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Crivella, sindaco-vescovo di Rio: il Brasile diverrà teocrazia
Marcelo Crivella, 59 anni, pastore pentecostale e vescovo della Chiesa Universale del Regno di Dio, è il nuovo primo cittadino di Rio de Janeiro, seconda città carioca dopo San Paolo. Difensore della teoria creazionista e ultraconservatore, parla tranquillamente di teocrazia per il Brasile: sono a rischio i diritti civili e la secolarizzazione del maggior paese sudamericano, secondo Giacomo Russo Spena. «Alla notizia della vittoria, è esplosa la festa nella Chiesa evangelica di Rio de Janeiro: “È il trionfo di Dio”, hanno urlato i fedeli». Al ballottaggio, Crivella ha sconfitto con il 59% dei consensi Marcelo Freixo, esponente di sinistra del Psol, il “Partito Socialismo e Libertà”. «Mi prenderò cura del popolo e sotto il mio governo finalmente si proteggerà la famiglia», ha annunciato a caldo Crivella, che ha promesso di migliorare i servizi e contrastare la corruzione dilagante, che fa esplodere il malcontento nel Brasile post-olimpionico, soprattutto tra le fasce sociali più deboli: «È tra le classi lavoratrici che il suo partito ha intercettato la maggioranza dei voti: la classe media e i poveri hanno espresso infatti la propria preferenza per il partito repubblicano brasiliano (Prb), forza fondata nel 2002 dallo stesso Crivella».Secondo “El Pais”, la vittoria di Crivella e del suo Prb, il braccio politico della Chiesa, è stata trainata dall’elettorato evangelico, che rappresenta un terzo dei quasi 4,9 milioni di elettori, oltre agli elettori più poveri e meno istruiti. Gli evangelici sono rappresentati anche in Parlamento con 80 esponenti (il 14% in più rispetto alla scorsa legislatura), a dimostrazione della loro crescita. Ma chi è Marcello Crivella? A leggere il suo curriculum, scrive Russo Spena su “Micromega”, siamo di fronte a una clamorosa svolta religiosa che, in prospettiva, può mettere a repentaglio la stessa laicità del Brasile. Ingegnere, senatore dal 2002 e cantante gospel, il nuovo sindaco di Rio parla tranquillamente di teocrazia per il paese carioca ed è vescovo della Chiesa Universale del Regno di Dio. Ha sempre fatto della religione un perno centrale della sua vita e per anni ha vissuto in Africa per missioni di evangelizzazione delle tribù locali. Nel 1999 ha redatto un libro pubblicato in inglese con il titolo “Mutis, Sangomas e Nyanga: tradizione o stregoneria”, che comprende anche fotografie in cui l’allora giovane Crivella esegue rituali di esorcismo in paesi come Kenya e Sud Africa.«Nel testo i gay sono condannati per la loro “condotta maligna”, l’aborto viene considerato un abominio e le altre religioni sono etichettate come “demoniache”». Inoltre, continua Russo Spena, si accusano la Chiesa cattolica e l’induismo per “il sacrificio di bambini”. «L’omosessualità è il male supremo, concetto ribadito più volte durante la sua campagna elettorale a Rio». Crivella, tra l’altro, è nipote di Edir Macedo, fondatore della chiesa pentecostale Igreja Universal do Reino do Deus, «un impero miliardario e punta di diamante per l’avanzata dei neopentecostali nella politica brasiliana». Lo zio possiede un canale televisivo importante, “Record”. «E grazie anche all’influenza dei media, in Brasile è in corso una forte processo di evangelizzazione. Nell’era della crisi economica e del discredito dei politici (dopo l’impeachment col quale è stata incastrata la ex presidente Dilma Rousself), il paese è stato travolto da un’onda conservatrice». L’ideale conservatore, osserva il blog “Terradamerica.com”, «ha le sue radici nel dovere morale di resistere all’insicurezza», come sostiene Rogério Baptistini, professore di sociologia dell’Università Presbiteriana Mackenzie.Anche lo storico Boris Fausto, in un’intervista rilasciata alla rivista “Veja”, afferma che un fenomeno (la crescita evangelica) alimenta l’altro (l’onda conservatrice). «L’espansione di queste chiese – si legge su “Terraamerica.com” – favorisce un discorso conservatore a causa di alcuni dei principi che esse sostengono, come il veto al matrimonio omosessuale e il divieto di aborto. I pastori non intervengono nel vuoto: questo discorso trova eco in una tendenza conservatrice già latente nella società brasiliana». L’epicentro di influenza politica evangelica «non è più a livello globale gli Stati Uniti, ma il Brasile», rivela sul “Wall Street Journal” Andrew Chesnut, professore di religione presso la Virginia Commonwealth University, il quale sottolinea come il censimento del 2010 ha mostrato che il numero di brasiliani evangelici sia più che raddoppiato, con vaste aree della popolazione convertite in massa. «Da anni l’avanzata è inarrestabile. Una guerra di proselitismo nella quale le chiese di culto evangelico brasiliane raccolgono successi incredibili dal punto di vista del numero di fedeli, delle donazioni, ottenendo anche l’elezione di politici di area». Lo stesso Prb, la forza di Crivella, ha registrato una grande crescita: se nel 2008 aveva 54 sindaci, oggi ne ha 105, più oltre 1.600 assessori. E contende lo scranno di primo cittadino in altre cinque città nel prossimo ballottaggio. Per Russo Spena, i diritti civili in Brasile sono a rischio, «più di quanto si possa pensare».Marcelo Crivella, 59 anni, pastore pentecostale e vescovo della Chiesa Universale del Regno di Dio, è il nuovo primo cittadino di Rio de Janeiro, seconda città carioca dopo San Paolo. Difensore della teoria creazionista e ultraconservatore, parla tranquillamente di teocrazia per il Brasile: sono a rischio i diritti civili e la secolarizzazione del maggior paese sudamericano, secondo Giacomo Russo Spena. «Alla notizia della vittoria, è esplosa la festa nella Chiesa evangelica di Rio de Janeiro: “È il trionfo di Dio”, hanno urlato i fedeli». Al ballottaggio, Crivella ha sconfitto con il 59% dei consensi Marcelo Freixo, esponente di sinistra del Psol, il “Partito Socialismo e Libertà”. «Mi prenderò cura del popolo e sotto il mio governo finalmente si proteggerà la famiglia», ha annunciato a caldo Crivella, che ha promesso di migliorare i servizi e contrastare la corruzione dilagante, che fa esplodere il malcontento nel Brasile post-olimpionico, soprattutto tra le fasce sociali più deboli: «È tra le classi lavoratrici che il suo partito ha intercettato la maggioranza dei voti: la classe media e i poveri hanno espresso infatti la propria preferenza per il partito repubblicano brasiliano (Prb), forza fondata nel 2002 dallo stesso Crivella».
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Franceschetti: ma avete visto quanta figa c’è in giro?
