Archivio del Tag ‘legislatura’
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Va’ dove ti porta il quorum, senza il popolo e senza leader
Evviva, habemus Rosatellum. Giuro che non vi infliggerò un’ennesima immersione, da palombari, nei segreti sommersi della legge elettorale, nei suoi meccanismi infernali e nella contabilità su chi ci guadagna e chi ci perde, chi è rimasto fregato e chi crede di averci guadagnato e invece sarà beffato, o viceversa. No, vorrei tornare in superficie, e recuperare una visione politica d’insieme. Da una legge elettorale noi ci aspettiamo due requisiti: che garantisca la rappresentanza e la governabilità. Il primo requisito coincide con la volontà popolare, il secondo con la certezza che dalle urne esca un governo o quantomeno una maggioranza di governo. La legge Rosato che è stata approvata ieri dal Senato in via definitiva (ma non eterna, vedrete che sarà presto rimessa in discussione), non garantisce né l’una né l’altra. Non si tratta di vedere chi se ne avvantaggia e chi ci rimette, perché la questione più grave investe l’Italia e il popolo sovrano. La rappresentanza, come ormai è ben chiaro, non viene scelta dall’elettore se non in piccola parte e in modo assai indiretto; sono le oligarchie, i capi partito a decidere chi mandare in parlamento. E grazie all’alchimia dei dosaggi, delle liste e delle coalizioni, un voto passa da così tante rifrazioni che entra in un modo ed esce in un altro. La volontà popolare si riduce dunque a La Traviata.Però, noi disperati elettori, ci accontenteremmo almeno di mezzo risultato: almeno ci darà un governo, cioè una maggioranza che avrà i numeri per governare senza trescare e inciuciare, un leader che viene designato come premier, un governo che abbia le premesse per durare l’arco di una legislatura? Macché. In questo quadro tripolare e frammentato, più frattaglie sparse, la legge elettorale non garantisce che chi prende un voto più degli altri, partito o coalizione che sia, abbia poi i numeri per governare. E non c’è nemmeno il paracadute del doppio turno per cui se la situazione esce spezzettata al primo colpo, c’è perlomeno un secondo turno in cui si decreta un vincitore. No. L’apparentamento non avviene prima del voto ma dopo. Questa legge sembra fatta apposta per il compromesso, per la grande coalizione al centro tra renziani e berlusconiani, più contorno di centrini e chicista, un partito governativo che nasce sempre, a conti fatti. Ora, noi scafati e ormai provati da ogni esperienza, non ci lasciamo spaventare nemmeno da questa prospettiva e diciamo: va bene, nasce un bel governone di unità nazionale. Ma per far cosa? Qual è la linea su cui convergerebbero, il grande disegno politico, le riforme da approvare insieme, la leadership riconosciuta su cui puntare? Silenzio.Non ci sarebbe una linea ma un accrocco, non c’è un disegno se non quello di andare al governo in condominio e spartirsi un po’ di ministeri, non ci sono riforme condivise perché verranno rimandate a quel domani impossibile quando “governeremo da soli”; e non c’è un leader riconosciuto da entrambi ma si dovrà arrivare a un vicario, un non-leader di compromesso, un profilo basso, se non una mezzacalzetta, che sia pronto a obbedire ai suoi due grandi elettori, senza scontentare gli altri mandanti del governo. Ecco il quadro. Siamo preoccupati? Ma no, dai, come fai a essere ancora preoccupato dopo tante delusioni e fallimenti, come fai a sentirti in pericolo se hai la certezza che la cosa non andrà avanti per molto? Dunque, niente. Aspettando godot, cioè la politica, quella seria, quella che decide e rappresenta i popoli, ci limitiamo a vivere alla giornata e vedremo passare davanti a noi, sul Tevere, dopo averle viste armate per il conflitto tra loro, carcasse di destra, di centro, di sinistra, trascinate insieme dalla corrente. Più qualche gorgo a cinque stelle. Va’ dove ti porta il quorum.