Archivio del Tag ‘Solange Manfredi’
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I pro-vax e il complotto di oggi, annunciato 100 anni fa
Lo ammetto. Essendo un complottista, appena annunciarono il primo lockdown, la prima cosa che pensai è che volevano distruggere l’economia, e che il virus era una scusa. Ma essendo un complottista positivo, mi dicevo che non sarebbero arrivati ad imporre un vaccino a tutta l’umanità, come prevedeva Steiner 100 anni fa, né a imporre lockdown e misure restrittive a vita, come aveva previsto David Icke, il re dei complottisti. Come avrebbero fatto, mi dicevo a marzo dell’anno scorso, ad imporre un vaccino di cui sarebbero stati sconosciuti gli effetti a lungo termine? La gente non ci sarebbe cascata. E invece si sono avverate le peggiori previsioni. Il vaccino lo stanno imponendo a tutti; incuranti dello sfascio economico provocato da queste misure, i vari governi del mondo si preparano a nuovi lockdown, e nuove restrizioni che dureranno ancora anni, a colpi di varianti e di accuse ai non vaccinati di essere i nuovi untori di questa epoca.Insomma, per me la presa per il culo globale in cui stiamo vivendo è un’ovvietà. Non a caso le persone che stimo da anni, quelle con cui condivido idee, esperienze, percorsi, la pensano tutti come me. Una prima osservazione che io trovo decisiva, e addirittura dirimente, nel senso che basterebbe questo per far capire che siamo di fronte ad un immenso complotto globale, è il fatto che la cura per il Covid ci sarebbe, eccome. Attualmente, alcuni scienziati inascoltati, dicono che è sufficiente vitamina D3, vitamina C, vitamina K2, lattoferrina, quercetina, ma anche farmaci come Ivermectina e Idrossiclorochina, per curare senza problemi questo virus, a casa, senza affollare gli ospedali. Queste cure, a bassissimo costo e di efficacia dimostrata, se diffuse, renderebbero questo virus più innocuo di una normale influenza. Non è sufficiente questo dato, per concludere che i vari governi non hanno nessuna intenzione di combattere davvero il virus? Questo a me non sembra un discorso complottista, ma proprio un discorso medico. Scientifico.Le risposte sono varie. Alcuni ammettono candidamente che non ne ne avevano mai sentito parlare. Altri ti dicono che la scienza ufficiale (che dipende dalle case farmaceutiche, che finanziano le ricerche) non ha ancora accettato l’Ivermectina (ma è falso). E se gli fai notare che i 200 medici di Ippocrateorg.org (è solo una delle associazioni che hanno proposto le cure domiciliari) sono, appunto medici, e quindi scienziati (Fabio Burigana, presidente dell’associazione, si adopera per la diffusione di questa terapia, è uno scienziato molto apprezzato anche all’estero per i suoi studi) ti rispondono che queste terapie non sono validate dalla “scienza” (in realtà è falso, perché in altri paesi tali cure sono riconosciute come valide; l’India, ad esempio, vende in farmacia un Covid Kit a base di Zinco, Doxycilina, Ivermectina). Inoltre, è ovvio che nessuno abba testato a livello ufficiale la validità della vitamina C e D3, dato che sono prodotti che esistono da sempre; ma decine di migliaia di casi curati in Italia con questo metodo saranno pur un risultato scientifico. O no? No. Per il pro vax questo discorso non attacca.A questo punto cerco di capire cosa si intende per “scienziato”. Siccome si sono pronunciati contro l’utilità di questo vaccino diversi Premi Nobel e ricercatori di fama internazionale (Rault, Tarro, Montagnier, Massimo Citro, ecc.) la risposta è abbastanza sorprendente. Montagnier si è rincoglionito per l’età; Citro non ha vinto manco un Premio Nobel; Tarro ha ricevuto non so quali denunce, e via discorrendo con attacchi alla persona, non alle teorie che divulgano. Senza contare che anche Burigana, ad esempio, è un ricercatore di fama internazionale, noto nel suo ambiente per gli studi che ha portato avanti. Ma quando cito Fabio Burigana, la risposta è «Chi cazzo è Fabio Burigana?». Ora, quali sono questi scienziati di fama internazionale che promuovono il vaccino, francamente non sono riuscito a capirlo, a meno di non considerare tali Burioni, Fauci e persone famose solo per le comparse in televisione. E devo dire la verità, non sono proprio riuscito a capire il concetto di “scienza” cui fa riferimento il pro vax.Per quale motivo imporre il vaccino a tutti, e perché questo accanimento verso chi non vuole vaccinarsi? Perché solo se si vaccinano tutti, il virus sarà sconfitto, è la risposta. A quel punto fai notare che in Israele (dove erano tutti vaccinati) e in Islanda (dove la percentuale dei vaccinati era il 100 per cento) ci sono stati altri focolai, il che è la prova che il vaccino non funziona come metodo di prevenzione. Qui le risposte sono molto sofisticate, e sono di due tipi: 1) In realtà il problema è che la copertura del vaccino va da 4 ai 6 mesi e i governi dovrebbero imporre la cosiddetta terza dose dopo 4 mesi. Il fallimento della politica vaccinale quindi dipende dal fatto che le dosi dovrebbero essere somministrate con minor intervallo temporale. 2) Ad ogni modo, anche se il virus circola lo stesso, la gente si ammala meno e, se si muore, i morti sono molti meno. E gli effetti collaterali del vaccino? Soprattutto quelli a lungo termine, di cui non sappiamo nulla. Perché, se quelli a breve termine sono già evidenti, e in alcuni casi gravi molto gravi, figuriamoci quelli sul lungo periodo.In questa situazione internazionale, i principali governi del mondo sono allineati sul fronte vaccinista e pro lockdown; ora, considerato che non mi risulta che i singoli governi abbiamo mai pensato veramente al bene della popolazione, non trovate sospetto che per la prima volta nella storia dell’umanità tutti i governanti siano d’accordo per imporre le stesse misure? E che alcuni di quelli non allineati siano morti (come il presidente di Haiti, ucciso addirittura da un commando nella sua abitazione, insieme alla moglie?). Alla mia amica Solange (un tempo straordinaria studiosa di poteri occulti, ma oggi perfettamente allineata al pensiero mainstream) si scalda addirittura il cuore a sentire i discorsi di Mattarella, che invita alla vaccinazione come dovere civico e morale. Ma al centro di tutto il dibattito, al di là delle statistiche con cui si può dimostrare tutto e il contrario di tutto, c’è la scienza. E’ la scienza che ci dice che il vaccino funziona. Ed è la scienza che dice che i metodi restrittivi, come il lockdown, servono a prevenire il contagio. E chi siamo noi per contraddire la scienza?Inutile ricordare, a chi osanna la scienza, che la scienza ai tempi del nazismo spiegava con teorie di illustri scienziati la superiorità della razza ariana, ed è grazie alla scienza che si è perpetrato lo sterminio degli ebrei; che ai tempi dello schiavismo, molti scienziati dimostravano, teorie alla mano, che i neri erano inferiori ai bianchi ed erano nati per lavorare sodo, ed è grazie alla scienza che abbiamo massacrato milioni di africani che morivano durante i viaggi, ammassati nelle stive delle navi, e quelli che sopravvivevano venivano venduti, frustati, umiliati. Inutile ricordare che spesso la scienza ha dichiarato innocui farmaci rivelatisi dannosi se non addirittura mortali (ricordate il caso del Talidomide, tanto per citarne uno? Farmaco dichiarato sicuro, ma che poi, si riuscì a dimostrare, provocava aborti o la nascita di bambini malformati).Anche personaggi noti, nonostante la loro cultura, sostengono che il problema al centro del dibattito è la scienza. Il virus è il problema, e il vaccino la soluzione, scrive Beppe Servegnini in un recente articolo sulla logica del no vax. Mentre Samantha Cristoforetti dichiara beatamente che lei e la sua famiglia si sono vaccinate non perché ha acquisito informazioni che tutt’ora non ha, ma perché si fida delle istituzioni. Il reale problema, secondo lei, è «recuperare la fiducia nelle istituzioni». Mica si è informata su quello che le iniettano in corpo. Lei si fida. La situazione mi ricorda quella ai tempi di Nostradamus e Paracelso; imperversava spesso la peste, a quei tempi, ed entrambi sostenevano un cosa assai banale, ma derisa dal mondo scientifico di allora: che per non ammalarsi di peste bastava lavarsi di più e curare la propria igiene personale e quella del luogo in cui si viveva. Ma siccome la scienza non l’aveva ancora accertato ufficialmente, le loro teorie rivoluzionarie (cioè curare l’igiene) rimasero nel vuoto ancora per molto tempo.In conclusione: la logica del no vax è che il virus non sarebbe un problema (perchè le cure ci sono) e il vaccino non è la soluzione. Anche a me sembra logico affidarmi alla scienza. E infatti, non avendo elementi per capire efficacia e componenti di un vaccino, mi affido a scienziati di cui mi fido, oltre che al mio spirito di osservazione. Quello che trovo senza logica è il ragionamento di molti pro vax; non capisco di quale scienza parlano. Non capisco perché hanno paura di un virus e preferiscano veder distruggere l’economia e rischiare gli effetti collaterali di un vaccino sconosciuto, piuttosto che prendere in considerazione altre cure. Non ho proprio capito il criterio alla base dei loro ragionamenti e non credo che lo capirò mai (dò la mia spiegazione nell’articolo dedicato alle eggregore, le entità e la pandemia).E la mia amica Solange Manfredi, esperta di guerre psicologiche, che sostiene che siamo di fronte alla più grande operazione di guerra psicologica di tutti i tempi? Come si concilia questo con il suo postare continuamente i discorsi di Mattarella sul dovere civico e morale di vaccinarsi? Nulla. Impossibile – almeno per me – capire il suo pensiero, al di fuori dei suoi appelli a vaccinarsi e a rispettare il lockdown. Perché lei è un’esperta, insegna al master di intelligence, e – come consiglia un professore americano da lei citato – non parla con le menti deboli come la mia. Insomma, è la scienza a consigliarle di non parlare con gli idioti come me. E se lo dice la scienza, chi sono io per contraddirla?(Paolo Franceschetti, estratti da “La logica dei pro vax”, post pubblicato sul blog “Petali di Loto” il 22 agosto 2021).Lo ammetto. Essendo un complottista, appena annunciarono il primo lockdown, la prima cosa che pensai è che volevano distruggere l’economia, e che il virus era una scusa. Ma essendo un complottista positivo, mi dicevo che non sarebbero arrivati ad imporre un vaccino a tutta l’umanità, come prevedeva Steiner 100 anni fa, né a imporre lockdown e misure restrittive a vita, come aveva previsto David Icke, il re dei complottisti. Come avrebbero fatto, mi dicevo a marzo dell’anno scorso, ad imporre un vaccino di cui sarebbero stati sconosciuti gli effetti a lungo termine? La gente non ci sarebbe cascata. E invece si sono avverate le peggiori previsioni. Il vaccino lo stanno imponendo a tutti; incuranti dello sfascio economico provocato da queste misure, i vari governi del mondo si preparano a nuovi lockdown, e nuove restrizioni che dureranno ancora anni, a colpi di varianti e di accuse ai non vaccinati di essere i nuovi untori di questa epoca.
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Diario folle del coronavirus: come organizzare un disastro
Diecimila morti di influenza in tutto il mondo fermano il pianeta. Invece di stanziare qualche milione di euro per allestire in fretta ospedali da campo, grazie all’aiuto dei militari (cosa che avrebbe magari dato una spinta all’economia, con nuove assunzioni, nuovi acquisti di materiali vari, ecc.), si decide di bloccare l’economia di un paese, segregando la gente in casa, senza tenere conto del numero dei morti che ci saranno per suicidi o altre complicazioni (come disordini sociali e altro ancora). In sostanza, invece di usare soldi e militari per risolvere il problema, li si usa per risolvere il problema creato dai problemi che il governo stesso ha creato. Le decisioni in Italia vengono annunciate non dal Parlamento o da Palazzo Chigi, ma via Facebook, in modo generico, dopo un’ora di ritardo e snervante attesa che sembra fatta apposta per creare ancora più tensione. A questo punto ci aspettiamo i prossimi provvedimenti via Whatsapp. Persino Vespa e Mentana, che non sono propriamente dei complottisti, iniziano a sollevare qualche “leggerissimo” dubbio sulle legittimità di tutta la situazione, con un Parlamento che non si riunisce se non una volta a settimana, e un premier che dà le notizie più importanti in modo incompleto e via Facebook. Vespa dichiara: «I casi sono due: o il Parlamento non serve, e questo sarebbe terribile, o il Parlamento serve e non va a lavorare. E questo è ancora più grave».Sorprendentemente, a questa decisione italiana seguono altre nazioni, tra cui gli Usa (che bloccano tutto con soli 5000 contagi e 100 morti). In sostanza: una nazione che stanzia migliaia di miliardi di dollari per mandare i suoi soldati in tutto il mondo a morire (a botte di milioni di morti) e far morire a sua volta milioni di persone (in Vietnam, Corea, Iraq, Afghanistan, ecc.), questa volta, per qualche centinaio (che diventeranno migliaia) di morti di influenza, blocca la sua economia. E non ritiene di avere fondi necessari per allestire nuovi ospedali e nuovi posti letto. I provvedimenti con cui da noi vengono emanate le restrizioni sono provvedimenti amministrativi (quindi illegittimi dal punto di vista costituzionale); i provvedimenti di presidenti di Regione e sindaci, lo sono ancora di più; ma essendoci una paralisi di tutto il paese, il paradosso è che non si può neanche fare una battaglia legale per ottenere una pronuncia della Corte Costituzionale su tali provvedimenti. Quando in Cina l’epidemia si ferma, e a Codogno ci sono zero contagiati, invece di diffondere queste notizie rassicuranti, si preferisce accelerare ulteriori provvedimenti amministrativi, con ulteriori misure sempre più restrittive.Nel frattempo, i media sciorinano le seguenti notizie: una cassiera di supermercato morta di coronavirus; ma sulla sua bacheca Facebook compare un parente, che dice “ma quale coronavirus. E’ morta di infarto”. A Mortegliano c’è un morto di coronavirus; quello che non dicono è che la morta aveva 102 anni. L’importante è terrorizzare. Il 19 marzo l’Agcom emana un comunicato con cui invita i gestori delle piattaforme Facebook, Twitter, Instagram, a rimuovere le notizie false sul coronavirus, o non corrette o non diffuse da fonti scientificamente accreditate. Chi dovrebbe decidere quali notizie siano scientificamente accreditate non si sa. “Le Iene” fanno un servizio per denigrare il dottor Roberto Santi di Genova, reo di aver consigliato vitamina C ad alte dosi per combattere il coronavirus (era noto anche ad Ildegarda di Bingen, nel 1200, che rafforzare il sistema immunitario diminuisce il rischio di contagio, e nel 1500 era il rimedio consigliato da Paracelso e Nostradamus, quindi un consiglio di una banalità al limite dell’ovvio); un provvedimento disciplinare dell’Agcom colpisce anche Adriano Panzironi, sospendendo tutte le trasmissioni in cui egli compariva, per lo stesso motivo (consigliava oltre alla vitamina C anche la D). Nel frattempo circola una raccomandazione che proviene dal nucleo dell’esercito denominato “Tuscania”; che raccomanda ai propri militari di assumere… Già, proprio vitamina C e D. In sostanza, il dottor Santi, che pure è un medico, non dovrebbe essere considerato parte della comunità scientifica. Ma i militari possono però seguire consigli non accreditati.Diventa virale un video di un medico, Fabrizio Lucherini, il cui titolo è “Stasera mi girano i coglioni e mò basta cazzate, però”, dove spiega che il conteggio dei contagiati e dei morti, in Italia, è completamente erroneo, perché tra i morti vengono conteggiati anche quelli che avevano gravi patologie pregresse, mentre non vengono conteggiate le persone che, non avendo fatto il tampone, potrebbero avere il coronavirus senza saperlo. E che in sostanza ribadisce quello che sanno tutti: hanno tagliato la sanità, da anni, e il vero problema è la mancanza di posti letto negli ospedali, non il virus in se stesso. Il problema vero però non è l’aumento dei Tso in tutta italia, i suicidi che già ci sono e che ci saranno, o la madre decapitata a casa dal figlio malato di mente a Roma (che non entrerà mai nelle statistiche dei morti del coronavirus, ma dovrebbe entrare in quella dei morti provocati dai provvedimenti emessi dal governo); il problema vero sono i runner, in tutto il paese. Anche chi va a correre in boschi e campagne, e la polizia fa controlli pure nei boschi e nella campagne. E da alcune parti vietano (sempre a mezzo di provvedimenti amministrativi illegittimi) anche gli orti. Non è una necessità, insomma, coltivare da se stessi il proprio cibo, né curare eventuali animali; tanto c’è il supermercato. Quale danno possa fare e quale pericolo di contagio possa esserci per uno che va a coltivare il proprio orto non è dato saperlo.In Francia, dove non hanno il bidet, i militari devono presidiare le scorte di carta igienica nei supermercati. Mia sorella, che è in Germania in quarantena a causa di un contatto con dei contagiati, dove anche lì non hanno il bidet, mi manda le