Archivio del Tag ‘preistoria’
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Bizzi: Cro-Magnon, l’Uomo di Atlantide venuto dalle stelle
Chi siamo? Da dove veniamo? Sono domande che ci interpellano da sempre. «La maggior parte dell’umanità è predisposta alla sottomissione: gente inconsapevole, gestita completamente». Lo scrive in un libro il biologo Giovanni Cianti, in una considerazione erroneamente attribuita a Carlos Castaneda. «Chi ha capito, ha capito: non ha bisogno di consigli. Chi non ha capito, non capirà mai. Io non biasimo queste persone», scrive Cianti: «Sono strutturate per vivere, e basta: mangiare, bere, respirare, partorire, lavorare, guardare la televisione e mangiare la pizza il sabato sera, andare a vedere una partita. Il mondo, per loro, finisce lì: non sono in grado di percepire altro. C’è invece un piccolissimo gruppo di esseri umani, che possono essere definiti “difetti di fabbricazione”. Sono sfuggiti al “controllo qualità” della linea di produzione. Sono pochi, sono eretici e sono guerrieri». Mi piace molto, questa frase, forse perché anch’io sento di appartenere a questa minoranza. Ma non è solo questione di rifiutare i dogmi, le imposizioni, e di sentirsi guerrieri. E’ anche una questione di sensibilità. Si tratta di porsi domande, di chiedersi sempre il perché delle cose.
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Alieni, Covid, Atlantide: è la “resurrezione” della verità?
Ora non potranno più raccontarci la solita favoletta: l’ammissione della Us Navy ha la portata storica e definitiva di un cambio d’epoca, preceduta di pochissimo dall’annuncio – da parte di Donald Trump – della creazione di una Space Force, unità militare per la difesa aerospaziale. Roberto Pinotti è uno degli ufologi più prestigiosi che esistano: ha collaborato con autorità militari e, negli Usa, ha partecipato al grande progetto internazionale Seti, che ricerca le eventuali “intelligenze non terrestri”. Ha scritto libri tradotti in tutto il mondo, ha fondato e diretto il Cun (centro ufologico nazionale) che ha spesso cooperato con l’aeronautica militare italiana. Quando si parla di Ufo, Pinotti finisce spesso in televisione: nel 2019, ospite della Rai, ha sottolineato il carattere inequivocabile delle esternazioni della Us Navy sugli incontri (frequenti) con oggetti volanti non identificati. Affermazioni poi confermate ufficialmente dal Pentagono nel 2020, mentre il mondo era già intrappolato nel disastro globale chiamato Covid.
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Carpeoro: massoni e alieni, un patto siglato nel 1946
Gli ufologi la chiamano “disclosure”, disvelamento, lasciando presagire un calendario in rapida evoluzione, verso imminenti annunci. L’ultimo lo ha firmato John Ratcliffe, capo della direzione nazionale dell’intelligence statunitense sotto Trump: preparatevi a tutto, ha detto qualche giorno fa, perché dal 1° giugno saranno desecretati i documenti sugli avvistamenti Ufo, ora ribattezzati Uap, “unidentified aerial phenomena”. Extraterrestri: ne sanno qualcosa, i massoni? «Alcuni esponenti di importanti superlogge sovranazionali sostengono di essere in contatto con entità aliene», ha detto tempo fa Gioele Magaldi, troncando però subito il discorso: «Non intendo dire di più, per ora». Nel saggio “Massoni”, uscito per Chiarelettere nel 2014, Magaldi sostiene che l’intero potere mondiale sia “sovragestito” dalle Ur-Lodges, organismi massonici internazionali. Chi detiene le leve del pianeta, dunque, come potrebbe non maneggiare anche il dossier che riguarda gli alieni? Un altro massone, Gianfranco Carpeoro, dirigente del Movimento Roosevelt fondato da Magaldi, ora si spinge oltre: non solo gli extraterrestri sono tra noi, da sempre, ma interagiscono con l’umanità. E con una certa massoneria (americana) hanno addirittura stretto un accordo, a partire dal 1946.«Io sono assolutamente convinto che le presenze aliene ci siano state sempre, ci saranno e ci sono», premette Carpeoro il 28 marzo 2021, nella diretta web-streaming “Carpeoro Racconta”, condotta su YouTube da Fabio Frabetti di “Border Nights”. Domanda: in passato, la massoneria ha saputo di queste presenze? «Sì, certo». E non solo: «E’ stata anche protagonista di qualche tipo di compromesso, negli anni ‘70-80, e anche nel 1946. Compromesso che, per certi aspetti – sottolinea Carpeoro – prevedeva anche una certa collaborazione». Una dichiarazione che richiama immediatamente quella resa nei mesi scorsi dal generale Haim Eshed, docente universitario e per trent’anni a capo della sicurezza aerospaziale di Israele: «Con alcuni alieni collaboriamo stabilmente da decenni, nell’ambito di un’alleanza chiamata Federazione Galattica». Eshed si rende conto dell’esplosività delle sue affermazioni, e infatti precisa: «So bene che, se queste cose le avessi dette anche solo cinque anni fa, mi avrebbero fatto ricoverare». Cos’è cambiato, nel frattempo? Tutto, si potrebbe dire: a cominciare dalle storiche ammissioni della Us Navy.Nell’autunno 2019, la marina militare degli Stati Uniti – per la prima volta nella storia – ha ammesso: i caccia imbarcati sulle nostre portaerei intercettano frequentemente oggetti volanti non identificati. In pratica, Ufo. Più che eloquenti, le immagini diffuse: astronavi inquadrate nel mirino dei jet, tra le esclamazioni di stupore dei piloti. A stretto giro – primavera 2020 – è arrivata la conferma definitiva del Pentagono: è vero, i nostri aerei incontrano spesso i dischi volanti. Ora, dopo le clamorose dichiazioni di Eshed, ecco l’ultima esternazione, quella di Ratcliffe, ripresa dal “Fatto Quotidiano” il 24 marzo: gli Ufo esistono, e dal 1° giugno 2021 tutto il mondo potrà vederli. A “Fox News”, annunciando la desecratazione di materiale top secret, l’ex dirigente dell’intelligence ha spiegato che piloti e satelliti militari americani hanno registrato una mole elevatissima di immagini, ben oltre la quantità di avvistamenti finora segnalata. Stiamo per essere sommersi da una valanga di foto e video? Fin qui, le fonti ufficiali. E l’altro capitolo? Quello dell’interazione tra noi e loro?Rieleggendo alla lettera l’Antico Testamento, riassume Mauro Biglino nel libro-intervista “La Bibbia Nuda”, uscito da pochi giorni, sembra evidente che quei versetti ebraici siano affollati di velivoli, nonché di esseri umani letteralmente prelevati dalle cosiddette “divinità”, che in realtà il testo biblico chiama Elohim. «Presenze assolutamente determinanti, nella storia dell’umanità: noi stessi saremmo stati “fabbricati” proprio da loro, i nostri dominatori, che poi avrebbero esercitato il pieno controllo sui destini umani attraverso i loro intermediari, leader politici e religiosi». Le ipotesi di Biglino sembrano prendere corpo in modo sempre più evidente, se alla parola Elohim (o “divinità”) si sostituisce quell’altra: alieni. Cioè, tecnicamente: diversi e distinti da noi umani. Extraterrestri? O forse, in origine, esponenti di antichissime civiltà terrestri?Lo storico Nicola Bizzi, editore di Aurora Boreale, propone una tesi estremante suggestiva: l’homo sapiens sarebbe il prodotto dei Titani, “divinità” di origine pleiadiana, insediatesi inizialmente nell’arcipelago atlantico dominato dall’isola-continente di En, poi sommersa dalle acque. In altre parole, l’Atlantide di cui parla Platone: la civiltà atlantidea – primitiva fondatrice della stessa civiltà egizia – secondo Bizzi avrebbe “prodotto” l’Uomo di Cro Magnon, uno dei nostri progenitori preistorici (il ceppo caucasico, corrispondente all’attuale uomo bianco occidentale). Massone, Bizzi è un iniziato appartenente all’antica comunità dei Misteri Eleusini: «Proprio la tradizione eleusina, a cui apparteneva lo stesso John Kennedy – dice Bizzi – sostiene che la Guerra di Troia, rievocata nell’Iliade, sia stata l’ultima battaglia nella guerra (mondiale, prediluviana) tra i Titani e le divinità olimpiche, quelle che da quel momento in poi avrebbero preso il sopravvento, sottoponendo il mondo intero al loro potere, fondato sul più brutale dominio».Alieni buoni e alieni malvagi? Il tema, in qualche modo, lo sfiora anche Carpeoro. Che ci fanno, gli alieni, tra noi? Sono solo osservatori o intervengono nella storia umana, come facevano gli antichi dèi? «Alcuni hanno intenzioni ostili, altri no». Idem: alcuni si limitano a osservarci, altri interagiscono con noi. Nomi? Esempi? «Non voglio dire di più, non sarebbe opportuno», taglia corto il saggista, autore di “Summa Symbolica” e di avvincenti romanzi esoterici sui Rosa+Croce, come “Il volo del pellicano”. Carpeoro era amico personale dell’astronauta Buzz Aldrin, massone e “numero due” della missione Apollo 11 capitanata da Neil Armstrong. Nel documentario “American Moon”, di Massimo Mazzucco, alcuni tra i maggiori fotografi del mondo – da Peter Lindbergh al nostro Oliviero Toscani – dimostrano che le immagini del mitico “allunaggio” del 1969 furono girate in studio: un falso clamoroso. «A me – disse Carpeoro, tempo fa – proprio Aldrin confidò che sulla Luna sbarcarono davvero: solo che incontrarono qualcuno che li convinse a togliere il disturbo immediatamente».C’è chi ipotizza che l’eventuale sceneggiata del 1969 – gli astronauti che saltellano, sotto riflettori (malamente collocati) che tentano di riprodurre la luce del sole – fosse un espediente per non rivelare il vero mezzo con cui gli uomini dell’Apollo 11 possano effettivamente aver raggiunto la Luna. «Nel Libro di Enoch – annota lo stesso Biglino – si racconta che gli esseri umani potevano essere “tirati su”, testualmente, dalle “divinità”». Quanto al nostro satellite naturale, Carpeoro invita a riflettere sul capolavoro musicale dei Pink Floyd, “The dark side of the Moon”: «Pensateci: perché fare un disco così, e per giunta con quella copertina? E poi: qualcuno lo conosce, il “lato oscuro della Luna”, che dalla Terra non si vede?». Altra allusione: è evidente la matrice iniziatica delle conoscenze “esclusive” manifestate dai Pink Floyd, in particolare dal grande Roger Waters.Tornando ai grembiulini, Carpeoro non ha dubbi: «Negli archivi di una certa massoneria ci sono prove, di questa presenza aliena: parlo della massoneria americana». E il nesso tra Ufo e massoneria italiana? «Il rapporto con l’argomento è molto corretto, e privo di compromessi», dice Carpeoro. «Noi abbiamo la fortuna di avere un riferimento, nella ricerca ufologica – Roberto Pinotti – che è un esempio di correttezza, trasparenza e rigore». Pinotti è un personaggio prestigioso, che ha collaborato anche con le autorità militari. Il suo pensiero è noto: i governi non ammetteranno mai di prendere ordini dagli alieni, perché la loro credibilità istituzionale crollerebbe. Storicamente, almeno in epoca contemporanea, il “patto” riguarderebbe innanzitutto gli americani: lo avrebbe sottoscritto nell’immediato dopoguerra il presidente Dwight Einsenhower, che avrebbe avuto contatti diretti con alcuni di loro: nel 2016 lo ha raccontato pubblicamente la pronipote, Laura Einsenhower. Ora sembra che sia scattato una specie di conto alla rovescia: sono in arrivo altre, clamorose ammissioni?Gli ufologi la chiamano “disclosure”, disvelamento, lasciando presagire un calendario in rapida evoluzione, verso imminenti annunci. L’ultimo lo ha firmato John Ratcliffe, capo della direzione nazionale dell’intelligence statunitense sotto Trump: preparatevi a tutto, ha detto qualche giorno fa, perché dal 1° giugno saranno visibili i documenti “declassificati” sugli avvistamenti Ufo, ora ribattezzati Uap, “unidentified aerial phenomena”. Extraterrestri: ne sanno qualcosa, i massoni? «Alcuni esponenti di importanti superlogge sovranazionali sostengono di essere in contatto con entità aliene», ha detto tempo fa Gioele Magaldi, troncando però subito il discorso: «Non intendo dire di più, per ora». Nel saggio “Massoni“, uscito per Chiarelettere nel 2014, Magaldi sostiene che l’intero potere mondiale sia “sovragestito” dalle Ur-Lodges, organismi massonici internazionali. Chi detiene le leve del pianeta, dunque, come potrebbe non maneggiare anche il dossier che riguarda gli alieni? Un altro massone, Gianfranco Carpeoro, dirigente del Movimento Roosevelt fondato da Magaldi, ora si spinge oltre: non solo gli extraterrestri sono tra noi, da sempre, ma interagiscono con l’umanità. E con una certa massoneria (americana) hanno addirittura stretto un accordo, a partire dal 1946.