(Marcello Veneziani, “Senza popolo e senza leader”, da “Il Tempo” del 27 ottobre 2017, ripreso dal blog del Movimento Roosevelt).Evviva, habemus Rosatellum. Giuro che non vi infliggerò un’ennesima immersione, da palombari, nei segreti sommersi della legge elettorale, nei suoi meccanismi infernali e nella contabilità su chi ci guadagna e chi ci perde, chi è rimasto fregato e chi crede di averci guadagnato e invece sarà beffato, o viceversa. No, vorrei tornare in superficie, e recuperare una visione politica d’insieme. Da una legge elettorale noi ci aspettiamo due requisiti: che garantisca la rappresentanza e la governabilità. Il primo requisito coincide con la volontà popolare, il secondo con la certezza che dalle urne esca un governo o quantomeno una maggioranza di governo. La legge Rosato che è stata approvata ieri dal Senato in via definitiva (ma non eterna, vedrete che sarà presto rimessa in discussione), non garantisce né l’una né l’altra. Non si tratta di vedere chi se ne avvantaggia e chi ci rimette, perché la questione più grave investe l’Italia e il popolo sovrano. La rappresentanza, come ormai è ben chiaro, non viene scelta dall’elettore se non in piccola parte e in modo assai indiretto; sono le oligarchie, i capi partito a decidere chi mandare in parlamento. E grazie all’alchimia dei dosaggi, delle liste e delle coalizioni, un voto passa da così tante rifrazioni che entra in un modo ed esce in un altro. La volontà popolare si riduce dunque a La Traviata.
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Governabilità? E’ la solita truffa per blindare i partiti
La stabilità politica non dipende dal sistema elettorale, ma dalla forma di governo. Se è il Parlamento a votare la fiducia, non c’è da giurare sulla durata del premier. L’unica forma veramente sicura, per l’esecutivo, è il presidenzialismo: si elegge un capo del governo, che spesso è anche il capo dello Stato, che resta in carica per l’intero mandato, al riparo dal voto delle Camere. Se l’obiettivo dei maggiori partiti è questo, cioè la famosa “governabilità”, perché ostinarsi a cambiare il sistema elettorale? Perché le «vere intenzioni» sono altre e restano occulte, sostiene Aldo Giannuli. Con il Porcellum e ora l’Italicum, il Parlamento viene subordinato al governo anche nella formazione delle leggi. Attraverso il maggioritario, il sistema politico viene blindato, sbarrando la strada agli outsider. Risultato: il ceto politico domina la società civile ed emargina le potenziali forze anti-sistema.Il ventennio maggioritario italiano, ricorda Giannuli nel suo blog, conferma che il sistema elettorale fondato su premio di maggioranza e soglia di sbarramento non mette affatto il governo al riparo dalle crisi: in 19 anni, dal 1994 a oggi, non c’è stato un solo governo capace di durare per l’intera legislatura. Nel ‘94 fu la Lega di Bossi a uscire dalla coalizione di centrodestra dopo soli sette mesi, determinando la caduta del governo Berlusconi. Quattro anni dopo, nel ‘98, fu Rifondazione Comunista a disertare dalla maggioranza di centrosinistra facendo cadere l’esecutivo Prodi. Il successivo governo D’Alema si dimise a sua volta nel 2000 per le tensioni interne alla maggioranza, lasciando il posto ad Amato. E ancora: nel 2005 fu l’Udc di Casini a provocare la caduta del Cavaliere, cui seguì un nuovo governo Berlusconi che concesse la riforma del sistema elettorale ( il “Porcellum”). E nel 2008 furono i gruppi di Dini e Mastella a far cadere nuovamente Prodi, aprendo la strada alle elezioni anticipate. Non si è trattato solo di rotture interne alle coalizioni, precisa Giannuli, ma anche di scissioni del partito di maggioranza: accadde nel 2010 con la defezione di Fini dal Pdl, che ridusse ai minimi termini la maggioranza di centrodestra, che poi crollò definitivamente nel novembre 2011.Finora, la regola del maggioritario è stata: chi si divide perde, ma chi vince poi non governa. «Il maggioritario tende a stabilizzare il quadro politico esistente e, pertanto, determina la formazione di sinistra e destra nominali, che in realtà sono entrambe forze di centro tendenti