ha risposto al centrodestra che chiedeva di essere consultato nelle sedi istituzionali, che Villa Pamphilj lo è, visto che è sede di rappresentanza, mentre quelli intendevano la sede dei rappresentanti, il Parlamento.Se di qualcosa Conte aveva bisogno per dare forza istituzionale ai suoi Stati Generali quella era proprio la partecipazione delle opposizioni; darne l’annuncio senza averli prima conquistati all’idea è stata dunque più ingenuità e fregola mediatica che arroganza. Né, se il mestiere politico fosse stato più radicato, il premier si sarebbe mai fatto scappare, per descrivere il programma dei lavori, che la prima serata avrebbe visto la partecipazione di «grandi ospiti internazionali», mutuando alla perfezione il lessico di Amadeus. Ma queste sono nuances. Più pericoloso per un aspirante sovrano, soprattutto quando incontra vis-à-vis il popolo come ha fatto l’altra sera parlando con un contestatore in piazza, è mostrare di non sapere che il reddito di cittadinanza non è di 800 euro per tutti, ma molto, molto meno per tanti. Perché ricorda troppo da vicino la storia delle brioche di un’altra personalità coinvolta nella storia degli Stati Generali: Maria Antonietta.(Antonio Polito, “Conte, frasi e scenografie solenni: l’enfasi da Re Sole dell’avvocato del popolo”, dal “Corriere della Sera” del 12 giugno 2020).«Tornassi indietro, rifarei tutto uguale». Il primo segnale che qualcosa non andava avremmo forse dovuto coglierlo il giorno che Conte andò per la prima volta in Lombardia, il 27 aprile, un paio di mesi dopo il primo caso di Codogno. Insomma, dal premier di un paese che piange 35 mila morti e conta 235 mila casi di Covid-19 ci si sarebbe potuto aspettare qualche dubbio in più sulla propria performance. Ma gli indizi, da allora, si sono succeduti e moltiplicati: un tratto sovrano, non sovranista ma proprio sovrano, una leggera megalomania, una folie de grandeur sembra essersi impadronita dell’ex avvocato del popolo, trasformando la narrazione dell’umile figlio della patria strappato alla sua amata professione, in quella del padre della patria vocato a una missione salvifica. «Rifarei tutto uguale» l’aveva detto solo Trump. E anche «tutto il mondo ci copia». «Renderò edotto il Parlamento», invece, l’avrebbe potuto dire Trump perché lui è presidente, non del Consiglio ma degli Stati Uniti. Invece neanche Trump l’ha detto. Conte sì, quando ha annunciato, con grazia, che dal sistema emergenziale dei Dpcm sarebbe passato a informare le Camere a scadenze fisse. Ma le frasi non dicono tutto. E poi ci vuole un orecchio allenato per coglierne la progressiva enfasi monarchica.
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Pericolosi dementi: odiano Salvini e ignorano De Donno
Strano paese, questo: il governo fa come se non esistesse, il medico di Mantova che ha scoperto come annullare la minaccia del coronavirus. Mezzo mondo fa la corte al professor Giuseppe De Donno, che ha trovato l’uovo di Colombo: se nelle vene di un malato si inietta il plasma di un soggetto guarito, il male scompare alla velocità della luce. Grosso guaio, per chi aveva scommesso sulla Peste Bubbonica 2.0, di durata pressoché infinita. Un flagello abbastanza spaventoso da trasformare i cives in pecore, dispostissime domani a subire un vaccino di massa, obbligatorio (che grandi virologi ritengono perfettamente inutile, dato il carattere mutante dei virus Rna). Ma il Covid-19 è perfetto, per lanciare il vaccino come rimedio ineludibile. E a sua volta, sostiene il criminologo Alessandro Meluzzi, la vaccinazione non è che la premessa del vero obiettivo: il microchip universale da inserire sottopelle, che trasformerebbe gli esseri umani in unità sorvegliate h-24, attraverso lo strettissimo monitoraggio che registrerebbe in tempo reale ogni loro mossa. Tutto questo, grazie a infrastrutture informatiche invasive e forse anche pericolose per la salute, come la misteriosa rete 5G che avanza incontrastrata, in Italia, grazie al Movimento 5 Stelle ora al governo con il Pd, l’euro-partito “tedesco” del Rigor Montis.Imbavagliati dalle mascherine che li trasformano in automi coatti, spaventati dall’autorità e disinformati in modo spietato e grottesco da giornali e televisioni, gli italiani per ora assistono agli eventi. Uno su tutti: il crollo dell’economia. Lo ha imposto il governo-fantasma del ventriloquo Conte, che ha confiscato la libertà democratica per restare avvinghiato all’emergenza (che si augura eterna) per non dover fare i conti con i disastri che ha combinato, le promesse a vuoto e i ritardi incresciosi, dai mitici 600 euro alla cassa integrazione, fino alla patetica “preghiera” rivolta alle banche, nel paese in cui l’ex Fiat (migrata all’estero) pretende subito 6,3 miliardi di aiuti, innanzitutto per sé. Ci sarebbe da metter mano a un piano di rilancio epocale, disperatamente necessario già prima della pandemia, ma i pallidi arconti di Palazzo Chigi e i vari prestanome insediati nei ministeri non sanno letteralmente che pesci pigliare: “ispirati” dalle centinaia di anonimi tecnocrati a cui hanno ceduto le leve di comando, sperano che il regime di psicosi duri il più possibile, sotto la sferza della nuova polizia sanitaria, ma sanno che prima o poi – da settembre, al massimo – i nodi verranno al pettine. Dettaglio illuminante: la decisione di Mattarella di non consentire a Conte altri sei mesi di stato d’emergenza. Come dire: questo mediocre teatro di attori cialtroni e minacciosi è durato anche troppo.Sconcerta la presa che questo potere autoritario esercita ancora, su vastissimi strati di cittadini: ad esempio, non vengono pretese le dimissioni immediate del presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, che annuncia di voler “stanare casa per casa” i contagiati, quasi fossero untori della peste e non invece portatori di un virus che secondo l’Istitito Superiore di Sanità ha ucciso soltanto persone anziane e malate. Un virus che certo non fa più paura a Mantova e Pavia, gli ospedali che lo hanno “disarmato” ricorrendo agli anticorpi sviluppati dai pazienti guariti. E dove viene svolta, la sperimentazione governativa per testare ufficialmente quello che già si conosce, ovvero la validità del metodo-Mantova? A Pisa, dove – secondo De Donno – l’ospedale ha finora affrontato un solo caso di coronavirus. Il posto giusto, parrebbe, per far naufragare la cura risolutiva, secondo il sistema già collaudato, per i tumori, con la terapia Di Bella. Il ragazzetto che ufficialmente esercita il ruolo di ministro della sanità, tale Roberto Speranza (già capogruppo del Pd bersaniano che consegnò l’Italia alla Premiata Macelleria Monti e al pareggio di bilancio in Costituzione) ha l’aria di essere una semplice comparsa, in uffici dominati dall’eminente figura di Walter Ricciardi, player italiano di quella stessa Oms, finanziata dal vaccinocrate Bill Gates, che gli Usa accusano di aver “incubato” il coronavirus a Wuhan.Che i segni di follia costellino i giorni italiani del Covid lo dimostra l’astio, perdurante e surreale, nei confronti di un personaggio politico modestissimo come Matteo Salvini, che nel 2018 ebbe il piccolo merito di denunciare l’ipocrita business politico, italiano e internazionale, realizzato sulla pelle dei migranti. Lo stesso Salvini ebbe però il grandissimo demerito di aver ceduto su tutto il resto, in primis l’intransigenza Ue sulla richiesta di deficit, fino alle pressioni del super-potere che utilizzò i soliti 5 Stelle per convalidare, con Giulia Grillo, l’aberrante obbligo vaccinale improvvisamente esteso a 10 vaccinazioni, senza alcuna motivazione medica, pena l’esclusione dei bambini dalle scuole dell’infanzia. Il piccolo eroe del Papeete, ribattezzato “il cazzaro verde” dal greve propagandista Scanzi, aveva esordito malissimo, ingoiando senza fiatare il “niet” di Mattarella sulla nomina di Paolo Savona all’economia. Dipinto come un mostro razzista e xenofobo, praticamente fascista, Salvini si era difeso dall’assedio (mediatico e giudiziario, prima che politico) ricorrendo all’inchino rituale di fronte al totem di Israele, con il consueto cerimoniale: omaggiare le vittime della Shoah, trascurando le nefandezze del governo Netanjahu contro i palestinesi. Ora qualcosa sembra sul punto di rompersi: su chat di magistrati emergono espressioni come “quella merda di Salvini”, al punto da spingere il capo dello Stato a esprimere solidarietà verso il leader leghista.Ma il punto è un altro: ed è l’odio implacabile di cui il “cazzaro verde” rimane vittima, anche in pieno tsunami-coronavirus. Lo si legge nel mare mosso dei social, ottimo sismografo dei sentimenti collettivi, intasato di insulti e polemiche avvelenate. Quanto sarebbe costata la liberazione di Silvia Romano? “Meno di 49 milioni”, è la pronta risposta degli haters del “cazzaro”, disposti a bersi la bufala secondo cui la Lega avrebbe davvero “rubato” quei soldi. La verità la sintetizza Luca Telese, mai tenero coi leghisti: attraverso una sentenza che non ha precedenti in Italia, la magistratura (cioè, colleghi dei magistrati che ammettono di aver cercato di fermare “quella merda di Salvini”) ha semplicemente decretato, a posteriori, che la Lega non avrebbe avuto diritto ai finanziamenti annuali, nel frattempo pervenuti e regolarmente spesi per l’attività politica, in modo trasparente. Tutto questo, per via di remote malversazioni imputate all’epoca di Bossi (peraltro di entità infinitamente minore: solo mezzo milione di euro, a quanto pare), quando l’allora oscuro Salvini era un semplice consigliere comunale. Non pochi specialisti del diritto hanno considerato quella sentenza un’anomalia giuridica: quando infatti la Lega di Salvini riceveva regolarmente quei 49 milioni (la somma dei rimborsi di svariate tornate elettorali) era perfettamente autorizzata a incassarli.Ripetere oggi che la Lega (e quindi l’odiato “cazzaro”) avrebbe “rubato” 49 milioni, è patetico, a prescindere dall’opinione politica, anche pessima, che si possa avere del discutibilissimo ex ministro dell’interno, capace di performance imbarazzanti e indimenticabili, come quando – vestito da poliziotto – andò all’aeroporto ad accogliere l’ex terrorista Cesare Battisti, estradato dal Sudamerica. Preoccupante, parlare di 49 milioni “rubati”. E ancora più allarmante se un’idiozia simile la si ripete mentre il paese sta collassando, vessato dai suoi strani carcerieri e minacciato da un futuro che più buio non potrebbe essere. Torna in mente l’allegoria manzoniana dei capponi di Renzo, che non trovano di meglio che scannarsi tra loro anche un attimo prima di finire in padella. A Rivoli, grosso centro dell’hinterland torinese, è stata letteralmente scuoiata viva, per settimane, una donna malaccorta, vicesindachessa (in quota Lega, ecco il guaio), protagonista di un’uscita infelice sul presunto abuso politico del 25 Aprile. A crocifiggerla, con petizioni e tam-tam di ogni genere, sui social, gli autoproclamati Eredi Unici e Universali dei Partigiani. Italiani “di sinistra”, anch’essi prigionieri dei decreti Conte: eppure, benché relegati agli arresti domiciliari, la Liberazione l’hanno celebrata dai balconi, cantando Bella Ciao, senza lontanamente domandarsi come avrebbero reagito, gli amati partigiani, di fronte a inaudite restrizioni delle libertà imposte forzando proprio la Costituzione antifascista.Il problema? L’identità leghista, e quindi “cazzara”, della povera vicesindachessa. Certo, lo stesso Salvini è l’ultimo a potersi lamentare del clima di brutale intolleranza che regna nel paese, avendo lui stesso dato un enorme contributo all’imbarbarimento dei costumi politici. Ma è possibile che i suoi tanti odiatori non vedano quanto sia piccolo, Salvini, di fronte all’immensità del problema totalitario chiamato coronavirus? Viene addirittura il sospetto che la mano invisibile che ha aiutato Salvini ad emergere, ospitandolo per anni il televisione, volesse proprio questo: gonfiare una rana di fatto innocua per il potere europeo, ma abbastanza spaventevole per i gonzi italiani che ancora non hanno capito che qualcuno sovragestisce abilmente l’affare planetario del Covid. Per questo Salvini resta perfetto, ancora oggi, come spaventapasseri: distrae gli ingenui dal vero problema, dai veri decisori. Se l’è anche cercata, Salvini, persino in Emilia: la decisione di molestare al citofono un tunisinino, trattandolo come uno spacciatore, resterà negli annali dei suicidi politici. E il peggio è che il beneficiario del suicidio, l’incolore Bonaccini, oggi passa quasi per eroe: funziona alla grande, l’odio verso Salvini, per sdoganare l’idea – vagamente hitleriana – di chi pensa di “stanare casa per casa” gli italiani che non risponderanno signorsì al Ministero della Verità.Chi ancora perde il suo tempo a odiare Salvini, mentre il paese crolla e l’orizzonte della libertà si allontana di giorno in giorno, non spende una parola di indignazione per l’ignobile “task force” istituita dal piddino Martella per censurare l’informazione sul Covid. Chi detesta il “cazzaro” non protesta perché Fabio Fazio, anziché il salvatore De Donno, invita a ripetizione Roberto Burioni: un tizio che nel suo Patto per la Scienza (firmato da Grillo, Renzi e Mentana) anticipò i tempi duri che stiamo vivendo, con la pretesa – messa per iscritto – di pilotare i fondi destinati alla ricerca. E’ lo stesso Burioni che, per silenziare uno scienziato eretico (Stefano Montanari) ha chiesto alla magistratura di spegnere “ByoBlu”, il video-blog più seguito dagli italiani. Eppure, gli haters se la prendono con Salvini (non con Burioni o Fazio), e parteggiano per l’imbarazzante Bonaccini (non per l’eroe nazionale De Donno). Ma se in questo si volesse scorgere una simmetria, si sbaglierebbe: perché nemmeno Salvini si batte per De Donno e contro Burioni. Gli italiani sono soli: questa è la verità. E a milioni, ancora, si accaniscono contro falsi nemici. Cosa sarebbe successo, se Berlusconi avesse imposto anche solo da decima parte dei diktat di Conte? E se lo avesse fatto Salvini, addirittura? Va tutto bene, invece, se i Pieni Poteri se li prende “l’avvocato del popolo”, lo yesman fabbricato dalla peggiore baronia universitaria e protetto dal Vaticano, imbucato oculatamente tra i 5 Stelle un attimo prima che gli elettori, nel 2018, ne decretassero il trionfo.Cosa bisogna pensare, degli elettori che nel 2018 diedero fiducia all’ingenuo Speranza, agli scalpitanti grillini, all’economista di sinistra Alberto Bagnai rassegnato a candidarsi con la Lega vista l’impossibilità di praticare teorie di sinistra nello zoo renziano e zingarettiano? Con sfumature diverse, tutti questi elettori – milioni di italiani, davvero tanti – erano accomunati da un’unico bisogno: la necessità di rimettere la politica al di sopra della finanza. Com’è finita, lo si è visto: prima l’inconcludente governo gialloverde, poi l’altrettanto inutile esecutivo giallorosso, identico al precedente, con la sola variante (meramente estetica, cosmetica) dell’assenza del “cazzaro”. Stessa politica: austerity, in ossequio al super-potere di Bruxelles. Fino al magico V-Day, non più grillino ma cinese: l’avvento dell’Era del Virus. Il piano prevedeva precisamente il pandemonio, e infatti eccolo all’opera: niente sarà più come prima. Se i cittadini rassegnati (ieri al lockdown e oggi alla museruola) pensano ancora che l’incubo si dissolverà, forse non hanno capito quello che è successo davvero.Sarà proprio la ferocia della crisi – dicono alcuni osservatori – ad aprire gli occhi ai dormienti, spingendoli a fare l’unica cosa sensata: unire le forze, mettendo da parte l’odio tribale che serve solo a chi ha interesse a dividere gli ex cittadini, trasformati in sudditi in soli due mesi, a colpi di decreti, da parte di un premier mai eletto da nessuno. La strada però è ancora lunga: lo dice la stima di cui tuttora gode il peggior primo ministro della storia nazionale. C’è chi lo ama, addirittura: perché osò sfidare il “cazzaro”. Non sembra avere fine, l’autolesionismo italiota: si riverbera magnificamente nell’imbecillità di chi demonizza i ragazzi che si assiepano all’aperitivo, dopo quasi tre mesi di clausura. Imbecillità criminosa, a questo punto: perché in tempo di guerra gli idioti diventano un pericolo pubblico. Guardare di traverso chi non indossa la museruola significa essere essere complici, oltre che cretini: complici di chi censura la verità, di chi tace i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (tra le vittime classificate Covid, solo il 3,7% non affetto da gravi patologie pregresse). Complici, soprattutto, di chi finge che il Covid sia tuttora un male incurabile: complici, quindi, dei censori che oscurano De Donno. Un medico di cui tutti gli italiani dovrebbero andare fieri, compresi quelli che lo ignorano: e anche in questo, Matteo Salvini e i suoi odiatori sono tristemente identici.(Giorgio Cattaneo, “I pericolosi dementi che ancora odiano Salvini (e ignorano De Donno)”, dal blog del Movimento Roosevelt del 23 maggio 2020).Strano paese, questo: il governo fa come se non esistesse, il medico di Mantova che ha scoperto come annullare la minaccia del coronavirus. Mezzo mondo fa la corte al professor Giuseppe De Donno, che ha trovato l’uovo di Colombo: se nelle vene di un malato si inietta il plasma di un soggetto guarito, il male scompare alla velocità della luce. Grosso guaio, per chi aveva scommesso sulla Peste Bubbonica 2.0, di durata pressoché infinita. Un flagello abbastanza spaventoso da trasformare i cives in pecore, dispostissime domani a subire un vaccino di massa, obbligatorio (che grandi virologi ritengono perfettamente inutile, dato il carattere mutante dei virus Rna). Ma il Covid-19 è perfetto, per lanciare il vaccino come rimedio ineludibile. E a sua volta, sostiene il criminologo Alessandro Meluzzi, la vaccinazione non è che la premessa del vero obiettivo: il microchip universale da inserire sottopelle, che trasformerebbe gli esseri umani in unità sorvegliate h-24, attraverso lo strettissimo monitoraggio che registrerebbe in tempo reale ogni loro mossa. Tutto questo, grazie a infrastrutture informatiche invasive e forse anche pericolose per la salute, come la misteriosa rete 5G che avanza incontrastrata, in Italia, grazie al Movimento 5 Stelle ora al governo con il Pd, l’euro-partito “tedesco” del Rigor Montis.
