Archivio del Tag ‘memoria’
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No-Tav e cattiva politica: taglio illegale di recinzioni illegali
«Tagliare le reti di Chiomonte è una azione dichiaratamente illegale. Averle installate lo è di fatto. Persino l’amministrazione comunale (lasciata in questa occasione davvero sola) ha dovuto formalmente riconoscerlo». Claudio Giorno, storico militante ambientalista della valle di Susa, protesta contro chi “getta benzina sul fuoco” all’indomani dell’arresto di due giovani No-Tav, al termine di un “blitz” dimostrativo la sera dell’8 febbraio nel quale sono state tagliate le recinzioni che proteggono il “fortino”, cioè l’area della Maddalena di Chiomonte sgomberata dalla polizia il 27 giugno 2011 e militarizzata per aprirvi il piccolo cantiere di una galleria geognostica, opera minore e accessoria all’eventuale, futura linea Torino-Lione. Secondo i No-Tav, reduci da una fiaccolata di solidarietà per i due giovani arrestati, si è trattato di “un atto di resistenza”, peraltro incruento, mentre il Pd spara a zero sull’incursione nel mini-cantiere, parlando di «azioni di teppisti» addirittura «coordinate dai sindaci».
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Antonini: prima del mio stipendio, la verità su Viareggio
Mi restituite il lavoro? No, grazie. Prima di tutto, serve la verità sul rogo di Viareggio, quei 32 morti e 25 feriti del 29 giugno 2009. Riccardo Antonini è irremovibile: rifiuta l’accordo sul reintegro, già accettato dall’ad delle Ferrovie, Mauro Moretti, e vuole un regolare processo sul suo caso: licenziato per aver detto verità scomode su quel disastro. Il rogo di Viareggio, scrive Claudio Giorno sul suo blog, puzza di strage di Stato: mentre gli apparati di potere si coprono, per il momento a pagare è solo chi si è dato disponibile a testimoniare di fronte ai giudici le discutibili “scelte aziendali” all’origine del disastro. Tagli pericolosi, che forse nessun giudice riuscirà a individuare come causa diretta della morte di tante persone innocenti, ma che «sicuramente sono alla base dello stato di abbandono in cui nelle ferrovie italiane versa ogni settore che non sia funzionale agli appalti sempre più costosi del progetto Alta Velocità».
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Berlino, affari e tabù: l’euro forte e il fantasma di Hitler
Quando si parla di possibile separazione dell’euro fra debole e forte, spunta regolarmente qualcuno che, con l’aria di chi ha capito tutto, ti spiega che i primi a non avere convenienza sono i tedeschi, che vedrebbero apprezzare fortemente la loro moneta e, con ciò, comprometterebbero le loro esportazioni verso l’area dell’euro debole e gli Usa; morale: tutto resterà come è. Lasciamo stare per un momento il “tutto resterà come è” e chiediamoci se questa convinzione di una moneta non troppo forte per esportare corrisponda alla realtà ed alla percezione che i tedeschi hanno della faccenda. In effetti, la Germania è paese manifatturiero ed esportatore, per cui, in teoria, avrebbe tutta la convenienza ad avere una moneta debole per rendere competitive le sue merci. Però questo ragionamento è troppo schematico e non considera altri aspetti della questione, sia in termini oggettivi che soggettivi, che invece ci sembra opportuno prendere in considerazione.
