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  • Usa, Mazzoni: ipotesi legge marziale, con elezioni da rifare

    Scritto il 18/12/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    «Si può arrivare a una legge marziale parziale, dove le elezioni vengono rifatte sotto la supervisione dell’esercito. Oppure: se emergono situazioni di tradimento (intesa con paesi stranieri per modificare il risultato), allora la questione può essere dibattuta nei tribunali militari». Lo afferma Roberto Mazzoni, giornalista indipendente di stanza negli Usa, esplorando il più clamoroso dei possibili esiti delle controverse presidenziali 2020: accadrebbe nel caso in cui Trump attivasse l’ordine esecutivo predisposto il 12 settembre 2018 a protezione della sicurezza nazionale, nel caso emergessero ingerenze straniere nel voto americano. La notizia: interrogato dal Parlamento del Michigan (Stato in cui una perizia forense ha accertato margini di errore fino al 68%, attraverso i sistemi elettorali elettronici), l’amministratore delegato di Dominion ha ammesso, per la prima volta, che i computer elettorali sono stati connessi via Internet. Il che avvalora le accuse dell’ex colonnello Phil Waldron, specializzato in guerra informatica, secondo cui i sistemi elettronici di Dominion sarebbero facilmente violabili anche dall’estero. Per Waldron, nelle presidenziali del 3 novembre si sarebbero registrare interferenze da Cina, Iran e altri paesi.
    A rendere ufficiale l’accusa potrebbe essere l’attesa relazione di John Ratcliffe, direttore dell’intelligence nazionale. In altre parole: «Non è così stretta, la strada per Trump verso la riconferma alla Casa Bianca». Intervistato da “ByoBlu” il 17 dicembre, Mazzoni fornisce un quadro preciso della situazione negli Usa, strettamente monitorata: un’evoluzione rapida, anche se ignorata dai grandi media. «I sondaggi d’opinione confermano che i cittadini americani, in maggioranza, si sono convinti che le elezioni siano state truccate a vantaggio di Biden». Il candidato democratico, inoltre, si sta indebolendo a vista d’occhio a causa dello scandalo montante attorno al figlio, Hunter, accusato di traffico internazionale di valuta con la complicità della Cina. «Sono gli stessi esponenti democratici, ormai, a pretendere – in molti casi – che la famiglia Biden faccia chiarezza, su quelle accuse». Non solo: la Corte Suprema deve ancora pronunciarsi sulle nuove cause depositate dall’avvocato Sindey Powell sui presunti brogli negli Swing States, dove il risultato è stato improvvisamente ribaltato, in una notte, a favore di Biden, dopo che i funzionari avevano stranamente sospeso lo spoglio delle schede, per riprenderlo qualche ora dopo.
    L’Alta Corte ha sul tavolo anche l’analoga denuncia di Rudolph Giuliani, che rilancia le accuse del Texas e di altri 17 Stati: i giudici avevano rigettato in prima battuta l’opposizione del Texas, sostenendo che uno Stato non avesse titolo per contestare altri Stati, ma ora la denuncia (brogli estesi e decisivi, favoriti da regole improvvisate) è stata ripresentata a nome dei cittadini degli Stati pro-Trump, che – oltre ai brogli – accusano gli Swing States di aver cambiato in modo arbitrario e incostituzionale, all’ultimo minuto, gli stessi regolamenti elettorali. Poi c’è l’incognita parlamentare: «Il 6 gennaio verranno aperte le schede dei grandi elettori che il 14 dicembre hanno votato per Biden, ma anche quelle dei grandi elettori che, in parallelo, hanno votato per Trump», riassume Mazzoni. «La parola, a quel punto, passerebbe al Parlamento: è successo anche nel 1960, quando Nixon – apparso vincente a novembre – fu invece battuto da Kennedy a gennaio». Tra le ipotesi, anche la scelta di far eleggere il presidente dai parlamentari, facendoli votare “Stato per Stato”: «In quel caso vincerebbe probabilmente Trump, dato che i repubblicani controllano la maggior parte degli Stati».
    Secondo Mazzoni, la concretezza di questi possibili scenari emergerà giorno per giorno, costringendo anche i media a prendere atto di quello che l’opinione pubblica ha già intuto: e cioè che le presidenziali 2020 sarebbero state pesantemente inquinate da brogli così estesi da ribaltare letteralmente il risultato. Anche con l’intervento di paesi stranieri? Questa è di gran lunga l’opzione più pericolosa, che innescherebbe per legge lo stato d’emergenza. Phil Waldron, ricorda Mazzoni, ha esaminato i sistemi Dominion negli ultimi due anni: i problemi erano emersi già nelle elezioni di medio termine del 2018, al punto che Stati come il Texas si erano rifiutato di adottare Dominion. Per Waldorn, il sistema è facilissimo da penetrare dall’esterno: «Posso dimostrare – ha detto – che nelle presidenziali 2020 ci sono stati accessi da Cina, Iran e altri paesi». Secondo l’ufficiale, l’interferenza straniera c’è dunque stata. «Fino all’altro ieri, Dominion aveva sostenuto che le macchine elettorali non erano collegate a Internet, quindi non potevano essere penetrate dall’esterno», sottolinea Mazzoni. «E invece l’amministratore delegato di Dominion, John Poulos, comparso il 15 dicembre davanti al Parlamento del Michigan che lo ha interrogato in materia, ha ora confermato che le macchine vengono collegate, anche se per brevi periodi, tramite uno smartphone». Quindi, secondo Mazzoni, Poulos ha confermato indirettamente quanto detto da Waldron: se collego una macchina a Internet anche solo per dieci minuti, questa può essere manipolata. In più, «ci sono evidenze che confermano che i voti venivano tabulati dal sistema Dominion, e poi trasferiti a un server all’estero (si dice che fosse a Francoforte), dove il dato elettorale veniva ulteriormente elaborato».
    Waldron ha anche descritto ulteriori funzioni del software, che permettono l’accesso nel server dall’esterno in modo invisibile, o comunque non controllabile dall’amministratore ufficiale, e attraverso il server permettono di accedere anche alle singole macchine locali di raccolta dei voti. «Per un hacker, Dominion è come Babbo Natale: tutte le porte sono aperte, è possibile manipolare a distanza le informazioni», sintetizza il giornalista. «Vedremo se ora le intelligence confermeranno ufficialmente l’analisi di Waldron, comprese le intelligence militari». Il direttore generale delle 16 agenzie dei servizi segreti statunitensi, John Ratcliffe, ha già anticipato di aver “visto” l’interferenza straniera. Le relazioni di intelligence, su questo aspetto, subiranno un probabile ritardo, rispetto alla scadenza inizialmente prevista (18 dicembre). «Ma siamo già sulla rampa di lancio dell’ordine esecutivo, che ha a che fare con la sicurezza nazionale: il discorso non è più solo limitato al fatto che un partito avrebbe barato, facendo votare anche i morti e persone inesistenti, o conteggiando fino a 8 volte le stesse schede». La domanda diventa: un paese straniero, in modo premeditato e dimostrabile, ha davvero interferito con le elezioni? E’ intervenuto sul sistema e ha modificato i risultati? «Già la possibilità di accesso al sistema costituisce un rischio».
    E’ chiaro, aggiunge Mazzoni, che una mossa di questo genere – impugnare l’ordine esecutivo – innescherebbe forti reazioni: «Quindi è necessario fare prima tutti i passi possibili, legali e politici, per risolvere la questione in altro modo». D’altro canto, prosegue Mazzoni nella sua analisi, Trump sembra totalmente determinato a non lasciar correre: «Nel momento in cui i sondaggi dicono che più della metà della popolazione è convinta che questa è stata un’elezione fasulla, nessuno ci assicura che non lo sarà anche la prossima. Anzi, se questa è stata così, la prossima potrebbe essere anche peggiore: si tratta quindi di riaffermare la credibilità del sistema democratico negli Usa, e anche di riaffermare l’efficacia dello stesso sistema giudiziario (finora totalmente assente: i giudici non hanno fatto altro che dire “non è di mia competenza”, “è troppo tardi”, evitando cioè di pronunciarsi nel merito, sugli eventuali brogli)». Per Mazzoni «è necessario ricostruire la fiducia nelle istituzioni, nel tessuto democratico del paese, visto che più della metà della popolazione è convinta di esser stata imbrogliata».
    Quanto a Joe Biden, «nessuno crede che sarà lui a governare, anche se dovesse arrivare alla presidenza: sappiamo che a decidere sarebbe Kamala Harris, così come era Dick Cheney a governare quando presidente era George W. Bush». Le indagini esplose su Hunter Biden (riciclaggio di denaro, con la complicità della Cina) mettono Joe Biden in grave imbarazzo. Le notizie di stampa su Hunter Biden – aggiunge Mazzoni – sono probabilmente un autogol: facevano parte del piano iniziale per screditare Biden e spalancare le porte della Casa Bianca a Kamala Harris, candidata di Obama supportata da Wall Street, ma i “registi” dell’operazione (che hanno incoraggiato i media a “sparare” sul figlio di Biden) sarebbero stati troppo precipitosi: avrebbero cioè “dato per morto” troppo presto Trump, che invece è tutt’altro che fuori gioco.  «Non è affatto scontato che Biden venga certificato vincitore: la strada per Trump non è così stretta come tendono a dipingerla i grandi media». Nel caso invece venisse davvero eletto Biden, comunque, «dopo un po’ Kamala Harris assumerebbe anche ufficialmente il comando, divenendo presidente, con Nancy Pelosi alla vicepresidenza». Mazzoni però si mostra perplesso, su questo esito: le quotazioni di Trump sarebbero in continua crescita.
    «Nel partito repubblicano una porzione sempre maggiore di esponenti si sta schierando con Trump, compresi i politici che all’inizio non erano allineati col presidente: si stanno compattando, nella convinzione di poter arrivare alla vittoria». Nel frattempo, aggiunge sempre Mazzoni, è emerso che il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, ha speso 500 milioni di dollari per creare un’infrastruttura elettorale parallela a quella degli Stati: «Clamoroso, vuol dire che le elezioni vengono “privatizzate” da Facebook e per giunta usando illegalmente soldi esentasse, visto che Zuckerberg li ha tratti dal budget destinato a donazioni caritative?». In pratica, «Facebook avrebbe costretto i funzionari elettorali a seguire le sue regole, negli Swing States dove già erano state alterate le regole elettorale statali con il pretesto del Covid». Uno spettacolo che, al Pentagono, dev’esser stato valutato come ben poco edificante. «Siamo quindi di fronte a una situazione che vede una buona parte delle forze armate allineate con Trump, benché si voglia evitare il più possibile l’intervento dei militari», conclude Mazzoni. E l’intelligence? «Se Ratcliffe si è già pronunciato sull’interferenza, significa che le cose possono svilupparsi in modo favorevole, per Trump. Il presidente ha detto: ora vediamo chi è con noi e chi è contro, e diamo il tempo a chi è stato contro di noi redimersi, se vuole. Ha ancora qualche per giorno, per farlo: poi si tireranno le somme».