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Poco e tardi: Conte spera di illudere gli italiani più ingenui
La coperta era corta: con 80 miliardi di interventi anticrisi complessivamente stanziati finora, tra i 25 del decreto di marzo e i 55 di quello sul “Rilancio” varato solo il 13 maggio dopo infiniti tira-e-molla interni alla maggioranza, il governo Conte ha fatto molto meno di Francia, Germania e Gran Bretagna, privo com’è di cassa e della leadership politica per raccoglierne di più, sia sui mercati sia dall’Europa, quando si tratterà (ben presto) di trovare materialmente i soldi per finanziare tutte le misure varate ieri. Dunque una “toppa” fuori tempo massimo, e senza investimenti né visione. Così la definisce Sergio Luciano, già caporedattore della “Stampa”, del “Sole 24 Ore” e delle pagine economiche di “Repubblica”. Data la “coperta corta”, scrive Luciano sul “Sussidiario”, il Conte-bis «ha scelto di lasciare scoperti i piedi su cui camminare nel futuro anteriore e coprire invece l’interesse del consenso di breve termine, quello che forse andrà presentato al cambiavalute delle prossime elezioni, soprattutto se il buon senso politico del paese si risveglierà e riporterà gli italiani alle urne prima della naturale scadenza della legislatura».Dunque il vero “rilancio” cui allude il nome del decreto, aggiunge Luciano, «è quello delle possibilità della maggioranza, ma soprattutto personali del premier, di raccattare consensi tra gli italiani», specie i più ingenui, cioè «quelli che sono capaci di contare i benefici immediati e diretti delle misure ma che forse non avranno la competenza per ricollegarli alla carenza – che questo governo non cura – di interventi strutturali sui grandi investimenti pubblici e sulle reti che abilitano la ripresa produttiva». Ci verrà detto che quelli e queste verranno fatti in seguito, con i fondi europei, diversi da quelli emergenziali? «Speriamo: finora non è mai successo». Secondo Luciano, «questo non è un decreto per giovani: è un decreto per elettori, soprattutto vecchi». Rivelatore, l’espressione “mosaico” citata dal grillino Patuanelli per descrivere il documento appena approvato. «Un mosaico di interventi, alcuni anche ineludibili, per carità – dalla cassa integrazione rifinanziata per altre nove settimane al maxi-abbuono dell’Irap di giugno per le imprese, dal differimento delle scadenze fiscali fino a settembre al rinnovo dei contributi per gli autonomi meno ricchi – ma comunque di breve termine e di natura emergenziale».Ben vengano gli interventi d’emergenza, ammette Luciano: non se ne può fare a meno. Semmai, in Italia sono tardivi. «Manca del tutto però un pensiero profondo su come rilanciare l’economia del paese: e in questo senso, purtroppo, il decreto non funzionerà». Il turismo, per esempio, «viene accarezzato con un modesto bonus famiglie», e non trova (nelle 505 pagine del decreto) «nulla che lo conforti sul termine medio-lungo». Quanto alla manifattura, viene «lasciata povera com’è di infrastrutture materiali e digitali», senza nulla di incisivo che la possa risollevare. Si segnala una boccata d’aria l’edilizia, «che ne aveva disperato bisogno», col maxi-bonus del 110% per le ristrutturazioni energetiche e antisismiche dei fabbricati. «Ma anche questa misura si limita ad ampliarne altre esistenti, che sono già state vastamente utilizzate e potrebbero anche non essere così gettonate come forse il governo si augura». Dovendo pagare un pegno di cui non ha colpa diretta, cioè «il pegno della malafinanza che ha dissanguato le casse pubbliche», questa compagine governativa ha puntato insomma sull’immediato, e al massimo sul breve termine.Secondo Luciano, la precaria maggioranza del Conte-bis «ha messo se stessa in mano al fato, per chi ci crede: perché è chiaro che se la pandemia dovesse davvero esaurire presto i suoi effetti malefici almeno in Italia e permettere una più dinamica ripartenza dell’economia manifatturiera, quella che da sempre salva il nostro paese nelle fasi critiche, resterà la memoria delle piccole ma tante elargizioni di ieri prima che emerga la gravità delle lacune e sfumerà la consapevolezza delle omissioni commesse». Se invece i danni della pandemia si faranno sentire più a lungo, «ripetere o prorogare questo pioggerellina di “pochi soldi per tanti se non per tutti” sarà impossibile e si rivelerà a chiunque con chiarezza che è stato perso altro tempo e un’occasione preziosa per avviare un’autentico rilancio infrastrutturale e produttivo del paese». Siparietto finale, per la «commozione autentica» di Teresa Bellanova sulla temporanea regolarizzazione dei braccianti stranieri. «Le brevi lacrime della ministra, lacrime proletarie – bracciante è stata lei stessa, da ragazza – cancellano le lacrime aristocratiche di un’altra ministra, Elsa Fornero, che le versò in un’altra storica conferenza stampa annunciando la sua draconiana legge sulle pensioni». Chiosa Luciano: «Una lacrima lava l’altra, il paese non ne ha più».La coperta era corta: con 80 miliardi di interventi anticrisi complessivamente stanziati finora, tra i 25 del decreto di marzo e i 55 di quello sul “Rilancio” varato solo il 13 maggio dopo infiniti tira-e-molla interni alla maggioranza, il governo Conte ha fatto molto meno di Francia, Germania e Gran Bretagna, privo com’è di cassa e della leadership politica per raccoglierne di più, sia sui mercati sia dall’Europa, quando si tratterà (ben presto) di trovare materialmente i soldi per finanziare tutte le misure varate ieri. Dunque una “toppa” fuori tempo massimo, e senza investimenti né visione. Così la definisce Sergio Luciano, già caporedattore della “Stampa”, del “Sole 24 Ore” e delle pagine economiche di “Repubblica”. Data la “coperta corta”, scrive Luciano sul “Sussidiario“, il Conte-bis «ha scelto di lasciare scoperti i piedi su cui camminare nel futuro anteriore e coprire invece l’interesse del consenso di breve termine, quello che forse andrà presentato al cambiavalute delle prossime elezioni, soprattutto se il buon senso politico del paese si risveglierà e riporterà gli italiani alle urne prima della naturale scadenza della legislatura».
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L’avvocato del diavolo: per chi lavora il mago dell’imbroglio
L’avvocato del diavolo ha una caratteristica su tutte, il suo aspetto: è insignificante. «Così, nessuno mi vede mai arrivare», dice Al Pacino, nel film, rimproverando l’allievo Keanu Reeves per la sua vanesia esuberanza giovanile. Che tipo di diavolo serve, per imbrogliare l’Italia? Prima di tutto dev’essere, appunto, insignificante: anonimo, grigio, sbiadito, meglio ancora se incerto nell’eloquio e quasi incespicante. Democristiano nell’indole, un po’ di sinistra nell’apparenza e un po’ para-grillino nella circostanza, se il vento gonfia le vele effimere di quel movimento, a sua volta perfetto per illudere e poi fatalmente tradire, abbandonando i fedeli (come sempre fa, ogni demonietto che si rispetti). Ma esiste, il diavolo? A parte i satanisti, a crederci – secondo Mauro Biglino – sono solo i credenti che hanno sempre letto male la Bibbia, o non l’hanno proprio letta mai: altrimenti saprebbero che il Satàn ebraico è solo un “pubblico ministero” in carne e ossa, un essere umano prescelto a turno, ogni volta diverso, per dirimere contese civilissime, alla luce del sole. Allora è il male, il diavolo? Nemmeno alla consistenza del male crede la prima religione comparsa sulla Terra, quella di Zoroastro: il male è solo distanza dalla luce, che non può mai essere inghiottita dalle tenebre (è il Sole, semmai, a mangiarsi il buio). L’ombra non ha vita propria, è solo momentanea lontananza. Però serve, il diavolo, eccome. Serve da sempre: a mettere paura. E infatti è proprio la paura, oggi, a paralizzare l’Italia.Nel film di Taylor Hackford, l’avvocato del diavolo è al servizio del potere finanziario di Manhattan: il più concreto, potente demonio che si possa immaginare. Recita un vecchio adagio: il capolavoro del diavolo consiste nel far credere che non esista. Oggi potrebbe essere ribaltato: il diavolo è bravissimo a fabbricare gente che lo vede dappertutto. Nemici su misura per lui, creduloni e apocalittici, comodi da sbaragliare. Un certo complottismo demonizza da decenni la finanza, in blocco, come se – senza le banche e le assicurazioni – il tardo medioevo avesse potuto sviluppare i progressi sbalorditivi che poi lanciarono la modernità. Squalificarsi sparando a zero sulle banche significa lasciare campo libero alla Bad Bank; vuol dire rinunciare all’idea di una finanza differente, capace di tornare funzionale all’economia. Ed è proprio con quel tipo di diavolo, che abbiamo a che fare, da almeno quarant’anni. Oggi, riassume Franco Fracassi, l’intero pianeta – comprese le peggiori banche-mostro – è in mano ai tre massimi fondi d’investimento, cioè Vanguard, State Street e BlackRock, ciascuno dei quali è socio degli altri due. Sono sempre loro a finanziare qualcuno o a non finanziarlo, a promuoverlo o affondarlo. Vita o morte, inferno o paradiso. Ma non esisterebbero neppure, senza il loro avvocato del diavolo. Puntuale, impalpabile, onnipresente. E formidabile, come il capostipite Lewis Powell, che nel 1971 – come ricorda Paolo Barnard – progettò l’inferno attuale per conto di Wall Street.Ha questa dote, il diavolo: sa vedere lontanissimo. Se osservo che il capitalismo rooseveltiano ha fatto un compromesso storico con le istanze del socialismo, incoraggiando addirittura la nascita di un vero sindacato industriale negli Stati Uniti e inculcando nel popolo l’idea che il benessere possa essere progressivamente esteso a tutti grazie alla generosa iniezione finanziaria dello Stato, io devo impedire che lo Stato sia generoso, fino a trasformarlo in uno spietato esattore. Come ci arrivo? Semplice: privatizzando la moneta. Missione: sostituire il segno più col segno meno. Spendere deve diventare vietato: il deficit, strategico per l’economia, deve trasformarsi in una colpa. Per arrivare a questo devo inquinare tutto: stampa, editoria, università. Devo piegare ogni forma di comunicazione alla mia propaganda: più mercato, meno Stato. Metodi antichi, carota e bastone: premio chi mi segue, punisco chi si ribella. La sinistra, politica e sindacale? Idem: corrompere i leader è più sicuro e meno dispendioso, che non affrontare duri scontri con il popolo. Saranno loro, i capi carismatici, a convincerlo: è infinitamente più pratico. La gente si fida degli avvocati del popolo: sono perfetti, per questa missione.Così il diavolo ha portato a termine il suo piano: negli anni Ottanta ha regalato a piene mani la cornucopia facile della Borsa, creando un clima di fiducia e di ottimismo. Dieci anni dopo s’è ripreso tutto, con gli interessi, privatizzando lo Stato e finanziarizzando l’economia. Gli ha dato una bella mano Bill Clinton, bell’esempio di avvocato del popolo, abolendo la separazione tra banche speculative e credito ordinario al servizio dell’economia. Poi è arrivata l’Unione Europea, a smantellare la residua funzione sovrana dello Stato. E la moneta unica privata ha fatto il resto, come la Grecia insegna. Un intero paese sventrato e svenduto, con i bambini denutriti e lasciati senza cure. Chi l’avrebbe mai detto, che sarebbe potuto verificarsi uno scempio simile? Nessuno, certo. E nessuno, infatti – nel grande pubblico – ha la minima idea di chi fosse l’oscuro avvocato Lewis Powell, il primo grande architetto dell’orrore post-democratico nel quale oggi siamo immersi. Nel frattempo, beninteso, il diavolo s’è dato da fare a livello internazionale: ha buttato giù grattacieli, ha armato guerre devastanti, ha arruolato bande di tagliagole. E usa sempre lo stesso vecchio trucco, la paura. Non ci sono alternative, è il suo motto: vi tocca soffrire. E certo non gli mancano gli avvocati, i facilitatori, i domatori. Tutti uguali: grigi, rassicuranti. E rigorosamente anonimi: insignificanti.Pertini, Moro, Craxi, Berlinguer: ve li vedete, nei panni di avvocati del diavolo? Mai e poi e mai: troppo risoluti e netti, chiari nel parlare, ostinati nelle loro convinzioni (giuste o sbagliate, non importa). Sono spariti un attimo prima che il diavolo spiccasse il volo: la rivoluzione digitale, la globalizzazione (ma solo delle merci e dei capitali), il boom prodigioso della Cina (ma solo economico, non democratico). Ed eccoci alle prese con la peste presunta, il morbo globalizzato che rinchiuderà in casa gli abitanti della Terra anche per sempre, un virus dopo l’altro, sotto la sorveglianza occhiuta delle App, del 5G e della psico-polizia orwelliana in versione sanitaria. Si fregherà le mani, il diavolo, constatando che crediamo proprio a tutto, ormai – persino a Greta: l’emergenza ecologica declinata nella versione innocua, per bambini. Crediamo ai virologi che si smentiscono l’un l’altro, crediamo a Salvini e alle Sardine, siamo devoti – ciecamente – al culto dei vaccini. Chiusi in casa per mesi, all’ombra dello slogan più patetico (andrà tutto bene), tra processioni di bare sui camion militari e imminenti funerali di decine di migliaia di aziende. Andrà tutto bene? Ma certo, l’ha detto l’avvocato: l’ha ripetuto ogni sera, a reti unificate, spedendo poliziotti e droni a rincorrere gli anziani per le strade, nelle valli, in fondo alle campagne.Dia-ballo, dividere: la norma capitale dell’imperio demoniaco. Niente è impossibile, se si sa come maneggiare la paura. Altra accortezza: azzerare la memoria. Guai, se l’imbonitore di turno ti ricordasse qualcosa di sgradevole e sinistro, qualcuno che hai già visto all’opera. Per questo il suo aspetto dev’essere sbiadito, e incolore la sua voce. Deve aiutare a spegnere e sopire, accomodando i bimbi davanti al televisore. Pronti ad aspettare, anche stavolta, in fiduciosa attesa: nelle fiabe che il diavolo racconta c’è sempre l’happy end. A questo serve la speranza che alimenta, a non svegliarsi mai. Come sonnifero, sa usare molto bene persino la violenza dell’esasperazione, la partigianeria politica: è sempre lui a fabbricare l’Uomo Nero contro cui ti sfogherai, senza capire che nessuno – nemmeno quelli per cui tifi – mette mai in discussione le regole, truccate, di questo assurdo declinare, di questo insano rassegnarsi al peggio, non si sa poi perché. Fino al punto – e qui si supera una soglia che ha dell’inaudito – di confiscare ogni residua libertà, osando l’impensabile. Tutti in prigione, senza diritto di parola? Eppure, là fuori, c’è un mondo leggibile in tutt’altro modo. Mai, prima d’ora, il pianeta era stato così ricco. E mai così capace, tecnologicamente, di azzerare anche l’impatto dell’inquinamento. Questione di volontà politica? Già, ma i politici? Scomparsi. Al loro posto parlano i virologi, gli economisti, gli ex giornalisti dei talkshow. Li rappresenta l’avvocato, coi suoi modi dimessi e impiegatizi, coltivando la fiducia che i dormienti non si sveglino mai più.E’ il sogno antico di chi confida in questo: che nessuno si accorga di cosa potrebbe combinare, se solo si destasse. Farebbe sparire in un istante l’idea stessa della prigionia, la tirannia di un male immaginario che diventa reale soltanto assecondandolo, cedendogli un poco alla volta, giorno per giorno, anno dopo anno. Chi ti mette paura, è evidente, è il primo a temere il tuo risveglio. E il tuo non saperlo è la sua assicurazione sulla vita. Se il palcoscenico è gremito di fantasmi, lo si deve a un impresario a cui nessuno ha chiesto mai il conto, da troppo tempo a questa parte. Per questo si diverte, con i suoi test paradossali: probabilmente non credeva che saremmo sprofondati così in basso, e senza lamentarci. In fondo siamo noi, comparse maltrattate, i veri primattori dello show: senza di noi, niente di tutto questo esisterebbe. Ne siamo in parte inconsapevoli, in parte siamo spaventati e sbigottiti. Non è in mano nostra, il telecomando. Ma non ci è stato mai rubato, in fondo. Siamo noi ad averlo ceduto, forse senza saperlo. Pigri e distratti, in molti casi. Troppo presi dagli ordinari chiaroscuri quotidiani per badare ai personaggi di lassù, che invece ci pensano incessantemente. Loro non si distraggono, non possono. E scelgono per noi, quand’è il momento, quello che noi stessi gli lasciamo scegliere: i falsi amici, i nemici apparenti. E l’avvocato più adatto alla bisogna.