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Bizzi: la Sfinge e il Leone, in Egitto il sigillo di Atlantide
La civiltà Ennosigea, che ci viene descritta dai testi misterici di provenienza eleusina, era di tipo matriarcale: comandavano le donne, c’erano regine guerriere che detenevano il potere. Era impensabile che ci fosse un re maschio: finché una regina non dava alla luce una femmina, non c’era l’erede. Questa società aveva una religione fondata sul culto degli antichi dèi Titani: divinità che avrebbero creato l’uomo, attraverso l’azione di quattro di esse. Atlante, Menezio, Prometeo ed Epimeteo sarebbero stati i creatori dell’umanità, o almeno di una parte dell’umanità (quella occidentale). La civiltà Ennosigea, che venerava quegli dèi Titani, era basata essenzialmente sul ricordo di un tempo mitico, come lo Zep Tepi egizio. Era il ricordo di qualcosa che c’era stato prima. I testi misterici fanno iniziare questa civiltà attorno al 19.000 avanti Cristo. Inizia sostalmente da zero: dalle caverne, dalle palafitte. Ma la cosa inquietante è che ci viene narrato che la civiltà ricominciò da zero dopo una distruzione: non la distruzione di Atlantide del 9600 avanti Cristo, ma qualcosa che sarebbe avvenuto 10.000 anni prima.E’ qualcosa che, anche in questo caso (come il cataclisma di origine cometaria che avrebbe innalzato i mari sommergendo Atlantide) sarebbe avvenuto in tutto il mondo: la tradizione greca, con Esiodo, la chiama Titanomachia. Un’epica guerra tra divinità: da una parte i Titani, che all’epoca (in una sorta di Età dell’Oro) vivevano fianco a fianco con gli esseri umani, e dall’altra nuove divinità venute dall’esterno, esseri che la tradizione misterica considera come usurpatori. Queste nuove divinità avrebbero dichiarato guerra ai Titani, e li avrebbero sconfitti. La guerra avrebbe comportato la distruzione completa di buona parte del mondo. Ed è in questo contesto che si parla dell’inabissamento del continente di Mu, che si trovava nel Pacifico. Qui si parla di armi di distruzione di massa, dal potenziale incalcolabile: dunque, quello del 19.000 avanti Cristo non sarebbe stato un cataclisma, dovuto alla caduta dei frammenti di una cometa. Si parla invece di una guerra, combattuta con armi terribili. Una guerra che poi si ritrova anche nei testi indiani: il Mahabharata e il Ramayana sono densi di notizie, riguardo a questo conflitto. Si parla di armi sconvolgenti: se si prendono i testi alla lettera, non troviamo differenze rispetto agli effetti di Hiroshima e Nagasaki.L’intera religiosità della civiltà Ennosigea (o “atlantidea”) era legata a quell’antica stirpe di dèi, i Titani, che erano i loro padri. Gli Ennosigei vivevano nel ricordo della presenza dei Titani, sulla Terra, e mantennero la religione dei Titani, la tradizione religiosa legata a queste particolari divinità, rifiutando l’imposizione del culto dei cosiddetti nuovi dèi, che poi nella tradizione mediterranea assunsero la denominazione di “olimpici” (cambiando nome, in altre parti del mondo). Quindi: sulla Terra accade qualcosa di terribile, circa ventimila anni fa, che annientò una civiltà relativamente avanzata e pose repentinamente termine a una mitica Età dell’Oro, in cui uomini e dèi vivevano fianco a fianco, in pace e in armonia. La civiltà atlantidea – chiamiamola così – nel ricordo di quella tradizione dichiarava guerra e attaccava i popoli che si erano asserviti al culto dei nuovi déi. E’ vero che questa civiltà venne unificata dalla nazione Ennosigea, basata nel Nord Atlantico, ma poi arrivò a conquistare tutto il Mediterraneo. Nei testi si menziona una conquista dell’Egitto già precedente: la civiltà della “nazione atlantidea” avrebbe colonizzato l’Egitto attorno al 13.000 avanti Cristo.Sempre in questi testi misterici si parla poi anche di una probabile interpretazione della Sfinge. La civiltà Ennosigea, che avrebbe dapprima unificato l’intera isola-continente di En e poi dominato il bacino mediterraneo, arrivò a conquistare l’Europa sotto una particolare dinastia, il cui nome era Fania, e il cui emblema era un leone. Non a caso, in origine, la Sfinge della piana di Giza aveva una testa leonina, poi erosa o addirittura crollata, e infine risagomata con le sembianze di un successivo faraone. Moltissimi indizi, quindi, attestano il fatto che buona parte dei monumenti egizi più antichi siano stati realizzati da questa civiltà, e che quindi buona parte della mitologia e della tradizione dell’antico Egitto sia di matrice atlantidea. Questo spiegherebbe anche perché Solone abbia acquisito proprio in Egitto, dai sacerdoti che le avevano conservate, determinate informazioni su Atlantide, poi riprese da Platone nel Crizia e nel Timeo.(Nicola Bizzi, “Atlantide e le antiche civiltà”: affermazioni rilasciate nella trasmissione web-radio “Forme d’Onda”, poi ripresa da “Anubi Radio” anche su YouTube).La civiltà Ennosigea, che ci viene descritta dai testi misterici di provenienza eleusina, era di tipo matriarcale: comandavano le donne, c’erano regine guerriere che detenevano il potere. Era impensabile che ci fosse un re maschio: finché una regina non dava alla luce una femmina, non c’era l’erede. Questa società aveva una religione fondata sul culto degli antichi dèi Titani: divinità che avrebbero creato l’uomo, attraverso l’azione di quattro di esse. Atlante, Menezio, Prometeo ed Epimeteo sarebbero stati i creatori dell’umanità, o almeno di una parte dell’umanità (quella occidentale). La civiltà Ennosigea, che venerava quegli dèi Titani, era basata essenzialmente sul ricordo di un tempo mitico, come lo Zep Tepi egizio. Era il ricordo di qualcosa che c’era stato prima. I testi misterici fanno iniziare questa civiltà attorno al 19.000 avanti Cristo. Inizia sostalmente da zero: dalle caverne, dalle palafitte. Ma la cosa inquietante è che ci viene narrato che la civiltà ricominciò da zero dopo una distruzione: non la distruzione di Atlantide del 9600 avanti Cristo, ma qualcosa che sarebbe avvenuto 10.000 anni prima.
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Fango: l’amara lezione che sta sommergendo tutto
Luce fredda di lampeggianti, pioviggine. Da qualche parte, lontano, ecco i parlamentari: spalano fango, curvi e sordi. Voci si spengono nel buio dei monitor parlanti, dentro una notte eterna di desolazioni che ormai è vano raccontare, articolando segni. Nero il destino che declina ciance vuote, in una recita spettrale di pagliacci. Morto il talento, il cuore, il canto di chi tenta, sapendo di poter sbagliare e di fallire, ma dopo aver lottato. Morte le idee, insieme ai desideri. Morte le parole. Nell’aria scialba, galleggiano le formule grigiastre del mendicare attimi. Notorietà ingloriosa, in mezzo a una palude di mediocrità invincibile: come una malattia senza speranza, da troppo tempo libera di seminare orrori sapientemente travisati e mascherati da normalità. Una lunghissima, inesorabile discesa. Si scivola nel fango, poco alla volta rinunciando a tutto, dopo la morte lenta della verità.
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Strategia del terrore: la vera barbarie, nell’anno del Covid
La pandemia è stata una prova generale di quel che può succedere se l’emergenza sanitaria diventa o viene usata come la priorità assoluta: libertà sospese, diritti elementari negati, arresti domiciliari per un popolo intero, strategie del terrore per tenere sotto scacco e sotto coperta un paese. Prima tutti accusavano Salvini di farsi impresario della paura (dei migranti); il governo Conte è diventato col Covid-19 impresario della paura del contagio, e ha costruito su quello il suo consenso e la sua permanenza al potere. Ma il discorso della dittatura sanitaria, naturalmente, va al di là del governo italiano, riguarda un pericolo latente d’involuzione delle democrazie, di sospensione della libertà, di democrazia sorvegliata e irregimentata, sul modello cinese. Nel timore di rischiare la pelle, siamo disposti a perdere ogni libertà e ogni dignità: qualcuno in futuro potrà veicolare le pandemie o usarle in questo modo per imporre regimi di sorveglianza. La pandemia ha assegnato al mondo scientifico un primato che la politica ha ceduto volentieri.
