Archivio del Tag ‘risveglio’
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Giulietto Chiesa: puniranno la Grecia, anche con la guerra
Il 5 luglio 2015 passerà alla storia. E gli ettolitri di inchiostro virtuale che stanno già diluviando introducono un’epoca nuova, che sarà però drammatica e non felice. Questo, per rispondere subito agli insoddisfatti, agli incerti, ai critici, anche a quelli che criticano Tsipras nonostante la sua vittoria e si accorgono, adesso, con qualche stupore anche un po’ ingenuo, del fatto evidente che siamo tutti sull’orlo di un vulcano, da cui la vittoria non ci ha allontanato. Grazie a Tsipras, anche loro adesso lo vedono meglio. Meglio tardi che mai. Il vulcano è politico. I mercati non possono tollerare, e non tollereranno, che qualcuno possa intaccare il loro potere di decisione. E dunque renderanno un calvario il tentativo della Grecia di sottrarsi alle loro angherie. Ma ormai è accaduto l’inverosimile, e sarà necessaria una punizione esemplare: prepariamoci, quindi. Ma il problema è che ciò che è accaduto in Grecia dice alcune cose indicibili, per loro, per i padroni universali. Dice per esempio che il tabù europeo è stato infranto, e non solo in Grecia, ma molto più lontano; che il sistema – altra cosa – come ha scritto molto bene Pino Cabras, è anelastico, cioè: non è capace di formulare un piano-B una volta che il piano-A non ha funzionato. Così è avvenuto: credevano di vincere, e hanno perduto.E infine, ci dice che quest’Europa non ha più nulla a che vedere con quella di 50 anni fa; che loro hanno preso il potere; che se lo vogliono tenere; e che quello che è avvenuto in Grecia è una bestemmia, per il potere europeo. Dunque, aspettiamoci colpi di coda drammatici e anche violenti, non solo contro i reprobi greci, ma anche contro ogni altra spiaggia dove l’esempio greco potrebbe ripetersi. Il risveglio greco deve dunque dirci che siamo in pericolo: è il 1848 del XXI secolo. Sappiamo come andò a finire, due secoli fa: andò a finire male, perché coloro che volevano ribellarsi non erano organizzati. A questo appuntamento, le masse popolari europee giungono disordinate, disorganizzate, divise, prive di una guida. Questo è un dato di fatto. E dunque, la prima cosa da fare è costruire un fronte ampio, di resistenza popolare, europeo. So che non sarà facile, non mi faccio nessuna illusione, ma una cosa mi è chiara: questa questione non si può eludere, altrimenti saremo sconfitti senza neanche poter combattere. Il nemico, i mercati, sono molto meglio organizzati di noi.Ci hanno pensato prima. Si sono preparati, in qualche modo. Hanno commesso degli errori, ma hanno dalla loro parte gli eserciti, le polizie, e agiscono su molti piani simultaneamente. Non sono né ingenui né impreparati. Per questo, per resistere a questa armata potente e ricca, come sappiamo, le forze popolari avranno bisogno di alleati. Cioè avranno bisogno di una politica estera, di una politica europea comune, che guardi al mondo. Non c’è tempo da perdere. I padroni universali hanno eserciti già in moto – anche questo ci deve far riflettere: non si arriva alla crisi greca senza che loro si siano preparati, con tutta una serie di scenari di guerra già pronti, dall’Ucraina al pre-Baltico, dalla Macedonia all’oltre-Dnestr, alla Grecia stessa (ai confini con l’Albania). Noi siamo già – altro che sull’orlo di un vulcano – siamo già su una bomba accesa, con una miccia che diventa sempre più corta. Dunque, non è soltanto chiudendo gli sportelli bancari e i rubinetti finanziari che i padroni universali muoveranno all’attacco.C’è la guerra, come strumento principe per bruciare i libri mastri e le montagne di carta che sotto forma di debito ci stanno soffocando – la Grecia e noi. Ecco perché è centrale la questione dell’uscita dell’Italia dalla Nato e la sua trasformazione in un paese neutrale – così come sta avvenendo in Austria, altro paese neutrale che si sta muovendo per uscire addirittura dall’Europa. Queste sono questioni cruciali: o noi smetteremo di essere una colonia degli Stati Uniti d’America e decideremo (democraticamente) di diventare neutrali e non entrare in nessuna guerra, o difficilmente, se non succederà questo, noi potremo aiutare la Grecia a vincere in questo difficile calvario, ma anche noi stessi. Così deve avvenire, mentre giriamo intorno al sole.