verso l’una o l’altra sponda del sistema», scrive Giannuli. «Non è un caso che, dal 1994, le coalizioni abbiano preso a denominarsi “centrosinistra” e “centrodestra”», a conferma del fatto che «nel maggioritario c’è solo un grande centro, più o meno caratterizzato in un senso o nell’altro». Legittimo proporre un assetto di sistema che abbia caratteristiche di centralità dell’esecutivo, «ma perché non dichiararlo apertamente e contrabbandare tutto con la truffa della governabilità? Forse perché la gente reagirebbe malissimo all’idea di blindare il ceto politico esistente?».La stabilità politica non dipende dal sistema elettorale, ma dalla forma di governo. Se è il Parlamento a votare la fiducia, non c’è da giurare sulla durata del premier. L’unica forma veramente sicura, per l’esecutivo, è il presidenzialismo: si elegge un capo del governo, che spesso è anche il capo dello Stato, che resta in carica per l’intero mandato, al riparo dal voto delle Camere. Se l’obiettivo dei maggiori partiti è questo, cioè la famosa “governabilità”, perché ostinarsi a cambiare il sistema elettorale? Perché le «vere intenzioni» sono altre e restano occulte, sostiene Aldo Giannuli. Con il Porcellum e ora l’Italicum, il Parlamento viene subordinato al governo anche nella formazione delle leggi. Attraverso il maggioritario, il sistema politico viene blindato, sbarrando la strada agli outsider. Risultato: il ceto politico domina la società civile ed emargina le potenziali forze anti-sistema.
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Rivoluzione democratica: potere al Parlamento Europeo
Un’Europa “normale”, cioè finalmente democratica, al posto del Palazzo degli Orrori che ci sta torturando in base ad un piano eversivo, golpista: costringerci alla resa fino a svendere i nostri beni ai padroni della Terra dopo aver demolito gli Stati sovrani, la loro economia e il sistema dei diritti a garanzia dei cittadini. Tutto questo, grazie alla complicità di partiti-canaglia ridotti a “maggiordomi” dell’élite mondiale, quella dei “proprietari universali” che – come in un nuovo medioevo feudale – pretendono per sé tutto il potere, grazie al micidiale ricatto della finanza e al ferreo controllo su una moneta non più nostra. Per cancellare l’incubo c’è una sola via: il recupero politico della piena sovranità democratica. Punto numero uno: costruire una grande coalizione che pretenda un’Europa non più nemica. Un’Europa solidale, che lavori per il bene del 99% anziché per la sua rovina, a esclusivo beneficio – come avviene oggi – della super-casta planetaria, quella delle lobby onnipotenti che dettano, letteralmente, le direttive della nostra condanna. La Commissione Europea? Va semplicemente abolita. Gli europei meritano un governo democratico, emanato dal loro Parlamento regolarmente eletto.
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Renzi fa le pulci a Bersani, mentre l’Europa spolpa l’Italia
Il peso economico degli assunti del Pd vale ogni anno circa 12,5 milioni di euro, cui vanno sommati i soldi pubblici che escono dalle Camere: solo per Montecitorio, scrive il “Fatto Quotidiano”, il gruppo ha ricevuto per ogni anno di legislatura 9,5 milioni di euro, ovvero un milione in più delle stime del “dossier” Renzi, fatto circolare per terremotare la segreteria Bersani alle prese con le manovre post-elettorali, tra gli amletici grillini e il “malato” Berlusconi inseguito dai magistrati. Dilagano sui media – da “Dagospia” in giù – le cifre dei presunti stipendi di segretarie e funzionari: se Bersani accettasse di abolire il finanziamento pubblico ai partiti, sostiene il sindaco di Firenze, significherebbe «fare la pace non con me, ma con gli italiani». Questo il tenore del dibattito politico, in un paese dove una regione avanzata come il Piemonte è costretta a cedere alla finanza privata i propri ospedali, visto che lo Stato – devastato dal regime dell’euro e piegato dal “Rigor Montis” – non è più in grado di ripianare le spese vitali per la salute pubblica.
