Archivio del Tag ‘lobby’
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Salvare l’Italia? Dimentichiamoci Letta, Renzi e Berlusconi
La parola d’ordine è una sola: vincere. Così Mussolini dal fatale balcone, tanti anni fa. Oggi che il Duce non c’è più, resta comunque una parola d’ordine – un’altra: sopravvivere – ed è sempre l’indizio di un gioco truccato. Chi parla per proclami, oggi più di ieri, sta barando: sa benissimo che la verità è lontana anni luce dalle parole. Non solo non si può “vincere”, ma non si può più nemmeno sopravvivere. E’ matematico, pallottoliere alla mano: se non hai più moneta da creare e quindi da spendere, e se ormai è lo straniero a gestire addirittura la tua borsa, le speranze di continuare a galleggiare – lavoro, consumi, servizi – sono ridotte a zero. La beffa suprema è che la verità seguita e restare fuori dalla porta, oscurata con zelo dai mattatori della disinformazione, oscuri manovali e pallidi eredi del Solista del Balcone. Agli ordini delle grandi lobby che dominano le comparse della democrazia – cartelli elettorali e semi-leader, sindacati e ras industriali complici della finanza – giornali e televisioni parlano di Letta, Napolitano e Berlusconi come di autorità politiche in grado di gestire davvero la crisi italiana, senza mai neppure domandarsi da dove venga, questa maledetta crisi.
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Mercato, sovrano globale: lo Stato è solo il suo gendarme
La tesi centrale di questo libro è che con la globalizzazione contemporanea sta prendendo forma un tipo d’imperialismo che è fondamentalmente diverso da quello affermatosi nell’Ottocento e nel Novecento. La novità più importante consiste nel fatto che le grandi imprese capitalistiche, diventando multinazionali, hanno rotto l’involucro spaziale entro cui si muovevano e di cui si servivano nell’epoca dei grandi imperi coloniali. Oggi il capitale si accumula su un mercato che è mondiale. Perciò ha un interesse predominante all’abbattimento di ogni barriera, di ogni remora, di ogni condizionamento politico che gli Stati possono porre ai suoi movimenti. Mentre in passato il capitale monopolistico di ogni nazione traeva vantaggio dalla spinta statale all’espansione imperialista, in quanto vi vedeva un modo per estendere il proprio mercato, oggi i confini degli imperi nazionali sono visti come degli ostacoli all’espansione commerciale e all’accumulazione.
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Streeck: decapitare quest’Europa, dittatura neoliberista
Wolfgang Streeck è il direttore del Max-Planck Institut per la ricerca sociale di Colonia, ha diversi incarichi di ricerca e docenza in molteplici istituti tedeschi, europei ed americani; è un sociologo, che all’inizio della sua carriera fu dalle parti di Francoforte dove frequentò il sapere della Scuola di Adorno, Marcuse ed Habermas. E’ a tutti gli effetti un sapiente della knowledge factory che ha dato alle stampe un testo che ha innescato un dibattito forte e potente in Germania ed è stato appena pubblicato in Italia per i tipi di Feltrinelli (Wolfang Streeck, “Tempo guadagnato”, Campi del sapere, Feltrinelli, luglio 2013). Streeck fornisce una rilettura genealogica degli ultimi trent’anni in Europa, abbracciando nell’analisi l’economia e le coniugate riforme di politica economica, istituzionali e politiche.
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Pilger: il nostro grande nemico, di cui nessuno osa parlare
Attaccata al muro di fronte a me c’è la prima pagina del “Daily Express” del 5 settembre 1945 con le parole: «Scrivo questo come avvertimento per il mondo». Così cominciava il rapporto da Hiroshima di Wilfred Burchett. Fu lo scoop del secolo. Per quel suo solitario, pericoloso viaggio che sfidava le autorità di occupazione americane, Burchett fu messo alla gogna, anche dai colleghi che lavoravano con lui, ma fece sapere al mondo che un atto premeditato di omicidio di massa, su scala epica, aveva innescato una nuova era di terrore. Quasi ogni giorno, ora, ci si riconosce nelle sue parole. Tutta l’intrinseca criminalità dei bombardamenti atomici si è sprigionata, dagli archivi nazionali Usa, per decenni di militarismo camuffati da democrazia. Come si vede chiaramente oggi nello psicodramma della Siria. Ancora una volta, tengono il mondo in ostaggio per combattere un terrorismo, la cui natura e la cui storia è ormai negata anche dal più liberale dei critici. L’Innominato, che è il più grande e pericoloso nemico dell’umanità, abita a Washington.