    «Si può arrivare a una legge marziale parziale, dove le elezioni vengono rifatte sotto la supervisione dell’esercito. Oppure: se emergono situazioni di tradimento (intesa con paesi stranieri per modificare il risultato), allora la questione può essere dibattuta nei tribunali militari». Lo afferma Roberto Mazzoni, giornalista indipendente di stanza negli Usa, esplorando il più clamoroso dei possibili esiti delle controverse presidenziali 2020: accadrebbe nel caso in cui Trump attivasse l’ordine esecutivo predisposto il 12 settembre 2018 a protezione della sicurezza nazionale, nel caso emergessero ingerenze straniere nel voto americano. La notizia: interrogato dal Parlamento del Michigan (Stato in cui una perizia forense ha accertato margini di errore fino al 68%, attraverso i sistemi elettorali elettronici), l’amministratore delegato di Dominion ha ammesso, per la prima volta, che i computer elettorali sono stati connessi via Internet. Il che avvalora le accuse dell’ex colonnello Phil Waldron, specializzato in guerra informatica, secondo cui i sistemi elettronici di Dominion sarebbero facilmente violabili anche dall’estero. Per Waldron, nelle presidenziali del 3 novembre si sarebbero registrare interferenze da Cina, Iran e altri paesi.

  • Se al Popolo delle Mascherine resta il piacere di votare No

    Scritto il 19/9/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Il minimo che ci potesse capitare, dopo aver dato retta a Greta Thunberg, era di finire confinati in casa per mesi, e poi guardati a vista come pericolosi bricconi, irresponsabili diffusori del Virus della Paura. Milioni di sguardi imbambolati davanti all’epifania scandinava della minuscola fiammiferaia, venuta a raccontarci – insieme ai tecno-narratori dell’Onu – che siamo noi, proprio noi, a surriscaldare pericolosamente il globo. Per la cronaca: è lo stesso pianeta che, solo dodicimila anni fa, passò in un battibaleno dall’inferno dei vulcani alla notte artica dei ghiacci, superando il Grande Diluvio, per poi arrivare alle temperature – più alte di quelle di oggi – dell’epoca dell’Impero Romano, quando cioè non esistevano plastiche né carbone né acciaierie. Tutti a sentire i profetici ammonimenti della piccina, mentre la Terra si riempiva di strane antenne, i cieli erano rigati da strane scie, e dai laboratori fuggivano strani virus. Antenne, scie e virus: tre vocaboli complemanente assenti, nel lessico della maestrina svedese, i cui ricchissimi impresari (dalla Bank of England in giù) erano riusciti a distoglierci dal vero problema, l’avvelenamento ottuso e criminale del suolo, dell’aria e delle acque. E’ colpa vostra, cioè nostra: il Vangelo secondo Greta è lo stesso degli arconti che stabiliscono, da sempre, quanto e come crescere, quanto e come soffrire, e quando infine decrescere, impoverirsi, possibilmente sparire.
    Sono sempre loro a decidere quale canzone cantare, a seconda dei momenti: il guaio, semmai, è che poi la cantiamo tutti, o quasi tutti, lasciando che siano i medesimi sceneggiatori a scegliere per noi lo spartito del giorno. I pessimisti parlano apertamente di zootecnia, sia pure evolutissima e sapientemente truccata da politica, da informazione, da entertainment culturale. E’ ancora possibile cantare fuori dal coro, entro certi limiti; al momento giusto, però, non manca mai un Vasco Rossi che sappia richiamare all’ordine, da par suo, gli eventuali indisciplinati. Di tanto in tanto, al Popolo delle Mascherine è ancora concesso l’antico lusso della celebrazione democratica, elettorale, a condizione – beninteso – che dal voto non dipenda niente di importante. Bazzecole, piccole faide tra nano-leader, guerriglie tra clan. Da Greta Thunberg a Beppe Grillo, il passo è brevissimo: ci si ritrova con Luigi Di Maio ministro degli esteri, e Giuseppe Conte a Palazzo Chigi. L’unico campionato vinto dal Fratello di Montalbano, per ora, è quello della vaccinazione obbligatoria più inutile del pianeta, il siero contro l’influenza, mentre i suoi fieri oppositori – il barbaro Salvini (l’energumeno al citofono) e la piccola Giorgia («sono italiana, sono cristiana») – si stringono attorno al redivivo Nonno Silvio, che spedisce in aula un fenomeno indimenticabile come Mariastella Gelmini ad aprire ufficialmente la stagione della Vaccinazione Universale Obbligatoria.
    Al Popolo delle Mascherine è consentito celebrare il rito solenne delle elezioni regionali, tra gossip e sondaggi, già pregustando l’esiziale bilancio che proporrà vincitori e vinti, come se davvero i cambi di casacca e di poltrona portassero in dote un qualche lume capace di rischiarare la lunga notte polare nella quale i sudditi sono stati abbandonati, costretti a subire eventi non spiegati, letteralmente incomprensibili, se non protetti dal segreto. «Questo governo non lavora col favore delle tenebre», ha detto l’umorista Conte, l’ometto che ha proibito la circolazione di ogni possibile notizia giungendo a imporre la supervisione di un Ministero della Verità, abilitato a vigilare e censurare, nemmeno fossimo in Corea del Nord. Un atto d’imperio madornale, scandaloso, contro il quale però non s’è levata alcuna voce, dalle redazioni: non un fiato, né dai telegiornali né dai sindacati; non una sillaba dal mitologico Ordine dei Giornalisti, sempre che esista ancora. Anzi, al contrario: tutti i cantori si sono esercitati nello stesso coro, giungendo a ostracizzare e ridicolizzare anche i Premi Nobel che avessero avuto l’impudenza di esprimere un loro libero pensiero. L’aria che tira è scurissima, nel paese delle Sardine e dei magistrati formato Palamara: forse persino Primo Levi, oggi, rischierebbe di beccarsi del negazionista.
    Si dirà che è scontato anche questo, presso i sudditi che vivono sui social e si muovono soltanto se hanno in tasca il dispositivo telefonico di tracciamento volontario personale. Tutto ovvio e normalissimo, per chi ha creduto che Barack Obama fosse una specie di Babbo Natale in versione gospel. Normale, per chi ha accolto con un bell’applauso il macellaio Mario Monti, per chi crede ancora che Romano Prodi sia una sorta di filantropo bonario, per chi pensa che la truce Angela Merkel sia meglio dell’aborrita Maggie Thatcher, la Strega del Nord (che almeno ha rovinato solo gli inglesi, lasciando in pace il resto dell’Europa). Normale, per chi ancora crede alla leggenda nera del Debito Pubblico, e pensa che la sbalorditiva solidità italiana – case, risparmi – possa andare benissimo per gli avvoltoi che sognano l’eterna patrimoniale, mentre non valga nulla per il rating dell’Ue (che tratta l’Italia come un pezzente da mettere alla porta, un povero paesucolo insolvente). Tutto normale, per chi riesce addirittura a fare il tifo per i nazi-terroristi prezzolati che portano la guerra nelle strade americane, usurpando senza ritegno persino il nome e le bandiere dell’antifascismo.
    E in fondo al tunnel, naturalmente, c’è pure un referendum. Anche questo è concesso, ai cittadini in libertà provvisoria: votare per tagliare quel poco di democrazia formale che ancora sopravvive. Massacrare il Parlamento, volontariamente: un harakiri magistrale. Poltrone oggi tristemente inutili, scavalcate da poteri decisivi, eppure ancora temute: per quello che potrebbero diventare, domani, se a occuparle fosse gente d’altra razza. Come – per dire – quel coraggioso Kennedy, capace di scuotere i dormienti con il suo appello berlinese al bene più prezioso, l’orgoglio di sentirsi liberi. I saggi dicono che non serve frugare tra i complotti, per fare l’inventario del disastro: basta e avanza lo spettacolo di un corpo elettorale rassegnato a votare ogni volta con odio, contro qualcuno, anziché per qualcosa. Accadde con Matteo Renzi, nell’improvvida chiamata alle urne che gli costò il posto. Votarono in massa, gli italiani, per zittire il fanfarone (ma nessuna alternativa era in cantiere: dopo di lui lo zombie Gentiloni, e ora addirittura Conte). Cosa farà, stavolta, il Popolo delle Mascherine? Assalterà i seggi, per punire il grottesco ducetto del Distanziamento, l’omino che ha imposto il bavaglio alla nazione? Oppure resterà a casa, davanti alla partita? O peggio: voterà convintamente per suicidare il Parlamento? L’elettore, oggi, sa di essere considerato meno di niente. Gli resta quel miniscolo potere, soltanto per un giorno: dire No. E’ poco, ma è qualcosa. La franchezza di un messaggio: non ci piace, quello che ci avete fatto.
    (Giorgio Cattaneo, “Al Popolo delle Mascherine resta una possibilità: il piacere di dire No”, dal blog del Movimento Roosevelt del 17 settembre 2020).