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Teotihuacan: un ‘circuito elettronico’ costruito 2000 anni fa
Visto dall’alto, sembra la copia perfetta di un moderno circuito elettronico, come quelli che fanno funzionare i computer. Solo che, al posto dei chip, sorgono piramidi. E l’asse principale attorno a cui si snoda il “circuito” non è in silicio, ma in pietra: è il Viale dei Morti. Stiamo parlando di Teotihuacan, uno dei maggiori misteri su cui l’archeologia contemporanea si interroga, senza trovare risposte precise. Il centro – enorme – sorge a 35 miglia da Città del Messico. Apparteneva a una antica civiltà, particolarmente evoluta, di cui conosciamo ancora poco. Lo ricorda Mauro Biglino, in un appunto pubblicato sul sito di UnoEditori. «Con i suoi grandiosi templi a piramide, Teotihuacan era una delle più grandi città del mondo antico: al suo apice, si calcola che ospitasse oltre 130.000 abitanti». Vivevano in edifici a più piani, capaci di accogliere diversi nuclei familiari. Tanto per cambiare, gli edifici hanno un orientamento stellare: sembrano riprodurre gli astri che compongono la Cintura di Orione. Chi fondò quel monumentale centro urbano? E poi: come si spiega la presenza di un minerale come la mica, che all’epoca poteva essere estratto – secondo gli studiosi – solo da miniere presenti in Brasile, a tremila miglia di distanza?La città fu abitata fino al VII-VIII secolo dopo Cristo, riassume Biglino, notissimo al pubblico per i suoi bestseller che propongono una rivalutazione realistica dell’antichità, basata sulla rilettura letterale della Bibbia. Depurato dalle interpretazioni tradizionali (teologiche e simbologiche), il vasto corpus testuale dell’Antico Testamento – in lingua ebraica – sembra rivelare essenzialmente la comparsa sulla Terra di individui misteriosi, che la Bibbia chiama Elohim, che avrebbero dato origine all’homo sapiens mediante clonazione, ibridando il loro Dna con quello dei primitivi ominidi. La materia è controversa, come la stessa teoria della paleostranutica. Per contro, saggi come “Scoperte archeologiche non autorizzate”, di Marco Pizzuti, testimoniano l’imbarazzo dell’archeologia ufficiale di fronte a rinvenimenti non spiegabili sulla base delle conoscenze accettate. Da parte sua, Biglino si limita a segnalare che l’interpretazione teologica della Bibbia è basata su traduzioni erronee, e il più delle volte deliberatamente inesatte, con termini letteralmente “inventati” per accreditare la tesi secondo cui l’Antico Testamento comproverebbe l’esistenza di un’entità trascendente, di cui nel testo però non esiste la minima traccia.Nel caso in cui la Bibbia («che non parla di Dio», assicura Biglino) fosse consonante con altri analoghi racconti coevi, come quelli sumeri, che descrivono la calata dal cielo di esseri superiori, potenti e tecnologicamente avanzati, vale la pena soffermarsi su un enigma come quello di Teotihuacan: da dove venivano le consoscenze evolutissime che, duemila anni fa, permisero la costruzione di un simile capolavoro? A colpire, innanzitutto, è il suo nome, di origine azteca. Diversi i possibili significati, secondo gli archeologi: “luogo dove vengono creati gli dei”, oppure “luogo dove nascono gli dei”, o anche “luogo di coloro che hanno la via degli dei”. All’apice del suo prestigio, tra i 150 e il 450 dopo Cristo, Teotihuacan arrivò ad essere uno dei più grandi centri urbani delle Americhe precolombiane. Purtroppo non si hanno notizie certe: né sulla sua fondazione, né sui suoi originari costruttori. «Nonostante le maestose evidenze archeologiche, sappiamo ben poco molto: Teotihuacan è ancora avvolta nel mistero», scrive Biglino. «Quel che è certo, però, è che questo popolo doveva possedere approfondite conoscenze di astronomia, architettura e urbanistica».Lo dimostra l’imponenza degli edifici che corredano il sito archeologico: «La Piramide del Sole è il secondo edificio a struttura piramidale più grande delle Americhe, inferiore solo alla Piramide di Cholula». La piramide fu costruita in due fasi. La prima parte fu edificata verso il 100 dopo Cristo; la seconda fase, risalente all’inizio del III secolo, portò il sito alle dimensioni finali che conosciamo oggi (225 metri di lato e 75 di altezza), facendone la terza piramide più grande del mondo, anche se ben più bassa della Grande Piramide di Cheope a Giza (146 metri). «Terminata la struttura, i costruttori dipinsero murales dai brillanti colori, rappresentanti giaguari, stelle, serpenti a sonagli e altri simboli della cosmologia mesoamericana». Teotihuacan, aggiunge Biglino, fu un importante centro religioso: il culto praticato era molto simile a quelli di altre civiltà centroamericane (Aztechi, Zapotechi e Maya). Si adoravano il Serpente Piumato e Chaac, il dio della pioggia. E come in altre culture contigue, si praticavano sacrifici umani.A impressionare gli studiosi è la progettazione di Teotihuacan: «Induce a pensare che i costruttori fossero a conoscenza non solo delle necessarie tecniche architettoniche, ma anche di scienze matematiche e astronomiche». I ricercatori, inoltre, hanno trovato numerose e notevoli somiglianze con le grandi piramidi d’Egitto: «In entrambi i casi la disposizione delle piramidi pare riprodurre l’allineamento delle stelle che compongono la “cintura” della costellazione di Orione». La stessa disposizione geografica è un ottimo esempio di pianificazione urbana, sottolinea Biglino: «L’orientamento degli edifici segue un criterio simbolico. Il reticolato urbano è allineato con precisione a 15,5° nord-est, mentre il Viale dei Morti sembra puntare verso il Cerro Gordo, che a sua volta si trova a nord della Piramide della Luna. Gli elementi strutturali fondamentali sono il grande viale centrale (il Viale dei Morti, appunto) sui cui lati sorgono la grande Piramide del Sole, la Piramide della Luna, diverse piattaforme e la cosiddetta Cittadella, che comprende il Tempio del Serpente Piumato».E non è tutto, perché l’aspetto più sorprendente di Teotihuacan – scrive ancora Biglino – è dato dalla straordinaria somiglianza tra la disposizione dell’intero complesso e i moderni chip dei processori dei computer: «Un vero e proprio circuito, che può essere identificato come tale solo vedendolo dall’alto». Domanda inevitabile: «Il posizionamento rispondeva forse a precise esigenze funzionali?». In altre parole: più che di religione, è il caso di parlare di tecnologia? O di una “religione tecnologica” antichissima, di cui sono perse le tracce nella notte dei tempi? «Siamo naturalmente nel mondo delle ipotesi», precisa Biglino, a scanso di equivoci. Certo, le domande tuttora senza risposta sono davvero moltissime. Una di queste, ad esempio, sorge di fronte alla scoperta del largo uso della mica, minerale che è incorporato in numerose strutture e che si trova in giacimenti brasiliani, a migliaia di chilometri di distanza. Attenzione: nel sito di Teotihuacan, la mica è presente in tutti gli edifici, nei complessi residenziali, nei templi e lungo le strade. «Il suo utilizzo, però – spiega Biglino – non aveva motivi estetici». Quindi, conclude lo studioso, «è probabile che questo minerale avesse altre funzioni ben precise». Torna in mente, per forza, la pianta di Teotihuacan vista dall’alto: è davvero la copia perfetta di un circuito elettronico.Visto dall’alto, sembra la copia perfetta di un moderno circuito elettronico, come quelli che fanno funzionare i computer. Solo che, al posto dei chip, sorgono piramidi. E l’asse principale attorno a cui si snoda il “circuito” non è in silicio, ma in pietra: è il Viale dei Morti. Stiamo parlando di Teotihuacan, uno dei maggiori misteri su cui l’archeologia contemporanea si interroga, senza trovare risposte precise. Il centro – enorme – sorge a 35 miglia da Città del Messico. Apparteneva a una antica civiltà, particolarmente evoluta, di cui conosciamo ancora poco. Lo ricorda Mauro Biglino, in un appunto pubblicato sul sito di UnoEditori. «Con i suoi grandiosi templi a piramide, Teotihuacan era una delle più grandi città del mondo antico: al suo apice, si calcola che ospitasse oltre 130.000 abitanti». Vivevano in edifici a più piani, capaci di accogliere diversi nuclei familiari. Tanto per cambiare, gli edifici hanno un orientamento stellare: sembrano riprodurre gli astri che compongono la Cintura di Orione. Chi fondò quel monumentale centro urbano? E poi: come si spiega la presenza di un minerale come la mica, che all’epoca poteva essere estratto – secondo gli studiosi – solo da miniere presenti in Brasile, a tremila miglia di distanza?
