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Archivio del Tag ‘Qe’

  • Lagarde: Italia, ti salvo io. La Bce sfida il club del rigore Ue

    Scritto il 12/12/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Altri 500 miliardi di euro, di cui 80 destinati all’Italia: aumenta così in modo esponenziale la “potenza di fuoco” del programma di acquisto di titoli per l’emergenza pandemica: il “Pepp”, voluto da Christine Lagarde per rilevare titoli di Stato, sale così a 1.850 miliardi. «Non siamo qui per calmare gli spread», esordì la Lagarde la scorsa primavera, alle prime avvisaglie della crisi Covid. «Una mossa volutamente impopolare e sapientemente calcolata, proprio per suscitare unanimi reazioni contrarie e mettere fine all’incubo del rigore», ricorda Gioele Magaldi, che spiega: «Insieme a Mario Draghi, la neo-presidente della Bce ha abbandonato i suoi tradizionali sodali, cioè i circuiti della massoneria neoaristocratica (quella che ha progettato e gestito l’austerity europea) per abbracciare la causa della massoneria progressista». Lo stesso Magaldi, autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere, 2014), è il frontman italiano del circuito massonico sovranazionale di ispirazione democratica, impegnato in una dura battaglia – sotterranea e non – per ripristinare la sovranità popolare, sostanzialmente soppressa negli ultimi anni con il ricorso al dogma neoliberista e all’artificio della “scarsità di moneta”. «In realtà la moneta la si può emettere in modo virtualmente illimitato, e a costo zero: ed è quello che la “sorella” Christine Lagarde sta dimostrando».
    Gli acquisti della Bce dureranno almeno fino a marzo 2022: sei mesi in più, rispetto a quanto programmato finora. «La decisione era attesa dai mercati, che nei giorni scorsi si sono “posizionati” provocando una discesa dei rendimenti dei titolo di Stato in tutta l’area euro», scrive il “Fatto Quotidiano”. «Se aumentano gli acquisti il valore sale, e quindi l’interesse pagato scende». I rendimenti dei Btp italiani «sono ormai in negativo per scadenze fino a 5 anni, prossime allo zero sui 7 anni e positivi dello 0,4% sui decennali, la durata più rappresentativa». Anche stavolta, la banca centrale europea ha lasciato i tassi d’interesse invariati, e quello principale rimane a zero. «Ha inoltre annunciato che verranno condotte altre tre operazioni Tltro». In sostanza: «Soldi erogati alle banche, con un pagamento di interessi a favore di chi li prende in prestito» (con l’impegno, almeno in teoria, di usarli per erogare crediti all’economia reale). Con il programma di acquisti di debito per l’emergenza pandemica, Christine Lagarde ha annunciato che la Bce acquisterà «con flessibilità, indirizzando le operazioni in maniera finalizzata su classi di titoli, sulla tempistica e sui paesi emittenti». Invariata la motivazione: puntellare l’economia, in un’Europa messa in ginocchio dalle restrizioni varate con il Covid.
    In sostanza, la Bce sta dimostrando la possibilità concreta di emettere denaro dal nulla, a interesse zero: quello stesso denaro (negato, allora) al quale fu “impiccata” la Grecia, ma anche l’Italia all’epoca in cui – proprio col pretesto pilotato dello spread – fu abbattuto Berlusconi per insediare l’uomo dei poteri oligarchici europei, il massone reazionario Mario Monti. Quegli stessi poteri, premendo su Mattarella, tuonarono nel 2018 per bocca del tedesco Günther Oettinger, secondo cui sarebbero stati “i mercati” a insegnare agli italiani come votare. Proprio l’evocazione dei “mercati” spinse il Quirinale a bocciare Paolo Savona come ministro dell’economia: sarebbe stato il “cervello” del neonato governo gialloverde, in una possibile partita con Bruxelles per ridisegnare quote di sovranità partendo esattamente dal ricorso al deficit per rianimare l’economia. Quello che sta accadendo oggi grazie alla Bce sarebbe stato impossibile ieri. Il grande alibi è ovviamente il collasso del Pil, causato dalla gestione pandemica improntata al massimo rigore (con poche eccezioni virtuose, come la Svezia). Il primo a segnalare la necessità di uno storico cambio di passo era stato lo stesso Mario Draghi: sul “Financial Times”, a marzo, aveva enunciato la necessità di tornare a una politica economica keynesiana, fondata sul massiccio sostegno pubblico.
    Dobbiamo agire «come in tempo di guerra», ha ribadito Draghi, smentendo la sua stessa storia di arcigno guardiano dell’austerity. Lo stesso dicasi per Christine Lagarde: inflessibile dama del rigore quand’era a capo del Fmi, e ora pronta a trasformare la Bce in una specie di bancomat, mentre l’inguardabile Unione Europea – al termine dell’orribile anno che va chiudendosi, in modo disastroso – ancora non ha deciso come e quando distribuire le sue elemosine apparenti, nascoste tra le pieghe del Recovery Fund e insidiosamente presenti tra le pieghe del Mes. Un ente anomalo, quest’ultimo, i cui gestori – cominciando dal presidente, il tedesco Klaus Regling – sono protetti anche dall’immunità giudiziaria. E hanno il potere di agire come monarchi indiscutibili, fino a imporre la “ristrutturazione” del debito pubblico a paesi come l’Italia, il cui deficit nel 2020 sta battendo ogni record: un “piano di rientro” che sarebbe sanguinoso, un vero e proprio massacro sociale. Esattamente quello che Draghi raccomandava di evitare, proponendo l’erogazione di centinaia di miliardi a fondo perduto, non destinati a trasformarsi in debito. Libertà o schiavitù: questo è il bivio che l’umanità sembra avere di fronte, oggi più che mai, in un pianeta letteralmente devastato, prima ancora che dal virus “cinese”, dalle drastiche politiche adottate con l’intenzione dichiarata di arginarlo.
    Suona tutto stonato, se non falso: «E prima o poi dovranno essere tribunali speciali – dice Magaldi – a processare chi ha imposto “leggi di guerra” in tempo di pace». Uno schema inquietante: prima la diffusione del coronavirus e l’assenza di risposte tempestive grazie all’ambiguità dell’Oms, poi la catastrofe sanitaria aggravata dal “terrorismo” mediatico che ha diffuso il panico, come se il Covid fosse l’Ebola. Nessuna trasparenza: né sui dati reali (letalità bassa, attorno allo 0,3%), né sulle terapie nel frattempo collaudate. Unico orizzonte proposto: quello del vaccino, ancora inaffidabile secondo molti scienziati. Vaccino da imporre, con le buone o con le cattive, pena l’esclusione dalla vita sociale. E tutto questo, mentre il maggior oppositore mondiale alla politica del Covid – Donald Trump – veniva travolto dai brogli che hanno gravemente inquinato le presidenziali americane: il vantaggio apparente di Joe Biden sembra far felice la Cina, la cui egemonia proprio Trump aveva provato a fermare (prima di essere fermato lui stesso, dall’epidemia: senza il Covid e il crollo economico indotto anche negli Usa dall’emergenza sanitaria, la rielezione di Trump era data universalmente per scontata).
    La situazione è incerta, caotica e scivolosa. In Italia, si fa sempre più precaria l’autocrazia emergenziale di Conte, cara ai poteri forti europei. E se il paese evita di collassare, intanto, lo deve essenzialmente alla “sorella” Lagarde, per dirla con Magaldi: cioè alla rete massonica progressista a cui fa capo, oggi, la presidente della Bce. Il problema semmai è un altro: la remissività degli italiani. «Credono ancora che il vero problema sia il coronavirus, e che per vederlo dissolversi basti aspettare ancora un po’, continuando a sottomettersi ai diktat del governo: non hanno capito che quello è solo il pretesto per attuare un piano di dominio, su scala mondiale». Magaldi è severo, con i connazionali: «Chi è fobico, al punto che vorrebbe chiudersi in casa per sempre, non si rende conto del danno che fa agli altri: il suo conformismo impaurito incoraggia i gestori della crisi a essere ancora più duri, con chi invece vorrebbe riprendere a vivere». E’ come se avessimo oltrepassato, giorno per giorno, la soglia di una sottile follia collettiva: «E’ pazzesco che milioni di persone accettino l’idea di questa nuova aberrante normalità: senza capire che non era mai successo, nella storia umana, che il mondo si fermasse per un virus influenzale. E’ questa, la prassi? D’ora in poi ci chiuderemo in casa al primo virus che passa di qui? Dico, siamo impazziti?».
    Forse sì, siamo impazziti: è il capolavoro della paura. «Barattare la perdita certa della libertà per la sicurezza sanitaria, che oltretutto è solo ipotetica, è davvero l’inizio della fine: per questa strada si smette di essere cittadini e si ridiventa sudditi, come quando la democrazia non esisteva ancora. Ed è esattamente lì che vogliono portarci, gli “apprendisti stregoni” del Covid, che usano il sistema-Cina per eliminare i diritti dall’Occidente. E ci stanno riuscendo, putroppo, grazie alla pavidità di chi trema di fronte a tutto, davanti al contagio di un’influenza (trattata come se fosse la peste bubbonica) e davanti al rischio di una semplice multa, tra l’altro impugnabile, dato il carattere non pienamente legittimo dei Dpcm». Magaldi fotografa con spietata lucidità la situazione italiana, simile a quella di altri paesi ma aggravata dall’inconsistenza della classe politica nazionale, telecomandata dai super-poteri che hanno gradualmente privatizzato il mondo e che ora vorrebbero far retrocedere l’umanità, in blocco, trattandola alla stregua di un gregge da spaventare, disinformare, impoverire e vaccinare. Il Grande Reset, lo chiamano: fine della libertà economica. Obiettivo: la sottomissione di plebi intimorite, da tenere in vita con un mini-reddito “universale” che metta i percettori in ginocchio, di fronte alla “divinità” zootecnica che eroga la dose quotidiana di mangime.
    Il pericolo è drammaticamente reale: è in corso una sfida planetaria, per il destino dell’umanità. I poteri oligarchici giocano sempre la carta della paura: prima il terrorismo, poi la crisi finanziaria indotta, ora un virus trasformato in un incubo. Faglie di resistenza si delineano in controluce: chi denuncia l’Oms come organismo “orwelliano”, chi segnala gli abusi dello strapotere cinese e la sua infiltrazione onnipervasiva, chi accusa Big Pharma di manipolare il business dei vaccini in modo anche spericolato, sdoganando molecole “clandestine” destinate potenzialmente a incidere sullo stesso Dna, per la prima volta nella storia. Sarà proprio la durezza delle imposizioni – immagina Magaldi – a provocare una rivolta civile: a patto però che riaffiori, nelle persone, il coraggio elementare della dignità. Si prevedono anni tempestosi, attraverso i quali sarà fatalmente riscritta anche la grammatica della politica. Di fronte alla scelta fondamentale – libertà o asservimento, democrazia o dittatura – crolleranno miti ed etichette museali, come “destra” e “sinistra”. Crollerà anche il dogma secolare più falso e rovinoso, quello della scarsità di moneta: sta cominciando a sbriciolarlo, in modo spettacolare, la stessa Christine Lagarde.

