Archivio del Tag ‘poltrone’
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Tav occulto: val Susa, attentato al “chakra sacro” europeo
«Nessuno ne parla, ma questa aggressione è in corso da anni». Non si tratta di missili, veleni e cemento. «Vengono colpiti luoghi sacri naturali». In altre parole, è in pieno svolgimento una crociata – segreta – contro la geografia “invisibile” dei cosiddetti luoghi santi. E la prima linea del fronte sarebbe proprio la valle di Susa, investita dal progetto Tav. Che non sarebbe solo il consueto maxi-affare all’italiana. Molto peggio: un sortilegio malefico, per colpire a morte quello che è forse il più importante “chakra” terrestre europeo, il maggiore nodo energetico del continente. Per giunta situato sulla rotta che unisce, in linea retta, l’abbazia francese di Mont Saint-Michel al santuario di Monte Sant’Angelo, sul Gargano. Ombelico del “canale energetico”, l’abbazia medievale valsusina della Sacra di San Michele, monumento simbolo del Piemonte. Gli architetti occulti dell’operazione-Tav? «Sono innanzitutto esoteristi». A fare una simile affermazione, decisamente fuori ordinanza, è Fausto Carotenuto: non esattamente un visionario, ma un veterano dei servizi segreti italiani, per i quali ha lavorato come analista internazionale. Non ha dubbi: quella che è cominciata in valle di Susa è un’operazione “magica”, destinata a farci del male. Un atto di guerra, deliberato, contro il “drago” di uranio e amianto che dorme nel sottosuolo alpino. Un lavoro da stregoni, più che da gangster della politica.Parole che richiamano il coro di sgomento suscitato dall’imbarazzante cerimonia di inaugurazione del traforo del Gottardo, in Svizzera, celebrata il 1° giugno 2016 con uno strano rito di sapore tribale e sacrificale, in onore di un misterioso dio-caprone – forse simbolo dell’ancestrale paura della selva, “domata” oggi dalla tecnologia che perfora le Alpi? No, dice Carotenuto: quei tunnel sono un attentato contro le forze “spirituali” della Terra, per compromettere volontariamente la nostra possibilità di felicità. Ma l’intervento sulla valle di Susa, pubblicato su “Controinformazione”, risale a 5 anni prima della sinistra carnevalata del Gottardo. Quelle cose, Carotenuto – oggi apprezzato autore di saggi sulla spiritualità contemporanea – le scriveva nel 2011, quando sulla lotta contro il Tav Torino-Lione si stava affacciando anche il fantasma della violenza, «una trappola appositamente congegnata proprio dai fautori del progetto». Forze spirituali invisibili? Soprannaturale? «Il soprannaturale non esiste, è solo il “naturale” che non conosciamo ancora», sostiene un iniziato come il massone Gianfranco Carpeoro, esperto di simbologia. Quanto all’esoterismo, “che c’azzecca” col Tav? Se uno legge Gioele Magaldi, scopre che il vertice del potere mondiale è interamente massonico, iniziato al sapere esoterico (anche se ovviamente non lo ammetterebbe mai). E il Tav è classica operazione di potere. Anche “magica”?Carotenuto non ha incertezze: al di là del fatto che «i valligiani hanno ragioni da vendere», perché la maxi-ferrovia «non porterà “progresso” ma distruzione, devastazione e malattie», sostiene che «ad una indagine attenta dei valori spirituali in gioco emerge tuttavia un quadro ancora più fosco, di grande emergenza: non sono in gioco solamente i soldi degli ingordi, e l’ambiente e la salute degli abitanti della val di Susa». La posta, quella vera, è un’altra ancora: «Qualcuno sta cercando di portare avanti una operazione tendente a colpire direttamente le forze interiori di una grande fetta della popolazione europea: non solo quelle dei cari e simpatici valligiani, ma quelle di tutti i piemontesi, degli abitanti di un vasto arco delle Alpi, e delle regioni che si protendono attraverso tutta la Francia verso Nord, e tutta l’Italia verso Sud». Una operazione «che parte da molto in alto nelle gerarchie delle piramidi che portano avanti le strategie oscure». All’esistenza reale di “piramidi oscure”, in cui opererebbero “Maghi Neri”, Carotenuto ha dedicato il saggio “Il mistero della situazione internazionale” (Uno Editori), che offre una spiegazione in chiave “spirituale” del malessere che sta colpendo il pianeta.Non si parla solo di generiche “energie”, di stampo new age: l’ex stratega dell’intelligence italiana allude specificamente a vere e proprie ritualità di tipo magico, innominabili e inconfessabili, che sarebbero praticate in segreto da esponenti del massimo potere. Obiettivo: sabotare il “risveglio” della coscienza dell’umanità. A questo, dice, servirebbe anche la sgangherata progettazione della linea Torino-Lione, l’infrastruttura più incoerente e ridicola del pianeta. Ma in realtà c’è ben poco da ridere, visto che si tratta di «un qualcosa di così importante che il fronte del potere politico, finanziario, economico, dei mass media – largamente influenzato e diretto dai vertici “oscuri” – sostiene in modo insolitamente compatto e granitico, senza apprezzabili sbavature». Il che è verissimo. A nulla è valsa, finora, la sacrosanta protesta dei valsusini contro «menti oscure, schiere di mercenari del potere e del denaro, centurie di coscienze spente e freddamente calcolatrici». Anni di appelli, firmati da centinaia di tecnici universitari, per svelare che l’opera sarebbe devastante, costosissima e soprattutto inutile; e mai nessuna risposta, né da Palazzo Chigi né dal Quirinale. Come se quella futuribile infrastruttura fosse, semplicemente, un tabù. Un dogma intoccabile. Un mistero, appunto: forse per noi, ma non per “loro”, sostiene Carotenuto.Da alcuni anni, scrive l’autore, una enorme “operazione risvegli” è in corso sulla Terra, sulla quale ovviamente i “poteri oscuri” hanno fatto calare una vera e propria congiura del silenzio. «Le forze del Male, o per meglio dire dell’Ostacolo, sono quelle – sia spirituali che terrene – che fanno di tutto per bloccare i risvegli appena iniziati», cioè l’esplosione di consapevolezza che conduce alla riscoperta dei valori umani, la solidarietà, l’amore (non come “buonismo”, ma come necessità vitale razionale). «Questo è lo sfondo della grande battaglia in corso sulla Terra: guerre, distruzioni, genocidi, terrorismo, operazioni finanziarie, aggressioni farmacologiche e alimentari, tecnologie antiumane. Sono alcune delle manifestazioni di questa lotta». E uno dei tanti scenari sui quali si svolge sarebbe quello dei “luoghi santi”, sorti – non a caso – proprio sui “nodi vitali” del pianeta, che secondo Carotenuto “funziona” come il corpo umano, che «è attraversato da una rete di invisibili centri vitali uniti da infiniti canali di energie: quelli che le medicine orientali usano da millenni». Canali che la medicina occidentale aveva dimenticato, «ma è ora costretta a riscoprire un po’ alla volta, se vuole smetterla di combinare disastri».Nelle tradizioni orientali, questi centri si chiamano “chakra” e sono i vortici vitali, mentre i “nadi” sono i canali energetici che li uniscono. La Terra funziona allo stesso modo, scrive Carotenuto: «La crosta terrestre è costellata di importantissimi “chakra” e “nadi”». E aggiunge: «Gli spiriti più avanzati dell’umanità, gli “iniziati” di tutti i tempi, hanno sempre avuto la conoscenza, e spesso la visione, di questa geografia sottile, ma fondamentale, della Terra. Grotte sacre, montagne sacre, foreste sacre, laghi e fiumi sacri. E poi vari tipi di energie: positive, negative, ambivalenti». Non a caso, «lungo i canali e sui centri vitali sono sorti dolmen, menhir, cerchi di pietre, piramidi, templi, cattedrali: erano e sono luoghi speciali, che favoriscono il contatto tra gli uomini e le dimensioni superiori». Questa rete, «in gran parte dimenticata negli ultimi secoli di materialismo», si starebbe ora “riattivando”, man mano che gli uomini, “risvegliandosi”, riscoprono le particolarità di certi luoghi. «Sta già avvenendo in embrione, ma ben di più avverrà in futuro, quando sempre più uomini capiranno di avere a disposizione delle importanti reti di luoghi energetici di cui avvalersi per supportare la propria crescita spirituale».E allora le “forze oscure”, quelle che «vogliono ostacolare l’evoluzione interiore dell’umanità», cosa hanno deciso di fare? «Sono partite per tempo a cercare in tutti i modi di “spegnere”, di devitalizzare i chakra, di sclerotizzare le arterie delle energie vitali per lo spirito». Anche così Carotenuto spiega gli «interventi di tutti i tipi» a cui stiamo assistendo, «con tonnellate di metallo, colate di cemento, prodotti sintetici “morti” e ostili, gallerie, deforestazioni, selve di antenne, viadotti, perforazioni petrolifere, spesso appositamente indirizzate per depotenziare e deformare la geografia sacra». E aggiunge: «Vengono effettuati interventi per “spegnere” cattedrali, come Chartres o Santa Maria di Collemaggio, per annullare antichi luoghi di iniziazione. Vengono colpiti luoghi sacri naturali o costruiti dagli antichi iniziati. Viene persino usato il “martello” del turismo di massa per abbattere con folle inconsce e disattente il livello vibrazionale di certi luoghi, come le piramidi, le cattedrali gotiche, o i grandi templi». Si tratterebbe di «una strategia composita e ben studiata». E la valle di Susa? Nella “geografia sacra del mondo”, rappresenterebbe «un punto fondamentale degli equilibri energetici europei».Un “chakra” importantissimo, scrive l’autore, è situato all’ingresso della valle, da cui si dipartono diversi “nadi”, canali energetici che vanno a creare un asse importantissimo verso nord-ovest e verso sud-est. «Quali sono i punti “noti” di questo asse? I tre meravigliosi santuari dedicati a San Michele. In un allineamento pressoché perfetto, la Sacra di San Michele – lo splendido edificio sacro medioevale all’imboccatura della val di Susa – è al centro di una precisa direttrice che va dal santuario dedicato a Michele di Monte Sant’Angelo, sul Gargano, fino a quello sull’isola incantata di Mont Saint Michel, nel nordest della Francia». Sono tutti «luoghi sacri, luoghi di energie fortissime, che gli antichi conoscevano e usavano, e che gli uomini del “risveglio” torneranno ad usare». Non è casuale la ricorrenza del nome Michele, personificato in “arcangelo” con la cristianizzazione: il Michele della tradizione ebraico-cristiana, spiega Carotenuto, prima si chiamva Mercurio nell’antica Roma, Hermes in Grecia, Toth in Egitto. «E’ lo spirito guida dell’operazione “risvegli”», sostiene Carotenuto. Ed è ultra-presente nella fatidica valle di Susa, già bucherellata da mille infrastrutture e ora terrorizzata dallo spettro-Tav.«La crosta terrestre ha nelle sue profondità delle forze enormi, concentrate in certi luoghi, che gli antichi conoscevano bene e chiamavano forze della Dea Madre, della Madre Terra», argomenta l’analista. «Statue femminili nere, adorate in caverne o cripte, la rappresentavano: raffigurazioni sacre di tante divinità tra cui l’egizia Iside, e poi le madonne nere cristiane, a sancire l’alleanza positiva tra uomini e queste forze». Ma gli antichi, continua lo studioso, le chiamavano anche forze del “drago”, facendo riferimento al fatto che erano forze enormi, ma “selvagge”, utilizzabili sia per il bene che per il male, a seconda delle intenzioni umane. «In epoche antiche, gruppi di iniziati ispirati dal mondo spirituale decisero che per un lungo tratto dell’evoluzione umana bisognava che certe “forze del drago” di un importante asse energetico europeo fossero equilibrate, tenute sotto controllo e rivolte al bene. E che di questo equilibrio positivo si giovassero le popolazioni europee. Questo il motivo per cui degli edifici speciali, costruiti e “attivati” in modo del tutto particolare, furono eretti sopra montagne sacre piene di “forze del drago”, talvolta oscure. Santuari di Michele, che nella sua funzione tipica “tiene a bada le forze del drago”, per usarle in positivo e per lasciare liberi gli uomini di evolversi. Questo illustrano i quadri e le statue di San Michele».Il chakra centrale della valle di Susa, prosegue Carotenuto, non è fatto solamente del monte Pirchiriano su cui svetta la Sacra, ma di una serie di altri rilievi «carichi di forze importanti», e tra questi «uno in particolare assume un ruolo centrale nella geografia sacra: il monte Musinè», che è «un luogo dalle energie fortissime, uno dei principali in Europa». Lassù, le “forze spirituali del drago” hanno originato «un sottosuolo pieno di energie enormi, selvagge, che si manifestano in conformazioni rocciose insolite e piene di materiali “forti”, nocivi se liberati», che per l’analista «sono la manifestazione di forze spirituali altrettanto nocive su altri piani». Ma il Musinè, aggiunge, «è anche un’antenna volta verso incredibili energie positive cosmiche». Da sempre il monte è teatro di apparizioni continue di «luminescenze colorate, globi luminosi», custodisce «leggende di maghi e di draghi d’oro, di riti e di graffiti misteriosi fin dall’antichità più remota». Ed è un notissimo luogo di avvistamenti “Ufo” tra i più citati, fin dai tempi pionieristici di Peter Kolosimo. Persino la vegetazione che vi cresce è differente. «E’ il punto focale che probabilmente più di ogni altro ha creato quella base energetico-spirituale che ha fatto di Torino la città esoterica per eccellenza, nel bene e nel male. Come è tipico delle “forze del drago”».Per Carotenuto, la valle di Susa è dunque «una zona fortissima, al centro di un asse europeo spirituale fondamentale, forse il principale». Ed è stata «tenuta in equilibrio per secoli dalla spiritualità rappresentata da Michele, con le “forze del drago” domate e sepolte nel sottosuolo, in attesa della grande epoca dei “risvegli”». Da qui, secondo questa particolarissima visione, l’offensiva occulta delle “piramidi del Male”, attivate «dai livelli locali fino a quelli centrali europei». Una operazione strategica, «mirante ad alterare antichi equilibri per renderli inutilizzabili a fini positivi: scavare una enorme galleria nelle viscere della montagna sacra, per sconvolgere il “chakra” Musinè, portando alla luce forze oscure e potenti dalle profondità della Terra». Obiettivo segreto: «Liberarle dall’influsso positivo delle correnti cosmiche e della vicina presenza benefica della Sacra di San Michele. E poi affondare ulteriormente il bisturi di morte scavando un percorso di distruzione sul “nadi” che punta a Mont Saint Michel». In altre parole, in valle di Susa sarebbe in corso «il tentativo di portare un colpo al cuore della geografia sacra europea».Un vero e proprio attentato, stando a Carotenuto, «tale da appesantire le atmosfere psichiche, creare una cappa di piombo in una vasta zona del nostro continente: il tentativo di creare un vero e proprio “infarto” nella circolazione delle energie a disposizione di tutti noi per i nostri risvegli». Questo, conclude lo studioso, spiega la volontà granitica di «tutti i terminali politici, economici, finanziari e mediatici dei “poteri oscuri”, compatti nel sostenere l’operazione anche se la popolazione locale è solidale nel respingerla». I valsusini lo fanno «per la propria salute, messa a rischio dall’uranio e dall’amianto che verranno portati in superficie, e per salvare una natura già tanto colpita nel passato». Ma forse anche perché «il cuore dei valligiani, che è inconsciamente in contatto con la realtà spirituale delle cose, sa molto meglio della mente che bisogna resistere, opporsi con fermezza ed energia all’aggressione spirituale. E che bisogna farlo in modo consono alla nuova coscienza che si risveglia e si sviluppa: con la verità e la nonviolenza. Rispondere con la verità e la nonviolenza alla menzogna manipolatoria e alla violenza del fronte compatto che vuole sacrificarli: un fronte di poveri schiavi dei “poteri oscuri”, che hanno venduto pezzi della propria coscienza in cambio di tanti o pochi spiccioli; di grandi, ma anche di piccolissime poltrone».