Qualche giorno fa parlavo con una persona accusata di omicidio ingiustamente. Parlava, mi raccontava, e ogni tanto commentava “e allora è entrato il giudice… avvocato, vedesse che figa… una figa da paura”. Una volta parlavo con uno a cui avevano ucciso la figlia. “E poi l’avvocatessa mi ha detto… avvocato… vedesse che figa questa avvocatessa, una vestita cosi e cosà”. Anni fa un deputato con cui stavo discutendo una proposta di legge (eravamo in Parlamento) interrompeva spesso il discorso quando vedeva passare una collega donna, commentando i costumi sessuali di tutti quelli che passavano, di cui lui sapeva vita morte e miracoli. Spesso mi è capitato di andare a riunioni di lavoro, anche con persone sconosciute o comunque conosciute poco, che dopo il saluto e la stretta di mano invece di approcciare con un generico “bella giornata, eh?” o “come è andato il viaggio”, ti dicono “quanta figa c’è in giro, vero?”.Quando torno dalla Florida, dove vado ormai quasi tutti gli anni,se riesco, a trovare dei miei amici e a godermi un’aria diversa, alcuni la prima cosa che mi domandano è: “Quanta figa c’è in Florida?”, e quando rispondo “ma che cazzo me ne fotte di quanta figa c’è in Florida??? Che è pure un paese di pensionati e gente obesa”, mi rispondono stupiti: “Ah, come sarebbe… non ti guardi in giro per vedere quanta figa c’è?”. Il top però fu quando, pochi giorni prima che Mariapaola morisse, andai a trovare nella stanza a fianco alla sua un malato terminale di tumore, ormai ultranovantenne; appena entrai e gli chiesi come stava rispose “con certe fighe come infermiere come farei a non star bene? Guarda questa qui, per esempio, che culo che ha…”. Inutile dire che non tornai più a trovarlo perchè mi pareva che la non avesse eccessivo bisogno di conforto spirituale e dialogo. Perlomeno non aveva bisogno del mio dialogo.Da piccolo pensavo che il fenomeno fosse dovuto agli ormoni in eccesso dei mei coetanei, e pensavo di essere io in difetto, ma adesso che ho 50 anni e mi accorgo che questo intercalare ogni discorso, anche il più serio, con commenti sulla figa, è diffuso ad ogni livello sociale e ad ogni età, capisco che il problema è proprio una patologia diffusa, credo dipendente da un’errata educazione sessuale che ci inculcano fin da piccoli. Intendiamoci, pure molte donne si comportano allo stesso modo, ma credo che il fenomeno sia meno frequente, dal punto di vista statistico. Non ce la vedo una donna di novant’anni in punto di morte a dire “con tutti questi cazzi in giro per l’hospice non posso che sentirmi benissimo”, né riesco a pensare ad una madre che mentre discute con un avvocatessa della morte del figlio le fa “senta un po’ avvocato, ma lei se lo scoperebbe quel giudice?”.Ho cercato di difendermi da questi attacchi di demenza negli anni provando tattiche del tipo “guardi, non ne frega molto… sa, sono omosessuale”. Ma niente, non c’era nulla da fare la maggior parte degli uomini per un impulso incoercibile insiste nel descriverti le mirabolanti prestazioni che vorrebbe provare ad ottenere se avesse tra le mani la sconosciuta in questione, aggiungendoci commenti del tipo “non sai che ti perdi…”. Allora ho provato con “guardi, sono impotente, purtroppo questi discorsi con me non attaccano”, ma la maggior parte continua imperterrita.A 50 anni purtroppo questa cosa continua a rimanere per me un mistero più insondabile di quello della Rosa Rossa, pari all’altro fenomeno che ho sempre guardato con una certa curiosità, di milioni di persone che si appassionano al calcio, alla bicicletta, all’automobilismo o al motociclismo e poi non sono mai saliti su una moto, e lo sport non lo praticano mai e l’unica sportività se la concedono rifiutando categoricamente di acquistare un’auto col cambio automatico perchè altrimenti “perdono il piacere della guida”. Che cazzo di piacere ci sarà nello stare imbottigliati nel traffico di Roma in una Punto, sfrizionando in continuazione non l’ho mai capito. Boh. Uno dei motivi per cui mi piace andare in giro da solo in Florida è che non capisco la lingua e non sento le cazzate della gente.(Paolo Franceschetti, “Ma quanta figa c’è in giro, vero”, dalla pagina Facebook di Franceschetti del 3 novembre 2015, ripresa da “Come Don Chisciotte”).Qualche giorno fa parlavo con una persona accusata di omicidio ingiustamente. Parlava, mi raccontava, e ogni tanto commentava “e allora è entrato il giudice… avvocato, vedesse che figa… una figa da paura”. Una volta parlavo con uno a cui avevano ucciso la figlia. “E poi l’avvocatessa mi ha detto… avvocato… vedesse che figa questa avvocatessa, una vestita cosi e cosà”. Anni fa un deputato con cui stavo discutendo una proposta di legge (eravamo in Parlamento) interrompeva spesso il discorso quando vedeva passare una collega donna, commentando i costumi sessuali di tutti quelli che passavano, di cui lui sapeva vita morte e miracoli. Spesso mi è capitato di andare a riunioni di lavoro, anche con persone sconosciute o comunque conosciute poco, che dopo il saluto e la stretta di mano invece di approcciare con un generico “bella giornata, eh?” o “come è andato il viaggio”, ti dicono “quanta figa c’è in giro, vero?”.
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L’orgia cannibale è realtà, Pasolini non doveva svelarla
Tu chiamalo, se vuoi, movente esoterico. Nasce dalla chiave di lettura “simbolica” dell’evento, quella che fa caso a dettagli in apparenza insignificanti, senza valore per la verità giudiziaria. In base a questa analisi, Pasolini sarebbe stato assassinato con le modalità del sacrificio rituale, in base alla “pena del contrappasso” enunciata da Dante Alighieri, per due ragioni sostanziali. La prima: aveva denunciato la subdola ferocia del potere mettendo alla berlina col romanzo “Petrolio” i mandanti dell’omicidio Mattei. E soprattutto, attraverso le atroci sequenze del suo ultimo film, “Salò”, ispirato al romanzo del marchese De Sade “Le 120 giornate di Sodoma”, aveva osato mettere in scena l’abominio di perversioni sessuali violente, fino alla morte delle giovani vittime, perpetrato da una super-casta annidata tra i massimi vertici. Non un incubo o una fantasia terribile, ma l’agghiacciante rappresentazione di una realtà indicibile, sostiene Stefania Nicoletti. Per questo Pasolini è stato ucciso, e in quel modo: con “Salò”, film strettamente collegato all’omicidio (le pellicole rubate), aveva denunciato una pratica selvaggia, di spaventosa brutalità, tragicamente ordinaria in alcuni ambienti insospettabili.Stefania Nicoletti collabora da anni con l’avvocato Paolo Franceschetti, già legale delle “Bestie di Satana” e indagatore dei più controversi casi di cronaca, da Cogne al Mostro di Firenze. La tesi è suffragata da osservazioni inconsuete: molti delitti di cui parlano i media sono fatti di sangue solo in apparenza inspiegabili; in realtà si tratta di veri e propri “sacrifici umani”, compiuti da esoteristi che agiscono al riparo di potentissime protezioni, anche istituzionali. Quello che viene esibito – le indagini inconcludenti, il capro espiatorio socialmente fragile – non è che un copione per depistare l’opinione pubblica. La verità, ripete Franceschetti, è che ogni anno, in Italia, spariscono centinaia di minori. «Dove finiscono? Molti loro nel gorgo del traffico di organi, e altrettanti – appunto – nella potentissima rete dei pedofili: gente che arriva a pagare cifre folli per gli “snuff movie”, i film dove la giovane vittima viene violentata e seviziata fino alla sua morte», come appunto nel film di Pasolini. Ed ecco allora l’altro movente, quello occulto, che si salda con la volontà di eliminare e “punire” una voce troppo coraggiosa, lo scrittore che in “Petrolio” (uscito postumo) accusò Eugenio Cefis per la morte di Mattei, il “padre” dell’Eni temutissimo alle Sette Sorelle in quanto filo-arabo.