(Giulietto Chiesa, “Il 1848 del XXI secolo”, video-intervento per “Pandora Tv” del 7 luglio 2015).Il 5 luglio 2015 passerà alla storia. E gli ettolitri di inchiostro virtuale che stanno già diluviando introducono un’epoca nuova, che sarà però drammatica e non felice. Questo, per rispondere subito agli insoddisfatti, agli incerti, ai critici, anche a quelli che criticano Tsipras nonostante la sua vittoria e si accorgono, adesso, con qualche stupore anche un po’ ingenuo, del fatto evidente che siamo tutti sull’orlo di un vulcano, da cui la vittoria non ci ha allontanato. Grazie a Tsipras, anche loro adesso lo vedono meglio. Meglio tardi che mai. Il vulcano è politico. I mercati non possono tollerare, e non tollereranno, che qualcuno possa intaccare il loro potere di decisione. E dunque renderanno un calvario il tentativo della Grecia di sottrarsi alle loro angherie. Ma ormai è accaduto l’inverosimile, e sarà necessaria una punizione esemplare: prepariamoci, quindi. Ma il problema è che ciò che è accaduto in Grecia dice alcune cose indicibili, per loro, per i padroni universali. Dice per esempio che il tabù europeo è stato infranto, e non solo in Grecia, ma molto più lontano; che il sistema – altra cosa – come ha scritto molto bene Pino Cabras, è anelastico, cioè: non è capace di formulare un piano-B una volta che il piano-A non ha funzionato. Così è avvenuto: credevano di vincere, e hanno perduto.
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E Draghi getta la maschera: è il capo dei barbari europei
Qualche giorno fa, riflettendo sul caso greco, abbiamo constatato come oggettivamente alcuni figuri abbiano già di fatto abolito la democrazia in alcune nazioni d’Europa. Draghi, Schaeuble e Merkel, per esempio, sul punto sono molto chiari e diretti: «I cittadini non possono cambiare attraverso il voto l’indirizzo politico dei rispettivi governi». Anziché inviare i carri armati a reprimere nel sangue eventuali proteste, Mario Draghi può semplicemente schiavizzare un paese intero minacciando di interrompere la liquidità che tiene in piedi le barcollanti finanze elleniche. Le forme divergono, ma la sostanza non cambia: in Grecia si è instaurata una evidente dittatura. Nessuno può quindi più fare finta di non sapere che un manipolo di oligarchi, capitanati dal “venerabile maestro” Mario Draghi, promuove e realizza nel vecchio continente un golpe strisciante e continuo. Ora, la situazione di fatto appena dipinta si presta ad una lettura bivalente: da un lato la consapevolezza di essere governati da nuovi fuhrer che non possono fermati attraverso libere elezioni incute timore; dall’altro il consolidarsi di un simile equilibrio pone gli odierni torturatori in una posizione scomoda e in prospettiva decisamente pericolosa.
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Kapò tedeschi e pagliacci europei? Usciamo dalla barbarie
L’Europa si è bruscamente risvegliata sotto il tallone della Germania. Oramai i nazisti che guidano il governo tedesco, Merkel e Schaeuble su tutti, non rispettano più neppure le forme. La Commissione Europea così come l’Eurogruppo o la Bce appaiono finalmente per quello che in realtà sono: paraventi buoni per mascherare l’assoluto dominio teutonico su tutti i popoli del Vecchio Continente. L’antico sogno hitleriano si è realizzato in pieno senza neppure dover ricorrere all’utilizzo di fucili e carri armati. Come abbia potuto la signora Merkel uccidere impunemente la democrazia in Europa resta un mistero. Una nazione sconfitta e umiliata, messa nelle condizioni di non nuocere all’indomani della seconda guerra mondiale, decide oggi per tutti, scegliendo di fatto arbitrariamente chi è degno di ricevere i fondi e chi no. Siamo all’assurdo. Il neoeletto premier greco Tsipras è costretto ad andare a Berlino con il cappello in mano nella speranza di ammorbidire la posizione dell’arcigna Germania. Ma chi ha deciso che la Germania è il nostro indiscusso nume tutelare? Nessun cittadino europeo ha mai conferito alla signora Merkel un mandato democratico.I tedeschi quindi stanno palesemente violando la sovranità di nazioni ancora oggi formalmente