(Giorgio Cattaneo, “L’avvocato del diavolo”, dal blog del Movimento Roosevelr del 5 maggio 2020).L’avvocato del diavolo ha una caratteristica su tutte, il suo aspetto: è insignificante. «Così, nessuno mi vede mai arrivare», dice Al Pacino, nel film, rimproverando l’allievo Keanu Reeves per la sua vanesia esuberanza giovanile. Che tipo di diavolo serve, per imbrogliare l’Italia? Prima di tutto dev’essere, appunto, insignificante: anonimo, grigio, sbiadito, meglio ancora se incerto nell’eloquio e quasi incespicante. Democristiano nell’indole, un po’ di sinistra nell’apparenza e un po’ para-grillino nella circostanza, se il vento gonfia le vele effimere di quel movimento, a sua volta perfetto per illudere e poi fatalmente tradire, abbandonando i fedeli (come sempre fa, ogni demonietto che si rispetti). Ma esiste, il diavolo? A parte i satanisti, a crederci – secondo Mauro Biglino – sono solo i credenti che hanno sempre letto male la Bibbia, o non l’hanno proprio letta mai: altrimenti saprebbero che il Satàn ebraico è solo un “pubblico ministero” in carne e ossa, un essere umano prescelto a turno, ogni volta diverso, per dirimere contese civilissime, alla luce del sole. Allora è il male, il diavolo? Nemmeno alla consistenza del male crede la prima religione comparsa sulla Terra, quella di Zoroastro: il male è solo distanza dalla luce, che non può mai essere inghiottita dalle tenebre (è il Sole, semmai, a mangiarsi il buio). L’ombra non ha vita propria, è solo momentanea lontananza. Però serve, il diavolo, eccome. Serve da sempre: a mettere paura. E infatti è proprio la paura, oggi, a paralizzare l’Italia.
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5G, vaccini e “fake”: la post-verità, nell’Era del Coronavirus
Vaccini e 5G sono di gran voga, in tempi di coronavirus, nella cosiddetta narrativa complottista. Ne parla anche Massimo Mazzucco, denunciando il “ministero della verità” allestito a Palazzo Chigi e la spettacolare, duplice manovra in atto da parte dell’establishment: da un lato si raccomanda la fruizione dei soli media ufficiali (spesso i primi a spacciare “fake news”) e dall’altro si criminalizzano le fonti alternative di informazione. Esemplare il caso del Patto per Scienza di Burioni, che chiede addirittura ai magistrati di spegnere “ByoBlu”, reo di avere ospitato uno scienziato “eretico” come Stefano Montanari. L’allarme di Mazzucco è esplicito: c’è da temere che si approfitti del coprifuoco imposto dal coronavirus per poi magari limitare la nostra libertà di informazione anche domani, quando l’emergenza sarà finita. Motivo: social, video e blog vantano ormai milioni di visualizzazioni, dunque rappresentano una potenziale minaccia per chi volesse mentire agli italiani attraverso i canali ufficiali della comunicazione tradizionale.Nella sua ricostruzione giornalistica, Mazzucco – autore di importanti documentari sull’11 Settembre, trasmessi anche da Canale 5 in prima serata – cita alcune clamorose “fake news” veicolate dai grandi network televisivi: dagli inesistenti “200 bambini morti a Londra per il morbillo” (evocati da Beatrice Lorenzin negli studi di Vespa e Formigli) alle affermazioni di Rex Tillerson su Putin “criminale di guerra” (distorte da Giovanna Botteri). Il record – nella classifica di Mazzucco – spetta ad Andrea Purgatori, che su La7 ha spacciato le sequenze di un videogame per “le immagini dell’uccisione del generale Soleimani”. In studio ha assicurato: sembra un videogioco, ma non lo è. Smascherato, su Twitter ha ammesso: sì, è vero, quelle immagini erano di un videogame. E questi, si domanda Mazzucco, sarebbero i campioni dell’informazione seria, gli unici di cui dovremmo fidarci, come ripete lo spot che Mediaset sta trasmettendo a ciclo continuo?Mazzucco, naturalmente, passa per complottista. La sua colpa? E’ stato il primo a realizzare un film che demolisce, prove alla mano, la versione ufficiale sull’11 Settembre. L’Oscar del Complottismo gli è stato tributato per il documentario “American Moon”. I suoi detrattori lo accusano di negare l’avvenuto sbarco sulla Luna del 1969. Se invece uno si prende la briga di visionare il filmato, scopre che Mazzucco – suffragato dal parere dei alcuni tra i più importanti fotografi, da Peter Lindbergh a Oliviero Toscani – si limita, per così dire, a dimostrare che quelle storiche immagini sarebbero state realizzare in studio, sulla Terra (per quale motivo, non è dato saperlo). Comunque la si pensi, socraticamente, il contributo di Mazzucco invita a coltivare il dubbio: cosa che lo stesso giornalismo per primo dovrebbe sempre fare, come ricorda lo statunitense Seymour Hersh, secondo cui negli ultimi anni il mondo ha vissuto troppe guerre, con troppe vittime civili, anche a causa della reticenza della stampa, che secondo Hersh ha permesso ai decisori di avventurarsi nelle peggiori imprese manipolando l’opinione pubblica grazie alle “fake news” veicolate dai grandi media.Sono proprio le “fake news ufficiali” a scatenare la degenerazione complottistica, che inonda il web di vere e proprie bufale: un regalo favoloso, per chi volesse spegnere (insieme a quelle dei “terrapiattisti”) anche le voci autorevoli, onestamente impegnate a cercare verità irrintracciabili nel mainstream. Il cospirazionismo appare perfettamente funzionale al peggior potere: incrementa la credulità dei più ingenui e, al tempo stesso, squalifica i ricercatori seri. Nella sua ottusità dogmatica, il complottismo è speculare al negazionismo: i complottisti pensano che qualsiasi evento sia sempre e solo il frutto di una bieca cospirazione, mentre i loro apparenti avversari negano, semplicemente, che i complotti esistano. E’ la stessa storia a insegnarci che i complotti si susseguono, da sempre, ma non è detto che poi vadano in porto. In una infinita scala di grigi, come si può pensare che tutto sia soltanto bianco o nero? Questo non-pensiero semplificato, automatico, fa sicuramente comodo a chi maneggia il consenso in modo spregiudicato, fabbricando nemici su misura per ogni stagione, con il relativo corollario di odio, paura e tifo calcistico.Il problema, avverte Mazzucco, è che ora la situazione starebbe cambiando a vista d’occhio: sotto la fortissima pressione psicologica e sociale dell’emergenza da coronavirus, si annuncia un progressivo soffocamento, anche governativo, delle voci indipendenti. Il che – statistiche alla mano – potrebbe preludere a qualcosa di francamente inquietante: un futuro in cui, come già avviene in Cina, sia espressamente vietato far circolare idee eterodosse? Ovvero: siamo alla vigilia del peggior incubo distopico di matrice orwelliana, coi cittadini sorvegliati passo passo, elettronicamente? Domande che pesano, e che Mazzucco propone agli ascoltatori. Dato il coprifuoco imposto per via del Covid-19, non c’è bisogno di ricordare che, in guerra, la prima vittima è sempre la verità. Sul misteriosissimo coronavirus, finora, si è detto tutto e il contrario di tutto: medici e ricercatori stanno lottando, ogni giorno, per venirne a capo e trovare una cura risolutiva e rassicurante. Nel frattempo, il complottismo si scatena: il Covid-19 sarebbe il frutto di una cospirazione mondiale, e la virulenza del morbo sarebbe accentuata dalle microonde della rete 5G. In parallelo, specularmente: silenzio assoluto, dai grandi media, sia sulle problematiche da vaccino che sui potenziali rischi del wireless di quinta generazione.In Italia, negli ultimi anni, la grande stampa ha regolarmente silenziato le notizie allarmanti via via emerse, da fonti autorevoli, riguardo alla somministrazione improvvisamente obbligatoria di vaccini polivalenti di ultima generazione. Sulla scorta di consulenze mediche, la commissione parlamentare guidata da Gian Piero Scanu additò alcuni vaccini come concausa di gravi patologie a danno dei nostri militari. La Regione Puglia – unica, ad aver istituito un monitoraggio speciale (farmacovigilanza attiva) dopo l’introduzione dell’obbligo vaccinale in Italia, ha fornito le percentuali – altissime – delle reazioni avverse registrate dai bambini vaccinati. E il presidente dell’ordine dei biologi italiani, Vincenzo D’Anna, ha rilevato la presenza di vaccini “sporchi”, tra le dosi distribuite in Italia. Voci autorevoli e argomentazioni serie: non per negare l’utilità dei vaccini, ma verificare le condizioni particolari della loro attuale somministrazione obbligatoria. Se ne avessero parlato diffusamente, giornali e televisioni, magari avrebbero scoperto – come ricorda lo stesso Mazzucco – che negli Usa gli eventuali errori delle aziende produttrici di vaccini sono “depenalizzati” per legge: a indennizzare le eventuali vittime provvede lo Stato. E dagli anni ‘80, l’amministrazione Usa ha già dovuto sborsare 4 miliardi di dollari per risarcire persone che la giustizia ha riconosciuto vittime di “danni da vaccino”.La parola magica – fake news – incombe anche su chi si azzardasse a menzionare il fantasma del 5G, cioè “l’Internet delle cose” appena bloccato da paesi come Svizzera e Slovenia, preoccupati per l’assenza di prove certe – per ora, almeno – sull’innocuità di questa nuovissima tecnologia, connessa con i satelliti appena messi in orbita, a migliaia, da Elon Musk. Fa male alla salute, il 5G? I complottisti ne sono certissimi. Gli scienziati invece sono divisi: alcuni escludono pericoli, altri temono che le frequenze del 5G possano nuocere alle nostre cellule. In molti esprimono dubbi: sostengono che siano necessari test più approfonditi, per giungere a conclusioni incontrovertibili, in un senso o nell’altro. Intanto, a mettere in relazione il 5G addirittura con il coronavirus è anche Gunter Pauli, consigliere economico di Giuseppe Conte. Ma la vera notizia, probabilmente, è un’altra: per i grandi media, il 5G è come se non esistesse. Semplicemente non ne parlano, anche se l’avvenimento pubblico di cui parlare ci sarebbe: sono ormai quasi 200 i Comuni italiani che si sono opposti all’installazione delle antenne.Daccapo: se un tema è dibattuto presso l’opinione pubblica, perché non parlarne con precisione e serenità? Se i timori legati all’eventuale abuso di alcuni vaccini fossero infondati, perché non smontarli – una volta per tutte – sulla base di prove inoppugnabili? Idem: se quelle sul fantomatico 5G sono soltanto bufale, perché non demolirle – in modo serio, scientifico – a reti unificate? Il silenzio, viceversa, alimenta inevitabilmente ogni tipo di illazioni. Ragiona Mazzucco: alle domande scomode si evita di rispondere, preferendo tacciare comodamente di complottismo chi osa rilanciarle, quelle domande. Attenzione: domande, non tesi dogmatiche. L’obiettivo non è propagandare verità prefabbricate, magari apocalittiche, ma raggiungere una verità ragionevolmente accertabile. E non è nemmeno questione di vaccinazioni e antenne: la vera posta in gioco è la trasparenza, su tutto. Dove finisce, la democrazia, se l’opinione pubblica non è innanzitutto informata dei fatti che la riguardano? Il lavoro dei tanti ricercatori che in questi anni hanno offerto analisi disponibili solo sul web, purtroppo, mina una volta di più il prestigio dell’informazione mainstream. E questa non è affatto una buona notizia.Messi finalmente da parte complottismi e negazionismi, simmetriche deformazioni della conoscenza, una quota accettabile di verità dovrebbe emergere dal terreno intermedio della vera informazione, laica, onesta, in buona fede. Avvertiva Indro Montanelli: guardatevi da chi dichiara di diffondere notizie “oggettive”; fidatevi invece di chi si limita a fornire narrazioni sincere (magari anche erronee, ma sbagliando in proprio). Sbagliare fa parte del mestiere: la stessa scienza deve il suo progresso proprio all’ammissione dei suoi errori. Torna in mente l’immagine usata dal filosofo Bertrand Russell: più cresce il fascio di luce che rischiara il buio, più cresce la consapevolezza della vastità delle tenebre, cioè dell’ignoto. Di fronte all’ignoto che oggi minaccia di colpo miliardi di individui – la strana comparsa del Covid-19 – forse è bene concludere che non esistono risposte semplici, e che le testi preconcette (complottiste e negazioniste) non aiutano a risolvere il problema. Se poi i decisori mostrano apertamente di temere la proliferazione di voci incontrollate, forse c’è di che preoccuparsi. Quanta strada avrebbero fatto, i peggiori complotti, se l’opinione pubblica non fosse stata ipnotizzata dai suoi incantatori? Il pifferaio più celebre, Hitler, riuscì a far credere ai tedeschi che le loro disgrazie fossero imputabili agli ebrei. Il film “Il tamburo di latta”, di Volker Schlöndorff, tratto dall’omonimo romanzo di Fassbinder, si conclude con queste parole: credevamo di aver aperto la porta a Babbo Natale, e invece era l’uomo del gas.(Giorgio Cattaneo, “5G, vaccini e Ministero della Verità: complottismo e negazionismo nell’Era del Coronavirus”, dal blog del Movimento Roosevelt del 14 aprile 2020).Vaccini e 5G sono di gran voga, in tempi di coronavirus, nella cosiddetta narrativa complottista. Ne parla anche Massimo Mazzucco, denunciando il “ministero della verità” allestito a Palazzo Chigi e la spettacolare, duplice manovra in atto da parte dell’establishment: da un lato si raccomanda la fruizione dei soli media ufficiali (spesso i primi a spacciare “fake news”) e dall’altro si criminalizzano le fonti alternative di informazione. Esemplare il caso del Patto per la Scienza di Burioni, che chiede addirittura ai magistrati di spegnere “ByoBlu”, reo di avere ospitato uno scienziato “eretico” come Stefano Montanari. L’allarme di Mazzucco è esplicito: c’è da temere che si approfitti del coprifuoco imposto dal coronavirus per poi magari limitare la nostra libertà di informazione anche domani, quando l’emergenza sarà finita. Motivo: social, video e blog vantano ormai milioni di visualizzazioni, dunque rappresentano una potenziale minaccia per chi volesse mentire agli italiani attraverso i canali ufficiali della comunicazione tradizionale.
