Archivio del Tag ‘insulti’
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La cricca del Tav e le Br: per le istruzioni, rileggere Sciascia
«Terrorista, mascalzone, bastardo, stronzo». Così l’ex presidente Pd della Regione Umbria, Maria Rita Lorenzetti, insieme ai tecnici di Italferr e Walter Bellomo non risparmiava insulti nei confronti di Fabio Zita, dirigente dell’ufficio Valutazioni di impatto ambientale (Via) della Regione Toscana, rimosso perché nella primavera 2012 osava ancora classificare come rifiuti pericolosi i fanghi di risulta degli scavi per la Tav fiorentina. E se la cordata pro-Tav affonda nel fango dell’inchiesta di Firenze, “rimedia” prontamente un comunicato firmato Br che esorta i No-Tav valsusini ad “alzare il livello dello scontro” con lo Stato. Quanto basta per scatenare la polemica di cui i partiti avevano bisogno, al punto da travisare e colpire persino Stefano Rodotà, schierato coi valsusini e bollato a sua volta come “cattivo maestro”, mentre Alfano annuncia il raddoppio del presidio militare a Chiomonte. «Fanno la faccia feroce, enfatizzano il comunicato di due brigatisti detenuti come se fossero capipopolo in grado di muovere un esercito», protesta Gad Lerner sul suo blog.
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Barnard: perché la verità non avrà mai spazio in televisione
«Voi vi siete accorti di aver un presidente del consiglio? Io no. Letta non è, è nulla, non so come dire: impalpabile, aria fritta, un ologramma pallido». Paolo Barnard guarda oltralpe: «I francesi si sono accorti che per fare pareggio di bilancio e per arrivare al 3% di deficit dovrebbero devastare tutta la loro piccola, media e grande industria nazionale, imponendole tasse impossibili». Così, il ministro francese delle finanze, Pierre Moscovici, ha avvertito Draghi, la Commissione Europea e la Germania: la Francia non rispetterà né il pareggio di bilancio né il contenimento del deficit entro il 3% del Pil. «Poi ci siamo noi, quelli che fanno pietà, con l’ologramma pallido che ci guida», incapace di spendere – per ricostruire l’Aquila – lo 0,1% di quello che spenderanno i francesi. Insieme all’Aquila, «rimarranno distrutti i nostri imprenditori tassati dal 50 al 70%, i nostri disoccupati, la nostra economia». Con il contributo decisivo di chi depista l’informazione: i media, che oscurano la verità e puntano tutto su intrattenitori finto-alternativi.
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Elezioni, avviso a Grillo: la crisi impone vere risposte
Il clamoroso scivolone delle amministrative lascerà il segno: il “Movimento 5 Stelle” dimezza i voti delle politiche e non riesce a mandare al ballottaggio nemmeno un candidato. Secondo Marcello Foa, il leader del M5S è stato «bravissimo nell’interpretare il malessere del paese fino al febbraio scorso, ma pessimo nella selezione dei candidati alle politiche». Soprattutto, spicca la «manifesta incapacità di adeguare il linguaggio e la linea politica al dopo-elezioni: ha continuato ad urlare e a insultare come prima, non rendendosi conto che per ampliare il consenso avrebbe dovuto puntare sulla credibilità». La fuga dalle urne, dopo le manovre di palazzo che hanno portato alla rielezione di Giorgio Napolitano al Quirinale e alla nascita del governo delle larghe intese, secondo Peter Gomez dimostra come, ormai, un numero enorme di elettori si riconosca in un celebre aforisma di Mark Twain: «Se votare facesse qualche differenza, non ce lo lascerebbero fare».
