Archivio del Tag ‘movimenti’
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Pepino: resistere è un dovere, il Tav umilia la democrazia
Eversivi non sono i No-Tav, ma i politici che vogliono imporre una grande opera calpestando la Costituzione. «Fino a ieri dicevano che il problema non era il movimento No Tav ma le sue frange estremiste e violente. Fino a ieri. Oggi la maschera è caduta. Con la criminalizzazione politica e mediatica finanche di Stefano Rodotà, con la riesumazione dei reati di opinione, con la perquisizione domiciliare nei confronti di Alberto Perino (leader storico del movimento) tutto è diventato più chiaro». Così parla Livio Pepino, già membro del Csm e magistrato della Corte di Cassazione, schierandosi in difesa della causa No-Tav, bersaglio di una autentica “crociata” da parte dei media e dei partiti, e ora al centro dell’azione repressiva della Procura di Torino. Il nemico da battere, evidentemente, «è il movimento di opposizione all’alta velocità in val Susa».
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Cala il sipario sulla poltiglia chiamata Seconda Repubblica
La crisi di governo si incrocia da subito con una profonda crisi istituzionale. Beppe Grillo sta già chiedendo perfino le dimissioni di Giorgio Napolitano. Quando il Pd e il Pdl rielessero il Peggiorista del Quirinale, parlammo di “vilipendio al popolo italiano”. Ci risultava ben chiaro che Napolitano Due avrebbe dato vita a un governo peggiore di quello – già disastroso – di Rigor Montis (il minor economista della nostra epoca, che Napolitano Uno aveva fatto senatore a vita per poi indirizzarlo a Palazzo Chigi). Peccavamo però di ottimismo. Nemmeno certi governi balneari di Giovanni Leone o di Amintore Fanfani al suo crepuscolo avevano congelato in modo tanto miserabile la funzione di governo quanto il governo di Enrico Letta, ora al capolinea. Perciò la crisi rivela bene quanto siano cadute in basso le cupole delle “larghe intese”. Al minimo di azione di governo (un minimo sotto zero), è corrisposto il massimo di fuga in avanti per stravolgere l’assetto della Repubblica.
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Manghi: se fossi un pro-Tav, io quei terroristi li pagherei
«Due visioni alternative dell’economia e del rapporto uomo-natura si fronteggiano in cagnesco, fino alla militarizzazione del territorio e al sabotaggio eversivo. Così, un presagio cupo ha preso a serpeggiare per la valle: che adesso ci scappi il morto, perché questi meravigliosi panorami alpini, come denuncia il procuratore torinese Gian Carlo Caselli, rischiano di trasformarsi nell’epicentro dell’antagonismo di tutto il continente europeo». Forse, ai sostenitori della Torino-Lione «potrebbe far comodo ridimensionare a controparte irresponsabile quello che è stato indubbiamente un movimento di popolo No Tav, talmente vasto da avere regalato al “Movimento 5 Stelle” percentuali di voto superiori al 40% perfino in comuni moderati come Susa». Parola di Gad Lerner, il primo opinion leader italiano ad aver ospitato la protesta valsusina in televisione, già nel 2005, quando il movimento No-Tav fece esplodere la protesta nonviolenta che costrinse il governo a ritirare il primo progetto della grande opera più controversa d’Europa.
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Vogliono spezzare la val Susa per poi piegare tutti noi
Assistiamo increduli alla militarizzazione e, nel contempo, alla riesumazione di fenomeni appartenenti agli oscuri recessi del secolo scorso (il terrorismo, le Brigate Rosse), per recintare, isolare e distruggere la solidarietà civile e politica nata intorno al movimento No-Tav che, va ricordato, è movimento di massa, che coinvolge buona parte del popolo della val di Susa con in testa molti dei suoi sindaci. Proviamo a mettere in fila alcuni fatti che, in questi ultimi giorni, hanno assunto un’improvvisa ma non inaspettata accelerazione. Due sconosciuti detenuti per fatti di terrorismo – e che dunque si suppone siano sottoposti ad un regime particolarmente severo di isolamento comunicativo – mettono tranquillamente su Internet un messaggio eversivo che oggettivamente ha il solo scopo (cui prodest?) di disegnare un’equazione tra terrorismo e movimento No-Tav, che – ribadiamolo – è opposizione di massa, non violenta, a un inutile e costoso progetto di scempio ambientale, che vuole prepotentemente e militarmente imporsi sul diritto alla salute e ad altri superiori valori costituzionali difesi strenuamente da un’intera comunità.