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Fani: paura e diffidenza, la mascherina è un rituale magico
«La maschera è sempre negativa: copre una falsità, un inganno, una finzione». Lo ricorda lo scrittore e formatore Maurizio Fani, che è anche psicologo e psicoterapeuta. Le “museruole” che gli ambigui gestori dell’emergenza Covid ci costringono a indossare? Puzzano di rituale collettivo: simboleggiano sottomissione e annullamento della personalità. D’accordo, c’è anche l’elemento medico, precauzionale. Ma in quale misura? L’Oms e lo stesso ministero italiano della sanità ne raccomandano l’uso, alle persone sane, «solo se stanno fornendo assistenza a persone certamente malate di Covid-19, o con sintomi che facciano sospettare la malattia». Molti autorevoli virologi le temono: «Non vanno usate, specialmente in luoghi all’aperto», dice il professor Giulio Tarro, allievo prediletto di Albert Sabin, l’inventore del vaccino contro la poliomielite. «Le mascherine non sono il massimo dell’igiene», avverte Tarro: «Io starei attento nel loro uso, riuso e abuso: e quando arriverà il caldo, sarà bene gettarle via». L’Ordine dei Medici Sportivi di Cagliari – racconta Fani – ha sollevato un problema: un pericolo, la mascherina, per chi pratica attività sportiva.
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De Donno, le fake news di regime e il bullismo contro Feltri
Cerebrolessi o teppistelli? Analfabeti democratici? Come definire i buontemponi che ancora si divertono a manganellare squadristicamente Vittorio Feltri e il suo giornale, più volte messo all’indice come indegno di appartenere all’eletta schiera della sacra stampa nazionale? Beati e felici di militare nel branco indiscutibile dei migliori, ignorano sistematicamente le nefandezze quotidiane commesse dai principi dell’informazione padronale, cartacea e radiotelevisiva. Tutti campioni rispettati e amati dall’erede del fascistissimo Ordine dei Giornalisti, residuato cenozoico solo italiano, fondato – si può immaginare con quale intento – dall’onorevole cavalier Benito Mussolini nel 1925, e da allora mummificato in vita a beneficio del sonno eterno dell’opinione pubblica benpensante e conformista, allineata al non-pensiero unico. Uno di questi fuoriclasse, Massimo Giannini (allevato da “Repubblica” e dalla televisione, prima di approdare ora alla “Stampa”), osa proporre ai lettori – il 6 maggio 2020 – la seguente titolazione: “Coronavirus, Salizzoni contro le fake-news sul plasma miracoloso: chi le diffonde è un lestofante”.Fake news?! Ebbene, sì: “fake news” le guarigioni – vere, purtroppo per i detrattori – ottenute a Mantova e Pavia. L’intento, in questo caso: colpire la reputazione – pericolosamente in ascesa – del professor Giuseppe De Donno, primario mantovano di pneumologia, colpevole di aver salvato il 100% dei pazienti dal micidiale, spaventoso, apocalittico coronavirus. Come? Nel modo più semplice: iniettando nei malati il plasma estratto dai pazienti guariti, pieno di anticorpi. Costo, irrisorio: una vita umana, in questo caso, vale solo 160 euro. Troppo poco, per gli ambigui “impresari” del Covid? Troppo banale? E poi, se davvero fosse finita qui, la Grande Paura – se davvero si guarisse in modo ormai sistematico – a che scopo imporre ancora l’infame Distanziamento Sociale? Perché insistere con l’attesa messianica di un improbabilissimo vaccino? E perché infliggere il cataclisma economico firmato Conte, se dovesse emergere che ormai dal Covid-19 si guarisce in 48 ore? E allora, tutti zitti: De Donno? Non ci risulta.E’ stato il web a rendere onore a questo medico italiano. Non certo una star: uno scienziato serio e schivo, composto, defilato. Unica missione: trovare il modo di salvare vite umane, mettendo fine alla leggenda del Male Incurabile (che intanto ha falciato anche medici e infermieri). Silenti, come i giornaloni, anche i militi delle squadracce nere dei detrattori di Feltri: sordomuti, di fronte al silenzio dei grandi media. Afoni, gli haters del direttore di “Libero”, anche di fronte allo sconcio del potere Rai (servizio pubblico) che – senza aver mai parlato di De Donno, in nessun telegiornale – impone a Fabio Fabio di intervistare per la centesima volta il profeta Burioni, quello che a febbraio assicurava il “rischio zero” per l’Italia, impegnato stavolta a mettere in dubbio l’efficacia, la sicurezza e la praticabilità della sieroterapia sperimentata a Mantova. E dov’era, nel frattempo, il mitico Ordine dei Giornalisti ripetutamente invitato ad espellere Feltri? Stava in Corea del Nord, a prendere lezioni di libertà di stampa?Ha del vomitevole, questo mediocre regime di piccoli censori pidocchiosi: un umile documentario indipendente come quello di Massimo Mazzucco sulla possibile origine manipolata del virus ha registrato in un battibaleno due milioni di visualizzazioni, senza che i talksow nazionali avessero trovato un briciolo di dignità per indagare su giallo-Wuhan, che non è solo cinese, e su cui oggi (in modo ovviamente unilaterale) si abbattono gli strali dell’amministrazione Trump. Dormono, i morti viventi, quando si tratta di difendere la libertà di essere informati. Si svegliano, ma solo per insultare, non appena Feltri “sbraca” con un uno dei suoi titoli balordi e provocatori, indigesti, discutibili. Si strugge, il branco dei censori, se Feltri usa l’espressione “terroni”, o se parla di “sostituzione etnica” abusando della polemica sulla speculazione, tutta italiana, che trasforma in business ipocrita l’immigrazione clandestina. Naturalmente non c’è pericolo che i bulletti ostili a Feltri si accorgano dell’unica, vistosa grande pecca – questa sì, davvero grave – che caratterizza l’anziano giornalista: in tanti anni di gloriosa carriera, quasi sempre vissuti controcorrente, Feltri non sembra aver trovato il tempo di rettificare vecchie idee, sbagliate, sull’origine del debito pubblico e sul suo vero significato.Spesso, il direttore di “Libero” sembra accodarsi alla vecchia vulgata (menzognera) del mainstream neoliberista, che fabbrica del Balpaese un’immagine comodissima e criminalizzante, facendone la patria delle cicale irresponsabili, su cui è ovvio poi che cadano le tegole, i tagli, i “niet” di Berlino e di Bruxelles. E’ la canzone – stonata, fuorviante, pericolosa – che hanno ripetuto per anni i vari Travaglio, mai “accortisi” che forse c’era un problemino, a monte, chiamato Unione Europea. Ma non lo vedono, il guaio, neppure i soavi insultatori: a loro basta ragliare (da soli, in coro) contro il cattivone Feltri che ce l’ha coi migranti, che fa il razzista, e che per giunta tiene bordone a quell’infame di Salvini (altro essere sub-umano che andrebbe possibilmente