«Spesso il movente del delitto di un personaggio scomodo non è uno solo, ma sono più moventi insieme, che non si escludono a vicenda ma anzi sono complementari, come sono complementari gli interessi e le entità che vogliono la morte di un determinato personaggio inviso al sistema», scrive Stefania Nicoletti sul blog di Franceschetti. E’ il caso, appunto, di Pasolini, sul quale si è scritto di tutto, anche di recente. Nel 2009, ad esempio, è uscito per “Chiarelettere” il libro “Profondo nero” di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, che porta avanti la tesi Eni-Cefis-Mattei e che contiene anche un’intervista a Pino Pelosi, il “ragazzo di vita” che era con Pasolini quella tragica sera, il 2 novembre 1975, all’Idroscalo di Ostia (alla pista-Eni ha dato risalto, tra gli altri, anche il blog di Beppe Grillo). Nell’agosto 2012, continua la Nicoletti, è arrivata la sentenza della Corte d’assise di Palermo sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, ucciso nel 1970 perché stava indagando sulla morte di Mattei. Una sentenza, dunque, dopo 40 anni. De Mauro? Ucciso per paura che rivelasse i mandanti del sabotaggio dell’aereo di Mattei, precipitato a Bascapè sulle colline dell’Oltrepo Pavese.«La causa scatenante della decisione di procedere senza indugio al sequestro e all’uccisione di Mauro De Mauro – scrivono i giudici – fu costituita dal pericolo incombente che egli stesse per divulgare quanto aveva scoperto sulla natura dolosa delle cause dell’incidente aereo di Bascapè, violando un segreto fino ad allora rimasto impenetrabile e così mettendo a repentaglio l’impunità degli influenti personaggi che avevano ordito il complotto ai danni di Enrico Mattei, oltre a innescare una serie di effetti a catena di devastante impatto sugli equilibri politici e sull’immagine stessa delle istituzioni». Mauro De Mauro, aggiunge la Nicoletti, stava collaborando con il regista Francesco Rosi per il film “Il caso Mattei” e scomparve nel nulla poco prima dell’incontro previsto con Rosi. Cinque anni più tardi, Pier Paolo Pasolini stava indagando sulla stessa pista e aveva scoperto le stesse cose, venendo in possesso di documenti riservati su Eugenio Cefis. E fece la stessa fine di De Mauro.Nel dicembre 2013, poi, escono articoli di giornale che parlano di “svolta” nell’inchiesta per il delitto Pasolini. Dopo 38 anni, scrive Nicoletti, gli inquirenti si accorgono che forse c’è qualcosa che non va nella versione ufficiale e riaprono le indagini. La notizia è che ci sono dei sospetti sui complici di Pino Pelosi: nuovi elementi confermerebbero che a partecipare all’omicidio sarebbero state più persone. «Sono stati ascoltati 120 testimoni, di cui molti non erano mai stati sentiti in precedenza». In articoli come quelli pubblicati dal quotidiano “Il Tempo”, sottolinea la Nicoletti, viene rimarcato più volte che i testimoni sono proprio 120: numero ripetuto per ben tre volte nelle prime righe. «Quando lessi l’articolo, questo particolare mi suonò strano, perché avrebbero anche potuto scrivere “un centinaio” oppure “oltre cento testimoni”. Quel 120 così preciso – scrive la Nicoletti – mi ha ricordato il titolo “Salò o le 120 giornate di Sodoma”», il film “maledetto” che Pasolini aveva ultimato pochi giorni prima di essere ucciso. «È probabile che in questo articolo e nell’intera operazione sia celato qualche messaggio, dato che è proprio nel film in questione che si può trovare uno dei moventi dell’omicidio». In “Salò”, aggiunge Nicoletti, «Pasolini aveva raccontato ciò che accade all’interno delle organizzazioni che detengono il potere».Nello stesso articolo del “Tempo” si parla di «reperti esaminati in passato e ora recuperati dagli investigatori, per avviare nuove analisi utilizzando tecniche scientifiche che precedentemente non esistevano». Di quali reperti si tratta? «Risulta che all’epoca dei fatti venne cancellato o manomesso tutto ciò che poteva essere utile alle indagini: non venne recintato il luogo del delitto, le prove e le tracce vennero cancellate, l’auto di Pasolini venne lasciata incustodita, in modo che chiunque avrebbero potuto mettere o togliere indizi». Dunque, conclude l’analista, «non si capisce quali “reperti” siano ancora validi e possano essere analizzati scientificamente». Un anno dopo, nel dicembre 2014, si parla ancora di “svolta” nelle indagini: le analisi del Dna sugli abiti di Pasolini rilevano tracce di altre 5 persone. Dalle macchie di sangue è stato estratto il codice genetico di altri possibili sospettati, complici quindi di Pelosi. Ma due mesi dopo, nel febbraio 2015, arriva subito un’altra notizia: il test del Dna non risolve il caso, perché il materiale biologico “non è attribuibile”, né collocabile temporalmente.«I magistrati hanno consegnato al gip la richiesta di archiviazione. E dunque l’inchiesta sul delitto Pasolini, riaperta nel 2010, dopo tutti questi annunci di presunte “svolte”, viene di nuovo archiviata». Ma nel 2014, quando l’inchiesta è ancora aperta, Pino Pelosi continua a fare dichiarazioni e viene convocato dalla Procura di Roma per essere interrogato di nuovo. Queste sono alcune delle sue affermazioni: «Quella notte all’Idroscalo c’erano tre automobili, una motocicletta e almeno sei persone, ma non sono in grado di dire chi fossero. Oltre all’Alfa Gt di Pasolini, c’era una Fiat 1300 e un’altra Alfa identica a quella di Pier Paolo. Era buio pesto e ho visto arrivare sul posto due automobili e una motocicletta. C’erano almeno sei persone, e due individui hanno trascinato Pier Paolo fuori dall’abitacolo. In un primo momento sono riuscito ad allontanarmi, fuggendo. Da dove mi trovavo sentivo Pier Paolo gridare e chiedere aiuto, ma nulla di più. Sotto al tappetino dell’automobile di Pier Paolo, c’erano 3 o 4 milioni di lire. Denaro che non venne ritrovato insieme alla vettura». In più, «l’esame del radiale dell’Alfa di Pasolini, che avrebbe dovuto investirlo e schiacciarlo quando era già a terra, uccidendolo, non è stato mai effettuato».Il pm Francesco Minisci gli domanda di chiarire alcuni aspetti relativi al possesso – all’epoca dei fatti – di una Fiat 850 Coupé. Automobile che, a detta di un testimone, sarebbe stata rubata e poi fatta circolare con targhe “buone”. E Pelosi risponde: «Dovrebbero andare a bussare alla porta della cugina di Pasolini, Graziella Chiarcossi, che denunciò il furto della macchina del regista, poi ritrovata a Fiumicino, e a quella di Ninetto Davoli che, a distanza di anni dai tragici eventi, fece distruggere l’Alfa Gt del regista». In effetti l’auto di Pasolini è stata demolita da Davoli nel 1987, come risulta anche alla motorizzazione di Roma. «Queste di Pelosi sono dichiarazioni importanti, che andrebbero quantomeno approfondite», annota Nicoletti. «Ma l’inchiesta, come abbiamo già visto, è stata archiviata». Intanto, nel settembre 2014, esce il tanto atteso film “Pasolini” di Abel Ferrara, pubblicizzato come “film verità” sull’ultimo giorno di vita e sull’omicidio, con promesse di rivelazioni clamorose. Il regista americano dichiara alla stampa di conoscere la verità sul delitto Pasolini e di rivelare il vero autore dell’omicidio, con tanto di nome e cognome. «Promesse assolutamente disattese: infatti nel film non solo non viene fatto il nome del vero assassino, ma viene messa in atto una vera e propria azione di depistaggio».Nelle scene finali viene ricostruita la notte dell’omicidio, continua Nicoletti: «Secondo Abel Ferrara, a uccidere Pasolini non è stato Pelosi – e fin qui va bene – ma un gruppo di sbandati che lo ammazzano perché è ricco e vogliono derubarlo, e perché è omosessuale. Per tutta la sua durata, il film fa credere di voler dare un’ipotesi alternativa sulla dinamica dell’omicidio e sugli esecutori, citando anche brani del romanzo “Petrolio”. Si arriva alla fine del film con tante attese e speranze… E in effetti l’ipotesi alternativa viene data, ma essa è ancora più depistante di quella ufficiale». Esiste invece un altro film, pronto già nel 2012 ma che non è mai riuscito a trovare una distribuzione. Si intitola “Pasolini, la verità nascosta” e il regista è Federico Bruno, che ha ricostruito l’ultimo anno di vita di Pasolini: la stesura del libro “Petrolio” e i capitoli mancanti sull’Eni e sul delitto Mattei, la preparazione del film “Salò” e il furto delle bobine (i negativi), le ultime interviste alla tv francese e a Furio Colombo. «Il film smentisce la tesi ufficiale, portando nuove inedite informazioni. E lo fa davvero, non come quello di Ferrara. Per questo motivo, il film di Federico Bruno è stato boicottato e non distribuito in Italia, rifiutato da tutti, anche dai parenti di Pasolini; mentre invece il film depistante di Abel Ferrara è stato finanziato dallo Stato, appoggiato dagli eredi di Pasolini, e persino presentato in concorso al 71° Festival del Cinema di Venezia».Negli ultimi mesi, continua Stefania Nicoletti, è stato annunciato un altro film, che uscirà a febbraio 2016: “La macchinazione” di David Grieco, amico e collaboratore di Pasolini, e anche autore della memoria civile al processo Pelosi. Il film racconterà gli ultimi tre mesi di vita di Pasolini. «In alcune interviste, Grieco afferma che Pasolini è stato ucciso dall’organizzazione che ha compiuto tutte le stragi italiane (che lo stesso Pasolini aveva denunciato nel suo celebre “Io so” e in altri articoli) e messo in atto la strategia della tensione, servendosi di uomini dei servizi segreti e di Gladio». Lo dichiara apertamente, Grieco, intervistato dal “Piccolo” di Trieste: «Pasolini è stato ammazzato da quelli che hanno fatto tutto quello che è stato fatto dal ’69 in poi in questo paese: le stragi, la strategia della tensione, gli omicidi politici, le bombe sui treni, la stazione di Bologna, piazza della Loggia, eccetera. L’organizzazione era molto vasta e quindi non parlo materialmente delle stesse persone. È un’organizzazione che nasce all’alba della Liberazione, quando gli americani arrivano in Italia, l’esercito tedesco è in rotta e loro già stanno pensando a come fronteggiare il nemico sovietico».