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Pilger: il nostro grande nemico, di cui nessuno osa parlare
Attaccata al muro di fronte a me c’è la prima pagina del “Daily Express” del 5 settembre 1945 con le parole: «Scrivo questo come avvertimento per il mondo». Così cominciava il rapporto da Hiroshima di Wilfred Burchett. Fu lo scoop del secolo. Per quel suo solitario, pericoloso viaggio che sfidava le autorità di occupazione americane, Burchett fu messo alla gogna, anche dai colleghi che lavoravano con lui, ma fece sapere al mondo che un atto premeditato di omicidio di massa, su scala epica, aveva innescato una nuova era di terrore. Quasi ogni giorno, ora, ci si riconosce nelle sue parole. Tutta l’intrinseca criminalità dei bombardamenti atomici si è sprigionata, dagli archivi nazionali Usa, per decenni di militarismo camuffati da democrazia. Come si vede chiaramente oggi nello psicodramma della Siria. Ancora una volta, tengono il mondo in ostaggio per combattere un terrorismo, la cui natura e la cui storia è ormai negata anche dal più liberale dei critici. L’Innominato, che è il più grande e pericoloso nemico dell’umanità, abita a Washington.
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Zitto e taci, è la procedura: ma il dissenso non si fermerà
Non accade con frequenza che un conflitto radicato in un territorio circoscritto e incentrato su un oggetto ben determinato (un’opera infrastrutturale come la linea ad alta velocità Torino-Lione) si trasformi in una arena politica in cui emergono, mostrando tutte le tensioni e gli attriti che le attraversano, non poche “grandi questioni”. Prima Gianni Vattimo, poi Erri De Luca e Ascanio Celestini, infine Massimo Cacciari e Giovanni De Luna, una bella schiera di intellettuali si sentono chiamati a prendere posizione non solo su una delle lotte più lunghe, tenaci e partecipate degli ultimi vent’anni in Italia, ma sul suo significato generale quanto alle forme della politica, le prerogative di governanti e governati, le priorità economiche o ambientali e il rapporto tra la legalità vigente e queste priorità. Tutti sembrano comunque concordare sull’inutilità, o quantomeno la scarsa razionalità economica di questa grande opera, considerati i costi, gli effetti ambientali e l’ostilità popolare che la circonda. È già qualcosa.
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Susan George: è il golpe dei super-ricchi, ribellatevi all’Ue
L’establishment economico e finanziario non ha sensi di colpa per quello che è accaduto nel mondo negli ultimi sei-sette anni, nemmeno un dubbio. È uno dei paradossi di quest’epoca: i neoliberisti hanno capito il significato del concetto di egemonia culturale di Antonio Gramsci e l’hanno applicato benissimo. La loro ideologia è penetrata negli Stati Uniti, poi si è diffusa in tutte le organizzazioni internazionali e vanta un supporto intellettuale mai visto. Prendiamo l’Ue. Sono riusciti a ottenere consenso e supporto proponendo misure di austerità per uscire dalla crisi convincendo tutti che il bilancio di uno Stato e quello di una famiglia sono la stessa cosa, per cui si può spendere solo in base alle entrate. Non è così: il debito pubblico storicamente finanzia la crescita, è altra cosa dagli sprechi. Per fare un esempio, due economisti della Bocconi di Milano, Alesina e Ardagna, a mio avviso hanno fornito una errata base teorica alla Banca centrale europea, ai governi e alle istituzioni europee, proponendo l’austerità per fronteggiare la depressione. E la gente è stata convinta dell’ineluttabilità delle scelte. La prova? In Grecia non hanno fatto la rivoluzione.
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Mafia, misteri e affari: quelle strane amnesie sulla val Susa
Prendersela coi giornalisti italiani non è cosa di cui si possa andare fieri: prima di tutto perché è come sparare sulla croce rossa, poi perché si è in (assai) cattiva compagnia: da Cicchitto a Bondi alla Santanché ma passando per D’Alema che lo fanno un giorno sì e uno anche, tranne che nei confronti dei loro “biografi quotidiani” profumatamente pagati tramite finanziamento pubblico. Del resto non è colpa mia se in Italia non esistono gli “editori puri”, tranne poche lodevoli e circoscritte situazioni. Né posso farmi carico del percorso che ha portato ad approdi generalmente più confortevoli anche la maggior parte di coloro che nei primi anni aspiravano a dare attraverso il giornalismo il proprio personale contributo alla rivoluzione – che evidentemente ritenevano imminente. Nel caso di questi ultimi, alla perdita dell’indipendenza di giudizio va aggiunta anche una ulteriore tara che appesantisce non poco le loro cronache: il doversi rapportare con persone che per caso o per determinazione sono rimaste per quanto possibile più coerenti verso le idee che un tempo li accomunavano: persone spesso conosciute o addirittura frequentate negli anni della meglio gioventù.