fucilato o almeno radiato dall’Ordine dei Politici, se solo esistesse). A questo, siamo. Sicché, gli asfaltatori di De Donno – il medico che salva gli italiani dal coronavirus – procedono in carrozza, senza che i Conte-boys, le sentinelle della carcerazione universale, trovino nulla da ridire.Ho pianto, ha detto il primario mantovano, quando m’hanno chiamato il responsabile della sanità dell’Onu e poi vari governi, incluso il ministero della salute degli Stati Uniti. Muto invece l’Istituto Superiore della Sanità di Roma: dà così fastidio, alle autorità governative momentaneamente commissariate dall’Oms, avere a Mantova un medico che il mondo ci invidia? Muto infatti anche il ministero di Speranza, che non si è precipitato a Mantova – come chiunque altro avrebbe fatto, al posto suo – per sincerarsi dell’efficacia di una cura che potrebbe metter fine al potere spaventoso del virus che tiene in ostaggio il mondo. Del resto, si sa: il problema dell’Italia si chiama Vittorio Feltri. E chissà se l’immanente, metafisico Ordine dei Giornalisti si è accorto che il quotidiano torinese diretto da Massimo Giannini chiama “fake news” le notizie provenienti da Mantova, e “lestofanti” chi le diffonde. Lo fa prendendo a prestito un medico, uno dei tanti che non apprezzano De Donno. La domanda dovrebbe essere: su che pianeta siamo finiti?Le televisioni, a reti unificate, si arrogano il diritto di svolgere sfacciatamente la funzione di Grande Fratello. Messaggi martellanti: non avrete altra verità fuorché la nostra, tutto il resto è fake. C’è anche una commissione governativa appositamente istituita per vigilare sulle notizie da somministrare al popolo bue: e anche qui, non un fiato (né dall’Ordine dei Giornalisti, né dai bullizzatori di Feltri, figurarsi). Muti, tutti quanti, anche di fronte alla notizia che ha cambiato l’assetto di potere dell’editoria giornalistica nazionale, con l’acquisto di “Repubblica” ed “Espresso” da parte di John Elkann, l’imprenditore che ha traslocato l’ex Fiat in Olanda, il paradiso fiscale che massacra l’Italia. Ma certo, è tutto normale, va bene così: è persino divertente, abitare la follia. E magari chiamare impunemente “fake news” le uniche, vere buone notizie in tema di coronavirus, da tre mesi a questa parte, in un’Italia ridotta in mutande – come mai prima, dal 1945 – da un premier-fantasma, mai eletto, e il cui nome fino a ieri non diceva niente a nessuno. Tu chiamale, se vuoi, allucinazioni.(Giorgio Cattaneo, “De Donno, le fake news della Stampa e il bullismo contro Feltri”, dalò blog del Movimento Roosevelt del 9 maggio 2020).Cerebrolessi o teppistelli? Analfabeti democratici? Come definire i buontemponi che ancora si divertono a manganellare squadristicamente Vittorio Feltri e il suo giornale, più volte messo all’indice come indegno di appartenere all’eletta schiera della sacra stampa nazionale? Beati e felici di militare nel branco indiscutibile dei migliori, ignorano sistematicamente le nefandezze quotidiane commesse dai principi dell’informazione padronale, cartacea e radiotelevisiva. Tutti campioni rispettati e amati dall’erede del fascistissimo Ordine dei Giornalisti, residuato cenozoico solo italiano, fondato – si può immaginare con quale intento – dall’onorevole cavalier Benito Mussolini nel 1925, e da allora mummificato in vita a beneficio del sonno eterno dell’opinione pubblica benpensante e conformista, allineata al non-pensiero unico. Uno di questi fuoriclasse, Massimo Giannini (allevato da “Repubblica” e dalla televisione, prima di approdare ora alla “Stampa”), osa proporre ai lettori – il 6 maggio 2020 – la seguente titolazione: “Coronavirus, Salizzoni contro le fake-news sul plasma miracoloso: chi le diffonde è un lestofante”.
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Cina: primi ibridi scimmia-uomo, Ogm. La storia si ripete?
La Cina esibisce scimmie modificate con geni umani: macachi super-intelligenti. La storia si ripete? Secondo i sumeri, i misteriosi Anunnaki venuti dallo spazio ottennero l’homo sapiens clonando gli ominidi. La tesi, avanzata da Zecharia Zitchin, è stata richiamata dal biblista Mauro Biglino, secondo cui la Genesi svela che gli altrettanto misteriosi Elohim, come Yahwè (trasformati poi nel Dio unico del monoteismo) fabbricarono gli Adamiti geneticamente, impiantando sugli uomini primitivi il loro Tselem (Dna). Si sarebbe trattato, in sostanza, di una potente “accelerazione evolutiva”, oggi ritenuta teoricamente possibile da biologi molecolari come Pietro Buffa, già in forza al King’s College di Londra. A far discutere è un nuovo esperimento, che la “Stampa” definisce «ben oltre i limiti dell’etica, tanto per cambiare effettuato in Cina». I ricercatori del Kunming Institute of Zoology hanno annunciato di aver ottenuto delle scimmie transgeniche, nel cui Dna sono stati trasferiti geni che controllano lo sviluppo del cervello umano. Gli animali, riporta la rivista del “Mit Technology Review”, hanno riportato risultati brillanti in alcuni test. L’esperimento, che ha già suscitato diversi dubbi etici, è stato descritto sulla rivista cinese “National Science Review” e sui media locali. Secondo i ricercatori cinesi, i macachi modificati hanno eseguito test cognitivi di memoria con risultati superiori alla media delle scimmie non transgeniche.I loro cervelli si sono sviluppati in tempi più lunghi, raggiungendo però le stesse dimensioni delle scimmie non-Ogm, contrariamente alle previsioni dei ricercatori che pensavano che sarebbero stati più grandi. Per il genetista che ha eseguito l’esperimento, il dottor Bing Su, «questo è stato il primo tentativo di capire l’evoluzione della cognizione umana con un modello di scimmia transgenica». Lo studio è stato però criticato in Occidente, dove gli esperimenti sui primati sono sempre più difficili da condurre per motivi etici. «L’uso di scimmie transgeniche per studiare i geni umani è una strada rischiosa da prendere: è la classica china scivolosa», afferma il genetista James Sikela, dell’Università del Colorado. Attualmente – ricorda sempre la “Stampa” – solo la Cina ha ottenuto scimmie transgeniche, utilizzando la tecnica Crispr che “copia e incolla” il Dna. Lo scorso gennaio un altro istituto cinese aveva annunciato di aver prodotto alcuni cloni di scimmia con un gene che nell’uomo è legato all’autismo. Questi esperimenti, sottolinea Carlo Alberto Redi, genetista dell’Università di Pavia, sono vietati in tutto il mondo occidentale. Redi li considera «esperimenti che qui sono inaccettabili dal punto di vista etico», visto che «non si possono umanizzare i primati». E se invece la scienza occidentale usasse proprio la Cina per aggirare le nostre barriere etiche?E’ quello