«Nessuno ne parla, ma questa aggressione è in corso da anni». Non si tratta di missili, veleni e cemento. «Vengono colpiti luoghi sacri naturali». In altre parole, è in pieno svolgimento una crociata – segreta – contro la geografia “invisibile” dei cosiddetti luoghi santi. E la prima linea del fronte sarebbe proprio la valle di Susa, investita dal progetto Tav. Che non sarebbe solo il consueto maxi-affare all’italiana. Molto peggio: un sortilegio malefico, per colpire a morte quello che è forse il più importante “chakra” terrestre europeo, il maggiore nodo energetico del continente. Per giunta situato sulla rotta che unisce, in linea retta, l’abbazia francese di Mont Saint-Michel al santuario di Monte Sant’Angelo, sul Gargano. Ombelico del “canale energetico”, l’abbazia medievale valsusina della Sacra di San Michele, monumento simbolo del Piemonte. Gli architetti occulti dell’operazione-Tav? «Sono innanzitutto esoteristi». A fare una simile affermazione, decisamente fuori ordinanza, è Fausto Carotenuto: non esattamente un visionario, ma un veterano dei servizi segreti italiani, per i quali ha lavorato come analista internazionale. Non ha dubbi: quella che è cominciata in valle di Susa è un’operazione “magica”, destinata a farci del male. Un atto di guerra, deliberato, contro il “drago” di uranio e amianto che dorme nel sottosuolo alpino. Un lavoro da stregoni, più che da gangster della politica.
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Ciampi e Bankitalia: per il nostro paese, l’inizio della fine
Alla fine degli anni ‘70 emerge una posizione più estremista, pro-Europa, che praticamente fa propria l’idea che si debba combattere la classe politica corrotta e clientelare e tutte le sue espressioni facenti capo fondamentalmente alla Democrazia Cristiana e ai suoi partiti alleati, compreso il Partito Socialista, e che per questo si debbano anche cedere porzioni di sovranità, e si comincia con la sovranità monetaria. Era cambiata la dirigenza della Banca d’Italia ed era passata la linea, diciamo, più estremista sull’Europa, facente capo a Carlo Azeglio Ciampi. Nella Dc la sinistra politica, che faceva capo a De Mita e soprattutto a Beniamino Andreatta, era su posizioni euroestremiste e giustificava questa rinuncia alla sovranità monetaria, cioè alla possibilità dello Stato di fare investimenti pubblici produttivi, per impedire alla classe politica stessa, corrotta e clientelare, di avere potere. Quindi per sottrarre potere alla classe politica, si cominciò a rinunciare alla sovranità monetaria, quindi agli investimenti pubblici.Quindi la classe politica poi si trovò ad occuparsi solo di nomine, di poltrone, eccetera, perché non c’era più da discutere gli investimenti pubblici che ormai dovevano minimizzarsi. Degli investimenti pubblici la componente più importante era sicuramente quella riguardante le partecipazioni statali, l’energia, i trasporti e via dicendo, dove l’Italia stava primeggiando a livello mondiale. Io negli anni ’80 feci una ricerca che dimostrava che i 50 gruppi più importanti pubblici e i 50 gruppi più importanti privati facevano la stessa politica, cioè investivano la metà dei loro profitti non in attività produttive ma nell’acquisto di titoli di Stato, per la semplice ragione che i titoli di Stato italiani rendevano tantissimo e quindi si guadagnava di più facendo investimenti finanziari invece che facendo investimenti produttivi. Questo è stato l’inizio della nostra deindustrializzazione.Lo stesso divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia, di cui stiamo parlando, non è che obbligava la Banca d’Italia a non comprare titoli, le dava la facoltà di non farlo. E la pratica, voluta da Carlo Azeglio Ciampi, fu di applicare questo divorzio in modo letterale. Per la cronaca, ricordo che l’Inghilterra aveva le stesse regole, perché noi copiammo quelle, ma non le praticava. Cioè la Banca d’Inghilterra, quando serviva, stampava sterline a gogò, mentre la Banca d’Italia si irrigidì su quella facoltà che le era stata riconosciuta attraverso una semplice lettera del ministro del Tesoro Beniamino Andreatta, e quindi la parte di emissione obbligazionaria che non veniva coperta, causava un aumento del tasso di interesse finché non si piazzava questo residuo, ma poi questo tasso di interesse andava ad essere applicato su tutta l’emissione della mattinata. Quindi in questo modo c’è stata una rincorsa dei tassi di interesse verso l’alto.Il passaggio successivo però è molto più grave e riguarda appunto il periodo che va dalla fine degli anni ’80 all’inizio delle privatizzazioni. Nel mio ultimo libro “Chi ha tradito l’economia italiana” affronto questo problema e identifico due tipi di personaggi, cioè quelli che in buona fede volevano fare i salvatori della patria, ma anche quelli che traguardavano nella possibilità di una svendita delle partecipazioni statali, nelle privatizzazioni – allora si chiamavano dismissioni – la possibilità di fare immensi profitti, come fu. Quindi c’è stata anche una parte di questa componente, diciamo così, anti-statalista, anti-italiana, anti-sviluppista, che ha fatto affari strepitosi e su cui qualcuno, infatti, ha proposto una commissione di indagine parlamentare.(Nino Galloni, dichiarazioni rilasciate a Claudio Messora per l’intervista “Come ci hanno deindustrializzato”, pubblicata da “ByoBlu” il 29 aprile 2013).Alla fine degli anni ‘70 emerge una posizione più estremista, pro-Europa, che praticamente fa propria l’idea che si debba combattere la classe politica corrotta e clientelare e tutte le sue espressioni facenti capo fondamentalmente alla Democrazia Cristiana e ai suoi partiti alleati, compreso il Partito Socialista, e che per questo si debbano anche cedere porzioni di sovranità, e si comincia con la sovranità monetaria. Era cambiata la dirigenza della Banca d’Italia ed era passata la linea, diciamo, più estremista sull’Europa, facente capo a Carlo Azeglio Ciampi. Nella Dc la sinistra politica, che faceva capo a De Mita e soprattutto a Beniamino Andreatta, era su posizioni euroestremiste e giustificava questa rinuncia alla sovranità monetaria, cioè alla possibilità dello Stato di fare investimenti pubblici produttivi, per impedire alla classe politica stessa, corrotta e clientelare, di avere potere. Quindi per sottrarre potere alla classe politica, si cominciò a rinunciare alla sovranità monetaria, quindi agli investimenti pubblici.
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Messora: M5S e vincolo di mandato, vergogna totalitaria
«Se sei un parlamentare di un partito e cambi gruppo politico te ne vai a casa. Te ne vai a casa!», tuona Di Maio dal palco, ignorando che la Costituzione (articolo 67) dichiara che ogni membro del Parlamento «rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Diritto che i 5 Stelle vorrebbero abolire: «Una volontà della prima ora di Gianroberto Casaleggio», scrive Claudio Messora, già comunicatore dei grillini, ora in polemica col movimento. Curiosamente, aggiunge, proprio questa modifica alla Costituzione (che dunque non è più sacra e inviolabile) è una delle due proposte di legge più votate dagli iscritti. L’altra è il ripristino delle case chiuse, mentre le proposte serie, come quelle che «mirano all’uscita dall’euro», sono «giudicate inammissibili dallo staff, oppure spariscono dal web». A prima vista, il vincolo di mandato può sembrare “cosa buona e giusta”. «E inizialmente ne ero convinto anch’io», ammette Messora sul suo blog, “ByoBlu”. «Ma lo sembra solo fintantoché pensiamo a Razzi e a Scilipoti, cioè a qualcuno che di sua spontanea volontà abbandona un gruppo parlamentare per “cambiare casacca”».Cosa succede invece se un parlamentare viene espulso dal suo gruppo politico contro la sua volontà? Molti 5 Stelle sono stati cacciati con espulsioni di massa, 20 solo al Senato: «Alcune di queste sono state condotte con procedimenti sommari, privi del più elementare diritto di difesa, argomentate attraverso l’uso di una retorica di parte al fine di nascondere le reali motivazioni dell’espulsione e di ottenere una legittimazione basata su un plebiscito popolare similmente a quanto avveniva durante le fasi dell’annessione al Regno d’Italia o ai tempi del fascismo». Prova ne è che alcuni parlamentari hanno tentato di fare ricorso contro queste decisioni: il “cambiamento di casacca”, per alcuni, «non era certamente voluto, ma subito con dolore». Ma un parlamentare viene messo alla porta perché ha violato le regole, i principi, i valori del gruppo, oppure «viene fatto fuori perché era diventato scomodo, avendo visto quegli stessi principi calpestati proprio da quel gruppo che, per togliersi di mezzo un rompiscatole scomodo, lo espelle?». La legge della maggioranza è un’arma a doppio taglio: «E’ buona finché la maggioranza è buona, ma è cattiva quando ad essere buona è rimasta solo la minoranza».E qui, continua Messora, entra in gioco il “divieto imperativo di mandato”, che è presente in tutte le democrazie tranne il Portogallo, Panama, il Bangladesh e l’India. La forza dell’autonomia del singolo parlamentare? Può sempre ribellarsi al suo governo, al suo partito, se si accorge che è caduto nelle mani di un’oligarchia che opera contro l’interesse collettivo, tradendo l’ispirazione politica iniziale. Che succede se invece al parlamentare non è più consentito il dissenso? Viene espulso, allontanato Parlamento e sostituito con altri parlamentari, più compiacenti: «Si apre la strada, cioè, alla dittatura di pochi». Basta un gruppo dirigente deciso a impossessarsi del vertice del partito. Al contrario, l’assenza di vincolo di mandato garatisce al parlamentare la libertà di agire secondo coscienza, rifiutandosi di votare leggi che gli paiono inaccettabili, a prescidere dal colore politico del governo che le propone. «Una tutela per la democrazia – riconosce Messora – che i padri costituenti avevano introdotto, memori dell’esperienza del fascismo». Misura sulla quale, peraltro, nel 2010 lo stesso Grillo era d’accordissimo. «Chi è eletto risponde ai cittadini, non al suo partito», diceva, citando proprio l’articolo 67 della Costituzione, che esclude il vincolo di mandato.Certo, è una tutela che consente allo “scilipotismo” di manifestarsi, ma è ancora in grado di preservare la forma democratica, continuando a tutelare gli interessi originari in base ai quali il parlamentare era stato eletto, all’occorrenza aderendo o creando un nuovo raggruppamento parlamentare che coincida con quegli stessi valori. Una garanzia che evita di degradare il Parlamento a «ostaggio di un regime totalitario». Oggi più che mai, l’abolizione del vincolo di mandato «accentua il rischio della selezione di una classe dirigente prona ai voleri del padrone, che – per il suo proprio interesse, ovvero per conservare quella poltrona tanto vituperata a parole – accetta l’ubbidienza totale in cambio del mantenimento dello status di parlamentare». Ma a quel punto, aggiunge Messora, «a cosa serve avere un Parlamento se tutti i parlamentari di una intera forza politica sono vittima dello schiaffo di una dirigenza di partito? Tanto varrebbe allora ci fosse un solo parlamentare: il segretario di quello stesso partito, in rappresentanza di tutti, che magari fa le leggi insieme ai soli segretari degli altri partiti. Immaginate cosa avrebbero potuto fare Renzi e Berlusconi, al tempo del Pdl, se in Italia la Costituzione non vietasse il vincolo di mandato: avrebbero sostituito tutti i parlamentari che dissentivano con la loro volontà di riforma del paese, mettendone al loro posto altri pronti a votare sempre e solo sì, magari in cambio di soldi».Due sole persone, massimo tre, avrebbero già cambiato la Costituzione da tempo. E forse, continua Messora, non si sarebbe neanche trovato il numero di parlamentari necessari a chiedere un referendum confermativo, per cui adesso non ci sarebbe nessun tour per spiegare le ragioni del “No”. «Il problema dei cambi di casacca effettivamente c’è, ma non si risolve smantellando le norme costituzionali poste a baluardo dell’avvento dei regimi». Il problema vero? La selezione dei candidati: che dev’essere accurata, non come quella (online) effettuata dal M5S. E poi, una volta eletti, i parlamentari dovrebbero accettare di essere sottoposti a critiche senza sconti, non “perdonati” dai militanti in ogni caso, «quasi che si facesse parte di una famiglia i cui membri vanno difesi anche quando sbagliano». Tocca ai cittadini, innanzitutto, vigilare sugli eletti: stanno facendo il loro dovere, per il bene della nazione? «Se i cittadini sentissero di appartenere a un’unica squadra e la smettessero di dividersi e farsi dividere, secondo la vecchia strategia del “divide et impera” – conlude Messora – allora per la politica e per i demagoghi non ci sarebbe più alcun spazio di manovra, se non quello di essere costretti a perseguire un bene superiore. Il che rappresenta il vero, autentico “vincolo di mandato”».«Se sei un parlamentare di un partito e cambi gruppo politico te ne vai a casa. Te ne vai a casa!», tuona Di Maio dal palco, ignorando che la Costituzione (articolo 67) dichiara che ogni membro del Parlamento «rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Diritto che i 5 Stelle vorrebbero abolire: «Una volontà della prima ora di Gianroberto Casaleggio», scrive Claudio Messora, già comunicatore dei grillini, ora in polemica col movimento. Curiosamente, aggiunge, proprio questa modifica alla Costituzione (che dunque non è più sacra e inviolabile) è una delle due proposte di legge più votate dagli iscritti. L’altra è il ripristino delle case chiuse, mentre le proposte serie, come quelle che «mirano all’uscita dall’euro», sono «giudicate inammissibili dallo staff, oppure spariscono dal web». A prima vista, il vincolo di mandato può sembrare “cosa buona e giusta”. «E inizialmente ne ero convinto anch’io», ammette Messora sul suo blog, “ByoBlu”. «Ma lo sembra solo fintantoché pensiamo a Razzi e a Scilipoti, cioè a qualcuno che di sua spontanea volontà abbandona un gruppo parlamentare per “cambiare casacca”».