«Si crea uno Stay Behind che in Italia si chiama Gladio, organizzazione clandestina ma fino a un certo punto perchè in America è pienamente nota ed è presente in tutti i rapporti della Cia al congresso americano», continua Grieco, che spiega che Gladio «serve a fare qualsiasi cosa purché il comunismo non si espanda e non prenda piede nella parte occidentale o meridionale d’Europa. Qualunque mezzo è lecito». Leggendo queste dichiarazioni, Stefania Nicoletti si domanda: «Come mai David Grieco, amico storico di Pasolini, parla pubblicamente solo adesso? Come mai non l’ha detto prima, anziché aspettare 40 anni? Forse è il segno che “qualcuno” ha deciso che certe verità devono emergere in questo momento storico». Oltre al film che sta realizzando, Grieco ha pubblicato anche un libro: “La macchinazione. Pasolini, la verità sulla morte”, uscito da poche settimane, edito da Rizzoli. Grieco fu tra i primi a raggiungere il luogo in cui fu trovato il corpo senza vita di Pasolini, insieme al medico legale Faustino Durante, anche se «risultava che sul luogo del delitto non fosse mai stato convocato un medico legale». Inoltre, Grieco è stato il compagno di Bruna Durante, figlia del medico legale.Se l’infinita odissea processuale – proprio come quelle delle stragi e dei casi di cronaca “irrisolti” – naufraga in un mare di ombre, sospetti, menzogne e depistaggi, Stefania Nicoletti si concentra sul profilo “simbolico” della vicenda, sempre trascurato. «A mio parere – scrive – nella scelta del luogo e nella modalità dell’omicidio, è stata applicata più volte la legge del contrappasso». L’Idroscalo è un aeroporto (per gli idrovolanti), e Pasolini «aveva scoperto la verità sull’omicidio di Enrico Mattei, morto in un incidente aereo». Un “contrappasso per analogia”? «Anche nella messa in scena del movente sessuale possiamo trovare un contrappasso: l’hanno ammazzato nei luoghi degradati e negli ambienti violenti che aveva sempre descritto nelle sue opere. Le borgate, i ragazzi di vita, l’omosessualità. Da un lato era un ottimo modo per avere una rapida risoluzione del caso e per poi continuare ad infangarne la memoria, dall’altro fu un omicidio per analogia: ti facciamo morire come uno dei tuoi personaggi. Stessi luoghi, stesse persone, stesse modalità».Ancora cinema: alla fine del 2013 è stata annunciata la pubblicazione di una sceneggiatura risalente al 1959 e rimasta finora inedita, “La Nebbiosa”, in cui Pasolini aveva descritto un omicidio uguale al suo. La trama: un gruppo di teppisti sequestra un omosessuale, lo conduce in uno spiazzo deserto e lo picchia a sangue fino alla morte. I giornali parlano di “visione profetica”, scrivendo che Pasolini “sapeva come sarebbe morto” e che “ha anticipato lo scenario” del suo omicidio. «In realtà, non è che sapeva come sarebbe morto, e nemmeno ha anticipato o profetizzato la sua morte», puntualizza Stefania Nicoletti. «Invece è il contrario: l’hanno ucciso come il personaggio di questa sua opera inedita ora pubblicata. E anche qui possiamo quindi trovare la legge del contrappasso». Secondo la Nicoletti, «è la stessa operazione che fecero con Rino Gaetano e la sua canzone “La ballata di Renzo”», in cui il cantante descrisse la morte di un giovane rifiutato da più ospedali e morto dissanguato nella notte, come in effetti poi accadde all’autore di “Nun te reggae più”. «Anche nel caso di Rino Gaetano si disse che aveva profetizzato la sua morte molti anni prima, quando invece fu il contrario: lo uccisero come in quella sua canzone».Sulla storia descritta ne “La Nebbiosa”, il quotidiano “Libero” scrive: «L’alba è vicina e i ragazzi caricano in macchina un omosessuale, lo portano in uno spiazzo isolato, lo spogliano e lo massacrano a sangue. Una scena che sconvolge perché ricorda molto da vicino proprio le modalità con cui Pasolini verrà ucciso nel 1975 al Lido di Ostia. Talmente da vicino che, se stessimo scrivendo un giallo e non un articolo, potremmo ipotizzare che chi ha ucciso Pasolini avesse letto il copione e avesse tutto l’interesse a farlo scomparire. Quasi che “La Nebbiosa” potesse contenere quei segreti sulla morte dello scrittore che nemmeno la magistratura è mai riuscita del tutto a chiarire». Preveggenza, appunto, o piuttosto esecuzione progettata sulla base del copione narrato dalla stessa vittima? Per questo Stefania Nicoletti si concentra su “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, l’ultimo film di Pasolini, uscito postumo due mesi dopo la sua morte. Il regista terminò il montaggio proprio il giorno prima di essere ucciso. Film legato a doppio filo all’omicidio: non solo perché si conclude con una strage, ma perché finì direttamente nelle indagini a causa di materiale cinematografico rubato e poi utilizzato per condizionare il regista, forse addirittura per tendergli l’agguato mortale.E’ noto infatti l’episodio delle bobine di “Salò” rubate alla Technicolor: unico caso nella storia del cinema di furto di “pizze” con richiesta di riscatto (due miliardi di lire). Pasolini si rifiutò di pagare: disse al produttore che avrebbe ricavato un negativo da un positivo e che avrebbe fatto a meno degli originali. Poco dopo, continua Stefania Nicoletti, un personaggio oscuro della malavita romana – si dice che fosse un esponente della Banda della Magliana – andò dal regista Sergio Citti e gli disse di essere in possesso delle pellicole e di poterle restituire anche gratis se avesse organizzato un incontro con Pasolini. Fu lo stesso Citti, amico e collaboratore del regista, a raccontare l’episodio nel 2005, dichiarando anche di non essere mai stato chiamato a testimoniare (secondo il regista Federico Bruno, invece, Citti sarebbe stato ascoltato dagli inquirenti). Pasolini dapprima rifiutò l’incontro per la restituzione delle “pizze”, non fidandosi dell’ambiente da cui proveniva la proposta. Ma in un secondo momento accettò, convinto da Pino Pelosi, che conosceva da qualche mese. «Pelosi fece quindi da esca – consapevole o meno – alla trappola tesa per portare Pasolini a Ostia e ucciderlo».Il film “Salò” è ispirato al romanzo del marchese De Sade “Le 120 giornate di Sodoma”, ma Pasolini ne colloca l’ambientazione tra il 1944 e il 1945, nel Nord Italia occupato dai nazifascisti durante la Repubblica Sociale Italiana (da cui il titolo “Salò”). In una villa isolata, si riuniscono quattro rappresentanti del potere: il Duca, il Monsignore, l’Eccellenza (Giudice di Corte d’assise), e il Presidente (di una banca). I quattro Signori fanno rapire decine di ragazzi e ragazze, e nella villa infliggono loro ogni tipo di violenza e tortura psicologica, fisica e sessuale. Con il passare del tempo, i giovani perdono la dignità umana e si abbandonano al loro destino, consegnano il proprio corpo e la propria anima ai Signori. Giunti quasi al termine delle 120 giornate, in cerca di una violenza sempre più intensa, i Signori decidono di passare alla forma più estrema di “piacere”: quello assassino, uccidendo la maggior parte dei ragazzi. «È un film scioccante, crudele, terribile. Ma è più di un film… racconta la realtà. Una realtà che non si riferiva solo al periodo in cui è ambientato – afferma Stefania Nicoletti – ma che esisteva anche negli anni ’70 quando Pasolini ha scritto e girato il film, e che continua ad esistere anche oggi».Una realtà «fatta di abusi atroci, di torture sessuali, di delitti