    Il minimo che ci potesse capitare, dopo aver dato retta a Greta Thunberg, era di finire confinati in casa per mesi, e poi guardati a vista come pericolosi bricconi, irresponsabili diffusori del Virus della Paura. Milioni di sguardi imbambolati davanti all’epifania scandinava della minuscola fiammiferaia, venuta a raccontarci – insieme ai tecno-narratori dell’Onu – che siamo noi, proprio noi, a surriscaldare pericolosamente il globo. Per la cronaca: è lo stesso pianeta che, solo dodicimila anni fa, passò in un battibaleno dall’inferno dei vulcani alla notte artica dei ghiacci, superando il Grande Diluvio, per poi arrivare alle temperature – più alte di quelle di oggi – dell’epoca dell’Impero Romano, quando cioè non esistevano plastiche né carbone né acciaierie. Tutti a sentire i profetici ammonimenti della piccina, mentre la Terra si riempiva di strane antenne, i cieli erano rigati da strane scie, e dai laboratori fuggivano strani virus. Antenne, scie e virus: tre vocaboli completamente assenti, nel lessico della maestrina svedese, i cui ricchissimi impresari (dalla Bank of England in giù) erano riusciti a distoglierci dal vero problema, l’avvelenamento ottuso e criminale del suolo, dell’aria e delle acque. E’ colpa vostra, cioè nostra: il Vangelo secondo Greta è lo stesso degli arconti che stabiliscono, da sempre, quanto e come crescere, quanto e come soffrire, e quando infine decrescere, impoverirsi, possibilmente sparire.

  • Kennedy a Berlino: pandemia totalitaria, dal regime del 5G

    Scritto il 01/9/20 • nella Categoria: idee • (1)

    Grazie a tutti. Negli Stati Uniti i giornali dicono che sono venuto qui per parlare con 5.000 nazisti. E domani confermeranno esattamente che io ero qui ho parlato con 3-5.000 nazisti. Quando guardo questa folla, vedo l’opposto del nazismo: vedo persone che amano la democrazia, persone che vogliono un governo aperto, che vogliono leader che non mentano loro e che non assumano decisioni arbitrarie con il fine di orchestrare l’opinione pubblica. La gente non vuole più governanti che inventino leggi e regolamenti arbitrari per orchestrare l’obbedienza della popolazione. Vogliamo politici che si preoccupino della salute dei nostri figli e non del profitto loro e della lobby farmaceutica. Vogliamo politici che non facciano accordi con Big Pharma. Questo è l’opposto del nazismo. Guardo questa folla e vedo bandiere dell’Europa, persone con diverso colore della pelle, di ogni nazione, religione; persone che si preoccupano dei diritti umani, della salute dei bambini, della libertà umana. Questo è l’opposto del nazismo. I governi amano le pandemie, le amano per la stessa ragione per cui amano la guerra, perché permette loro di avere il controllo della popolazione che altrimenti non avrebbero. Le istituzioni si stanno organizzando per orchestrare un’obbedienza imposta.
    Vi dirò qualcosa che per me è un mistero: tutte queste grandi e importanti persone, come Bill Gates e Anthony Fauci, hanno pianificato e pensato a questa pandemia per decenni, in modo che saremmo stati tutti al sicuro quando la pandemia finalmente sarebbe arrivata. Eppure, ora che ci siamo, non sembra sappiano quello di cui stanno parlando. E vanno avanti così. Diffondo numeri e non sono in grado di dirti qual è il tasso di mortalità per il Covid. Non riescono a fornirci un test Pcr che funzioni realmente. Devono cambiare di continuo la definizione di Covid nel certificato di morte per farlo sembrare sempre più pericoloso. La sola cosa di cui sono capaci è aumentare la paura. Settantacinque anni fa, Hermann Goering testimoniò al Tribunale di Norimberga. Gli venne chiesto: come avete convinto il popolo tedesco ad accettare tutto questo? E lui rispose: «È stato facile, non ha nulla a che fare con il nazismo: ha a che fare con la natura umana». Puoi fare questo in un regime nazista, socialista o comunista, puoi farlo in una monarchia o in una democrazia. L’unica cosa che si deve fare per rendere le persone schiave è spaventarle. E se riesci a trovare qualcosa per spaventarle riesci a fargli fare qualunque cosa tu voglia.
    Sessant’anni fa, mio zio John Fitzgerald Kennedy è venuto in questa città perché Berlino era la frontiera contro il totalitarismo globale. Oggi lo è ancora. Mio zio è venuto qui e ha orgogliosamente detto al popolo tedesco: «Ich bin ein Berliner». Oggi tutti quelli che sono qui possono orgogliosamente dire un’altra volta: «Ich bin ein Berliner». Fatemi dire un’altra cosa: non hanno fatto un buon lavoro con la protezione della salute pubblica, ma hanno fatto un ottimo lavoro nell’usare la quarantena per portare il 5G in tutti gli Stati e per portarci verso la moneta digitale, che è l’inizio della schiavitù. Perché se loro controllano il tuo conto in banca, controllano il tuo comportamento. E vediamo tutte queste pubblicità in Tv, che come slogan ripetono: «Il 5G sta arrivando nella tua città, cambierà la tua vita in meglio!». Sono molto convincenti queste pubblicità, devo dire. Perché mentre le guardo penso: è fantastico, aspetto trepidante che arrivi la tecnologia di quinta generazione perché sarò in grado di scaricare un videogioco in 6 secondi anziché 16. È per questo che stiamo spendendo 5 trilioni di dollari per il 5G? No, il motivo è per la sorveglianza e la raccolta dati. Non è per voi o per me: è per Bill Gates, Mark Zuckerberg, Jeff Bezos e tutti gli altri.
    La loro flotta di satelliti sarà in grado di sorvegliare ogni metro quadro sul pianeta, 24 ore al giorno. Ed è solo l’inizio: saranno anche in grado di seguire ognuno di voi attraverso i vostri smartphone, il riconoscimento biometrico facciale, il Gps. Pensate che ‘Alexa’ stia lavorando per voi? Lei sta lavorando per Bill Gates, spiandovi. Dunque la pandemia è una crisi di comodo, per le élite che stanno dettando le loro politiche. Gli dà la capacità di cancellare la classe media, di distruggere l’istituzione della democrazia e di portare tutta la nostra ricchezza nelle mani di una manciata di miliardari, per rendere ricchi loro stessi impoverendo gli altri. L’unica cosa che si interpone fra loro e i nostri figli è questa folla che è venuta in piazza a Berlino. Gli diremo: non cambierete la nostra libertà, non avvelenerete i nostri figli; noi vogliamo indietro la nostra democrazia. Grazie a tutti, e non smettete di lottare.
    (Robert Kennedy Jr., discorso pronunciato a Berlino il 29 agosto 2020 nella manifestazione oceanica contro la politica autoritaria intrapresa col pretesto del coronavirus. Il figlio di Bob Kennedy è intervenuto nella capitale tedesca ricordando il celebre discorso di suo zio, John Fitzgerald Kennedy, pronunciato il 26 giugno 1963. Proprio a Jfk, non a caso, Bob Dylan ha dedicato la canzone-denuncia “Murder Most Foul” anticipata sul web a fine marzo, giusto in coincidenza con l’inizio del lockdown universale, per diffondere lo stesso messaggio: la nostra libertà è in pericolo).