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Addio ai partiti-vergogna, l’Italia collauda un nuovo sistema
I nostri uomini politici e i loro consiglieri, spesso mascherati da giornalisti, sembrano tante Alici nel Paese delle Meraviglie. Per mesi non si sono accorti del fenomeno Grillo, saltabeccando da una Tv all’altra non ne parlavano mai se non per accenni generici al “populismo” o all’“antipolitica”. Solo negli ultimi giorni della campagna elettorale è affiorata qualche preoccupazione. Eppure bastava uscire dagli studi televisivi e dai teatrini compiacenti, uscire in strada, entrare nei bar, salire su un autobus per capire che aria tirava. Se chiedevi ad un adulto ti rispondeva: «Questa volta non voto, sono stufo di farmi prendere in giro, oppure lo do a Grillo». I ragazzi, ma a proporzioni invertite, si dichiaravano “grillini” oppure “apo”. Adesso i partiti sono colpiti da choc anafilattico. La scoppola che han preso è addirittura superiore a quella che appare.
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Il silenzio della sinistra sullo squadrismo della polizia
Con sfrontata arroganza, il ministro Cancellieri ha parlato di atteggiamento “squadrista”, riferendosi agli studenti che la hanno contestata a Rimini. Del resto, già in occasione delle sentenze, tardive e insoddisfacenti, che hanno condannato alcuni esponenti delle forze dell’ordine (risparmiandone accuratamente i vertici) per la ignobile macelleria di Genova 2001, lo stesso ministro non aveva lesinato gli attestati di stima nei confronti dei macellai. Ma i cittadini non sono stupidi: chiunque abbia guardato i video che documentano le selvagge aggressioni di alcuni poliziotti ai danni di studenti inermi (“giustificate” da altre documentazioni che mostravano azioni di resistenza attiva da parte di qualche manifestante, come se questo legittimasse la vendetta nei confronti di ragazzini ridotti in condizioni di impotenza) si è potuto fare autonomamente un’idea di quanto è veramente successo.
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Scanzi: come ti smonto Grillo, imboscata firmata Lerner
Beppe Grillo è molto bravo a distruggere ciclicamente se stesso. La scomunica a Federica Salsi è attaccabilissima. E la censura ad “Agorà” un autogol. Molti, su tali errori, hanno gioiosamente sguazzato. Tipo Gad Lerner, che lunedì sera a “L’Infedele” ha voluto dimostrare plasticamente perché Grillo detesti tanto certi talk-show. Quel sessista di Grillo. Il post sul “punto G” è stato letto da Lella Costa come attacco maschilista, anche se Grillo alludeva semplicemente all’orgasmo dell’ego che la tivù garantisce. La trivialità di Grillo è bipartisan: Pisapia è “Pisapippa”, Renzi soffre di “invidia penis”. Non è un’attenuante: è un fatto. Quel brigatista di Grillo. Una scatenata Lella Costa ha poi paragonato i “Comunicati politici” di Grillo alle Brigate Rosse. Piero Ricca le ha ricordato che il rimando era palesemente ironico. Macché: «Se metti insieme il punto G e le Br non ci trovo nulla da ridere».
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Torino, lo show della paura: Fassino assediato dai fischi
«Cosa c’entrate, voi? Andate via: via la polizia dal corteo!». Sembra Belfast, invece è Torino: Primo Maggio 2012. Qualche attempato manifestante, col quotidiano sottobraccio, intona il coro “via, via, la polizia”, mentre gli agenti in assetto antisommossa controllano nervosamente il pubblico, visibilmente irritato. Poi, immancabili, i tafferugli: in via Po, gli agenti caricano coi manganelli, reagendo agli insulti di un gruppo di studenti, mentre i dirigenti del reparto mobile faticano a contenere la carica: «Fermi!», continuano a sgolarsi, mentre i manifestanti si mettono al riparo sotto i portici. Obiettivo della contestazione: lo strapotere delle istituzioni-ombra, che infliggono il “rigore” ma si rifiutano di dare spiegazioni credibili. «Il Primo Maggio è la nostra festa: qui non ce li vogliamo», protestano i più giovani, ragazzi dei centri sociali e delle coooperative rimaste senza lavoro. L’atmosfera è di piombo: sembra Londonderry, ma è Torino.