foto di centinaia di rotoli di carta igienica. Nel frattempo, nonostante siano chiuse tutte le attività imprenditoriali, continua a rotta di collo il taglio degli alberi per far posto al 5G; si plaude alla ricerca di nuovi vaccini; e chi se ne frega se illustri scienziati come Stefano Montanari e molti altri continuano a dire che i vaccini danneggiano anziché aiutare. Che ci sia una correlazione tra questo virus e il 5G (dato che tra l’altro, guarda caso, si scopre che il virus pare sia stato creato a Wuhan, la stessa città da cui è partita la progettazione e la creazione del 5G, tanto che Wuhan è la prima città al mondo con copertura interamente 5G), o addiritura che muoiano di più le persone vaccinate rispetto a quelle non vaccinate, sono teorie complottiste.Se i provvedimenti del governo sono assurdi e illegittimi, non meno assurde sono le “proposte” che vedo nascere in rete. Si va da denunce precompilate contro Conte per fargli avere l’ergastolo, a decreti del popolo sovrano, emanati dal “Ministero del popolo sovrano” (sic) che dovrebbero essere firmati dai cittadini per togliere lo stipendio ai parlamentari e darlo ai medici in prima linea col coronavirus; e poi proposte di scendere tutti in piazza e mobilitarci, effettuate in profili che hanno al massimo 30 “mi piace” e 3 condivisioni. In sostanza, nonostante questa situazione abbia reso palese a tutti che non è mai esistita una democrazia, e che per sospendere la nostra libertà basta un’influenza, e che il potere, in ogni tempo e in ogni luogo, ha sempre concesso al popolo quella giusta quantità di libertà che riteneva saggio concedergli, c’è qualcuno che ancora pensa che il popolo possa fare qualcosa e decidere qualcosa, e per giunta proponendo soluzioni da Armata Brancaleone. Dovrebbe essere inoltre palese che il potere non è in Conte, o nei ministri, o nel parlamento, o nella magistratura, ma altrove. Ma evidentemente non solo non è palese, ma purtroppo la gente continua a pensare che siamo in democrazia.Nel frattempo, molti commentatori si concentrano sulla Cina, affermando che essa ha un danno economico da questa situazione e magnificando i rapporti esistenti tra Italia e Cina. Senza capire che la Cina non avrà alcun danno economico da tutta questa situazione, perché avendo capitali pressocché infiniti, a seguito di questa situazione ci “aiuterà” economicamente, come ha fatto con la Grecia, dove l’aiuto economicamente più consistente non è venuto dall’Europa (che ha provocato solo danni alla loro economia) ma dalla Cina, che ha acquistato il porto del Pireo per 370 milioni di euro, e investito in altre infrastrutture. Succederà anche da noi, ovviamente. Ed è un processo, quello dell’acquisizione cinese dei principali comparti strategici mondiali, che è inarrestabile. Perché tra i due modelli, quello occidentale e quello cinese, il modello vincente è quello cinese. Il modello occidentale infatti si basa sul fare la guerra a tutto e tutti, spendendo soldi per guerre inutili (sono secoli che noi Europei andiamo ovunque, Australia, Usa, Hawaii, Sudamerica, uccidendo i nativi e soppiantandoli con la nostra cultura a colpi di cannone); il modello cinese si basa sul non fare la guerra a nessuno (tranne in alcuni momenti storici con i paesi confinanti), ma comprando economicamente tutto. Due modelli diversi (l’uno basato sulla forza; l’altro sul denaro), entrambi negativi per l’evoluzione dell’uomo, si scontrano sullo scenario mondiale. C’è da sperare che ne emerga un terzo, intermedio. Ma quando?Tutto questo mi rimanda ai primi tempi di quando aprii il mio sito. Mi occupavo di bambini scomparsi, e a nessuno interessava nulla tra le persone che mi circondavano. Mi occupavo di omicidi, portando alla luce fatti gravissimi, mentre la mia collega e amica Solange toglieva il velo alle principali stragi italiane. Ma non era un problema per nessuno. Anzi. Ero un fastidio per molti. Ma se avevo l’influenza, mi domandavano: “Azz… ma ti serve qualcosa? Riguardati”. Una volta sfuggii per caso ad un tentativo di farmi fuori, e per lo shock ebbi l’influenza e la sciatica per quindici giorni; quando raccontavo il fatto mi consigliavano di prendere un’aspirina. «Sì mamma, ho l’influenza. No mamma, non me ne fotte nulla del fatto che ho la febbre, ne ho diverse l’anno, il problema è che mi hanno inseguito per farmi fuori e se non c’era la Carlizzi… Sì mamma ok, prendo l’aspirina». Vivevo in una sorta di incubo, in cui mi pareva che per tutti l’unico problema veramente importante fosse l’influenza. Oggi, come ieri, si ripropone lo stesso incubo. Il problema è l’influenza. Mica i milioni di morti di tumore in tutto il mondo; mica i milioni di morti per fame ovunque; mica le centinaia di bambini che scompaiono ogni anno in Italia (sono molte di più in Francia o negli Usa, migliaia l’anno); mica i morti provocati da guerre assurde in tutto il mondo.Quando viaggiavo negli Usa, mi colpivano i supermercati e gli autogrill con le foto dei bambini scomparsi nel nulla, nell’indifferenza dei media e delle autorità. Ma 100 morti di influenza bloccano gli Usa, e alcune migliaia di morti bloccano il mondo. Stamattina, alle 6, mi chiama una madre a cui hanno sottratto il bambino. Come si fa a tutelarla in questo momento in cui ogni garanzia è sospesa? (Non che prima si potesse fare nulla, in realtà. Ma almeno qualche speranza c’era, qualcosa si poteva fare. Oggi nulla, perché non c’è libertà di movimento, le forze dell’ordine sono impegnate in altro, i giornalisti parlano solo del coronavirus, e tutto è paralizzato). Quanti altri bambini sottratti saranno oggi nell’impossibilità di essere tutelati dai loro genitori? Concludo dicendo che sono un soggetto particolarmente a rischio perché – chi mi conosce bene lo sa – ho da sempre 5-6 influenze l’anno. Non so per quale motivo – sarà che sono un Ariete, e pare che gli Arieti siano soggetti più degli altri alle febbri – sarà per motivi psicosomatici (come sono propenso a credere), ma prendo regolarmente tutte le influenze che girano, e qualcuna in più. La mia migliore amica, con cui ho da anni uno strano rapporto simbiotico, è anestesista in un ospedale in prima linea nella lotta al virus e – come tutti i medici e gli infermieri in genere – è tra i soggetti più a rischio, ma mi dice: «Non preoccuparti; muoiono solo le persone che hanno patologie pregresse. Che, in sostanza, non muoiono di coronavirus, ma di altre complicanze preesistenti».Il problema sono i posti letto negli ospedali, non il virus in sé. Che, se destinassimo ai reparti di terapia intensiva anche solo la somma che costa un F-35 (circa 100 milioni di euro, secondo le stime de “Il Sole 24 Ore”), non sarebbe un problema. Non sono preoccupato né per lei né per me, e non a caso quando stiamo insieme parliamo di bambini scomparsi, non di influenza, ed è lei che mi ha aperto gli occhi sulle scomparse di bambini in Francia, facendomi vedere dei documenti impressionanti. Il problema diventa tale perché questa epidemia è lo specchio della nostra umanità. Dove il problema delle persone è riguardarsi contro l’influenza. Spiritualmente, questa situazione è solo lo specchio di ciò che tutti hanno dentro; il riflesso esterno, di ciò che è all’interno delle persone e all’interno della società. Una società che si preoccupa dell’influenza, ma quando scompaiono i bambini se ne fotte, al massimo mettono le loro facce sui cartoni del latte, come in Usa, e che se mettono il 5G pensa che sarà un gran vantaggio perché cosi potrà connettersi più velocemente, ma che si mette in fila come le pecore per farsi vaccinare, come è successo a Bergamo, perché il vero problema di ciascuno di noi è l’influenza. E allora, se questi sono i presupposti, è logico che poi a fronte dell’influenza, venga schierato l’esercito. E’ una questione di priorità da parte della società.(Paolo Franceschetti, “Diario folle del coronavirus”, dal blog “Petali di Loto” del 23 marzo 2020).Diecimila morti di influenza in tutto il mondo fermano il pianeta. Invece di stanziare qualche milione di euro per allestire in fretta ospedali da campo, grazie all’aiuto dei militari (cosa che avrebbe magari dato una spinta all’economia, con nuove assunzioni, nuovi acquisti di materiali vari, ecc.), si decide di bloccare l’economia di un paese, segregando la gente in casa, senza tenere conto del numero dei morti che ci saranno per suicidi o altre complicazioni (come disordini sociali e altro ancora). In sostanza, invece di usare soldi e militari per risolvere il problema, li si usa per risolvere il problema creato dai problemi che il governo stesso ha creato. Le decisioni in Italia vengono annunciate non dal Parlamento o da Palazzo Chigi, ma via Facebook, in modo generico, dopo un’ora di ritardo e snervante attesa che sembra fatta apposta per creare ancora più tensione. A questo punto ci aspettiamo i prossimi provvedimenti via Whatsapp. Persino Vespa e Mentana, che non sono propriamente dei complottisti, iniziano a sollevare qualche “leggerissimo” dubbio sulle legittimità di tutta la situazione, con un Parlamento che non si riunisce se non una volta a settimana, e un premier che dà le notizie più importanti in modo incompleto e via Facebook. Vespa dichiara: «I casi sono due: o il Parlamento non serve, e questo sarebbe terribile, o il Parlamento serve e non va a lavorare. E questo è ancora più grave».
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Perché Falcone e Borsellino saltarono in aria in quel modo
Saltarono in aria, quei giudici, perché avrebbero fatto saltare per aria il sistema. «Con Falcone arriva il segnale della pace tra Stato e mafia, mentre con la strage di via D’Amelio in cui muore Borsellino si dà il via alle leggi che azzerano i poteri della magistratura». Sul blog “Petali di Loto”, il 19 luglio 2019 – anniversario della strage di via D’Amelio – Stefania Nicoletti richiama le analisi offerte nel corso degli anni dall’avvocato Paolo Franceschetti, con l’aiuto dell’allora collega Solange Manfredi. Già legale delle “Bestie di Satana”, Franceschetti ha dedicato studi coraggiosi al fenomeno dei delitti rituali (dal Mostro di Firenze in poi), tutti “firmati” in realtà da killer dediti a forme di esoterismo degenerate in occultismo criminale. Uomini protetti da forti coperture a livello istituzionale, a volte funzionale alla strategia della tensione o comunque alla manipolazione psicologica delle masse. «Esempio: l’individuo che viene arrestato non è mai un giudice, un politico, un notaio, un medico, un ufficiale, un docente universitario. E’ sempre un contadino semi-analfabeta, una povera madre presentata come pazza, un giovane drogato e sbandato. E’ il capro espiatorio perfetto, attraverso cui far sapere alla gente che è in buone mani e non corre pericoli, visto che il potere è pulito. Invece è vero esattamente il contrario».Lo si è intuito, in modo atrocemente sanguinoso, osservando i retroscena inquinatissimi delle morti ravvicinate di Falcone e Borsellino. Dopo la seconda, in particolare, si cominciò a parlare di “trattativa Stato-mafia”. Affrontò il tema Vincenzo Calcara, uno dei pochi collaboratori di giustizia che possono veramente essere chiamati “pentiti”. «Il dottor Borsellino – scrisse, nel suo memoriale – era in possesso di verità scomode», di fronte alle quali «in tanti si devono vergognare per averlo lasciato solo al suo destino». Calcara era stato segnato dall’incontro col magistrato, che gli aveva cambiato la vita: una vera e propria redenzione morale. C’erano due piani alternativi per uccidere Borsellino, ricorda Franceschetti: il primo prevedeva l’uso di un fucile di precisione ed era affidato proprio a Calcara, mentre nel secondo caso – un’autobomba – il futuro pentito avrebbe svolto soltanto un lavoro di copertura. «Poi però da Palermo arrivò l’ordine, direttamente da Totò Riina: prima, avrebbe dovuto essere ucciso Giovanni Falcone». Così, Calcara riuscì a non uccidere l’uomo che, anni dopo, gli avrebbe salvato la vita, facendolo rinascere come essere umano. Ma Riina era veramente “il capo dei capi”, o invece era solo il “prestanome” di qualcuno molto più potente, protagonista occulto dell’infinita finita strategia delle tensione italiana?Lo stesso Riina affermò che Borsellino non sarebbe stato “condannato” dalla mafia, ma probabilmente da uomini dello Stato. E nel caso, perché mai? «Forse perché aveva capito che la cosiddetta “trattativa” non era altro che un accordo per realizzare un piano eversivo di destabilizzazione dello Stato, condotta da un “sistema criminale” composto da mafia, massoneria deviata e servizi segreti deviati?». Riguardo alla possibile manovalanza, alternativa o contigua a quella strettamente mafiosa, Solange Manfredi cita le dichiarazioni rese da un ex paracadutista della Folgore, Fabio Piselli, coinvolto nelle indagini sul rogo della nave “Moby Prince”. Una ricostruzione scioccante, che mette insieme la strage di Capaci e quella di via D’Amelio, l’autobomba fiorentina di via dei Georgofili e la bomba romana di via Fauro. Italia fragilissima, all’epoca: Tangentopoli e passaggio cruciale dalla Prima alla Seconda Repubblica, sotto le forche caudine di Bruxelles, dopo aver spazzato via – a colpi di inchieste – l’intera classe politica. Decisivo, secondo Solange Manfredi, il ruolo nefasto di una sigla-fantasma ma onnipresente, in quegli anni: la Falange Armata.Esisteva dal 1985, sembra, ma compare per la prima volta soltanto il 4 gennaio 1991, quando a Bologna vengono uccisi tre carabinieri nel quartiere del Pilastro. L’ultima apparizione mediatica è del 27 novembre 1994, con il seguente comunicato: “Di Pietro è un uomo morto”. Di mezzo ci sono Falcone e Borsellino, le minacce a Di Pietro per le indagini su Craxi, un’autobomba scoperta a Roma in via dei Sabini a cento metri da Palazzo Chigi, il palagiustizia di Padova dato alle fiamme. Il 19 luglio ‘92, la Falange Armata rivendica l’attentato costato la vita a Borsellino. Un anno dopo, il 16 settembre del ‘93, la Procura di Roma individua in 16 ufficiali del Sismi i telefonisti che rivendicarono le azioni della fantomatica sigla terroristica. Cos’era, la Falange Armata? Secondo l’ex parà Fabio Piselli, «è stata una operazione modello, continuata e mai inquinata, compartimentata e soprattutto posta in sonno e mai disattivata da parte di un organo inquirente o ispettivo». In questo modo «ha raggiunto i propri obiettivi». Dopodiché “l’operazione” «è stata semplicemente conclusa», e i suoi “operativi”, di fatto, «hanno continuato a fare il proprio lavoro», dedicandosi ad altre mansioni e lasciando gli inquirenti impegnati a inseguire una falsa pista, cioè «una “organizzazione”, e non una semplice “operazione”».Risultato scontato: indagini finite in un nulla di fatto, «o con l’arresto di mere, ignare pedine, o di qualche povero innocente sacrificato per confondere gli inquirenti, il quale si è fatto qualche mese di galera ingiustamente e la cui vita è stata rovinata». Omicidi, rapine, attentati, sequestri. E poi: infiltrazioni in attività militari e politiche, trafugamento di armi dello Stato, addestramento di civili in attività militari. Ancora: spionaggio politico e militare, intercettazioni illegali, violazione e utilizzo del segreto d’ufficio, peculato, attentato alla democrazia. «E’ ciò che l’operazione Falange Armata ha posto in essere fra il 1985 ed il 1994 attraverso gli operatori, attivati singolarmente o in piccole squadre», dice Piselli. E’ tutto? No, certo. Sulla “trattativa”, la prima indagine fu archiviata nel 2000 per decorrenza dei termini, ricorda Franceschetti, prima che Antonio Ingroia riaprisse il caso, su cui ormai si sono scritti fiumi di inchiostro. Quello di cui invece Franceschetti è rimasto l’unico a parlare, invece, è un dettaglio sfuggente: il ricorrere – veramente impressionante – delle stesse modalità simboliche che costellano i fatti di sangue “mediatici”, sia gli attentati terroristici che molti delitti in apparenza comuni, destinati alla semplice cronaca nera.Dopo anni di ricerche, Franceschetti ha individuato una “firma” ancora più elusiva di quella della Falange Armata: è la Rosa Rossa, specializzata in delitti rituali anche eccellenti, come quelli del cantante Rino Gaetano e del ciclista Marco Pantani. Personaggi da “punire” secondo lo schema – dantesco – della “legge del contrappasso”, attraverso modalità maniacalmente simboliche, a partire dai nomi dei luoghi (mai casuali) e delle date in cui i delitti si consumano. La morte come tragico cerimoniale, in cui si mette in scena – capovolgendolo – ciò che il malcapitato aveva rappresentato, in vita. Gaetano? Vittima di uno stranissimo incidente stradale, soccorso da una strana ambulanza e morto dissanguato dopo esser stato rifiutato da quattro diversi ospedali – esattamente come nella “Canzone di Renzo”, uscita postuma, in cui saranno gli stessi assassini a portare a spalle la bara. Pantani? Ucciso al residence “Le Rose” di Rimini. Accanto al corpo, un biglietto: “Oggi le rose sono contente, e la rosa rossa è la più contata”. A chi dava fastidio, Pantani? Al business del doping, che coinvolge potenti ambienti massonici: droghe prodotte nei laboratori di Big Pharma, testate sui