    Grazie a tutti. Negli Stati Uniti i giornali dicono che sono venuto qui per parlare con 5.000 nazisti. E domani confermeranno esattamente che io ero qui ho parlato con 3-5.000 nazisti. Quando guardo questa folla, vedo l’opposto del nazismo: vedo persone che amano la democrazia, persone che vogliono un governo aperto, che vogliono leader che non mentano loro e che non assumano decisioni arbitrarie con il fine di orchestrare l’opinione pubblica. La gente non vuole più governanti che inventino leggi e regolamenti arbitrari per orchestrare l’obbedienza della popolazione. Vogliamo politici che si preoccupino della salute dei nostri figli e non del profitto loro e della lobby farmaceutica. Vogliamo politici che non facciano accordi con Big Pharma. Questo è l’opposto del nazismo. Guardo questa folla e vedo bandiere dell’Europa, persone con diverso colore della pelle, di ogni nazione, religione; persone che si preoccupano dei diritti umani, della salute dei bambini, della libertà umana. Questo è l’opposto del nazismo. I governi amano le pandemie, le amano per la stessa ragione per cui amano la guerra, perché permette loro di avere il controllo della popolazione che altrimenti non avrebbero. Le istituzioni si stanno organizzando per orchestrare un’obbedienza imposta.

  • Draghi, l’Innominato: rifondare il futuro, vincendo la paura

    Scritto il 19/8/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Nei “Promessi Sposi”, l’Innominato è un potente masnadiero al quale i malvagi si rivolgono per il loro piano, che infatti va in porto, fino a quando è lo stesso Innominato – convertitosi al bene – a farlo saltare per aria, aprendo la strada alla felicità di Renzo e Lucia. In attesa di capire quanto possa esservi di realmente manzoniano, in Mario Draghi, risuonano le parole che ha pronunciato il 18 agosto 2020 – data storica, probabilmente – nel santuario cattolico militante del Meeting di Rimini, di fronte al silenzio urlante di una politica italiana azzerata da decenni di grigiore e ora letteralmente annichilita dal coronavirus, o meglio dalla gestione della paura – nazionale e mondiale – come unica bussola per il futuro. E qui si erge, di colpo, il gigante Mario Draghi: la prudenza sanitaria è obbligatoria, ma la sola paura non è accettabile. Urge un futuro degno di questo nome, e si chiama gioventù. Possiamo chiudere bottega, se “suicidiamo” un’intera generazione condannandola al panico perpetuo, sembra dire l’ex banchiere centrale, nei giorni in cui i media – a reti unificate, e in modo ridicolo – trasformano in untori i giovani della movida, scambiando i contagi per malattie.

  • Covid, sapevano tutto: potere di vita o di morte su di noi

    Scritto il 13/8/20 • nella Categoria: segnalazioni • (1)

    Avrebbero potuto proteggerci dalla pandemia e non l’hanno fatto: perché? Già il fatto che non ci abbiano protetto è una notizia. I grandi media ci hanno raccontato che il coronavirus è stato uno tsunami che ci ha preso alla sprovvista, e per questo motivo non avevamo difese. Io invece ho scoperto altro, facendomi domande: e non capisco perché gli altri giornalisti non se le siano poste, in questi mesi. Noi viviamo in un mondo in cui il bene più prezioso che esista è il possesso delle informazioni che riguardano il nostro futuro. Vale in ogni ambito: politico, sociale, di sicurezza, meteorlogico, economico-finanziario. Tutti i soggetti investono enormi risorse per capire in anticipo che cosa accadrà, e quindi agire di conseguenza. Questo è il mondo del XXI secolo: è fatto così. Quindi trovavo assurdo che, in un mondo del genere, nessuno avesse nemmeno provato a prevedere l’arrivo di un virus. Ho fatto ricerche anche banali, consultando fonti ufficiali: quelle prodotte dai governi, dagli istituti di ricerca, dalle organizzazioni internazionali. E così ho scoperto che il coronavirus è stato l’evento più annunciato del XXI secolo, il più previsto. Allora, se tutti lo sapevano (tutti quelli che dovevano saperlo), è possibile che non ce ne sia stato uno che abbia mosso un dito per cercare di proteggerci? Non uno che abbia avvertito la popolazione mondiale, tutti noi, dell’arrivo di questo virus, per trovare il modo di proteggerci prima ancora che arrivasse.

  • La Corsica ferma il 5G: prima dimostrateci che non fa male

    Scritto il 06/8/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Cautela prolungata: sotto la spinta del suo presidente Jean-Guy Talamoni, l’Assemblea della Corsica vuole darsi il tempo di riflettere sul 5G. Venerdì 31 luglio ha votato una richiesta di moratoria sulla diffusione della nuova generazione di telefonia mobile sull’Isola della Bellezza. «Non si tratta di opporsi al 5G per principio; si tratta semplicemente di esigere il diritto dei rappresentanti eletti di avere tutti gli elementi di apprezzamento per prendere posizione su questa nuova tecnologia», spiega Jean-Guy Talamoni, che non vuole che i rappresentanti eletti siano «a rimorchio delle decisioni prese dall’industria». I corsi non sono gli unici a interrogarsi sulle conseguenze per la salute e sull’impatto ambientale dell’impiego del 5G. Questa tecnologia è diventata oggetto di tensione per molte associazioni, che la accusano di tutti i mali. Gli operatori delle telecomunicazioni e il governo possono fare molte dichiarazioni rassicuranti, supportate da studi e cifre, ma non si sta facendo nulla al riguardo. Il 5G deve permettere, a parità di utilizzo dei dati in mobilità, di dividere per dieci il consumo energetico delle reti mobili. L’Agenzia nazionale per la sicurezza sanitaria (Anses) dovrà presentare il prossimo anno un nuovo studio d’impatto.
    Questo ritardo si spiega con il fatto che questa tecnologia è recente e che ci vuole tempo per effettuare i sondaggi. Tuttavia, l’Amses si basa su studi di terzi, per le sue conclusioni. I rappresentanti eletti della Corsica rivendicano «il diritto di sapere» prima di prendere una decisione. «Possiamo aspettare qualche mese, prima di decidere», aggiunge Jean-Guy Talamoni, che preferisce avere «studi affidabili, prima del lancio del 5G». Teme anche che il lancio del 5G «allargherà il divario digitale tra chi potrà dotarsi di dispositivi compatibili e chi no». «All’inizio del XX secolo, l’automobile ha causato molte polemiche sulla sua pericolosità. Eppure queste tecnologie sono diventate così tanto parte della nostra vita che non possiamo più farne a meno, nonostante i rischi. Il 5G è uno di questi sviluppi che ci pongono delle domande. Spetta quindi a noi garantire la protezione della Corsica applicando il principio di precauzione, una disposizione definita e approvata a livello internazionale», spiega Talamoni nella sua relazione all’Assemblea della Corsica. «Questo è proprio il caso in cui il principio di precauzione deve essere applicato», insiste, in risposta alle domande di “Le Figaro”.
    Legalmente, la delibera dell’Assemblea della Corsica non può imporre una moratoria al 5G. «In questo modo, noi stiamo scontentando alcuni dei nostri elettori che difendono i loro interessi particolari e chiedono lo schieramento del 5G», ha aggiunto il deputato della Corsica. I rappresentanti eletti della Corsica hanno anche evidenziato la mancanza di copertura dell’Isola della Bellezza quanto a 4G, chiedendo che questa sia completata prima di considerare un possibile lancio del 5G. È qui che sta il problema: il 4G e il 5G non sono destinati agli stessi usi; il primo è più rivolto al grande pubblico, e il secondo ha molte applicazioni in campo industriale. Essendo in ritardo nell’avvio, la Corsica rischia di avere un divario ancora più ampio da colmare in pochi anni, mentre il 5G si presenta come uno strumento importante per l’attrattività dei territori e la competitività economica. L’equazione si complica ulteriormente con richieste contraddittorie sul territorio: i rappresentanti eletti chiedono la copertura del 4G, mentre si creano associazioni per opporsi al suo dispiegamento. «Stiamo cercando di gestire questo tipo di controversie», dice Jean-Guy Talamoni.
    (Elsa Bembaron, “La Corsica dice no al 5G”, da “Le Figaro” del 31 luglio 2020. A fermare il 5G sono stati anche paesi come Svizzera e Slovenia in attesa di garanzie sul suo impatto sulla salute. In Italia, invece, il governo Conte intende togliere ai Comuni – oltre 500, i contrari – la possibilità di opporsi all’installazione delle nuove antenne).