libere e indipendenti. L’Europa ha imboccato una deriva terribile, tenuta brutalmente al laccio da un manipolo di fanatici che dimostrano di non tenere la democrazia in nessun conto. I vari Renzi, Hollande e Rajoy sono poco più che valletti nelle mani del feroce gabinetto germanico, burattini che tradiscono il mandato ricevuto per guadagnare sul campo la benevolenza dei conquistatori. E’ perciò inutile sperare in un sussulto d’orgoglio da parte di simili soggetti, anime nere che mentono continuamente sapendo di mentire. L’unica prospettiva possibile è quella che punta a creare e sedimentare una solidarietà pan-europea organizzata dal basso. C’è bisogno cioè di un nuovo movimento trans-nazionale che raccolga all’interno di un unico contenitore tutti i sinceri democratici ovunque dislocati. Un contenitore libero e plurale, cementato però dalla radicale avversione nei confronti del totalitarismo finanziario e tecno-fascista oggi incarnato da un triumvirato famelico composto da Angela Merkel, Wolfang Schaeuble e Mario Draghi.Questa è la strada giusta. E’ sbagliato invece fomentare contrapposizioni di tipo prettamente nazionalistico. L’élite che oggi sovraintende lo svuotamento della democrazia sostanziale in Europa è apolide. I tedeschi, per indole e costituzione, si limitano soltanto a recitare meglio degli altri la parte dei kapò. Ma Hollande e Renzi, pavidi comprimari, non sono migliori di Angela Merkel, aggiungendo un pizzico di ignavia condita di ipocrisia alla conclamata e unanime predisposizione al sopruso e al raggiro. Nel frattempo in Italia come in Francia proseguono le controriforme di stampo neoliberista approvate da governi formalmente progressisti e di sinistra. Rileggendo i punti della lettera scritta nell’agosto del 2011 dalla Bce di Trichet e Draghi c’è da restare sbalorditi. I governi Monti, Letta e Renzi hanno palesemente applicato l’indirizzo politico deciso d’imperio da un istituto sprovvisto di mandato democratico.Siamo tornati al Medioevo, quando il potere promanava da Dio e i sudditi erano chiamati a non turbare un immutabile ordine costituito. Il nuovo Dio si chiama mercato finanziario e Mario Draghi è il suo profeta. Gli uomini liberi che non intendono arrendersi all’oscurantismo di ritorno si preparino a combattere un battaglia decisiva in difesa del progresso e contro la barbarie. Noi non permetteremo a nessuno di fondare sulla nostra pelle una nuova aristocrazia dello spirito desiderosa di dominare masse informi e abbrutite. Noi combatteremo a viso aperto, con coraggio e spirito di servizio, orgogliosi di stare senza dubbio dalla parte giusta della Storia. Alla lunga, trionferemo!(Francesco Maria Toscano, “Uniti sconfiggeremo il rigurgito nazista che opprime l’Europa”, dal blog “Il Moralista” del 20 febbraio 2015. Insieme a Gioele Magaldi, fondatore del Grande Oriente Democratico e autore del libro “Massoni”, Toscano è tra i promotori dell’assemblea costitutiva del “Movimento Roosevelt”, in programma a Perugia il 21 marzo 2015, per dare impulso a una riconversione democratica dell’assetto europeo).L’Europa si è bruscamente risvegliata sotto il tallone della Germania. Oramai i nazisti che guidano il governo tedesco, Merkel e Schaeuble su tutti, non rispettano più neppure le forme. La Commissione Europea così come l’Eurogruppo o la Bce appaiono finalmente per quello che in realtà sono: paraventi buoni per mascherare l’assoluto dominio teutonico su tutti i popoli del Vecchio Continente. L’antico sogno hitleriano si è realizzato in pieno senza neppure dover ricorrere all’utilizzo di fucili e carri armati. Come abbia potuto la signora Merkel uccidere impunemente la democrazia in Europa resta un mistero. Una nazione sconfitta e umiliata, messa nelle condizioni di non nuocere all’indomani della seconda guerra mondiale, decide oggi per tutti, scegliendo di fatto arbitrariamente chi è degno di ricevere i fondi e chi no. Siamo all’assurdo. Il neoeletto premier greco Tsipras è costretto ad andare a Berlino con il cappello in mano nella speranza di ammorbidire la posizione dell’arcigna Germania. Ma chi ha deciso che la Germania è il nostro indiscusso nume tutelare? Nessun cittadino europeo ha mai conferito alla signora Merkel un mandato democratico.