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La stampa internazionale: così Monti ha sfasciato l’Italia
A tutti si concede la frase: «Ha fatto almeno questo». L’onore delle armi. Anche il critico più feroce riconosce alla sua vittima un piccolo, insignificante merito. Mussolini ha almeno prosciugato le paludi pontine. Nerone ha almeno costruito la Domus Aurea. Brunetta almeno conosce la ricetta originale della pasta e fagioli. Berlusconi ha almeno evitato il carcere. Fassino aveva almeno una banca, D’Alema ha almeno una barca. Scalfari ha almeno scassato i cosiddetti per quarant’anni filati con i suoi editoriali. Mastella ha almeno una piscina a forma di cozza. Tutti hanno un almeno, anche i più sfigati. Un “almeno” nel proprio curriculum serve per evitare la “damnatio memoriae”, la cancellazione dalla memoria collettiva e la distruzione di ogni traccia che possa essere tramandata ai posteri.Mi sono chiesto quale fosse l’almeno di Rigor Montis, il dimissionario extraparlamentare. Ho pensato allo spread, il suo unico alibi governativo, ma lo spread non si è turbato più che tanto dalla sua prossima dipartita e neppure i titoli di Stato che anzi chiudono in rialzo. Certo, lo ammetto, sono leggermente prevenuto dopo una débacle degna di Caporetto, con disoccupazione, debito, tassazione alle stelle e aziende che muoiono come le mosche d’inverno e il Pil che sprofonda. Ho pensato quindi che l’almeno di Monti fosse la sua reputazione internazionale, nessuno è profeta in patria. Vederlo abbracciato spesso alla Merkel e a Hollande come a due salvagenti personali era più che un indizio di almeno. Ho letto per conferma il “Financial Times”, a firma Wolfgang Munchau: «L’anno di Monti è stato una bolla, buona per gli investitori finché è durata. E probabilmente gli italiani e gli investitori stranieri non ci metteranno molto a capire che ben poco è cambiato nel corso dell’ultimo anno, ad eccezione che l’economia è caduta in una profonda depressione. Due cose devono essere sistemate in Italia: la prima è invertire immediatamente l’austerità, in sostanza smantellare il lavoro di Monti, e la seconda è scendere in campo contro Angela Merkel».Forse il “Ft” è di parte, troppo di sinistra. Ho dato una scorsa al “New York Times”, un articolo di Paul Krugman: «Tecnocrati “responsabili” costringono le nazioni ad accettare la medicina amara dell’austerità; l’ultimo caso è l’Italia, dove Monti lascia in anticipo, fondamentalmente per aver portato l’Italia in depressione economica». Il “Nyt” deve essere comunista. Sono passato a sfogliare il “Daily Telegraph”: «Monti ha portato l’inasprimento fiscale al 3,2% del Pil quest’anno: tre volte la dose terapeutica. Non vi è alcuna ragione economica per farlo. L’Italia ha avuto infatti un budget vicino al saldo primario nel corso degli ultimi sei anni». Maoista! Forse però un almeno lo ha anche Monti. Almeno si toglie dalle balle. Ci vediamo in Parlamento. O fuori o dentro. Sarà un piacere.(Beppe Grillo, “Ha fallo almeno questo”, dal blog di Grillo del 13 dicembre 2012).A tutti si concede la frase: «Ha fatto almeno questo». L’onore delle armi. Anche il critico più feroce riconosce alla sua vittima un piccolo, insignificante merito. Mussolini ha almeno prosciugato le paludi pontine. Nerone ha almeno costruito la Domus Aurea. Brunetta almeno conosce la ricetta originale della pasta e fagioli. Berlusconi ha almeno evitato il carcere. Fassino aveva almeno una banca, D’Alema ha almeno una barca. Scalfari ha almeno scassato i cosiddetti per quarant’anni filati con i suoi editoriali. Mastella ha almeno una piscina a forma di cozza. Tutti hanno un almeno, anche i più sfigati. Un “almeno” nel proprio curriculum serve per evitare la “damnatio memoriae”, la cancellazione dalla memoria collettiva e la distruzione di ogni traccia che possa essere tramandata ai posteri.