    Altri 500 miliardi di euro, di cui 80 destinati all’Italia: aumenta così in modo esponenziale la “potenza di fuoco” del programma di acquisto di titoli per l’emergenza pandemica: il “Pepp”, voluto da Christine Lagarde per rilevare titoli di Stato, sale così a 1.850 miliardi. «Non siamo qui per calmare gli spread», esordì la Lagarde la scorsa primavera, alle prime avvisaglie della crisi Covid. «Una mossa volutamente impopolare e sapientemente calcolata, proprio per suscitare unanimi reazioni contrarie e mettere fine all’incubo del rigore», ricorda Gioele Magaldi, che spiega: «Insieme a Mario Draghi, la neo-presidente della Bce ha abbandonato i suoi tradizionali sodali, cioè i circuiti della massoneria neoaristocratica (quella che ha progettato e gestito l’austerity europea) per abbracciare la causa della massoneria progressista». Lo stesso Magaldi, autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere, 2014), è il frontman italiano del circuito massonico sovranazionale di ispirazione democratica, impegnato in una dura battaglia – sotterranea e non – per ripristinare la sovranità popolare, sostanzialmente soppressa negli ultimi anni con il ricorso al dogma neoliberista e all’artificio della “scarsità di moneta”. «In realtà la moneta la si può emettere in modo virtualmente illimitato, e a costo zero: ed è quello che la “sorella” Christine Lagarde sta dimostrando».

  • Sapelli: soldi, la ricetta-Draghi vale più di tutti i lockdown

    Scritto il 15/11/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    «La politica monetaria resterà accomodante fino a quando i vaccini saranno ben sviluppati e la ripresa potrà guadagnare slancio». Lo ha affermato Christine Lagarde, anticipando probabilmente le scelte che saranno annunciate dalla Bce a dicembre. Per Giulio Sapelli, storico dell’economia, il rapporto tra finanza ed economia reale oggi «ha bisogno di fondamentali innovazioni, rispetto alla vulgata ordoliberista dolorosa e infausta». E aggiunge: «I dogmi teutonici inscritti nello statuto della Bce si sono solo fatti dimenticare dall’azione di marca Usa propugnata grazie a Mario Draghi». In altre parole: stop al rigore, come richiesto da Super-Mario anche nel famoso editoriale sul “Financial Times”, a marzo. “La ricetta-Draghi vale più di tutti i lockdown”, sintetizza il “Sussidiario” nel presentare l’analisi di Sapelli, secondo cui i dogmi dell’austerity «sono fondati sull’ignoranza crassa della storia e della teoria economica, ma forse proprio per questo sorreggono con arroganza una politica di potenza nazionale che ricorda troppo quell’infausto “Lebensraum” (spazio vitale) che spaventa tutto il mondo, soprattutto ora che quell’arroganza si allea con l’aggressività cinese».
    È pur vero, osserva Sapelli, che la Bce si prepara dar vita a 500 miliardi di programma di acquisti anti-virus (Pepp) e a spostare la scadenza dal 30 giugno al 31 dicembre 2021. Ma tutto ciò è insufficiente: solo la Fed si è posta a capo di quella politica innovativa che Sapelli ha più volte ricordato. Per Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, è vitale sostenere l’economia con mezzi monetari adeguati. Lo chiarì Draghi, per primo: di fronte alla crisi-Covid, l’unica soluzione consiste nell’immissione di un fiume di denaro a fondo perduto, non destinato a trasformarsi in debito, da concedere – subito – a Stati, aziende e famiglie. L’alternativa? Non esiste, a meno che non si voglia la catastrofe. Lo stesso Powell ha detto che negli Usa è probabile che il mercato del lavoro si rafforzi ancora di più, e che gli stimoli fiscali (lanciati da Trump) dovrebbero continuare a sostenere la domanda nei prossimi anni. «Come ci insegna l’esperienza storica delle grandi crisi capitalistiche – osserva Sapelli – il panico finanziario diminuisce man mano che i responsabili politici diventano più audaci e creativi. Non a caso, negli ultimi giorni la cosiddetta “atmosfera” è migliorata, sui mercati finanziari. E questo per l’azione politica estremamente decisa degli Stati Uniti, nonostante la campagna elettorale e la guerra civile strisciante in corso in quella grande nazione».
    Nell’ultima settimana, aggiunge Sapelli, la stessa Fed ha esteso il suo “quantitative easing” alle obbligazioni municipali a breve termine, e ha annunciato un programma di acquisti che investirà obbligazioni societarie e Asset Backed Securities per 300 miliardi di dollari. Ha poi reso il programma Qe “illimitato” (inizialmente da 700 miliardi di dollari). «Nel frattempo, il Congresso ha approvato, bipartisan, un piano fiscale da 2.000 miliardi di dollari, pari a circa il 10% del Pil nazionale! Il pacchetto finanzia nazionalizzazioni di salvataggio, aiuti alle Pmi, sostegno al reddito delle famiglie, indennità di disoccupazione e sanità». Il programma di salvataggio include garanzie che potrebbero essere fatte lievitare 10 volte dalla Fed. «L’Europa, invece, nonostante gli annunci, spinge il mondo verso la catastrofe. E la Bce è ancora l’unica a prendere posizione». La classi politiche e burocratiche europee, aggiunge Sapelli, non sono riuscite a trovare un accordo su un’eventuale mutualizzazione dei costi della crisi sufficiente per superarla. Per questo la Bce, superando le opposizioni della sua tecnocrazia teutonica, «ha reso sempre più credibile il suo programma per l’emergenza pandemica (750 miliardi di euro), eliminando il limite per i titoli di Stato che finora ha vincolato gli acquisti sugli asset pubblici».
    Secondo Sapelli, «è giunta l’ora di comprendere come sia importante dar seguito all’idea che Christine Lagarde annulli completamente il credito derivato dalla sua politica di acquisti anti-crisi». Una banca centrale, «anche la Bce che stoltamente non lo è»,  può benissimo avere “mezzi propri” per gli acquisti di titoli di Stato. Per aggirare le resistenze della Corte Costituzionale tedesca, contraria all’azzeramento dei debiti, basterenne «trasformarli in una rendita perpetua, che la Bce deterrebbe nei confronti degli Stati a tassi di interesse nulli». Sarebbe un’applicazione della Teoria Monetaria Moderna evocata dallo stesso Draghi? La Mmt sostiene che i governi dovrebbero usare la politica fiscale per conseguire la piena occupazione, mentre le banche centrali creano il denaro necessario per finanziarne gli acquisti. Niente di strano: «È ciò che già da tempo accade negli Usa, e che gli ignoranti si affannano a non riconoscere: la Mmt negli Stati Uniti è una realtà». E’ proprio questa emissione “illimitata” di denaro che sta salvando l’economia privata. Anche per Sapelli è la strada maestra, ovvero l’unica praticabile, oggi. In questo modo, «Europa ordoliberista permettendo», si potrebbe «fuoriuscire dalla crisi pandemica».

    «La politica monetaria resterà accomodante fino a quando i vaccini saranno ben sviluppati e la ripresa potrà guadagnare slancio». Lo ha affermato Christine Lagarde, anticipando probabilmente le scelte che saranno annunciate dalla Bce a dicembre. Per Giulio Sapelli, storico dell’economia, il rapporto tra finanza ed economia reale oggi «ha bisogno di fondamentali innovazioni, rispetto alla vulgata ordoliberista dolorosa e infausta». E aggiunge: «I dogmi teutonici inscritti nello statuto della Bce si sono solo fatti dimenticare dall’azione di marca Usa propugnata grazie a Mario Draghi». In altre parole: stop al rigore, come richiesto da Super-Mario anche nel famoso editoriale sul “Financial Times”, a marzo. “La ricetta-Draghi vale più di tutti i lockdown”, sintetizza il “Sussidiario” nel presentare l’analisi di Sapelli, secondo cui i dogmi dell’austerity «sono fondati sull’ignoranza crassa della storia e della teoria economica, ma forse proprio per questo sorreggono con arroganza una politica di potenza nazionale che ricorda troppo quell’infausto “Lebensraum” (spazio vitale) che spaventa tutto il mondo, soprattutto ora che quell’arroganza si allea con l’aggressività cinese».