che hanno fatto scienziati spagnoli: hanno confermato di avere collaborato alla creazione in un laboratorio cinese del primo ibrido umano-scimmia, nell’ambito di una ricerca il cui scopo è quello di realizzare organi umani adatti al trapianto. Lo scrive, sempre sulla “Stampa”, Vittorio Sabadin. «Gli scienziati guidati dal professor Juan Carlos Izpisúa hanno disattivato da embrioni di scimmia i geni essenziali per la formazione di organi, iniettandovi poi cellule staminali umane in grado di creare qualsiasi tipo di tessuto». L’esperimento, promosso dalla Universidad Catòlica San Antonio de Murcia, è nato «da una collaborazione tra il Salk Institute americano», ed è stato condotto in Cina «per evitare complicazioni legali». I risultati sono molto promettenti, ha detto a “El Pais” Estrella Núñez, biologa che ha partecipato alla ricerca, senza fornire altri dettagli in attesa della pubblicazione del lavoro su una rivista scientifica internazionale. «Nell’Ucam e al Salk Institute stiamo provando non solo a sperimentare l’unione di cellule umane con cellule di roditori e suini, ma anche con primati non umani», ha aggiunto Izpisúa. «Il nostro paese è un pioniere e un leader mondiale in queste indagini».Già nel 2017 – ricorda Sabadin – il team di Izpisúa aveva condotto un esperimento per la creazione di “chimere” umane e suine che non aveva avuto successo. Con i primati, il cui Dna è molto più vicino a quello degli esseri umani, l’innesto sembra invece riuscito.La creazione di chimere uomo-animale pone problemi etici sui quali la comunità scientifica si interroga da tempo. «Cosa succede se le cellule staminali sfuggono al controllo e formano neuroni umani nel cervello dell’animale?», si domanda Ángel Raya, direttore del Centro di medicina rigenerativa di Barcellona: «L’animale avrebbe coscienza? E cosa succede se queste cellule staminali si trasformano in spermatozoi»? Estrella Núñez assicura che il team di ricerca di Izpisuá ha creato meccanismi di controllo tali che, se le cellule umane migrano nel cervello, si autodistruggono. «L’embrione cinese sarebbe stato comunque soppresso – scrive “La Stampa” – seguendo la regola imposta dalla comunità scientifica che nessuna chimera può sopravvivere per più di 14 giorni, il tempo necessario a sviluppare un primo sistema nervoso». Il timore di molti scienziati, osserva Sabadin, è che invece queste regole «non vengano seguite in laboratori situati in paesi che sfuggono a ogni controllo, come ad esempio quelli della Cina e della Corea del Nord».La Chimera, ricorda Sabadin, era un animale mitologico presente nella tradizione di molte civiltà, da quella greca e romana a quella hittita, etrusca ed egizia. Nell’Iliade, Omero la descrive in questo modo: “Era il mostro di origine divina, leone la testa, il petto capra, e drago la coda; e dalla bocca orrende vampe vomitava di foco”. «Gli uomini ne avevano terrore, e ora che hanno imparato a crearla – chiosa Sabadin – dovrebbero temerla ancora di più». E se fossimo noi, in realtà, la prima “chimera” apparsa sul pianeta? Secondo alcuni traduttori dei testi antichi, il sapiens potrebbe essere a sua volta una specie di Ogm, un organismo geneticamente modificato. Magari ottenuto clonando ominidi come l’homo habilis, evolutivamente assai progredito, apparso nel Pleistocene quasi due milioni e mezzo di anni fa. Se in Germania è stato appena scoperto lo scheletro del Danuvius Guggenmosi, ipotetico uomo-scimmia forse progenitore dei primissimi ominidi come l’australopiteco, il vero “salto quantico” (il famoso “missing link”) si sarebbe verificato successivamente: a causa di un intervento esterno, e magari non terrestre? E nel caso, operato da chi?Suggestioni: la Us Navy ha appena ammesso l’esistenza degli Uap, Unidentified Aerial Phenomena. Ma attenzione, i “fenomeni aerei non identificati” sono sempre loro, i cari vecchi Ufo, Unidentified Flying Objects. Curiosità: il Vaticano ha da poco aggiornato il suo vocabolario latino introducendo un curioso neologismo, Rex Inxeplicata Volans. Secondo l’astrofisico Josè Gabriel Funes, gesuita argentino come Papa Francesco, è sciocco pensare di essere soli, nello spazio. Per anni, padre Funes ha diretto la Specola Vaticana, avveniristico osservatorio astronomico sul Mount Grahanm, in Arizona, vocato allo studio dell’esobiologia, cioè la vita extraterrestre. Il suo successore, Guy Consolmagno, ha dichiarato che troverebbe perfettamente normale veder “battezzare”, un giorno, eventuali “fratelli dello spazio”. Quelli che oggi il neo-latino ecclesiastico chiama “oggetti volanti inesplicati”, lo storico greco-romano Giuseppe Flavio li definiva “carri celesti”, esattamente come nell’Antico Testamento il Libro di Ezechiele. Giuseppe Flavio descrive il cielo di Gerusalemme affollato di “carri volanti” quando in Palestina irruppero le truppe del generale Tito, di lì a poco imperatore. E Plino il Vecchio parla di una “battaglia di carri volanti” nei cieli dell’Umbria. Chi c’era, a bordo di quegli Uap-Ufo-Rev? Gli antenati dei misteriosi personaggi che fecero allora quello che oggi si tenta di ripetere in Cina, tra la riprovazione dell’Occidente, salvo quella degli scienziati occidentali che usano proprio la Cina per i loro esperimenti?La Cina esibisce scimmie modificate con geni umani: macachi super-intelligenti. La storia si ripete? Secondo i sumeri, i misteriosi Anunnaki venuti dallo spazio ottennero l’homo sapiens clonando gli ominidi. La tesi, avanzata da Zecharia Zitchin, è stata richiamata dal biblista Mauro Biglino, secondo cui la Genesi svela che gli altrettanto misteriosi Elohim, come Yahwè (trasformati poi nel Dio unico del monoteismo) fabbricarono gli Adamiti geneticamente, impiantando sugli uomini primitivi il loro Tselem (Dna). Si sarebbe trattato, in sostanza, di una potente “accelerazione evolutiva”, oggi ritenuta teoricamente possibile da biologi molecolari come Pietro Buffa, già in forza al King’s College di Londra. A far discutere è un nuovo esperimento, che la “Stampa” definisce «ben oltre i limiti dell’etica, tanto per cambiare effettuato in Cina». I ricercatori del Kunming Institute of Zoology hanno annunciato di aver ottenuto delle scimmie transgeniche, nel cui Dna sono stati trasferiti geni che controllano lo sviluppo del cervello umano. Gli animali, riporta la rivista del “Mit Technology Review”, hanno riportato risultati brillanti in alcuni test. L’esperimento, che ha già suscitato diversi dubbi etici, è stato descritto sulla rivista cinese “National Science Review” e sui media locali. Secondo i ricercatori cinesi, i macachi modificati hanno eseguito test cognitivi di memoria con risultati superiori alla media delle scimmie non transgeniche.