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Crisi senza fine? La previde vent’anni fa il “profeta” Craxi
Col suo libro esplosivo sulle 36 super-logge segrete del massimo potere mondiale (“Massoni, società a responsabilità illimitata”, edito da Chiarelettere), il massone Gioele Magaldi, fondatore del Grande Oriente Democratico in aperta polemica con la massoneria ufficiale italiana, «ha completamente riscritto la storia degli ultimi non so quanti anni», scrive Vincenzo Bellisario sul sito del “Movimento Roosevelt”, nato su impulso dello stesso Magaldi per squarciare il velo sulla politica italiana dominata dall’élite internazionale e contribuire a democratizzare il sistema, in un percorso di ripristino della perduta sovranità. Ma a fare un’anologa denuncia, ricorda Bellisario, fu il vituperato Bettino Craxi, dal suo esilio di Hammamet, nella seconda metà degli anni ‘90. Memoriale uscito nel 2014, col titolo “Io parlo, e continuerò a parlare” (Mondadori). Altro libro utilissimo, dice Bellisario, «per comprendere in “altri termini” cos’è accaduto e accade in Italia, in Europa e nel mondo», ovvero: nomi e cognomi di chi ci ha inguaiato davvero, precipitandoci in questa crisi infinita.Rivelazioni che «spiegano con parole mirate e incisive i fatti degli ultimi anni ed odierni, ancora oggi tristemente e quotidianamente sotto gli occhi del tutto ignari della quasi totalità» del pubblico, che magari vota Renzi e ha di Craxi un pessimo ricordo. Un libro, quello dell’ex leader del Psi, definito (oggi) da diversi giornalisti “profetico”, “sorprendente”, “agghiacciante”, “al limite della preveggenza”. Lo Stato è a pezzi, così come l’idea di nazione? «La pace si organizza con la cooperazione, la collaborazione, il negoziato, e non con la spericolata globalizzazione forzata», scrive Craxi. «Ogni nazione ha una sua identità, una sua storia, un ruolo geopolitico cui non può rinunciare. Più nazioni possono associarsi, mediante trattati per perseguire fini comuni, economici, sociali, culturali, politici, ambientali». Al contrario, «cancellare il ruolo delle nazioni significa offendere un diritto dei popoli e creare le basi per lo svuotamento, la disintegrazione, secondo processi imprevedibili, delle più ampie unità che si vogliono costruire». E attenti: «Dietro la longa manus della cosiddetta globalizzazione si avverte il respiro di nuovi imperialismi, sofisticati e violenti, di natura essenzialmente finanziaria e militare».Da Mani Pulite, Craxi fu liquidato come “capo di una banda di ladri” per via del finanziamento illecito ai partiti, compreso il suo? «I partiti dipinti come congreghe parassitarie divoratrici del danaro pubblico – scrive l’ex leader socialista – sono una caricatura falsa e spregevole di chi ha della democrazia un’idea tutta sua, fatta di sé, del suo clan, dei suoi interessi e della sua ideologia illiberale. Fa meraviglia, invece, come negli anni più recenti ci siano state grandi ruberie sulle quali nessuno ha indagato. Basti pensare che solo in occasione di una svalutazione della lira, dopo una dissennata difesa del livello di cambio compiuta con uno sperpero di risorse enorme ed assurdo dalle autorità competenti, gruppi finanziari collegati alla finanza internazionale, diversi gruppi, speculando sulla lira, evidentemente sulla base di informazioni certe, che un’indagine tempestiva e penetrante avrebbe potuto facilmente individuare, hanno guadagnato in pochi giorni un numero di miliardi pari alle entrate straordinarie della politica di alcuni anni. Per non dire di tante inchieste finite letteralmente nel nulla».Possibile che sul finanziamento illecito non avesse niente da dichiarare il Pci? «D’Alema ha detto che con la caduta del Muro di Berlino si aprirono le porte ad un nuovo sistema politico», scriveva Craxi. «Noi non abbiamo la memoria corta. Nell’anno della caduta del Muro, nel 1989, venne varata dal Parlamento italiano una amnistia con la quale si cancellavano i reati di finanziamento illegale commessi sino ad allora. La legge venne approvata in tutta fretta e alla chetichella. Non fu neppure richiesta la discussione in aula. Le commissioni, in sede legislativa, evidentemente senza opposizioni o comunque senza opposizioni rumorose, diedero vita, maggioranza e comunisti d’amore e d’accordo, a un vero e proprio colpo di spugna. La caduta del Muro di Berlino aveva posto l’esigenza di un urgente “colpo di spugna”». E’ storia, ormai: «Sul sistema di finanziamento illegale dei partiti e delle attività politiche, in funzione dal dopoguerra e adottato da tutti, anche in violazione della legge sul finanziamento dei partiti entrata in vigore nel 1974, veniva posto un coperchio».“Serviva”, quel coperchio, per legittimare una “nuova” classe dirigente europeista, usa obbedir tacendo. «Il regime avanza inesorabilmente: lo fa passo dopo passo, facendosi precedere dalle spedizioni militari del braccio armato», scriveva Craxi quasi vent’anni or sono. «La giustizia politica è sopra ogni altra l’arma preferita. Il resto è affidato all’informazione, in gran parte controllata e condizionata, alla tattica ed alla conquista di aree di influenza». Il regime, continua Craxi, «avanza con la conquista sistematica di cariche, sottocariche, minicariche, e con una invasione nel mondo della informazione, dello spettacolo, della cultura e della sottocultura che è ormai straripante». A proposito di “sottocultura”, Bellisario ricorda il recentissimo attacco «violento, squallido e di bassissimo profilo» sferrato da Luciana Littizzetto contro il Movimento 5 Stelle nientemeno che dalla tribuna televisiva di Fabio Fazio, sulla Rai (in compenso, all’epoca, dalla televisione di Stato fu cacciato Beppe Grillo, colpevole di mettere alla berlina di socialisti “ladri”: anche di quello si occupava, Craxi, anziché esternare sui pericoli della globalizzazione privatizzatrice in arrivo).«Sono oggi evidentissime le influenze determinanti di alcune lobbies economiche e finanziarie e di gruppi di potere oligarchici», scrisse più tardi, da Hammamet, il segretario del Psi. «A ciò si aggiunga la presenza sempre più pressante della finanza internazionale, il pericolo della svendita del patrimonio pubblico, mentre peraltro continua la quotidiana, demagogica esaltazione della privatizzazione», che è sempre «presentata come una sorta di liberazione dal male, come un passaggio da una sfera infernale ad una sfera paradisiaca: una falsità che i fatti si sono già incaricati di illustrare, mettendo in luce il contrasto che talvolta si apre non solo con gli interessi del mondo del lavoro ma anche con i più generali interessi della collettività nazionale». Parole sante, col senno del poi? Non si direbbe: la Grande Privatizzazione continua anche ora e più che mai, con Renzi, che mette all’asta persino un modello di impresa pubblica in super-attivo, Poste Italiane.Facile dire che vedeva lungo, Craxi: «La “globalizzazione” non viene affrontata dall’Italia con la forza, la consapevolezza, l’autorità di una vera e grande nazione, ma piuttosto viene subìta in forma subalterna in un contesto di cui è sempre più difficile intravedere un avvenire, che non sia quello di un degrado continuo, di un impoverimento della società, di una sostanziale perdita di indipendenza». Chissà cos’avrebbe detto, oggi, di fronte agli ultimi orrori, a comiciare dal Ttip, il Trattato Transatlantico Usa-Ue che rade al suolo ogni residua sovranità economica. Per non parlare del Fiscal Compact e del pareggio di bilancio inserito addirittura in Costituzione, a certificare la morte clinica dello Stato come garante della comunità nazionale. Ai tempi, quando i Prodi e i Ciampi magnificavano il dorato avvenire promesso da Bruxelles, Craxi scriveva: «I parametri di Maastricht non si compongono di regole divine. Non stanno scritti nella Bibbia. Non sono un’appendice ai dieci comandamenti». E l’andamento di questi anni «non ha corrisposto alle previsioni dei sottoscrittori: la situazione odierna è diversa da quella sperata».Ogni trattato, aggiungeva Craxi, può e deve essere rinegoziato, aggiornato, adattato alle condizioni reali e alle nuove esigenze: «Questa è la regola del buon senso, dell’equilibrio politico, della gestione concreta e pratica della realtà», lontano cioè dall’autismo dogmatico dei tecnocrati e dei loro cantori più o meno prezzolati, distribuiti in ogni paese. «Su di un altro piano stanno i declamatori retorici dell’Europa, il delirio europeistico che non tiene contro della realtà, la scelta della crisi, della stagnazione e della conseguente disoccupazione». La “scelta della crisi”, dunque, da cui la “conseguente disoccupazione”. L’euro? No, grazie: «Affidare effetti taumaturgici e miracolose resurrezioni alla moneta unica europea, dopo aver provveduto a isterilire, rinunciare, accrescere i conflitti sociali, è una fantastica illusione che i fatti e le realtà economiche e finanziarie del mondo non tarderanno a mettere in chiaro». Ed era solo la fine degli anni ‘90. L’Italia non era ancora finita nel girone infernale della Bce: recessione e crollo del Pil, super-tassazione, licenziamenti e fallimenti, erosione dei risparmi, disperazione sociale, rassegnazione al declassamento dell’Italia Così parlava il “profeta” Craxi. Rileggerlo oggi? Scomodo, per troppi personaggi in pista già allora. Uomini che però, anziché ad Hammamet, sono fini alla Bce, al Fondo Monetario e all’Ocse, a Bankitalia, alla Goldman Sachs. E naturalmente a Palazzo Chigi, e al Quirinale.Col suo libro esplosivo sulle 36 super-logge segrete del massimo potere mondiale (“Massoni, società a responsabilità illimitata”, edito da Chiarelettere), il massone Gioele Magaldi, fondatore del Grande Oriente Democratico in aperta polemica con la massoneria ufficiale italiana, «ha completamente riscritto la storia degli ultimi non so quanti anni», scrive Vincenzo Bellisario sul sito del “Movimento Roosevelt”, nato su impulso dello stesso Magaldi per squarciare il velo sulla politica italiana dominata dall’élite internazionale e contribuire a democratizzare il sistema, in un percorso di ripristino della perduta sovranità. Ma a fare un’anologa denuncia, ricorda Bellisario, fu il vituperato Bettino Craxi, dal suo esilio di Hammamet, nella seconda metà degli anni ‘90. Memoriale uscito nel 2014, col titolo “Io parlo, e continuerò a parlare” (Mondadori). Altro libro utilissimo, dice Bellisario, «per comprendere in “altri termini” cos’è accaduto e accade in Italia, in Europa e nel mondo», ovvero: nomi e cognomi di chi ci ha inguaiato davvero, precipitandoci in questa crisi infinita.