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Susan George: è il golpe dei super-ricchi, ribellatevi all’Ue
L’establishment economico e finanziario non ha sensi di colpa per quello che è accaduto nel mondo negli ultimi sei-sette anni, nemmeno un dubbio. È uno dei paradossi di quest’epoca: i neoliberisti hanno capito il significato del concetto di egemonia culturale di Antonio Gramsci e l’hanno applicato benissimo. La loro ideologia è penetrata negli Stati Uniti, poi si è diffusa in tutte le organizzazioni internazionali e vanta un supporto intellettuale mai visto. Prendiamo l’Ue. Sono riusciti a ottenere consenso e supporto proponendo misure di austerità per uscire dalla crisi convincendo tutti che il bilancio di uno Stato e quello di una famiglia sono la stessa cosa, per cui si può spendere solo in base alle entrate. Non è così: il debito pubblico storicamente finanzia la crescita, è altra cosa dagli sprechi. Per fare un esempio, due economisti della Bocconi di Milano, Alesina e Ardagna, a mio avviso hanno fornito una errata base teorica alla Banca centrale europea, ai governi e alle istituzioni europee, proponendo l’austerità per fronteggiare la depressione. E la gente è stata convinta dell’ineluttabilità delle scelte. La prova? In Grecia non hanno fatto la rivoluzione.
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Mafia, misteri e affari: quelle strane amnesie sulla val Susa
Prendersela coi giornalisti italiani non è cosa di cui si possa andare fieri: prima di tutto perché è come sparare sulla croce rossa, poi perché si è in (assai) cattiva compagnia: da Cicchitto a Bondi alla Santanché ma passando per D’Alema che lo fanno un giorno sì e uno anche, tranne che nei confronti dei loro “biografi quotidiani” profumatamente pagati tramite finanziamento pubblico. Del resto non è colpa mia se in Italia non esistono gli “editori puri”, tranne poche lodevoli e circoscritte situazioni. Né posso farmi carico del percorso che ha portato ad approdi generalmente più confortevoli anche la maggior parte di coloro che nei primi anni aspiravano a dare attraverso il giornalismo il proprio personale contributo alla rivoluzione – che evidentemente ritenevano imminente. Nel caso di questi ultimi, alla perdita dell’indipendenza di giudizio va aggiunta anche una ulteriore tara che appesantisce non poco le loro cronache: il doversi rapportare con persone che per caso o per determinazione sono rimaste per quanto possibile più coerenti verso le idee che un tempo li accomunavano: persone spesso conosciute o addirittura frequentate negli anni della meglio gioventù.
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Foa: disastro Obama, in mano a un’élite avida e miope
A quanto pare l’intervento militare in Siria non ci sarà, almeno per ora. Ed è un bene: prevale la ragione. Ma la vicenda resta inquietante. Chi segue questo blog sa cosa pensi di Obama: sin dall’inizio – addirittura già durante campagna elettorale del 2008 – espressi, in quasi assoluta solitudine, il mio scetticismo sulla statura politica di un presidente che veniva salutato come il Messia di un Mondo Migliore e più Giusto. Oggi non posso che ribadire il mio giudizio: non è uno statista, non è il Salvatore. Quel che è emerso in queste settimane, però, rivela un disagio e, verosimilmente, un’inettitudine, che non riguarda solo Obama ma l’élite che lo attornia e che di fatto governa l’America. Fino a pochi anni fa, la Corte dei consiglieri era composta da personalità con cui si poteva o meno essere d’accordo, ma che erano indubbiamente dotate di un’intelligenza, di una preparazione, di una raffinatezza intellettuale superiori alla media. Molto ciniche, all’occorrenza, ma in grado di contrastare e alla fine sconfiggere l’Unione sovietica e, soprattutto, i cervelli piû raffinati del Kgb.
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Bugiardi senza vergogna, questa è la loro guerra. Mondiale
Con tutta probabilità il 2013 finirà in guerra. Il colpo contro Damasco viene presentato come “limitato”, “breve”, come un “avvertimento”. In realtà è solo un trucco (questa è una storia di trucchi) per cominciare una guerra lunga. Quanto lunga? Infinita. Cioè fino alla fine. La nostra fine, quella di coloro che leggono queste righe. In realtà è la prosecuzione di una guerra che cominciò l’11 settembre 2001, ma furono in pochi ad accorgersene. E non se ne accorsero perché non avevano capito che l’Impero era entrato in una crisi ormai irreversibile, e che stava cercando di predisporre gli strumenti politici, militari, psicologici per cambiare il corso della storia, e prolungare a tutti i costi (nostri) il suo potere. Siamo dunque in guerra da dodici anni, ma facciamo fatica a capire come mai le cose vanno sempre peggio e come mai gli eventi accelerano la loro caduta verso il basso. È perché, di nuovo, non abbiamo capito bene quello che sta succedendo.
