Archivio del Tag ‘media’
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Morales-Snowden, l’America apre la caccia al dissidente
Il sequestro del presidente della Bolivia, Evo Morales, costretto ad atterrare a Vienna durante il suo volo di ritorno da Mosca e poi costretto a subire una perquisizione dell’aereo, rappresenta una novità eccezionale e gravissima, che manifesta un salto di qualità dell’imperialismo americano. Molti paesi, tra cui Francia, Spagna, Italia, Portogallo, in perfetta coordinazione, hanno negato il sorvolo all’aereo del presidente di una repubblica democratica con cui intrattengono normali rapporti diplomatici, in base al semplice sospetto che potesse trasportare il massimo dissidente della nostra epoca, Edward Snowden. Mentre scrivo, i principali organi di stampa mantengono la notizia con un taglio basso. Invece, attenzione, è una di quelle notizie che segnano un passaggio d’epoca. La patina democratica del potere occidentale è stata totalmente smascherata dallo scandalo dello spionaggio senza limiti, il Datagate. Quel che prima era osceno, cioè “fuori scena”, è ora visibile a tutti, ed è il volto pieno e terribile del potere imperiale. Quel potere è in ballo e balla. E ballerà ancora, al ritmo che vorrà l’imperatore. Agli altri un unico compito: obbedire.L’Italia e gli altri avrebbero avuto tantissimi motivi per aprire mille fascicoli contro le conclamate violazioni spionistiche di Washington, ma non hanno fatto nulla. Viceversa, una presunta presenza del dissidente su un aereo protetto da tutte le immunità è stata sanzionata con una velocità di esecuzione impressionante, che – semplicemente – denuda la vera catena di comando: una catena militare da guerra mondiale, che si fa beffe di qualsiasi ragione storica e giuridica che fin qui ha sempre impedito simili atti. In occasione dei casi di Assange, di Manning e di Snowden, abbiamo a lungo cercato di volgere nella nostra lingua l’intraducibile termine “whistleblower”. Letteralmente sarebbero coloro che lanciano un allarme per via di una condotta illegale o minacciosa di un’organizzazione di cui fanno parte. Si tratta di funzionari che si trovano fra le mani informazioni sensibili e decidono di farle conoscere. Nel farlo rivestono un ruolo misto fra “confidenti”, “obiettori di coscienza” e “attivisti politici”. Ma dicendo così non arriviamo al centro del significato. Il termine dissidente, applicato a Snowden, appare improvvisamente, invece, come l’unica misura per capire la portata di quel che sta accadendo in Occidente. La parola ha un sapore da Cecoslovacchia anni settanta, ma è da rispolverare qui ed ora, dove i porti sicuri per chi contesta il potere dall’interno sono in via di totale dissoluzione.La scala su cui misuriamo il ruolo di Edward Snowden per l’America deve essere la stessa su cui si misurava la figura di Andrej Sakharov per l’Unione Sovietica. Sakharov fu il più importante dissidente del Paese al quale contribuì a donare la potenza soverchiante e terribile della bomba all’idrogeno. La sua Bomba Zar, esplosa nell’ottobre 1961, rivelava all’umanità un potere in grado di distruggere il mondo. Snowden ha rivelato la potenza di un altro tipo di bomba, in grado di distruggere il mondo che conosciamo in un altra maniera ancora. La vera arma-fine-di-mondo non usa più, o non soltanto, una deflagrazione termonucleare. È un sistema che coordina tutte le possibili interferenze nelle trasmissioni verso un unico scopo: il dominio planetario che non ammette contrasto. Chi non lo comprende, o lo sottovaluta, sarà il complice della fine della democrazia, e della corsa verso la guerra. Chi lo comprende dall’interno, cioè chi è un dissidente, è già ora trattato con la massima determinazione.Le sovranità di ogni paese, anche quelle meno limitate, sono e saranno soggette a una pressione crescente. Fa impressione leggere la lista sempre più lunga degli Stati che non concederanno asilo a Snowden. Il diktat di Washington vuole piegare tutti. Forse era questo il vero senso di “Yes We Can”. Deve essere chiaro che non ci sarà consentito di stare in mezzo. Il caso Snowden non sa che farsene di intellettuali liberi che sono soltanto liberi di non rischiare. La libertà è a rischio, e dovremo capirlo ora, partendo anche da un piccolo passo, cominciando a chiedere a Emma Bonino – o ad altri decisori che non possono starsene nell’ombra – in base a quale autorità e con quali misteriosi accordi hanno negato il transito nello spazio aereo italiano al velivolo di Morales. Gli amici della libertà e della sovranità devono farsi sentire subito, e dire da che parte stanno.(Pino Cabras, “La Superpotenza apre la caccia grossa ai dissidenti”, da “Megachip” del 3 luglio 2013).Il sequestro del presidente della Bolivia, Evo Morales, costretto ad atterrare a Vienna durante il suo volo di ritorno da Mosca e poi costretto a subire una perquisizione dell’aereo, rappresenta una novità eccezionale e gravissima, che manifesta un salto di qualità dell’imperialismo americano. Molti paesi, tra cui Francia, Spagna, Italia, Portogallo, in perfetta coordinazione, hanno negato il sorvolo all’aereo del presidente di una repubblica democratica con cui intrattengono normali rapporti diplomatici, in base al semplice sospetto che potesse trasportare il massimo dissidente della nostra epoca, Edward Snowden. Mentre scrivo, i principali organi di stampa mantengono la notizia con un taglio basso. Invece, attenzione, è una di quelle notizie che segnano un passaggio d’epoca. La patina democratica del potere occidentale è stata totalmente smascherata dallo scandalo dello spionaggio senza limiti, il Datagate. Quel che prima era osceno, cioè “fuori scena”, è ora visibile a tutti, ed è il volto pieno e terribile del potere imperiale. Quel potere è in ballo e balla. E ballerà ancora, al ritmo che vorrà l’imperatore. Agli altri un unico compito: obbedire.
