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Archivio del Tag ‘sfruttamento’

  • Bruxelles: crepi la Grecia, purché resti lontana dalla Russia

    Scritto il 26/9/13 • nella Categoria: segnalazioni • (2)

    Torturati da Bruxelles, i greci non hanno futuro: sono senza cibo e non hanno soldi per curarsi. Quello che sta accadendo alla Grecia nel 2013 non ha eguali in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale: la popolazione è abbandonata a se stessa, senza lavoro e senza protezioni, tantomeno sanitarie. E nelle manifestazioni di piazza cominciano a circolare armi. «Un’esplosione sociale è inevitabile», afferma l’ex diplomatico greco Leonidas Chrysanthopoulos. Ormai l’unica domanda è: quando la rivolta scoppierà. Perché tutto questo? Semplice: per il lucro degli speculatori di Wall Street, gli avvoltoi del debito greco, e per il dominio dell’egemonia euro-atlantica: se la Grecia dovesse collassare e uscire dall’Eurozona, spiega al “Corriere della Sera” l’ex ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer, Europa e Usa potrebbero perdere il controllo sui Balcani: gli Stati oggi attratti da Bruxelles potrebbero spaventarsi e tornare sotto l’ala della Russia.

  • La finanza parassitaria, il cancro che uccide il lavoro

    Scritto il 25/9/13 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Se l’industria produce 100, la finanza pretende una “tangente” che va da 50 a 70. I parassiti stanno letteralmente divorando le aziende, cui impongono costi finanziari mostruosi. L’Unione Europea sta dalla parte della finanza e lascia al suo destino l’industria. La quale, complici i dirigenti – reagisce in un solo modo, e cioè tagliando posti di lavoro. E’ la crisi europea “spiegata” dall’economista francese Laurent Cordonnier, co-autore di un importante studio dell’università di Lille, che dimostra che è proprio la rendita finanziaria ad aver cannibalizzato il lavoro in Europa, provocando l’attuale disastro. «L’aumento del costo del capitale – o piuttosto del suo sovraccosto – sulla scia della finanziarizzazione dell’economia, spiega le performance deludenti che le vecchie economie sviluppate hanno offerto negli ultimi trent’anni: il ritmo fiacco dell’accumulazione di capitale, l’aumento delle diseguaglianze, il boom dei redditi finanziari, la persistenza di un massiccio fenomeno di sottoccupazione».

  • Lottare per il lavoro: il grido di Bergoglio nel Merkel-day

    Scritto il 23/9/13 • nella Categoria: segnalazioni • (2)

    Sì, la notizia del giorno era la riconferma della cancelliera Angela Merkel. Ma mi son distratto. Ieri la mia città, Cagliari, ospitava Papa Francesco. C’erano quasi quattrocentomila persone a salutarlo in piazza, con un entusiasmo popolare palpabile (e papabile). Si è riversato in poche vie un quarto della popolazione sarda. Sono numeri che dovrebbero fare notizia, perché sono destinati a ripetersi in tante altre realtà che vivranno la Grande Crisi in questi anni. Quel che ho visto ieri a Cagliari – in una regione in cui metà dei giovani non hanno lavoro – lo vedranno in tanti anche altrove. Ho visto un’infinità di disoccupati commossi fino alle lacrime dalle parole del Papa. Mentre il mondo politico che un tempo parlava alle masse non ha più il polso né dei lavoratori né dei poveri, accade invece che il più originale prodotto del peronismo argentino, Jorge Bergoglio, stia entrando nei loro cuori.

  • Debito, nuovo colonialismo: ma oggi le colonie siamo noi

    Scritto il 19/9/13 • nella Categoria: idee • (2)

    Dimentichiamo l’“austerità” e tutto il teatrino politico; per riuscire a capire veramente la zona euro, l’unico modo è cercare di comprendere come funziona il modello neocoloniale della finanziarizzazione, perché questo è il motore della zona euro. Nel vecchio modello del colonialismo, la potenza colonizzatrice conquistava o cooptava le élite di potere della regione conquistata e cominciava a sfruttare le risorse e la manodopera della nuova colonia, per arricchire il “centro” dell’impero. Nel neocolonialismo, le forze della finanziarizzazione (debito e leva finanziaria controllati dai cartelli bancari che appoggiano lo Stato) sono utilizzati per obbligare le élite locali e il popolo a stipulare contratti con le banche: le “colonie periferiche” prendono in prestito soldi per comprare i prodotti finiti, venduti dal “core/centro dell’impero”,  arricchendo così il centro in due modi: guadagnado con gli interessi che maturano sul debito e facendo una “scrematura” dei beni patrimoniali di maggior valore finanziario, ad esempio quello immobiliare; guadagnando con la vendita dei beni comprati dai debitori.