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Orwell: il futuro è uno scarpone che ci calpesta, per sempre
Televisione, manipolazione, social media. Fobie, terrorismo psicologico, crisi economica mondiale e disinformazione martellante: “La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza”. «Non è affatto una coincidenza che oggi ci vengano dette queste stesse cose, e di continuo». Le scrisse nel lontano 1948 lo scrittore inglese George Orwell: «Lo Stato orwelliano del Grande Fratello è tra noi, ora, con un Programma volto a imporre soppressione e controllo in dosi sempre più massicce, fino all’instaurazione delle tecniche più estreme», sotto gli slogan che dominano un mondo ridotto a puro incubo totalitario. Sono passati più di sessant’anni da quando Orwell pubblicò il suo romanzo profetico, “1984”. E alla luce degli eventi odierni, sostiene il blog “Informare per Resistere”, non c’è momento migliore per ricordare a noi stessi che ci stiamo rapidamente dirigendo verso l’allucinazione così magistralmente descritta in quel libro.
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Ora però basta, con l’antiberlusconismo non ci fregate più
No, no, e ancora no. Stavolta non ci dobbiamo cascare. Stavolta ci dobbiamo porre l’impegno morale di ignorare (e semmai combattere) chi di professione gridava alla difesa della democrazia, per poi amorevolmente calpestarla per far posto ai “tecnici” grazie all’unione contronatura tra Pd-Pdl-Udc. Tutto in nome del dio spread. È una cosa psicologica, probabilmente. Le mignotte, i cucù, le bugie, i cortigiani, le corna, il sesso malato, Mediaset, conflitti di interessi, la cricca, Dell’Utri, la mafia, gli appalti, le barzellette, Feltri e Sechi che sfondano quotidianamente il muro del buonsenso, Cicchitto, le gaffe, i video delle gaffe, «il ruolo di kapò», Ghedini fuori dal tribunale di Milano. E poi, speculari: i post-it, le raccolte firme, le manifestazioni, i popoli viola, il “Fatto Quotidiano” comprato a mo’ di dichiarazione partigiana, post indignati, i libri su di lui, gli anatemi su di lui, la vergogna per lui, Valigia Blu, mille bolle blu, Se non ora quando? e le scrittrici radical-chic sul palco, Santoro e Bella Ciao.
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Hedges: morte alla scuola, vogliono solo docili esecutori
Una nazione che distrugge il proprio sistema educativo, degrada la sua informazione pubblica, sbudella le proprie librerie pubbliche e trasforma le proprie frequenze in veicoli di svago ripetitivo a buon mercato, diventa cieca, sorda e muta. Apprezza i punteggi nei test più del pensiero critico e dell’istruzione. Celebra l’addestramento meccanico al lavoro e la singola, amorale abilità nel far soldi. Sforna prodotti umani rachitici, privi della capacità e del vocabolario per contrastare gli assiomi e le strutture dello Stato e delle imprese. Li incanala in un sistema castale di gestori di droni e di sistemi. Trasforma uno Stato democratico in un sistema feudale di padroni e servi delle imprese. Parola di Chris Hedges, scrittore americano e reporter internazionale premiato con il Pulitzer, nonché editorialista del “New York Times”.
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Regionopoli: se anche il figlio di Ambrosoli getta la spugna
L’avvocato è Umberto Ambrosoli, un cognome che a Milano è molto impegnativo da portare. Umberto è figlio di Giorgio, ed è uno stimato penalista. Giorgio (lo scrivo per i più giovani) era il liquidatore della Banca Privata Italiana, ucciso nel 1979 su ordine del “banchiere cattolico” della mafia italo-americana Michele Sindona. La storia di Giorgio Ambrosoli è stata raccontata in migliaia di articoli di giornale, “speciali” televisivi, diversi libri. L’ultimo (credo) scritto dallo stesso figlio che lo ha definito «un atto d’amore per il Padre, un attestato di incondizionata ammirazione per il professionista che obbedisce solo alla Legge, un tributo all’Uomo e al Cittadino, esempio altissimo di virtù civili», e si intitola significativamente “Qualunque cosa succeda”. Ma il più conosciuto credo che resti quello scritto da Corrado Stajano (anche e molto per l’incisività del titolo): “Un eroe borghese”. Così si chiama infatti anche il film di Michele Placido che ne ha amplificato la popolarità.