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Montanari: non temete il virus, quello che vi dicono è falso
Non solo non sono un virologo, ma non sono neppure uno psicologo né un esperto di sociologia. Meno che mai sono uno psichiatra, e ancora meno sono un magistrato, perché è la magistratura che dovrebbe indagare su certi comportamenti. Ciò che posso dirle è che il coronavirus battezzato Sars-Cov-2 dopo aver portato per un po’ un nome provvisorio è uno dei non pochi virus fatti in laboratorio. Fatto apposta? Questo proprio non lo so e, nel caso specifico, a saperlo non sono in tanti. Ma mica ce lo vengono a raccontare. Ci sono virus che nascono senza volerlo, li classifichi tra gli incidenti, e altri che sono creati da modificazioni messe in atto per motivi di ricerca o per altri motivi su cui evito di entrare. Comunque sia nato questo virus, la cosa ha scarsa rilevanza se non dal punto di vista di investigazioni che nulla hanno a che fare con la salute. Sappiate, ma è cosa molto nota, che modificare un virus è tutto sommato semplice, ed esistono persino brevetti che proteggono certe metodiche per farlo; e per quello che c’interessa ora, proprio lavorando anche sui coronavirus.Se ne conoscono diversi ceppi, alcuni dei quali possono provocare patologie negli esseri umani, da un volgare raffreddore a polmoniti, e il nuovo virus cinese condivide tantissime caratteristiche con i suoi fratelli. Si muore? Bisogna impegnarsi parecchio. Premesso che di quel virus in particolare sappiamo poco, stante la novità della sua comparsa, non esistono dati che indichino una mortalità significativamente diversa da quella di una qualunque influenza. È indispensabile aggiungere che i pochissimi che sono morti ad oggi non sono morti di coronavirus ma “con” il coronavirus, il che è molto diverso. Si trattava di pochissimi casi di persone molto avanti negli anni e già affette da patologie gravi. Per loro sarebbe bastato un normale raffreddore, per il tracollo. Indicare come responsabile della loro morte il coronavirus ha lo stesso grado di comicità che aveva incolpare il morbillo della manciata di morti sopravvenute in pazienti terminali. Se non fosse comicità, dovremmo tirare in ballo condizioni come l’ignoranza e la truffa (che non vogliamo tirare in ballo). E allora, fermiamoci alla comicità.Una comicità piuttosto costosa: questo è uno degli aspetti curiosi su cui ho solo domande e nessuna risposta. Cominciamo dall’inizio, e sono certo di dimenticare qualche passaggio. Almeno da mesi io sto vedendo delle strane forme influenzali con polmoniti che faticano a rispondere non solo ai farmaci ma all’omeostasi, cioè alla capacità di autoguarigione che, in maggiore o minor misura, abbiamo tutti. Piano piano quei pazienti sono guariti e diventano difficilmente indagabili, anche perché non sono rintracciabili. Dunque, nessuna prova che si tratti del virus cinese. Mi chiedo come mai qualche mese fa si mise in atto una simulazione centrata su un’epidemia teorica, guarda caso da coronavirus, che avrebbe fatto 60 milioni di morti nel mondo. Poi mi chiedo come mai qualche centinaio di soldati americani siano stati ospitati proprio a Wuhan, appena prima del manifestarsi della malattia. Altra domanda: perché i passeggeri dell’aeroporto di quella città venivano irrorati con un aerosol della cui natura niente è stato detto, e questo settimane prima che venisse denunciata l’esistenza del virus? Ma è di fronte alla reazione dei governi che resto ancora più perplesso.Oggettivamente ci troviamo di fronte a ben poco: un virus, non importa il suo stato di famiglia, che ha un grado di patogenicità bassissimo e una mortalità irrilevante. Di patogeni infinitamente più diffusi e infinitamente più aggressivi ne abbiamo a iosa, e nessuno si agita. Anzi, la stragrande maggioranza di loro è perfettamente sconosciuta alla massa e nessuno ne parla né, tanto meno, se ne preoccupa. Restando all’Italia, in termini di popolazione lo 0,8% del pianeta, abbiamo 49.000 morti l’anno per infezioni contratte in ospedale: l’avete mai visto riportato a titoli cubitali? O avete mai visto ospedali chiusi, per questo? Ogni giorno più di 130 persone muoiono nella sola Italia per malattie infettive, e spesso si tratta di affezioni respiratorie, contratte nel corso di un ricovero in ospedale. Insomma, uno va a farsi togliere l’appendice ed esce con la polmonite: una malattia che, ovviamente, nulla ha a che fare con l’infiammazione dell’appendice ileo-ciecale. Questo semplicemente perché il grado d’igiene dei nostri ospedali è largamente insufficiente, e i batteri e i virus strisciano e saltellano allegramente, per usare un’informazione scientifica che ci regalò la ex ministra Lorenzin.E se a morire sono in 130 al giorno o pochi di più, pensate a quanti si ammalano e guariscono. E pensate a quanti muoiono a distanza dal ricovero, senza che la loro morte rientri nel calcolo. Di questo non si parla, e tutti vivono felici. Perché non se ne parla? Io la risposta ce l’ho, ma, essendo suddito di un regime molto attento a non correre rischi sulla propria sopravvivenza, me la tengo. Dico solo che tenere pulito un ospedale non garantisce vantaggi sulla cui natura lasciatemi sorvolare. Tornando al coronavirus: perché si sta paralizzando l’Italia? Ecco: è a questo che non trovo una risposta. Insomma, a chi giova? I numeri sono impietosi anche se si finge che chi è morto con il coronavirus sia morto a causa del coronavirus. Comunque si guardi la cosa, siamo di fronte all’irrilevanza. E allora, a chi conviene massacrare la nostra economia già comatosa? A chi conviene dare al mondo l’immagine di un paese di appestati? Proprio ieri sera mi telefonava mio figlio da Tenerife, dove abita da anni, e mi diceva che una signora incontrata per caso alla cassa del supermercato, sentendo l’accento, gli ha chiesto se fosse italiano e, ricevuta la ferale conferma, è inorridita.Del resto, è la reazione che non pochi italiani hanno verso i cinesi che incrociano per strada, come se il virus prediligesse un’etnia. Il fatto è che la percezione che rischiamo di dare è quella dei lebbrosi o degli appestati. Proteggersi contro il virus? Ognuno deve essere libero di comportarsi come crede meglio. Io posso dire che chiudere dei territori e dei luoghi di aggregazione, scuole comprese, è una cosa che non sta né in cielo né in terra. Vedere gente che fa a botte per comprare a qualunque prezzo le mascherine di carta è tristemente ridicolo, se non altro perché molte di quelle proteggono dai virus come un’inferriata protegge dalle zanzare. E pure l’amuchina… La gente è convinta che basti bagnarsi le mani con l’amuchina; di fatto, basta quello che chiamiamo commercialmente varechina, insieme con alcool etilico, per essere al riparo da virus e batteri. La gente aspetta con ansia il vaccino? Dei vaccini e della loro totale inutilità ho parlato molte volte, portando prove inoppugnabili e certificate. In questo caso è possibile che ci troviamo nelle condizioni del vaccino contro il tetano.Il tetano è una malattia decisamente rara, non trasmissibile da uomo a uomo, e che non dà immunità. Il che significa che, a differenza di quanto accade con malattie come il morbillo, la varicella, la pertosse e non poche altre, chi si è ammalato può ammalarsi di nuovo. Insomma, non si acquisisce immunità. Non è affatto improbabile che il virus cinese sia nella stessa condizione, esattamente come i tanti virus influenzali con i quali condivide affinità: uno sia ammala d’influenza e si può ammalare di nuovo all’infinito, perché la malattia non induce alcuna immunità. Quindi, come è il caso dell’influenza, quel vaccino potrebbe essere assurdo fin dalle basi teoriche. Insomma, la solita illusione a spese di chi ci casca, e un’illusione con gli effetti collaterali inevitabili per qualunque farmaco ma senza alcuna contropartita vantaggiosa. Che fare, allora? Niente. Ovvero: niente di più di quello che si fa normalmente per evitare di prendersi il raffreddore o l’influenza.Posso aggiungere che un’alimentazione razionale, senza tante delle porcherie che mangiamo e che, ancora peggio, rifiliamo ai nostri bambini, fa miracoli. Con quella non si guarisce: si previene. Tenere in ordine l’intestino, tenere equilibrato il chilo e mezzo di batteri, funghi e virus che ci abitano e che costituiscono il microbiota è fondamentale. Le riserve armate del nostro sistema immunitario, quello che ci difende dalle malattie infettive, stanno in grande maggioranza proprio lì. Poi, se l’infezione arriva, è indispensabile non cercare di eliminare la febbre. Il rialzo della temperatura ha due effetti fondamentali complementari: migliora le nostre difese e indebolisce i patogeni. Dunque, la Tachipirina? E’ solo uno dei tantissimi farmaci che contengono paracetamolo, un principio attivo che abbassa la temperatura corporea e che, quando è male utilizzato (come, purtroppo, è nella stragrande maggioranza dei casi) fa danni. Forse per togliersi di torno le mamme fastidiose che non hanno voglia di accudire i bambini con la febbre, i pediatri propinano paracetamolo a piene mani, infischiandosi del fatto che, così facendo, annientano la prima e più efficace difesa di cui disponiamo. E poi c’è l’abuso degli antibiotici, troppo spesso somministrati a casaccio.Gli antibiotici sono farmaci mirati. Il che vuol dire che ognuno di loro è efficace nei confronti di certi batteri e non di altri. Quando non si è certi di quale sia il batterio che ha provocato la malattia, si ricorre quasi di regola agli antibiotici chiamati ad ampio spettro, vale a dire farmaci che si spera arrivino dove il medico non è arrivato con la sua diagnosi. Ma peggio ancora si fa quando si somministrano antibiotici per una malattia virale. Qui c’è l’assoluta certezza che il farmaco sarà inutile. E in medicina, ciò che è inutile è invariabilmente dannoso, non esistendo nessun medicinale privo di effetti dannosi. Aggiungo che l’abuso di antibiotici ha creato ceppi batterici sempre più resistenti, con questo indebolendo fino, non di rado, ad annullare l’efficacia di quella classe di farmaci formidabili. A margine, dico che anche la chirurgia soffre di questo problema. Perché, quando il chirurgo lavora, espone il suo paziente al mondo esterno: e il corpo non è preparato a questa interferenza. Di qui l’indispensabilità di una copertura antibiotica. Ma se l’antibiotico funziona poco…Quindi non ci sono antibiotici contro il coronavirus, come non ci sono per i virus in generale, compresa la varietà di coronavirus responsabile di tanti raffreddori. Di fatto, i farmaci antivirali di cui disponiamo hanno un’efficacia modesta, e per il coronavirus non c’è niente che abbia un’efficacia provata. Le vitamine A, E, D e C sono utili nella prevenzione, così come sono utili certi alimenti. Per esempio lo zenzero, la curcuma (sempre presa con il pepe nero, altrimenti perde efficacia), l’echinacea… Poi gli alimenti fermentati come i crauti o il kefir. E ancora: le verdure, specie quelle in foglia. Insomma, se si mangia correttamente, se si fa una vita sana evitando ad esempio il fumo, si mantiene l’organismo capace di difendersi. Se vogliamo restare al coronavirus che tanto terrorizza la gente, la difesa più immediata è quella che riguarda l’efficienza dei polmoni. Di qualunque cosa s’illudano i fumatori, i loro polmoni non sono in condizioni ideali. E uno dei problemi è quello dello strato eccessivo di muco, spesso con caratteristiche non proprio sane, che ricopre i bronchi e che fa scivolare profondamente i patogeni entrati per inalazione.In aggiunta, le ciglia vibratili, specie di fruste che sono presenti sulla parete interna dei bronchi, sono paralizzate dal fumo e non sono più capaci di spingere fuori dei polmoni gli aggressori. E allora, anche il coronavirus trova una bella porta aperta. Ma la cosa vale per qualunque patogeno che passi attraverso il sistema respiratorio, comprese le particelle di cui mi occupo da decenni. Insomma, per stare bene bisogna comportarsi bene. E se la paura è utile perché ci fa essere pronti a difenderci, la paura indebolisce le difese. Dunque, è utile solo se è motivata e se è contenuta nei limiti della razionalità. Qui, invece, siamo al cospetto di una manifestazione d’isteria collettiva, indotta per motivi che ignoro da chi approfitta dell’ignoranza e della fragilità intellettuale della gente. Un consiglio? Usate la ragione e non date credito a chi vi usa come animali da reddito. Spesso l’imperatore è nudo.(Stefano Montanari, intervista rilasciata a Roberta Doricchi sul coronavirus, ripresa da Massimo Mazzucco sul blog “Luogo Comune”. Quando Montanari l’ha pubblicata sul suo sito, il medesimo è stato hackerato: il post è scomparso e il sito è andato in blocco senza motivo apparente, spiega Mazzucco. Dopo aver ottenuto lo sblocco dal provider, Montanari l’ha pubblicata di nuovo, ma il sito è stato nuovamente bloccato. Nel frattempo – aggiunge Mazzucco – l’intervista è stata ripresa da diversi siti, per cui circola comunque in rete. Laureato in farmacia con una tesi in microchimica, Montanari è autore di diversi brevetti nel campo della cardiochirurgia, della chirurgia vascolare e della pneumologia. Lo scienziato ha progettato sistemi e apparecchiature per l’elettrofisiologia, eseguendo consulenze scientifiche per varie aziende e dirigendo, tra l’altro, un progetto per la realizzazione di una valvola cardiaca biologica. Dal 1979 collabora con la moglie, Antonietta Gatti, in numerose ricerche sui biomateriali. Dal 2004 dirige il laboratorio Nanodiagnostics di Modena, in cui si svolgono ricerche e si offrono consulenze di altissimo livello sulle nanopatologie. Docente in diversi master nazionali ed internazionali, è autore di numerose pubblicazioni scientifiche. Da anni svolge un’intensa opera di divulgazione scientifica nel campo delle nanopatologie, soprattutto per quanto riguarda le fonti inquinanti da polveri ultrafini).Non solo non sono un virologo, ma non sono neppure uno psicologo né un esperto di sociologia. Meno che mai sono uno psichiatra, e ancora meno sono un magistrato, perché è la magistratura che dovrebbe indagare su certi comportamenti. Ciò che posso dirle è che il coronavirus battezzato Sars-Cov-2 dopo aver portato per un po’ un nome provvisorio è uno dei non pochi virus fatti in laboratorio. Fatto apposta? Questo proprio non lo so e, nel caso specifico, a saperlo non sono in tanti. Ma mica ce lo vengono a raccontare. Ci sono virus che nascono senza volerlo, li classifichi tra gli incidenti, e altri che sono creati da modificazioni messe in atto per motivi di ricerca o per altri motivi su cui evito di entrare. Comunque sia nato questo virus, la cosa ha scarsa rilevanza se non dal punto di vista di investigazioni che nulla hanno a che fare con la salute. Sappiate, ma è cosa molto nota, che modificare un virus è tutto sommato semplice, ed esistono persino brevetti che proteggono certe metodiche per farlo; e per quello che c’interessa ora, proprio lavorando anche sui coronavirus.
