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Archivio del Tag ‘speculazione’

  • Magaldi: basta fiabe su Trump, da Leonardo a Q-Anon

    Scritto il 12/1/21 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Leonardo non è direttamente in grado di operare in termini fraudolenti negli Usa, così come altri invece potrebbero aver fatto. E’ un mito, questa storia in base a cui Renzi, Leonardo e altri avrebbero partecipato ai brogli in danno di Trump. Ogni mito nasconde un elemento di verità, che qui però è alla luce del sole: a suo tempo, Renzi si è legato al carrozzone di Obama e dell’ambiente “dem”. Renzi non ha più il potere di un tempo ma è rimasto un player della politica italiana: la sua azione è stata all’origine della formazione del governo Conte-bis. Oggi mette in difficoltà Conte, prova a rimodulare la maggioranza e cerca di ritagliarsi uno spazio anche in ambito internazionale: la sua più grande ambizione sarebbe quella di arrivare a fare il segretario generale della Nato, e quindi coltiva i suoi rapporti statunitensi. Ma di qui a fare questa piroetta abbastanza surreale, per cui sarebbe stato Renzi il grande burattinaio che avrebbe operato attraverso Leonardo, ce ne corre. Se non ci piace Renzi, non per questo dobbiamo pensare che improvvisamente diventi un genio del male che architetta con Leonardo una congiura nei confronti di Trump: sta’ a vedere che i nemici di Trump avevano bisogno di Renzi e di Leonardo, per fargli le scarpe.
    Agli italiani che si dicono solleciti nella difesa dell’interesse nazionale, ricordo che Leonardo (ex Finmeccanica) insieme ad Eni e Enel è l’unico strumento con cui ancora il sistema-Italia fa un briciolo di politica estera. La Farnesina è un luogo di perdigiorno: ormai da anni non c’è più un ministro degli esteri all’altezza, con un minimo di visione del ruolo dell’Italia. Escludo l’ipotesi che Leonardo abbia avuto parte in un’azione contro Trump: Leonardo peraltro è stata sottoposta a “balletti” in Borsa e ad azioni ostili da diversi ambienti. E sarebbe più serio parlare proprio di questo: da sempre esistono cordate
    sovranazionali ostili all’opera di Leonardo, ex Finmeccanica. Ogni volta che si tira in ballo in modo improprio Leonardo, si fa un danno al sistema-paese. Insomma, è il momento di parlare in modo serio. Avendo già messo a nudo il back-office del potere nel saggio “Massoni”, vorrei distinguere nettamente la mia narrazione, forte come un pugno nello stomaco ma rigorosa, basata su fonti ben selezionate, da quella di chi invece parla a vanvera. Il mio libro è severo: tanto verso l’affabulazione mainstream quanto verso il cospirazionismo dei complottisti, che inventano una cazzata al giorno.
    Voglio sottolineare quanto male ha fatto, allo stesso Trump e all’intera polemica politica negli Stati Uniti, tutta la messinscena di Q-Anon: una stronzata sesquipedale, che è diventata oggetto di dibattiti e persino fonte della morte di qualcuno, di recente, e dell’elezione di qualche citrullo nel nuovo Congresso americano. Da Q-Anon, così come da tutta una filiera priva di etichette troppo precise, Trump è stato raccontato come un capo-popolo che improvvisamente irrompeva sulla scena, impegnato contro il Deep State e una cupola mondiale di pedo-satanisti, con tutta una previsione di arresti imminenti. Previsioni sempre regolarmente smentite, ma nonostante ciò questa narrativa è continuata. L’ha creata Trump, questa cosa? Direi proprio di no. Trump si è trovato questa polpetta avvelenata e l’ha accarezzata, ritenendo di poter proseguire nella mitopoiesi su cui nasce la sua candidatura vincente del 2016. Vorrei ricordare che Steve Bannon, di professione, faceva lo sceneggiatore: e ha creato una sapiente sceneggiatura politica, per Trump, che però poi ha vinto sulle cose, sulla sostanza. E’ riuscito a captare il voto di importanti segmenti produttivi, di operai, di aziende che rischiavano di andare a ramengo, qualora avesse sposato con troppa facilità la visione “green” dei democratici, di Hillary Clinton e di tante anime belle.