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Vaccini inutili e dannosi: il business avvelena i neonati
Effetti indesiderati o appositamente voluti per far soldi sulla pelle di esseri indifesi col pretesto scientifico? «Il nome – denuncia il giornalista Gianni Lannes – è quello di un killer legalmente autorizzato ad avvelenare i bambini e a trasformarli in pazienti cronici, danneggiando irreversibilmente le loro difese immunitarie». Si chiama “Infanrix Hexa”, costa quasi 100 euro ed è il vaccino esavalente, somministrato in un’unica soluzione, prodotto dalla britannica Glaxo, condannata più volte negli Usa per aver provocato la morte di parecchie persone. L’obbligo di legge per i neonati riguarda solo difterite, tetano, poliomielite ed epatite B. Ma nella dose diffusa ci sono gli antigeni per altre due malattie infettive. Secondo l’Istituto superiore di sanità, la copertura è ottimale e non c’è nessun rischio provato. Anzi, «il vero scandalo è contrarre virus perché si rifiuta il vaccino».
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Nel paese dei collusi, rischia il carcere chi canta Bella Ciao
Indagati, inquisiti, processati e condannati dal tribunale di Isernia. Nell’aula gip viene partorito, il bollente 12 luglio, un provvedimento che passa alla storia. Accusati, i sette cittadini-imputati, di collusioni mafiose? Riciclatori incalliti? Maxievasori? No. Nel corso di una manifestazione dell’ottobre 2011, in pieno centro, «gridavano slogan del tipo “Il Molise è antifascista”, intonando la canzone Bella Ciao» (testuale dal dispositivo). I delinquenti hanno però la possibilità di scegliere tra otto giorni di galera e 206 euro di ammenda, oppure una complessiva multa da 1350 euro, pagabile entro 10 giorni presso un comodo ufficio di Equitalia. Sorge a questo punto spontanea la triplice domanda: siamo su scherzi a parte, ai confini della realtà o in un’aula di giustizia di casa nostra?
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Draghi rianima l’euro? Certo: è per prolungarci l’agonia
Sarà che i draghi eruttano fiamme, ma la mossa del presidente della Bce di sostenere in maniera illimitata i titoli di Stato a breve dei paesi che sottopongano le proprie finanze pubbliche a un controllo europeo ricorda quel volontario della protezione civile che da un lato collabora allo spegnimento dell’incendio, mentre dall’altro attizza altri focolai. Invocato da molti come misura necessaria per calmare la situazione, l’intervento della Bce non è certo risolutivo, e per come è congeniato, al pari del volontario spegne un focolaio per attizzarne un altro. I problemi europei non derivano infatti dalla dissipatezza fiscale dei paesi periferici, ma sono conseguenza della perdita di competitività di questi paesi, del mercantilismo tedesco e dallo scoppio delle bolle immobiliari alimentate dai flussi di capitali dai paesi più forti verso alcuni periferici, tutti processi favoriti dall’euro.
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No-Tav, Formenti: la sinistra ha tradito la valle di Susa
Butto giù questa breve nota sull’onda delle emozioni che mi hanno suscitato i due giorni che ho avuto modo di trascorrere al campeggio No Tav di Chiomonte. Voglio ringraziare prima di tutto i ragazzi che mi hanno invitato a parlare su lotte, democrazia e rete in uno dei loro workshop. Era la prima volta che andavo in Val Susa e si è trattato di un’esperienza straordinaria. Credo che tutti coloro che, pur e considerandosi di sinistra, nutrissero il minimo dubbio sulla giustezza e sull’importanza politica della battaglia che da quasi vent’anni si combatte lassù o, peggio, fossero tentati di prendere per buone le motivazioni con cui i media e la maggioranza dei partiti appioppano ai No Tav l’etichetta di estremisti (se non di terroristi), nonché di nemici del progresso economico e della democrazia, dovrebbero andare di persona a vedere che cosa succede da quelle parti e, soprattutto, dovrebbero andare a parlare con i valsusini, oltre che con le forze “esterne” che ne appoggiano in vari modi la lotta.