rituali commessi da coloro che detengono il potere, i cosiddetti “insospettabili”, professionisti e persone rispettabili, i vertici del Sistema». Ne parlò anche il blog di Franceschetti nel 2011, riportando «testimonianze di sopravvissuti a un sistema di abusi simili a quelli descritti da Pasolini». Nel film “Salò”, i quattro Signori «rappresentano i rami del potere: nobiliare, ecclesiastico, giudiziario, economico-bancario». Il vero potere. «Nel film i quattro potenti assoldano dei giovani repubblichini di leva e delle SS, e li incaricano di rapire i ragazzi e portarli alla villa. Le milizie nazifasciste rappresentano sia il potere militare (ma a livelli bassi: non sono generali o comunque ufficiali) sia quello politico, che è subordinato agli altri poteri: i quattro Signori si servono dei repubblichini per raggiungere i loro scopi». Il film è suddiviso in quattro parti, che richiamano nel titolo la geografia dantesca dell’Inferno: Antinferno, Girone delle Manie, Girone della Merda e Girone del Sangue. Chi conosce il blog di Franceschetti sa quanto siano importanti Dante e la Divina Commedia per le società segrete, sia quelle originarie (iniziatico-libertarie) che quelle più recenti e deviate: «Pasolini, che conosceva bene il sistema in cui viviamo, in questo film ha descritto proprio le organizzazioni massoniche ed esoteriche “nere” che compiono abusi e delitti rituali; e forse, con il richiamo all’Inferno, ha voluto darci un’ulteriore indicazione sulla natura di ciò che ha raccontato».Un altro particolare che Pasolini ha preso dalla realtà, continua Stefania Nicoletti, è la modalità del rapimento: «I giovani vengono scelti in base a determinate caratteristiche, e vengono strappati dalle proprie famiglie; ma talvolta sono invece i loro stessi familiari che li vendono». Inoltre prendono parte alle sevizie anche le figlie dei quattro super-potenti, trattate come schiave. Significativo anche il fatto che, secondo il regolamento della villa, “i più piccoli atti religiosi, da parte di qualunque soggetto, verranno puniti con la morte”. Nel film come nella realtà, infatti, «all’interno di queste organizzazioni occulte viene osteggiato qualunque tipo di religiosità o di spiritualità autentica, per lasciare spazio invece a quella deviata», scrive la Nicoletti. «Chi “tradisce” il regolamento viene ucciso, come la ragazza a cui nel film viene tagliata la gola davanti a un altare religioso, e il corpo viene mostrato a tutto il gruppo come monito». Molto eloquente il discorso che il Duca pronuncia quando “accoglie” le giovani vittime nella sua villa: «Deboli creature incatenate, destinate al nostro piacere, spero non vi siate illuse di trovare qui la ridicola libertà concessa dal mondo esterno. Siete fuori dai confini di ogni legalità. Nessuno sulla terra sa che voi siete qui. Per tutto quanto riguarda il mondo, voi siete già morti».Una logica che «esprime perfettamente quello che succede davvero all’interno delle organizzazioni di potenti che commettono abusi e delitti come quelli narrati». Nella sua ultima intervista televisiva, concessa a una tv francese il 31 ottobre 1975 (due giorni prima della morte), in occasione dell’uscita del film, Pasolini affermò: «Il cannibalismo? In certi ambienti è un fatto politico reale, in certi ambienti è un fatto politico metaforico». Insomma, a una lettura attenta e profonda, secondo Stefania Nicoletti «si può capire come Pasolini abbia usato l’espediente dell’ambientazione durante l’occupazione nazifascista per raccontare una realtà molto più grande e attuale». “Salò” illuminerebbe un vero e proprio inferno, retroterra di troppe sparizioni “inspiegabili”, delitti eccellenti, fatti di sangue che restano senza colpevoli. E sparizioni di centinaia di minori, in Italia e nel mondo, ogni anno. «Una realtà fatta di violenze e di abusi rituali, di delitti e di sacrifici umani. Una realtà che coinvolge i vertici del potere, ma che viene sistematicamente occultata. Qualcosa di molto pericoloso, che Pasolini non avrebbe dovuto raccontare e che ha pagato con la vita».Tu chiamalo, se vuoi, movente esoterico. Nasce dalla chiave di lettura “simbolica” dell’evento, quella che fa caso a dettagli in apparenza insignificanti, senza valore per la verità giudiziaria. In base a questa analisi, Pasolini sarebbe stato assassinato con le modalità del sacrificio rituale, in base alla “pena del contrappasso” enunciata da Dante Alighieri, per due ragioni sostanziali. La prima: aveva denunciato la subdola ferocia del potere mettendo alla berlina, col romanzo “Petrolio”, i mandanti dell’omicidio Mattei. E soprattutto, attraverso le atroci sequenze del suo ultimo film, “Salò”, ispirato al romanzo del marchese De Sade “Le 120 giornate di Sodoma”, aveva osato mettere in scena l’abominio di perversioni sessuali violente, fino alla morte delle giovani vittime, perpetrato da una super-casta annidata tra i massimi vertici. Non un incubo o una fantasia terribile, ma l’agghiacciante rappresentazione di una realtà indicibile, sostiene Stefania Nicoletti. Per questo Pasolini è stato ucciso, e in quel modo: con “Salò”, film strettamente collegato all’omicidio (le pellicole rubate), aveva denunciato una pratica selvaggia, di spaventosa brutalità, tragicamente ordinaria in alcuni ambienti insospettabili.
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Gender a scuola, i bambini e l’orco. Ma la famiglia dov’è?
Gender: tutti diversi, tutti uguali. Bellissimo, ma se poi la faccenda scappa di mano e la scuola diventa il paradiso degli orchi? A rimetterci sarebbero loro, i minori. A meno che non entri in scena un soggetto troppo spesso assente: la famiglia, con le sue responsabilità educative. «Quando sentii parlare di questa teoria e della sua diffusione nelle scuole, lì per lì pensai a una bufala perché veniva proposta come una specie di invito esplicito alla masturbazione e all’omosessualità anche per i bambini delle elementari e dell’asilo». L’ideologia Gender in classe? Superficialmente, scrive Paolo Franceschetti, si potrebbe credere che tutta la questione si riduca a un derby tra gay e omofobi, sinistra progressista e Vaticano conservatore. Già il governo Letta invitava gli insegnanti a educare alla diversità (“Rosa e i suoi due papà hanno comprato tre lattine di tè freddo al bar; se ogni lattina costa 2 euro, quanto hanno speso?”). «La necessità di approfondire la questione – ammette Franceschetti – mi è venuta quando ho letto che il ministro dell’istruzione minacciava querele contro chi osasse sostenere che la riforma Renzi introducesse la teoria Gender».A livello teorico, tutto nasce dagli studi di Margareth Mead, che dimostrano che i ruoli possono benissimo ribaltarsi, come in certe società tribali dell’Oceania: le donne a caccia, gli uomini a casa a farsi belli. Succede anche da noi, scrive Franceschetti nel suo blog: c’è l’amico Maurizio, «che fa il supermacho superscopatore, ma in privato mi confessa che gli piacciono le gonne e i vestiti femminili e quando è solo si veste con le scarpe coi tacchi della moglie». E all’opposto c’è l’amica Ambra, a cui domandi “cosa facciamo stasera?” e ti risponde “andiamo a tirare col fucile”, e al poligono «fa cento colpi e cento centri, una cosa mai vista in vita mia». Autore di clamorose denunce sul “lato oscuro del potere” (gli omcidi rituali, il Mostro di Firenze, la misteriosa setta criminale denominata Ordine della Rosa Rossa), l’ex avvocato Franceschetti, autore di un recentissimo libro, “Le Religioni”, che indaga sulla comune matrice spirituale delle grandi confessioni religiose del pianeta, si è anche distinto per i ripetuti allarmi lanciati in favore dei minori: ne spariscono troppi, anche in Italia. Centinaia, ogni anno. Dove finiscono? Nel traffico di organi e nelle reti potentissime dei pedofili d’alto bordo.Di fronte alle istanze “Gender”, Franceschetti riconosce che «la rigida divisione tra sessi che per secoli ha dominato la società ha portato, e porta tuttora, a degli squilibri». Una donna in carriera è considerata “poco femminile” e temuta dagli uomini, mentre un uomo “casalingo” «è visto con sospetto, come un parassita nullafacente». L’uomo che va con molte donne «è guardato con ammirazione», mentre la donna che ha molti uomini «è quasi sempre una troia». La divisione in sessi? Ha penalizzato chiunque, uomo o donna, rifiutasse gli obblighi sociali. «Non parliamo poi delle problematiche che sorgono se