  • Novelli: capitalismo al capolinea, la finanza se l’è mangiato

    Scritto il 21/5/20 • nella Categoria: segnalazioni • (1)

    Le Borse festeggiano la fine imminente del lockdown globale ma, a questi livelli, non stanno certamente prezzando il danno che rimarrà sull’economia, sui profitti attesi, sull’occupazione e, soprattutto, sulle insolvenze che arriveranno. Credo che il reale impatto che la pandemia avrà sull’economia globale si capirà solo nei prossimi tre mesi, quando si avrà una evidenza di come effettivamente si delinea il ritorno alla normalità tanto attesa. Se guardiamo a quello che accade in Cina non ci sono motivi per essere particolarmente ottimisti. Sebbene il governo cinese abbia imposto la ripresa dell’attività industriale, quello che accade fuori dal settore produttivo, in gran parte gestito con politiche centralizzate, non lascia spazio a facili entusiasmi. Il settore dei servizi e dei consumi interni, che non è gestito da politiche centralizzate e dipende dalla reale domanda privata, è pesantemente penalizzato dal fatto che i cittadini cinesi non hanno ancora superato lo shock, e la paura del contagio rimane latente. Le vendite al dettaglio sono ancora sotto del 16% rispetto a fine 2019 e gli unici settori che vedono un incremento dell’attività sono il settore pharma (+8%) e quello alimentare (+18%). I consumi di carburante e i ristoranti, che sono settori indicativi di un ritorno alla mobilità della popolazione e quindi dei consumi, sono -20% il primo e -57% il secondo.

  • Seconda ondata Covid e IV Reich: così moriremo, nel 2021

    Scritto il 20/5/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    L’unica cosa che possa evitare all’Italia il disastro economico e sociale entro uno o due anni, è l’immediata creazione e distribuzione di massicci mezzi monetari senza indebitamento, del tipo banca centrale o biglietti di Stato, a circolazione interna se non europea. Ma Berlino non vuole – riserva a sé questa facoltà, per scopi di supremazia. Gli Usa, se non vogliono vedere l’Italia presto mangiata dalla Germania, possono mobilitare le forze che hanno in Germania e in Italia e fare un régime change, eliminando la cricca suprematista eurogermanica, poiché Berlino vuole che l’Italia resti senza moneta onde potersi pappare gli assets italiani, spartendoseli con Parigi; poiché a questo fine la sua Corte Costituzionale ha bocciato il Qe che mantiene sostenibile il debito pubblico italiano; poiché i vertici istituzionali italiani sono sottomessi a Berlino; e poiché le uniformi italiane ancora non intervengono a difesa della patria e della sua Costituzione in pericolo e obbediscono ai golpisti, anche se crescono i segni di riflessione.
    La Germania dà molti soldi alle famiglie e alle imprese, in modo che queste ultime possano prendersi quote di mercato e aziende dei paesi sottomessi e sliquidizzati. Il governo italiano potrebbe fare la medesima cosa, perché gli stessi trattati europei lo consentono; ma, essendo comandato da Berlino, agli italiani ha promesso poco e dato quasi niente, nemmeno la cassa integrazione, e quel che forse darà alle imprese saranno garanzie per prestiti bancari onerosi, perlopiù per far sì che paghino le tasse a giugno indebitandosi ancora di più. E il Recovery Fund vive solo nel suo story telling. Buona parte delle piccole e piccolissime imprese non riaprirà o chiuderà presto per mancanza di soldi o di convenienza a lavorare alle condizioni restrittive imposte. Avremo milioni di disoccupati in più. Il gettito fiscale affonderà, gli oneri sociali schizzeranno, nel 2021 vi sarà una spaventosa crisi finanziaria. I disoccupati vedranno i capitali stranieri fare shopping delle migliori aziende italiane, aiutati dalle banche e dal governo, come già sono abituati a fare.
    Solo allora la bovina opinione pubblica capirà il disastro e il tradimento, la vastità della voragine che aperta già oggi. Se a quel punto il governo imporrà maggiori tasse, toglierà denaro a un’economia già dissanguata, causando insolvenze a catena e ulteriori morie aziendali – anzi, come farà a prelevare sangue che non c’è? E come farà a pagare gli stipendi e le rendite alla sua pletora di dipendenti e di assistiti inutili e falsi invalidi da mangiatoia elettorale? Chiederà allora i soldi del Mes, prestiti a breve termine con condizionalità, che vincoleranno la politica economica di ogni futuro governo per molti anni ai diktat di Berlino. Forse, per reazione, arriverà un governo con la volontà e la forza di strappare con Brussel e il Quarto Reich. Ma se resterà in carica un governo europeista, a quel punto esso dovrà fronteggiare uno scontento popolare molto energico e dirompente, e prevedo che lo farà servendosi di una nuova e già preannunciata emergenza epidemica, una seconda ondata del virus, peggiore della prima, che gli consentirà di indire un coprifuoco per tener vuote le piazze e impedire l’attività politica, aiutandosi anche con le app di tracciamento individuale obbligatorie.
    Se lo spread, il rating e i mercati non bastano per educare gli Italiani, vi sono altri mezzi. Dato che le opposizioni sono impotenti, il Parlamento disattivato, e che le forze armate nazionali non prendono l’iniziativa, l’intervento di Washington su Berlino è l’unica possibilità per salvare l’Italia, ancorché astratta. Berlino non si sta affatto preparando a lasciare l’Eurozona o l’Unione, come molti pensano, bensì a dominarla più saldamente: infatti, con la recente sentenza, la Corte Costituzionale di Karlsruhe si è posta al di sopra della Corte Europea e dell’indipendenza statutaria della Bce, come suprema fonte della legalità dell’Unione Europea. Se non ora, quando? Se non Donald, chi?
    (Marco Della Luna, “Seconda ondata e Quarto Reich”, dal blog di Della Luna del 16 maggio 2020).

    L’unica cosa che possa evitare all’Italia il disastro economico e sociale entro uno o due anni, è l’immediata creazione e distribuzione di massicci mezzi monetari senza indebitamento, del tipo banca centrale o biglietti di Stato, a circolazione interna se non europea. Ma Berlino non vuole – riserva a sé questa facoltà, per scopi di supremazia. Gli Usa, se non vogliono vedere l’Italia presto mangiata dalla Germania, possono mobilitare le forze che hanno in Germania e in Italia e fare un régime change, eliminando la cricca suprematista eurogermanica, poiché Berlino vuole che l’Italia resti senza moneta onde potersi pappare gli assets italiani, spartendoseli con Parigi; poiché a questo fine la sua Corte Costituzionale ha bocciato il Qe che mantiene sostenibile il debito pubblico italiano; poiché i vertici istituzionali italiani sono sottomessi a Berlino; e poiché le uniformi italiane ancora non intervengono a difesa della patria e della sua Costituzione in pericolo e obbediscono ai golpisti, anche se crescono i segni di riflessione.