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Far fuori Berlusconi solo per annullare Grillo: ecco come
Prove di “golpe”: eliminare Berlusconi per poi “sgonfiare” Grillo, con un governo tecnico ancora agli ordini di Bruxelles, sostenuto anche da una ventina di senatori del Pdl, pronti a tradire il Cavaliere se fosse costretto all’esilio dalla nuova offensiva giudiziaria in corso. E’ la tesi che Marcello Foa sostiene dalle pagine del “Giornale”, mentre Berlusconi – ricoverato in ospedale – deve sottoporsi a una visita fiscale che lo conferma malato, ma non gli vale il “legittimo impedimento”. Un ragionamento che «ricade negli interessi del centrodestra e propone un’idea sbagliata del funzionamento della magistratura», osserva “Megachip”, che invita però a prendere in considerazione Foa, «un giornalista capace di uscire dagli schemi, rintracciare notizie vere e proporre intuizioni interessanti». Il grave stallo post-elettorale potrebbe indebolire il Pdl favorendo una cooptazione di una parte dei suoi parlamentari? Scenario plausibile, tenuto conto delle caratteristiche dei principali dirigenti del Pd, «non nuovi anch’essi a confezionare nuove maggioranze con parlamentari in migrazione».
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Avviso alle vedove dei tecnocrati: Berlusconi non è morto
«Insensato» il fiume d’indignazione che inonda i giornali per le dimissioni di Mario Monti propiziate dal Pdl. La legislatura ormai era conclusa: settimana più, settimana meno, non cambia nulla. Vorrà dire che le elezioni, anziché il 10 marzo 2013, si svolgeranno in febbraio. Non è una tragedia, tanto più che le leggi di stabilità e di bilancio passeranno regolarmente. Quindi, si domanda Vittorio Feltri, dov’è il problema? «Se i mercati faranno le bizze, sarà solo perché è venuto meno il loro garante, l’uomo del quale si fidano, colui che ha salvato il sistema (che ha nelle banche il proprio braccio armato) a scapito del Paese, dei ceti medi e di quelli bassi, impoveriti dalle tasse più salate del mondo e dalla disoccupazione crescente.
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Grillo: primarie-truffa, prigioniere dell’agenda Monti
Quattro milioni di italiani alle urne, per scegliere tra Mario Monti e Mario Monti. Risultato apparente: Bersani davanti a Renzi, ballottaggio, voti di riserva (pro Bersani) dai supporter di Vendola, dell’outsider Laura Puppato e dell’intramontabile Tabacci. Ma, dietro al sipario, la scelta non esiste: il futuro dell’Italia, per il centrosinistra e i suoi candidati, si chiama “agenda Monti”. Lo sottolinea Beppe Grillo, che entra “a gamba tesa” nello show mediatico del Pd, pur supportato – e questa è la notizia – da milioni di italiani che ancora ripongono fiducia nei pallidi eredi del Pci, rassegnati al dominio di Bruxelles sulle macerie della politica italiana. «Le secondarie, terziarie, nullarie del pdmenoelle di questa domenica di novembre 2012, data che verrà ricordata come l’ennesimo giorno dei morti della Seconda Repubblica – scrive Grillo nel suo blog – sono una rappresentazione senza contenuti, un’autocelebrazione di comparse, un grottesco viaggio nella pazzia, come nell’opera satirica medioevale “La nave dei folli”».
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Il cupo autunno di San Silvio, spolpato da Fini e Bossi
Berlusconi tutto è tranne che uno sciocco. Faremmo dunque un torto alla sua intelligenza liquidando alla voce “delirio narcisistico” alcune sue recenti boutades inverosimili, del tipo: “Io sono di gran lunga il miglior presidente del Consiglio in centocinquanta anni di storia”; “Sono in assoluto il maggior perseguitato dalla magistratura di tutta la storia di tutte le epoche del mondo”; “Peccato che in questa mostra non si trovi un ritratto di San Silvio d’Arcore”. Fino al culmine, la sera della bocciatura del Lodo Alfano, di gridarsi da solo nel microfono: “Viva gli italiani, viva Berlusconi”.