una persona vuole cambiare sesso, o se durante il matrimonio scopre di avere tendenze omosessuali». La teoria Gender vuole sicuramente «porre rimedio a questo stato di cose, introducendo una nuova mentalità, rispettosa delle differenze individuali, per educare la popolazione a una nuova concezione della sessualità e delle differenze di genere». E fin qui, tutto bene. Si prefigura «un meraviglioso mondo, dove l’uomo che voglia andare in giro con i tacchi a spillo e il rossetto venga rispettato, così come una donna che si metta a ruttare e fare a braccio di ferro bestemmiando al bar».Idem per i piccoli: «Nessun trauma arrivi a un bambino che sia allevato da due papà o due mamme, perchè la salute psichica del bambino si misurerà in funzione dell’affetto e degli insegnamenti che riceve, e non dal fatto che abbia necessariamente un padre maschio e una mamma femmina». Ma le ricadute pratiche? Utile leggere il dossier “Standard per l’educazione sessuale in Europa”, commissionato dall’Oms, per capire cosa si vuole fare nelle scuole. Rispetto, equilibrio, attenzione: un documento “amorevole”. Ma «il bello viene da pagina 37 in poi, dove ci sono le direttive sintetiche che gli insegnanti di educazione sessuale dovrebbero applicare sui bambini di varie fasce di età». Sono 144 disposizioni: «Il problema sorge per solo una ventina di direttive in tutto, sparse qua e là quasi innocentemente», specie quelle rivolte ai bambini dai 9 ai 12 anni. L’educatore deve «mettere il bambino in grado di decidere se avere esperienze sessuali o no, effettuare una scelta del contraccettivo e utilizzarlo correttamente, esprimere amicizia e amore in modi diversi, distinguere tra la sessualità nella vita reale e quella rappresentata dai media». E deve «aiutare il bambino a sviluppare l’accettazione della sessualità (baciarsi, toccarsi, accarezzarsi)», nonché «trasmettere informazioni su masturbazione, piacere e orgasmo».Amarcord inevitabile: «Il pensiero corre ai miei professori del liceo», dice Franceschetti. «Quello di matematica che toccava sempre i seni alle ragazze, tranquillo dell’impunità del preside, tanto che quando fu denunciato da una ragazza fu la ragazza a dover cambiare istituto, non il professore». O quello di storia e filosofia, che sprecava intere lezioni «coi suoi racconti tesi a dimostrare che il sesso è peccato». Già alle elementari fioccavano ceffoni: rudi maestre, anziché «improvvisati educatori sessuali protetti dallo scudo delle direttive europee». L’idea Gender? «Meravigliosa e auspicabile se fossimo in un mondo ideale, e se chi la dovesse applicare fosse un essere umano ideale». Ovvero: un educatore «equilibrato, centrato, e amorevole», capace di «saper amare davvero l’altro e il prossimo e saperlo rispettare», dopo «essersi confrontato con la propria parte omosessuale ed essersi interrogato, ove tale parte sussista, su come viverla».L’insegnante-modello, inoltre, dovrebbe essere «monogamo per scelta, convinto che la fedeltà sia un dono, non un obbligo», dunque «una persona sessualmente attiva», che desidera altri partner ma si trattiene, e inoltre è «disposta ad accettare la poligamia del proprio». Di fronte al tradimento subito, massima comprensione: «Caro/a, ho scoperto che mi tradisci; è evidente che ho sbagliato in qualcosa». E poi dev’essere «uno che, scoperta l’omosessualità del figlio, anziché preoccuparsi, veda questo come un’opportunità di crescere insieme e apprendere di più dalla vita e da se stessi». E ancora, scoprendo l’omosessualità del partner, gli dovrebbe dire: «Ti amo, e per rispetto vorrei che tu vivessi appieno questa tua esperienza, finché non deciderai in che ruolo collocare il nostro rapporto». Tutto bene, «se esistesse un essere umano che ha raggiunto un tale grado di consapevolezza». Quanti ne conosciamo, nella vita quotidiana? Ovviamente, «questo ritratto di essere umano quasi perfetto è praticamente introvabile».La realtà, infatti, è desolatamente opposta: «Dal punto di vista sessuale, la maggior parte delle persone non solo non è affatto equilibrata, ma ha quelle che in psicologia sono considerate devianze o problemi: eiaculazione precoce, impotenza, anorgasmia, sadomasochismo, feticismo». E poi le “stranezze”, «come l’eccitarsi solo in determinate condizioni ambientali», magari con l’impiego di “oggetti particolari”, «per non parlare della percentuale, altissima, di coloro che hanno delle vere e proprie perversioni criminali». Morale: «Il problema dell’ideologia Gender è, molto semplicemente, che non esiste un numero sufficiente di educatori che abbia l’equilibrio tale da poter insegnare ai bambini il rispetto di genere (altrui e proprio) per il semplice motivo che ancora non hanno raggiunto tale equilibrio in loro stessi». Che medico sei, se non sai nemmeno curare te stesso?Sicché, le «demenziali 20 regole» indicate da Franceschetti «porteranno a una conseguenza inevitabile nelle scuole: abusi, facilitazioni della pedofilia e traumi vari ai bambini». Quindi, anche se «l’obiettivo teorico della riforma è lodevole e teoricamente condivisibile», visto che propone che i bambini devono essere educati al rispetto di genere, di fatto «la riforma conseguirà (volutamente, è il caso di dirlo) l’obiettivo opposto: aumenterà gli abusi sui minori nel lungo termine, e nel breve termine creerà la falsa contrapposizione tra progressisti e conservatori omofobi». Una riforma di questo tipo, «in mano a insegnanti e politici inconsapevoli e non in grado di gestire una problematica come quella del genere», secondo Franceschetti produrrà scontri, tensioni e cause legali: «Cattolici contro omosessuali, omosessuali contro eterosessuali, politici contro politici, genitori contro insegnanti, magistrati contro cittadini». Tutto questo, «in un clima in cui a risentirne e a restarne traumatizzati saranno soprattutto i bambini».Tradotto: anche questa del Gender «si inquadra in quel contesto di riforme volute dal Parlamento Europeo in tutti i campi (economico, politico, finanziario, sociale, scolastico) per distruggere i fondamenti della società e ricostruirne una nuova, basata sul Nwo, creando caos sociale ad ogni livello». Nuovo ordine mondiale? «La tecnica è nota», insiste Franceschetti: «Si parte da una premessa giusta (educare al rispetto delle diversità) e si fa una legge in parte giusta (educare i bambini alla sessualità) con qualche appiglio per ribaltare completamente il risultato e creare più caos di quanto già non ce ne sia (dando mano libera ai pedofili e ai pervertiti di poter agire liberamente nelle scuole)». E i primi frutti dell’introduzione dell’ideologia Gender si vedono già: «Alcuni sindaci hanno ritirato alcuni libri ispirati all’ideologia Gender dalle scuole. Una maestra è stata denunciata da un rappresentante dell’Arcigay e linciata mediaticamente, su tutti i giornali, per aver detto a scuola che l’omosessualità è una malattia (salvo poi essere scagionata dagli allievi, che hanno detto “ma no, veramente ha detto tutt’altro”)».Stefania Giannini, ministro dell’istruzione, minaccia denunce contro chi sostiene che la riforma Renzi della “buona scuola” obblighi a educare sessualmente i giovani secondo le teorie Gender: la riforma imporrebbe solo di “educare al rispetto della diversità”. «Ogni tanto sui giornali escono notizie di genitori preoccupati per i vibratori a scuola. Una preside ha inviato una lettera al ministero per denunciare l’introduzione della teoria Gender nelle scuola, e il ministero ha mandato gli ispettori (sic!) ritenendo inaccettabile il comportamento della preside». E ancora: «In una scuola sono state denunciate delle suore che, stando ai giornali, avevano fatto educazione alla masturbazione a bambini di 10 anni». In alcuni Comuni già si raccolgono firme “contro”. Ma attezione: «La maggior parte delle notizie sono false e volutamente distorte, per poter essere interpretate come uno preferisce. Come è falso che questa teoria sia “imposta” dall’Ue», che in realtà «impone solo, con vari regolamenti, direttive e indicazioni, di abolire le differenze di genere tra uomo e donna in tutti gli ambiti, il che è sacrosanto».Le teorie Gender a scuola sono già applicate in diversi paesi europei, «ma la situazione è di estremo caos». La confusione impazza, anche nel privato: «Solo per fare un esempio personale – racconta Franceschetti – ho postato sulla mia pagina Facebook un video dell’avvocato Amato, di tendenza dichiaratamente cattolica. Una ragazza omosessuale mi ha ritirato l’amicizia sentendosi profondamente ferita dal video (sue parole testuali). Un altro mi ha dato del fascista, dicendo in aggiunta che probabilmente poi di nascosto vado a trans». Tutto questo, «a riprova che non si può discutere serenamente di Gender senza creare conflitti: se sei contro questa nuova tendenza, sei omofobo e retrogrado; se sei a favore, sei un pedofilo o un frocio». Dobbiamo quindi preoccuparci, gridare allo scandalo e arroccarci sulle vecchie posizioni, o sposare le teorie Gender? «Nulla di tutto ciò. C’è invece la possibilità di trasformare la questione Gender in un’occasione favorevole per la crescita dei nostri figli e di noi stessi». E come? Mobilitando – per la prima volta, in molti casi – la cara, vecchia famiglia, troppo spesso assente, o peggio.