  • Conte va bloccato ora, prima che finisca di demolire l’Italia

    Scritto il 16/5/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    I mass media sono impegnati a nascondere tutte le manifestazioni di dissenso contro Conte e a farlo falsamente apparire come gradito alla maggioranza del paese. Conte sta portando avanti due linee di azione: l’eversione costituzionale per instaurare una dittatura tecnocratica; e la rovina economica del paese per consentire il suo saccheggio da parte dei capitali internazionali, che sono i suoi patron politici. Solo tenendo accesi i riflettori sui suoi soprusi si può bloccarlo, impedirgli manovre come inscenare un ritorno del contagio per chiudere nuovamente il paese e dargli la mazzata finale, specialmente in agosto o settembre, quando da un lato si concretizzeranno i danni economici del lockdown e dall’altro la Bce, secondo la recente sentenza della Corte Costituzionale tedesca, dovrà cessare il Qe. Quindi potrà esplodere una bella crisi sociale e una protesta di popolo. Parliamo dei patron politico-economici del governo. Vi è un’industria farmaceutica che paga una ricerca e una divulgazione presentate come scientifiche ma sempre meno credute tali, perché sempre più percepite, pagate e dirette dal business nonché contraddittorie, incerte e regolarmente smentite nelle loro affermazioni.
    Questa industria gestisce i laboratori dove si elaborano virus e batteri, da uno dei quali pare sia uscito il Covid-19; e al contempo elabora e venderà ai governi un promesso vaccino per debellare il virus, nascondendo che questo tipo di virus è mutevole, quindi il vaccino non può essere la soluzione. Conte ha già detto sì a Bill Gates. Altre esigenze premono sul governo: quelle della mafia, che vuole non solo la liberazione dei suoi boss, ma soprattutto una grave e generale crisi di liquidità delle imprese, specie al Sud, per poterle rilevare coi suoi soldi sporchi; quindi vuole più lockdown e niente sovvenzioni alle imprese; quelle di investitori stranieri, pure interessati a che imprese private e pubbliche entrino in crisi, per poterle rilevare; e a partecipare a privatizzazioni necessitate dai bisogni finanziari dello Stato; quelle dei fondi di investimento stranieri, interessati a che si produca una diffusa insolvenza onde poter acquisire a prezzi irrisori i crediti in sofferenza e gli assets immobiliari posti a loro garanzia.
    Quelle della grande distribuzione, che ha interesse a che le piccole e piccolissime imprese italiane, iniziando dai bar e dai ristoranti, chiudano, onde poter occupare il loro spazio di mercato assorbendo i lavoratori ex autonomi con contratti precari e poco remunerati; quelle della Germania, che mira da un lato ad assicurarsi la continuità della collaborazione subalterna dell’industria italiana nelle sue filiere produttive, e dall’altro a spogliare l’Italia come già ha fatto con la Grecia (assieme alla Francia); quelle della pubblica amministrazione, che deve giustificare o coprire il fatto che ha speso centinaia di milioni e sospeso per mesi molti trattamenti diagnostici e terapeutici negli ospedali per allestire centri Covid-19 basati sulla terapia intensiva e i ventilatori: centri che sono rimasti quasi inutilizzati, anche perché la malattia non è respiratoria ma circolatoria e raramente richiede terapia intensiva; e anche deve nascondere il fatto che quasi tutti i decessi sono dovuti ad errore diagnostici e terapeutici.
    L’obbedienza ai predetti interessi potrebbe essere la ragione per la quale il governo italiano, in clamorosa differenza da altri governi, non eroga o ritarda i sostegni alle imprese e alle famiglie, mandandole in crisi. Darebbe conto altresì della costituzione della Commissione Colao da parte del governo, in pratica sostituzione del Parlamento, composta da esperti fiduciari dei capitali sovranazionali interessati ad approfittare della situazione, come detto sopra. Potrebbe anche essere la ragione per la quale il governo insiste che concederà la normalità solo quando vi sarà il vaccino, e al contempo manda i Nas a inquisire i medici di Mantova che hanno messo a punto una cura sierologica che minaccia i profitti di Big Pharma. Analogamente spiegherebbe perché il governo italiano non ha preso le misure più ovvie a tutela della salute pubblica: prescrivere l’assunzione di vitamina D e la chiusura degli impianti che emettono polveri sottili, che predispongono alla malattia.
    Potrebbe spiegare anche il fatto che il governo italiano, per giustificare provvedimenti sospensivi della Costituzione e di diritti costituzionali inviolabili, ha ritardato di circa due mesi gli interventi anticontagio e in seguito ha sempre diffuso dati statistici privi di valore scientifico, esagerati per creare terrore, in quanto riportanti come dovuti al virus tutti i decessi, anche quelli dovuti ad altre malattie – vedasi i dati autoptici, quelli dell’Iss, quelli dell’Istat, dai quali risultano meno morti quest’anno che l’anno scorso, nei primi 4 mesi, anche per malattie respiratorie. Soprattutto bisogna prevenire che Mattarella, da qui a uno, due o tre mesi, quando Conte avrà completato la sua opera a danno del paese, se la possa cavare mandandolo a casa, lasciando addossare a lui la colpa del disastro, mettendo su un nuovo governo e dicendoci: cari italiani, l’Europa ci ha lasciato soli, Conte ha sbagliato a fidarsi, il danno è fatto, mi dispiace, ora dovete pagare, fidatevi del mio nuovo governo. No, venerando Presidente, così non va: sapendo che cosa ha in cantiere, Conte e i suoi decreti incostituzionali vanno fermati adesso, prima che sia troppo tardi. Dopo, nessuno se ne potrà lavare le mani. Presidente, noi vi teniamo d’occhio. Uno per uno.
    (Marco Della Luna, “Presidente, vi teniamo d’occhio”, dal blog di Della Luna del 10 maggio 2020).

    I mass media sono impegnati a nascondere tutte le manifestazioni di dissenso contro Conte e a farlo falsamente apparire come gradito alla maggioranza del paese. Conte sta portando avanti due linee di azione: l’eversione costituzionale per instaurare una dittatura tecnocratica; e la rovina economica del paese per consentire il suo saccheggio da parte dei capitali internazionali, che sono i suoi patron politici. Solo tenendo accesi i riflettori sui suoi soprusi si può bloccarlo, impedirgli manovre come inscenare un ritorno del contagio per chiudere nuovamente il paese e dargli la mazzata finale, specialmente in agosto o settembre, quando da un lato si concretizzeranno i danni economici del lockdown e dall’altro la Bce, secondo la recente sentenza della Corte Costituzionale tedesca, dovrà cessare il Qe. Quindi potrà esplodere una bella crisi sociale e una protesta di popolo. Parliamo dei patron politico-economici del governo. Vi è un’industria farmaceutica che paga una ricerca e una divulgazione presentate come scientifiche ma sempre meno credute tali, perché sempre più percepite, pagate e dirette dal business nonché contraddittorie, incerte e regolarmente smentite nelle loro affermazioni.

  • Pelanda: aggirare la Germania, con soldi in arrivo dagli Usa

    Scritto il 01/4/20 • nella Categoria: segnalazioni • (2)

    Miliardi pronto uso, tramite la Bce di Christine Lagarde. Ma con il debito ridimensionato nel solo modo possibile: tramite l’aiuto della Fed, la banca centrale statunitense. Secondo l’economista Carlo Pelanda, intervistato da Federico Ferraù per il “Sussidiario”, è questo il piano che Mario Draghi tiene nel cassetto, per evitare che la crisi sia peggio del coronavirus. L’Unione Europea appare disarmata e divisa, riassume Ferraù: divisa, perché senza unità di intenti; disarmata, perché lo statuto della Bce non le concede la flessibilità e gli strumenti di cui è dotata la Federal Reserve. Eppure una strada ci saebbe, in due mosse. La prima: «Cercare la garanzia europea di ultima istanza dove il voto è a maggioranza e non vincolato dall’unanimità: la Bce». La seconda: «Assorbire dentro il bilancio della Bce il debito di emergenza che non può essere ripagato», sapendo però che la Germania dirà di no. «La via d’uscita? Un patto con la Fed è inevitabile». Premessa: Ursula von der Leyen rifiuta i coronabond, invocati da Italia, Spagna e Francia. La Germania pone il veto – dice Pelanda – perché teme che gli elettori tedeschi non capirebbero. Meglio aggirarli, tramite la Bce: «Se questa compra debiti in modo illimitato, allora gli Stati potranno fare più debito d’emergenza». Una strada «subottimale», dice l’economista, «per avere soldi e allo stesso tempo non spaccare l’Ue».
    Sull’espansione del bilancio Bce – dice Pelanda – la Germania, pur contraria, non si opporrà oltre misura. «Anche perché il suo elettorato, come tutti gli altri, non riuscirà a capire le tecnicalità, lasciando al governo uno spazio diplomatico: prendete i soldi dove posso nasconderlo agli elettori tedeschi. Per questo – aggiunge il professore – trovo da dilettanti la richiesta delle nazioni mediterranee di forzare l’impossibile». Intanto, però – sottolinea Ferraù – la nostra economia è entrata in un tunnel. «Decine di imprenditori mi telefonano disperati», racconta Pelanda. «Se il mio cliente tedesco riapre il 14 aprile e io non posso rifornirlo – mi dice uno dei leader mondiali di componentistica avanzata – i tedeschi acquisteranno dai cinesi. Quindi, oltre al problema di cassa d’emergenza, c’è il rischio strutturale di perdita di fette di mercato». La ricetta? «Far ripartire i settori produttivi dove è possibile rendere sicuro il processo, anche perché la ripresa avverrà in presenza del rischio residuo di contagio». Secondo Pelanda, all’Ue si può chiedere solo di allentare il Patto di Stabilità (come già ottenuto) e di lasciare aperti i confini per il commercio.
    «Altro – dice Pelanda – una Ue che non esiste non può fare, a parte restituire all’Italia (in forma di investimenti e garanzie) i soldi che l’Italia ha già versato ai fondi». L’attenzione, semmai, va indirizzata alla Bce. «Quei 750 miliardi di Qe, estendibili, lanciato senza preoccuparsi delle “capital keys” sono una cosa seria. Metà di quello che poteva, la Bce lo ha fatto». E l’altra metà qual è? «Cominciare a pensare come assorbire, dentro il bilancio della Bce, il debito di emergenza che non può essere ripagato». Se invece dobbiamo ripagarlo, anche con formule diluite nel tempo, «uccidiamo la ripresa, rischiando che il dopo-crisi sia peggiore della crisi epidemica». È quello che Mario Draghi ha evocato nel suo ultimo intervento, sul “Financial Times”. «Senza sterilizzazione o cancellazione parziale del debito – conferma Pelanda – gli Stati non avrebbero più spazio, nella loro politica fiscale, per fare investimenti a sostegno di economia e famiglie». Dunque non basta stampare moneta, «bisogna anche annullare una parte del debito». E come? Attraverso gli Usa: «Siccome il dare facoltà di de-debitazione alla Bce non riuscirà mai a passare, la Fed, con statuto immensamente più flessibile, è destinata a diventare il vero prestatore di ultima istanza anche per l’Eurozona».
    La convergenza, spiega il professore, avverrebbe «con un trattato commerciale che integri i due mercati, al punto che non possano avere oscillazioni valutarie. Sarebbe la soluzione – via bypass – del problema tedesco». Che è drammatico: «I politici tedeschi capiscono la situazione, non sono sprovveduti. Alle obiezioni sul gap di garanzia di ultima istanza nell’Eurozona rispondono disperati che, se ci diamo una Fed europea, l’elettorato li destabilizza, spaccandosi tra un’estrema destra e un’estrema sinistra. In effetti – aggiunge Pelanda – l’elettorato tedesco è provinciale e non capisce. Inoltre non ha ancora assorbito la sostituzione del marco con l’euro. Bisogna tenerne conto». L’unica possibilità, sostiene Pelanda, è quella di continuare ad avere una Bce incompleta, aggirando il problema mediante un accordo di mercato con gli Usa, modello Ttip. «Questa è la la soluzione, e andrebbe bene a entrambi. Sarebbe l’aggregato economico, finanziario e militare più forte del pianeta. Inoltre, al dollaro conviene avere l’euro come moneta ancillare per mantenere lo status di riferimento mondiale».