    Cautela prolungata: sotto la spinta del suo presidente Jean-Guy Talamoni, l’Assemblea della Corsica vuole darsi il tempo di riflettere sul 5G. Venerdì 31 luglio ha votato una richiesta di moratoria sulla diffusione della nuova generazione di telefonia mobile sull’Isola della Bellezza. «Non si tratta di opporsi al 5G per principio; si tratta semplicemente di esigere il diritto dei rappresentanti eletti di avere tutti gli elementi di apprezzamento per prendere posizione su questa nuova tecnologia», spiega Talamoni, che non vuole che i rappresentanti eletti siano «a rimorchio delle decisioni prese dall’industria». I corsi non sono gli unici a interrogarsi sulle conseguenze per la salute e sull’impatto ambientale dell’impiego del 5G. Questa tecnologia è diventata oggetto di tensione per molte associazioni, che la accusano di tutti i mali. Gli operatori delle telecomunicazioni e il governo possono fare molte dichiarazioni rassicuranti, supportate da studi e cifre, ma non si sta facendo nulla al riguardo. Il 5G deve permettere, a parità di utilizzo dei dati in mobilità, di dividere per dieci il consumo energetico delle reti mobili. L’Agenzia nazionale per la sicurezza sanitaria (Anses) dovrà presentare il prossimo anno un nuovo studio d’impatto.

  • Fallimento Immuni: gli italiani sono meno fessi del previsto

    Scritto il 22/7/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    E’ ufficiale: l’App Immuni è un flop. Dopo mille polemiche, problemi e ritardi, l’applicazione governativa anti-Covid per tracciare le persone è stata respinta dagli italiani: è stata scaricata da appena 4 milioni di utenti, nonostante i piccoli focolai estivi che fanno ancora parlare del virus grazie al quale si è “imprigionato” il paese, decretandone il disastro economico. Tutto questo, senza neppure riuscire a minimizzare l’impatto della patologia: statistiche alla mano, ricorda Marcello Veneziani, l’Italia registra – per ora – la peggior performance al mondo: 35.000 morti, su 60 milioni di abitanti. L’App Immuni, scrive “Money.it“, è stata scaricata solamente da 8 italiani su 100. Di fatto, non ha convinto: «Oltre a non poter essere scaricata da 1 persona su 4, dal momento che non è supportata da smartphone datati, molti italiani ancora non si fidano a rilasciare i propri dati». Sfiducia ben motivata, secondo un hacker come Max Uggeri: «Chi gestisce il database, ovvero Sogei, su questo fronte ha già fatto figure non proprio bellissime, in passato. Il primo rischio è quello che qualche malintenzionato lo attacchi per generare dei falsi positivi». Non confortano le notizie provenienti da Israele: ben 12.000 “falsi positivi” costretti alla quarantena per un banale errore dell’applicazione, gemella di quella italiana.