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Cremaschi: dopo 44 anni lascio la Cgil, ha tradito i lavoratori
La ragioni per le quali ho restituito dopo 44 anni la tessera della Cgil sono semplici e brutali. Oramai mi sento totalmente estraneo a ciò che realmente è questa organizzazione e non sono in grado minimamente di fare sì che essa cambi. La mia è quindi la presa d’atto di una sconfitta personale: ci ho provato per tanto tempo e credo con rigore e coerenza personale, non ci sono riuscito. Anzi la Cgil è sempre più distante da come avrei voluto che fosse. Non parlo tanto dei proclami e delle dichiarazioni ufficiali, ma della pratica reale, della vita quotidiana che per ogni organizzazione, in particolare per un sindacato, è l’essenza. Non è questo il sindacato che vorrei e di cui credo ci sia bisogno, e soprattutto non vedo in esso la volontà di diventarlo. Naturalmente mi si può giustamente rispondere: chi ti credi di essere? Certo la mia è la storia di un militante come ce ne sono stati tanti, che ha speso tanto nell’organizzazione ma che non può pretendere di essere al centro del mondo. Giusto, tuttavia credo che la mia fuoriuscita possa almeno essere registrata come un pezzetto della più vasta e diffusa crisi sindacale di cui tanto si parla, e che come tale possa essere collocata e spiegata.Nei primissimi anni ‘70 del secolo scorso a Bologna come lavoratore studente ho preso con orgoglio la mia prima tessera Cgil. Poi sono stato chiamato a Brescia per cominciare a lavorare a tempo pieno nella Fiom. Nella quale sono rimasto fino al 2012. Ho visto cambiare il mondo, ma se tornassi indietro con la consapevolezza di oggi rifarei tutte le scelte di fondo. Scherzando penso che io ed il mondo siamo pari, io non sono riuscito a cambiarlo come volevo, ma pure lui non ce l’ha fatta con me. Quando ho cominciato a fare il “sindacalista” a tempo pieno questa parola suscitava rispetto. Io la maneggiavo con un po’ di timore. Il sindacalista era una persona giusta e disinteressata che raddrizzava i torti, era il difensore del popolo. Oggi se dici che sei un sindacalista ti vedi una strana espressione intorno, molto simile a quella che viene rivolta ai politici di professione. Sindacalista, eh? Allora sai farti gli affari tuoi…Questo discredito del sindacato è sicuramente alimentato da una disegno del potere economico e delle sue propaggini politiche ed intellettuali. Ma è anche frutto della burocratizzazione e istituzionalizzazione delle grandi organizzazioni sindacali. Paradossalmente oggi è proprio il sindacalismo moderato della concertazione, che ho contrastato per quanto ho potuto, ad essere messo sotto accusa. Negli anni ‘80 e ‘90 è stata la mutazione genetica del sindacato più forte d’Europa, la sua scelta di accettare tutti i vincoli e le compatibilità del mercato e del profitto, che ha permesso al potere economico di riorganizzarsi e riprendere a comandare. In cambio le grandi organizzazioni sindacali hanno chiesto compensazioni per se stesse. Questo è stato il grande scambio politico che ha accompagnato trent’anni di politiche liberiste contro il lavoro. I grandi sindacati accettavano la riduzione dei diritti e del salario dei propri rappresentati e in cambio venivano riconosciuti ed istituzionalizzati. Partecipavano ai fondi pensione, a quelli sanitari, agli enti bilaterali, firmavano contratti che costruivano relazioni burocratiche con le imprese, stavano ai tavoli dei governi che tagliavano lo stato sociale, insomma crescevano mentre i lavoratori tornavano indietro su tutto.Quando il mondo del lavoro è precipitato nella precarietà e nella disoccupazione, quando si è indebolito a sufficienza, il potere economico reso più famelico dalla crisi, ha deciso che poteva fare a meno dello scambio della concertazione. Ha dato il via Marchionne e tutti gli altri lo hanno seguito. Quelle concessioni sul ruolo e sul potere della burocrazia, che le stesse imprese ed il potere politico elargivano volentieri in cambio della “responsabilità” sindacale, son state messe sotto accusa. Coloro che più si sono avvantaggiati dei “privilegi” sindacali ora sono i primi a lanciare lo scandalo su di essi. I vecchi compagni da cui ho imparato l’abc del sindacalista mi dicevano: se al padrone dai una mano poi si prende il braccio e tutto il resto. Ma nel mondo moderno certe massime sono considerate anticaglie, e quindi i gruppi dirigenti dei grandi sindacati son rimasti sconvolti e travolti dalla irriconoscenza di un potere a cui avevano fatto così ampie concessioni. Hanno così finito per fare propria la più grande delle falsificazioni sul loro operare. I sindacati hanno difeso troppo gli occupati e abbandonato i giovani ed i precari, questo è passato nei mass media. Mentre al contrario non si sono trasmessi diritti alle nuove generazioni proprio perché si è rinunciato a difendere coloro che quei diritti tutelavano ancora.I grandi sindacati han subito la catastrofe del precariato non perché troppo rigidi, ma perché troppo subalterni e disponibili verso le controparti. Questa è la realtà rovesciata rispetto all’immagine politica ufficiale, realtà che qualsiasi lavoratrice o lavoratore conosce perfettamente sulla base della proprie amare esperienze. La condizione del lavoro in Italia oggi è intollerabile e dev’essere vissuta come un atto di accusa da ogni sindacalista che creda ancora nella propria funzione. Non è solo lo perdita di salari e diritti, il peggioramento delle condizioni di lavoro, lo sfruttamento brutale che riemerge dal passato di decenni. Sono la paura e la rassegnazione diffuse, il rancore, la rottura di solidarietà elementari, che mettono sotto accusa tutto l’operato sindacale di questi anni. Di Vittorio rivendicò alla Cgil il merito di aver insegnato al bracciante che non ci si toglie il cappello quando passa il padrone. Di chi è la colpa se ora chi lavora deve piegarsi e sottomettersi come e peggio che nell’800? È chiaro che la colpa è del potere economico e di quello politico ad esso corrivo, oggi ben rappresentato da quella figura trasformista e reazionaria che è Matteo Renzi. È chiaro che c’è tutto un sistema culturale e mediatico che educa il lavoro alla rassegnazione e alla subordinazione all’impresa. Ma poi ci son le responsabilità da questo lato del campo, quelle di chi non organizza la contestazione e la resistenza.Lascio la Cgil perché non vedo nei gruppi dirigenti alcuna volontà di cogliere il disastro in cui è precipitato il mondo del lavoro e le responsabilità sindacali in esso. Vedo una polemica di facciata contro le politiche di austerità e del grande padronato, a cui corrispondono la speranza e l’offerta del ritorno alla vecchia concertazione. E se le dichiarazioni ufficiali, come sempre accade, fanno fuoco e fiamme sui mass media, la pratica reale è di aggiustamento e piccolo cabotaggio, nell’infinita ricerca del minor danno. Il corpo burocratico della Cgil è più rassegnato dei lavoratori posti di fronte ai ricatti del mercato e delle imprese, come può comunicare coraggio se non ne possiede? Certo ci sono tante compagne e compagni che non si arrendono, che fanno il loro dovere, che rischiano, ma la struttura portante dell’organizzazione va da un’altra parte, è dominata dalla paura di perdere il residuo ruolo istituzionale e quando ci sono occasioni di rovesciare i giochi, volge lo sguardo da un’altra parte.Quando la Fiom nel 2011 si è opposta a Marchionne, quando Monti ha portato la pensione alla soglia dei 70 anni, quando si è tardivamente ripristinato lo sciopero generale contro il governo, in tutti quei momenti si è vista una forza disposta a non arrendersi. Quei momenti non sono lontani, eppure sembrano distare già decenni perché subito dopo di essi i gruppi dirigenti son tornati al tran tran quotidiano. E temo che lo stesso accada ora nel mondo della scuola ove un grande movimento di lotta non sta ricevendo un adeguato sostegno a continuare. Non si può ripartire se l’obiettivo è sempre solo quello di trovare un accordo che permetta all’organizzazione di sopravvivere. Così alla fine si firma sempre lo stesso accordo in condizioni sempre peggiori. In fondo è una resa continua. Il 10 gennaio 2014 Cgil, Cisl e Uil hanno firmato con la Confindustria un’intesa che scambia il riconoscimento del sindacato con la rinuncia alla lotta quotidiana nei luoghi di lavoro. Una volta che la maggioranza dei sindacati firma un contratto la minoranza deve obbedire e non può neppure scioperare. Se non accetti questa regola non puoi presentarti alle elezioni dei delegati.Se negli anni ‘50 del secolo scorso la Cgil, in minoranza nelle grandi fabbriche, avesse accettato un sistema simile, non avremmo avuto l’autunno caldo e lo Statuto dei Lavoratori. Che non a caso oggi il governo cancella, sicuro che le grida sindacali non siano vera opposizione. Il movimento operaio nella sua storia ha incontrato spesso dure sconfitte, ma le ha superate solo quando le ha riconosciute come tali e quando ha cambiato la linea politica, la pratica e, a volte, i gruppi dirigenti. Invece nulla oggi viene davvero rimesso in discussione. La Cgil ha sempre avuto una dialettica interna. Tra linee politiche, tra esperienze, tra luoghi di lavoro, territori e centro, tra categorie e confederazione. Dagli anni ‘90 il confronto tra maggioranza e minoranze si è intrecciato con quello tra la Fiom e la confederazione. In questi confronti e conflitti si aprivano spazi di esperienze ed iniziative controcorrente.Oggi tutto questo non c’è più. Una normalizzazione profonda percorre tutta l’organizzazione e l’ultimo congresso le ha conferito sanzione formale. Non facciamoci ingannare dalle polemiche televisive e dalle imboscate di qualche voto segreto. Fanno parte di scontri di potere tra cordate di gruppi dirigenti, mentre tutte le decisioni più importanti son state assunte all’unanimità, salvo il voto contrario della piccola minoranza di cui ho fatto parte e di cui non si è mai tenuto alcun conto. Una piccola minoranza che al congresso ha raggiunto successi insperati là dove c’erano le persone in carne ed ossa, ma che nulla ha potuto contro i tanti risultati bulgari per partecipazione e consenso verso i vertici, costruiti a tavolino. Con l’ultimo congresso la struttura dirigente della Cgil ha deciso di ingannare se stessa. La partecipazione bassissima degli iscritti è stata innalzata artificialmente per mascherare una buona salute che non c’è. Ed il resto è venuto di conseguenza. A differenza che nel passato non ci son più problemi nella vita interna della Cgil, tutto è pacificato a parte i puri conflitti di potere. Ma forse anche per questo la Cgil non ha mai contato così poco nella vita sociale e politica del paese.A questo punto non bastano rinnovamenti di facciata, sono necessarie rotture di fondo con la storia e la pratica degli ultimi trenta anni. Bisogna rompere con un sistema Europa che è infame con i migranti mentre si genuflette di fronte all’euro. I diritti del lavoro sono incompatibili con una moneta unica i cui vincoli, come ha ricordato il ministro delle finanze tedesco, sono tutt’uno con le politiche di austerità. Bisogna rompere con il Pd ed il suo sistema di potere se non se ne vuol venire assorbiti e travolti. Bisogna rompere con le relazioni subalterne con le imprese e ripartire dalla condizione concreta dei lavoratori. Queste rotture non sono facili, ma sono indispensabili per ripartire e sono impossibili nella Cgil di oggi. Certo, fuori dalla Cgil non c’è una alternativa di massa pronta. Ci sono lotte, movimenti, sindacati conflittuali generosi e onesti, ma spesso distanti se non in contrasto tra loro. Ma questa situazione frantumata per me non giustifica il permanere in un’organizzazione che sento indisponibile anche solo a ragionare su queste rotture.So bene che la svolta positiva per il mondo del lavoro ci sarà quando tutte le organizzazioni sindacali, anche le più moderate, saranno percorse da un vento nuovo. Ho vissuto da giovane quei momenti. Ma ho anche imparato che nell’Italia di oggi questo cambiamento sarà possibile solo se promosso da una spinta organizzata esterna a Cgil, Cisl e Uil. A costruirla voglio dedicare il mio impegno. Per questo lascio la Cgil da militante del movimento operaio così come ci sono entrato. Saluto con grande affetto le compagne e compagni di tante lotte che non condividono questo mio giudizio finale. Siccome li conosco e stimo, so che ci ritroveremo in tanti percorsi comuni. Saluto anche tutte e tutti gli altri compagni, perché ho fatto mio l’insegnamento di Engels di avere avversari, ma mai nemici personali. Grazie soprattutto a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori che hanno insegnato a me, intellettuale piccolo borghese come si diceva una volta, cosa sono le durezze e le grandezze della classe operaia. Spero di poter apprendere ancora.(Giorgio Cremaschi, “Perché lascio la Cgil”, dall’“Huffington Post” del 15 settembre 2015).La ragioni per le quali ho restituito dopo 44 anni la tessera della Cgil sono semplici e brutali. Oramai mi sento totalmente estraneo a ciò che realmente è questa organizzazione e non sono in grado minimamente di fare sì che essa cambi. La mia è quindi la presa d’atto di una sconfitta personale: ci ho provato per tanto tempo e credo con rigore e coerenza personale, non ci sono riuscito. Anzi la Cgil è sempre più distante da come avrei voluto che fosse. Non parlo tanto dei proclami e delle dichiarazioni ufficiali, ma della pratica reale, della vita quotidiana che per ogni organizzazione, in particolare per un sindacato, è l’essenza. Non è questo il sindacato che vorrei e di cui credo ci sia bisogno, e soprattutto non vedo in esso la volontà di diventarlo. Naturalmente mi si può giustamente rispondere: chi ti credi di essere? Certo la mia è la storia di un militante come ce ne sono stati tanti, che ha speso tanto nell’organizzazione ma che non può pretendere di essere al centro del mondo. Giusto, tuttavia credo che la mia fuoriuscita possa almeno essere registrata come un pezzetto della più vasta e diffusa crisi sindacale di cui tanto si parla, e che come tale possa essere collocata e spiegata.