    Miliardi pronto uso, tramite la Bce di Christine Lagarde. Ma con il debito ridimensionato nel solo modo possibile: tramite l’aiuto della Fed, la banca centrale statunitense. Secondo l’economista Carlo Pelanda, intervistato da Federico Ferraù per il “Sussidiario“, è questo il piano che Mario Draghi tiene nel cassetto, per evitare che la crisi sia peggio del coronavirus. L’Unione Europea appare disarmata e divisa, riassume Ferraù: divisa, perché senza unità di intenti; disarmata, perché lo statuto della Bce non le concede la flessibilità e gli strumenti di cui è dotata la Federal Reserve. Eppure una strada ci saebbe, in due mosse. La prima: «Cercare la garanzia europea di ultima istanza dove il voto è a maggioranza e non vincolato dall’unanimità: la Bce». La seconda: «Assorbire dentro il bilancio della Bce il debito di emergenza che non può essere ripagato», sapendo però che la Germania dirà di no. «La via d’uscita? Un patto con la Fed è inevitabile». Premessa: Ursula von der Leyen rifiuta i coronabond, invocati da Italia, Spagna e Francia. La Germania pone il veto – dice Pelanda – perché teme che gli elettori tedeschi non capirebbero. Meglio aggirarli, tramite la Bce: «Se questa compra debiti in modo illimitato, allora gli Stati potranno fare più debito d’emergenza». Una strada «subottimale», dice l’economista, «per avere soldi e allo stesso tempo non spaccare l’Ue».

  • Mes, paghiamo noi per la Germania: Conte è come Monti

    Scritto il 02/12/19 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Ho ascoltato l’intervento di Giuseppe Conte in Parlamento e l’ho trovato sciagurato in quanto rappresenta un’orgia montiana! In poche veritiere parole vi spiego come avviene una crisi finanziaria e lo farò come se parlassi a mia zia di 90 anni. Un grosso colosso finanziario, ad esempio Deutsche Bank, è carico di titoli tossici per un ammontare pari a 3 volte il Pil dell’intera Europa. Ad un certo punto alcuni debitori privati non riescono a restituire i crediti a questa banca, ed è per questo che sono definiti “tossici” (non essendo coperti da adeguato riscontro reale); per non fallire la banca si rifà sugli Stati, visto che è creditrice pure verso di essi (gli Stati hanno politici servizievoli, pagano tutto e puntuale), per la precisione verso gli Stati di cui detiene Btp, Bot, ecc, che rappresentano il debito pubblico (dei paesi in questione). A questo punto lo spread sale, perché i paesi non possono avere nell’immediato simili quantità di liquidi, e la colpa di tutto ricade su questi ultimi. Non sulla Germania, quindi… indovinate un po’ quale paese in particolare finirà sotto accusa? Altro che Mes, che integra e che non ha nel mirino nessun paese in particolare, caro premier (studi la sostanza, non si fermi come Don Abbondio ai cavilli, al “Latinorum”)!
    Ricordo che quando l’inglese Lehman Brothers fallì, la Banca d’Inghilterra, teoricamente più esposta, ripianò tutte le sofferenze emettendo moneta e superando così, senza troppi contraccolpi sociali, questa emergenza. Invece del Mes deve essere la Bce a garantire! E’ l’ora di smetterla di mettere di mezzo gli italiani in nome del neoliberismo turbofinanziario. Al contrario degli inglesi, “l’Europa dei popoli” socializzò le perdite, cioè le fece pagare ai cittadini (leggasi suicidi, tagli, licenziamenti, tasse), cosa che fece scandalizzare Beppe Grillo, all’epoca non ancora fulminato sulla via della casa di Bibbona (insieme al figlio indagato). All’epoca i politici nascosero la “soluzione inglese” e congiuntamente, con gli stessi toni autorevoli attuali di Conte, dalle parti del Pd e dintorni, ci dissero che non potevamo emettere moneta perché si sarebbe fatta viva l’inflazione. Il sottoscritto (e in formato deluxe Alberto Bagnai) si dette da fare per diffondere questa stortura. Niente da fare. Successivamente, per salvare l’euro (non per salvare noi cittadini, sia chiaro) Draghi sentenziò «whatever it takes», e finalmente azionò il bazooka della Bce emettendo una enorme quantità (bolla) di denaro, direttamente e rigorosamente nelle casseforti delle banche private di mezzo mondo.
    Tutto ciò non provocò nessuno scompenso inflattivo: ma si sapeva; bastava studiare, per dirla alla Giuseppe Conte oggi in Parlamento, perché questa versione (allo stesso modo delle ragioni del Mes) era una burla, visto che la moneta è endogena (solo se circola si genera inflazione, cioè se si crea lavoro e/o alzando i salari). Una burla costata carissima, e adesso ci risiamo! Gli attori sono gli stessi, con il M5S al posto di Scelta Civica. Il Mes non è altro che un sistema per socializzare le perdite, cioè per far ripagare alla gente la prossima crisi; eppure, anche oggi in Parlamento, con un linguaggio simile al politichese della Prima Repubblica, viene descritto come meccanismo virtuoso (sic!) e inclusivo (straSic!). Le banche non hanno imparato niente dal 2007 perché non conoscono il rischio di impresa! Continuano a giocare i soldi “ai cavalli” perché conviene loro, se va bene ottengono enormi profitti speculativi (che paghiamo noi cittadini, indirettamente); quando perdono, poi, paga pantalone (noi cittadini, direttamente col Mes). Orgia neoliberista, quindi. Secondo il premier, il Mes renderebbe stabile l’Unione Monetaria e si incamminerebbe verso la condivisione dei rischi ma, in conclusione, è una ingiusta forma di drenaggio di liquidità dalle tasche dei contribuenti a quelle delle banche. Questo è bene saperlo; e questo era bene chiarire, a prescindere dalle proprie opinioni in merito.
    (Marco Giannini, Libreidee, 2 dicembre 2019).

    Ho ascoltato l’intervento di Giuseppe Conte in Parlamento e l’ho trovato sciagurato in quanto rappresenta un’orgia montiana! In poche veritiere parole vi spiego come avviene una crisi finanziaria e lo farò come se parlassi a mia zia di 90 anni. Un grosso colosso finanziario, ad esempio Deutsche Bank, è carico di titoli tossici per un ammontare pari a 3 volte il Pil dell’intera Europa. Ad un certo punto alcuni debitori privati non riescono a restituire i crediti a questa banca, ed è per questo che sono definiti “tossici” (non essendo coperti da adeguato riscontro reale); per non fallire la banca si rifà sugli Stati, visto che è creditrice pure verso di essi (gli Stati hanno politici servizievoli, pagano tutto e puntuale), per la precisione verso gli Stati di cui detiene Btp, Bot, ecc, che rappresentano il debito pubblico (dei paesi in questione). A questo punto lo spread sale, perché i paesi non possono avere nell’immediato simili quantità di liquidi, e la colpa di tutto ricade su questi ultimi. Non sulla Germania, quindi… indovinate un po’ quale paese in particolare finirà sotto accusa? Altro che Mes, che integra e che non ha nel mirino nessun paese in particolare, caro premier (studi la sostanza, non si fermi come Don Abbondio ai cavilli, al “Latinorum”)!

  • Il “nuovo” Draghi spaventa i mostri del rigore eurocratico

    Scritto il 10/10/19 • nella Categoria: segnalazioni • (3)

    Chi ha paura del “nuovo” Mario Draghi, che – insieme a Christine Lagarde – auspica una governance monetaria che sia l’esatto contrario di quella esibita finora, alla guida della Bce? Dopo gli attacchi arrivati da banche e assicurazioni tedesche, segnala il “Fatto Quotidiano”, la politica di Draghi finisce nel mirino della vecchia guardia dell’Eurotower. «Da ex banchieri centrali e cittadini europei assistiamo con crescente preoccupazione all’attuale modalità di crisi della Bce», si legge nel documento di due pagine firmato tra gli altri dall’ex capo economista della Bce, Juergen Stark. Il sospetto è che il nuovo quantitative easing, cioè il piano di acquisto di titoli di Stato, possa nascondere l’obiettivo di «proteggere i paesi altamente indebitati da un rialzo dei tassi di interesse». Inoltre, secondo gli ex banchieri centrali, i tassi di interesse bassissimi creano effetti redistributivi «a favore dei proprietari di asset immobiliari», che genererebbero «serie tensioni sociali», mentre «le giovani generazioni si vedono private dell’opportunità di provvedere alla vecchiaia con investimenti sicuri che rendano».
    Il documento è firmato anche da Herve Hannoun, ex vice governatore della Banque de France, dall’ex componente del comitato esecutivo della Bce Otmar Issing, dall’ex governatore della banca centrale austriaca Klaus Liebscher, dall’ex presidente della Bundesbank Helmut Schlesinger e dall’ex governatore della banca centrale olandese Nout Wellink. Le valutazioni sono state condivise anche dall’ex governatore francese Jacques de Larosiere. Il tono del documento è inequivocabile: «L’acquisto protratto di titoli da parte della Bce difficilmente produrrà un effetto positivo sulla crescita». Parole che sembrano comiche, se si tiene conto che a pronuciarle sono proprio gli ingegneri europei della non-crescita deliberata. Uomini come Issing, che – prima ancora dello stesso Draghi – hanno teorizzato apertamente la disciplina del massino rigore nei conti pubblici, condannando in tal modo i paesi Ue alla sofferenza economica. E infatti, ecco il punto: «Da un punto di vista economico, la Bce è già entrata nel territorio del finanziamento monetario della spesa dei governi, che è strettamente proibita dai Trattati», cioè gli accordi-sciagura su cui è stata costruita la stessa Eurozona.
    Due giorni prima, ricorda sempre il “Fatto”, Draghi era stato attaccato dal capo della più grande compagnia assicurativa europea, Oliver Baete della tedesca Allianz, che in un’intervista al “Financial Times” ha sostenuto che il banchiere centrale europeo non sarebbe indipendente dai governi. «La ragione per la quale non stiamo facendo riforme fiscali è perché tu stai rendendo facile per la gente spendere soldi che non ha», ha detto l’amministratore delegato di Allianz. «Mi dispiace. Invero abbiamo creato banche centrali indipendenti affinché questo non succedesse, affinché le banche centrali non stampassero denaro. La gente dice che Draghi è indipendente. No, non lo è», ha sostenuto. Getta la maschera, il potere finanziario eurocratico: voleva una Bce arcigna e non disponibile a garantire lo svilippo dell’economia reale con gli eurobond? Draghi ha eseguito gli ordini, per anni. Solo ora, lasciando l’incarico, evoca scenari di segno opposto. E questo, a quanto pare, basta a scatenare il panico tra i signori dell’austerity, quelli che hanno letteralmente sabotato proprio quelle “giovani generazioni” che fingono di tutelare.