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Zero privacy, il futuro progettato dal vero potere mondiale
Secondo Marlon Brando, la privacy non era «semplicemente un diritto, ma un prerequisito assoluto per vivere». Bei tempi. Oggi, «proteggere è veramente un parolone, anche un po’ improprio», accusa Glauco Benigni: «Ciò che appare è che la sfera pubblica globalizzata – i governi, i militari, i trader, i tecnocrati – vogliano impedire che la raccolta e il trattamento dei dati sia ostacolata dal sacrosanto bisogno di riservatezza, e per far questo hanno organizzato un sistema molto complesso di protezione regolata, al quale è impossibile sottrarsi e nel quale è quasi impossibile intervenire». Ma allora Orwell aveva ragione? «La domanda ormai appare retorica». Governi ossessionati dalla sicurezza, trader ossessionati dal guadagno e tecnocrati facilitatori del controllo formano una terna che non consente scampo: «La privacy è stata abbindolata, sedotta e stuprata da bambina. E ora, i suoi stupratori travestiti da padri di famiglia ne fanno mercimonio».
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L’America scopre l’avvento del fascismo diretto da Obama
Nel suo libro “Propaganda”, pubblicato nel 1928, Edward Bernays scriveva: «La cosciente e intelligente manipolazione delle abitudini organizzate e delle opinioni delle masse popolari è un elemento importante nella società democratica. Chi controlla questo meccanismo nascosto della società rappresenta un governo invisibile, che è il vero potere dominante del nostro paese». Nipote americano di Sigmund Freud, Bernays inventò il termine “pubbliche relazioni”, un eufemismo per “propaganda di Stato”. Avvertì che la continua minaccia al “governo invisibile” sarebbero stati chi racconta la verità ed un popolo accorto. Nel 1971, il “whistleblower” Daniel Ellsberg (“whistleblower” è chi, dall’interno di un sistema, segnala irregolarità o ne denuncia le cattive prassi) fece trapelare documenti governativi statunitensi conosciuti col nome di “The Pentagon Papers”, in cui si rivelava come l’invasione del Vietnam fosse sistematicamente basata sulla menzogna.
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Condannato Silvio, ma l’Italia resta schiava di Bruxelles
Chi ha tempo da perdere si balocchi pure con le discussioni di giornata: la politicizzazione o meno della magistratura, e in particolare di quella milanese, la rilevanza giudiziaria delle “festicciole” di Arcore costellate di ragazze a dir poco disinvolte, l’indignazione dei berluscones, tra un Giuliano Ferrara che chiama alla protesta in piazza (piazza Farnese… un salottino nel pieno centro di Roma) e intanto pubblica sul “Foglio” un titolone (provocatorio, ça va sans dire) che suona “Siamo tutti puttane”, un Maurizio Gasparri che ribadisce la sua fedeltà assoluta al boss con un incondizionato «al nostro leader confermiamo il nostro sostegno, in ogni momento e per ogni decisione», e un mucchio di altri che si precipitano a indignarsi-costernarsi-prostrarsi nell’ora (forse) fatale del Silvicidio. Eccetera eccetera eccetera, visto che la diatriba è in piedi da quasi vent’anni e di argomenti sui quali intrattenersi ce ne sono a iosa.