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Giannuli: sindacalisti da 300.000 euro, fate davvero schifo
Nella calura ferragostana rischia di perdersi una notizia che invece merita molta attenzione: nella Cisl ci sono dirigenti nazionali che percepiscono stipendi o pensioni per 300.000 euro all’anno, il dirigente locale che lo ha denunciato verrà espulso dall’organizzazione. E’ moralmente accettabile che un dirigente sindacale riceva una retribuzione dieci o dodici volte superiore a quella della media dei suoi iscritti? Il colmo è che la direzione della Cisl (nella quale saranno tutti più o meno super-retribuiti) caccia il reprobo che ha fatto sapere la notizia: come dire che non sappiamo più cosa sia il pudore. Anzi uno degli interessati (240.000 euro di pensione) ha dichiarato di esserne orgoglioso, perché il suo era un posto di alta responsabilità ed un altro ha precisato che per mansioni come la sua, nelle banche i manager sono molto più pagati. Va bene, ma perché non sono andati a far carriera in banca? Quale medico gli ha ordinato di lavorare nel sindacato? Forse era più facile far carriera qui?Il fatto è che questi personaggi sono dirigenti sindacali che hanno come loro parametro di raffronto e meta da raggiungere il livello di vita del management e dei padroni. Fanno i sindacalisti perché non avevano la stoffa per fare i manager e l’eredità familiare per fare i padroni. La loro non è lotta di classe, ma invidia. Come volete che un individuo del genere faccia gli interessi dei lavoratori? Nello stesso tempo, dalle fessure di una grande (anzi grandissima) Camera del Lavoro filtra la notizia di qualche milione di euro sparito fra sindacato dei pensionati e patronato (ce ne occuperemo dopo le ferie per non disperdere l’affare nella sonnacchiosa aria d’agosto), pare ci sia stato un intervento del nazionale che ha rimosso qualche dirigente ma, naturalmente, di recuperare il malloppo neanche se ne parla. Vi pare una cosa sopportabile?E non parliamo dell’allegra gestione dei patronati da circa 30 anni, dell’uso del denaro pubblico, dei casi di corruzione personale di sindacalisti in vertenze e via proseguendo. Ah, quanto sarebbe auspicabile una “Mani Pulite” del sindacato! E non sarebbe nemmeno difficile per il più sprovveduto dei sostituti procuratori avviare l’inchiesta: basterebbe dare un’occhiata ai bilanci dei patronati, alle loro linee telefoniche. Insomma, il sindacato in questo paese è diventato un lerciume che non si può guardare, ma la funzione del sindacato è troppo importante per essere così malridotto: senza sindacato i lavoratori sono condannati al super sfruttamento (che è esattamente quello che sta accadendo con questi sindacati finti). I sindacati sono troppo importanti per la democrazia e si impone una energica opera di ripulitura a costo di radere al suolo anche le sedi di questa pagliacciata di sindacato.Da questo autunno dovrà partire una campagna durissima contro queste burocrazie sindacali. Gramsci a suo tempo li chiamava “bonzi”, e pensare che quelli non si sarebbero mai sognati di darsi retribuzioni cosi scandalose o rubare al sindacato. Ma cari amici sindacalisti, non sentite prepotente la spinta di andare allo specchio e sputarvi in faccia? Non vi sentire dei vermi? Ma, qualcuno mi dirà, solo pochi guadagnano quelle cifre e la maggioranza non sono ladri: non fa niente, ladro è chi ruba e chi regge il sacco. Chiunque taccia omertosamente su questo malcostume, chiunque accetti una retribuzione più che doppia della media dei suoi iscritti, chiunque non si dissoci da un provvedimento vergognoso come l’espulsione di quello che ha rotto l’omertà mafiosa dell’organizzazione, è complice e risponde delle colpe di tutti, in solido.In autunno occorrerà sviluppare una campagna di risanamento del sindacato: non sarebbe bene che tutti i dirigenti sindacali, dal livello di responsabilità provinciale in su, pubblicassero on line la propria dichiarazione dei redditi e che altrettanto si facesse per i bilanci di ogni struttura sindacale? Si potrebbe anche fare una proposta di legge di iniziativa popolare in questo senso. Non sarebbe bello che la magistratura avviasse qualche inchiesta a tutela del denaro pubblico che affluisce in quelle casse? E che partisse una campagna di controinformazione sul web? E che bella boccata d’ossigeno sarebbe tornare alle giornate dell’estate 1993, quando i dirigenti di Cgil, Cisl e Uil non potevano aprire bocca in piazza perché erano coperti di fischi e monetine (qualche volta bulloni)! Chissà che non succeda. Forse la ripresa della conflittualità sociale potrebbe partire proprio da una tempesta sul sindacato.(Aldo Giannuli, “Ma che schifo è diventato il sindacato!”, dal blog di Giannuli del 15 agosto 2015).Nella calura ferragostana rischia di perdersi una notizia che invece merita molta attenzione: nella Cisl ci sono dirigenti nazionali che percepiscono stipendi o pensioni per 300.000 euro all’anno, il dirigente locale che lo ha denunciato verrà espulso dall’organizzazione. E’ moralmente accettabile che un dirigente sindacale riceva una retribuzione dieci o dodici volte superiore a quella della media dei suoi iscritti? Il colmo è che la direzione della Cisl (nella quale saranno tutti più o meno super-retribuiti) caccia il reprobo che ha fatto sapere la notizia: come dire che non sappiamo più cosa sia il pudore. Anzi uno degli interessati (240.000 euro di pensione) ha dichiarato di esserne orgoglioso, perché il suo era un posto di alta responsabilità ed un altro ha precisato che per mansioni come la sua, nelle banche i manager sono molto più pagati. Va bene, ma perché non sono andati a far carriera in banca? Quale medico gli ha ordinato di lavorare nel sindacato? Forse era più facile far carriera qui?
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Svuota-Italia, ultimo atto: le riforme neofasciste di Renzi
La strategia applicata all’Italia dall’Europa produce scarsità monetaria, perdita di competitività, deindustrializzazione, disoccupazione, indebitamento. Il suo scopo è privare il paese di liquidità e di capacità industriale riempiendolo di debiti e disoccupati, in modo che i capitali stranieri, costituiti da masse di moneta contabile creata dalle banche estere a costo zero, possano arrivare, invocati come salvatori dalla disoccupazione e dalla scarsità monetarie così prodotte, e rilevare tutto sottocosto, cioè le aziende e gli immobili, la ricchezza reale prodotto dal lavoro reale, e possano per tale via impadronirsi del paese. Questo sta già avvenendo: Italcementi è l’ultimo esempio. Per conseguire questo obiettivo è stato adoperato l’euro, moneta forte, perciò adatta ad ostacolare le esportazioni italiane e favorire quelle tedesche. All’euro si aggiungono le cosiddette regole di austerità, nonché la politica di saldi primari attivi di bilancio pubblico – cioè per vent’anni lo Stato ha prelevato con le tasse 100 e restituito con la spesa pubblica 90 (cifre esemplificative), in modo di prosciugare la liquidità del paese.Molto importante è stata la politica fiscale di Monti, diretta a distruggere il valore degli immobili come garanzia con cui le aziende e le famiglie italiane ottenevano liquidità dalle banche, le quali ora praticamente non accettano quasi più il mattone per dare credito ad esse. In questo modo si è arreso il paese, molto più povero e dipendente dal potere bancario straniero. Inoltre, colpire il settore immobiliare è servito per colpire il risparmio degli italiani e l’industria edilizia come volano di occupazione e crescita. Incominciando con il governo Monti, imposto da Berlino attraverso Napolitano, e continuando con Letta e Renzi, che Napolitano ha sostenuto politicamente allargando notevolmente il suo ruolo prescritto dalla Costituzione, l’Italia è stata preparata per l’occupazione finanziaria straniera. Al fine di sviare l’attenzione da questa strategia generale e impalpabile, agli italiani viene anche offerto un nemico tangibile e immediato con cui prendersela, ossia gli immigrati o invasori.Per completare l’occupazione finanziaria straniera bisognerà spingere il paese a più elevati livelli di sofferenza e paura, per raggiungere i quali basterà, ad esempio, togliere i puntelli del quantitative easing; quindi è urgente creare le strutture giuridiche con cui il governo possa controllare la popolazione e reprimere possibili sollevamenti popolari contro il regime e i suoi piani. Questa è la ragione dell’urgenza di attuare la riforma fascista dello Stato (elezioni, Senato, Rai, bail in…) che il governo Renzi sta realizzando, e che altrimenti non avrebbe ragion d’essere, dato che si tratta di riforme a basso o nullo impatto sull’economia. E che aumentano, anziché diminuire, il potere della partitocrazia parassitaria e inefficiente, anzi, della parte peggiore di essa, cioè degli amministratori regionali, che diventano la base per il Senato renziano. Il presidente Mattarella, ovviamente, essendo stato nominato da Renzi, lo lascia andare avanti.La riforma neofascista del Partito Democratico consiste, essenzialmente, nel concentrare i poteri dello Stato nelle mani del primo ministro, eliminando in pratica gli organi di controllo e di bilanciamento, e creando un Parlamento di nominati, cioè limitando radicalmente la possibilità del popolo di scegliere i propri rappresentanti, che vengono legati alle mani del primo ministro con rapporti di dipendenza e interesse poltronale. Belpaese, brutta fine. Onorevoli e senatori formalmente rappresentano il popolo, ma votano qualsiasi cosa voglia il premier, altrimenti il premier non li ricandida o rinomina e non li lascia mangiare: un perfetto sistema di voto di scambio legalizzato. Belpaese, brutta fine. Questo è il piano per l’Italia, che ha già perduto circa un quarto della sua forza industriale. Il piano per l’Europa, portato avanti da Washington e dai banchieri privati che possiedono la Fed, attraverso il vassallo tedesco appoggiato e coperto moralmente da Parigi, mira invece a impedire che l’Europa si unisca, che diventi una potenza economica e tecnologica effettivamente concorrente rispetto agli Stati Uniti, e che abbia una moneta propria e funzionante, concorrente col dollaro.Strumento perfetto per questi scopi è risultato l’euro, che sta creando disunione, divergenze, instabilità e recessione nell’ambito europeo. Esso sta creando addirittura i presupposti affinché ancora una volta gli Usa siano legittimati a intervenire, non necessariamente in modo materiale, per salvare i paesi minacciati dalla sopraffazione tedesca, recuperando così la loro oggi vacillante supremazia sull’Occidente. Mentre collabora a questo piano, la Germania riceve evidenti benefici a spese dei paesi deboli, così come i governanti collaborazionisti (italiani e non solo italiani) li ricevono a spese dei loro popoli. E l’euro, finché serve a questo piano, viene mantenuto e dichiarato irreversibile, assieme alle sue regole, nonostante i danni che l’uno e le altre causano, e i loro evidenti difetti strutturali. Tutto quadra e corrisponde ai fatti osservabili.(Marco Della Luna, “Renzicratura: partito democratico, riforme neofasciste”, dal blog di Della Luna del 6 agosto 2015).La strategia applicata all’Italia dall’Europa produce scarsità monetaria, perdita di competitività, deindustrializzazione, disoccupazione, indebitamento. Il suo scopo è privare il paese di liquidità e di capacità industriale riempiendolo di debiti e disoccupati, in modo che i capitali stranieri, costituiti da masse di moneta contabile creata dalle banche estere a costo zero, possano arrivare, invocati come salvatori dalla disoccupazione e dalla scarsità monetarie così prodotte, e rilevare tutto sottocosto, cioè le aziende e gli immobili, la ricchezza reale prodotto dal lavoro reale, e possano per tale via impadronirsi del paese. Questo sta già avvenendo: Italcementi è l’ultimo esempio. Per conseguire questo obiettivo è stato adoperato l’euro, moneta forte, perciò adatta ad ostacolare le esportazioni italiane e favorire quelle tedesche. All’euro si aggiungono le cosiddette regole di austerità, nonché la politica di saldi primari attivi di bilancio pubblico – cioè per vent’anni lo Stato ha prelevato con le tasse 100 e restituito con la spesa pubblica 90 (cifre esemplificative), in modo di prosciugare la liquidità del paese.