«Lo sfascio del sistema in cui viviamo è inevitabile, e questa ideologia porterà, col tempo, allo sfascio della famiglia tradizionale e dei valori tradizionali», insiste Franceschetti. «I bambini saranno spesso abusati e traumatizzati. Ma purtroppo, occorre dirlo, i bambini sono da sempre stati abusati e traumatizzati perché – in questo ha ragione l’ideologia Gender – l’imposizione rigida dei ruoli ha provocato da sempre una serie di problemi psicologici». Il bambino è inoltre traumatizzato su vari fronti, non solo quello sessuale, e peraltro in tutte le epoche, «perché la maggior parte dei genitori riversa inevitabilmente i propri disturbi personali sul bambino stesso, che fin da piccolo è costretto a subire limitazioni prive di senso, ad essere sgridato senza criterio, talvolta picchiato, costretto a subire le urla dei genitori tra di loro, gli abbandoni, la violenza verbale e fisica che a volte sussiste nella coppia». Basta rileggere gli studi di Alice Miller: “Il dramma del bambino dotato”, “Il bambino inascoltato”, “La fiducia tradita”, “La chiave abbandonata”.Niente di nuovo sotto il sole: i bambini «saranno “solo” costretti a un ulteriore abuso, oltre a quelli che quotidianamente subiscono dagli ignari genitori», spesso convinti di essere impeccabili. «Questa situazione di caos e ulteriore abuso, però, potrà avere effetti positivi qualora le famiglie si riappropriassero del proprio ruolo, senza delegare alla scuola l’educazione dei bambini», sostiene Franceschetti. «Se fino ad oggi, a casa, di sesso non se ne parlava, o se ne parlava male», a questo punto «per arginare l’effetto traumatico della riforma Gender l’unica possibilità è che i genitori si sforzino sempre di più di dialogare con i figli, di accettare davvero le diversità e di spiegare loro che se l’insegnante si masturba in classe è solo un pervertito, non un educatore». E a fronte di un insegnante che vorrà “far provare nuove esperienze” al bambino di 9-12 anni, come da protocollo, «gli si spieghi che forse, a quell’età, tali esperienze potrebbero provocargli un trauma: sarà meglio rimandarle magari a quando sarà adulto e in grado di decidere da solo quali esperienze diverse provare».E di fronte a un insegnante che magari «esalterà l’omosessualità dicendo che è normale, invitando i bambini di 9 anni a farne esperienza», il genitore dirà: «Sì tesoro, in effetti è normale, ma statisticamente l’80% delle persone è ancora eterosessuale, quindi direi che potrai fare queste prove più in là, magari dopo i vent’anni». Così, «invece di portarli al doposcuola, forse sarà la volta buona che un genitore anaffettivo trovi una buona scusa per portare i figli con sé e passarci più tempo insieme», conclude Franceschetti. In pratica, proprio perché la riforma Gender è arrivata nel momento in cui l’istituzione familiare «si era deresponsabilizzata dal suo ruolo educativo», forse «è proprio questo il momento buono affinché l’educazione sessuale dei figli venga riportata nel luogo principale dove dovrebbe essere effettuata: la famiglia».Gender: tutti diversi, tutti uguali. Bellissimo, ma se poi la faccenda scappa di mano e la scuola diventa il paradiso degli orchi? A rimetterci sarebbero loro, i minori. A meno che non entri in scena un soggetto troppo spesso assente: la famiglia, con le sue responsabilità educative. «Quando sentii parlare di questa teoria e della sua diffusione nelle scuole, lì per lì pensai a una bufala perché veniva proposta come una specie di invito esplicito alla masturbazione e all’omosessualità anche per i bambini delle elementari e dell’asilo». L’ideologia Gender in classe? Superficialmente, scrive Paolo Franceschetti, si potrebbe credere che tutta la questione si riduca a un derby tra gay e omofobi, sinistra progressista e Vaticano conservatore. Già il governo Letta invitava gli insegnanti a educare alla diversità (“Rosa e i suoi due papà hanno comprato tre lattine di tè freddo al bar; se ogni lattina costa 2 euro, quanto hanno speso?”). «La necessità di approfondire la questione – ammette Franceschetti – mi è venuta quando ho letto che il ministro dell’istruzione minacciava querele contro chi osasse sostenere che la riforma Renzi introducesse la teoria Gender».
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La super-lobby ci vuole indifesi, ma teme le europee
Onorati colleghi, ci ritroviamo anche quest’anno per definire le principali linee di azione e di pressione nei confronti delle più influenti lobby dei paesi industriali e delle nuove economie emergenti. Prima di passare la parola al primo dei nostri guest speaker, il quale ci relazionerà sui main events di natura politica ed economica di maggior rilievo che si verificheranno durante quest’anno, analizzando i possibili scenari ed impatti che questi ultimi potrebbero avere sulle attività economiche e finanziarie dei nostri clienti, noi del Board vogliamo focalizzare la nostra attenzione sull’importanza delle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo che si terranno alla fine del mese di maggio. A riguardo, sono costantemente visti in crescendo – sia in termini di consenso che di visibilità – numerosi partiti euroscettici.Questo fenomeno sembra essere trasversale in tutti gli Stati europei: si va dalla Francia alla Finlandia; persino la Germania ha una forza politica a noi avversa che si è attestata, per nostra fortuna, appena sotto la soglia del 5% alle passate elezioni. Vogliamo spronarvi ad utilizzare tutta la vostra influenza ed ingerenza nei confronti dei vari canali mediatici in Europa per sminuire e ridimensionare sul nascere questa preoccupante forma di protesta e contrasto politico. Di contiguo a noi anche alcune autorità sovranazionali ci hanno evidenziato i rischi sempre più oggettivi che si delineano all’orizzonte, nonostante i proclami istituzionali di tenore opposto. Vi ricordiamo, onorati colleghi, che i nostri clienti e sponsor non si possono permettere un esito elettorale controproducente, rischiando a quel punto di mandare in fumo il lavoro di quasi due decenni di pressing politico.Ritorneremo su questo comunque durante lo speech di Sir [… omississ ...] che ci aiuterà a definire le varie criticità sistemiche del momento con un maggior grado di approfondimento. Tornando a noi, ricordiamo come si stanno dimostrando molto efficaci le strategie che abbiamo intrapreso ormai da anni per disinnescare la bomba demografica che grava su questo pianeta, tema molto caro ai nostri principali finanziatori. L’opera di destabilizzazione e controllo della società moderna attraverso il ricorso a modelli di vita incentrati sulla conflittualità ed ambiguità sessuale deve per questo essere amplificata ulteriormente. Soprattutto, continuiamo a stimolare i mass media e le varie forze sociali affinchè focalizzino la loro attenzione sull’importanza dicotomica del sessualmente diverso, unitamente ad una maggior propulsione alla emancipazione economica della donna. Solo percorrendo questa strada possiamo diminuire i tassi di natalità nella popolazione umana.In tal senso i nostri finanziatori stanno assistendo con soddisfazione ad un calo della natalità proprio nei paesi asiatici, segno questo che il plagio della globalizzazione nelle giovani generazioni si sta rendendo più efficace del previsto. Di questo passo in Asia si invecchierà molto più in fretta che in Europa o negli States. Per questa ragione dovete incoraggiare anche i governi dei paesi di frontiera ad abbracciare la stessa dinamica favorendo i fenomeni di delocalizzazione industriale e di nuova penetrazione colonialista, in modo tale da poter