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Lavori? Ti pago in natura: beni e servizi, anziché soldi
«L’Italia ora è virtuosa e rispettata» – dicono ai bimbi scemi – ma Pil, domanda interna, occupazione e investimenti vanno a fondo. Il governo dice che occorre una cura-shock per rilanciarli, per abbattere il cuneo fiscale e le tasse sul lavoro, ma non ha i soldi per farlo. Allora, in attesa di un’impossibile solidarietà tedesca (o europea, che dir si voglia), o si mette a stamparli, uscendo dall’euro, oppure li rapina dai conti correnti e in generale dal risparmio dei cittadini, deprimendo ulteriormente la domanda e aumentando la fuga delle aziende. Fortunatamente vi è una terza via: il governo istituisca di corsa un banco, un consorzio, un’agenzia nazionale o più agenzie regionali che organizzino il pagamento (parziale) del lavoro dipendente (e magari anche autonomo) mediante vouchers, ossia diritti di prelievo su un monte di beni e servizi messi a disposizione da imprese private e da enti pubblici.
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Viva Erdogan: la Bonino tifa per i torturatori dei turchi
Continua la linea dura di Erdogan contro la protesta a colpi di cannone ad acqua, gas, proiettili di plastica e arresti per “terrorismo”, ma nonostante questo la (ex?) campionessa dei diritti umani Emma Bonino continua a sostenere a spada la tratta la Turchia. Una difesa disperata, attuata facendo uso del peggior politichese: «Nei confronti della Turchia, l’Europa non può sottrarsi alla sua responsabilità storica di scegliere fra miopia e lungimiranza. In quest’ottica è necessario dinamizzare il processo negoziale, evitando di cedere alla reazione istintiva dell’irrigidimento di fronte alla linea adottata dalle autorità turche». Avesse parlato in turco sarebbe stata più immediatamente comprensibile. Vale la pena soprattutto notare come si tenti, facendo un navigato uso della dialettica, di invertire il ruolo di vittima e carnefice: il nostro sarebbe «irrigidimento» e quella di Erdogan non una feroce repressione, ma una semplice «linea adottata»: Giorgiana Masi dovrebbe rivoltarsi nella tomba, essendo morta mentre manifestava simpatizzando con le idee della Bonino, e ignorando, però, che quella di “Kossiga” era solo una «linea adottata».
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Tutti spiati, da anni: l’impero ci controlla perché ci teme
Ci spiano da anni, a tappeto, perché hanno paura di noi. Guerra infinita asimmetrica, disinformazione martellante, crisi economica della globalizzazione e ingiustizie planetarie, dagli schiavi del Bangladesh che lavorano a un dollaro al giorno per le multinazionali occidentali, fino all’infamia catastrofica dell’austerity europea, organizzata a tavolino dai boss della finanza. Se mai qualcuno dovesse davvero provare a ribellarsi, “loro” ne sarebbero informati per tempo: controllano ogni telefonata, ogni e-mail, tutte le chat sui social network, persino le semplici ricerche su Internet. Ovviamente, mentono: «Non si può avere il 100% della sicurezza e il 100% della privacy», bela il presidente Obama, colto con le mani nel sacco dall’ex analista della Cia, Edward Snowden, la “talpa” che ha messo in piazza lo scandalo. «Quando ti rendi conto che il mondo che hai aiutato a creare sarà peggiore per la prossima generazione e per le successive, e si allargano le capacità di questa architettura di oppressione – ha detto Snowden – capisci che è necessario accettare qualsiasi rischio. Senza curarti delle conseguenze».
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Siria, strano silenzio sul rapimento di Domenico Quirico
Lo stranissimo silenzio dei media e del governo italiano sul sequestro del cronista della “Stampa”, Domenico Quirico, si accompagna a un “raffreddamento” occidentale verso i “ribelli” siriani. Un po’ troppo qaedisti per essere i “freedom fighters” della propaganda. Una svolta nella guerra alla Siria? Si direbbe proprio di sì. E così, sbaragliate le bande dei “ribelli”, il regime di Assad ricomincia a trovare credito addirittura sui media mainstream, dal giornale di Quirico alla stessa “Reuters”, nonché in non poche cancellerie occidentali, ormai fredde di fronte alla “guerra per procura” finora condotta in Siria, soprattutto attraverso mercenari coordinati dalla Nato. Esercitare pressioni sull’Italia? Potrebbe essere uno degli obiettivi di un simile rapimento. Una cosa è certa: i cosiddetti ribelli sono ormai alle corde e Assad stravincerà le elezioni nel 2014: secondo un sondaggio della Cia, il presidente ha con sé il 75% della popolazione siriana.