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Monica Maggioni, ovvero: la Rai di Renzi formato Bilderberg
Già da due giorni si era capito che la nomina del nuovo presidente del Consiglio di amministrazione della Rai sarebbe stato la “carta da spariglio” che Renzi si sarebbe giocato. «Mentre tutti si accanivano sulla nomina di un outsider competente come Freccero o di illustri ma sconosciuti portaborse dentro il nuovo Cda, il presidente del Consiglio aveva la sua carta in mano da giocare», scrive Sergio Cararo. «Questa carta si chiama Monica Maggioni, la ex corrispondente internazionale della Rai che in questi anni aveva “normalizzato” quella che era stata l’isola felice di RaiNews24, allineandola sempre più all’informazione embedded imposta dai poteri forti». Una funzione «a questo punto realizzata e suggerita da uno dei centri di potere più forti: il gruppo Bilderberg». La Maggioni ha partecipato agli incontri di questa organizzazione riservatissima dei potenti del mondo, «facendosi legittimare proprio dalla Rai di cui si apprestava a diventare presidente», come si evince dalla risposta destinata a Roberto Fico, del M5S: sì, la Maggioni è andata al meeting del Bilderberg e a noi va bene così.La Rai era stata sollecitata da un’interrogazione del presidente grillino della Commissione Vigilanza in merito alla partecipazione della Maggioni alla riunione del Bilderberg del 29 maggio scorso. Roberto Fico si era sentito rispondere, testualmente: «Si conferma che la dottoressa Monica Maggioni ha partecipato a Copenaghen al meeting annuale di Bilderberg nel periodo compreso tra il 29 maggio e il 1° giugno. La Rai – ancorché la partecipazione citata sia avvenuta a titolo personale – ritiene assolutamente legittimo che, nell’ambito della propria attività professionale, un suo dipendente possa partecipare, se invitato, a prendere parte ad eventi organizzati da un think tank di tale rilevanza internazionale, e che tale partecipazione costituisca elemento di prestigio per l’azienda stessa». Per onestà, aggiunge Cararo su “Contropiano”, occorre sottolineare come la Maggioni non sia affatto l’unica giornalista di comando a partecipare alle riservate riunione del Bilderberg. «Negli anni passati, negli hotel di lusso che ospitavano gli incontri si potevano incontrare Lilli Gruber, Gianni Riotta, Ugo Stille, Arrigo Levi, Ferruccio de Bortoli, Lucio Caracciolo. Soprattutto quelli del “Corriere della Sera” erano di casa».Sulla funzione del Bilderberg come “facilitatore” nel controllo dei punti strategici del comando, continua Cararo, è interessante il meccanismo descritto nel libro di Domenico Moro (“Club Bilderberg”), ossia quello delle “porte girevoli”, per cui un ministro (o, nel caso degli Usa, un segretario di Stato) si ritrova poi al vertice di una multinazionale, o magari ne aveva fatto parte prima. Mentre grandi manager pubblici come Romano Prodi, dopo aver portato avanti massicce privatizzazioni, si ritrovano presidenti del Consiglio o ai vertici dell’Unione Europea. O ancora, uomini come Mario Draghi, che passano da presidente del Comitato economico e finanziario del Consiglio della Ue a direttore generale del ministero del Tesoro italiano, per poi diventare vicepresidente della Goldman Sachs, dopo di che governatore della Banca d’Italia e infine presidente della Banca centrale europea. «Insomma una vera e propria oligarchia esclusiva, che occupa sistematicamente tutti i posti rilevanti nell’economia, nella politica, nell’informazione e nella diplomazia internazionale». Chiosa Cararo: «Con un presidente del Consiglio in odore di grembiulini come Renzi (come aveva scritto l’ex direttore del “Corriere della Sera” Ferruccio de Bortoli, immediatamente messo alla porta), la nomina di una partecipante al Gruppo Bilderberg a presidente del Consiglio di amministrazione della Rai è tutt’altro che una sorpresa, è una conferma».Già da due giorni si era capito che la nomina del nuovo presidente del Consiglio di amministrazione della Rai sarebbe stato la “carta da spariglio” che Renzi si sarebbe giocato. «Mentre tutti si accanivano sulla nomina di un outsider competente come Freccero o di illustri ma sconosciuti portaborse dentro il nuovo Cda, il presidente del Consiglio aveva la sua carta in mano da giocare», scrive Sergio Cararo. «Questa carta si chiama Monica Maggioni, la ex corrispondente internazionale della Rai che in questi anni aveva “normalizzato” quella che era stata l’isola felice di RaiNews24, allineandola sempre più all’informazione embedded imposta dai poteri forti». Una funzione «a questo punto realizzata e suggerita da uno dei centri di potere più forti: il gruppo Bilderberg». La Maggioni ha partecipato agli incontri di questa organizzazione riservatissima dei potenti del mondo, «facendosi legittimare proprio dalla Rai di cui si apprestava a diventare presidente», come si evince dalla risposta destinata a Roberto Fico, del M5S: sì, la Maggioni è andata al meeting del Bilderberg e a noi va bene così.
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Giannuli: sinistra, non vali niente. Facci un favore, sparisci
Cara sinistra, facci una cortesia: sparisci. C’è bisogno di politici utili, che capiscano la crisi, e quindi che leggano e studino. Vendola e compagni? Possono accomodarsi all’uscita, nessuno ne sentirà la mancanza. Non uno, a sinistra del Pd, che abbia la capacità di fare un’analisi seria: cos’è davvero l’Unione Europea, cos’è la prigione dell’euro. Ecco perché non si vedono soluzioni all’orizzonte, neppure da parte dei grillini. Ed ecco spiegato il perché di tanta passione nel difendere Tispras: evidentemente, farebbero esattamente come lui. E, in Italia, si accontenterebbero di qualche poltrona elemosinata dal Pd. E’ impietoso, Aldo Giannuli, nei confronti dell’ex “sinistra radicale”, che ora si agita attorno a Sel per tentare di creare un nuovo polo, «senza idee su nulla e con un errore capitale, la fedeltà all’Ue». Durissimo, il politologo dell’ateneo milanese, già dirigente del Prc: non solo questa sinistra è compleamente inutile, ma è anche dannosa, perché confonde gli elettori e non aiuta l’Italia a vedere la luce oltre il tunnel della crisi. Prima spariscono, tutti quanti, e meglio è.In questi giorni, si affannano a difendere l’indecente Tsipras. “Non c’era altro da fare”, in Grecia? «Ma allora perché sbrodolarsela per 5 mesi e non chiudere subito, prima di svuotare le banche?». Tsipras “ci ha insegnato cosa significa lottare”? «Veramente ci ha insegnato come prenderle di santa ragione, dopo una manfrina di cinque mesi». Giannuli distingue tra dirigenti e militanti. «Per quanto riguarda i secondi il discorso è presto fatto: l’eredità del comunismo da caserma, per cui il gruppo dirigente va sempre difeso, con fede e senza riguardo per la ragione. La critica per loro è un’oziosa perdita di tempo, loro “credono”, non ragionano e sfidano impavidi il ridicolo. E poi ci sono le ragioni sentimentali: a questi militanti della sinistra, romanticamente, piace perdere, li fa sentire migliori, sfortunati ma migliori. Loro vogliono perdere ed è giusto accontentarli. E’ bene che questa sinistra perda sempre e chiudiamola qui». Dei dirigenti, invece, emerge un «assoluto cinismo»: a loro, «di Tsipras e del popolo greco non potrebbe interessare di meno». E’ solo una questione di marketing: appena 14 mesi fa avevano lanciato la lista “L’Altra Europa con Tsipras”, ora non possono rimangiarsi tutto. E’ troppo presto.Con quel “brand”, continua Giannuli, erano riusciti a superare per il rotto della cuffia lo sbarramento del 4%. «Poi la cosa, come era prevedibile e previsto, si è sfasciata due giorni dopo, fra accordi non rispettati, seggi contesi e slealtà varie», ma questo non toglie che, per ragioni di immagine, non si possa demolire «quello che è stato il marchio di impresa». Anche perché, solo pochi giorni fa, in occasione del referendum greco, «l’icona di santo Alexis era stata innalzata più luminosa che mai, senza far caso alle ambiguità e giravolte dei giorni precedenti, che facevano presagire che uso si sarebbe fatto della vittoria del “no”». Altrettanto cinico il risvolto elettorale italiano: «Il soggetto “nuovo” che sta per nascere sotto l’egida di Sel, al di là dei roboanti proclami anti-renziani, già pensa di entrare nella lista del Pd, come imposto dall’Italicum (o di coalizzarsi con il Pd se dovesse tornare il premio di coalizione)», sicché i suoi promotori «non possono presentarsi con trascorsi da estremisti che non danno affidamento». E’ tutto già scritto, insomma: questa sinistra italiana che ancora di dipinge come radicale è pronta, in realtà, ad accodarsi al Pd, proprio come un tempo si accodò a Prodi.«Questo è il cuore della questione», insiste Giannuli: «Loro farebbero ancora una volta come hanno fatto con il governo Prodi, piegandosi a votare le cose più indecenti come le missioni militari all’estero sotto comando militare americano, espellendo chi non era d’accordo. Fu così che raggiunsero l’obiettivo di perdere 3 elettori su 4 e restare fuori del Parlamento. Una sconfitta presto rimossa, a cui non ha fatto seguito alcuna riflessione critica. Per cui è evidente che oggi farebbero la stessa cosa di Tsipras, perché non hanno gli strumenti culturali per immaginare nulla di diverso». In altre parole: non hanno un’alternativa al dirigismo neoliberista autoritario dell’Ue. «Questo ci porta ad un altro aspetto drammatico della questione: i gruppi dirigenti della Brigata Kalimera non capiscono assolutamente nulla di economia monetaria e, più in generale, di economia. Secondo un suo autorevole esponente – racconta Giannuli – il cambio 1 a 1 fra marco orientale e marco occidentale fu un atto di generosità di Kohl. Peccato che, con l’arrivo dell’euro, poi quell’atto di generosità si sia spalmato su tutti gli altri paesi, per cui la Germania si è pagata la riunificazione – evitando l’equivalente di una “questione meridionale” – con il contributo del resto d’Europa. Khol è stato generoso, ma con i soldi degli altri».Secondo un altro illustre esponente di quella che Giannuli chiama “Brigata Kalimera”, «bisogna emettere liquidità evitando l’inflazione». Emettere liquidità attraverso la Bce di Draghi al guinzaglio della Merkel e di Schaeuble? «Si può provare con una novena alla Madonna di Lourdes», scrive Giannuli. Per un dirigente, ancora più autorevole, la Bce dovrebbe essere “prestatore di ultima istanza”, esattamente come lo era lo Stato nei confronti delle banche e dei soggetti di diritto privato in difficoltà. «Peccato che questa volta siano gli Stati ad aver bisogno di quel prestatore, che è un soggetto di diritto privato», replica Giannuli. «L’autorevole personaggio, che mette nelle mani di Francoforte le speranze di una Europa federale, evidentemente ignora come è fatto il board della Bce e come sono fatti i board delle banche nazionali che lo compongono». E’ come sperare che sia il lupo a far la guardia alle pecore. Nessuno si è accorto che neppure la Francia ha osato alzare la testa, tanto è grave ormai l’infiltrazione capillare dell’affarismo neoliberista privatizzatore, determinato a radere al suolo quel che resta degli Stati?Siamo nel 2015: com’è possibile dire ancora, seriamente, tante idiozie? Semplice: «Questi signori non leggono un accidenti, non sanno niente e non gli importa nulla di sapere qualcosa», scrive Giannuli. «Il loro “pensiero” politico si forma fra un articolo di “Repubblica”, una chiacchierata nella terrazza romana della signora Fulvia, un incontro alla bouvette di Montecitorio con un giornalista “bene informato” e, quando va bene, qualche veloce consultazione di Wikipedia. Mai la lettura di un libro, un seminario di studio, un convegno». Da tempo immemorabile, continua Giannuli, non compare una rivista teorica, non si fa una iniziativa di formazione, non si discute un documento politico di respiro, non si verifica un dibattito di qualche dignità. «Il risultato è un certo politico di cialtroncelli, che non sanno nulla e non pensano nulla, ma hanno solo il problema di vivere della rendita di qualche incarico istituzionale. E non sarebbe meglio che una cosa del genere sparisse definitivamente?».La sparizione storica della sinistra radicale – quella vera – era uno dei capisaldi del famigerato Memorandum di Lewis Powell, avvocato di Wall Street, ingaggiati già all’inizio degli anni ‘70 per liquidare i sindacati e la sinistra dei diritti, anche attraverso “istituzioni” come la Trilaterale e il Wto. Ora siamo al Ttip, e l’Europa fino a ieri ricchissima è letteralmente devastata dall’euro, ma né Tsipras né i suoi emuli italiani vedono il problema, nonostante il martirio della Grecia e la crisi che devasta l’Italia, la Spagna, il Portogallo, la Francia. Né si può sperare in una vera alternativa da parte dei pur volenterosi 5 Stelle: nonostante gli appelli ad approfondire le ragioni della crisi economica, verso una necessaria svolta sovranista, agli italiani non pervengono piani alternativi al rigore cieco. «Sono convinto – scrive Giannuli – che il M5S stia procedendo troppo lentamente nel processo di maturazione e stia facendo sciocchezze come la proposta del reddito di cittadinanza (solenne fesseria, peraltro condivisa da Sel, da Landini e, suppongo, anche da Rifondazione). Anche questo è il frutto di questo modo impressionistico e facilone di far politica e sono convinto che se il M5S non si dà una mossa, iniziando a fare più sul serio, non ha un grande futuro davanti a sé. Non si può vivere sempre di rendita delle brutture che fanno i governi in carica».Cara sinistra, facci una cortesia: sparisci. C’è bisogno di politici utili, che capiscano la crisi, e quindi che leggano e studino. Vendola e compagni? Possono accomodarsi all’uscita, nessuno ne sentirà la mancanza. Non uno, a sinistra del Pd, che abbia la capacità di fare un’analisi seria: cos’è davvero l’Unione Europea, cos’è la prigione dell’euro. Ecco perché non si vedono soluzioni all’orizzonte, neppure da parte dei grillini. Ed ecco spiegato il perché di tanta passione nel difendere Tispras: evidentemente, farebbero esattamente come lui (in Italia, si accontenterebbero di qualche poltrona elemosinata dal Pd). E’ impietoso, Aldo Giannuli, nei confronti dell’ex “sinistra radicale”, che ora si agita attorno a Sel per tentare di creare un nuovo polo, «senza idee su nulla e con un errore capitale, la fedeltà all’Ue». Durissimo, il politologo dell’ateneo milanese, già dirigente del Prc: non solo questa sinistra è compleamente inutile, ma è anche dannosa, perché confonde gli elettori e non aiuta l’Italia a vedere la luce oltre il tunnel della crisi. Prima spariscono, tutti quanti, e meglio è.