ciclisti e poi immesse sul mercato (anche quello della guerra, destinate ai soldati).E Rino Gaetano? Nel brano “Nuntereggae più” cita Vincenzo Cazzaniga, storico percettore dei fondi neri Usa indirizzati alla Dc, mentre nella canzone “Mio fratello è figlio unico” menziona “il rapido Taranto-Ancona”, che poi le indagini sugli anni di piombo avrebbero rivelato essere “il treno delle spie”, usato dai servizi deviati per trasportare gli esplosivi destinati alle stragi nelle piazze. Secondo Franceschetti, neppure Falcone e Borsellino sono sfuggiti al lugubre copione simbolico del “contrappasso”: riferendosi all’inferno della Divina Commedia, «la persona da eliminare morirà secondo la logica di far patire alla vittima il “peccato” che questa avrebbe commesso». Un classico: «Molti dei testimoni del disastro di Ustica, il Dc-9 dell’Itavia abbattuto, moriranno in un incidente aereo». Lo stesso Fabio Piselli, testimone dell’incendio della “Moby Prince”, è caricato su un’auto che poi viene incendiata: doveva quindi morire in un rogo, anche lui. Oppure il caso del perito Luciano Petrini: stava facendo una perizia sulla strana fine del colonnello Mario Ferraro, del Sismi, trovato impiccato all’asciugamani del bagno. Ebbene, Petrini morirà a colpi di portasciugamani».La casistica esaminata da Franceschetti è davvero vasta. L’antropologa Cecilia Gatto Trocchi, che smascherava crimini di matrice esoterica, volò dal balcone: «Chi sale troppo in alto, viene gettato dall’alto». Le vie dei killer sono pressoché infinite: «Qualcuno può morire fulminato dalla corrente elettrica come il giovane contestatore siciliano Giuseppe Gatì, perché il fulmine simboleggia la folgore di Zeus che punisce la persona che ha osato troppo». E la chiave simbolica della spaventosa morte di Falcone e Borsellino, entrambi dilaniati dall’esplosivo? Tragicamente semplice: «Li hanno fatti letteralmente saltare in aria, perché quei due stavano per far saltare in aria il sistema parallelo che collega la mafia alla parte oscura del potere ufficiale». Falcone, innanzitutto, «doveva morire in Sicilia – e non a Roma, dove sarebbe stato più facile assassinarlo – perché proprio sull’isola si erano svolte le sue indagini: la regola del contrappasso esigeva quindi che morisse nella stessa terra ove aveva “peccato”». Inoltre, aggiunge Franceschetti, «doveva saltare in aria in modo eclatante, proprio perché voleva far saltare il sistema». Attenzione: «Falcone aveva capito che il fulcro del sistema criminale in Italia non è la mafia. E’ lo Stato. E sono le banche. Quindi doveva saltare in aria perché l’esplosione con cui muore fa da contrappasso all’esplosione che lui voleva assestare al “sistema”».Non è casuale neppure la scelta del luogo dell’agguato: «Falcone è morto a Capaci, a simboleggiare che chiunque sia “capace”, deve morire». La cosa può suonare ridicola, ammette Franceschetti, ma suggerisce di riflettere sul fatto che «stiamo parlando di un’associazione che non lascia nulla al caso, neanche i nomi delle persone che vengono messe in determinate posizioni di vertice politico, finanziario, o amministrativo». C’è anche dell’altro, dietro al nome Capaci: la cittadina prese il nome dalla parola “pace” (Capaci, “cca-paci”) per siglare la fine di una leggendaria punizione, la reclusione sulla vicina Isola delle Femmine di 13 fanciulle. Scoppierà una “pace”, dopo “l’attentatone” costato la vita a Falcone e alla sua scorta? «Esatto: non a caso, come risulta dalla sentenza sulla strage di via dei Georgofili (che riuniva in un solo processo ben sette stragi, commesse a Firenze, Milano e Roma) e dalla sentenza sul Capitano Ultimo, dopo la strage di Capaci venne avviata la famosa trattativa tra Stato e mafia, di cui si fece portavoce il generale Mario Mori, per raggiungere, appunto, la pace». Probabilmente, aggiunge Franceschetti, la morte così eclatante di Falcone «segna anche, simbolicamente, uno spartiacque tra il vecchio metodo di eliminazione dei magistrati (ucciderli) e quello nuovo (delegittimarli). Non più attentati, quindi, ma le cosiddette “armi silenziose per una guerra tranquilla”».La morte di Falcone simboleggia quindi una storica tregua? Fateci caso: dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, la mafia siciliana sembra quasi non esistere più: finiscono in carcere Riina e Provenzano, imprendibili per decenni, dopodiché cala il silenzio. «Addirittura, l’allora procuratore antimafia Pietro Grasso è andato al “Maurizio Costanzo Show” a declamare gli immensi successi dello Stato sulla mafia», ormai ridotta – secondo lui – al lumicino. Ricapitolando, il simbolismo della strage di Capaci è: auto, esplosione, Isola delle Femmine, Capaci. «Il probabile significato: Falcone voleva far saltare il sistema (esplosione), quindi dal cielo (auto) arriva la punizione che lo fa saltare in aria; dopodiché dovrà scendere la pace, tra lo Stato e la mafia (Capaci). Così muoiono le persone capaci di arrivare al cuore del sistema». Non è tutto: «A firmare la strage, ci sono due elementi: il gruppo di mafiosi si era posizionato sulla collina vicino Capaci; e la collina si chiama “Raffo Rosso“, ove raffo in ebraico significa “Dio che guarisce”. RR, firma della Rosa Rossa». L’organizzazione di cui parla Franceschetti si ispirerebbe – in modo deformato e deviato – alla confraternita sapienziale inziatica dei Rosa+Croce? Eccola: «La moglie di uno degli agenti di scorta, la donna straziata che fece il famoso discorso ai funerali, si chiama Rosaria Costa: le iniziali, RC).E Borsellino? «Fu ucciso nello stesso modo, anzitutto perché aveva seguito le orme dell’amico. Poi perché anche lui, col Memoriale Calcara, aveva avuto notizie che erano in grado di far saltare il sistema». Non mancano ulteriori indizi simbolici: «Credo che un aspetto della simbologia della sua morte vada trovata anche nella via dove avvenne l’esplosione, via Mariano D’Amelio: un politico che fece leggi sulla magistratura. Chiaro il messaggio: la magistratura deve essere azzerata». Dopo quelle orrende mattanze, «inizialmente sembrò che la magistratura acquistasse più poteri, e che lo Stato volesse realmente fare la guerra alla mafia». Nacque infatti lo strumento del 41 bis, il carcere duro per i mafiosi, e ci furono alcuni ritocchi al codice di procedura penale. «Ma poco dopo – aggiunge Franceschetti – arrivarono leggi che, di fatto, azzerarono il potere della magistratura riducendolo ad un formalismo vuoto, cosicché oggi l’80% dei reati cade in prescrizione, e per reati gravissimi vengono comminate pene ridicole». Sparì di fatto il reato di falso in bilancio, scomparve l’ergastolo per il reato di “attentato agli organi costituzionali”, si cercò di limitare le intercettazioni. Di fatto, dopo la morte di Borsellino, scattò «un’opera sistematica di demolizione dei poteri dei magistrati». Fantasie? Non esattamente, purtroppo.Saltarono in aria, quei giudici, perché avrebbero fatto saltare per aria il sistema. «Con Falcone arriva il segnale della pace tra Stato e mafia, mentre con la strage di via D’Amelio in cui muore Borsellino si dà il via alle leggi che azzerano i poteri della magistratura». Sul blog “Petali di Loto”, il 19 luglio 2019 – anniversario della strage di via D’Amelio – Stefania Nicoletti richiama le analisi offerte nel corso degli anni dall’avvocato Paolo Franceschetti, con l’aiuto dell’allora collega Solange Manfredi. Già legale delle “Bestie di Satana”, Franceschetti ha dedicato studi coraggiosi al fenomeno dei delitti rituali (dal Mostro di Firenze in poi), tutti “firmati” in realtà da killer dediti a forme di esoterismo degenerate in occultismo criminale. Uomini protetti da forti coperture a livello istituzionale, a volte funzionale alla strategia della tensione o comunque alla manipolazione psicologica delle masse. «Esempio: l’individuo che viene arrestato non è mai un giudice, un politico, un notaio, un medico, un ufficiale, un docente universitario. E’ sempre un contadino semi-analfabeta, una povera madre presentata come pazza, un giovane drogato e sbandato. E’ il capro espiatorio perfetto, attraverso cui far sapere alla gente che è in buone mani e non corre pericoli, visto che il potere è pulito. Invece è vero esattamente il contrario».
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Cade ogni politico, se non serve più al potere che ci domina
un po’ di vertigine, il saggio “Psyops” di Solange Manfredi, che illumina settant’anni di “guerra psicologica”, condotta in Italia. Indovinato: siamo il paese-cavia per eccellenza, dove sono state testate le peggiori tecniche di manipolazione, anche le più sanguinose (Gladio). Nessun’altra nazione, in Europa – ricorda l’autrice, in un’intervista alla trasmissione web-radio “Forme d’Onda” – ha subito altrettante atrocità, a causa del terrorismo “false flag”, sotto falsa bandiera, che ha utilizzato servizi segreti e pedine dell’estremismo per mettere in piedi gli agguati degli anni di piombo e le stragi impunite nelle piazze. Pensiamo a una sigla come la Falange Armata: ha firmato 500 rivendicazioni, tra il ‘92 il ‘94, quando Tangentopoli abbatteva la Prima Repubblica e le bombe affidate alla manolavanza mafiosa condizionavano il sanguinoso esordio della Seconda, nata per sacrificare l’Italia del benessere e portarla a soccombere di fronte all’oligarchia finanziaria di Maastricht e del Trattato di Lisbona. L’Isis? E’ l’ultimo capolavoro della strategia della tensione a livello internazionale, riprodotta fedelmente secondo il modello sperimentato in Italia. C’è il referendum per la secessione della Scozia dal Regno Unito? Benissimo, e chi decapita, l’Isis, il giorno prima? Ovvio: uno scozzese. Negli Usa si vota per limitare ulteriormente le libertà del cittadino, con la scusa della sicurezza? E quindi è proprio un ostaggio americano, alla vigilia, a offrire la gola alla mannaia dello Stato Islamico.La regia è scandalosamente evidente, dice Solange Manfredi, così come il movente – per nulla connesso con Allah – dello stesso fondamentalismo religioso mediorientale, creato a tavolino per evitare che il Medio Oriente svoltasse verso il socialismo. Negli anni ‘50, ricorda l’autrice del saggio, i paesi arabi erano largamente laici. «Prima del golpe occidentale che portò al potere Saddam, l’Iraq aveva un ministro donna e si preparava a dare l’indipendenza ai curdi». Così, il governo di Baghdad è stato “suicidato”. Tutto ciò è orrendo? Certamente, ma dobbiamo sapere che è la regola. La storia non lo ammette? Lo si può capire: spesso è il sistema stesso a scriverla, imponendo la sua versione alla scuola. Storia, cioè guerre: nessuno dei conflitti che ricordiamo – dice Solange Manfredi – è stato innescato dai motivi ufficialmente noti. Dietro ogni guerra c’è una causa segreta, e il casus belli è sempre un’invenzione o comunque una manipolazione: da Pearl Harbor, dove il bombardamento giapponese era perfettamente atteso, al Golfo del Tonchino, in cui nessuna artiglieria vietnamita sparò mai contro la flotta Usa. Fino ovviamente all’11 Settembre, servito come alibi per invadere l’Iraq e l’Afghanistan, per poi terremotare tutto il Medio Oriente.Cronologia recente: primavere arabe, caduta di Mubarak in Egitto, morte di Gheddafi in Libia, guerra in Siria contro Assad, devastazione dello Yemen. Emergenze umanitarie e crisi dei migranti? Appunto. C’è sempre un’attenta regia che predispone gli scenari, pur scontando anche l’imprevedibilità relativa delle variabili. Certo, i colpi principali vanno spesso a segno: Mattei viene ucciso quando fa diventare l’Italia troppo ingombrante a livello geopolitico, e Moro è assassinato per gambizzare l’economia mista, pubblico-privata, che dovrà cedere il passo al neoliberismo. A sua volta, lo svedese Palme soccombe prima che possa diventare segretario generale dell’Onu, impedendo – fra le altre cose – la nascita dell’Ue nella sua attuale configurazione antidemocratica e antipopolare. Ma se gli eroi restano mosche bianche (Moro fu minacciato da Kissinger in modo brutalmente mafioso), la regola è invece un’altra: il politico di turno – Renzi, Formigoni – viene fatto uscire di scena quando non serve più, al potere che ne aveva assistito l’ascesa.Un meccanismo del quale il soggetto (premier, capo-partito, ministro) non è neppure pienamente consapevole, il più delle volte, salvo che per un aspetto: appena raggiunge la vetta, dice Fausto Carotenuto a “Border Nights”, la sua vita di trasforma in un inferno. Motivo: «Il suo primo pensiero, la mattina, diventa questo: chi ce l’ha con me? Chi vorrebbe farmi fuori?». Di manipolazione, Carotenuto se ne intende: per anni ha orientato il lavoro dei servizi segreti Nato. Oggi è approdato a una scelta drastica: la rinuncia sostanziale alla politica, giudicata impraticabile perché interamente manipolata. Un grande inganno, un gioco di specchi in cui nessuno è davvero quel che dice di essere. Dal canto suo, analizzando a fondo la storia italiana contemporanea sulla base di migliaia di documenti desecretati, a cominciare da quelli che comprovano l’arruolamento della mafia e di molti uomini-chiave del nazifascismo, da parte degli Usa, per controllare l’Italia post-bellica in senso anti-Urss, Solange Manfredi insiste su un punto: non è detto che i politici su cui il potere investe siano per forza mediocri, ma è essenziale che abbiano almeno un punto debole (da usare al momento oppurtuno, per liquidarli).In altre parole: un cavaliere senza macchia non diventerà neppure assessore. E se qualcuno sfugge al controllo – come Sankara – durerà al massimo una manciata di mesi, prima di venir tolto di mezzo. Il connotato etico dell’analisi si basa sulla distanza tra la verità ufficiale e quella sottostante, tra la democrazia ideale e sostanziale (espressa “in purezza”) e la post-democrazia attuale, completamente svuotata, ormai dominata in modo sempre più evidente dall’invadenza di gruppi di potere privatistici, economici e finanziari. Peraltro, sottolinea Gioele Magaldi nel suo saggio “Massoni” uscito a fine 2014, non è certo piovuta dal cielo neppure la sacrosanta democrazia cui fa giustamente riferimento Solange Manfredi: la prassi dell’uguaglianza – pari opportunità, diritto di voto, Stato laico, legge sovrana emanata dal Parlamento eletto dai cittadini – è il frutto storico dell’impegno settecentesco della massoneria, che ha “fabbricato” la Rivoluzione Francese e poi creato gli Usa. Viviamo dunque in una specie di colossale laboratorio zootecnico, come sostiene Marco Della Luna? Siamo prigioneri di uno smisurato allevamento planetario, popolato da masse interamente manipolate?Probabilmente è così da sempre, suggerisce Paolo Rumor nel saggio “L’altra Europa” basato sulle rivelazioni dell’esoterista francese Maurice Schumann, tra i fondatori dell’europeismo novecentesco già durante la Seconda Guerra Mondiale. La tesi: un organismo-fantasma, denominato “la Struttura”, reggerebbe le sorti del pianeta in modo ininterrotto, da qualcosa come 12.000 anni. Le 36 Ur-Lodges supermassoniche presentate da Magaldi potrebbero esserne l’estrema propaggine contemporanea? Dilaga il cosiddetto complottismo, anche perché il potere – sempre reticente – si è fatto aggressivo e sfacciato, nella sua alluvione quotidiana di “fake news”, cioè menzogne ufficiali truccate da notizie. Per un osservatore coraggioso e indipendente come Massimo Mazzucco, non manca il risvolto positivo: è vero che l’intrasfruttura web è comuque sempre controllata dai soliti poteri fortissimi, ma milioni di persone – proprio sulla Rete – oggi possono condividere informazioni preziose, non ortodosse, non convalidate dall’ufficialità. Informazioni di cui fino a ieri sarebbe stato impensabile disporre, e che tuttora – non a caso – sono irrintracciabili sui media mainstream, giornali e televisioni.Sta letteralmente esplodendo anche il fenomeno della nuova archeologia, che probabilmente costringerà gli storici a rivedere le narrazioni correnti sulla stessa origine dell’umanità sulla Terra. Narrazioni secolari cadono in pezzi: le ultime scoperte inducono a retrodatare (di parecchi millenni) monumenti fortemente simbolici come le piramidi, mentre affiorano un po’ ovunque i reperti che spingono gli studiosi della paleo-astronautica a ritenere che i nostri antenati siano venuti in contatto, nella notte dei tempi, con esseri sbarcati dallo spazio (probabilmente, i nostri “fabbricatori genetici”). Di qualcosa del genere parla il biblista Mauro Biglino, per anni traduttore dell’Antico Testamento per conto delle Edizioni San Paolo: il suo Yahvè – alla lettera – non ha nulla di “divino”. Non è eterno, né onnisciente, né onnipotente. E il suo rapporto col cielo è mediato dal Kavod, un velivolo rombante e pericoloso. Sono ancora gli Elohim come Yahvè a dominarci, attraverso i loro fiduciari terrestri? «Se un giorno si scoprisse che è così non me ne stupirei», dice Biglino, che però aggiunge: «Immagino che l’attuale esplosione demografica non fosse prevista: siamo oltre 7 miliardi, cioè tantissimi. Troppi, per qualsiasi potere dominante». Come dire: la partita è aperta, forse ce la possiamo giocare. Davvero?Il fatalismo complottistico è ben rappresentanto da celebrità come Davide Icke: i suoi