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Cabras: licenziati i maggiordomi, rivogliamo sovranità
Un’Italia «compiacente e intimidita», secondo Ezio Mauro, si sta chiedendo che cosa succederà adesso, dopo la sentenza sul caso Ruby, con la quale il tribunale di Milano condanna in primo grado Berlusconi a sette anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Nessuno, aggiunge il direttore di “Repubblica”, si pone «la vera domanda». E cioè: «Cos’è accaduto davvero negli ultimi vent’anni in questo sciagurato paese, nell’ombra di un potere smisurato e fuori da ogni controllo, che concepiva se stesso come onnipotente ed eterno? E com’è potuto accadere, tutto ciò, in mezzo all’Europa e agli anni Duemila?». Un editoriale che, incredibilmente, “dimentica” che il male oscuro dell’Italia è lo stesso che sta piegando la Grecia, la Spagna, il Portogallo e l’Irlanda – paesi, com’è noto, mai governati dal Cavaliere. La domanda – quella vera – se la pone Pino Cabras: che fine hanno fatto i presunti antagonisti di Berlusconi, quelli a cui “La Repubblica” – da Bersani in giù – ha inutilmente spianato l’ultima campagna elettorale?
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Caso Snowden: avviso a Obama firmato da Russia e Cina
«Se c’è una cosa che del caso Snowden non si può dire è che si tratti di uno scandalo». Piuttosto, è la scoperta dell’acqua calda: da almeno vent’anni, con l’avvento dell’era digitale, siamo tutti spiati minuto per minuto: ogni nostro movimento è tracciato. La denuncia dell’ex analista della Cia? «E’ solo la conferma ufficiale di un processo prevedibilissimo, che tutti sospettavamo fosse in atto da tempo. Ci vogliamo meravigliare?». Secondo Aldo Giannuli, il retroterra dello “scandalo” è ben altro: proprio attraverso una pedina come Edward Snowden, a cui hanno offerto protezione, sia la Cina che la Russia avvertono gli Stati Uniti che l’epoca della loro supremazia tecnologica è finita. Se Obama ha in serbo l’arma letale della cyber-guerra per neutralizzare gli arsenali nucleari di Putin e la potenza di Pechino, sarà bene che si abitui all’idea: il tempo del dominio americano assoluto è finito.
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Minacce a Paolo Barnard: temo che vogliano farmi fuori
«Temo che vogliano “farmi fuori”». Firmato: Paolo Barnard, paladino della sovranità monetaria come liberazione dall’euro-schiavitù organizzata della super-casta finanziaria mondiale. «Statemi vicino», raccomanda ai lettori del suo seguitissimo blog il 24 giugno 2013. L’ex giornalista televisivo, già collaboratore di Santoro e poi a fianco di Milena Gabanelli dalla fondazione di “Report”, fino all’“esilio” dalla Rai proprio a causa delle sue scomode inchieste sullo strapotere occulto delle lobby che condizionano i legislatori italiani ed europei, ora si sente minacciato: teme addirittura di rimanere vittima di una montatura, organizzata per screditarlo. Movente, sempre il solito: il fastidio che il reporter bolognese procura ai “grandi manovratori”. E, di recente, il grande successo di pubblico del tour, con tappe in tutta Italia, organizzato con l’economista americano Warren Mosler per denunciare l’euro e spiegare come uscire dalla crisi tornando alla sovranità monetaria, secondo la “teoria della moneta moderna” che assegna allo Stato il potere di salvare l’economia, mettendo fine all’austerity grazie all’emissione di denaro.
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Alternativa: fermiamo i golpisti di quest’Europa mostruosa
Un club planetario a vocazione totalitaria sta distruggendo l’Europa dei popoli, la nostra vita, la nostra democrazia, la nostra libertà. Il nostro futuro è in grave pericolo. Gradualmente, senza che ce ne rendessimo conto, siamo stati consegnati nelle mani di un’oligarchia senza patria e senz’anima, il cui unico collante è il delirio di onnipotenza derivante dal possesso del denaro infinito che essa crea. Coloro che ci hanno condotto a questo guado sono i maggiordomi dei “proprietari universali”: i proprietari finali delle azioni di banche, fondi e corporations internazionali, persone che nessuno di noi conosce, che nessuno ha mai eletto ma che determinano le nostre vite. Essi, sostenuti da parlamenti formalmente eletti, ma in realtà nominati dall’alto, hanno consegnato il potere politico ed economico – un tempo prerogativa degli Stati – a strutture prive di ogni legittimazione democratica. Queste strutture sono le impalcature di un nuovo ordine mondiale in via di costruzione.