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Contro l’arte del brutto, schiava del sistema delle merci
Cos’è che consente di accrescere la produzione annua di merci e, di conseguenza, incrementa i consumi di risorse naturali e di energia, le emissioni inquinanti, le emissioni climalteranti e i rifiuti? Le innovazioni tecnologiche finalizzate ad accrescere la produttività. I macchinari innovativi che in un dato intervallo di tempo consentono di produrre sempre di più, riducendo l’incidenza del lavoro umano sul valore aggiunto. Cos’è che riduce progressivamente gli intervalli di tempo in cui le risorse naturali transitano nello stato di merci prima di diventare rifiuti? Le innovazioni tecnologiche ed estetiche finalizzate a rendere obsoleti i prodotti in commercio, al fine di accelerare i processi di sostituzione.Cos’è che induce a progettare in continuazione prodotti tecnologicamente ed esteticamente innovativi, al fine di rendere obsoleti e trasformare in rifiuti in tempi sempre più brevi i prodotti in commercio? La necessità di tenere alta la domanda di merci, in modo da assorbire l’offerta crescente di merci attivata dalle innovazioni tecnologiche che accrescono la produttività. Le innovazioni di processo e di prodotto costituiscono la fisiologia dei sistemi economici finalizzati alla crescita della produzione di merci.Senza innovazioni di processo non potrebbe aumentare l’offerta di merci. Senza innovazioni di prodotto non potrebbe aumentare la domanda di merci. Le innovazioni di processo e di prodotto stanno esaurendo gli stock delle risorse non rinnovabili, hanno fatto crescere il consumo di risorse rinnovabili fino a superare le loro capacità di rigenerazione annua, sono la causa di fondo dell’effetto serra, stanno svuotando gli oceani di molte specie ittiche e li stanno riempiendo di ammassi di rifiuti di plastica grandi come continenti, hanno saturato la biosfera di sostanze tossiche, distrutto in pochi anni la bellezza di paesaggi lentamente antropizzati nel corso di secoli, ridotto la biodiversità e mineralizzato i terreni agricoli, esteso la fame nel mondo e causato le guerre sempre più atroci che da più di un secolo lo insanguinano. Le innovazioni finalizzate alla crescita della produzione e del consumo di merci stanno minacciando la sopravvivenza stessa dell’umanità. Poiché hanno bisogno delle innovazioni, i sistemi economici e produttivi finalizzati alla crescita della produzione di merci hanno anche bisogno di valorizzare culturalmente l’innovazione in quanto tale. La pietra angolare della cultura su cui modellano l’immaginario collettivo è l’identificazione tra i concetti di innovazione e di miglioramento.Nel loro paradigma culturale ogni innovazione è un miglioramento, senza innovazioni non ci sono miglioramenti; la storia è un costante progresso verso il meglio, le tappe di questo progresso sono scandite dalla successione delle innovazioni e la sua velocità dalla velocità con cui le innovazioni successive sostituiscono le precedenti. La valorizzazione culturale dell’innovazione in sé induce a immaginare il futuro come uno scrigno di inesauribili potenzialità di miglioramento su cui concentrare tutta l’attenzione, a pensare il passato come un deposito di materiali definitivamente inutilizzabili da dimenticare al più presto, a guardare sempre in avanti, come i marinai di vedetta in cima all’albero maestro dei galeoni, per riuscire a vedere prima degli altri le novità che si delineano all’orizzonte, a non girare mai indietro la testa perché se ci si attarda a osservare ciò che è stato non solo non si ricava niente di utile, ma si rischia di perdere posizioni nella corsa verso il nuovo e si finisce per fare la fine di Orfeo che, per essersi girato a vedere se Euridice continuava a seguirlo nella difficile anabasi dall’al di là, la perse definitivamente.Nella valorizzazione culturale dell’innovazione, all’arte è stato assegnato il compito di esplorare i confini più avanzati della modernità, cioè di rincorrere senza sosta il nuovo che, come l’orizzonte, si allontana passo dopo passo da chi cerca di avvicinarlo, perché c’è sempre un più nuovo in agguato del nuovo, un più nuovo che al suo apparire trasforma il nuovo in vecchio, in attesa di essere trasformato anch’esso in vecchio dal più nuovo che scalpita alle sue spalle. Nei sistemi economici finalizzati alla crescita della produzione di merci, l’arte, in tutte le forme in cui si manifesta (pittura, scultura, musica, poesia, architettura), è stata scacciata di forza dalla sua dimensione universale ed eterna e ha finito per trovarsi rinchiusa nella dimensione dell’effimero. Le