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I sauditi a Putin: terrorismo sui Giochi se difendi Assad
Tu chiamala, se vuoi, Terza Guerra Mondiale. Se gli Usa attaccano la Siria, dice lo stato maggiore libanese, Assad è in grado di reagire col lancio dei micidiali missili Iskander, che arrivano fino a 270 chilometri oltre i confini siriani. Peggio: in caso di attacco, Putin potrebbe far alzare i suoi caccia dalla base mediterranea di Tartus. Obiettivo: l’Arabia Saudita, grande manovale – sul terreno – della destabilizzazione pluriennale segretamente armata dagli Usa per rovesciare il regime di Damasco e assediare finalmente l’Iran. Nel braccio di ferro, anche i sauditi minacciano i russi: sui Giochi Olimpici di Sochi potrebbe incombere l’incubo del terrorismo. Inizialmente sottovalutata dai media, di giorno in giorno si rivela appieno la reale portata del drammatico appello lanciato da Papa Francesco: attenti, il mondo è davvero in pericolo. Nessun’altra guerra, negli ultimi cinquant’anni, presentava questi rischi di deflagrazione internazionale. Sullo sfondo, la resa dei conti tra Washington e Pechino per il controllo strategico delle risorse planetarie si sta avvicinando. E in Siria la partita è affidata largamente al terzo incomodo, la Russia, mentre per ora l’Europa resta a guardare.
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Ue, oligarchia e mercato: così Bruxelles ci sta stritolando
Entrato in vigore il 1° dicembre 2009, il Trattato di Lisbona è stato messo in mora, anzi di fatto sostituito con un sistema di governance messo a punto da una serie di direttive, concordate anche con il Parlamento Europeo, la prima delle quali emanata dall’Ecofin il 7 settembre 2010 dando inizio al Semestre Europeo. La nuova governance, nata per fronteggiare la crisi economico-finanziaria, si è strutturata con accordi intergovernativi: il Patto Fiscale e il trattato Esm. Fino al 2009 si poteva parlare di deficit democratico, ora si deve parlare di deriva oligarchica dell’Ue. Per controllare ex ante ed ex post le politiche di bilancio è stato successivamente emanato un gruppo di direttive: il Six Pack e il Two Pack. Con questa serie di misure si sono concentrati i poteri nel Consiglio Europeo, nella Bce e nelle due nuove istanze istituzionali, quelle dell’Euro Summit e del suo presidente, che attualmente coincide con quello del Consiglio europeo, Van Rompuy: sono questi i “giudici di ultima istanza” che dettano le misure di bilancio e di politica economica, mentre la Bce regna sulla moneta.
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Un G20 storico, se i Brics fermano i predoni del pianeta
L’irruzione dei Brics nel G20 dimostra che i tempi stanno per cambiare: non potrà più essere solo Washington a dettare le regole del gioco. Una lunghissima stagione egemonica, dopo Yalta e Bretton Woods, forzata nel ’71 con la fine del Golden Exchange Standard, evento che fece crollare tutto l’impianto, «figlio della Rivoluzione Francese ed elaborato dalla massoneria mondiale». Fu in quell’occasione, rileva Glauco Benigni, che «la volontà di egemonia di una minoranza» si impose apertamente «contro il resto dell’umanità»: e il pianeta «paga tuttora quel progetto», che consente al dollaro di considerarsi (al 65%) moneta di riserva mondiale, quindi stampabile all’infinito, «solo perchè garantito e “coperto” dal bisogno di petrolio degli umani». Se la Guerra del Kippur nel ’73 siglò il secondo atto della tragedia e la caduta del Muro di Berlino una nuova pace provvisoria, lo scoppio del Nasdaq nel 1999 fu l’alba della nuova era, quella dalla quale il mondo sta ora cercando affannosamente di uscire.
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Toglietevelo dalla testa: lo smartphone è cancerogeno
«Quando un mio amico, un giorno, mi ha segnalato come sul libretto d’istruzioni del mio cellulare c’era scritto di tenerlo a un centimetro e mezzo dal corpo, non ci volevo credere. Sono andato a controllare ed ho visto che era effettivamente così. Da lì la curiosità ha preso il sopravvento ed ho cominciato a verificare se era una precauzione che riguardava esclusivamente il mio cellulare o se era un problema diffuso. Ho scoperto che, per esempio, modelli di smartphone appetibili e presenti sul mercato, avevano stampato sul libretto di istruzioni di tenerli addirittura a due centimetri e mezzo dal corpo. Per avere un’idea di quanti siano due centimetri e mezzo, vi dico che corrispondono alla costola del mio libro che è di 350 pagine. Chiaramente nessuno sano di mente terrebbe il proprio cellulare a questa distanza e il problema è proprio che nessuno lo fa e che – cosa più importante – nessuno lo sa!».