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Mazzucco: gli Usa, Stato di polizia travestito da democrazia
Da 15 anni denuncio gli americani come burattinai del terrorismo internazionale. Credo di essere l’unica persona al mondo che ha fatto tre documentari diversi sull’11 Settembre, nei quali, in modo sistematico (implicitamente in due, esplicitamente in uno) accuso gli americani di essere i burattinai del terrorismo internazionale. Il mio antiamericanismo me lo sono cresciuto da solo, e molto prima di conoscere Giulietto Chiesa. Ho vissuto negli Stati Uniti per trent’anni, prima dieci anni a New York e poi vent’anni a Los Angeles. Ero andato a Los Angeles nel ‘94 pensando di trasferirmi in America definitivamente perché volevo fare cinema: non perché l’America mi piacesse in modo particolare, ma perché a Hollywood c’era l’ambiente che pensavo di trovare (poi invece la sorpresa è stata un’altra). Così, ho cominciato comunque a conoscere da vicino questa nazione. Intanto io non ce l’ho con gli americani. Si può dire solo in termini generici che io sarei antiamericano. Gli americani sono un popolo di persone sostanzialmente per bene, magari un po’ fessacchiotti e infantili: come nazione, li paragono a un quindicenne in piena esplosione ormonale. Ce l’ho in particolare con le élite che li controllano, e controllano mezzo mondo, o tre quarti del mondo.Una cosa che mi manca, degli Usa, è l’assenza di burocrazia: la facilità di fare business, se lo vuoi fare, senza impedimenti e senza pastoie. Mia moglie s’era messa a disegnare gioielli fatti a mano, che piacevano. Non ha avuto bisogno di nessuna partita Iva: è andata all’ufficio postale, ha complilato un semplice modulo con il suo codice fiscale, ha pagato 20 dollari e dopo mezz’ora aveva la licenza per vendere i suoi gioielli. Una facilità assoluta, nell’andare incontro alle persone, senza costringerle ad avvalersi del commercialista. Quando feci la mia prima patente di guida americana, avendo già la patente italiana dovevo sostenere solo l’esame scritto, senza guida. Superato il test, all’ufficio di New York pochi minuti dopo c’era già la mia patente pronta. Rimpiango dell’America questo non volerti mettere i bastoni tra le ruote, per tutto quello che è burocrazia: mi manca questa capacità di aiutare il cittadino, che in Italia è impensabile (e forse ha ragioni che risalgono a 500 anni fa). E’ chiaro che imporre uno Stato burocratico dà il potere a chi gestisce la burocrazia: se sei un burocrate che ha in mano tutte le carte, puoi favorire chi vuoi e sfavorire gli altri. Un’arma di ricatto, tant’è vero che in Italia, se hai bisogno di qualcosa, la prima domanda è sempre “non è che conosci qualcuno, al ministero?”.La cosa invece che sono felice di aver lasciato in America è quel fastidio sottile di sapere di vivere in uno Stato di polizia travestito da democrazia. In realtà, tanto apparente è la libertà di pensiero, la libertà di espressione, la cosiddetta libertà democratica che c’è in America, quanto invece è strisciante il ferreo controllo mentale sulle tue opinioni. Nel momento stesso in cui tu “sgarri” ed esci da pensiero mainstream, sei automaticamente considerato un paria. Adesso purtroppo la cosa è arrivata anche qui, perché noi seguiamo sempre di qualche anno quello che avviene negli Stati Uniti. Ma quando ho lasciato gli Usa, sei anni fa, avevo già questa sensazione: non potevi parlare con nessuno, liberamente. Qualunque cosa provassi a dire, di fronte cioè a qualunque argomento controverso, vedevi subito occhi sbarrati e persone che sparivano. E questo dovrebbe essere il grande paese della libertà di espressione? E’ un senso diffuso, quello di non potersi esprimere liberamente. Qui, bene o male, puoi ancora farlo. Se al bar ti metti a discutere sull’11 Settembre, non è che ti guardino per forza come un alieno: magari ti contrastano, ma una discussione puoi farla. La tua posizione è comunque accettata. Là invece scatta una sorta di orrore interiore: appena esci dal pensiero unico, sei automaticamente da cancellare dalla società. E questo è molto pesante, specialmente per uno come me, che la pensa diversamente su molti argomenti.Il mio non è un antiamericanismo a priori, le mie opinioni sono argomentate. Dal 2004, quando ho aperto il blog “Luogo Comune”, denuncio i crimini statunitensi: l’invasione americana dell’Iraq ha fatto più di un milione di morti, tra le vittime civili. Mi sembra di aver sempre giustificato, con i dati di fatto, le mie posizioni. Si dice che Qasem Soleimani non avrebbe combattuto l’Isis, e che anzi avrebbe contribuito a farlo crescere? Quando qualcuno ne porterà le prove, sarò ben felice di cambiare idea su Soleimani. Trump è stato incastrato e obbligato a mettere la firma sull’operazione Soleimani dopo che è avvenuta? Non c’è niente di irragionevole, in questa ipotesi. Queste operazioni possono essere giustificate da una impellenza immediata. Cioè: i militari possono tranquillamente aver fatto fuori Soleimani sensa avvisare Trump (cosa che io continuo a pensare che sia successo), mettendolo di fronte al fatto compiuto, dicendogli: si è presentata un’occasione irripetibile per ucciderlo, sulla via dell’aeroporto di Baghdad, senza massacrare civili innocenti. A quel punto, il presidente cosa fa? O denuncia i militari di averlo aggirato, perdendo così le prossime elezioni dimostrando di non essere capace di controllare il Pentagono, oppure abbozza e ci mette la firma.La prima reazione di Trump non è stato un tweet per rivendicare l’uccisione del “cattivo” Soleimani. Su Twitter ha solo pubblicato la foto di una bandiera americana, senza nessuna scritta e senza intestarsi niente. Strano, per uno che “cinguetta” così tanto. Secondo me, Trump stava ancora cercando di capire cosa fosse successo. Quando l’ha capito, non gli è rimasto altro da fare che fingere che l’avesse deciso lui. Uno può sposarla o meno, questa ipotesi, ma è tutt’altro che irragionevole. Apprezzo la reazione missilistica dell’Iran dopo l’omicidio di Soleimani: un atto dimostrativo, che conferma la capacità chirurgica dell’Iran di colpire le basi militari americane nella regione, ma in questo caso senza l’intenzione di provocare vittime. Il Boeing colpito nei cieli di Teheran? In attesa di sapere cosa sia accaduto veramente, dobbiamo intanto registrare le scuse solenni e ufficiali dell’Iran per quello che viene definito un tragico errore. Anche gli Usa abbatterono un volo civile, sotto Clinton, ma il Pentagono smentì le iniziali ammissioni del presidente. E dopo 40 anni aspettiamo ancora le scuse (e la verità) per Ustica.L’Iran sostiene che l’errore – imperdonabile – sia stato causato dallo stato di tensione innescato dagli Usa con l’omicidio del generale Soleimani. Attenzione, Soleimani era a Baghdad in missione diplomatica ufficiale: secondo l’ex primo ministro iracheno Mahdi, stava portando a Baghdad un accordo di de-escalation, quindi di pacificazione, fra l’Iran e l’Arabia Saudita, cioè i maggiori portavoce (sciita e sunnita) che si confrontano a distanza, in Medio Oriente, ovviamente con Israele che sta dalla parte dei sauditi contro l’Iran. Quindi Soleimani in quel momento era un diplomatico, in missione diplomatica. E se c’è una cosa che non si fa, in tutto il mondo, nonostante lo schifo delle guerre, è uccidere i diplomatici: è una regola che vale da sempre. Infatti, lo stesso Soleimani si era esposto alla possibilità di essere colpito: pensava che non avrebbero mai osato fare un’azione del genere. Era convinto di essere sotto immunità diplomatica: in questo sta la gravità dell’accaduto. Poi non so dire quanto fosse criminale, Soleimani, ma – a quel livello – nessuno è uno stinco di santo: non ci sono buoni e cattivi, si combattono guerre pesantissime da 30-40 anni, nella regione petrolifera, ma niente giustifica un atto del genere.Un senatore repubblicano ha protestato apertamente, in televisione, perché una commissione senatoriale americana non ha ottenuto risposte dal Pentagono sui motivi dell’uccisione di Soleimani. La commissione verifica l’azione dei militari e può quindi riferire al Parlamento, dunque ai cittadini, cosa succede. Lo scopo della commissione non è far rivelare al Pentagono i suoi segreti militari, ma è quello di verificare (a porte chiuse) quali sono i motivi che hanno spinto i militari a compiere una determinata operazione. Dopodiché, i senatori possono assicurare di aver ricevuto spiegazioni valide, sia pure non divulgabili per ovvie ragioni di sicurezza nazionale. Invece questo senatore, uscito dai lavori della commissione, ha detto: «Ci hanno dato solo 75 minuti di tempo». Il Pentagono aveva parlato di un “attacco imminente” progettato da Soleimani? Protesta il senatore: «Ogni volta che chiedevamo dov’era, questo attacco imminente, chi lo avrebbe dovuto compiere e contro quale obiettivo, non ci rispondevano. E in più – riferisce sempre il senatore – ci hanno hanno anche detto: “Non permettetevi mai più di dubitare delle nostre scelte militari per un futuro, eventuale attacco all’Iran”». E questo è un senatore repubblicano: non un democratico, che potrebbe avere interesse a contestare l’amministrazione Trump. Ribadisce: al Senato, il Pentagono non ha offerto alcuna giustificazione per l’omicidio del generale Soleimani.(Massimo Mazzucco, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming “Mazzucco Live” dell’11 gennaio 2020, su YouTube. Mazzucco è autore di documentari come “11 settembre 2001 – Inganno globale” uscito nel 2006, “Il nuovo secolo americano” del 2007 e “11 Settembre – La nuova Pearl Harbor”, del 2013).Da 15 anni denuncio gli americani come burattinai del terrorismo internazionale. Credo di essere l’unica persona al mondo che ha fatto tre documentari diversi sull’11 Settembre, nei quali, in modo sistematico (implicitamente in due, esplicitamente in uno) accuso gli americani di essere i burattinai del terrorismo internazionale. Il mio antiamericanismo me lo sono cresciuto da solo, e molto prima di conoscere Giulietto Chiesa. Ho vissuto negli Stati Uniti per trent’anni, prima dieci anni a New York e poi vent’anni a Los Angeles. Ero andato a Los Angeles nel ‘94 pensando di trasferirmi in America definitivamente perché volevo fare cinema: non perché l’America mi piacesse in modo particolare, ma perché a Hollywood c’era l’ambiente che pensavo di trovare (poi invece la sorpresa è stata un’altra). Così, ho cominciato comunque a conoscere da vicino questa nazione. Intanto io non ce l’ho con gli americani. Si può dire solo in termini generici che io sarei antiamericano. Gli americani sono un popolo di persone sostanzialmente per bene, magari un po’ fessacchiotti e infantili: come nazione, li paragono a un quindicenne in piena esplosione ormonale. Ce l’ho in particolare con le élite che li controllano, e controllano mezzo mondo, o tre quarti del mondo.