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L’ultima di Nichi: nuova sinistra, zero idee e fedeltà all’Ue
Volete ridere? Per creare il “nuovo soggetto politico di sinistra”, di cui l’Italia ha bisogno come il pane, a farsi avanti è Nichi Vendola. Tradotto: Sel si candida ad aggregare i fuoriusciti del Pd, Rifondazione e qualche transfuga del M5S, per poi mendicare poltrone al riparo del Pd e della fedeltà al regime Ue-Nato. «La novità starebbe nel fatto che questa volta non si tratterebbe di un “improvvisato cartello elettorale” ma di un soggetto unitario, insomma un nuovo partito», diverso cioè dall’album degli orrori degli ultimi anni (Sinistra Europea, Sinistra Arcobaleno, Rivoluzione Civile, L’Altra Europa con Tsipras). Aldo Giannuli, politologo ed ex dirigente del Prc prima della scissione vendoliana, oscilla tra ilarità e sconforto: «Capisco che Sel sia l’unico di questi gruppi ad avere un minimo di organizzazione nazionale e un gruppo parlamentare, e capisco che Sel si collochi al centro fra Rifondazione e i fuorusciti del Pd, ma la politica? Dico: la politica dov’è?». La proposta di Nichi? Zero assoluto, con un’aggravante: guardare ancora con fiducia a Bruxelles e alla Bce che hanno fatto a fette la Grecia. «Le varie sinistre arcobaleno non sono fallite per chissà qualche congiunzione astrale, ma perché non avevano niente da dire». E infatti, ci risiamo.Il metodo è quello di sempre, accusa Giannuli: lunghi elenchi di nomi, «gruppetti e gruppettini, defilè di vecchie stelle del varietà e di generali senza esercito», ma quanto a idee siamo allo zero assoluto. «Sul fisco che diciamo? Zero. Dobbiamo restare nella Nato? Zero. Quali politiche occupazionali vogliamo promuovere? Non pervenuto. Come rilanciare l’industria in Italia? Zero. Quale politica della ricerca? Zero. Quale riforma della giustizia? Zero. E voi volete fare così un nuovo partito? A me hanno sempre insegnato che prima ci si dà una politica e dopo si cerca di costruire lo strumento adatto a realizzarla». Ma Vendola riesce a fare anche peggio, provando a riesumare lo zombie dell’europeismo: «Vogliamo sentire parole di rilancio del sogno dell’Europa federale. E’ necessario conferire più poteri alla Bce», affinché questo soggetto diventi «prestatore di ultima istanza, impedendo che il sistema creditizio internazionale si comporti come un usuraio nei confronti dei popoli del sud dell’Europa»Quindi, deduce Giannuli, «non solo Vendola pensa che il cadavere della Ue debba restare insepolto, ma per “rivitalizzarlo” si affida ai finanzieri della Bce che sono quelli che stanno strangolando la Grecia e che, per Vendola, “devono avere più poteri” (perbacco!). E per fare questa minchiata (scusatemi il termine) c’è bisogno di fare un nuovo partito di sinistra?». Siamo a posto: «Che Vendola capisca di economia come io di dialetti esquimesi era cosa nota – premette Giannuli – ma lui pensa che se Draghi non emette liquidità con il sifone del selz è perché ha pochi poteri. Non gli viene in testa che l’euro è una moneta che ha come obiettivo prioritario la stabilità, e che dunque i tedeschi non permetterebbero mai di fare quello che lui sogna e che neanche Draghi vuole più di tanto. Dunque, la somma algebrica della sua relazione è la seguente: 0+ 0 +0 + 0 + 1 sbagliato». Sicché, «sulla base di questo programma, per quale motivo la gente dovrebbe votare questo ennesimo accrocchio di ceti politici di sinistra?».Bene che vada, continua Giannuli, verrà fuori il solito partitino del 4-5% che, «dopo un po’ di smorfie, si adatterà a fare il cespuglio del Pd, sempre che Renzi ce lo voglia». E per di più «dopo una lunghissima serie di fallimenti implacabili e in una situazione internazionale molto peggiore del passato». Appello: «Caro Nichi, non ti sei accorto che il tuo partito nasce morto ed è già stato sconfitto? E’ stato sconfitto definitivamente ad Atene. Auguri». Prima di chiudere, Giannuli – che si dichiara “uno dei più antichi filologi” della “poetica” di Vendola – si diverte a fornire «all’ignaro lettore» quella che definisce «l’esatta versione in prosa di alcuni passaggi del suo alato discorso», all’assemblea nazionale di Sel. Dice il leader: «Sel non si scioglie, ma investe il suo patrimonio per rinascere in una cosa più grande». Traduzione: Sel si pone come soggetto centrale che aggrega gli altri. «Basta con i cartelli elettorali e gli accrocchi di ceto politico», insiste Nichi. Traduzione di Giannuli: gli altri sì, si devono sciogliere, mentre Sel, che aspira ad essere il pezzo più importante del costituendo nuovo partito, ambisce ad essere il principale azionista, quindi farà le liste senza garantire nessun altro partecipante.Vendola evoca una nuova sinistra di governo, plurale, inclusiva, moderna che sappia anche «inventarsi nuove leadership» e che sia «costruita con le nuove generazioni»? In realtà vuol dire: un partito che cercherà spiragli per ottenere qualche poltrona, e non ha nessuna intenzione di restare all’opposizione. «E che ci darà nuovi Pisapia, Doria, Boldrini…». Quanto alla leadership, ci sarà un ricambio generazionale. Quando? “Dopo”, ovviamente, amche se Nichi annuncia: «Possiamo congedarci definitivamente dall’epoca della sinistra del rancore e dei risentimenti». Traduzione: “Ferrero, non ti montare la testa che non conterai niente”. E infine: «Dobbiamo confrontarci ora per far nascere una nuova, grande stagione referendaria». Magnifico, molto democratico. Traduzione di Giannuli: “Non sappiamo su cosa, ma indiremo qualche referendum per fare un po’ di campagna promozionale”.Volete ridere? Per creare il “nuovo soggetto politico di sinistra”, di cui l’Italia ha bisogno come il pane, a farsi avanti è Nichi Vendola. Tradotto: Sel si candida ad aggregare i fuoriusciti del Pd, Rifondazione e qualche transfuga del M5S, per poi mendicare poltrone al riparo del Pd e della fedeltà al regime Ue-Nato. «La novità starebbe nel fatto che questa volta non si tratterebbe di un “improvvisato cartello elettorale” ma di un soggetto unitario, insomma un nuovo partito», diverso cioè dall’album degli orrori degli ultimi anni (Sinistra Europea, Sinistra Arcobaleno, Rivoluzione Civile, L’Altra Europa con Tsipras). Aldo Giannuli, politologo ed ex dirigente del Prc prima della scissione vendoliana, oscilla tra ilarità e sconforto: «Capisco che Sel sia l’unico di questi gruppi ad avere un minimo di organizzazione nazionale e un gruppo parlamentare, e capisco che Sel si collochi al centro fra Rifondazione e i fuorusciti del Pd, ma la politica? Dico: la politica dov’è?». La proposta di Nichi? Zero assoluto, con un’aggravante: guardare ancora con fiducia a Bruxelles e alla Bce che hanno fatto a fette la Grecia. «Le varie sinistre arcobaleno non sono fallite per chissà qualche congiunzione astrale, ma perché non avevano niente da dire». E infatti, ci risiamo.