invincibili Rettiliani finiscono per ricordare un po’ gli alieni molesti evocati da Corrado Malanga attraverso le sue ricerche, interamente fondate sull’ipnosi regressiva: ipotetici nemici troppo superiori per poter essere contrastati? La convinzione dell’esistenza di uno strapotere insormontabile (almeno, per via ordinaria) induce lo stesso Carotenuto a consigliare di lasciar perdere la politica: è tempo perso, dice. Meglio dedicarsi amorevolmente al prossimo: non è solo etico, ma anche funzionale. Ed è l’atteggiamento che il sistema di dominio più teme, perché è virtualmente contagioso. I politici? Ometti, per lo più. Scelti, dice Solange Manfredi, in base alle loro debolezze. Non sempre, certo: non tutti. Ma la lezione è utile per chi oggi assiste con delusione al declino del governo gialloverde, che ha ceduto su tutta la linea per sottomettersi ai poteri che usano Bruxelles per dominare i paesi come l’Italia. Guai, però, a sottovalutare il popolo: è vero che è sempre condizionato da precise élite, ammette Magaldi; ma da sole – aggiunge – quelle élite non le potrebbero fare, le rivoluzioni. Quella di cui si sente il bisogno oggi ha un nome preciso, si chiama democrazia. Rappresenta un’eresia della storia, un prodotto recentissimo. Di fabbricazione massonica? Certo. Ma alzi la mano chi vorrebbe tornare al potere del dittatore, all’arbitrio del monarca o del Papa-Re. Forse, come dice Mazzucco, la buona notizia è che oggi, nonostante tutto, se ne può parlare: in fondo gli orizzonti sono aperti, come non era mai successo.Sembra il nostro paladino, finalmente: l’amico del popolo. E invece è il loro uomo, l’ennesimo. Scelto per durare il necessario, capace di cavalcare l’onda grazie alle sue qualità, al suo appeal mediatico. Ma il “casting” iniziale ha individuato anche il punto debole, già in partenza. Esempio: corruzione, sete di potere e denaro. Oppure ambizione smodata, passione per le donne, o magari abuso di droghe e altre debolezze private. Saranno i tasti da pigiare al momento opportuno, quando l’ometto non servirà più e andrà bruciato. Di colpo, il suo dossier – compilato fin dall’inizio e pronto da anni – finirà ai magistrati (e alla stampa). Risultato: morte civile. Succede sempre, di continuo, secondo uno schema cinico e quasi noioso, nella sua monotonia. Formigoni e Renzi? Sembrano solo gli ultimi nomi della lista. Poi ci sono altri personaggi, di ben maggior peso. Magari finiscono in esilio ad Hammamet, o peggio: assassinati come Moro, fatti esplodere in aria come Mattei. Via loro, avanti un altro. Il gioco continua, perché serve a non cambiare mai le regole. E i padroni di quelle regole non siamo noi, salvo rarissime eccezioni, destinate a durare poco – come Olof Palme, premier svedese freddato da un killer nell’86, o Thomas Sankara, rivoluzionario leader del Burkina Faso massacrato nell’87 dopo soli quattro anni di governo, in cui aveva creduto di poter mettere fine, per davvero, alla schiavitù finanziaria dell’Africa.
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Odiare lo straniero? Vecchi errori: Hitler lavora per l’élite
La globalizzazione ha travolto l’equilibrio del mondo. E non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello politico e morale. Lo sviluppo della scienza e della tecnica ha portato a così profondi mutamenti che, nel giro di pochi anni, le abitudini di vita e i rapporti fra le persone sono profondamente cambiati. Mestieri che da secoli venivano tramandati di padre in figlio sono spariti. I grandi centri commerciali fagocitano i negozi, scalzano i bottegai, e le grandi industrie scalzano i piccoli imprenditori, ridotti ormai quasi alla miseria dalle nuove macchine robotiche. Anche per i contadini questo sviluppo si è rivelato un boomerang: infatti questa agricoltura fortemente specializzata, e spesso addirittura in regime di monocultura, è totalmente dipendente dal fabbisogno dei pesticidi. Sì, proprio perché è cresciuta e si è modernizzata, ha portato alla perdita di posti di lavoro, mentre i guadagni sono quasi inesistenti. Per non parlare poi, ovviamente, dei danni che questo tipo di coltivazione produce all’ambiente. La verità è che questo modello economico, questo neoliberismo selvaggio, ha trasformato ogni manifestazione vitale in una sorta di parodia dell’incubo contabile. Con lavoratori che, ridotti a merci in concorrenza fra loro, sono costretti ad accettare spesso dei lavori disumanizzanti.Se si continua su questa strada, il tramonto dell’Occidente appare imminente. E non solo a causa della degenerazione interna: basta vedere in quali difficoltà si trovano oggi i nostri giovani. E come non vederlo, ad esempio, nel crollo demografico o nella degenerazione della nostra identità, della nostra civiltà europea, generata proprio da questa globalizzazione irresponsabile e predatoria. E non ci si accusi di catastrofismo, perché basta vedere e leggere cosa dicono e scrivono filosofi, sociologi, storici, medici, letterati e artisti. Ormai questo grido di dolore sale da ogni parte. Il denaro è divenuto il segno principale che classifica e distingue gli uomini. Il desiderio di arricchirsi ad ogni costo, la passione per gli affari, la verità del guadagno, la ricerca del benessere ad ogni costo paiono oggi, purtroppo, le passioni più comuni. Davanti a tanta alienazione, molti cercano rifugio nella natura, che vive spontanea e in qualche modo è in grado di farci ritrovare la strada, di farci riscoprire i veri valori. È in grado probabilmente di strapparci a questa follia, da cui siamo stati travolti. Una follia che corrompe e annienta.Perché la realtà è che questa grande trasformazione, questa globalizzazione, ha trovato le classi dirigenti assolutamente impreparate a fronteggiare le immense ineguaglianze che il nuovo modello economico sta causando nella popolazione. Con la conseguenza che la maggior parte delle misure prese in materia economica o finanziaria si sono rivelate delle vere e proprie catastrofi. Ad esempio, alla finanza – in mano a un gruppo di avidi, cinici e irresponsabili cosiddetti uomini d’affari – è stato permesso di lasciare sul lastrico migliaia di persone o di appropriarsi dei loro beni, lasciandole nella disperazione più totale o, molto più tragicamente, con la sola libertà di potersi suicidare. E tutto questo, guardate, è avvenuto con la complicità di un diritto astratto, freddo, distante dall’uomo e dalla società, dai problemi della società – in cui le norme, senza tenere in alcuna considerazione l’uomo, paiono piegate più alla volontà di pochi, e alla volontà di profitto di quei pochi. E se il diritto interno, nazionale, presenta evidenti criticità, il diritto internazionale, se vogliamo, è anche peggio: perché non è riuscito a limitare la violenza e l’avidità delle grandi potenze (che lo, lo vediamo, armate fino ai denti e sempre più impegnate a sviluppare armi micidiali e distruttive, si lanciano in guerra illegittime e si sfidano continuamente in azione di forza, in provocazioni).Questa è la situazione. E allora non ci si meravigli se, sopraffatto da queste forze, l’individuo, sentendosi impotente, reagisce. E reagisce in vari modi: molti purtroppo si suicidano, altri si lanciano in comportamenti eccentrici e stravaganti. Altri ancora rifiutano la globalizzazione, rifugiandosi in atteggiamenti nazional-patriottici, e altri ancora scelgono la via della violenza e del terrore. Infatti, uno dei tratti caratteristici di questa epoca è la paura dei terroristi: implacabili nemici della civiltà occidentale, già pronti e in agguato sul nostro territorio. Nessuno sa in realtà quanti terroristi siano attivi e quanto diffuse siano le loro reti. L’unica certezza è che purtroppo torneranno a colpire a loro discrezione, e la polizia pare non possa fare molto, per fermarli. Una situazione disastrosa, dunque, la nostra. Perché questa globalizzazione irresponsabile e predatoria ha fatto sì che i paesi deboli diventassero sempre più deboli e quelli più forti si rafforzassero ulteriormente. E guardate, non poteva essere altrimenti: perché alcune nazioni continuano ad appropriarsi delle risorse dei paesi del terzo mondo, e lo fanno nei modi più disparati, ad esempio avvalendosi di compagnie private, che predispongono in questi paesi contratti profondamente ingiusti, e si avvalgono dei mercenari (pardon, “sicurezza privata”), per garantire l’efficienza del mercato.Davanti a questo disastro, dunque, come sorprendersi se alcune nazioni, non trovando alcuna solidarietà da parte degli altri Stati, decidono di risolvere in proprio i problemi interni? E come? Ora inserendo i dazi, o chiudendo le frontiere. E non si parli di disumanità, per questo: sono le disastrose condizioni economiche a non permettere l’accoglienza. Sono i numeri, che non consentono l’accoglienza. Come poter integrare milioni di persone pronte ad arrivare nel nostro territorio? E poi, diciamocelo chiaramente: come poter integrare persone così differenti, per cultura e religione? Davanti a tante ingiustizie, davanti a tanta incertezza, la reazione era inevitabile. E l’Europa oggi si trova divisa in due schieramenti, tra loro opposti: l’alleanza dei popoli sfida apertamente quella dell’elite – quella élite “colta e preparata” sì, così preparata che non è stata in grado di porre un freno a questo disastro. E allora, forse, meglio il popolo: genuino, onesto, che conserva ancora quell’umanità che la finanza tanto irride e sfrutta. Meglio la nazione, quella per cui i nostri nonni sono morti. La nazione tradita e venduta da politici corrotti, da organismi sovranazionali ciechi, cinici e spietati. È finito il tempo dei mezzi termini, delle restrizioni mentali, di tutto ciò che è servilismo, di tutto ciò che è equivoco. Anche l’Italia deve pensare al proprio interesse, perché questo non è solo un diritto. È molto di più, è un dovere: il dovere di difendere la patria. Difenderla dai tecnici, e da tutti coloro che l’hanno trascinata in questo disastro.Bene. Tutto quello che vi ho detto sino ad ora riguarda l’oggi? Ho parlato della situazione odierna? No. Tutto quello che ho narrato sinora è avvenuto (e soprattutto, è stato detto) tra la fine del 1800 e la prima metà del 1900. Sorprendente, vero? Eppure, la globalizzazione – che alla fine dell’800 aveva travolto tutti i paesi europei – presenta profonde analogie con la situazione odierna. Infatti il balzo in avanti compiuto dalla globalizzazione del pianeta negli anni che precedettero il 1914 è paragonabile soltanto ai nuovi scenari mondiali che si sono aperti con la fine della guerra fredda. Perché dunque ho fatto questo video-intervento? Perché la storia insegna. E se la si conosce veramente, non a livello solo nozionistico, insegna a non ripetere gli stessi errori del passato, e soprattutto ci avverte dei pericoli. Nel secolo scorso, la politica interna e internazionale attuata dagli Stati per reagire alla globalizzazione a fine Ottocento, e quella straordinaria adesione popolare alla irresponsabile propaganda portata avanti da molti Stati, ha usato le stesse identiche parole. Quel tipo di politica attuata dagli Stati, e quel tipo di feroce propaganda, ci hanno portato due guerre mondiali.E allora, davanti a tutto ciò, davanti a questa consapevolezza, una domanda sorge spontanea: ma è mai possibile che noi si debba sempre commettere gli stessi errori? È mai possibile che si cada sempre nelle stesse identiche manipolazioni di una propaganda feroce e irresponsabile? Ma ancora di più: è possibile che gli errori commessi dai nostri nonni, e soprattutto il prezzo pagato in termini di dolore, di sangue, non ci abbiano insegnato nulla No, non è servito proprio a nulla. Non è servito, ad esempio, a non farci più ingannare da chi ha bisogno di nemici, dentro e fuori il paese, per accollare loro la responsabilità della propria incompetenza. Da chi evoca invasioni inesistenti e attacca i deboli perché è troppo debole per attaccare i forti. Da chi, come in passato, deve fare leva sulla propria frustrazione, sul risentimento della popolazione, per ottenere il consenso. È possibile che tutto quello che è accaduto non sia servito a comprendere tutto questo? Possibile che non sia servito a farci capire i meccanismi che usa la propaganda? E’ una propaganda feroce, che è sempre portata avanti da persone irresponsabili. E sempre nei periodi di caos, di confusione, di grande crisi. Le crisi economiche sono terreno estremamente fertile per questo tipo di propaganda. Perché è efficace. Perché quando gli individui tendono a perdere i loro punti di riferimento, una delle risposte più frequenti consiste nel ripiegarsi su quella che credono essere una identità comune, così da far fronte a una situazione che li disorienta.Guardate, è un meccanismo psicologico comune a tutti noi (e sfruttato infinite volte, nel passato). Questa pressione identitaria può diventare tanto più potente quando coloro che la incoraggiano, coloro che la usano per ottenere il potere, dispongono effettivamente di strumenti di potere. Perché a quel punto diviene azione politica da imporre alla società, alla società civile. Ma si tratta, ripeto – e su questo voglio essere molto chiara – di azioni irresponsabili, di persone irresponsabili che si servono del potere emozionale della identità per suscitare l’adesione del popolo. E dunque, conservare il potere (prima conquistarlo, e poi conservarlo). E’ una carta per manipolare le emozioni. E la usano indipendentemente dal fatto che si chiami nazionalismo, razzismo o appartenenza etnica. Queste persone ci sono sempre state – e sempre ci saranno: in ogni Stato e in ogni tempo. Ciò che però noi possiamo fare è impedire a questi irresponsabili – ripeto, sempre presenti in ogni Stato – di trascinarci in una marcia della follia. Basta, quindi, cadere sempre negli stessi inganni. Basta, commettere sempre gli stessi errori.Vi ho mostrato chiaramente come sia facile manipolare le emozioni, come sia facile alimentare la parte peggiore di noi con argomenti credibili ma non veri. E, sempre nella prima parte del mio intervento, vi ho mostrato come chi usa questo tipo di propaganda utilizzi sempre gli stessi meccanismi. È sempre dal caos, dei grandi periodi di crisi, che i manipolatori traggono la loro legittimità diventando i protettori del “noi”. Lo vediamo: noi italiani, noi francesi, noi ungheresi. Tutti fanno leva sulle stesse corde psico-affettive, che sono paura, risentimento e frustrazione. Sempre. Quando, poco fa, vi ho parlato degli immigrati, ho usato le stesse identiche argomentazioni che venivano usate contro gli ebrei – le stesse identiche: per rendervene conto, basta leggere il libro “Le origini culturali del Terzo Reich”. Ho ripetuto gli stessi slogan e, in alcuni punti, addirittura le stesse parole usate da Mussolini. È così che funziona la propaganda: ci illude e ci manipola fino alla fine, fino alle estreme conseguenze. Ora però sta a noi, conosciuti i meccanismi di condizionamento, evitare di venire ancora una volta trascinati nel sospetto, nell’odio, nella violenza. Perché, ricordiamocelo sempre, esiste sempre una soglia: superata la quale, va preso atto che è il nostro stesso agire, e non solo quello altrui, che ci minaccia.(Solange Manfredi, “Gli stessi errori”, video-editoriale pubblicato sul blog “Petali di Loto” il 3 febbraio 2019. Bibliografia: “Discorsi di Benito Mussolini dal 1914 al 1945” edizione Kindle; Wilhelm Reich, “Psicologia di massa del fascismo”, Kkien Pub. Int.; George Mosse, “Le origini culturali del Terzo Reich”, Il Saggiatore; Margaret MacMillan, “1914: come la luce si spense sul mondo di ieri”, Rizzoli; Emile Durkheim, “Il suicidio. Studio di sociologia”, Rizzoli; Simona Colarizi, “Novecento d’Europa: l’illusione, l’odio, la speranza, l’incertezza”, Laterza; Jacques Semelin, “Purificare e distruggere. Usi politici dei massacri e dei genocidi”, Einaudi).La globalizzazione ha travolto l’equilibrio del mondo. E non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello politico e morale. Lo sviluppo della scienza e della tecnica ha portato a così profondi mutamenti che, nel giro di pochi anni, le abitudini di vita e i rapporti fra le persone sono profondamente cambiati. Mestieri che da secoli venivano tramandati di padre in figlio sono spariti. I grandi centri commerciali fagocitano i negozi, scalzano i bottegai, e le grandi industrie scalzano i piccoli imprenditori, ridotti ormai quasi alla miseria dalle nuove macchine robotiche. Anche per i contadini questo sviluppo si è rivelato un boomerang: infatti questa agricoltura fortemente specializzata, e spesso addirittura in regime di monocultura, è totalmente dipendente dal fabbisogno dei pesticidi. Sì, proprio perché è cresciuta e si è modernizzata, ha portato alla perdita di posti di lavoro, mentre i guadagni sono quasi inesistenti. Per non parlare poi, ovviamente, dei danni che questo tipo di coltivazione produce all’ambiente. La verità è che questo modello economico, questo neoliberismo selvaggio, ha trasformato ogni manifestazione vitale in una sorta di parodia dell’incubo contabile. Con lavoratori che, ridotti a merci in concorrenza fra loro, sono costretti ad accettare spesso dei lavori disumanizzanti.