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Vaccini, Luna, 11 Settembre: “Mentana, il problema sei tu”
Di recente, Enrico Mentana ha sbroccato: non ce la fa più. Aveva aperto la sua pagina Facebook dicendo: qui la battaglia delle informazioni si sposta in Rete, quindi bisogna scendere in Rete e sporcarsi le mani. E adesso che su Facebook viene attaccato da tutte le parti, ha dato di matto. Guardate che cosa ha scritto nei giorni scorsi: «Chiedo per coerenza a tutti quelli che dicono, scrivono o pensano “nessuna compassione per Venezia” di abbandonare questa pagina. Non voglio avere nulla a che fare con chi si è fatto contagiare da questo clima di odio, rancore e disprezzo. Passo il tempo a bannare e a invitare ad andarsene chi offende gli avversari o gli appartenenti a etnie diverse, chi infierisce sui poveracci che cercano di raggiungere il nostro continente per una speranza di vita più degna, chi ci intossica il web con la cattiveria chi non crede allo sbarco sulla Luna o l’attacco dell’11 Settembre, chi lotta contro i vaccini e la scienza. Allo stesso titolo chiedo agli odiatori territoriali di levarsi di mezzo e al più presto». Ma scusa, caro Mentana: a questo punto non fai prima a levarti di mezzo tu? Perché, a giudicare da quello che scrivi, tu vorresti un mondo popolato solo da gente che la pensa esattamente come te. Tutti gli altri dovrebbero sparire di colpo.Ma non è questa la Rete in cui eri sceso sporcarti le mani? La Rete è confronto continuo, quotidiano, duro, spesso anche scorretto. Se tu vuoi stare tranquillo, continua a fare il tuo telegiornale, protetto dal tuo editore, e lì nessuno verrà a disturbarti. Ora, io non sono né un “odiatore” della Rete, né uno che insulta le etnie diverse, come dici tu. Ma visto che sei stato così furbino da infilarci dentro anche quelli del 11 Settembre, della Luna e dei vaccini, ti rispondo su quello. Curiosa, fra l’altro, questa tecnica di assimilare gli scettici dell’11 Settembre agli odiatori della Rete, della speranza di contaminare i primi con il giusto sdegno che si meritano i secondi. Alle tue bassezze ormai ci siamo abituati, Mentana. E comunque ti rispondo nel merito sull’11 Settembre. Ti dico una cosa molto semplice: se tu sei così poco intelligente da non capire che un edificio non può crollare in caduta libera senza la demolizione controllata, il problema non siamo noi, Mentana: il problema ce l’hai tu, nel tuo cervello. Come funziona la legge di conservazione dell’energia te lo può spiegare un qualunque studente liceale di 16 anni. E te lo hanno anche spiegato chiaramente gli oltre 3.000 membri dell’associazione architetti e ingegneri per la verità sull’11 Settembre.Quindi sei tu, che fai finta di non sentire. Il problema non siamo noi, che sosteniamo la demolizione controllata del World Trade Center. Sei tu, che sei affetto da una curiosa sordità selettiva su certi argomenti. Stessa cosa per la Luna: se tu vuoi continuare a credere che siamo stati sulla Luna 50 anni fa, quando oggi gli stessi astronauti ammettono che non siamo nemmeno in grado di andare oltre l’orbita bassa, il problema ce l’hai tu, Mentana, non ce l’abbiamo noi. Non ti sei mai chiesto perché 50 anni fa siamo andati sulla Luna partendo da zero, in soli otto anni, con delle tecnologie giurassiche, mentre oggi (con tutte le tecnologie più avanzate che abbiamo) il famoso ritorno sulla Luna continuano a rimandarlo all’infinito? Prima dovevamo andarci nel 2002 sotto Bush, poi l’hanno spostato nel 2008 sotto Obama, poi dovevamo andarci nel 2012 sempre sotto Obama, poi l’hanno spostato al 2018 sotto Trump. Adesso che 2018 è passato si parla addirittura già del 2024. E a te, Mentana, tutto questo sembra normale? Ti sembra normale che 50 anni fa, partendo da zero, ci siamo andati in 8 anni per 6 volte, addirittura, e oggi si continua a rimandare all’infinito questo benedetto ritorno? Bisogna essere ciechi per non vedere questa contraddizione. Ma tu evidentemente preferisci credere alle favoleSui vaccini, idem. Se tu vuoi continuare a credere alle storielle rassicuranti di Burioni, quando la stessa Corte Suprema americana ha dichiarato in una sentenza che i vaccini sono «inevitabilmente insicuri», e quando il Fondo di Compensazione ha già pagato oltre 4 miliardi di dollari ai danneggiati da vaccino (4 miliardi, non 4 milioni) il problema ce l’hai tu, non ce l’abbiamo noi: sei tu che scegli di ignorare certe informazioni. Noi ragioniamo semplicemente con il nostro cervello, e traiamo le conclusioni logiche a cui ci portano le informazioni disponibili. Tu invece vivi nel tuo mondo dorato (dorato e ben pagato, naturalmente), dove “gli americani non si farebbero mai da soli una cosa del genere”, dove si può andare e venire tranquillamente dalla Luna seduti dentro la lattina di CocaCola, praticamente, e dove i vaccini sono buoni e sani, e le centinaia di migliaia di bambini danneggiati da vaccino semplicemente non esistono. Sei tu che vivi nel mondo delle fate, Mentana.Oppure, l’alternativa è che tu non sia affatto così ingenuo è distratto come fingi di essere, su certi argomenti, ma che tu abbia fatto una scelta di campo ben precisa. E cioè che tu, a un certo punto, abbia smesso di fare il giornalista e, per comodità di vivere, ti sia schierato platealmente dalla parte del potere, chiudendo gli occhi su tutti questi argomenti delicati. D’altronde, come diceva Upton Sinclair, «è molto difficile far capire certe cose a una persona, quando il suo stipendio dipende dal non capirle». Quindi vedi tu, Mentana, se la tua sia soltanto l’ingenuità di un bamboccio innamorato delle favole, oppure se tu sia un cinico calcolatore che ha tradito la sua professione pur di restare tranquillo al suo posto. Ma in ciascuno di due casi, il problema sei tu, non siamo noi. Quindi, se c’è qualcuno che deve togliersi di mezzo, caro Mentana, sei tu. Non siamo certo noi.(Massimo Mazzucco, “Mentana il problema sei tu, non siamo noi”, video-messaggio rivolto a Enrico Mentana il 19 novembre 2019, ripreso sul blog “Luogo Comune”. Insieme a Giulietto Chiesa, Mentana conduce ogni sera alle 21 le trasmissioni di “Contro Tv”, in live streaming).Di recente, Enrico Mentana ha sbroccato: non ce la fa più. Aveva aperto la sua pagina Facebook dicendo: qui la battaglia delle informazioni si sposta in Rete, quindi bisogna scendere in Rete e sporcarsi le mani. E adesso che su Facebook viene attaccato da tutte le parti, ha dato di matto. Guardate che cosa ha scritto nei giorni scorsi: «Chiedo per coerenza a tutti quelli che dicono, scrivono o pensano “nessuna compassione per Venezia” di abbandonare questa pagina. Non voglio avere nulla a che fare con chi si è fatto contagiare da questo clima di odio, rancore e disprezzo. Passo il tempo a bannare e a invitare ad andarsene chi offende gli avversari o gli appartenenti a etnie diverse, chi infierisce sui poveracci che cercano di raggiungere il nostro continente per una speranza di vita più degna, chi ci intossica il web con la cattiveria chi non crede allo sbarco sulla Luna o l’attacco dell’11 Settembre, chi lotta contro i vaccini e la scienza. Allo stesso titolo chiedo agli odiatori territoriali di levarsi di mezzo e al più presto». Ma scusa, caro Mentana: a questo punto non fai prima a levarti di mezzo tu? Perché, a giudicare da quello che scrivi, tu vorresti un mondo popolato solo da gente che la pensa esattamente come te. Tutti gli altri dovrebbero sparire di colpo.
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La cricca totalitaria delle bufale sul clima alterato dall’uomo
Il clima è sempre cambiato da un decennio all’altro. Ci sono state grandi oscillazioni durante gli anni ’30. Abbiamo avuto il “dust bowl” (serie di tempeste di sabbia) durante l’estate e nel 1936 un freddo record. Nel 1936 l’ondata di freddo del Nord America, che colpì anche il Giappone e la Cina, è ancora oggi una delle più intense mai registrate nella storia. Non possiamo dare la colpa di quanto avvenne alle mamme che portavano in macchina i ragazzini a giocare a calcio, bruciando combustibili fossili. Le automobili erano ancora un lusso negli anni ’30. Semplicemente, non esiste alcuna prova di cambiamenti climatici causati dall’uomo. Nessuno è disposto a denunciare questa assurdità semplicemente mostrando le marcate oscillazioni di temperatura registrate nei secoli. Si tratta di un segreto ben celato, ma il 95% dei modelli climatici che, come ci viene detto, provano il legame tra le emissioni umane di CO2 e il catastrofico riscaldamento globale si sono rivelati, dopo circa due decenni di stasi nelle temperature, sbagliati. Non dovrebbe sorprendere. Ci siamo dovuti sorbire le stramberie dei catastrofisti climatici per circa 50 anni. Nel gennaio 1970, la rivista “Life”, basandosi su “solide prove scientifiche”, sosteneva che entro il 1985 l’inquinamento atmosferico avrebbe ridotto della metà la luce del Sole che raggiunge la Terra.Di fatto, in quel periodo, la luce del Sole è diminuita tra il 3 e il 5%. In un discorso del 1971, Paul Ehrlich dichiarava: «Se fossi un giocatore d’azzardo, scommetterei che l’Inghilterra non esisterà più nel 2000». Spostiamoci velocemente al mese di marzo 2000 e a David Viner, scienziato ricercatore esperto presso l’Unità di Ricerca Climatica dell’Università East Anglia, che dichiarò a “The Independent”: «Le nevicate sono ormai una cosa che appartiene al passato». Nel dicembre 2010 il “Mail” online riferiva del «dicembre più freddo mai registrato, con temperature scese a meno 10 °C portando il caos in tutta la Gran Bretagna». Anche noi australiani abbiamo avuto le nostre previsioni sbagliate. Forse la più assurda è stata la dichiarazione dell’allarmista climatico Tim Flannery del 2005: «Se i tabulati del computer sono corretti, le attuali condizioni di siccità diventeranno permanenti nell’Australia dell’Est». Le precipitazioni successive e le gravi inondazioni hanno mostrato che i tabulati, o le sue analisi, erano sbagliati. Ci siamo bevuti una previsione sbagliata dopo l’altra. Inoltre, il gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Ipcc) è stato ripetutamente colto in flagrante per false rappresentazioni della realtà e metodi scadenti.Gli uffici metereologici sembrano aver dato una “aggiustatina” ai dati per adattarsi alla narrazione prevalente. L’affermazione della Nasa che il 2014 è stato l’anno più caldo mai registrato è stata rivista, dopo che era stata messa in discussione, a una probabilità di appena il 38%. Gli eventi meteorologici estremi, che una volta erano imputati al riscaldamento globale, non lo sono più, dal momento che la loro frequenza e intensità sono in diminuzione. E allora perché, vista la mancanza di prove, le Nazioni Unite insistono perché il mondo spenda centinaia di miliardi di dollari all’anno in futili politiche che hanno come obiettivo i cambiamenti climatici? Forse Christiana Figueres, segretario esecutivo della struttura dell’Onu del cambiamento climatico, ha la risposta? Lo scorso febbraio, la Figueres ha detto a Bruxelles: «È la prima volta nella storia dell’umanità che ci stiamo ponendo il compito di cambiare intenzionalmente, entro un determinato periodo di tempo, il modello di sviluppo economico che regna da almeno 150 anni dalla rivoluzione industriale». In altre parole, la vera agenda si concentra sull’autorità politica. Il riscaldamento globale è solo l’amo.Abbiamo anche avuto modo di ascoltare la Figueres affermare che la democrazia è un sistema di governo scadente per combattere il cambiamento climatico. La Cina comunista, ha detto, è il modello migliore. Non stiamo parlando di fatti o di logica. Parliamo di un nuovo ordine mondiale sotto il controllo dell’Onu. Quest’ordine si oppone al capitalismo e alla libertà e ha fatto del catastrofismo ambientale un argomento familiare per raggiungere il suo obiettivo. La Figueres dice che, al contrario della Rivoluzione Industriale, «quella che sta avvenendo è una trasformazione centralizzata». Dal suo punto di vista, la divisione nelle opinioni sul riscaldamento globale negli Usa è «molto deleteria». Naturalmente. Nel suo mondo autoritario, non è ammesso spazio per la discussione o il disaccordo. Capiamoci, il cambiamento climatico è il campo di una battaglia che i totalitaristi e i loro accoliti non possono perdere. Come dice Timothy Wirth, presidente della Fondazione Onu: «Anche se la teoria (del cambiamento climatico) è sbagliata, faremo la cosa giusta in termini di politica economica e ambientale».Dopo aver guadagnato così tanto terreno, gli eco-catastrofisti non ne cederanno un centimetro. Dopo tutto, hanno messo le mani sull’Onu e hanno a disposizione tanti soldi. Hanno un alleato enormemente potente alla Casa Bianca. Hanno arruolato con successo accademici conformisti e media mainstream obbedienti e ingenui (la “Abc” e “Fairfax” in Australia) per far loro portare avanti la narrazione a discapito delle prove. Continueranno a dipingere il movimento sul cambiamento climatico come nato dal consenso spontaneo e indipendente di scienziati, politici e cittadini preoccupati, che credono che l’attività umana sia “in maniera estremamente probabile” la causa dominante del riscaldamento globale (“in maniera estremamente probabile” è un termine scientifico?). E continueranno a mobilitare l’opinione pubblica, utilizzando la paura e gli appelli alla moralità. Il sostegno dell’Onu verrà assicurato attraverso la promessa di redistribuzione di ricchezza dall’Occidente, anche se le sue prescrizioni di politica anti-crescita prolungheranno inutilmente la povertà, la fame, le malattie e l’analfabetismo nei paesi più poveri del mondo.La Figueres ha dichiarato a un recente summit sul clima a Melbourne che lei «contava veramente sulla leadership dell’Australia» perché si assicurasse che gran parte del carbone rimanesse nel suolo. Speriamo che, come il primo ministro indiano Narendra Modi, Tony Abbot non la ascolti. L’India conosce l’importanza dell’energia a basso costo e si prevede che superi la Cina come il leader mondiale di importazione di carbone. Persino la Germania si accinge a mettere in marcia il maggior numero di centrali elettriche a carbone degli ultimi 20 anni. Esiste la possibilità concreta che Figueres e coloro che condividono la sua ambizione di un potere centralizzato riusciranno nel loro intento. Mentre si avvicina la conferenza Onu di dicembre sul cambiamento climatico, verrà messa pressione sull’Australia perché firmi ulteriori trattati sul cambiamento climatico, che distruggeranno posti di lavoro. Resistere sarà politicamente difficile. Ma resistere dovremmo. Stiamo già pagando un inutile prezzo sociale ed economico per gesti vuoti. Quando è troppo, è troppo.(Martin Armstrong, “Quando gli ambientalisti ignorano la storia”, articolo apparso su “Weekend Australian” il 30 settembre 2019 e ripreso da “Voci dall’Estero”).Il clima è sempre cambiato da un decennio all’altro. Ci sono state grandi oscillazioni durante gli anni ’30. Abbiamo avuto il “dust bowl” (serie di tempeste di sabbia) durante l’estate e nel 1936 un freddo record. Nel 1936 l’ondata di freddo del Nord America, che colpì anche il Giappone e la Cina, è ancora oggi una delle più intense mai registrate nella storia. Non possiamo dare la colpa di quanto avvenne alle mamme che portavano in macchina i ragazzini a giocare a calcio, bruciando combustibili fossili. Le automobili erano ancora un lusso negli anni ’30. Semplicemente, non esiste alcuna prova di cambiamenti climatici causati dall’uomo. Nessuno è disposto a denunciare questa assurdità semplicemente mostrando le marcate oscillazioni di temperatura registrate nei secoli. Si tratta di un segreto ben celato, ma il 95% dei modelli climatici che, come ci viene detto, provano il legame tra le emissioni umane di CO2 e il catastrofico riscaldamento globale si sono rivelati, dopo circa due decenni di stasi nelle temperature, sbagliati. Non dovrebbe sorprendere. Ci siamo dovuti sorbire le stramberie dei catastrofisti climatici per circa 50 anni. Nel gennaio 1970, la rivista “Life”, basandosi su “solide prove scientifiche”, sosteneva che entro il 1985 l’inquinamento atmosferico avrebbe ridotto della metà la luce del Sole che raggiunge la Terra.
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Erdogan spietato con i curdi. Invece gli altri sono meglio?