  • Terziano: la mente è un paracadute, se si apre ci guarisce

    Scritto il 19/7/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Ho un amico che ha avuto un’emorragia celebrale, tre giorni fa, e a mie piace stare con lui. Non so se lo sto accompagnando verso la morte. Se io riesco a interagire con queste persone le faccio “uscire in astrale”: si vedono da sopra, si rendono conto del fatto che c’è una parte di noi che non muore. Con questo sistema comunicano con i loro cari, defunti, e si rasserenano. Questo, per me, è “accompagnare”. Una volta sola, mi è capitata una guarigione “miracolosa”: ce l’ho ancora nel cuore, nella testa. Gli altri però muoiono tutti: purtroppo non ho il potere di evitargli la morte (e penso che prima o poi toccherà anche a me, tra le altre cose). Per me, quindi, l’accompagnare ha questo significato: stare vicino, e fare quello che il tuo sapere – di testa e di cuore – in quel momento ti suggerisce di fare. La rabdomanzia? Non tutti nasciamo rabdomanti. Io lo sono diventato. La si può allenare, la mente, a percepire le radiazioni della Terra. Tanti anni fa sono stato in Egitto, nel Tempio di Luxor, a fare delle sperimentazioni. E ho visto che molte persone, vicino all’altare, cascano per terra. Pensate alla Sacra di San Michele, in valle di Susa: se andate lassù nella chiesetta, a sinistra dell’altare, potreste cadere; lì c’è un incrocio delle due “vie sincroniche”. Il fatto che i luoghi sacri come la grotta di Lourdes abbiano un’elevata energia è positivo, ma non è prudente sostarvi troppo a lungo, altrimenti ci si “frigge”.
    Io sono un medico, con alle spalle una lunga esperienza ospedaliera. Nel frattempo mi sono occupato di agopuntura, quando era ancora considerata stregoneria pura. Ho studiato medicina tradizionale cinese, omeopatia, radioestesia, Reiki. Pratico l’ipnosi, che è ottima coi malati gravi. Poi ho scoperto la fisica quantistica. Mi sono affidato alla medicina complementare, senza mai rifiutare nulla della medicina ufficiale. A proposito: riusciremo mai a sentir parlare semplicemente di “medicina”, senza dover aggiungere aggettivi come “ufficiale” e “alternativa”? Avevo bisogno di darmi una risposta scientifica a fenomeni che vivevo, e che non riuscivo a spigarmi. Per esempio: ci sono luoghi che producono benessere, altri malessere. Sentiamo dire: «Non dormivo bene, e ho risolto il problema girando il letto». A volte proviamo una strana empatia, immediata, con persone che vediamo per la prima volta: perché? Oppure: come fa il rabdomante a sentire la vena d’acqua? Come può funzionare un rimedio omeopatico, se non contiene chimica? E come fa a funzionare l’acqua “informata”? Come fanno a funzionare i trattamenti a distanza dei gruppi di preghiera, come confermato da studi scientifici americani su reparti ospedalieri verso cui era stata indirizzata la preghiera? E come fanno a funzionare i trattamenti di Reiki a distanza e quelli della medicina vibrazionale, di cui mi occupo io?
    Ancora: com’è possibile interagire con l’identità spirituale di un defunto? Cosa che avviene, sapete: ed è un’altra delle realtà profonde della nostra vita, che ci neghiamo. Che significato possiamo dare, al cosiddetto paranormale, inclusi quelli che chiamiamo miracoli? Io a tutti questi fenomeni ho dato un significato quando ho cominciato a studiare fisica quantistica seriamente. Della quantistica ho trasferito i principi fondamentali nella mia vita quotidiana. In questo momento è diventata la mia verità – la mia, beninteso, e non ho nessuna intenzione di imporla agli altri. Rimane la gioia di poterne parlare, tutto qui. Il grande fisico Nils Bohr, Premio Nobel, diceva che chi si avvicina alla meccanica quantistica, se non viene sconvolto, significa che non l’ha capita. Io ne sono rimasto affascinato. Fonda le sue radici nell’infinitamente piccolo. E l’ho sperimentata con successo nella vita, la mia e quella delle persone che mi ruotano accanto. La fisica di Newton stabilisce che è sempre una forza esterna a far muovere un oggetto. E’ il fondamento della nostra tecnologia: siamo andati sulla Luna, con Newton.
    La quantistica comincia con Einstein (”la materia è energia”) e dimostra che l’energia è dentro la materia, e che questa energia si espande. Ecco il concetto di vibrazione, e il concetto di risonanza: un segnale che parte a va a collegarsi a entità che vibrano alla sua stessa frequenza, perché queste forze – nel loro espandersi nell’universo – rispettano le leggi della fisica (possiedono frequenza, ampiezza e lunghezza d’onda). Sappiamo che l’uomo emette frequenze elettromagnetiche: facciamo l’elettrocardiogramma, l’elettroencefalogramma. Ma prima che ci fossero questi “giocattoli” come facevamo, a sapere che c’erano queste onde? La mente dell’uomo è come un paracadute: funziona solo se si apre. Il problema è farla aprire. Proviamo allora a immaginare che esistano frequenze che l’uomo riceve e manda, e che però nessun apparecchio riesce ancora a evidenziare. In realtà un “apparecchio” fatto così ce l’abbiamo tutti: è la nostra mente.
    Se ci mettiamo uno di fronte all’altro e tendiamo i palmi delle mani, dopo un po’ avvertiamo una sorta di formicolio: si può sentire, quello che l’essere umano trasmette. Questo a cosa mi serve, nell’atto terapeutico? Mi aiuta a interagire, guidando il paziente (con il suo aiuto, indispensabile), per recuperare quei conflitti interiori che sa rilevare anche l’ipnosi, impiegando però moltissimo tempo. Poi, una volta individuato il conflitto, occorre comunque che a risolverlo sia la persona, non certo il terapeuta. La mente dell’uomo è in grado di concentrarsi su tantissime frequenze: è possibile sentire le energie della Terra, è possibile percepire le Onde di Schumann, le energie stupende che abbondano nei siti celtici. Possiamo sentire le geopatie, sintonizzarci con gli effetti negativi dei telefoni cellulari. Le possibilità sono infinite. In questo momento storico stiamo passando dalla biochimica alla biofisica, che speriamo superi rapidamente la biochimica.
    Io sono abituato a interagire con la materia, da tantissimi  anni. Coi vegetali, per esempio: se si stimolano con le frequenze giuste, le piante germogliano prima, crescono meglio. Lo dimostrano gli amici con cui collaboro, che si occupano di agricoltura biologica. Ho provato a proporre questo intervento nella crescita delle cellule staminali, in una università. Obiettivo: riuscire a sollecitare le cellule con uno stimolo biofisico – e ci si riesce benissimo, con la mente, a inviare un’onda destinata a  informare le cellule: “informare”, cioè “formare dentro”, inserire una forma. Oggi sono state inventate delle macchine che sfruttano la cosiddetta bio-risonanza, che riescono a leggere le frequenze delle cellule. Le nostre cellule sono dei “dipoli” che emanano comunque una corrente, e la stessa cosa fanno i neuroni quando creano i pensieri. E creano onde elettromagnetiche che possono interferire pesantemente, sul fisico.
    La kinesiologia, una scienza che pochi medici conoscono, è in grado di testare l’azione delle forze esterne verso di noi. Qualsiasi cosa: un barattolo di Nutella, il telefonino. Le macchine a bio-risonanza sono eccezionali, registrano queste frequenze e le possono cambiare. Unico handicap, sono costose. E allora ho imparato a usare la mia mente, e a utilizzare dei cristalli che io “informo” con delle onde particolari, che sono in grado poi si trasmettere alle persone alcune frequenze. Guardate che è molto semplice, può farlo chiunque. Un evento scientifico che ha validato queste cose è l’esperimento Epr di Einstein con Podolsky e Rosen, quello che ha stabilito l’efficacia dell’entanglement. Ci sono due elettroni che girano nello stesso senso; se ne prende uno e lo si trasporta a chilometri di distanza; poi con la macchina si dà un impulso a far girare un elettrone al contrario (”spin inverso”) e simultaneamente – cosa che mise in crisi Einstein – dall’altra parte del mondo, anche l’altro elettrone si mette a girare nel senso inverso. Questo dimostra che la velocità della luce non è più fondamentale, nel calcolo delle dinamiche della materia.
    Pensate agli innumerevoli input biologici che arrivano alle nostre cellule, ai nostri organi: se viaggiassero solo degli impulsi biochimici, come faremmo a funzionare così bene? Non avete mai visto uno stormo di uccelli fare le sue evoluzioni, virando di colpo? Tutti si muovono in sincrono. Com’è pensabile che il capostormo fischi all’ultimo della fila? Si mandano i segnali di cui parlo. E come fanno le termiti, che sono cieche, a fare così rapidamente e in modo così perfetto il loro nido? Tra l’altro, il termitaio sorge sempre su un Nodo di Hartmann, geopatico. Col suo Principio di Indeterminazione, Heisenberg ha dimostrato che, nell’infinitamente piccolo, di una sostanza non si possono valutare due caratteristiche contemporaneamente. Possiamo “misurare” un elettrone, ma non la sua velocità. Non lo capivo, fino a quando non mi è venuto in mente l’esempio del minestrone: se voglio misurarne la quantità è facile, peso il mio piatto di minestra; ma se – contemporaneamente – voglio anche sapere se la minestra è buona o no, non posso farlo: assaggiandola, altererei una delle sue qualità (il peso, appunto).
    Se io guardo la realtà, come osservatore, posso condizionarla. Ma cos’è la realtà? Se reggo in mano un microfono e lo vedo grigio, un daltonico lo vedrà giallo. La realtà è dunque quello che il nostro cervello immagina che sia reale. Ma se la realtà è la malattia, e noi abbiamo la possibilità di vederla come una realtà diversa, perché non impariamo a farlo? E questo lo si può fare, non è difficile. Lo si può fare da soli, oppure aiutando la persona a passare dal subconscio (l’area dove sussistono i conflitti spirituali) al super-conscio. E dal super-conscio vi assicuro che parte la guarigione. Io lo trovo bellissimo. Questo, in sintesi, è il mio pensiero sulla fisica quantistica. Non è così complicata, ed è affascinante. Io mi sono limitato a riportarla nella pratica quotidiana.
    (Emilio Terziano, dichiarazioni rilasciate alla “Giornata dei guariti” il 19 dicembre 2019 allo Spazio Uno di Torino. Ginecologo ed esperto in “medicina energetica vibrazionale”, il dottor Terziano è il co-fondatore – con il figlio Andrea, ingegnere – dell’azienda Pentater, che produce dispositivi “quantistici” che proteggono il corpo da elettrosmog, geopatie e dolore fisico).

    Ho un amico che ha avuto un’emorragia celebrale, tre giorni fa, e a mie piace stare con lui. Non so se lo sto accompagnando verso la morte. Se io riesco a interagire con queste persone le faccio “uscire in astrale”: si vedono da sopra, si rendono conto del fatto che c’è una parte di noi che non muore. Con questo sistema comunicano con i loro cari, defunti, e si rasserenano. Questo, per me, è “accompagnare”. Una volta sola, mi è capitata una guarigione “miracolosa”: ce l’ho ancora nel cuore, nella testa. Gli altri però muoiono tutti: purtroppo non ho il potere di evitargli la morte (e penso che prima o poi toccherà anche a me, tra le altre cose). Per me, quindi, l’accompagnare ha questo significato: stare vicino, e fare quello che il tuo sapere – di testa e di cuore – in quel momento ti suggerisce di fare. La rabdomanzia? Non tutti nasciamo rabdomanti. Io lo sono diventato. La si può allenare, la mente, a percepire le radiazioni della Terra. Tanti anni fa sono stato in Egitto, nel Tempio di Luxor, a fare delle sperimentazioni. E ho visto che molte persone, vicino all’altare, cascano per terra. Pensate alla Sacra di San Michele, in valle di Susa: se andate lassù nella chiesetta, a sinistra dell’altare, potreste cadere; lì c’è un incrocio delle due “vie sincroniche”. Il fatto che i luoghi sacri come la grotta di Lourdes abbiano un’elevata energia è positivo, ma non è prudente sostarvi troppo a lungo, altrimenti ci si “frigge”.