    Chi ha paura del “nuovo” Mario Draghi, che – insieme a Christine Lagarde – auspica una governance monetaria che sia l’esatto contrario di quella esibita finora, alla guida della Bce? Dopo gli attacchi arrivati da banche e assicurazioni tedesche, segnala il “Fatto Quotidiano”, la politica di Draghi finisce nel mirino della vecchia guardia dell’Eurotower. «Da ex banchieri centrali e cittadini europei assistiamo con crescente preoccupazione all’attuale modalità di crisi della Bce», si legge nel documento di due pagine firmato tra gli altri dall’ex capo economista della Bce, Juergen Stark. Il sospetto è che il nuovo quantitative easing, cioè il piano di acquisto di titoli di Stato, possa nascondere l’obiettivo di «proteggere i paesi altamente indebitati da un rialzo dei tassi di interesse». Inoltre, secondo gli ex banchieri centrali, i tassi di interesse bassissimi creano effetti redistributivi «a favore dei proprietari di asset immobiliari», che genererebbero «serie tensioni sociali», mentre «le giovani generazioni si vedono private dell’opportunità di provvedere alla vecchiaia con investimenti sicuri che rendano».

  • Sapelli: con Pd-M5S l’Italia sparisce come paese industriale

    Scritto il 17/8/19 • nella Categoria: idee • (7)

    La via maestra sono le urne. In questo caso il governo può rimanere in carica per l’ordinaria amministrazione, non c’è bisogno di farne un altro. E una volta che si è dimesso Conte, anche Salvini può dimettersi da ministro dell’interno. Conte e il cardinale Parolin si confrontano su molti dossier, Cina compresa; Oltretevere si stanno muovendo con forti ingerenze nella politica italiana. In questo momento poi gli americani sono profondamente divisi anche sull’Italia. I trumpiani, sulla carta a favore di Salvini, potrebbero essere insoddisfatti di come ha disatteso le loro richieste di una maggiore distanza dalla Cina. Ma c’è anche l’altra parte, quella che ha ancora in mano l’America che conta: la finanza. Cosa vuole la grande finanza americana? Che Salvini sparisca il prima possibile. La firma del memorandum con la Cina ha spiazzato gli Usa. Ora però  è come se Washington avesse improvvisamente riscoperto l’importanza dell’Italia. Proprio per questo gli Usa dovrebbero fare di tutto perché si andasse al voto, in modo che la Lega, vincendo, metta a tacere i 5 Stelle.
    In altri tempi sarebbe andata così. L’ambasciata americana avrebbe svolto un ruolo di primo piano, anche se non sotto i riflettori, per ovvie ragioni. Un governo costituente? Il sistema è così disgregato che un governo costituente non farebbe che sancire la disgregazione. Farebbe la stessa fine della bicamerale di D’Alema. Si dovrebbe riscrivere una parte della Costituzione, ma chi potrebbe farlo? Ci vorrebbe una riflessione sullo Stato in Italia e non vedo chi potrebbe farla. Prima di fare un governo costituente bisogna creare una nuova classe politica. Lo stesso proposito di ridurre il numero dei parlamentari al di fuori di una visione istituzionale è pazzesca. Del M5S non mi sorprendo perché è il massimo che poteva produrre. La Lega però non doveva prestarsi. In questo è ancora figlia di Tangentopoli. E dato che secondo me la Lega è un animaletto destinato ad andare lontano, strada facendo dovrebbe depurarsi, proprio come fanno le lumache.
    Che governo sarebbe quello di una maggioranza M5S-Pd? Un governo “clintoniano”, sponsorizzato dai grandi big dell’industria finanziaria mondiale. Porterebbe avanti una politica di sottomissione piena dell’Italia all’austerity europea. Uno scenario che farebbe il gioco della Francia. La crisi tedesca determina un ripiegamento di Berlino, e questo dà alla Francia una grande spinta, anche se la sua produzione industriale è ferma. Parigi però ha un rapporto privilegiato con l’Africa, che sfrutta grazie al franco Cfa avvantaggiandosi negli scambi e nelle materie prime. Senza il contrappeso tedesco, l’attivismo di Parigi rafforzerà la Cina, che ha con la Francia un rapporto privilegiato in Europa da più di un secolo. Il governo M5S-Pd sarebbe in un modo o nell’altro la vittoria di Attali. Se questo governo prende forma, l’Italia tra vent’anni non esisterà più come paese industriale. Se Salvini non l’ha compreso, l’unico fattore che potrebbe deviare questo corso degli eventi sarebbe un intervento del presidente della Repubblica, mandando il paese alle urne.
    Sappiamo tutti che prima di sciogliere le Camere durante la legislatura il capo dello Stato è tenuto a verificare l’esistenza di un’altra maggioranza in Parlamento. Che probabilmente ci sarebbe. D’altra parte sappiamo bene che Napolitano ha risolto i problemi a modo suo, e sempre impedendo agli italiani di votare. Come se ne esce? È la contraddizione di Mattarella. Se Mattarella varasse un governo M5S-Pd, per la prima volta andrebbe contro i suoi legami di profonda amicizia verso gli Stati Uniti, la stessa che ha ispirato il suo dovere quando è stato ministro della difesa (governi D’Alema II e Amato II). D’altra parte, consentendo la parlamentarizzazione della crisi e il patto M5S-Pd, darebbe vita a un governo contrario agli interessi americani attuali in Italia. E a mio modo di vedere, a quelli dell’Italia stessa. Quale sarebbe il programma reale del governo giallorosso? Subordinazione totale alle politiche europee dell’austerità, accelerazione del processo di deindustrializzazione, svendita degli asset strategici del paese.
    Una cura greca, cura si fa per dire; esattamente l’antitesi delle riforme di cui l’Italia avrebbe bisogno. Ovvero: creare una banca pubblica per il sostegno alle Pmi, quello che una volta facevano le grandi banche partecipate. L’austerity non è stata affatto moderata dal quantitative easing, che salva le banche ma non il credito. La cosa curiosa del M5S è che fino ad oggi ha governato da una posizione tipicamente disgregatrice, ostile allo sviluppo e antropologicamente negativa, cioè tutti sono ladri, cattivi e colpevoli tranne noi. Adesso, inaspettatamente, il ribellismo è diventato iper-governismo: le polemiche interne sono cessate, Grillo ha cambiato rotta senza un confronto pubblico, senza che nemmeno abbia votato la “rete”. Tutto è avvenuto attraverso gli ordini impartiti da una cuspide. Prova evidente dell’etero-direzione del M5S.
    Cosa dovrebbe fare Salvini? Spiegare con più chiarezza qual è la vera posizione di questo governo nei rapporti con l’Ue, la Cina, la Russia e gli Usa. Invece di un post su Facebook, la Lega dovrebbe fare un documento con i suoi punti fermi: fedeltà alla Nato, permanenza nell’euro per cambiare i trattati e la politica economica europea mediante alleanze, rapporti con la Russia su posizioni non dissimili da quelle di Colombo o Andreotti, cioè di dialogo, come io credo che Salvini voglia fare. Questo è il momento di fare politica. Anche con la Germania? Alla luce dell’incipiente crisi tedesca, non c’è momento migliore per far capire al Partito popolare europeo che l’austerity è sbagliata.
    (Giulio Sapelli, dichiarazioni rilasciate a Federico Ferraù per l’intervista “Il segreto della crisi è tra il Colle e Washington”, pubblicata da “Il Sussidiario” il 17 agosto 2019).

    La via maestra sono le urne. In questo caso il governo può rimanere in carica per l’ordinaria amministrazione, non c’è bisogno di farne un altro. E una volta che si è dimesso Conte, anche Salvini può dimettersi da ministro dell’interno. Conte e il cardinale Parolin si confrontano su molti dossier, Cina compresa; Oltretevere si stanno muovendo con forti ingerenze nella politica italiana. In questo momento poi gli americani sono profondamente divisi anche sull’Italia. I trumpiani, sulla carta a favore di Salvini, potrebbero essere insoddisfatti di come ha disatteso le loro richieste di una maggiore distanza dalla Cina. Ma c’è anche l’altra parte, quella che ha ancora in mano l’America che conta: la finanza. Cosa vuole la grande finanza americana? Che Salvini sparisca il prima possibile. La firma del memorandum con la Cina ha spiazzato gli Usa. Ora però  è come se Washington avesse improvvisamente riscoperto l’importanza dell’Italia. Proprio per questo gli Usa dovrebbero fare di tutto perché si andasse al voto, in modo che la Lega, vincendo, metta a tacere i 5 Stelle.