è stato imposto di essere innovativa per essere sempre contemporanea, di sganciare il nuovo dall’abbraccio troppo stretto con le funzioni economiche e produttive a cui risponde nei sistemi economici finalizzati alla crescita, di cancellare dall’immaginario collettivo la percezione del suo ruolo distruttivo e di accompagnarlo in quella dimensione spirituale, non invischiata nelle miserie quotidiane della vita, in cui nel corso della storia gli esseri umani si sono abituati a collocare le manifestazioni artistiche.Per risvegliare l’umanità da questo incantesimo che la sta perdendo, occorre liberare la cultura dal vincolo della valorizzazione dell’innovazione, che le è stato imposto dal sistema economico e produttivo finalizzato alla crescita della produzione di merci. Accanto e in sintonia con chi si propone di liberare le attività economiche e produttive dal vincolo delle innovazioni finalizzate alla crescita, noi ci proponiamo di liberare tutte le forme dell’espressione artistica dal vincolo di valorizzare culturalmente l’innovazione, che ha dato un contributo essenziale alla formazione di un immaginario collettivo che considera un progresso la riduzione del lavoro a un “fare per fare sempre di più”. Per riportarlo alla sua essenza di “fare bene” finalizzato alla contemplazione di ciò che si è fatto, occorre ridefinire un sistema di valori in cui la bellezza torni ad essere più importante del profitto: perché, come si può contemplare ciò che si è fatto se non ha aggiunto bellezza alla bellezza originaria del mondo?Per trasformare dalle fondamenta il paradigma culturale oggi dominante, è necessario ricostruire un immaginario collettivo capace non solo di smascherare, irridendoli senza soggezione, i quattro trucchi da imbonitore con cui l’arte contemporanea persegue la valorizzazione culturale dell’innovazione, ma anche di riconoscere il segno dell’arte che penetra sino alle corde profonde dell’animo umano, vincendo i limiti dello spazio e del tempo; creando, come ha sempre fatto prima di essere irretita nella tela della modernità, un collegamento ininterrotto tra le generazioni. Perché l’arte, come ha scritto Egon Schiele sul muro della prigione in cui era rinchiuso, non è moderna. L’arte è eterna.(Manifesto “Per un rinascimento possibile”, sottoscritto da Gabriella Arduino, architetto e pittore; Vincent Cheynet, caporedattore de “La Décroissance”; Pier Paolo Dal Monte, medico e filosofo; Massimo De Maio, grafico ed ecologista; Filippo Laporta, saggista e critico letterario; Giordano Mancini, maestro d’arte, green manager; Maurizio Pallante, saggista; Alessandro Pertosa, ricercatore in filosofia; Mario Pisani, architetto; Paolo Portoghesi, architetto; Giannozzo Pucci, editore; Bruno Ricca, editore; Lucilio Santoni, scrittore; Filippo Schillaci, saggista).Sui temi enunciati dal “manifesto”, i firmatari – impegnati anche sul sito www.artedecrescita.it, promuovono un seminario a Firenze il 29, 30 e 31 maggio 2015 presso il monastero delle suore benedettine di Santa Marta, tel. 055.489089, pensione completa 45-65 euro al giorno, 60 posti disponibili. E’ possibile contribuire ai lavori anche inviando testi e materiali sul tema, entro il 31 marzo. Invio materiali e prenotazioni per il seminario: Maurizio Pallante, maur.pallante@gmail.com, Alessandro Pertosa, a.pertosa@libero.it, Vincent Cheynet, vincent.cheynet@casseursdepub.org).Cos’è che consente di accrescere la produzione annua di merci e, di conseguenza, incrementa i consumi di risorse naturali e di energia, le emissioni inquinanti, le emissioni climalteranti e i rifiuti? Le innovazioni tecnologiche finalizzate ad accrescere la produttività. I macchinari innovativi che in un dato intervallo di tempo consentono di produrre sempre di più, riducendo l’incidenza del lavoro umano sul valore aggiunto. Cos’è che riduce progressivamente gli intervalli di tempo in cui le risorse naturali transitano nello stato di merci prima di diventare rifiuti? Le innovazioni tecnologiche ed estetiche finalizzate a rendere obsoleti i prodotti in commercio, al fine di accelerare i processi di sostituzione. Cos’è che induce a progettare in continuazione prodotti tecnologicamente ed esteticamente innovativi, al fine di rendere obsoleti e trasformare in rifiuti in tempi sempre più brevi i prodotti in commercio? La necessità di tenere alta la domanda di merci, in modo da assorbire l’offerta crescente di merci attivata dalle innovazioni tecnologiche che accrescono la produttività. Le innovazioni di processo e di prodotto costituiscono la fisiologia dei sistemi economici finalizzati alla crescita della produzione di merci.