  • Colao e Conte, guerra a 600 sindaci: vietato opporsi al 5G

    Scritto il 09/7/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    «Ci sono le prove: pistola fumante, mandante ed esecutore. Un governo che toglie poteri ai sindaci per assecondare le aziende, fa l’interesse della lobby e non certo dei cittadini». Maurizio Martucci commenta così la decisione del governo Conte di “disarmare” i sindaci italiani: non potranno più opporsi all’installazione delle antenne 5G. Il wireless di quinta generazione (bloccato in paesi come la Svizzera e la Slovenia) resta controverso: molti scienziati temono che possa incidere in modo pericoloso sulle cellule umane, e chiedono almeno tre anni di test per poter sciogliere gli interrogativi più preoccupanti. A quanto pare, invece, il governo italiano ha fretta: «Colao ordina, Conte esegue», sintetizza Martucci su “Oasi Sana”. «In fondo, cos’altro potevamo aspettarci da una task force in smart working londinese pensata (apparentemente) per gestire l’emergenza pubblica del Covid-19, finita invece per appagare i target del business privato delle multinazionali?». Sotto accusa il decreto “Semplificazioni”, che include 40 grandi opere. «Tra queste, come ordinato dal top manager del wireless Vittorio Colao, un’accelerazione sul 5G nella mannaia censoria per tappare la bocca ai sindaci dei quasi 600 Comuni d’Italia». Sindaci che invocano il principio di precauzione. E dunque: divieto di installazione delle nuove antenne e moratoria sul 5G.
    Il dossier, ricorda Martucci, è stato contestato da 20.000 cittadini scesi in piazza in 50 città italiane nella giornata di mobilitazione indetta dall’Alleanza Italiana Stop 5G. «Il problema di Colao-Conte sono diventati i sindaci che difendono la salute pubblica contro i pericoli dell’irradiazione di quinta generazione», insiste Martucci. Il nuovo decreto prevede infatti una sorta di deregolamentazione per l’installazione di nuove stazioni radio, impedendo ai Comuni di adottare regolamenti specifici. La normativa, riassume “Oasi Sana”, riformula la legge quadro del 2001 sulla protezione dalle esposizioni ai campi elettromagnetici. E soprattutto «ostacola i sindaci, ai quali si vuol impedire di emanare ordinanze “Stop 5G”». Il governo naturalmente parla del «completo dispiegamento del piano strategico nazionale della banda ultra-larga», inlcusa quindi «la piena diffusione della tecnologia 5G». Oggi la normativa in vigore lascia che siano i Comuni a normare i termini per il rilascio dei permessi. L’implementazione delle nuove reti, si legge nel decreto, «può essere agevolata dalla riduzione di tali termini massimi di durata del procedimento di rilascio delle autorizzazioni».
    L’emendamento proposto, afferma il documento governativo, intende quindi «superare le criticità attuali». Come? «Attraverso la semplificazione (riduzione dei termini, unitamente alla loro certezza) dei procedimenti per l’ottenimento delle autorizzazioni». E i Comuni? «Possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici». Ma non potrebbero più opporsi all’installazione delle antenne: il governo parla infatti di «esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio». Esclusa anche la possibilità di «incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato». Duro il commento del dottor Agostino Di Ciaula, medico e presidente del comitato scientifico di Isde Italia, “Medici per l’ambiente”: «Si tratta di un obbligo di esposizione al rischio, imposto per legge». Spiega: «Numerosi sindaci sono consapevoli dei rischi legati al 5G e stanno utilizzando i pochi strumenti che la legge mette loro a disposizione per tutelare al meglio la salute pubblica».
    Questi 600 primi cittadini italiani, aggiunge Di Ciaula, «stanno dimostrando di essere gli unici a sentire la responsabilità del ruolo istituzionale che rivestono, e questo atteggiamento è un chiaro fastidio per la lobby della radiotelefonia». Fino a ieri, Di Ciaula considerava il “piano Colao” come una proposta «iperliberista e pericolosa per la democrazia e per i diritti costituzionali». Oggi invece si scopre che il governo Conte, sulla scorta di quel piano, «intende amputare traumaticamente le già scarse possibilità di intervento dei sindaci». La bozza del decreto accenna alla modificazione dell’attuale disciplina che prevede che i Comuni possano minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici? «Sono pronto a scommettere che il passo successivo sarà l’imposizione dell’aumento degli attuali limiti di legge», afferma Di Ciaula. «Uno schiaffo, per chi crede ancora che le scelte politiche debbano essere prese guardando all’interesse pubblico, ponendo in cima alla lista delle priorità la tutela della democrazia e della salute. Una dimostrazione di arroganza del potere che dovrebbe suscitare indignazione nella maggior parte degli italiani».

    «Ci sono le prove: pistola fumante, mandante ed esecutore. Un governo che toglie poteri ai sindaci per assecondare le aziende, fa l’interesse della lobby e non certo dei cittadini». Maurizio Martucci commenta così la decisione del governo Conte di “disarmare” i sindaci italiani: non potranno più opporsi all’installazione delle antenne 5G. Il wireless di quinta generazione (bloccato in paesi come la Svizzera e la Slovenia) resta controverso: molti scienziati temono che possa incidere in modo pericoloso sulle cellule umane, e chiedono almeno tre anni di test per poter sciogliere gli interrogativi più preoccupanti. A quanto pare, invece, il governo italiano ha fretta: «Colao ordina, Conte esegue», sintetizza Martucci su “Oasi Sana“. «In fondo, cos’altro potevamo aspettarci da una task force in smart working londinese pensata (apparentemente) per gestire l’emergenza pubblica del Covid-19, finita invece per appagare i target del business privato delle multinazionali?». Sotto accusa il decreto “Semplificazioni”, che include 40 grandi opere. «Tra queste, come ordinato dal top manager del wireless Vittorio Colao, un’accelerazione sul 5G nella mannaia censoria per tappare la bocca ai sindaci dei quasi 600 Comuni d’Italia». Sindaci che invocano il principio di precauzione. E dunque: divieto di installazione delle nuove antenne e moratoria sul 5G.

  • Falsi positivi prigionieri dell’app impazzita: disastro Immuni

    Scritto il 30/6/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    L’app Immuni continua a far discutere e adesso inizia a mietere i suoi primi prigionieri, imponendo a chi riceve l’alert di chiudersi in casa alla ricerca dell’agognato tampone. Molti si stupiscono, ma era tutto piuttosto prevedibile. Vediamo cosa e perché sta accadendo. I primi segnali che ci fosse qualche problema con le segnalazioni di contatto con un positivo effettuate da Immuni le avevamo avute dalla Regione Marche, dove durante la prima sperimentazione dell’app di Stato era stata resa nota una comunicazione e-mail che la stessa Regione aveva inviato in via riservata alle Direzioni Sanitarie per «dare indicazioni agli operatori sanitari di disattivare il Bluetooth durante l’orario di lavoro al fine di evitare segnalazioni di falsi contatti». Poi è toccato alla Puglia e qualche giorno fa a una signora barese è toccato disperarsi a causa dell’app Immuni, scaricata come dovere civico e poi diventato strumento di “prigionia di Stato”. E, solo dopo circa una settimana (e avrebbero potuto essere 14 giorni) di isolata disperazione, le è stata donata la libertà perché – come lei stessa aveva a gran voce segnalato – non aveva contratto il virus.

  • Dylan parla dal futuro: sconfiggeremo tutto questo orrore

    Scritto il 28/6/20 • nella Categoria: Recensioni • (Commenti disabilitati)

    “Ho attraversato il Rubicone il quattordicesimo giorno, nel mese più pericoloso dell’anno, nel momento peggiore dei giorni più brutti. E’ tutto quello che vedo qui, ho fatto un voto così posso pregare il dio greco di mandare l’alba…”. C’è un senso di pericolo imminente, di stordimento collettivo ma anche di spietata difesa del proprio passato, dell’esperienza di un’intera esistenza, in “Rough and Rowdy Ways”, nuovo album di Bob Dylan (uscito il 19 giugno). Il titolo è un warning, un avvertimento ai poveri di spirito, agli arroganti, agli artisti, politici, intellettuali che non accettano cambi di guardia: i miei modi saranno ruvidi e turbolenti. E “Crossing the Rubicon” è uno di questi passaggi, con l’immagine terribile e solenne di “un fiume dove molte ceneri fluttuano nelle correnti”. Non era facile prevedere il Dylan del suo 79° anno, perché non siamo più abituati a una visione enciclopedica, a trovare la strada, il filo d’Arianna in un mondo prossimo al crollo, più per incapacità a reagire che per difetti strutturali. Crisi economica, pandemia, razzismo non giustificano per Dylan l’abdicazione a qualsiasi principio morale: “Io posso redimere il mio tempo, tempo così sprecato che alla fine potrei durare”.
    Armatevi di pazienza, un vocabolario, uno smartphone multifunzione, soprattutto astenetevi dall’improvvisarvi esperti in cultura, animatori dei sogni altrui: in dieci canzoni rugginose e fluenti come i grandi fiumi, Dylan spiega perché sapere e studiare, questa è per i più giovani, è l’unica difesa al dilagare di corruzione, violenza, odio. Non siamo più alle battaglie per i diritti civili di sessant’anni fa, e al “New York Times” Dylan confessa tutto il suo orrore per George Floyd «torturato a morte in quel modo». Si dice «nauseato». E proprio alla sua generazione, quella che doveva arginare le derive autoritarie e di totale disprezzo per l’individuo, raccomanda uno scatto d’orgoglio perché proprio le nuove generazioni «non vivendo alcun passato, tendono a credere a qualsiasi cosa. Il punto è che fra venti, trent’anni saranno in prima linea». È il punto centrale di questo album magistrale, irripetibile anche per un Nobel alla Letteratura negli anni a venire: quanto pesa il tempo e come condividerlo con più generazioni?
    “Rough and Rowdy Ways” non è un disco da esporre in un museo e far ascoltare a un singolo individuo per volta. La cultura non è mai divisiva, al contrario è una traversata del deserto; “Dio, sono in lotta, Dio, potrei sbagliarmi, viaggio nella luce e sono lento a tornare a casa”, canta in “Mother of Muses”, è il coraggio di mostrare debolezze e furori esemplari. “Questo è il regno della potenza e della gloria”, annuncia in “Goodbye Jimmy Reed”: “Racconta la vera storia, raccontala senza fronzoli, nelle ore mistiche quando le persone sono deboli”. Dylan non pubblicava un album di inediti da otto anni, quando “Tempest” si impose come una delle sculture guerriere tipiche di un amante di arti figurative. E il presagio di un mondo più debole che sfortunato faceva allusione al Titanic piuttosto che a John Lennon. Oggi Dylan esclude che le piaghe capitali che affliggono l’umanità, senza limiti geografici, abbiano un riferimento biblico. «Vorrebbe dire che ci tocca una punizione divina», afferma Dylan. «Certo, l’arroganza più estrema può generare effetti disastrosi. Forse siamo arrivati a un’epoca di distruzione, ma rimango convinto che tutto passerà».
    Ho qualche dubbio che operatori culturali da fast food, produttori e discografici assillati da picchi di follower e febbre gialla da social riescano a comprendere il tesoro inestimabile di “Rough and Rowdy Ways”, annunciato in pieno lockdown da “Murder Most Foul”, 17 minuti di ballata sulla morte di John F. Kennedy proiettata come un drone al primo posto in classifica, e poi da “I Contain Multitudes”, titolo di una splendida poesia di Walt Whitman, quindi da “False Prophet”. Tutto on line, mentre da noi i padri della patria della canzone, per non dire dei confusi nipotini rapper, non riuscivano proprio a cantare il loro tempo. Come se il tempo non te lo debba conquistare, per il semplice fatto che sei davvero un poeta. O un cantautore. O, appunto, una voce del futuro. Ma per avere un futuro, devi sapere come stare in equilibrio. Solo così puoi scrivere “il mio cuore è come un fiume, un fiume che affonda… vedo il sorgere del sole, vedo il tramonto”. E rimanere nell’arena a batterti. Però di Bob Dylan ne esiste uno solo.
    (Renato Tortarolo, “Ruvido e impetuoso, così Bob Dylan ci rimette in riga”, dal “Secolo XIX” del 13 giugno 2020. «Di questi giorni non ci sono buone notizie», ha dichiarato Dylan al “New York Times”. «Le buone notizie nel mondo di oggi sono come un fuggiasco, trattato come un bandito e messo in fuga. Per questo dobbiamo ringraziare i media: agitano la gente con pettegolezzi e biancheria sporca. Cattive notizie che deprimono e creano orrore». Quanto alla pandemia, per Dylan è «il precursore di qualcos’altro che sta per venire», ma non necessariamente una piaga biblica: «Significherebbe che nel mondo sta arrivando un castigo divino. L’estrema arroganza che porta punizioni disastrose. Forse siamo alla vigilia della distruzione. Ci sono molti modi per pensare al virus. Io penso che occorra lasciargli fare il suo corso»).