  • Christine Lagarde: la macellaia della Grecia a capo della Bce

    Scritto il 06/7/19 • nella Categoria: segnalazioni • (13)

    «Usami per il tempo che ti serve». E ancora: «Se mi usi, ho bisogno di te come guida e come sostegno». La lettera era senza data, ma riconducibile agli anni fra il 2007 e il 2011 quando Christine Lagarde, dal 2 luglio governatore in pectore della Bce, siedeva sulla poltrona di ministro dell’economia della Francia. Così si rivolgeva all’allora presidente Nicolas Sarkozy, dando di sé un’immagine che sottomessa è dir poco. Non sorprenderà, allora, che nel valzer delle nomine che contano in Ue, a spuntarla sia stata proprio Parigi. Classe 1956, è – al pari di Ursula von der Leyen, destinata alla presidenza della Commissione Ue – la prima donna che guiderà la Bce. Si tratta anche della prima personalità senza studi di economia: figlia dell’altissima borghesia parigina, la Lagarde è infatti laureata in giurisprudenza. Esponente dell’Ump, ha iniziato la sua carriera “istituzionale” nel 2005. Senza soluzione di continuità, è stata prima ministro delegato al commercio estero, poi dell’agricoltura e della pesca, successivamente titolare delle finanze e dell’industria. Christine Lagarde diviene nota alle cronache per prendere possesso, nel 2011, dello scranno più alto al Fondo Monetario Internazionale. Succede al suo connazionale Dominique Strauss-Kahn, esautorato a causa di uno scandalo di natura sessuale poi rivelatosi una montatura.
    Non è invece una montatura il ruolo che l’Fmi ebbe nella crisi della Grecia. Pur avendo preso avvio prima del suo insediamento, l’intervento si è concretizzato sotto la presidenza Lagarde. Con i risultati che tutti conosciamo. La Troika era sì composta, oltre che dal Fondo, anche da Unione Europea e Bce. Marchiani furono però gli errori commessi in sede di analisi da parte del primo, che sottostimò clamorosamente i moltiplicatori fiscali (a livello 0,5: erano fra tre e cinque volte più alti), imponendo misure draconiane che riuscirono persino a peggiorare una già drammatica situazione. Il Pil si è così contratto di oltre il 20% in più rispetto alle previsioni e la disoccupazione, che non doveva superare il 15%, è schizzata al 25%. L’Fmi ha scontato, scrisse l’editorialista economico del “Daily Telegraph”, Ambrose Evans-Pritchars, un “pregiudizio pro-euro” che l’ha portato di fatto a «sacrificare la Grecia per salvare l’euro e le banche del Nord Europa». Un curriculum di tutto rispetto, non c’è che dire. Al quale dobbiamo aggiungere il tentativo esperito nel 2011 per tentare di costringere l’Italia ad accettare un intervento finanziario. In cambio ovviamente delle solite “riforme”. Berlusconi e Tremonti si opposero, ma il commissariamento arrivò comunque a novembre di quell’anno con la crisi speculativa sui nostri titoli di Stato e l’insediamento di Mario Monti alla presidenza del Consiglio.
    Con la piena benedizione di Emmanuel Macron, Christine Lagarde arriva così fino al vertice dell’Eurotower. Non un fulmine a ciel sereno, dato che il suo nome era fra quelli papabili. Ma che dice molto sui nuovi equilibri che regneranno in Europa: a questo giro l’ha spuntata la Francia, riuscendo in qualche modo a ridimensionare una Merkel (la quale ha comunque un’ottima stima della Lagarde) sempre meno leader indiscusso. Tandem Christine Lagarde – Ursula von der Leyen? Se le nomine dovessero essere confermate dal Parlamento Ue, ai vertici delle istituzioni comunitarie siederanno così due donne. Detto delle esperienze della Lagarde, non va meglio con quelle di Ursula von der Leyen. Tedesca, classe 1958, ininterrottamente dal 2005 ha rivestito per tre volte la carica di ministro nel governo federale tedesco. Torniamo di nuovo all’annus horribilis 2011. Proprio mentre Lagarde premeva per il nostro commissariamento, la von der Leyen si spingeva oltre, proponendo di legare eventuali aiuti ai membri in crisi dell’Eurozona in crisi con la richiesta di depositare beni in garanzia. Nello specifico, il nostro oro o le nostre aziende strategiche. L’unione di intenti fra le due nuove “teste” dell’Ue condurrà al disastro? Nonostante i “precedenti”, infatti, già da qualche anno l’Fmi ha iniziato, sia pur timidamente, a ripensare i propri modelli.
    Se prima l’austerità e le riforme strutturali erano l’unica via da percorrere, oggi la musica sembra in minima parte cambiata. E’ quindi estremamente probabile che, seguendo la nuova trama, che Christine Lagarde possa riprendere in mano il “bazooka” lanciato da Draghi con il nome di Quantitative Easing. Modificandolo, dandogli forse una diversa taratura. Ma certo non riponendolo in soffitta. Altro ossigeno, insomma, per un’Eurozona che è e rimane disastrata e preda delle contraddizioni intrinseche di una moneta unica architettata male e realizzata peggio. Un effetto placebo che, come già dimostrato fino ad oggi (nonostante l’invasione di liquidità l’inflazione, zavorrata da una crescita che resta asfittica, di salire non ne vuol proprio sapere) rischia solo di procrastinare la nostra agonia. Evitando forse manovre lacrime e sangue. Ma non per questo affrontando qui problemi talmente connaturati all’euro dal non poter essere in alcun modo risolti. A meno di non voler dare una nuova forma all’unione monetaria, magari iniziando a discutere di trasferimenti monetari dalle zone più ricche a quelle più in difficoltà. Scelta di politica economica standard in condizioni “normali”, ma che la Germania non accetterà mai. E anche qualora si dimostrasse aperta all’ipotesi, chiederebbe in cambio di scrivere – insieme a Bruxelles e alla Bce stessa – direttamente le nostre finanziarie. Sarebbe desiderabile?
    (Filippo Burla, “La macellaia della Grecia a capo della Bce: ecco chi è Christine Lagarde”, da “Il Primato Nazionale” del 3 luglio 2019. Laureato in scienze politiche ed economia aziendale, Burla è un analista economico del giornale, indipendente, ascrivibile all’area culturale della nuova destra sovranista italiana. Quanto alla Lagarde, nel saggio “Massoni” edito da Chiarelettere, Gioele Magaldi svela che la presidente uscente del Fmi milita stabilmente in svariate Ur-Lodges, come le superlogge “Three Eyes” e “Pan-Europa”, espressione dell’ala reazionaria e oligarchica del supremo potere massonico mondiale).

    «Usami per il tempo che ti serve». E ancora: «Se mi usi, ho bisogno di te come guida e come sostegno». La lettera era senza data, ma riconducibile agli anni fra il 2007 e il 2011 quando Christine Lagarde, dal 2 luglio governatore in pectore della Bce, siedeva sulla poltrona di ministro dell’economia della Francia. Così si rivolgeva all’allora presidente Nicolas Sarkozy, dando di sé un’immagine che sottomessa è dir poco. Non sorprenderà, allora, che nel valzer delle nomine che contano in Ue, a spuntarla sia stata proprio Parigi. Classe 1956, è – al pari di Ursula von der Leyen, destinata alla presidenza della Commissione Ue – la prima donna che guiderà la Bce. Si tratta anche della prima personalità senza studi di economia: figlia dell’altissima borghesia parigina, la Lagarde è infatti laureata in giurisprudenza. Esponente dell’Ump, ha iniziato la sua carriera “istituzionale” nel 2005. Senza soluzione di continuità, è stata prima ministro delegato al commercio estero, poi dell’agricoltura e della pesca, successivamente titolare delle finanze e dell’industria. Christine Lagarde diviene nota alle cronache per prendere possesso, nel 2011, dello scranno più alto al Fondo Monetario Internazionale. Succede al suo connazionale Dominique Strauss-Kahn, esautorato a causa di uno scandalo di natura sessuale poi rivelatosi una montatura.

  • Se l’Ue ci vuole morti, meglio trattare con Parigi e Berlino

    Scritto il 21/6/19 • nella Categoria: idee • (5)