  • Zitto e taci, è la procedura: ma il dissenso non si fermerà

    Scritto il 19/9/13 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Non accade con frequenza che un conflitto radicato in un territorio circoscritto e incentrato su un oggetto ben determinato (un’opera infrastrutturale come la linea ad alta velocità Torino-Lione) si trasformi in una arena politica in cui emergono, mostrando tutte le tensioni e gli attriti che le attraversano, non poche “grandi questioni”. Prima Gianni Vattimo, poi Erri De Luca e Ascanio Celestini, infine Massimo Cacciari e Giovanni De Luna, una bella schiera di intellettuali si sentono chiamati a prendere posizione non solo su una delle lotte più lunghe, tenaci e partecipate degli ultimi vent’anni in Italia, ma sul suo significato generale quanto alle forme della politica, le prerogative di governanti e governati, le priorità economiche o ambientali e il rapporto tra la legalità vigente e queste priorità. Tutti sembrano comunque concordare sull’inutilità, o quantomeno la scarsa razionalità economica di questa grande opera, considerati i costi, gli effetti ambientali e l’ostilità popolare che la circonda. È già qualcosa.

  • L’intrepido Albanese, nell’Italia devastata dalla crisi

    Scritto il 10/9/13 • nella Categoria: Recensioni • (Commenti disabilitati)

    «Leggo recensioni perplesse de “L’intrepido”, il film di Gianni Amelio con Antonio Albanese, in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Ho la netta impressione – dice Gad Lerner – che il fastidio non dipenda dalla maggiore o minore qualità del film, ma dalla domanda imbarazzante che esso solleva». Il protagonista è un lavoratore precario che accetta tutto, ma proprio tutto: «Cambia continuamente lavoro facendo il tappabuchi». E così, lo imbrogliano ogni giorno: «Lo fregano su paga, normative, orari, fatica». E lui? «Sopporta. Non si ribella mai». Dunque, “non c’è trama”. «Ma proprio questo è il punto. L’Italia è un paese con tassi di disoccupazione elevatissimi, in cui i rapporti di lavoro precari hanno superato fra i nuovi assunti quelli regolari. I giovani che non trovano lavoro sono il 40%. Ce n’è due milioni abbondanti che né studiano né lavorano. Ebbene, con tutto questo, com’è che non scoppia una rivoluzione?».

  • Murdoch, Rothschild e Cheney prenotano il petrolio siriano

    Scritto il 06/9/13 • nella Categoria: segnalazioni • (3)

    Murdoch, Rotschild e l’intramontabile Dick Cheney: sono soci in affari per il petrolio al confine con la Siria, ma il media non ne parlano. Quali media? Milioni di americani prendono per buone le notizie della “Fox News”, del Wall Street Journal o si informano attraverso altri media mainstream di proprietà del magnate australiano. «Generalmente, questi organi d’informazione sono a favore di un’azione militare contro la Siria, ma non informano i loro spettatori e lettori che il signor Murdoch ha investito interessi nella guerra con la Siria», accusa Christopher Bollyn. Che rivela: «Murdoch è comproprietario di una compagnia israelo-americana alla quale è stato concesso il diritto di cercare petrolio nelle alture del Golan – il territorio siriano occupato da Israele». E’ perlomeno «amorale», conclude Bollyn, «che la “Fox News” non riveli queste informazioni al suo pubblico», che a quel punto sarebbe costretto a dubitare dell’attendibilità delle informazioni che riceve, dal momento che Murdoch otterrebbe enormi vantaggi personali dalla caduta del regime di Damasco.

  • Sorpresa: guerra e menzogne non ci incantano più

    Scritto il 01/9/13 • nella Categoria: idee • (1)

    Come in una tragedia greca, gli occidentali che annunciavano di voler bombardare la Siria entro un’ora, non hanno fatto nulla e si sbranano fra loro. «Gli dei fanno prima impazzire coloro che vogliono portare alla rovina», diceva Euripide. Da una parte i leader degli Stati che sono membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, Barack Obama, David Cameron e François Hollande; dall’altra, i loro popoli. Da un lato, l’hybris (ὕϐρις), l’eccesso delle ultime grandi potenze coloniali; dall’altro, i Lumi della Ragione. Di fronte a loro, i siriani, silenziosi e resistenti, e i loro alleati, russi e iraniani, appostati. Il brano che viene suonato non è solo un ennesimo episodio della dominazione mondiale, ma un tale momento cruciale che la Storia non conosceva dal 1956 e dalla vittoria di Nasser al Canale di Suez. All’epoca, il Regno Unito, la Francia e Israele dovettero rinunciare al loro sogno coloniale. Certo, ci furono ancora le guerra d’Algeria, del Vietnam e la fine dell’apartheid in Sud Africa, ma lo slancio che aveva posto l’Occidente a capo del mondo si era spezzato.