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Tellinger: noi, specie schiava degli Dei venuti dallo spazio
«Siamo stati creati o ci siamo evoluti? La verità sta probabilmente nel mezzo, ed è sconvolgente». Lo afferma UnoEditori, nell’annunciare l’uscita per l’Italia del libro di Michael Tellinger “Specie Schiava degli Dei” (titolo originale: “Slave Species of the Gods”) con la prefazione di Mauro Biglino. «Tellinger ci dimostra come l’uomo sia frutto di una manipolazione genetica effettuata da una specie aliena, gli Anunnaki, per realizzare la loro missione sulla Terra». Lo confermerebbero scoperte spiazzanti, come i fossili di “umanoidi”: quel che resta degli antichi Figli delle Stelle? Attraverso un’analisi meticolosa e comparativa di testi antichi (sumeri e biblici) con moderne conoscenze, secondo l’editore «emerge un affresco storico che ricostruisce l’epopea dell’uomo, la sua relazione di schiavitù con gli “dèi” e la sua possibile riscossa e liberazione». La deduzione è drastica: «La storia ufficiale è una menzogna necessaria a far sì che l’umanità rimanga nell’ignoranza per continuare a servire i creatori». Secondo Tellinger, la specie umana è il risultato di una manipolazione genetica: l’Homo Sapiens sarebbe un ibrido ottenuto dall’incrocio tra Anunnaki e Homo Erectus. Esiste una radice comune all’origine di tutte le civiltà della Terra, e i miti – è la tesi del libro – sono di fatto il riflesso archetipico di realtà storiche, di eventi realmente verificatisi. Quanto al denaro, «è stato inventato dagli Anunnaki come strumento di controllo della razza umana».
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Ecco Danuvius, scimmia bipede: nostro antenato terrestre
Battezzato il primo uomo-scimmia della preistoria: si chiama Danuvius Guggenmosi. Era alto circa un metro e pesava circa 30 chili. Il nome gli è stato attribuito in onore di un dio celtico del grande fiume europeo, il Danubio, che nasce non lontano dal sito del ritrovamento dei fossili, nella regione montuosa dell’Allgäu (Algovia), tra Baviera e Baden-Württemberg, attorno al Lago di Costanza. Risale a circa 11,6 milioni di anni fa lo scheletro fossile di questa scimmia “eretta”, che getta una luce su come si sarebbero evoluti verso il bipedismo i nostri ipotetici, antichi progenitori. Descritto in un articolo pubblicato sulla rivista “Nature” da Madelaine Böhme della Eberhard-Karls-Universität di Tubinga, il reperto è stato attribuito a una nuova specie, che poteva sia sospendersi sui rami degli alberi con le braccia sia muoversi senza problemi sul terreno con le gambe. La nuova scoperta sfida l’idea, finora accettata, che il cammino bipede si sia evoluto solo molto più tardi negli antenati degli umani moderni, cioè 5-7 milioni di anni fa. Danuvius invece “camminava” già da milioni di anni, secondo i suoi scopritori.I fossili (quattro individui: un maschio, due femmine e un giovane) sono stati portati alla luce dalla fossa di argilla Hammerschmiede in Baviera tra il 2015 e il 2018. I ricercatori pensano che Danuvius fosse una scimmia “dryopithecine”, un antenato estinto di grandi scimmie eurasiatiche e africane che vivevano nell’epoca del Miocene. L’analisi, osserva “Le Scienze”, s’inserisce nel dibattito su quando e come i nostri antenati scimmieschi abbiano iniziato a camminare regolarmente su due zampe: un comportamento segnato da precisi adattamenti scheletrici, riscontrabili in molti fossili attribuiti a varie specie di ominidi, evolutivamente più vicine agli esseri umani che agli scimpanzé e ai bonobo, le scimmie attuali più simili a noi. «I paleoantropologi collocano questo cruciale passaggio evolutivo tra 7 e 5 milioni di anni fa». Sul come, c’è invece molta incertezza, «al punto che non si sa se i primi ominidi bipedi si siano evoluti da specie che vivevano per lo più sugli alberi o che camminavano sul terreno ma a quattro zampe». I resti rinvenuti nella Germania meridionale comprendono ossa degli arti completi e in buono stato di conservazione, che consentono di fare alcune ipotesi sul suo comportamento locomotorio.«L’avambraccio era lungo rispetto alla gamba, e di forma simile a quello di un bonobo. Le ossa delle mani indicano la presenza di un pollice opponibile e dita ricurve, segno di una presa potente e quindi di un’abitudine alla sospensione sugli alberi, come in tutte le grandi scimmie viventi». La forma delle articolazioni del femore e della tibia, aggiunge “Le Scienze”, suggerisce però una notevole differenza rispetto alle scimmie africane attuali, che di tanto in tanto camminano in modo bipede sul terreno: «La parte superiore della tibia è robusta e l’articolazione della caviglia è stabile: queste due proprietà sono adattamenti per resistere al carico più elevato posto sulla parte inferiore della gamba quando ci si sposta su due arti anziché quattro». Nel complesso, dunque, l’anatomia degli arti inferiori è più simile a quella degli esseri umani che a quella delle grandi scimmie attuali. «Secondo le conclusioni degli autori, Danuvius Guggenmosi indica che i nostri antichi antenati hanno iniziato a camminare sulle zampe posteriori prima di cominciare a vivere in modo stabile al suolo, e fornisce un valido modello anatomico e comportamentale per gli antenati comuni a grandi scimmie ed esseri umani».Secondo “La Stampa”, addirittura, dalle montagne bavaresi sarebbe emerso «quello che potrebbe essere considerato l’anello mancante tra gli esseri umani e i nostri antenati». Basandosi sulla forma delle ossa di Danuvius, gli esperti hanno concluso che l’animale si muoveva in un modo unico: si arrampicava e poteva oscillare da un ramo all’altro ma poteva anche camminare su due piedi. «È stato sorprendente, per noi, renderci conto di quanto certe ossa siano simili a quelle degli umani, a differenza di quelle delle grandi scimmie», spiega Madelaine Böhme dell’Università di Tubinga. «Personalmente – aggiunge – sono rimasta molto sorpresa dalla grande somiglianza di Danuvius nella parte posteriore e nelle ossa dello stinco, in contrasto con le scimmie. Questo è stato inaspettato per tutti noi. Danuvius è una scimmia e un essere umano in un solo corpo».Battezzato il primo uomo-scimmia della preistoria: si chiama Danuvius Guggenmosi. Era alto circa un metro e pesava circa 30 chili. Il nome gli è stato attribuito in onore di un dio celtico del grande fiume europeo, il Danubio, che nasce non lontano dal sito del ritrovamento dei fossili, nella regione montuosa dell’Allgäu (Algovia), tra Baviera e Baden-Württemberg, attorno al Lago di Costanza. Risale a circa 11,6 milioni di anni fa lo scheletro fossile di questa scimmia “eretta”, che getta una luce su come si sarebbero evoluti verso il bipedismo i nostri ipotetici, antichi progenitori. Descritto in un articolo pubblicato sulla rivista “Nature” da Madelaine Böhme della Eberhard-Karls-Universität di Tubinga, il reperto è stato attribuito a una nuova specie, che poteva sia sospendersi sui rami degli alberi con le braccia sia muoversi senza problemi sul terreno con le gambe. La nuova scoperta sfida l’idea, finora accettata, che il cammino bipede si sia evoluto solo molto più tardi negli antenati degli umani moderni, cioè 5-7 milioni di anni fa. Danuvius invece “camminava” già da milioni di anni, secondo i suoi scopritori.