    “Ho attraversato il Rubicone il quattordicesimo giorno, nel mese più pericoloso dell’anno, nel momento peggiore dei giorni più brutti. E’ tutto quello che vedo qui, ho fatto un voto così posso pregare il dio greco di mandare l’alba…”. C’è un senso di pericolo imminente, di stordimento collettivo ma anche di spietata difesa del proprio passato, dell’esperienza di un’intera esistenza, in “Rough and Rowdy Ways”, nuovo album di Bob Dylan (uscito il 19 giugno). Il titolo è un warning, un avvertimento ai poveri di spirito, agli arroganti, agli artisti, politici, intellettuali che non accettano cambi di guardia: i miei modi saranno ruvidi e turbolenti. E “Crossing the Rubicon” è uno di questi passaggi, con l’immagine terribile e solenne di “un fiume dove molte ceneri fluttuano nelle correnti”. Non era facile prevedere il Dylan del suo 79° anno, perché non siamo più abituati a una visione enciclopedica, a trovare la strada, il filo d’Arianna in un mondo prossimo al crollo, più per incapacità a reagire che per difetti strutturali. Crisi economica, pandemia, razzismo non giustificano per Dylan l’abdicazione a qualsiasi principio morale: “Io posso redimere il mio tempo, tempo così sprecato che alla fine potrei durare”.

  • Immuni? No, grazie. Gli italiani snobbano l’App che li traccia

    Scritto il 25/6/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Gli italiani sono sempre più incerti rispetto all’utilizzo di Immuni, l’applicazione di tracciamento dei movimenti personali creata per localizzare e isolare i possibili nuovi focolai di coronavirus in Italia. Ad oggi l’app Immuni è stata scaricata da circa 3,3 milioni di italiani (poco più del 6% della popolazione adulta). Ma cala la fiducia nell’approccio tecnologico alla lotta al coronavirus: solo il 39% del campione rappresentativo della popolazione maggiorenne si dichiara disponibile a scaricare e dunque utilizzare (era il 44% a fine maggio, poco prima dell’avvio della sperimentazione in alcune Regioni). Questi i risultati di un sondaggio realizzato da Emg Acqua per conto di Public Affairs Advisors. Per l’istituto demoscopico guidato da Fabrizio Masìa cresce la quota di coloro i quali affermano che «certamente la scaricheranno» (il 22% invece del 16% registrato il 29 maggio) ma cala di parecchio la quota di coloro i quali «probabilmente la scaricheranno» (dal 28% di fine maggio al 17% registrato oggi), mentre la percentuale di coloro i quali «probabilmente non la scaricheranno», sale dal 16% al 24%.
    «Gli italiani sono ancora scettici sull’uso di Immuni», dichiara Giovanni Galgano, managing director di Public Affairs Advisors: «Il campione è sostanzialmente spaccato a metà ma dal panel completo di risposte trapela tanta incertezza». Non giova certo la storia di una 63enne barese che era stata messa in quarantena dall’Asl, dopo che aveva avvisato il suo medico di aver ricevuto la notifica da parte dell’App Immuni di un contatto sospetto con un positivo al coronavirus. Il tampone è risultato negativo è di nuovo “in libertà”, ma sulle pagine de “La Gazzetta del Mezzogiorno” è stato pubblicato il suo sfogo in cui assusa di essere stata posta ai domiciliari «senza ragione». Lo ha confermato il professor Pierluigi Lopalco, a capo della Task Force Epidemiologica della Regione Puglia, nel corso del programma “Centocittà” in onda su Rai Radio1 e condotto da Gianluca Semprini e Duccio Pasqua. Lopalco ha spiegato che ci sono state anche altre segnalazioni errate nei giorni: «In un caso – dice – si trattava di un messaggio di Android scambiato per messaggio di avvenuto contagio, in un altro caso ci hanno detto che si trattava di un errore tecnico».
    «In una fase di rodaggio come questa è importante mantenere sul telefonino il messaggio, possibilmente fare lo screenshot in maniera da verificare ogni volta che si tratti di un vero positivo e di un errore di interpretazione». L’epidemiologo, nel corso del programma, ha anche spiegato la situazione epidemiologica in Italia, dopo la fase acuta dell’epidemia: «Grazie a tutte le misure di prevenzione – dice – il virus oggi circola in un’altra popolazione. Quindi non è oggi che il virus attacca il giovane, ma abbiamo messo in sicurezza gli anziani, gli ospedali, la popolazione più fragile e quindi il virus trova spazio per circolare, ormai a bassa intensità, in una popolazione più sana, che è quella più giovane. Quindi – ha aggiunto Lopalco – ecco perché oggi il virus sembra indebolito, è perché questa è la coda dell’epidemia, effetto delle misure di prevenzione». Di conseguenza molti positivi hanno «una carica bassa» e molto spesso, rimarca l’epidemiologo, «si tratta di persone che non sono nemmeno contagiose».
    (”Immuni, italiani sempre più scettici: «Io in quarantena con una notifica»”, da “Today” del 22 giugno 2020).

    Gli italiani sono sempre più incerti rispetto all’utilizzo di Immuni, l’applicazione di tracciamento dei movimenti personali creata per localizzare e isolare i possibili nuovi focolai di coronavirus in Italia. Ad oggi l’app Immuni è stata scaricata da circa 3,3 milioni di italiani (poco più del 6% della popolazione adulta). Ma cala la fiducia nell’approccio tecnologico alla lotta al coronavirus: solo il 39% del campione rappresentativo della popolazione maggiorenne si dichiara disponibile a scaricare e dunque utilizzare (era il 44% a fine maggio, poco prima dell’avvio della sperimentazione in alcune Regioni). Questi i risultati di un sondaggio realizzato da Emg Acqua per conto di Public Affairs Advisors. Per l’istituto demoscopico guidato da Fabrizio Masìa cresce la quota di coloro i quali affermano che «certamente la scaricheranno» (il 22% invece del 16% registrato il 29 maggio) ma cala di parecchio la quota di coloro i quali «probabilmente la scaricheranno» (dal 28% di fine maggio al 17% registrato oggi), mentre la percentuale di coloro i quali «probabilmente non la scaricheranno», sale dal 16% al 24%.

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