  • C’era una volta il dolore, ma ora cede il posto al reality

    Scritto il 29/8/13 • nella Categoria: segnalazioni • (1)

    La Rai chiude “C’era una volta”, di Silvestro Montanaro, per “mancanza di fondi”, preferendo finanziare l’osceno “Mission”, il reality in collaborazione con l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr) e l’Ong di Roma Intersos. Uno spettacolo grottesco e umiliante, come quello di vedere raccontata la sofferenza umana dei rifugiati da personaggi estremamente discutibili e che probabilmente mai l’avrebbero fatto se non avessero visto un’immediata convenienza in termini di immagine e commerciale. Ho conosciuto il lavoro di Silvestro Montanaro nel 1998, quando lui ha cominciato a realizzare per la Rai i suoi documentari del programma “C’era una volta”. E’ stato per caso, facendo il solito zapping. Da quella notte non mi sono mai fermata. Sì, notte, perché quei gioielli andavano in onda a mezzanotte. Forse per non turbare le famiglie Mulino Bianco che si trovano meglio con la pubblicità del prurito intimo all’ora di cena, piuttosto che con i bambini affamati del Rwanda (questioni di gusti).

  • E ora eccoci serviti, dopo settant’anni di quasi-democrazia

    Scritto il 28/8/13 • nella Categoria: idee • (2)

    Il 2 agosto 1980 è la data che viene segnata dalla peggior strage avvenuta in Italia dal secondo dopoguerra. Alla stazione di Bologna morirono 85 persone dilaniate da un ordigno collocato nella sala di seconda classe e furono oltre 200 i feriti. A tutt’oggi è rimasta inascoltata la domanda di verità che i parenti delle vittime e un’intera città chiedono con forza a uno Stato sordo e volutamente reticente. E ogni anno si rinnova questa richiesta, ritorna in piazza una protesta sacrosanta verso le autorità del momento, che tanto parlano ma nulla fanno. Il segreto di Stato rimane la pietra tombale su questa e altre vicende. Molto è stato detto e scritto su quella maledetta mattina, e non è qui mia intenzione entrare nel merito di questo specifico evento. Questo mio contributo intende piuttosto delineare un quadro generale e una traiettoria dalla “democrazia” e della politica italiana, condizionata da sempre dall’azione legale e criminale di poteri forti del tutto interni e ai posti di comando nella società italiana e in un contesto internazionale.

  • Marcinelle, 1956: così morivano gli schiavi italiani in Belgio

    Scritto il 24/8/13 • nella Categoria: segnalazioni • (1)

    L’8 agosto del 1956, alle 8.10 del mattino, nella miniera di carbone di Marcinelle, in Belgio, una gabbia parte dal “punto d’invio 975” del pozzo d’estrazione con un vagoncino male agganciato. Ha inizio così la tragedia che vedrà la morte di 262 minatori su 274 presenti, 136 dei quali italiani, 95 belgi, 8 polacchi, 6 greci, 5 tedeschi, 5 francesi, 3 ungheresi, un inglese, un olandese, un russo e un ucraino. Soltanto 13 superstiti vengono tirati fuori il primo giorno. L’interminabile attesa dei familiari continua in ogni modo fino al 22 agosto, quando i soccorritori pronunciano le fatidiche parole “Tutti cadaveri”. La tragedia di Marcinelle, di cui ricorre il 57mo anniversario, rievoca anni bui della storia. Dopo la Liberazione, la necessità di una ricostruzione industriale porta il governo belga a lanciare la “battaglia del carbone”. Le autorità non vorrebbero manodopera straniera, ma ben presto si comprende che l’obiettivo non potrà mai essere raggiunto contando unicamente sulla manodopera belga.

  • Sinistra? No, grazie: ha fallito, e non vede la catastrofe

    Scritto il 20/8/13 • nella Categoria: idee • (5)

    La tradizione comunista e socialista, dopo la disfatta dell’esperimento sovietico, non è stata capace di produrre nulla di alternativo in grado di contrastare il pensiero unico, che infatti ha vinto. Gli epigoni di quell’esperienza sono ormai – come scriveva acutamente Alexadr Herzen, pur riferendosi alla generazione del 1848 – «stranieri del tempo loro» e non capiscono di essersi lasciati «sfuggire il presente e il futuro», mentre continuano a «lottare contro il loro stesso passato». Non è questione di “tradimenti”; questi ci sono stati, ma sono stati piuttosto l’effetto che la causa. Il fatto è c’era un buco nella teoria, anzi una voragine. Marx non poteva averla vista, perché quella voragine si aprì dopo di lui, sebbene qualche importante intuizione lui e Friedrich Engels la ebbero. I loro epigoni, invece, ci cascarono dentro.

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