    Oggi Draghi ha annunciato che l’abbassamento dei tassi di interesse (alcuni sono già negativi!) ed il quantitative easing continueranno. Senza di essi, vale a dire con tassi di interesse e acquisti di titoli pubblici in linea con quanto fa la Fed (a discapito di Trump), sarebbe prevedibile un accumulo di liquidità disponibile solo sulle obbligazioni, e quindi in grado di mettere in grande crisi le Borse, fino ad un loro crollo. Ma la missione di Matteo Salvini a Washington – se coronata da pieno successo, vale a dire un riavvicinamento Russia-Usa in chiave anticinese e antieuropea – apre ad uno scenario di rafforzamento della posizione internazionale dell’Italia. Posizione debole, per ragioni che risalgono agli omicidi di Mattei e Moro, alla soppressione di Craxi, alle politiche economiche scelte in Italia dopo il 1981. Di contro, l’Ue non è così intelligente da giocarsela bene con la Cina stessa: ben altro c’è da attendersi da Francia e Germania, in grande difficoltà e sempre con la carta da giocare di uno svincolamento dall’Eurozona per avvicinarsi a superpotenze alternative alla stessa imbelle Ue (vedi Africa, per esempio). D’altra parte, la Russia di oggi è una superpotenza solo militare; non fa paura agli Usa come una superpotenza economica.
    A casa nostra si delineano scenari chiari purchè non si finisca a dare con una mano e prendere con l’altra: è importantissimo che al promesso e ineludibile calo (della pressione) delle tasse non faccia da controbilanciamento un pari taglio della spesa pubblica (quella fu la causa prima del crollo della classe media negli Usa dei Bush); così – ma questo pare più che altro, almeno si spera, un mero problema di comunicazione – il salario minimo garantito deve significare un livello minimo della paga oraria (non la definizione di un “reddito minimo” che, nelle esperienze passate, ha creato più problemi che altro). Quindi, il taglio delle tasse (necessario, prioritario, sacrosanto e promesso) o si accompagna ad una rottura totale con la Commissione per via del deficit – finchè non si dimostrasse, ma ci vuole almeno un annetto contabile – che alla minore pressione corrisponde un maggiore gettito, o si accompagna alla introduzione di qualche moneta non a debito (ad esempio i minibot, a determinate condizioni).
    La linea moderata – verso la Commissione – non considera che l’obiettivo della Ue consiste nella sottomissione dell’Italia (resa totale e incondizionata, quindi le “trattative” sono inutili: o si china la testa completamente o tanto vale alzare il tiro e prepararsi allo scontro). Paradossalmente, sarebbe meglio trattare con Francia e Germania direttamente, dopo aver portato la comunità sull’orlo di una crisi monetaria e di nervi. Infatti, il comparto metalmeccanico (delizia e croce della Germania) sta entrando in crisi, e le tensioni sociali – soprattutto in Francia – stanno aumentando.
    (Nino Galloni, “Se Draghi non stacca la spina, se Salvini…”, da “Scenari Economici” del 19 giugno 2019).

    Oggi Draghi ha annunciato che l’abbassamento dei tassi di interesse (alcuni sono già negativi!) ed il quantitative easing continueranno. Senza di essi, vale a dire con tassi di interesse e acquisti di titoli pubblici in linea con quanto fa la Fed (a discapito di Trump), sarebbe prevedibile un accumulo di liquidità disponibile solo sulle obbligazioni, e quindi in grado di mettere in grande crisi le Borse, fino ad un loro crollo. Ma la missione di Matteo Salvini a Washington – se coronata da pieno successo, vale a dire un riavvicinamento Russia-Usa in chiave anticinese e antieuropea – apre ad uno scenario di rafforzamento della posizione internazionale dell’Italia. Posizione debole, per ragioni che risalgono agli omicidi di Mattei e Moro, alla soppressione di Craxi, alle politiche economiche scelte in Italia dopo il 1981. Di contro, l’Ue non è così intelligente da giocarsela bene con la Cina stessa: ben altro c’è da attendersi da Francia e Germania, in grande difficoltà e sempre con la carta da giocare di uno svincolamento dall’Eurozona per avvicinarsi a superpotenze alternative alla stessa imbelle Ue (vedi Africa, per esempio). D’altra parte, la Russia di oggi è una superpotenza solo militare; non fa paura agli Usa come una superpotenza economica.

  • Soldi facili, senza debito: arriva la Mmt, lo dice Ray Dalio

    Scritto il 06/5/19 • nella Categoria: segnalazioni • (6)

    Sono passati anni! Non mesi, ma anni, da quando ai lettori di questo sito ho presentato Ray Dalio: le sue tesi per ottimizzare il lavoro, i suoi video (all’epoca ancora rigorosamente disponibili solo in lingua inglese), la sua conoscenza profonda dei meccanismi che regolano la maccchina economica oggi. Sono stati i miei articoli meno cliccati. Fino a che… Fino a che non è arrivato il giornalista di controinformazione più quotato d’Italia, Paolo Barnard, che ha cominciato a parlarne. Male. Io, nel mio piccolo, ed il grande trader modenese Giovanni Zibordi a proporre qualche articolo, ci sforzavamo di difenderne la profondità di pensiero. Poi, ultimo ma non ultimo, è arrivato Marco Montemagno, l’influencer senza dubbio più importante d’Italia, che ha cominciato a fare delle recensioni sul suo libro, “Principles”. Ora tutti si comportano come se lo conoscessero da sempre, tutti avrebbero letto il suo libro (ahahahaha), e avanti così. Nessuno, però, si è accorto che Dalio sta analizzando la Mmt di Mosler, la teoria economica neokeynesiana portata in Italia proprio da Barnard.
    Nessuno, tranne il vostro blogger preferito (cioè io) e “Bloomberg”, un giornaletto che pare essere apprezzato oltreoceano da qualche attento lettore di cose economiche. Ecco cosa scrivono: il sistema bancario centrale, come sappiamo, è in via di estinzione, ed è “inevitabile” che qualcosa come la teoria monetaria moderna lo sostituirà, ha detto l’investitore miliardario Ray Dalio. La dottrina, nota come Mmt, afferma che i governi dovrebbero gestire le loro economie attraverso la spesa e le tasse – invece di affidarsi a banche centrali indipendenti per farlo attraverso i tassi di interesse. La Mmt cerca anche di placare i timori sui deficit di bilancio e sui debiti nazionali, sostenendo che paesi come gli Stati Uniti, che hanno una propria valuta, non possono andare in rovina e avere più spazio da spendere di quanto si supponga normalmente – purché l’inflazione sia contenuta, poiché è questo il momento. Il dibattito sulla Mmt, che languiva nell’oscurità da decenni, è esploso negli ultimi mesi. L’idea è stata criticata da una serie di pesi massimi finanziari, da Warren Buffett al presidente della Federal Reserve Jerome Powell. Ma Dalio, il fondatore di Bridgewater Associates, il più grande hedge fund del mondo, ha detto che i politici non avranno altra scelta che abbracciarlo.
    La loro sfida sarà «produrre un benessere economico per la maggior parte delle persone quando la politica monetaria non funziona», ha scritto Dalio nel suo ultimo articolo su LinkedIn. Negli ultimi quarant’anni, l’era della dominanza della banca centrale, della disuguaglianza di reddito e di ricchezza è cresciuta nella maggior parte delle nazioni sviluppate. Tagliando i tassi di interesse, o acquistando titoli nel processo noto come allentamento quantitativo (Qe), le banche centrali hanno quasi esaurito la loro capacità di stimolare le economie. Probabilmente saranno rimpiazzati da una politica monetaria di terza generazione, etichettata da Dalio come “Mp3”. Comporterà «il coordinamento della politica fiscale e monetaria» secondo le linee generali suggerite dagli economisti Mmt, ha detto Dalio, anche se non necessariamente seguendo le loro prescrizioni alla lettera. Il cambio verso la Mmt è a buon punto, ha detto Dalio. Con tassi di interesse bloccati vicino allo zero in Europa e in Giappone, e con la probabillità che tornino negli Stati Uniti quando l’economia vacilla, l’acquisizione della politica fiscale è «in linea di massima ciò che sta già accadendo».
    Gli Stati Uniti hanno aumentato i deficit di bilancio dopo la crisi del 2008, e lo hanno fatto di nuovo sotto il presidente Donald Trump. La risposta al mercato obbligazionario ha sostenuto gli argomenti della Mmt: i rendimenti sul debito pubblico non sono aumentati molto, anche se ce n’è molto di più in giro. Il Giappone lo sta facendo da molto più tempo – eppure dopo due decenni di grandi deficit, può ancora prendere in prestito denaro virtualmente gratis. Dalio ha fornito esempi di come tali politiche potrebbero evolversi. Le banche centrali potrebbero stampare denaro direttamente per finanziare programmi governativi, evitando la necessità di vendere obbligazioni. Potrebbero comprare immobili «che sarebbero idealmente utilizzati per fini socialmente vantaggiosi». Potrebbero anche cancellare i debiti incombenti sull’economia, in una sorta di “giubileo”. Nelle fasi discendenti, potrebbero consegnare denaro direttamente al pubblico, un’idea ampiamente conosciuta come “il denaro dall’elicottero”. Ci sono dei rischi, ha riconosciuto Dalio. Tali politiche metterebbero «il potere di creare e stanziare denaro, credito e spesa» nelle mani dei politici. «È difficile immaginare come verrà costruito il sistema per raggiungere questo obiettivo», ha affermato. «Allo stesso tempo è inevitabile che siamo diretti in questa direzione» (fonte: “Bloomberg”).
    (Massimo Bordin, “Ray Dalio dice che la Mmt sta arrivando, che ci piaccia o no”, dal blog “Micidial” del 2 maggio 2018).

    Sono passati anni! Non mesi, ma anni, da quando ai lettori di questo sito ho presentato Ray Dalio: le sue tesi per ottimizzare il lavoro, i suoi video (all’epoca ancora rigorosamente disponibili solo in lingua inglese), la sua conoscenza profonda dei meccanismi che regolano la maccchina economica oggi. Sono stati i miei articoli meno cliccati. Fino a che… Fino a che non è arrivato il giornalista di controinformazione più quotato d’Italia, Paolo Barnard, che ha cominciato a parlarne. Male. Io, nel mio piccolo, ed il grande trader modenese Giovanni Zibordi a proporre qualche articolo, ci sforzavamo di difenderne la profondità di pensiero. Poi, ultimo ma non ultimo, è arrivato Marco Montemagno, l’influencer senza dubbio più importante d’Italia, che ha cominciato a fare delle recensioni sul suo libro, “Principles”. Ora tutti si comportano come se lo conoscessero da sempre, tutti avrebbero letto il suo libro (ahahahaha), e avanti così. Nessuno, però, si è accorto che Dalio sta analizzando la Mmt di Mosler, la teoria economica neokeynesiana portata in Italia proprio da Barnard.

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