Ci sono approfondimenti talmente contrari al comune sentire che scontentano tutti: destra, sinistra, moderati, massimalisti, patrioti, nazionalisti, sovranisti ed iperliberisti. Ebbene, l’approfondimento che segue appartiene proprio alla categoria degli “inaccettabili”. Tuttavia, come diceva Franz Kafka, bisogna anche sforzarsi di leggere testi che sono un pugno nello stomaco. Se vi siete abituati a leggere solo le informazioni che vengono dai media tradizionali, sconsiglio dunque la lettura di quel che segue. Da appassionato di storia, ho sempre nutrito una certa simpatia per le cause separatiste. Che si tratti della causa basca o catalana in Spagna, di quella irlandese nel Nord dell’isola o di quella del Donbass in Ucraina, a mio modo di vedere le comunità hanno il diritto di autodeterminarsi. Ci sono molte importanti eccezioni, però, perchè in alcuni casi il separatismo è solo anticamera di guerre civili, e quelle che a prima vista possono sembrare cause separatiste, nascondono lotte di potere interne alle comunità, oppure torbide relazioni con paesi del tutto estranei. Il caso della Cecenia è in tal senso illuminante: non si trattò affatto di guerre per l’autodetermianzione del popolo ceceno, ma di una guerra civile sponsorizzzata.Dunque, i distinguo servono eccome, altrimenti si rischia di non capirci nulla e di fare, come si suol dire, di tutta l’erba un fascio. In queste ore il presidente turco Erdogan ha ordinato un’operazione militare nel nord della Siria al fine di annullare l’operatività dei militanti curdi. Erdogan maschera questo intervento con la solita manfrina della lotta al terrorismo. Questo tema (il terrorismo), viene usato da tutti, senza eccezioni, per reprimere gli oppositori internazionali. I Bush contro Iraq e Afghanistan, Sarkozy contro la Libia, Umberto I e Bava Beccaris contro i manifestanti a Milano, l’austriaco Cecco Beppe contro i serbi e giù giù fino a Metternich contro Mazzini. Dunque, l’argomentazione di Erdogan non regge così come non reggevano quelle di Obama, di Clinton e financo di James Brooke contro Sandokan. C’è però almeno un aspetto per il quale faccio seriamente fatica a criticare l’intervento di Erdogan. Ed è la consapevolezza che il Medioriente è la polveriera del mondo. I turchi hanno dominato, amministrato e costruito infrastrutture in Medioriente per più di 500 anni di storia moderna. Le aree confinanti con l’attuale Turchia erano dentro la Turchia stessa (alias Impero Ottomano) fino al 1922 e lo erano per l’appunto, da oltre mezzo millennio. Gli stati mediorientali attuali: Siria, Libano, Israele, Giordania, Arabia Saudita sono un’invenzione geometrica anglofrancese, realizzata a tavolino dopo la Prima Guerra Mondiale attraverso il trattato Sykes-Picot.Quel trattato ha conferito potere alla tribù più retriva dell’area, i wahabiti (oggi “sauditi”) ed è una divisione innaturale, che non tiene conto delle culture delle varie altre tribù. Detto diversamente, il caos che regna in Medioriente da quasi un secolo a questa parte è interamente imputabile alle proiezioni coloniali anglofrancesi, non ai turchi che furono storicamente più tolleranti in quelle aree di quanto non lo sono oggi le tribù autoctone eterodirette (e lo ripeto: eterodirette prima da francesi e inglesi; poi da americani ed israeliani). Com’è logico che sia, dal 1922 – anno della dissoluzione dell’Impero Ottomano – ad oggi, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, e non è posssibile far finta di nulla. I turchi si sono macchiati di crimini orrendi, in primis il genocidio degli armeni durante la Prima Guerra Mondiale, avvenuto per opera di un gruppo di fanatici ottomani ai danni delle popolazioni storicamente più vicine ai russi in quel periodo: gli armeni, appunto.Non si trattò affatto però, come Hollywood vorrebbe far credere, della natura malvagia dei turchi: poco prima i coloni inglesi avevano perseguitato e sterminato fino all’estinzione la stragrande maggioranza delle tribù pellerossa in Nord America e costretto i neri africani a fare da schiavi. I belgi avevano pochi anni prima massacrato milioni di congolesi ed i tedeschi di lì a poco si sarebbero interessati agli ebrei in un modo a dir poco maniacale e demoniaco. Sì, insomma, se i turchi sono cattivi, trovatemi quelli buoni, che io ancora non ne ho conosciuti. Venendo in modo più stringente alla questione curda, al separatismo della regione del Kurdistan, ecc, la vicenda è solo apparentemente complessa. Quand’è che – storicamente – una regione separatista realizza il suo progetto e diventa uno Stato nazionale? La risposta è duplice: da un lato, ciò avviene quando quella regione riesce a farsi riconoscere come Stato dalla stragrande maggioranza degli altri paesi. In subordine, ma neanche tanto, quando un’altra nazione la aiuta in questo tortuoso e rischioso percorso. In Iraq, in Siria ed in Turchia – cioè nei paesi ove alla faccia del trattato Sykes-Picot vivono i curdi – la comunità ha fatto una scelta precisa e inequivocabile dicendo che “ad aiutarci in questa impresa saranno gli Stati Uniti d’America! Non importa se siamo comunisti, non importa se siamo antimperialisti! Sarà l’America a liberarci dai turchi e da Assad”.Al netto di tale ingenuità (fidarsi degli americani in geopolitica è come fidarsi di un promotore finanziario in banca), i siriani lealisti hanno teso una mano ai curdi in diverse occasioni. Com’è noto, date le vicende in Siria e la chiamata del leader Assad dei russi in suo soccorso, cercare una collaborazione con Assad per i curdi avrebbe significato anche cercare una collaborazione con Putin. I curdi hanno declinato gentilmente l’invito preferendo gli americani e, ora, tutti ad allargarsi la bocca e stracciarsi le vesti perchè gli americani li hanno mollati. Ma dire che i curdi hanno avuto sfortuna puntando sul cavallo sbagliato non basta. C’è dell’altro. Anche se gli americani tramite milizie ribelli l’avessero spuntata contro i siriani lealisti, che ne sarebbe stato del Kurdistan? L’ipotesi più probabile è che avrebbero realizzato una microscopica autonomia in perenne contrasto con la Turchia. Io non trascurerei tanto facilmente il fatto che Erdogan, appena tre anni or sono, ha represso un colpo di Stato militare contro di lui. Non se ne parla più, ma che gli americani non sapessero nulla di quel colpo di stato, per cortesia, lo andate a raccontare ai vostri bambini, la sera, prima di addormentarsi e dopo avergli letto quella di Biancaneve.Ora, immaginatevi questo scenario: una Turchia sempre più vassalla dell’America dopo la fine di Erdogan. Una Siria inesistente ed in mano all’Isis. Che ne sarebbe stato del laico e comunista Kurdistan? Non sarebbe forse diventato un Israele dei poveri, ulteriore elemento di destabilizzazione e di attentati? Gli islamisti vittoriosi non se lo sarebbero pappato in un attimo? Conclusione: i curdi sono stati pagati per anni dagli americani per destabilizzare l’area nella speranza che i vari gruppi di ribelli rovesciassero la Siria con la guerriglia e la Turchia con il colpo di stato. Le cose non sono andate così ed ora Erdogan fa quello che tutti farebbero: riportare la stabilità con le cattive col tacito consenso di Putin, Assad e Trump. In cambio, Erdogan acquista armi dai russi, non metterà in discussione il ruolo di Assad a Damasco e custodirà gli jihadisti catturati dagli americani per fare un piacere anche a Trump, che ha dato il via libera. E’ sempre difficile giustificare umanamente un intervento militare. Ma a comprendere Erdogan non ci vuole niente.(Massimo Bordin, “La versione di Erdogan”, dal blog “Micidial” del 10 ottobre 2019).Ci sono approfondimenti talmente contrari al comune sentire che scontentano tutti: destra, sinistra, moderati, massimalisti, patrioti, nazionalisti, sovranisti ed iperliberisti. Ebbene, l’approfondimento che segue appartiene proprio alla categoria degli “inaccettabili”. Tuttavia, come diceva Franz Kafka, bisogna anche sforzarsi di leggere testi che sono un pugno nello stomaco. Se vi siete abituati a leggere solo le informazioni che vengono dai media tradizionali, sconsiglio dunque la lettura di quel che segue. Da appassionato di storia, ho sempre nutrito una certa simpatia per le cause separatiste. Che si tratti della causa basca o catalana in Spagna, di quella irlandese nel Nord dell’isola o di quella del Donbass in Ucraina, a mio modo di vedere le comunità hanno il diritto di autodeterminarsi. Ci sono molte importanti eccezioni, però, perchè in alcuni casi il separatismo è solo anticamera di guerre civili, e quelle che a prima vista possono sembrare cause separatiste, nascondono lotte di potere interne alle comunità, oppure torbide relazioni con paesi del tutto estranei. Il caso della Cecenia è in tal senso illuminante: non si trattò affatto di guerre per l’autodetermianzione del popolo ceceno, ma di una guerra civile sponsorizzzata.
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La Gruber a Salvini: chi è intelligente la verità non la dice
«Nessun politico intelligente direbbe mai quello che pensa davvero: sarebbe un’ingenuità imperdonabile». A dirlo non è Giulio Andreotti, ma Lilli Gruber, che rinfaccia a Matteo Salvini la sua sincerità. Lo scontro va in onda a “Otto e mezzo”, su La7. Bersaglio, il capo della Lega. In studio, Massimo Franco del “Corriere della Sera” concede all’ex ministro dell’interno l’onore delle armi: almeno, ha costretto l’Europa ad affrontare in modo collegiale il problema dei migranti che sbarcano in Italia. La conduttrice – Dietlinde Gruber (Bolzano, classe 1957) – usa invece la clava: se rivendica la sincerità come virtù, Salvini è politicamente un cretino. La Lilli nazionale lo dice dall’alto della sua carriera: mezzobusto del Tg2 craxiano, poi parlamentare europea nel 2004 con l’Ulivo di Prodi, quindi mattatrice dell’intrattenimento giornalistico di Urbano Cairo e ospite fissa del Gruppo Bilderberg. Machiavelli docet: “golpe e lione”, ha da essere il principe – non allocco. E se invece il presunto ingenuo piacesse, nel 2019? Salvini ereditò la Lega di Bossi al 4%. In sei anni, l’ha portata al 34%: primo partito italiano alle europee, con consensi – stando ai sondaggi – che tendono al 40%. Questo, semmai, è veramente imperdonabile, per i fan del governicchio-horror abborracciato da Grillo e Renzi per evitare le elezioni anticipate e restituire l’Italia ai padroncini franco-tedeschi dell’Unione Europea.Salvini è l’unico politico che abbia sfidato Bruxelles, almeno a parole: sui migranti, le tasse, le pensioni. Un vero contestatore del rigore Ue. Andava espulso a tutti i costi dal governo, con la manovra di palazzo del Conte-bis varata dai due azionisti del nuovo carrozzone italiano, l’ex comico genovese e l’ex rottamatore fiorentino. La verità è sotto gli occhi di tutti, anche se Gruber e soci evitano di ricordarla: a Salvini, che è riuscito a pensionare 200.000 anziani con “Quota 100”, aggirando i vincoli-capestro dell’odiosa legge Fornero, l’establishment non ha perdonato l’intransigenza contro gli sbarchi facili, l’ostilità verso l’austerity di Bruxelles (deficit negato all’Italia) e soprattutto il progetto di riforma fiscale (Flat Tax) per abbattere la tassazione, far respirare le aziende e creare lavoro, risollevando il Pil. L’oscuro Giovanni Tria, piazzato al ministero dell’economia al posto di Paolo Savona, ha sistematicamente frenato Salvini, d’intesa con Conte. Il leader della Lega ha staccato la spina dal governo gialloverde quando ha capito che Conte e Tria l’avrebbero costretto a presentare agli elettori un risultato deludente, con la manovra d’autunno ancora una volta risicata e inefficace, attorcigliata sui bizantinismi dell’Iva e di altre pietose gabelle più o meno occulte. E allora vedetevela voi, ha concluso Salvini togliendo il disturbo (chiamatelo scemo).Ma non l’aveva capito, nei mesi precedenti, con che razza di imbroglioni s’era messo, il capo della Lega? «Mi fidavo di Di Maio e di Conte», ha detto alla Gruber. Apriti cielo: «Lei allora non sa valutare le persone che ha di fronte», le ha risposto – ruggendo – la conduttrice di “Otto e mezzo”. Più che giornalismo, pugilato. Puro linciaggio, in cui vale tutto: persino l’irrisione della festa leghista del Papeete. Per ragioni «di forma e stile», un ministro dell’interno non dovrebbe mostrarsi tra gli ombrelloni, per giunta in costume. «Mi scusi – si stupisce Salvini – ma lei come ci va, in spiaggia?». Lilli: «In costume, ma non quando sono ministro». Accipicchia. «Guardi», ribatte Salvini: «Quando tornerò ministro, e accadrà presto, le garantisco che tornerò in spiaggia in costume: si rassegni». Finita? Nemmeno per idea. La Gruber, scatenata, estrae dal cilindro la bassezza più clamorosa: «Comunque, dato che è finita l’estate, è contento che non dovrà più girare in mutande per le strade? Magari senza pancia… sa, per gli occhi delle donne». Salvini, sbigottito, se la ride: cos’altro replicare? E’ semmai la Gruber a restare senza parole, di fronte all’analisi tattica di Salvini. Aveva sottovalutato Conte? Certo, sì: «Ho sottovalutato la vanagloria, la voglia di poltrona di Conte. Quante volte aveva detto che, se il governo fosse finito, sarebbe tornato a fare l’avvocato?». Il governo è finito, ma lui è ancora lì: ha solo cambiato programma e compagni di viaggio.Velenosamente, la conduttrice è riuscita a dire a Salvini: «E’ stato lei a chiedere di essere ospitato, stasera». Vendetta legittima: mesi fa, in un comizio, il leghista s’era divertito a recitare il ruolo del martire, fingendo sofferenza per la serata che lo attendeva nello studio di “Otto e mezzo” («mi tocca andare dalla Gruber: simpatia, portami via»). Perché Salvini insiste per tornare da Lilli, dopo due mesi di assenza? Numeri: la signora del centrosinistra televisivo è la regina incontrastanata del “prime time”, con oltre 2 milioni di telespettatori a sera (e uno “share” che supera l’8%). E’ al pubblico della Gruber, che Salvini vuole continuare a parlare, specie ora che è passato dall’onnipresenza mediatica al limbo punitivo riservato a chi sta all’opposizione. Un ostracismo tanto più necessario, per tentare di proteggere il governo-fantasma del debolissimo professor-avvocato Conte, sostenuto da Renzi e Grillo, puntellato da Bruxelles (Gualteri, Gentiloni, Sassoli) e guardato a vista da Mattarella e da Bankitalia. Quando a far paura erano i grillini, toccò a loro l’esilio televisivo (peraltro, da essi stessi voluto e rivendicato per anni). Ma quando poi Di Maio e Di Battista divennero ospiti fissi di Lilli Gruber, tutti capirono che qualcosa era cambiato: almeno una parte dell’establishment puntava sui 5 Stelle come specchietti per allodole, nella speranza (come poi è stato) che “riportassero a casa” il bottino elettorale populista, accettando di diventare establishment a loro volta, o almeno docili esecutori.Con Salvini è diverso, sembrerebbe, a giudicare dal livore – non esattamente “british” – dell’anomala conduttrice di “Otto e mezzo”, cavallo di razza del post-giornalismo italiano che alle notizie preferisce lo spettacolo, il derby, la rissa. Specialità in cui Salvini resta un fuoriclasse, con una differenza: non fa il giornalista, ma il politico. Come in tribunale l’avvocato, rappresenta (legittimamente) una parte, la sua. Eppure – almeno, il 1° ottobre 2019, dalla Gruber – rivendica la sincerità come valore, dichiarando di essere pronto a perdonarsi eventualmente anche l’ingenuità – meglio essere onesti, piuttosto che bugiardi. «Io almeno sono fatto così», dice Salvini. E la cosa manda in bestia la sua antagonista, che in teoria (essendo una giornalista) dovrebbe avere a cuore proprio la verità. Per Lilli Gruber, invece, a quanto pare la sincerità politica è inammissibile: è indice di dabbenaggine, addirittura di imbecillità. Ma davvero? Ve lo vedete, Gandhi, negare di voler sfrattare gli inglesi dall’India? E Yitzhak Rabin si sarebbe mai espresso contro il diritto dei palestinesi di avere un proprio Stato? Ve lo figurate Nelson Mandela che giudica con indulgenza l’apartheid? Al netto dei tatticismi di prammatica, nei momenti che contano vince sempre la chiarezza. Certo non è il caso di scomodare grandi nomi, se in Italia il menù di giornata propone il match “Gruber contro Salvini”. Ma, sia pure in piccolo, il tema è centrale. Sicuri che il mitico italiano medio non la apprezzi, un po’ di sincerità, dopo tante frottole dispensate a reti unificate? Non sarebbe un bel passo in avanti se, a parte i politici, fossero almeno i giornalisti, ogni tanto, a dire almeno un po’ di verità?«Nessun politico intelligente direbbe mai quello che pensa davvero: sarebbe un’ingenuità imperdonabile». A dirlo non è Giulio Andreotti, ma Lilli Gruber, che rinfaccia a Matteo Salvini la sua sincerità. Lo scontro va in onda a “Otto e mezzo”, su La7. Bersaglio, il capo della Lega. In studio, Massimo Franco del “Corriere della Sera” concede all’ex ministro dell’interno l’onore delle armi: almeno, ha costretto l’Europa ad affrontare in modo collegiale il problema dei migranti che sbarcano in Italia. La conduttrice – Dietlinde Gruber (Bolzano, classe 1957) – usa invece la clava: se rivendica la sincerità come virtù, Salvini è politicamente un cretino. La Lilli nazionale lo dice dall’alto della sua carriera: mezzobusto del Tg2 craxiano, poi parlamentare europea nel 2004 con l’Ulivo di Prodi, quindi mattatrice dell’intrattenimento giornalistico di Urbano Cairo e ospite fissa del Gruppo Bilderberg. Machiavelli docet: “golpe e lione”, ha da essere il principe – non allocco. E se invece il presunto ingenuo piacesse, nel 2019? Salvini ereditò la Lega di Bossi al 4%. In sei anni, l’ha portata al 34%: primo partito italiano alle europee, con consensi – stando ai sondaggi – che tendono al 40%. Questo, semmai, è veramente imperdonabile, per i fan del governicchio-horror abborracciato da Grillo e Renzi per evitare le elezioni anticipate e restituire l’Italia ai padroncini franco-tedeschi dell’Unione Europea.