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Rosa Rossa: quei simboli svelano la verità indicibile su Moro
Da via Fani a via Caetani, passando per via Montalcini. Nomi e date, segni e simboli a cui pochissimi hanno fatto caso. Racconterebbero l’atroce “operazione Moro” – italiana e internazionale, politica e geopolitica – riletta secondo il codice segreto di un disegno meno evidente, ma forse decisivo: capace di cioè di “firmare”, in modo occulto, il sanguinoso sequestro e poi il calvario del presidente “eretico” della Dc, fino alla sua spietata uccisione. Messaggio: quell’assassinio è stato l’atto d’inizio di una nuova epoca di dominazione mondializzata. Ne parlò la giornalista Gabriella Carlizzi, indagatrice atipica e indipendente dei misteri italiani, così come Solange Manfredi, avvocato e saggista. Ne accenna lo storico Giuseppe De Lutiis nel libro “Il lato oscuro del potere” (Editori Riuniti). Ne parla diffusamente Sergio Flamigni nel romanzo “La tela del ragno” (Kaos). L’argomento lo sfiora lo stesso Giovanni Fasanella, autore di bestseller come “Il golpe inglese”, che nel recentissimo libro-indagine “Il puzzle Moro” (Chiarelettere) ricostruisce il ruolo di Londra nella strategia della tensione in Italia, mettendo anche l’accento sul Vaticano, dopo le dirompenti conclusioni della commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Giuseppe Fioroni: per il blitz di via Fani sarebbe stata usata una palazzina di via Massimi di proprietà dello Ior, la banca vaticana.
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Cliniche della morte: false diagnosi, per testimoni scomodi
Incidenti stradali, rapine finite male, pallottole vaganti. Oppure decessi archiviati sotto la voce “suicidio”. O ancora: infarti fulminei e complicazioni post-operatorie. Ovvero: “Come uccidere un uomo senza lasciare traccia”. Fino alla perversione più inimmaginabile: medici che uccidono su commissione, all’interno di “cliniche della morte”. Spesso, in questo modo, spariscono testimoni-chiave: poco prima di essere ascoltati dai Pm o prima dell’audizione a qualche commissione parlamentare d’inchiesta. «Il risultato di queste morti improvvise è sempre stata la mancata individuazione di mandanti e autori dei vari delitti o stragi», scrive Paolo Franceschetti. Non si tratta di fantasie: ne parla anche Paolo Muratori nella sua “Enciclopedia dello spionaggio”, pubblicata nel ‘93 dalle Edizioni Attualità del Parlamento (“Servizi segreti, spie, terroristi e dintorni”, prefazione di Flaminio Piccoli e postfazione di Alberto Fumi). «In alcuni casi i lettori sono sembrati un po’ scettici quando abbiamo avanzato dubbi su alcune morti, soprattutto quando il referto autoptico confermava magari l’infarto o il cancro», premette Franceschetti, avvocato per molti anni e docente di materie giuridiche. Già legale delle “Bestie di Satana” Franceschetti ha indagato su alcuni tra i più oscuri misteri italiani, dal Mostro di Firenze alla strage di Erba, dal giallo di Cogne a quello di Avetrana, passando per l’omicidio di Meredith Kercher, la ragazza inglese assassinata a Perugia, e quello di Yara Gambirasio. Delitti rituali?E’ la tesi sviluppata da Franceschetti, attraverso anni di riscontri e accurate analisi: «Spesso gli investigatori non prendono neppure in esame la pista esoterica, perché non ne conoscono il linguaggio». Ovvero: «Esistono circoli occultistici che attribuiscono un valore magico a determinati delitti, che infatti sono disseminati di indizi fortemente simbolici». Spesso, secondo Franceschetti, gli inquirenti vengono depistati «da qualcuno che sta al di sopra di loro, nelle istituzioni, e di fatto “copre” gli autori di certi delitti». Magari facendo anche sparire i testimoni? Nella sua enciclopedia, Muratori – allora presidente dell’Ircs, Istituto Ricerche Comunicazioni Sociali – spiega come si può uccidere una persona facendo credere che sia deceduta per cause naturali. «E’ appena il caso di sottolineare come i metodi elencati siano stati resi pubblici nel 1993 e quindi, con buona probabilità, già all’epoca superati da tecniche molto più sofisticate e ancora sconosciute (altrimenti non li avrebbero pubblicati)», premette Franceschetti, sul blog “Petali di Loto”. Esistono killer che non sparano e non spargono sangue: utilizzano la chimica. Per esempio l’acido cianidrico, comunemente detto acido prussico, usato nell’industria come innocuo disinfettante gassoso: «Sostanza letale ad effetto rapido e sicuro», viene usata «da agenti dei servizi segreti militari per assassinare i nemici».Poi c’è l’acido ossalico: impiegato nell’analisi chimica, come sbiancante nell’industria della stampa e nella produzione di tinture, detersivi, carta e gomma. «Anche questo usato come sostanza letale da agenti di certi servizi segreti militari per assassinare i nemici», scrive Muratori nel suo trattato enciclopedico. Non mancano le “cellule cancerogene vive”, somministrate «con iniezioni» da agenti di alcuni servizi militari per assassinare avversari e agenti nemici. «Il reperimento delle cellule cancerogene vive avviene, clandestinamente, nelle facoltà universitarie di medicina e in certi laboratori che le tengono di scorta per gli scienziati impegnati nella ricerca sulla cura del cancro», scrive Muratori. «Se una persona muore di cancro, come sospettare che sia stata uccisa?». E’ invece chiamata “cianuro” «un’arma di alluminio, con silenziatore, azionata da una pila da 1,5 volt: spara proiettili formati da piccole fiale, contenenti un veleno a base di cianuro che, dopo 5 minuti, non lascia alcuna traccia nell’organismo umano». E’ formata da tre cilindri, l’uno dentro l’altro: «Il primo cilindro contiene una molla e un pistone. La molla mossa da una leva spinge il pistone nel secondo cilindro. A quel momento la fialetta contenente il liquido si spezza ed il veleno è spruzzato verso il volto del nemico».La morte per “cianuro” sopravviene in pochi istanti. E quando il medico effettuarà l’autopsia, non potrà fare altro che constatare l’arresto del cuore: scontata la diagnosi, “crisi cardiaca”. Infine, il tallio: «Sostanza priva di sapore, ad effetto lento sul sistema nervoso, viene usata dalle spie per avvelenare gli agenti nemici e i traditori». Ma ancora non basta. Se queste tecniche sono state rese note nel 1993 e, quindi venivano probabilmente utilizzate nei decenni precedenti, c’è un’altra tecnica, ancora più incredibile: diagnosi infauste, ma false, per convincere la vittima di essere “condannata” da un tumore. Facile, poi, ucciderla, inserendo veleni nei liquidi chemioterapici. Una prassi allucinante, che Franceschetti ha scoperto negli atti della commissione parlamentare d’inchiesta su terrorismo e stragi, presieduta dal senatore Pci-Pds Giovanni Pellegrino. A parlare, nel 2000, non è un teste qualsiasi: si tratta dell’ex questore Arrigo Molinari, che poi sarà ucciso nella notte del 27 settembre 2005 con dieci coltellate infertegli nella sua casa di Andora (Savona). Molinari, ricorda “Repubblica”, era stato vicequestore vicario di Genova e questore di Nuoro. «Coinvolto nello scandalo della P2, era stato sospeso dal servizio e poi reintegrato. Affermava con orgoglio di aver fatto parte di Gladio».Arrigo Molinari si era anche occupato della strana morte di Luigi Tenco: commissario a Sanremo, quel giorno del ‘67 fu il primo a entrare nella stanza del cantante. «Su tutto quello che è accaduto nelle ore successive alla scoperta del suo cadavere – disse – non è stata ancora scritta tutta la verità». Da avvocato, aggiunge “Repubblica”, negli ultimi anni Molinari si era impegnato contro il fenomeno dell’anatocismo bancario: «In seguito a un suo esposto per conto di un cliente, la procura della Repubblica di Imperia aveva aperto un’inchiesta per usura aggravata indagando sei ex direttori della filiale di Imperia di un istituto di credito che si sono succeduti dal 1982 al 2000». La morte, scrive Franceschetti, lo ha colto «proprio pochi giorni prima della prima udienza della causa per signoraggio che aveva intentato contro la Banca d’Italia». Più volte nei mesi precedenti alla morte, Molinari aveva denunciato «tentativi, da parte di “sconosciuti”, di inseguimenti e pedinamenti nei suoi confronti e dei suoi familiari». In più, «fu soggetto di vari tentativi di sabotaggio da parte di non meglio identificati “individui” nei confronti della sua autovettura: cercarono di manomettere i freni». Un uomo nel mirino, dunque, quello assassinato in Liguria: una coltellata l’ha colpita al collo lateralmente, ricorda “Repubblica”, «come se si volesse sgozzarlo».Cinque anni prima, il 18 ottobre del 2000, Molinari risponde alle domande della commissione stragi, giunta alla sua 74esima seduta. E racconta: «Prima del 1978, a San Martino o nei pressi di San Martino, venne istituito un centro diagnostico (che adesso è presente in tutte le città d’Italia, in tutti gli ospedali), il cosiddetto Tac. Il primo di questi impianti ad essere installato in Italia. Ad installare questo impianto fu fittiziamente Rosati, che aveva la gestione di questa Tac. Ma in realtà la Tac era una struttura della P2 che doveva servire…». Pellegrino lo interrompe: «Mi scusi, avvocato Molinari: lei sta parlando della “tomografia assiale computerizzata”, cioè un modo di indagine radiografica. La P2 quindi importava per prima questo tipo di macchinario?». Molinari conferma: «Come la P2 frequentava la pellicceria di Pavia “Annabella”, gestiva anche questa struttura, perché doveva utilizzarla, non (come ha ritenuto la magistratura) per compiere truffe alla Regione, ma per avere uno strumento, e avere in mano tutti i medici di San Martino e d’Italia che dovevano servirsi di esso quando avevano dei malati da curare».Non è tutto: «Quando capitava qualche politico o qualcuno che volevano disturbare o molestare, o che sapevano che stava poco bene, effettuavano anche una diagnosi falsa, dicendo che aveva un tumore. I malati poi, magari, si recavano in Inghilterra e scoprivano che il tumore non esisteva. Per cui questa Tac era una struttura della P2, non di Rosati; lo si sapeva, lo sapevano praticamente tutti. La P2 doveva impadronirsi della presidenza della facoltà di medicina; al riguardo c’è una mia relazione». Secondo le dichiarazioni di Molinari, riassume Franceschetti, la Loggia P2, nel 1978, grazie alla complicità di medici “fratelli”, usava le strumentazioni ospedaliere «per diagnosticare falsi tumori a persone “scomode”». Dopo, «eliminarli doveva essere facile, avvelenandoli con iniezioni che venivano fatte passare per cura. Geniale». Ma la cosa più strana, per Franceschetti, è stata la reazione della commissione a una dichiarazione così atroce: nessuna. «Se scaricate l’audizione completa, che è disponibile sul web, potrete notare come la dichiarazione di Molinari non abbia fatto sobbalzare nessuno, e come la commissione abbia preferito proseguire con altro discorso. O erano molto distratti, o non hanno capito la gravità di quanto veniva affermato, o, probabilmente, la cosa era già nota».Certo, questa tecnica richiede tempo: quindi, se il personaggio scomodo deve essere eliminato velocemente, si può sempre ricorrere ai metodi “tradizionali” elencati nell’encliclopedia di Muratori. E la mente, aggiunge Franceschetti, non può che tornare al generale dei carabinieri Giorgio Manes, morto per “arresto cardiaco” pochi minuti prima di deporre davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta sullo scandalo del Sifar – Piano Solo. O ancora al colonnello Umberto Bonaventura, dirigente del Sismi (controspionaggio, terrorismo internazionale e criminalità organizzata transnazionale), «un personaggio-chiave nel caso del dossier Mitrokhin: per primo aveva materialmente ricevuto il dossier, quindi più di altri poteva attestarne l’autenticità». Bonaventura? Morto anche lui “per infarto” «pochi giorni prima della sua audizione davanti alla commissione parlamentare chiamata ad indagare sul dossier». Franceschetti ricorda anche il colonnello Stefano Giovannone, «iscritto ai Cavalieri di Malta». Capocentro del Sismi a Beirut dal 1972 al 1981, poi «arrestato nel corso dell’indagine per il traffico di armi tra Olp e Br», è deceduto “per morte naturale” mentre era agli arresti domiciliari.Nella lista delle morti teoricamente sospette, Franceschetti include anche quella dell’ingegner Giorgio Mazzini, capo dei vigili del fuoco di Torino, morto nel palazzo di giustizia «dove si era recato per incontrare i magistrati che si occupavano del rogo alla ThyssenKrupp». Certo, ammette Franceschetti, i sistemi di eliminazione qui riportati sono vecchi di decenni: «Oggi la scienza e la tecnica hanno fatto passi da gigante in tutti i sensi: anche in quelli, purtroppo, deputati ad uccidere un uomo senza lasciare traccia». Come regolarsi? Coltivare il sospetto è più che lecito, sostiene il giurista: «Quando le morti sono troppo tempestive, qualche domanda in più ce la si deve poter porre, senza per forza essere immediatamente tacciati per dietrologi». Quanto alla magistratura, «farebbe bene ad indagare un po’ più a fondo, senza archiviare troppo velocemente una morte solo perché sul referto autoptico c’è scritto: “cause naturali”». Magari si tratta di testimoni che potrebbero svelare retroscena imbarazzanti, per il potere. Per questo, scrive Muratori nella sua enciclopedia, non restano mai senza lavoro quei killer invisibili, così abili nell’arte di non lasciare tracce.Incidenti stradali, rapine finite male, pallottole vaganti. Oppure decessi archiviati sotto la voce “suicidio”. O ancora: infarti fulminei e complicazioni post-operatorie. Ovvero: “Come uccidere un uomo senza lasciare traccia”. Fino alla perversione più inimmaginabile: medici che uccidono su commissione, all’interno di “cliniche della morte”. Spesso, in questo modo, spariscono testimoni-chiave: poco prima di essere ascoltati dai Pm o prima dell’audizione a qualche commissione parlamentare d’inchiesta. «Il risultato di queste morti improvvise è sempre stata la mancata individuazione di mandanti e autori dei vari delitti o stragi», scrive Solange Manfredi. Non si tratta di fantasie: ne parla anche Paolo Muratori nella sua “Enciclopedia dello spionaggio”, pubblicata nel ‘93 dalle Edizioni Attualità del Parlamento (“Servizi segreti, spie, terroristi e dintorni”, prefazione di Flaminio Piccoli e postfazione di Alberto Fumi). «In alcuni casi i lettori sono sembrati un po’ scettici quando abbiamo avanzato dubbi su alcune morti, soprattutto quando il referto autoptico confermava magari l’infarto o il cancro», premette Manfredi sul sito di Paolo Franceschetti, avvocato per molti anni e docente di materie giuridiche. Già legale delle “Bestie di Satana” Franceschetti ha indagato su alcuni tra i più oscuri misteri italiani, dal Mostro di Firenze alla strage di Erba, dal giallo di Cogne a quello di Avetrana, passando per l’omicidio di Meredith Kercher, la ragazza inglese assassinata a Perugia, e quello di Yara Gambirasio. Delitti rituali?