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No-Tav, Travaglio: Bersani e il silenzio dei tecnici cialtroni
Il Tav Torino-Lione nasce ventuno anni fa, quand’era appena caduto il Muro di Berlino, al governo c’erano Andreotti e Cirino Pomicino e alle Ferrovie Lorenzo Necci. Poi, guardacaso, Tangentopoli li ha spazzati via tutti. Un’altra era geologica, quando i politici erano in preda a una supersonica “invidia del pene” e come modello di sviluppo inseguivano ancora la Muraglia Cinese e la Piramide di Cheope. Poi sappiamo che cosa ci han lasciato di grosso, in eredità: il debito pubblico. Il primo studio di fattibilità commissionato dalla Regione Piemonte 21 anni fa stimava che i passeggeri fra Italia e Francia sarebbero aumentati da un milione e mezzo a 7 milioni e 700.000 in dieci anni. Invece adesso sono 700.000: un decimo del previsto. Infatti il vecchio treno diretto Torino-Lione è stato soppresso da un pezzo.
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La politica italiana si rifiuta di giustificare la Torino-Lione
Pochi indizi certi: l’assassino è la Tav, mentre la vittima è la popolazione italiana, a cominciare da quella che vive in valle di Susa. Tuttavia, direbbe il commissario del telefilm, manca sempre il movente. L’ipotetico crimine resta senza un perché, mentre l’elenco dei feriti si allunga: almeno un centinaio in più, dopo il ruvido sgombero dell’autostrada del Fréjus il 29 febbraio. «Me ne hanno date tante», protesta il leader No-Tav Alberto Perino, rimasto per ore seduto sull’asfalto, inerme, e poi caricato con gli altri dall’impeto dei reparti antisommossa che hanno inseguito i manifestanti fin dentro l’abitato di Bussoleno, rastrellando strade e persino bar, sfondando porte. Lo dicono i video girati da reporter come Cosimo Caridi e Andreas Mazzia del “Fatto Quotidiano”, al termine di una terribile giornata di tensione avvelenata da notizie diffuse in modo incontrollato dai grandi media, i cui editori sono direttamente coinvolti nella cordata dei “general contractor” dell’alta velocità.
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Magris: la “merde” di Cambronne e la nostra di oggi
L’Italia ridotta a un terreno di scontro quotidiano a base di insulti osceni, che non scandalizzano più una «borghesia intellettualmente pezzente». Lo afferma Claudio Magris sul “Corriere della Sera”, in un editoriale che esamina il trionfo della volgarità elevata a sistema: l’ordinaria politica dell’insulto è sintomo di una ormai compiuta mutazione antropologica degli italiani, rassegnati a tutto e inconsapevoli del fatto che «chi insulta l’avversario», innanzitutto, «si delegittima», squalificando se stesso. Un esempio? Il “falco” berlusconiano Giorgio Stracquadanio, che «auspica di adottare nei confronti degli avversari “il metodo Boffo”», fatto di diffamazione squadristica che «disonora chi se ne serve».
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Vaccinarsi, con Primo Levi, dal cancro del negazionismo
Chiedere perdono agli ebrei? Impossibile. Sono arroganti, tracotanti, bugiardi. Pretendono che il mondo chieda loro scusa, all’infinito, per i crimini della Shoah, sicuramente una persecuzione risalente a settant’anni fa, ma non certo un genocidio: non ci sono prove che siano state sterminate sei milioni di persone, men che meno nelle camere a gas. Fantasie, invenzioni. Leggende. E’ la tesi che un ricercatore dell’università La Sapienza di Roma espone ora sui numerosi blog di cui è curatore. L’ennesimo scandalo del delirio negazionista.
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Informazione, ecco chi ha svenduto la nostra libertà
Il potere che orienta l’Italia da quindici anni, ovvero dalla “discesa in campo”, e che ha condizionato la vita nazionale anche quando era all’opposizione grazie allo strapotere mediatico di un sol uomo, ci ha riempiti di insulti, di calunnie, ha scagliato contro di noi le accuse più strampalate ed infamanti, perché? Perché non rinunciamo né mai rinunceremo al diritto di pensare. Questa semplice verità, che è il fondamento di ogni libertà e di ogni democrazia, è intollerabile per una forza politica che si sostiene sugli interessi di un sol uomo, ostile a ogni dissenso.