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Craxi: via noi, il regime violento della finanza vi farà a pezzi
Il regime avanza inesorabilmente. Lo fa passo dopo passo, facendosi precedere dalle spedizioni militari del braccio armato. La giustizia politica è sopra ogni altra l’arma preferita. Il resto è affidato all’informazione, in gran parte controllata e condizionata, alla tattica ed alla conquista di aree di influenza. Il regime avanza con la conquista sistematica di cariche, sottocariche, minicariche, e con una invasione nel mondo della informazione, dello spettacolo, della cultura e della sottocultura che è ormai straripante. Non contenti dei risultati disastrosi provocati dal maggioritario, si vorrebbe da qualche parte dare un ulteriore giro di vite, sopprimendo la quota proporzionale per giungere finalmente alla agognata meta di due blocchi disomogenei, multicolorati, forzati ed imposti. Partiti che sono ben lontani dalla maggioranza assoluta pensano in questo modo di potersi imporre con una sorta di violenta normalizzazione. Sono oggi evidentissime le influenze determinanti di alcune lobbies economiche e finanziarie e di gruppi di potere oligarchici.A ciò si aggiunga la presenza sempre più pressante della finanza internazionale, il pericolo della svendita del patrimonio pubblico, mentre peraltro continua la quotidiana, demagogica esaltazione della privatizzazione. La privatizzazione è presentata come una sorta di liberazione dal male, come un passaggio da una sfera infernale ad una sfera paradisiaca. Una falsità che i fatti si sono già incaricati di illustrare, mettendo in luce il contrasto che talvolta si apre non solo con gli interessi del mondo del lavoro ma anche con i più generali interessi della collettività nazionale. La “globalizzazione” non viene affrontata dall’Italia con la forza, la consapevolezza, l’autorità di una vera e grande nazione, ma piuttosto viene subìta in forma subalterna in un contesto di cui è sempre più difficile intravedere un avvenire, che non sia quello di un degrado continuo, di un impoverimento della società, di una sostanziale perdita di indipendenza.I partiti dipinti come congreghe parassitarie divoratrici del danaro pubblico, sono una caricatura falsa e spregevole di chi ha della democrazia un’idea tutta sua, fatta di sé, del suo clan, dei suoi interessi e della sua ideologia illiberale. Fa meraviglia, invece, come negli anni più recenti ci siano state grandi ruberie sulle quali nessuno ha indagato. Basti pensare che solo in occasione di una svalutazione della lira, dopo una dissennata difesa del livello di cambio compiuta con uno sperpero di risorse enorme ed assurdo dalle autorità competenti, gruppi finanziari collegati alla finanza internazionale, diversi gruppi, speculando sulla lira evidentemente sulla base di informazioni certe, che un’indagine tempestiva e penetrante avrebbe potuto facilmente individuare, hanno guadagnato in pochi giorni un numero di miliardi pari alle entrate straordinarie della politica di alcuni anni. Per non dire di tante inchieste finite letteralmente nel nulla.D’Alema ha detto che con la caduta del Muro di Berlino si aprirono le porte ad un nuovo sistema politico. Noi non abbiamo la memoria corta. Nell’anno della caduta del Muro, nel 1989, venne varata dal Parlamento italiano una amnistia con la quale si cancellavano i reati di finanziamento illegale commessi sino ad allora. La legge venne approvata in tutta fretta e alla chetichella. Non fu neppure richiesta la discussione in aula. Le Commissioni, in sede legislativa, evidentemente senza opposizioni o comunque senza opposizioni rumorose, diedero vita, maggioranza e comunisti d’amore e d’accordo, a un vero e proprio colpo di spugna. La caduta del Muro di Berlino aveva posto l’esigenza di un urgente “colpo di spugna”. Sul sistema di finanziamento illegale dei partiti e delle attività politiche, in funzione dal dopoguerra, e adottato da tutti anche in violazione della legge sul finanziamento dei partiti entrata in vigore nel 1974, veniva posto un coperchio.La montagna ha partorito il topolino. Anzi il topaccio. Se la Prima Repubblica era una fogna, è in questa fogna che, come amministratore pubblico, il signor Prodi si è fatto le ossa. I parametri di Maastricht non si compongono di regole divine. Non stanno scritti nella Bibbia. Non sono un’appendice ai dieci comandamenti. I criteri con i quali si è oggi alle prese furono adottati in una situazione data, con calcoli e previsioni date. L’andamento di questi anni non ha corrisposto alle previsioni dei sottoscrittori. La situazione odierna è diversa da quella sperata. Più complessa, più spinosa, più difficile da inquadrare se si vogliono evitare fratture e inaccettabili scompensi sociali. Poiché si tratta di un Trattato, la cui applicazione e portata è di grande importanza per il futuro dell’Europa Comunitaria, come tutti i Trattati può essere rinegoziato, aggiornato, adattato alle condizioni reali ed alle nuove esigenze di un gran numero ormai di paesi aderenti.Questa è la regola del buon senso, dell’equilibrio politico, della gestione concreta e pratica della realtà. Su di un altro piano stanno i declamatori retorici dell’Europa, il delirio europeistico che non tiene contro della realtà, la scelta della crisi, della stagnazione e della conseguente disoccupazione. Affidare effetti taumaturgici e miracolose resurrezioni alla moneta unica europea, dopo aver provveduto a isterilire, rinunciare, accrescere i conflitti sociali, è una fantastica illusione che i fatti e le realtà economiche e finanziarie del mondo non tarderanno a mettere in chiaro. La pace si organizza con la cooperazione, la collaborazione, il negoziato, e non con la spericolata globalizzazione forzata. Ogni nazione ha una sua identità, una sua storia, un ruolo geopolitico cui non può rinunciare. Più nazioni possono associarsi, mediante trattati per perseguire fini comuni, economici, sociali, culturali, politici, ambientali. Cancellare il ruolo delle nazioni significa offendere un diritto dei popoli e creare le basi per lo svuotamento, la disintegrazione, secondo processi imprevedibili, delle più ampie unità che si vogliono costruire. Dietro la longa manus della cosiddetta globalizzazione si avverte il respiro di nuovi imperialismi, sofisticati e violenti, di natura essenzialmente finanziaria e militare.(Bettino Craxi, estratti dal libro “Io parlo, e continuerò a parlare”, ripresi da “Il Blog di Lameduck” il 19 maggio 2015. Il libro, edito da Mondadori nel 2014, cioè 14 anni dopo la morte di Craxi, raccoglie scritti del leader socialista risalenti alla seconda metà degli anni ‘90. Scritti che oggi appaiono assolutamente profetici).Il regime avanza inesorabilmente. Lo fa passo dopo passo, facendosi precedere dalle spedizioni militari del braccio armato. La giustizia politica è sopra ogni altra l’arma preferita. Il resto è affidato all’informazione, in gran parte controllata e condizionata, alla tattica ed alla conquista di aree di influenza. Il regime avanza con la conquista sistematica di cariche, sottocariche, minicariche, e con una invasione nel mondo della informazione, dello spettacolo, della cultura e della sottocultura che è ormai straripante. Non contenti dei risultati disastrosi provocati dal maggioritario, si vorrebbe da qualche parte dare un ulteriore giro di vite, sopprimendo la quota proporzionale per giungere finalmente alla agognata meta di due blocchi disomogenei, multicolorati, forzati ed imposti. Partiti che sono ben lontani dalla maggioranza assoluta pensano in questo modo di potersi imporre con una sorta di violenta normalizzazione. Sono oggi evidentissime le influenze determinanti di alcune lobbies economiche e finanziarie e di gruppi di potere oligarchici.
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Il Guardian: perché continuiamo ad eleggere questi idioti
Politici. La loro reputazione è davvero bassa. In tutta onestà, questa è di gran lunga la loro più grande colpa, ma sarebbe stupido pensare che ogni politico sia tale. Se tutti lo fossero, il mondo intero collasserebbe prima ancora che si possano pronunciare le seguenti parole: “posso mettere nel rimborso spese?”. Tutti pensano che i politici siano riprovevoli e quindi pensano sempre al peggio. Un politico mette in atto una cattiva politica? E’ una persona terribile. Cambia idea e fa retromarcia? È debole e non propenso alla leadership. I politici promettono miglioramenti (tagli delle tasse, aumento della spesa)? Naturalmente stanno mentendo. I politici promettono di fare qualcosa di non popolare (aumentare le tasse, tagliare la spesa)? Sarà una garanzia assoluta. È una situazione da cui nessuno esce vivo, quindi perché importunano? Molti politici sono nelle loro posizioni per scopi personali, ma sicuramente ce ne sono tanti che cercano realmente di fare del loro meglio e si rassegnano alle opinioni negative che ricevono.Dunque, per la cronaca, non tutti i politici sono idioti (sebbene la vostra definizione di idiota possa variare). Ma ne è comunque pieno. Gli Stati Uniti sembrano particolarmente toccati dalla questione; Sarah Palin, Ted Cruz, queste persone stavano/stanno contendendo la presidenza. Esempio: George W. Bush è stato presidente. Per 8 anni. L’uomo le cui stupide riflessioni sono state in grado di sostenere affari con un arsenale nucleare al suo comando. Non che il Regno Unito possa sentirsi compiaciuto, con il grado di comprovata idiozia che ha al suo interno. Michael Gove, Chris Graylng, Grant Shapps, Jeremy Hunt, David Tredinnick, un partito laburista ridicolo (un insieme di babbei), l’ascesa dell’Ukip e il caro sindaco Boris Johnson. Un gran numero di persone è pronto a dire che Boris Johnson sia davvero intelligente/pericoloso, e che stia solo facendo finta di essere un buffone. Ma questo supporta la nostra tesi: una persona intelligente deve fingersi stupida per raggiungere il successo politico.Cosa sta succedendo? In teoria, si dovrebbe voler avere una persona intelligente e che capisca l’approccio e i metodi migliori per governare un paese nel miglior modo possibile. Ma non è così, la gente sembra attratta da esempi di discutibile abilità intellettuale. Ci sono tutta una serie di fattori coinvolti tra cui quelli ideologici, culturali, sociali, storici, finanziari; i politici comprendono tutti questi aspetti, ma ci sono anche dei processi psicologici che contribuiscono a questo fenomeno. La sicurezza ispira sicurezza. Le persone sicure di sé sono più convincenti. È stato dimostrato in molti studi. La maggior parte di questi prende spunto dall’ambiente dell’aula di tribunale e suggerisce che un testimone sicuro è più convincente per la giuria rispetto a uno nervoso e titubante (il che ha ovviamente implicazioni preoccupanti per la giustizia), ma può essere dimostrato anche altrove. È un fenomeno che è stato sfruttato per decenni dai venditori di automobili e dagli agenti immobiliari. I politici ne sono chiaramente consapevoli, e così tutti i media e il management delle public relations; un politico che non si presenti convinto e sicuro di sé viene (metaforicamente) distrutto. Dunque la sicurezza è importante in politica.Comunque, l’effetto Dunning-Kruger rivela che le persone meno intelligenti sono incredibilmente sicure di sé. Le persone più intelligenti, al contrario, non lo sono. L’autovalutazione è un’utile abilità metacognitiva, ma richiede intelligenza; se non ne hai abbastanza, non ti consideri con difetti o ignorante, perché non ne hai l’abilità tecnica per farlo. Quindi se vuoi una persona intrinsecamente sicura di sé per rappresentare pubblicamente il tuo partito politico, una persona intelligente sarebbe una cattiva scelta sotto molti punti di vista. Tuttavia questo potrebbe avere un risvolto positivo; alcuni studi hanno evidenziato che quando si dimostra che una persona sicura di sé mente o si sbaglia, viene considerata decisamente meno affidabile e attendibile rispetto a una persona non sicura di sé. Questo può in parte spiegare la cattiva fama dei politici, che riguarda per lo più una serie di persuasive individuali grandi promesse e una serie di miserabili fallimenti nel riuscire a mantenerle. Queste cose disgustano i cittadini. Effettivamente, governare un paese di decine di milioni di persone, ciascuna delle quali ha diverse richieste e necessità, è un lavoro incredibilmente complicato. Ci sono talmente tante variabili che devono essere considerate. Sfortunatamente è impossibile far rientrare tutto ciò in una conveniente formula onnicomprensiva da usare con i media moderni, quindi le personalità cercano di venire alla ribalta più spesso. E le personalità meno intelligenti sono più sicure, quindi più persuasive e così via.La gente è spesso infastidita da temi intellettuali e complessi e più in generale dalle discussioni. Potrebbero non avere esperienza nel tema, o ritenere superfluo avvicinarsi per la quantità di tempo e di sforzo che sarebbe necessaria. Ma la politica, e in particolare la democrazia, richiede una partecipazione attiva delle persone. Diversi studi sulla personalità suggeriscono che molte persone dimostrano una propensione agli obiettivi, una “indole verso lo sviluppo o la dimostrazione di abilità a raggiungere delle situazioni”. Sentire che si sta attivamente influenzando qualcosa (per esempio le elezioni) è una motivazione potente, ma se un qualche tipo ben informato inizia a sparare paroloni su tassi di interesse o sulla mancata gestione dei fondi di health care, questi alienerebbe quelli che non seguono tali questioni e non se ne intendono. Quindi se una persona sicura di sé dice che c’è una soluzione semplice o promette di far sparire le cose difficili, loro sembrano molto più appagati.Questo è anche dimostrato dalla legge sulla banalità di Parkinson, secondo cui le persone passano molto più tempo e sforzo focalizzandosi su qualcosa di effimero che possono capire rispetto a qualcosa di complicato che non possono afferrare. Nella prima situazione, c’è una possibilità più ampia per la partecipazione e l’influenza. E la gente ama davvero le cose effimere, ergo le persone meno intelligenti riducendo i grandi problemi a rapidi (e inaccurati) ritagli sono potenziali vincitori del voto. Alla gente piace connettersi, comunicare. Una delle più citate frasi di George W. Bush era che la gente sentiva che avrebbe potuto “bersi una birra con lui”. Quindi, sentivano che potevano connettersi a lui, sentirlo vicino. Al contrario, l’elitarismo è una qualità negativa. L’idea che coloro che governano il paese siano al di fuori delle norme della società è allarmante per molti e da qui i costanti sforzi dei politici per “rientrare” nella definizione.La maggior parte della gente è naturalmente propensa a preconcetti inconsci, pregiudizi, stereotipi, e preferisce stare nei propri “gruppi”. Nessuna di queste cose è particolarmente logica né supportata da realtà o indizi evidenti e alle persone davvero non piace che venga detto loro quello che non vogliono sentirsi dire. La gente è anche terribilmente attaccata allo status sociale; abbiamo bisogno di sentirci superiori agli altri per pensare che continuiamo a valere la pena. Come risultato, qualcuno più intelligente dicendo cose complicate che contengono fatti scomodi (e accurati) non susciterà interesse alcuno, e qualcuno chiaramente meno intelligente che non andrà a turbare la percezione dello status sociale se dirà cose semplici e magari intrinseche di pregiudizi che negano quei fatti scomodi, ancora meglio. È una situazione infelice, ma questo sembra essere il modo in cui funziona la mente delle persone. C’è molto di più di quanto detto in queste righe, ma includendo più aspetti avremmo reso il tutto più complicato e questo, come risulta da quanto detto fino ad ora, non è il modo per far piacere le cose alla gente.(Dean Burnett, “Perché continuamo a eleggere degli idioti – democrazia vs psicologia”, dal “Guardian” del 28 aprile 2015, tradotto da Guendalina Anzolin per “Come Don Chisciotte”).Politici. La loro reputazione è davvero bassa. In tutta onestà, questa è di gran lunga la loro più grande colpa, ma sarebbe stupido pensare che ogni politico sia tale. Se tutti lo fossero, il mondo intero collasserebbe prima ancora che si possano pronunciare le seguenti parole: “posso mettere nel rimborso spese?”. Tutti pensano che i politici siano riprovevoli e quindi pensano sempre al peggio. Un politico mette in atto una cattiva politica? E’ una persona terribile. Cambia idea e fa retromarcia? È debole e non propenso alla leadership. I politici promettono miglioramenti (tagli delle tasse, aumento della spesa)? Naturalmente stanno mentendo. I politici promettono di fare qualcosa di non popolare (aumentare le tasse, tagliare la spesa)? Sarà una garanzia assoluta. È una situazione da cui nessuno esce vivo, quindi perché importunano? Molti politici sono nelle loro posizioni per scopi personali, ma sicuramente ce ne sono tanti che cercano realmente di fare del loro meglio e si rassegnano alle opinioni negative che ricevono.