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I generali: Mussolini deve sparire e morire come Matteotti
«Posdomani Mussolini andrà dal Re, al Quirinale, per la solita udienza. Quando starà per uscire, tu devi farlo scomparire. Hai capito? Devi farlo scomparire com’è scomparso Matteotti: Mussolini va “spedito” senza lasciar traccia, in modo che il Re non dovrà mai sapere nulla dell’accaduto». Così parlò il generale Vittorio Ambrosio, capo di stato maggiore, nelle primissime ore del mattino del fatidico 25 luglio del 1943, giornata che poi si concluderà con la sconfitta del Duce alla riunione d’emergenza del Gran Consiglio del Fascismo. In realtà, riferisce Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Il compasso, il fascio e la mitra”, il voltafaccia dei gerarchi fascisti era stato pianificato dallo stesso Mussolini, con l’appoggio di settori massonici. Obiettivo: uscire (fuori tempo massimo) dalla Seconda Guerra Mondiale e dall’abbraccio mortale di Hitler. Galeazzo Ciano avrebbe guidato la futura Repubblica Sociale Italiana, che avrebbe soppiantato la monarchia e voltato le spalle all’altro grande sponsor del fascismo, il Vaticano, con il quale il Duce aveva stipulato i Patti Lateranensi, in cambio del consenso cattolico al regime. Mussolini, scrive Carpeoro, fu tradito dal massone Filippo Naldi, che informò Vittorio Emanuele III e la diplomazia pontificia, la quale a sua volta si affrettò a riferire ai nazisti. E in quelle ore concitate, scrive Lara Pavanetto, erano già in corso prove di golpe da parte dei vertici militari.L’esortazione a far sparire Mussolini, ricevuta dal generale Ambrosio, era rivolta al generale Angelo Cerica, comandante dell’arma dei carabinieri. Anziché riservare al Duce “la stessa fine di Matteotti”, però, il generale Cerica vuotò il sacco – sempre il 25 luglio – con il colonnello Tito Torella di Romagnano, “aiutante di campo” di Vittorio Emanuele III. Il sovrano «apprense così il piano dei suoi generali di rapire e assassinare Mussolini, e si infuriò», racconta Lara Pavanetto sul suo blog. Chi erano i capi militari che avevano ordito il piano? Tra i cospiratori figura il generale Giuseppe Castellano, primo aiutante di Ambrosio: era il più giovane generale dell’esercito, quello che avrebbe poi firmato l’armistizio di Cassibile, il 3 settembre del ‘43, sancendo la resa dell’Italia agli Alleati. Ma il cervello della congiura, sostiene Pavanetto, era il generale Giacomo Carboni, che dopo l’8 settembre sarà accusato della mancata difesa di Roma dai tedeschi. Nato a Reggio Emilia, da padre mazziniano e madre di origine anglo-americana, tra il 1936 e il 1937 svolse una serie di operazioni speciali in Etiopia che lo avvicinarono al Sim, Servizio informazioni militare. «Lo si ricorda soprattutto per aver diretto il Sim nel periodo della cosiddetta “non belligeranza”, fino alla drammatica estate del 1943». Il generale Carboni «fu il regista che aprì e chiuse l’esperienza bellica italiana al fianco dei tedeschi».Su posizioni antitedesche, nei mesi precedenti la dichiarazione di guerra, Giacomo Carboni «mantenne, per conto di Galeazzo Ciano e Pietro Badoglio, relazioni con gli addetti militari di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, e redasse rapporti pessimistici sulle capacità militari italiana e germanica». Come scrive Solange Manfredi nel suo saggio “Psyops”, «Carboni era assai vicino a Giuseppe Cambareri, spia-mago-esoterista al servizio degli Alleati». Proprio a Carboni, «Cambareri offrì la sua casa e la sua organizzazione come sede del quartier generale impegnato nella difesa di Roma dopo l’armistizio del 1943». Aggiunge Pavanetto: «Carboni era un conoscitore attento della realtà americana e, in dichiarazioni e scritti, si vanterà più volte di essere stato il primo, tra gli esponenti della fronda militare, a proporre al generale Ambrosio l’adozione di misure energiche contro il Duce». E infatti «ebbe un ruolo essenziale negli avvenimenti che seguirono la caduta di Mussolini». Il 18 agosto 1943 «fu nominato da Badoglio commissario del Sim, carica che mantenne sino alla capitolazione delle forze armate italiane».Sempre Carboni entrò a far parte del Consiglio della Corona, presieduto dal sovrano, cui erano deputate le decisioni politiche più importanti. Vi fece parte assieme a Badoglio, il generale Ambrosio e il capo di stato maggiore dell’esercito, Mario Roatta. Ambrosio affidò a Carboni il comando del corpo d’armata “motocorazzato” per la difesa di Roma dai nazisti. Il 7 settembre 1943, Carboni ricevette due ufficiali americani, Maxwell Taylor e William Gardiner, che gli comunicarono ufficialmente che l’indomani, alle 18.30, doveva essere resa nota l’avvenuta sottoscrizione dell’armistizio. Nel frattempo, si dovevano concordare i particolari dell’Operazione Giant 2 per la difesa della capitale. «Carboni sostenne che lo schieramento italiano non avrebbe potuto resistere più di sei ore alle truppe tedesche». Per decidere su come agire al meglio, lo stesso Carboni e i due ufficiali americani incontrarono Badoglio, e sempre Carboni riuscì a convincere il maresciallo della sua posizione. Badoglio richiese dunque l’annullamento dell’operazione-Roma al generale Eisenhower, che però, irritato dal tira e molla italiano, dalle onde di “Radio Algeri” rese nota la stipula dell’armistizio. Al Consiglio della Corona non restò che ordinare a Badoglio di ufficializzare la capitolazione, ai microfoni dell’“Eiar”.Il 9 settembre, a battaglia in corso e all’insaputa del suo superiore Ambrosio, il generale Roatta ordinò a Carboni di spostare su Tivoli parte del corpo d’armata “motocorazzato” posto a difesa di Roma, le divisioni Ariete e Piave, e di disporre una linea del fronte che escludesse la difesa della capitale. Roatta informò inoltre Carboni che a Tivoli avrebbe ricevuto ulteriori ordini dallo stato maggiore, che si sarebbe provvisoriamente insediato a Carsoli. «Più tardi pervenne a Carboni il formale ordine scritto con il quale lo si nominava anche comandante di tutte le truppe dislocate in Roma». Ma nel frattempo Vittorio Emanuele III e la sua famiglia, il maresciallo Badoglio, i capi di stato maggiore Ambrosio e Roatta e i ministri militari erano già in fuga, alla volta di Brindisi. Carboni raggiunse Tivoli per organizzare le truppe. Non riuscendo a rintracciare Roatta proseguì sino ad Arsoli, dove apprese che la colonna dei sovrani (con Badoglio) era ormai lontana. «Rimase alcune ore ospite del produttore Carlo Ponti, sino a quando il suo aiutante di campo non gli comunicò che l’ordine di Roatta delle ore 5.15 era stato confermato e, pertanto, provvide a riportarsi a Tivoli, dove insediò il suo comando. Nel frattempo, a Roma, in virtù del grado gerarchicamente più elevato, il maresciallo Enrico Caviglia stava procedendo a contattare i tedeschi per la cessazione del fuoco».Nel primo pomeriggio del 9 settembre, Carboni dette ordine alla divisione Granatieri di Sardegna, che stava fronteggiando la 2ª divisione paracadutisti tedesca al Ponte della Magliana, di resistere a oltranza. E chiese alle divisioni Ariete e Piave di predisporsi a sud (per prendere alle spalle la “paracadutisti”) e anche verso nord, tagliando la strada alla 3ª divisione Panzergrenadier che stava sopraggiungendo dalla via Cassia. Mentre ciò avveniva, però, il colonnello Giuseppe di Montezemolo e il generale Giorgio Carlo Calvi di Bergolo, a Frascati, incontravano il comandante tedesco Albert Kesselring, preparando la resa delle truppe di Carboni. Prima di sera, sempre il 9 settembre, fu ordinato ai Granatieri di Sardegna di lasciare il conteso ponte della Magliana, lasciando affluire verso nord le truppe naziste. La mattina del 10, rientrano nella capitale ormai assediata, Carboni scoprì – dai manifesti fatti affiggere dal maresciallo Caviglia – che ormai Roma era in mani tedesche.«Dopo la resa – annota Lara Pavanetto – Carboni fece distruggere buona parte degli archivi del Sim, custoditi nelle due sedi di Forte Braschi e Palazzo Pulcinelli, occultandone una parte superstite nelle catacombe di San Callisto». Nonostante la capitolazione, lo storico Ruggero Zangrandi ritiene il generale Carboni il vero vincitore della “battaglia di Roma”, avendo tenuto impegnate le efficienti divisioni paracadutisti e Panzergrenadier, impenendo loro di ricongiungersi al resto dell’armata germanica nei pressi di Salerno, in modo da permettere agli anglo-americani di effettuare lo sbarco sulla Piana del Sele il 9 settembre. Il generale Carboni, la mente del tentato golpe contro Mussolini, agì sicuramente nell’interesse degli aglo-americani. «Nel giugno 1944 fu spiccato nei suoi confronti un mandato di cattura per la mancata difesa di Roma, ma eluse il provvedimento e si rese latitante grazie alle protezioni dei servizi di intelligence degli Alleati, in particolare l’Oss americano». Più tardi fu processato in contumacia, e il 19 febbraio 1949 fu assolto da ogni accusa per aver adottato «determinazioni indirizzate all’intendimento di arrestare fuori dalle porte della capitale l’invasione ad opera delle forze germaniche».Nel secondo dopoguerra, ricorda Pavanetto, lo stesso Carboni si avvicinò ai partiti della sinistra e fornì loro numerosi elementi di lettura sulla intelligence italiana, dal Sim al Sifar. Nel 1951, un precedente ordine di congedo assoluto emesso nei suoi confronti venne annullato e fu deciso il suo trasferimento nella riserva. Il 25 luglio del ‘43 non era riuscito ad attuare il golpe per eliminare Mussolini, data l’opposizione dei carabinieri? Il destino del Duce, però, era comunque segnato. Uscito sconfitto in piena notte dalla riunione del Gran Consiglio, il capo del fascismo chiese al segretario del partito, Carlo Scorza, di accompagnarlo in auto alla sua residenza romana di Villa Torlonia. Poche ore prima, tramite il generale Cerica dei caraninieri, il Re aveva appreso del tentato golpe militare. Al comandante dell’Arma, il sovrano rispose che avrebbe preso in mano la situazione, ricevendo Mussolini l’indomani, nel pomeriggio del 26 luglio, per chiedergli di dimettersi, cedendo il posto a Badoglio. Tre giorni prima, il 22 luglio, il Re aveva saputo – tramite il genero, Filippo d’Assia – del fallimento dell’incontro di Feltre e della decisione di Hitler: era pronta per l’Italia l’operazione Alarico, pensata nel caso che l’Italia rompesse, unilateralmente, l’alleanza con il Reich.L’operazione prevedeva l’istituzione del controllo militare diretto tedesco sulla penisola, dopo la fuga di notizie sulle ultimissime intenzioni di Mussolini: «Aggregare attorno all’Italia le potenze dell’Asse per imporre con forza alla Germania la pace separata con la Russia». Scrive Pavanetto: «Una parte dei vertici militari tedeschi erano favorevoli, non Hitler». Mussolini aveva messo al corrente il sovrano sulla linea che intendeva seguire, e Vittorio Emanuele III gli aveva inizialmente espresso il suo appoggio. Ma poi, dopo l’ambasciata di Filippo d’Assia, tutto cambiava: non ci sarebbe stato più spazio per nessuna mediazione, la penisola sarebbe stata invasa dai nazisti. Appena dopo i febbrili contatti con l’ambasciata del Giappone, anche Mussolini – dopo il Re – seppe della decisione di Hitler. Lo stesso Vittorio Emanuele III gli riferì del complotto dei generali: anche per questo, forse, l’ex Duce accettò di buon grado la protezione dei carabinieri, senza sapere però che il Re sarebbe poi scappato a Brindisi, con Badoglio, a gambe levate. «Quello che accadde poi lo sappiamo – o meglio, ancora oggi sappiamo solo alcune cose, di sicuro mezze verità», conclude Lara Pavanetto. «Certo la caduta di Mussolini non fu provocata dall’ordine del giorno Grandi, come scritto nei libri di storia e come raccontato nelle fiction televisive».«Posdomani Mussolini andrà dal Re, al Quirinale, per la solita udienza. Quando starà per uscire, tu devi farlo scomparire. Hai capito? Devi farlo scomparire com’è scomparso Matteotti: Mussolini va “spedito” senza lasciar traccia, in modo che il Re non dovrà mai sapere nulla dell’accaduto». Così parlò il generale Vittorio Ambrosio, capo di stato maggiore, nelle primissime ore del mattino del fatidico 25 luglio del 1943, giornata che poi si concluderà con la sconfitta del Duce alla riunione d’emergenza del Gran Consiglio del Fascismo. In realtà, riferisce Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Il compasso, il fascio e la mitra”, il voltafaccia dei gerarchi fascisti era stato pianificato dallo stesso Mussolini, con l’appoggio di settori massonici. Obiettivo: uscire (fuori tempo massimo) dalla Seconda Guerra Mondiale e dall’abbraccio mortale di Hitler. Galeazzo Ciano avrebbe guidato la futura Repubblica Sociale Italiana, che avrebbe soppiantato la monarchia e voltato le spalle all’altro grande sponsor del fascismo, il Vaticano, con il quale il Duce aveva stipulato i Patti Lateranensi, in cambio del consenso cattolico al regime. Mussolini, scrive Carpeoro, fu tradito dal massone Filippo Naldi, che informò Vittorio Emanuele III e la diplomazia pontificia, la quale a sua volta si affrettò a riferire ai nazisti. E in quelle ore concitate, scrive Lara Pavanetto, erano già in corso prove di golpe da parte dei vertici militari.