ottenere entro un decennio lo stesso tipo di risultato. Sempre per lo stesso motivo dobbiamo incentivare il più possibile i flussi di immigrazione verso le principali vie di ingresso nei confronti dei paesi industrializzati, i quali possono essere più facilmente indeboliti dal contatto osmotico con culture non autoctone.Sul fronte sociale si dovranno utilizzare tutte le risorse disponibili soprattutto grazie alle vostre entrature mediatiche affinchè si acceleri la diffusione delle modalità e degli strumenti di fruizione delle nuove tecnologie digitali che consentono a livello virtuale la condivisione delle proprie esperienze tra gli individui stessi congiuntamente al tracking delle interazioni e transazioni economiche di ogni persona. Dobbiamo cercare di rendere operativi sul mercato a livello “retail” i principali players entro due anni, in modo da avere il picco di massima diffusione entro il 2020. Questo ci consentirebbe di indebolire ancor di più quella nomenclatura collegata agli ideali cristiani, permettendoci di contrastare le istituzioni religiose che recentemente hanno tentato un recupero della loro credibilità e visibilità modificando internamente la propria leadership.Ricordiamoci, onorati colleghi, l’obiettivo finale che si prefiggono i nostri sponsor: la creazione di una grande società globale con individui destabilizzati, privi di valori morali e di riferimenti culturali, ancorati esclusivamente a futili bisogni materiali grazie al plagio dei mass media che impongono di volta in volta mode, costumi e stili di vita pianificati e concepiti a tavolino per il controllo sistematico delle masse.(Estratto dai “meeting minutes” di Campbell Minsk & Associates, think-tank statunitense, pubblicato sul blog di Eugenio Benetazzo l’11 gennaio 2014).Onorati colleghi, ci ritroviamo anche quest’anno per definire le principali linee di azione e di pressione nei confronti delle più influenti lobby dei paesi industriali e delle nuove economie emergenti. Prima di passare la parola al primo dei nostri guest speaker, il quale ci relazionerà sui main events di natura politica ed economica di maggior rilievo che si verificheranno durante quest’anno, analizzando i possibili scenari ed impatti che questi ultimi potrebbero avere sulle attività economiche e finanziarie dei nostri clienti, noi del Board vogliamo focalizzare la nostra attenzione sull’importanza delle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo che si terranno alla fine del mese di maggio. A riguardo, sono costantemente visti in crescendo – sia in termini di consenso che di visibilità – numerosi partiti euroscettici.
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Hollande: diritti gay per mascherare le purghe neoliberiste
La chiamano “primavera francese”, in consonanza con le celebrate rivolte arabe: in apparenza, un milione di cittadini è sceso in piazza per opporsi al nuovo disegno di legge sui matrimoni gay, adozioni incluse, ma in realtà la folla protestava contro le nuove politiche neoliberali del detestato governo Hollande, che ha reagito con la brutalità della polizia antisommossa e l’arresto di 67 dimostranti. Stando ai sondaggi, il “compagno” Hollande è il presidente di gran lunga più impopolare di sempre: il suo partito, teoricamente socialista, «va avanti con le sue politiche neoliberali, stavolta d’accordo con sindacati docili». La malvagia Strega dell’Ovest è morta, ma il suo spirito è ancora con noi, dice Israel Shamir, riferendosi alla Thatcher. I ministri “con conti all’estero” stanno rovinando i francesi: col nuovo “accordo nazionale”, le aziende potranno aumentare le ore di lavoro, ridurre i salari al minimo e applicare la “mobilità lavorativa” coatta: chi rifiuta il trasferimento può essere licenziato su due piedi e senza indennizzo.
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Scisma silenzioso: cristiani sempre più lontani dalla Chiesa
Il dibattito sul sistema di governo della Chiesa ha offuscato il tema grande del rapporto della Chiesa con la modernità e, più in particolare il suo cuore: il grande scisma che si sta consumando fra la Chiesa-apparato e i suoi fedeli. La Chiesa vanta 1.087.790.000 fedeli, ma, che credito dare a questo dato? Sulla carta anche io, in quanto battezzato, farei parte di quel miliardo di appartenenti alla Chiesa, ma chi scrive queste righe non è affatto credente, è ateo, razionalista e materialista. Moltissime persone, dopo il battesimo e gli altri sacramenti, sono diventate atee, agnostiche o anche genericamente teiste o cristiane, ma che non si riconoscono nella Chiesa. Questo accade soprattutto in Europa, ma in buona parte anche nelle due Americhe, per cui quel dato ha un valore essenzialmente anagrafico, ma non corrisponde ad una realtà sociale effettiva. Qualche dato può chiarire meglio il discorso.
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Whitney, icona di vetro: non si esce vivi dagli anni ‘80
“Non si esce vivi dagli Anni Ottanta”. Lo cantavano gli Afterhours, mentre Enzo Jannacci parlava di «brutta musica fatta solamente con la batteria». Certi miti potevano brillare unicamente in quel decennio-parentesi. Lo sta scontando Sinead O’ Connor. Ha avuto modo di accorgersene Michael Jackson. E non poteva uscirne viva Whitney Houston. Non poteva sopravvivere, né sopravviversi. Figlia di Cissy Houston (corista delle Sweet Inspirations), cugina di Dionne Warwick. Aretha Franklin per madrina, non per maestra: non ne è mai stata erede. Non ci ha provato musicalmente, preferendo il pop al rischio; e in ogni caso non se ne è data il tempo.
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No al reato di omofobia: l’Italia ha paura dei gay
Un «via libera all’omofobia» da parte di un Parlamento in cui «risultano maggioritarie le teorie aberranti del Ku Klux Klan, dei peggiori gruppi dell’estrema destra violenta europea». Le associazioni che si battono per i diritti degli omosessuali italiani, dopo la prima bocciatura della legge nell’ottobre 2009, erano realisticamente consapevoli che il voto del 26 luglio alla Camera avrebbe nuovamente dato il via libera alle “pregiudiziali di costituzionalità”: l’esito del voto era già segnato. «Ce lo aspettavamo», dice Aurelio Mancuso, presidente di “Equality Italia”: «Ciò non toglie che esso rappresenti la vittoria della parte più razzista, omofoba ed escludente della politica italiana».
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Nazi-Italietta, dove i gay restano cittadini di serie B
La deputata del Pd Paola Concia e la sua compagna Ricarda Trautman, mercoledì scorso, sono state aggredite da un omofobo nazifascista che le ha apostrofate con la violenza di queste parole: «Lesbiche di merda, ai forni crematori vi dovrebbero mandare (…) fate schifo!». Immediatamente sono arrivati a Paola Concia attestati di solidarietà bipartisan. La ministra alle pari opportunità signora Carfagna ha detto: «Chiedo scusa a Paola Concia, a nome degli italiani perbene e del governo, per le offese ricevute». Il sindaco della capitale, Alemanno ha stigmatizzato l’ignobile aggressione così: «L’imbecillità umana non sembra avere limiti. Dalla città di Roma la più ferma condanna a queste espressioni troglodite».
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La droga di Giovanardi e gli zombie che hanno ucciso Cucchi
Suscita rabbia e pena, una pena grande, il sottosegretario Carlo Giovanardi, cattolico imbruttito dal rancore, che ieri mattina ha pronunziato alla radio parole feroci contro Stefano Cucchi. Secondo Giovanardi, Stefano se l’è cercata quella fine perché «era uno spacciatore abituale», «un anoressico che era stato pure in una comunità», «ed era persino sieropositivo». Giovanardi dice che i tossicodipendenti sono tutti uguali: «diventano larve», «diventano zombie». E conclude: «È la droga che l’ha ridotto così».
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No al razzismo, l’Italia che rifiuta la guerra agli immigrati
Contro il razzismo e le politiche del governo in materia di immigrazione e sicurezza: una folla di almeno 200.000 persone, secondo gli organizzatori, ha sfilato per le vie del centro di Roma in occasione del corteo organizzato il 17 ottobre da quasi 500 sigle dell’associazionismo e del sindacato, presenti Cgil, Arci, Emergency, Amnesty International, Radicali e Unione degli Studenti. Striscione di testa: “No al razzismo, al reato di clandestinità, al pacchetto sicurezza”.