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Giannuli: Renzi (e Cairo) per creare un’alternativa a Salvini
Renzi, Berlusconi e Cairo? «La cosa complicata è mettere insieme tre pavoni come quelli: con la ruota che si ritrovano, non entrano in un solo ascensore». Aldo Giannuli però li vedrebbe bene, insieme, almeno stando agli elettorati potenziali di riferimento: il neo-rottamatore del Pd, nonno Silvio e il suo quasi-erede, patron de “La7” e della corazzata cartacea italiana, il “Corriere della Sera”. La notizia? Tutto è in movimento. Anche se il politologo dell’ateneo milanese non lo dice (considera uno scivolone la rottura estiva di Salvini), a terremotare la palude italiana – dopo il congelamento del governo gialloverde, commissariato dall’Ue tramite Conte, Tria e Mattarella – è stato proprio lo strappo del leader della Lega, con il suo “a queste condizioni non ci sto più”. Solo a quel punto, Renzi ha deciso di giocare la sua nuova partita, inducendo Zingaretti a ingoiare l’accordo-horror coi 5 Stelle, a loro volta “sinistrati” dall’inciucio. Obiettivo del fiorentino: oggi controllare il Conte-bis, ricattandolo, e domani gestire la partita delle super-nomine, fino alla rielezione del presidente della Repubblica nel 2022. Giannuli si limita a un’analisi tattico-elettorale senza tener conto delle voci sui contatti tra Renzi e il super-potere massonico, resi evidenti dalla passerella al meeting 2019 del Bilderberg.«Gli hanno promesso di farlo entrare finalmente nel salotto che conta, se fosse riuscito a fermare i gialloverdi», sostiene Gianfranco Carpeoro, saggista, legato a importanti ambienti massonici europei. Stando a Carpeoro – progressista, da sempre socialista – oggi Renzi può vantare una grande vittoria da esibire sui tavoli dei suoi veri mandanti: e potrebbe quindi anche alzare la posta, per chiedere per sé qualcosa di importante, con la minaccia di far cadere il Conte-bis. Semplici indiscrezioni, ma preziose: perché concorrono a delineare un quadro coerente, ben ancorato allo scenario internazionale da cui – come tutti hanno capito – dipendono le crisi italiane, compresa quella in corso. Giannuli invece preferisce attenersi al panorama di casa, articolando un’analisi ravvicinata sulle possibili mosse dei vari attori sul terreno. Renzi? Per ora è accreditato di pochi voti: dal 3 al 5% al massimo. «Ma sono convinto che si tratti solo di una base di partenza che, se il fiorentino ci saprà fare, è destinata a crescere, e non di poco», scrive Giannuli sul suo blog. Inutile negarlo: «Il sistema dei partiti esistente è tutto in crisi e c’è un diffuso malcontento dei cittadini per l’offerta politica: Forza Italia si sta liquefacendo, il M5S ha avuto una batosta alle europee dalla quale è difficile che si rimetta».Quanto al Pd, «la batosta l’ha presa alle politiche, e alle europee ha recuperato percentualmente solo per l’altissimo numero di astenuti, ma ha perso altri 100.000 voti reali)». Sinistra, +Europa e Fratelli d’Italia «non riescono a sfondare» e, di fatto, «galleggiano». Solo la Lega era esplosa: al 34% delle europee erano seguiti sondaggi che la davano prossima al 40%. «Ma la gestione scellerata della crisi di governo ha fatto crollare la credibilità di Salvini», sostiene Giannuli. «E se ancora questo non si riflette pienamente nei sondaggi, è lecito aspettarsi un calo lento ma costante, a meno che i giallorossi non ne facciano talmente tante da resuscitare la Lega e andare al voto in primavera». Dunque Renzi non sbaglia, quando dice che “c’è spazio”. La sua formazione, in primo luogo, «ha ancora da risucchiare al Pd: ci sono ancora renziani che non sono usciti, parecchi indecisi, e poi Zingaretti praticamente non esiste: Renzi non avrà difficoltà ad oscurarlo». Poi, se dovessse ingranare, «avrebbe da beccare molto nel pollaio di centro (da +Europa a Calenda, fino ai rimasugli di Dc»).Ma è soprattutto Forza Italia, col suo striminzito 6% residuo, che può dare un po’ di sangue alla neonata creatura renziana: anzi, non è neppure da escludere che i berlusconiani possano confluire nel nuovo soggetto renziano. «Insomma, un traguardo dell’11-12% potrebbe essere a portata di mano». E a quel punto, continua Giannuli, «potrebbe funzionare la sirena del fiorentino sia sul fianco della Lega che su quello dell’astensionismo». In concreto: «Non sono immaginabili particolari sfracelli, ma l’elettorato potenziale del nuovo partito potrebbe crescere sino al 15-18%», addirittura. Tornando alla realtà: «Bisognerà vedere molte cose: che farà il governo, che mosse farà Renzi, quali Salvini». Soprattutto, occorrerà valutare «se la mossa renziana di oggi sarà imitata da altri». In quel caso, alla fine ci sarebbe «un gran rimescolamento di carte che cambierà il volto del sistema dei partiti». Prima tappa, scontata, il pallido Pd: potrebbero rientrare quelli di Leu (Bersani e compagni), inducendo le ultime “sentinelle” renziane ad uscirne. Poi c’è il caso particolare di Conte: i sondaggi danno un modestissimo recupero al M5S dopo la soluzione della crisi di governo, ma un altissimo indice di consenso personale per il presidente del Consiglio. E c’è chi si spinge a ipotizzare che un suo partito possa raccogliere sino al 21%.«Certo i sondaggi vanno presi con le molle», premette Giannuli, però vanno monitorati con attenzione. «E qui la domanda sorge spontanea: che farà “Giuseppi” alle elezioni? Potrebbe ritirarsi a vita privata, come ha ripetutamente assicurato (e questo è una conferma che non si ritirerà affatto: tutti quelli che vogliono restare in campo dicono di star facendo le valide per ritirarsi). Oppure potrebbe presentarsi con il M5S, magari come candidato presidente del Consiglio». O ancora – terza opzione – potrebbe fare una sua lista, «più o meno apparentata coi 5 Stelle: dipenderà dal sistema elettorale». Secondo Giannuli, una “lista Conte” potrebbe attingere voti tanto al M5S quanto al Pd e persino all’area di centro (e quindi sottrarre voti a Renzi), ma potrebbe anche dare credibilità al partito di Renzi come possibile alleato. Altri sconvolgimenti, sempre secondo Giannuli, potrebbero investire la Lega: se si votasse tra un anno, il monte voti del Carroccio «potrebbe precipitare anche verso il 20%, e a quel punto non è detto che il partito resti integro». Ad esempio, Maroni «potrebbe uscire per fare altro». Oppure i maggiorenti della Lega (Giorgetti in testa) potrebbero «pensare a una qualche congiura per cacciare il “rais”».Se questo è lo scenario dell’attuale palazzo, poi ci sono quelli che premono da fuori: in primo luogo i Verdi, che «senza aver attaccato un solo manifesto, con pochissime apparizioni televisive e con una manciata di euro per la campagna elettorale, hanno preso il 2%», ovvero «un po’ di più della “Sinistra”, che pure aveva parlamentari, più spazi televisivi e decisamente più soldi». I Verdi avrebbero dalla loro «la simpatia dei giovani “gretisti”, il mutamento climatico che ormai non è più una previsione ma una realtà in atto, e di conseguenza una certa attenzione dei mass media». Gli ultimi eredi del “Sole che ride” potrebbero anche «fare liste comuni con quel che resta della sinistra o assorbirne un po’ di voti». Giannuli non prende nemmeno in considerazione il piccolo fronte rosso-bruno apertosi con “Vox Italia”, il sovranismo “socialista” capitanato da Diego Fusaro (che sembra autoemarginarsi da subito, peraltro, chiedendo l’uscita dall’euro, dall’Ue e dalla Nato). Una galassia, quella del voto-contro, che nel 2018 diede largamente fiducia ai 5 Stelle: milioni di voti che poi, di fronte al fallimento gialloverde incarnato da Di Maio, sono tornati a gonfiare l’oceano dell’astensionismo già alle europee, tornata in cui ha votato poco più di un italiano su due (un elettore su tre, invece, ha scommesso ancora su Salvini).Tornando a Renzi, Giannuli punta i riflettori sul grande centro: l’altra grande incognita esterna è l’editore Urbano Cairo, che recentemente ha concesso «un’intervista di due ettari» al “Foglio” «per spiegare che non ha intenzione di candidarsi», e che però, «se fosse costretto a farlo, avrebbe un programma fatto così e così». Tradotto: «La smentita, al solito, vale la conferma delle intenzioni di esserci». Su che seguito elettorale potrebbe contare, Cairo? «Impossibile a dirsi, allo stato attuale», che è quello di una intenzione «molto futura». E poi, candidarsi per fare che? «Un partito suo? Entrare in Forza Italia e rivitalizzarla? Fare il presidente di una qualche confederazione di centro con Renzi e lo stesso Cavaliere? Tutto possibile». Urbano Cairo possiede “La7” e il “Corriere della Sera”, «ma non sono più i tempi della discesa in campo del Cavaliere». Inoltre, «l’appporto dei suoi media è realisticamente molto più ridotto». Secondo Giannuli, poi, «un appoggio troppo sfacciato, soprattutto da parte del blasonatissimo “Corriere”, potrebbe costare molto in termini di audience e di lettori». Lo si è visto con il mitico “fate presto” con cui la grande stampa italiana accolse il finto salvatore Mario Monti nel 2011, salvo poi “scoprire” – fuori tempo massimo – che non si trattava esattamente di un benefattore della nazione.Resta virtualmente da spendere la carta del classico partito personale, a meno che Cairo non abbia già nella manica «un parterre da far paura» fatto di grandi nomi, «presidenti di associazioni», e magari la benedizione del Papa. Viceversa, avrebbe «qualche possibilità di successo in più la sua adesione a Forza Italia», che di fatto «potrebbe dare qualche goccia di sangue fresco alla moribonda creatura berlusconiama». Ma la cosa più ragionevole, per Giannuli, sarebbe «la confederazione con il fiorentino e il Cavaliere». Poi ci sono una serie di personaggi singoli molto noti (Tremonti, Sgarbi, Monti, Rutelli, magari anche Fini), che forse hanno «solo un po’ di seguito d’opinione», eppure «possono regalare visibilità a una forza politica nuova», anche perché «la parata di vecchie stelle del varietà funziona sempre», fino a un certo punto. L’unica vera notizia è che «le bocce sono in movimento, e altre – completamente nuove, che oggi neanche immaginiamo – possono entrare in campo». Molte cose cambieranno, conclude Giannuli, sempre senza tener conto del quadro internazionale, europeo e non solo, così determinante – finora – per la crisi italiana (dalla Via della Seta al decreto Golden Power contro Huawei, dal Russiagate anti-Salvini alla guerriglia con Macron e il voltafaccia dei 5 Stelle, fino all’elezione di Ursula von der Leyen).L’analisi di Giannuli, apprezzabile per i riflessi immediati sull’agenda di Palazzo Chigi e dintorni, non legge le ricadute italiane dei grandi giochi in corso, dalla Hard Brexit alla crociata contro Trump. Clamoroso il guanto di sfida lanciato dal governatore della Bank of England, uomo Rothschild: Mark Joseph Carney è stato applaudito a Wall Street, nientemeno, per aver annunciato la necessità di una valuta internazionale alternativa al dollaro. Corretto il focus di Giannuli su Cairo: ma come si schiererebbe, l’editore, rispetto allo scacchiere che conta, cioè quello dei veri poteri che telecomandano l’Italia? E poi: sicuri che Salvini sia sul viale del tramonto? Cosa c’è nella testa di quei milioni di italiani che tuttora fanno della Lega il primo partito? Salvini non è certo ostile a Putin, che peraltro non è un campione di democrazia. A sua volta, Putin non è assolutamente lontano da Trump, che pure sembra aver cessato di sostenere Salvini. Quello che si legge è un caos, nel quale sembra precipitata l’oligarchia di ieri. L’Italia gialloverde era vista – da fuori, forse a torto – come un “pericoloso” banco di prova per sperimentare un’alternativa al paradigma ordoliberista. Il pallottoliere di Giannuli, per ora, non ne fa cenno. Ma sarebbe ingenuo non cercare di mettere a fuoco la vera domanda: per chi sta lavorando, oggi, Matteo Renzi? Per se stesso, come al solito? Certo, anche. Ma si sa, le cose accadono a più livelli. I giochi sono tanti, così come i giocatori. E quelli italiani, visibili, sono solo la vetta dell’iceberg.Renzi, Berlusconi e Cairo? «La cosa complicata è mettere insieme tre pavoni come quelli: con la ruota che si ritrovano, non entrano in un solo ascensore». Aldo Giannuli però li vedrebbe bene, insieme, almeno stando agli elettorati potenziali di riferimento: il neo-rottamatore del Pd, nonno Silvio e il suo quasi-erede, patron de “La7” e della corazzata cartacea italiana, il “Corriere della Sera”. La notizia? Tutto è in movimento. Anche se il politologo dell’ateneo milanese non lo dice (considera uno scivolone la rottura estiva di Salvini), a terremotare la palude italiana – dopo il congelamento del governo gialloverde, commissariato dall’Ue tramite Conte, Tria e Mattarella – è stato proprio lo strappo del leader della Lega, con il suo “a queste condizioni non ci sto più”. Solo a quel punto, Renzi ha deciso di giocare la sua nuova partita, inducendo Zingaretti a ingoiare l’accordo-horror coi 5 Stelle, a loro volta “sinistrati” dall’inciucio. Obiettivo del fiorentino: oggi controllare il Conte-bis, ricattandolo, e domani gestire la partita delle super-nomine, fino alla rielezione del presidente della Repubblica nel 2022. Giannuli si limita a un’analisi tattico-elettorale senza tener conto delle voci sui contatti tra Renzi e il super-potere massonico, resi evidenti dalla passerella al meeting 2019 del Bilderberg.