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Solange Manfredi: papà, uomo di potere, viveva nel terrore
Paolo (Franceschetti) in questo blog ha scritto alcuni articoli su alcune associazioni esoteriche che hanno fatto sorgere tra i lettori confronti, a volte, anche accesi. Diverse persone hanno commentato gli articoli scrivendo le proprie esperienze, e non solo. Altri sono intervenuti per mettere in guardia dal “fascino” che dette associazioni possono avere su alcune persone. In ultimo, ieri, un’amica di Paolo, letto il suo ultimo articolo sulla Rosa Rossa, gli ha detto che leggerlo fa venir voglia di iscriversi, più che di combattere il fenomeno… fa venire voglia di dire “voglio anche io avere conoscenze superiori, voglio anche io avere potere”. Ed ecco il perché del mio intervento. Ho avuto la straordinaria (nel senso letterale del termine, ovvero fuori dall’ordinario) possibilità di vivere in una famiglia che tale potere aveva, inserita ai massimi livelli italiani. Per tale motivo ritengo opportuno dare la mia testimonianza sull’altra faccia di questo potere che tante persone può affascinare. Questo tipo di potere ha un costo enorme ed è quello della vita e della libertà tua e della tua famiglia. Certo, la mia famiglia aveva potere e denaro, ma a che prezzo cercherò di spiegarvelo nel modo più semplice.Non ho mai visto, un solo giorno, mio padre senza la paura negli occhi. Non l’ho mai visto veramente sereno e sorridente. Era un bravissimo attore e, in società, era considerato un uomo bello, intelligente, simpatico, ironico, tollerante, comprensivo e disponibile. A casa era un uomo chiuso, sospettoso, iroso, intollerante e cinico. Era un uomo spaventato. Perché quando accetti di far parte di questo mondo, o di queste organizzazioni, il prezzo da pagare è questo. Non hai la possibilità di difendere né te stesso, né la tua famiglia. Tutto è loro concesso e tu non puoi rifiutare ai gradi pari, o superiori, nulla. Sei, sostanzialmente, al loro servizio. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che ti viene tolta la dignità e la libertà. Diventi, niente di più e niente di meno, che uno schiavo strapagato. Uno schiavo che deve essere sempre pronto ad esaudire i desideri dell’organizzazione, qualunque essi siano, legali o no.Uno schiavo che non ha la possibilità di difendere neanche la sua famiglia, perché anche quella appartiene all’organizzazione. Uno schiavo che potrà chiedere grandi vantaggi anche per la sua famiglia, certo, ma che se attaccata dall’organizzazione non avrà la possibilità di difenderla. Anzi, se chiesta, sarà lui a doverla concedere. Sarai a conoscenza, quando addirittura non complice od esecutore, di reati che servono sia agli scopi dell’organizzazione sia per renderti uomo ricattabile. Dovrai scattare ad ogni loro richiamo. Dovrai sottostare a qualsiasi loro richiesta. Vivrai nel terrore di sbagliare, sapendo che la pena per tale errore è la più atroce. Ogni giorno vivrai con l’ansia che il telefono squilli, o che qualcuno arrivi nel tuo studio a farti l’ennesima richiesta oscena a cui tu dovrai obbedire; perché hai potere, certo, ma c’è sempre qualcuno sopra di te. Perché magari un giorno, se ti verrà chiesto, dovrai dare l’ordine di uccidere un uomo onesto, solo perché, svolgendo il suo lavoro, si è avvicinato pericolosamente a scoprire l’organizzazione di cui fai parte.E sarà difficile prendere sonno quella notte. Ma lo sarà ancora di più la notte seguente all’attentato che hai ordinato di fare, quando saprai che l’autobomba imbottita di tritolo ha ucciso anche una madre con i suoi due figli, colpevoli soltanto di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Sarà difficile quella sera rientrare a casa e vederti correre incontro tua figlia, che ha più o meno la stessa età dei bambini morti nell’attentato che hai ordinato, per un abbraccio. Sarà difficile, quasi impossibile, ricevere quell’abbraccio, perché quel contatto potrebbe farti pensare a quei bambini, i cui corpi sono stati ritrovati a decine di metri di distanza, spiaccicati sulla facciata di un palazzo, e farti crollare emotivamente. E allora, probabilmente, allontanerai con rabbia tua figlia, le impedirai qualsiasi contatto, lasciandola delusa e confusa. O forse passerai settimane intere tornando a casa tardi la sera, per essere sicuro che già dorma, per poi svegliarti la mattina quando è già uscita per andare a scuola.Negli anni questo stato ti porterà a chiuderti dentro una corazza, che ogni giorno si farà più stretta, fino a soffocarti. Perché denaro e potere non riescono a cancellare il fatto che ti hanno annullato come uomo, privandoti di dignità e libertà. E anche quando qualcuno dell’organizzazione causerà un danno alla tua famiglia e questa ti chiederà tutela, il non poterla dare, il non poter loro spiegare che quel danno, o quel reato, non può essere denunciato, sarà difficile. Perché tra voi non vi potete denunciare, in quanto considerate i tribunali dello Stato “tribunali profani”, indegni di giudicarvi. Cercherai scuse per non agire e, se la tua famiglia cercherà di tutelarsi da sola, arriverai perfino a rubare da casa i documenti che comprovano il reato per impedire la denuncia. E allora per la tua famiglia diventerai, nella migliore delle ipotesi, un uomo che causa sofferenza e incomprensioni.Sarà difficile reggere tutto ciò. Perché sarà difficile da reggere la recita in pubblico, sempre in tensione ad ogni persona che ti si avvicina e ti dice: “Sono un amico di….le posso parlare?”. Con una “corte” attorno a te di uomini che ti adulano, certo, ma che – tu sai perfettamente – aspettano solo un momento di tua debolezza per pugnalarti alle spalle e prendere il tuo posto, e il relativo potere, nell’organizzazione. E sarà difficile reggere le incomprensioni che il tuo atteggiamento ha causato in casa. Certo, cercherai disperatamente di compensare quelle incomprensioni con quel denaro tanto facile e immeritato che a fiumi ti viene fatto scorrere nelle tasche. Ma può capitare che alla tua famiglia non interessi tanto denaro, interessi avere un padre ed un uomo, ovvero quello che tu non sei più. E allora ogni giorno sarà una sofferenza per te e per chi ti sta accanto.Il momento peggiore, poi, sarà quando non riuscirai più a sopportare tutto ciò e cercherai un modo per uscirne, per trovare una scusa all’ennesima indecente richiesta. Sarà proprio allora che ti verrà ricordato che non sei libero di scegliere, e te lo ricorderanno nei modi peggiori. Magari faranno avvicinare tua figlia da qualcuno che le farà un discorso strano, che lei non sarà in grado di capire, ma che le verrà chiesto di riferirti, perché tu, invece, ne comprenderai perfettamente il significato. E allora inizierà il panico. Un panico incontrollato. E inizierai a tremare ogni qualvolta tua figlia uscirà di casa, ogni volta che ti racconterà di aver conosciuto un ragazzo. Reagirai con la tipica rabbia dettata dalla paura chiedendole di non vedere mai più quella persona, adducendo scuse a tale richiesta, scuse banali e per tua figlia incomprensibili. Questo allontanerà ancora di più tua figlia che, per vivere, inizierà a mentirti e a nasconderti la propria vita. Tutto ciò aumenterà ancora di più la tua paura e la tua sensazione di impotenza.Così avanzerai verso di lei pretese sempre più assurde, cercando di controllare ogni sua amicizia, ogni suo spostamento e, quando tua figlia ti chiederà spiegazioni per questo tuo comportamento, non saprai cosa dire. Perché probabilmente non avrai la forza di spiegarle che rischia la vita, che è pericoloso uscire con un ragazzo incontrato in discoteca, perché lei è usata come strumento di pressione e di ricatto perché tu obbedisca. Perché non potrai spiegarle che quella persona con cui lei ti dice aver passato una bella serata e che, conoscendoti, ti manda i suoi saluti, in realtà voleva farti sapere che è stato così vicino a tua figlia da poterla uccidere con una sola mano. Non potrai. Né potrai spiegarle che vive questa situazione perché tu hai scelto anni prima di avere potere e denaro per poter avere una bella casa, per poter avere incarichi che non meritavi, per non rispondere giudizialmente di eventuali errori nella tua professione, per poter fare le vacanze nei posti più esclusivi, per poter ottenere con facilità cose che non ti spettavano, ecc..Non potrai spiegarle che la sua vita appartiene ad altri perché tu volevi il potere. E non potrai spiegarlo perché, anche se tu trovassi la forza di farlo, sapresti perfettamente che non servirebbe a nulla, se non a far vivere nel panico anche i tuoi cari. E’ a questo punto che ti accorgerai di quanto ti sia costato quel potere, ma non potrai più tornare indietro. Non potrai più porre rimedio a quella scelta fatta per l’ambizione di arrivare dove altrimenti non saresti mai arrivato. Non avrai più via di scampo, come non ce l’avrà la tua famiglia, che vivrà in un incubo senza sapere perché. Nessun rapporto, solo recite in pubblico per la società, che tu obbligherai la tua famiglia a recitare con la paura e il ricatto, i soli strumenti che ti saranno rimasti avendo perso il loro amore, la loro stima e la loro fiducia. E neanche la tua morte salderà il conto, perché la tua famiglia sarà costretta a scegliere: se entrerà nell’organizzazione manterrà ciò che ha, se rifiuterà le verrà tolto tutto.Sì, perché le strutture che tu hai messo in piedi, siano aziende o studi professionali, sono strutture dell’organizzazione, e tu eri solo lo schiavo strapagato che le portava avanti, la cosiddetta testa di legno. Così, se la tua famiglia rifiuterà, le verrà tolto tutto. Se cercherà di ottenere ciò che ritiene suo, e che la legge dice esserlo, verrà massacrata (morte civile, calunnie, minacce, denunce pretestuose, ecc). Se poi un componente della tua famiglia, magari tua figlia, sceglierà di aiutare le persone che cadono vittime della tua organizzazione (e sono tante) perché, grazie alla sua esperienza di vita, vi conosce e riconosce, o cercherà di informare sul meccanismo del vostro potere, saprà che sarà un progetto che non potrà pianificare. Saprà che, probabilmente, una sera ci sarà qualcuno che, come tante volte hai fatto tu in passato, darà l’ordine di eliminare il problema. E l’esecutore, con rapidità ed efficienza, entrerà in azione assicurandosi che il decesso venga archiviato come incidente o suicidio. Questo è il prezzo del potere. Alle singole persone scegliere se vale la pena pagarlo. Io, ho scelto la libertà per poter, come ebbe a dire Paolo Borsellino: «sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità, e quindi della complicità».(Solange Manfredi, “Il prezzo del potere”, dal blog di Paolo Franceschetti del 20 novembre 2008).Paolo (Franceschetti) in questo blog ha scritto alcuni articoli su alcune associazioni esoteriche che hanno fatto sorgere tra i lettori confronti, a volte, anche accesi. Diverse persone hanno commentato gli articoli scrivendo le proprie esperienze, e non solo. Altri sono intervenuti per mettere in guardia dal “fascino” che dette associazioni possono avere su alcune persone. In ultimo, ieri, un’amica di Paolo, letto il suo ultimo articolo sulla Rosa Rossa, gli ha detto che leggerlo fa venir voglia di iscriversi, più che di combattere il fenomeno… fa venire voglia di dire “voglio anche io avere conoscenze superiori, voglio anche io avere potere”. Ed ecco il perché del mio intervento. Ho avuto la straordinaria (nel senso letterale del termine, ovvero fuori dall’ordinario) possibilità di vivere in una famiglia che tale potere aveva, inserita ai massimi livelli italiani. Per tale motivo ritengo opportuno dare la mia testimonianza sull’altra faccia di questo potere che tante persone può affascinare. Questo tipo di potere ha un costo enorme ed è quello della vita e della libertà tua e della tua famiglia. Certo, la mia famiglia aveva potere e denaro, ma a che prezzo cercherò di spiegarvelo nel modo più semplice.