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Strategia della tensione: l’ombra della violenza-fantasma
«Attorno alla Tav ci sono anche vicende torbide: siamo convinti che non tutti gli attacchi di questi mesi siano riconducibili a persone che fanno parte del movimento». Con queste parole è il sindaco di Venaus, Nilo Durbiano, a evocare il pericoloso clima della strategia della tensione, dopo i recenti incendi notturni che a Bussoleno, Salbertrand e Gravere hanno colpito aziende coinvolte nel cantiere di Chiomonte. Tra le “vicende torbide” a cui Durbiano fa riferimento, probabilmente, ci sono anche i 12 attentati incendiari e dinamitardi che già nella seconda metà degli anni ’90 scossero la valle di Susa, rivendicati da strane sigle come “Lupi grigi” che spinsero i media a parlare di “eco-terroristi”. In carcere finirono – e morirono – i due giovani anarchici “Sole e Baleno”, Edoardo Massari e Maria Soledad Rosas, poi riconosciuti estranei agli attentati, sui quali peraltro non è mai stata fatta piena luce. Fantasmi che tornano tristemente d’attualità, nel clima di scontro che oppone i No-Tav e i promotori dell’opera, senza che la politica si sia ancora degnata di spiegare la presunta necessità di realizzare la contestatissima Torino-Lione.
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Aspettando i missili intelligenti, da Damasco alla val Susa
L’ultimo giorno del mese di agosto del 2013 ci sveglia con un’impressione che sa già di settembre. L’aria è tersa e il cielo blu come solo in certe giornate di vento forte, ma si avverte appena un po’ di brezza. Una lunga nuvola, bianca, si solleva dai pascoli più alti e verticali a far da collana alle cime del Massiccio d’Ambin, prologo delle Alpi francesi. Ma se si abbassa lo sguardo al piano stradale sembrerebbe piena estate: molte saracinesche ancora abbassate, qualche turista mattiniero sorseggia lentamente un cappuccino per portarsi oltralpe l’aroma del caffé italiano… Alle nostre latitudini fa così tutti gli anni: i primi temporali si sono portati via il “caldo africano” (un’ondata che quest’anno è stata breve ma particolarmente intensa). Ma l’Africa incombe. Il suo nord tumultuoso, la tormentata terra di tutti e di nessuno che una volta chiamavamo medio oriente ribolle di giovani che danno vita a primavere ormai ricorrenti anche se i vecchi tentano di congelarli in un inverno arido come il deserto che li circonda. Un inverno innaturale, ardente, e le cui fiamme paiono divampare per un turno stabilito dal dio dei piromani, mandando in cenere – una dopo l’altra – le culle della civiltà euromediterranea. Oggi tocca alla Siria.
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E ora eccoci serviti, dopo settant’anni di quasi-democrazia
Il 2 agosto 1980 è la data che viene segnata dalla peggior strage avvenuta in Italia dal secondo dopoguerra. Alla stazione di Bologna morirono 85 persone dilaniate da un ordigno collocato nella sala di seconda classe e furono oltre 200 i feriti. A tutt’oggi è rimasta inascoltata la domanda di verità che i parenti delle vittime e un’intera città chiedono con forza a uno Stato sordo e volutamente reticente. E ogni anno si rinnova questa richiesta, ritorna in piazza una protesta sacrosanta verso le autorità del momento, che tanto parlano ma nulla fanno. Il segreto di Stato rimane la pietra tombale su questa e altre vicende. Molto è stato detto e scritto su quella maledetta mattina, e non è qui mia intenzione entrare nel merito di questo specifico evento. Questo mio contributo intende piuttosto delineare un quadro generale e una traiettoria dalla “democrazia” e della politica italiana, condizionata da sempre dall’azione legale e criminale di poteri forti del tutto interni e ai posti di comando nella società italiana e in un contesto internazionale.
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La minaccia che spaventa gli outsider, da Grillo a Crocetta
Per i prossimi due anni pare che ci sia un copione già scritto. Nel 2015, settantennale della liberazione dell’Europa dal nazismo, gli Usa arriveranno nuovamente a “liberare” l’Europa dall’attuale oppressione tedesca, grazie all’instaurazione del Ttip, il mercato transatlantico o “Nato economica”, che comporterà probabilmente un aggancio delle valute europee al dollaro. In un certo senso è vero che la storia si ripete, poiché, dopo la caduta del Muro di Berlino, la Germania del cancelliere Helmut Kohl effettivamente riprese il sogno hitleriano – illustrato nel “Mein Kampf” – di un sub-imperialismo tedesco in Europa dell’Est all’ombra del super-imperialismo anglosassone. Ma è destino dei sub-imperialismi subire cicliche umiliazioni da parte della razza superiore.