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Psyops: come ci hanno manipolato e ingannato per 70 anni
Un percorso da brividi. Proprio così: questo il testo predisposto da Solange Manfredi con la redazione di “Psyops”. Un percorso ben documentato, che suscita ripetutamente il brivido di una conferma lungamente attesa: «Ma allora era proprio così, non ero uscito di senno…». In tanti avevamo sospettato, in parte anche saputo per esperienza diretta, di essere oggetto di trame per condizionarci in certe direzioni di scelta politica. E avevamo compreso che potenze straniere, spesso legate ad oscuri poteri manipolatori, avevano “talvolta” operato per influenzarci. E come sempre tutti i grandi media, gli accademici “riconosciuti” e le persone “sensate”, ribattevano con grande sicurezza che non era così. Che tutto era trasparente, e che questo era il solito “complottismo” privo di fondamento. Un coretto così diffuso e “autorevole” da insinuarci talvolta qualche dubbio… Ma era solo l’antico coretto plaudente degli inconsapevoli condizionati o dei servi del potere. Da questo rigoroso studio di Solange Manfredi emerge invece con forza qualcosa di ben più solido del momentaneo sospetto: la certezza che il disegno di manipolazione delle masse, delle classi politiche e delle dirigenze italiane è un vero e proprio, costante modus operandi.Sempre in funzione di condizionamento e stravolgimento delle regole e dei principi di democrazia. E per nulla sporadico. E che a questo gioco perverso si sono prestate schiere di traditori del loro paese e della propria coscienza, spesso dentro le strutture dello Stato. Talmente “dentro” da risultare normalmente del tutto, ancora, impuniti. Se i cittadini o i politici si orientano liberamente in certi modi, c’è sempre qualcuno che fa di tutto per porli nelle condizioni di scegliere diversamente, in direzioni che corrispondono non agli interessi o alle autonome opzioni dei cittadini, ma ai disegni schiavizzanti dei grandi poteri di manipolazione che si muovono dietro le quinte. E questo avviene di norma nella pressoché totale impunità e senza badare ai mezzi che freddamente e cinicamente si adoperano: corruzione, stragi, bombe, omicidi, terrorismo… persino guerre. Si creano tensioni e inimicizie che non esistevano, si imbrogliano generazioni di ragazzi, di cittadini e di politici con falsi problemi, false ideologie, falsi leader, falsi profeti, falsi schemi mentali. E ad organizzare queste trame, personaggi spesso oscuri ma insolitamente potenti, una strana commistione tra esoterismo deteriore, capacità di corruzione, affarismo e profili morali bassissimi.E sono loro a cucire insieme ordini oscuri, servizi segreti, ideologie depravate, ragazzi immaturi, servitori deviati dello Stato, carrieristi politici senza scrupoli, industriali e finanzieri impauriti o affamati, giornalisti venduti, pezzi di logge massoniche e di ordini religiosi. Per eseguire precise strategie di manipolazione che come primo obiettivo hanno quello di ridurre gli spazi di crescita e di libertà delle nostre coscienze. Perché rimangano schiave di quegli stessi antichi poteri che, pur cambiando di epoca in epoca volti e modalità, proprio grazie alle catene psichiche che ci opprimono continuano a dominare il mondo della politica, della scienza, della cultura e dell’economia. Ecco, sono proprio queste “catene psichiche” – che noi normalmente già nutriamo nella nostra vita individuale – che gli stessi poteri amplificano e sfruttano in modo raffinato, freddo e calcolato.Aggiungendo al momento opportuno paure, ansie, seduzioni, con quegli antichi meccanismi che ora gli anglosassoni – amanti delle sigle e delle abbreviazioni – chiamano Psyops, Psychological Operations. Questo libro documenta con chiarezza come questo sia avvenuto con costanza e pervicacia per settanta anni della nostra storia recente, e getti ancora un’ombra sinistra sul presente e sul futuro, facendo sorgere un’ovvia domanda: lo stanno facendo anche adesso? Nulla è cambiato nelle strutture di potere, che stanno anche ora continuando a manipolare le nostre coscienze con gli stessi intenti, e certamente continueranno a farlo. Basta guardarsi intorno con occhi lucidi e pensiero libero per rendersene conto. Volti e temi nuovi sono solo le maschere aggiornate di vecchissimi poteri. Sia negli schieramenti di maggioranza che nelle opposizioni, che vengono accuratamente selezionate, condizionate o create per alimentare il gioco della manipolazione, come risulta ottimamente documentato dal testo di Solange Manfredi.E le efficaci manovre occulte dell’ineffabile spia crowleyana Cambareri traggono alimento da una ideologia “mondialista” che si ritrova decenni dopo nelle motivazioni occulte dell’assassinio di Aldo Moro, e tuttora nei pesanti condizionamenti eurocentrici alla sovranità delle democrazie europee. La firma dietro le manovre di Cambareri appare la stessa che è dietro al caso Moro e alle pesanti spinte accentratrici odierne. Esiste una qualche possibilità di difendersi da queste manovre? Certamente, e risiede nelle stesse coscienze che vengono da sempre aggredite per essere schiavizzate e vampirizzate. Quelle stesse coscienze possono informarsi, scoprire le manipolazioni, destarsi, resistere, decidere liberamente del proprio destino… E proprio in questi anni stanno cominciando a farlo in numeri ancora minoritari ma crescenti, sempre più difficili da manipolare. Solo questo renderà “un giorno” le Psyops inutili, e noi più liberi.(Fausto Carotenuto, “Psyops, un importante libro rivelatore di Solange Manfredi – da leggere”, dal blog “Coscienze in Rete” del 20 giugno 2014. Il libro: Solange Manfredi, “Psyops”, ovvero “70 anni di guerra psicologica in Italia: come ci hanno manipolato, messi l’uno contro l’altro e mandato in guerra, per controllarci meglio”, edito da “Narcissus.me”, disponibile in ebook a euro 9,99 e in versione cartacea a euro 17,30. Propaganda, provocazioni, falsi incidenti e false flag terroristiche: il libro affronta un vasto arco storico, dalla Prima Guerra Mondiale al Trattato di Lisbona, attraverso Rivoluzione Russa e Trattato di Versailles, Seconda Guerra Mondiale, mafia e massoneria, Portella della Ginestra, l’attentato a Togliatti, il Piano Solo e la strategia della tensione, il golpe Borghese e gli opposti estremismi, il golpe Sogno, le Br e il sequestro Moro, Tangentopoli e la fine della Prima Repubblica, fino all’instaurazione dell’Eurozona).Un percorso da brividi. Proprio così: questo il testo predisposto da Solange Manfredi con la redazione di “Psyops”. Un percorso ben documentato, che suscita ripetutamente il brivido di una conferma lungamente attesa: «Ma allora era proprio così, non ero uscito di senno…». In tanti avevamo sospettato, in parte anche saputo per esperienza diretta, di essere oggetto di trame per condizionarci in certe direzioni di scelta politica. E avevamo compreso che potenze straniere, spesso legate ad oscuri poteri manipolatori, avevano “talvolta” operato per influenzarci. E come sempre tutti i grandi media, gli accademici “riconosciuti” e le persone “sensate”, ribattevano con grande sicurezza che non era così. Che tutto era trasparente, e che questo era il solito “complottismo” privo di fondamento. Un coretto così diffuso e “autorevole” da insinuarci talvolta qualche dubbio… Ma era solo l’antico coretto plaudente degli inconsapevoli condizionati o dei servi del potere. Da questo rigoroso studio di Solange Manfredi emerge invece con forza qualcosa di ben più solido del momentaneo sospetto: la certezza che il disegno di manipolazione delle masse, delle classi politiche e delle dirigenze italiane è un vero e proprio, costante modus operandi.
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Medusa è il potere: se lo guardi ti pietrifica, succede a tutti
Per poter gestire la cosa pubblica bisogna essere formati, e formati molto bene. Questo gli antichi lo sapevano, ci hanno avvertito, ma è un sapere che ci è stato completamente tolto. Il potere è una delle cose più pericolose da maneggiare. Non si presenta mai come tale, ma indossa sempre dei panni – di prestigio, ambizione, ascendente, reputazione, carisma, decisione. Ha sempre una maschera, e i greci lo sapevano bene: il mito della Medusa lo descrive molto bene. La Medusa era il potere, il nome si riferisce a colei che domina, sovrana, ed è una combinazione tra umano e bestiale tra le più terrifiche. Insieme a Steno e Euriale è una delle tre Gorgoni. Secondo il mito, avevano il potere di pietrificare chiunque avesse incrociato il loro sguardo. E, delle tre, Medusa era l’unica a non essere immortale. Solitamente venivano rappresentate con le ali d’oro, le mani con artigli di bronzo, il volto leonino, zanne da cinghiale, orecchie allargate – gli attributi simbolici di tutte le metafore zoomorfe del potere. E il loro potere mortale era nello sguardo. La Medusa era tutta mostruosa, ma concentrava negli occhi la sua arma fondamentale: fissare la Medusa significava perdersi, trasformarsi in pietra dura, opaca.Cosa voleva dire, il mito? Attenzione: il potere possiede quasi un incantesimo. E quindi, nel momento in cui tu guardi e non sei formato, non sei protetto, perdi te stesso. Perdi la tua capacità di guardare, di avere uno sguardo proprio, di appartenerti. La Medusa è disumana, ed è in grado di disumanizzare chi vi entra in relazione. E infatti chi uccide la Medusa? Perseo, perché è formato e protetto: ha lo scudo di Atena, i calzari alati offerti da Ermes. Perseo è colui che doma le potenze infere, la natura selvaggia del potere. La conoscenza non è altro che scudo e consapevolezza: solo chi è formato può resistere al potere, può andare in un posto di potere e non perdersi, una volta raggiunto il potere. Se non sei formato, puoi essere anche la persona con le migliori intenzioni del mondo, ma verrai pietrificato.Tanto è forte, questo insegnamento, che addirittura a Dante, nel nono canto dell’Inferno, quando incontra le Gorgoni, Virgilio dice di chiudere gli occhi; non sicuro che Dante tenga davvero gli occhi chiusi, gli chiude gli occhi lui stesso, con le mani, perché sa che le Gorgoni sono pericolosissime. Virgilio mette proprio le mani sugli occhi di Dante e gli dice: volgiti indietro e tieni il viso chiuso, perché se la Gorgona si mostrasse e tu la vedessi, nulla potrebbe più tornare come prima, saresti perso per sempre. E subito dopo c’è quel famoso verso, che poi ognuno interpreta un po’ come vuole, dove Dante, appena dopo l’avvertimento di Virgilio, dice: “O voi ch’avete li ‘ntelletti sani, mirate la dottrina che s’asconde sotto ‘l velame de li versi strani”. Come dire: se un giorno avrai intenzione di ricoprire una carica importante, e quindi andare in un posto di potere a fare determinate cose, potrai essere la persona migliore del mondo e avere le intenzioni migliori del mondo, ma se non sei formato sarà un disastro, per te ma soprattutto per gli altri.Noi oggi questo non lo sappiamo, e quindi puntiamo sui giovani. Brave persone? Bene, ci fa piacere, ma sono anche adeguati? Bisogna essere formati, e bisogna avere esperienza. Siamo abituati a visitare New York sul computer; ma passeggiarci davvero, a piedi, è un’altra cosa. Queste sono tutte saggezze che a noi sono state tolte. Anzi, ci fanno credere il contrario: ci fanno credere che oggi il mondo dev’essere dei giovanissimi, e che a 25 anni sei già vecchio. “Largo ai giovani”, che non sono formati. E pur essendo persone meravigliose, quando arrivano in determinati posti vengono stritolati: si perdono. Questa è una saggezza tramandata ovunque, da Omero in poi, dal IX secolo avanti Cristo. Ma poi a noi hanno iniziato a cambiare il modello di insegnamento, perché noi non dovevamo più formare uomini, ma creare lavoratori.(Solange Manfredi, dichiarazioni rilasciate nel corso della diretta web-radio di “Forme d’Onda” del 4 maggio 2017).Per poter gestire la cosa pubblica bisogna essere formati, e formati molto bene. Questo gli antichi lo sapevano, ci hanno avvertito, ma è un sapere che ci è stato completamente tolto. Il potere è una delle cose più pericolose da maneggiare. Non si presenta mai come tale, ma indossa sempre dei panni – di prestigio, ambizione, ascendente, reputazione, carisma, decisione. Ha sempre una maschera, e i greci lo sapevano bene: il mito della Medusa lo descrive molto bene. La Medusa era il potere, il nome si riferisce a colei che domina, sovrana, ed è una combinazione tra umano e bestiale tra le più terrifiche. Insieme a Steno e Euriale è una delle tre Gorgoni. Secondo il mito, avevano il potere di pietrificare chiunque avesse incrociato il loro sguardo. E, delle tre, Medusa era l’unica a non essere immortale. Solitamente venivano rappresentate con le ali d’oro, le mani con artigli di bronzo, il volto leonino, zanne da cinghiale, orecchie allargate – gli attributi simbolici di tutte le metafore zoomorfe del potere. E il loro potere mortale era nello sguardo. La Medusa era tutta mostruosa, ma concentrava negli occhi la sua arma fondamentale: fissare la Medusa significava perdersi, trasformarsi in pietra dura, opaca.
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Il Pentagono: Putin disobbedisce a Obama perché è malato
Putin disobbedisce agli Usa e si rifiuta di scondinzolare davanti allo Zio Sam come fanno gli europei? Normale: è malato. Il presidente russo soffrirerebbe infatti di “Sindrome di Asperger”, leggera forma di autismo che può alterare il carattere, accentuando le tendenze narcisistiche. Lo afferma una certa Brenda Connors, “esperta” di un centro studi militare statunitense, l’“Us Naval College” di Newport. Problema: il “dossier” risale al 2008, ma il mainstream lo ha riciclato proprio ora, mentre Putin – dopo aver fatto da scudo alla Siria che stava per essere attaccata – è letteralmente assediato dagli Usa alle frontiere con l’Ucraina, sottoposto a minacce e pressioni e colpito dalle sanzioni economiche che gli Stati Uniti hanno costretto ad adottare, contro Mosca e contro gli stessi interessi europei. «Certo, dare oggi in pasto alla stampa mondiale questo dossier del 2008 non serve a distendere il clima e a rendere Putin collaborativo e disponibile», osserva Solange Manfredi sul blog di Paolo Franceschetti. «La provocazione è evidente, e questa terribile arma di guerra psicologica – fin troppo spesso usata in passato e che non ha mai prodotto risultati positivi, ma solo inutili stragi – è oggi nuovamente in campo», sfoderata proprio alla vigilia dei delicati negoziati di Minsk.La sensazionale bufala su Putin «arriva dall’America, per la precisione da esperti del Pentagono». Già in passato, ricorda la Manfredi, esperti americani si sono lanciati in simili imprese, «ovvero operazioni di guerra psicologica che hanno avuto il supporto di pubblicazioni scientifiche». Un esempio? Basti pensare a quando, negli anni ’60, la Cia cominciò a demolire i giovani in rivolta, demolizzandoli e rimpiendoli di droga. Obiettivo, «ridurre l’attivismo politico di quella parte di popolazione giovanile che rivendicava i propri diritti e chiedeva la pace nel mondo, condannando implicitamente non solo la forma economica spietatamente liberista, improntata al consumismo sfrenato, ma anche i conflitti esteri che vedevano coinvolto l’esercito degli Stati Uniti». La Cia, spiega Solange Manfredi, attivò un protocollo che constava di tre punti fondamentali: distribuire droghe letali, presentare i giovani ribelli come veri e propri mostri fanatici e sostenere, attraverso i media, che la loro avversione alla guerra in Vietnam dipendesse da lesioni cerebrali loro inferte dall’abuso di stupefacenti.Dopo aver indondato il mercato giovanile di nuove droghe, scrive Manfredi, l’intelligence Usa organizzò «una concomitante campagna stampa che si occupò di ritrarre i giovani in maniera tale che le rivendicazioni legittime si trasformassero, a livello di comunicazione, in un’imposizione frenetica di godimenti, droghe e coiti». Col tempo, «le provocazioni, amplificate e banalizzate dai media», si sarebbero accomodate nella memoria collettiva «ben più delle ispirazioni da cui i movimenti erano partiti». Poi, furono usati «giornalisti vicini agli ambienti dei servizi» perché diffondessero nella società americana «la convinzione che il dissenso giovanile e la contrarietà alla guerra in Vietnam nascessero da giovani menti alterate dell’Lsd». La tesi: l’assunzione di questa sostanza induce danni cromosomici. Così si crea il “supporto scientifico” destinato a sostenere l’affermazione secondo cui il dissenso politico non è espressione di libero pensiero, ma è una vera propria patologia visto che proviene in realtà da una devianza genetica.«Tutte queste azioni di “psyops”, se da un lato permettono di innescare facilmente scontri tra le varie fazioni durante le campagne elettorali per influenzare l’esito del voto, dall’altro alimentano una rabbia e una violenza tra i militanti che diviene sempre più difficile da controllare dalla dirigenza dei vari partiti», scrive la stessa Solange Manfredi nel saggio “Psyops”, riguardo all’operazione di guerra psicologica denominata “Blue Moon”, per sommergere di droghe anche i giovani europei. «La Cia, che dopo anni di studi e ricerche aveva fatto largo uso di droghe in varie operazioni», non ebbe dubbi su come ridurre l’attivismo politico dei ragazzi anche in Europa: «Diffondere sostanze stupefacenti tra i giovani come, sin dal 1965, attuato negli Stati Uniti». Lo confermò Roberto Cavallaro, agente del Sid “parallelo” in quota alla Nato: dal 1972, l’operazione “Blue Moon” doveva invadere di droga gli ambienti giovanili «al fine di provocarne la destabilizzazione, ridurne l’impegno politico e renderli facilmente manipolabili». Gli stessi “esperti”, oggi, pretendono di spiegare che Putin non obbedisce a Obama solo perché è “malato”. Del resto, per gli organizzatori delle “psyops”, il dissenso non è nient’altro che una devianza patologica.Putin disobbedisce agli Usa e si rifiuta di scondinzolare davanti allo Zio Sam come fanno gli europei? Normale: è malato. Il presidente russo soffrirerebbe infatti di “Sindrome di Asperger”, leggera forma di autismo che può alterare il carattere, accentuando le tendenze narcisistiche. Lo afferma una certa Brenda Connors, “esperta” di un centro studi militare statunitense, l’“Us Naval College” di Newport. Problema: il “dossier” risale al 2008, ma il mainstream lo ha riciclato proprio ora, mentre Putin – dopo aver fatto da scudo alla Siria che stava per essere attaccata – è letteralmente assediato dagli Usa alle frontiere con l’Ucraina, sottoposto a minacce e pressioni e colpito dalle sanzioni economiche che gli Stati Uniti hanno costretto ad adottare, contro Mosca e contro gli stessi interessi europei. «Certo, dare oggi in pasto alla stampa mondiale questo dossier del 2008 non serve a distendere il clima e a rendere Putin collaborativo e disponibile», osserva Solange Manfredi sul blog di Paolo Franceschetti. «La provocazione è evidente, e questa terribile arma di guerra psicologica – fin troppo spesso usata in passato e che non ha mai prodotto risultati positivi, ma solo inutili stragi – è oggi nuovamente in campo», sfoderata proprio alla vigilia dei delicati negoziati di Minsk.