    E’ giusto farla, la svolta “green”, se però tu garantisci l’adeguato ristoro, a quei settori produttivi che finirebbero a gambe all’aria. Devi dire: ti accompagno alla pensione, se ho deciso di mettere fuori uso l’estrazione del carbone. Devo avere un piano pubblico, importante, di tutela e riassorbimento della forza lavoro. Ecco: è in quell’elettorato, che Trump ha fatto breccia, e in generale in una classe media americana che è stata macellata, negli Usa come nel resto dell’Occidente, dalla competizione taroccata da parte del sistema-Cina. E’ lì che Trump ha vinto. Steve Bannon ha condito questa cosa con una serie di ingredienti anche poco utili, secondo me. Comunque sia, in capo a pochi mesi Trump ha licenziato Bannon. Ma poi si è lasciato irretire dalla narrazione di Q-Anon, nonché dai latrati reazionari e tradizionalisti dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Ora, si può e si deve criticare un Bergoglio che ha preso una brutta china, non all’altezza delle promesse: ma la fumosità e l’inconcludenza del riformatore Bergoglio, per di più disposto a fare inaudite concessioni alla dittatura cinese, non è che ci deve gettare tra le braccia del tradizionalismo reazionario, antimoderno e antimassonico, clericale e antisecolare di Viganò.
    Eppure, anche lì, Trump ha ringraziato Viganò, non capendo che anche quella polpetta avvelenata gli avrebbe alienato moltissimi voti cattolici, negli Stati Uniti. Trump queste cose non le ha create: se l’è trovate, e ha creduto di poterle utilizzare. Ha fatto male, perché la chiave vincente di Trump stava nel riuscire a convincere un elettorato progressista, stanco delle finzioni dei democratici, di un’assenza di sostanza all’altezza della grande tradizione del partito democratico, che non è più quello di Roosevelt e dei Kennedy. E invece di cercare di accattivarsi quell’elettorato, Trump si è radicalizzato in una narrativa che è quella dei fuori di testa, degli “sciamani con le corna” ossessionati dai pedo-satanisti, che forse avrebbero bisogno di uno psichiatra (un medico che magari gli spiegherebbe che il pedo-satanista forse vive dentro di loro, sia pure a loro insaputa). E insomma: Trump si è lasciato fotografare, in qualche modo, in un ritratto di famiglia, accanto a personaggi che avrebbbe dovuto tenere ben lontani da sé. Da ultimo, il 6 gennaio, ha lasciato che le cose accadessero: quasi è stato a vedere cosa potesse succedere.
    E’ chiaro che quello che è accaduto a Capitol Hill, a un certo punto, potrebbe persino esser stato pilotato dai nemici di Trump per poter finalmente cogliere sul fatto questi facinorosi e dire: ecco finalmente il vero volto del puzzone Trump, estraneo al sistema democratico. Cosa che Trump non è stato: ha operato molto bene in politica estera e sul piano economico, e senza la pandemia dolosa avrebbe stravinto le elezioni. Inoltre, Trump non ha attivato quella opzione – che sarebbe stata spericolata, ma ancora costituzionale – dell’imposizione della legge marziale, nel caso di brogli, ove vi fosse stato un intervento di potenze straniere. In quel caso, in termini di Costituzione americana, avrebbe proabilmente potuto fare qualcosa di incisivo, in questa vicenda. Invece ha lasciato che montasse un clima velleitario (perché i golpe si fanno o non si fanno), e invece avrebbe dovuto operare – dentro i dettami della Costituzione – in modo incisivo e serio. Non l’ha fatto, e anche in questa tragicomica vicenda dell’assalto al Congresso ha offerto il fianco alla demonizzazione: non solo quella preventiva, che c’è sempre stata, ma anche a quella postuma, che però adesso si fonda su immagini trasmesse in mondovisione.
    Trump ha peccato di indecisione, di scarsa lucidità e di scarsa lungimiranza. Non so se avrà un’altra occasione. Certamente, se dovesse averla, farà bene a riconsiderare la sua proposta politica, magari attestandosi su quella che è la sua vera identità: Trump non è né un suprematista bianco, né un razzista, né un reazionario. E’ un magnate newyorkese, un bon vivant che ha frequentato ambienti progressisti ed è stato anche nel partito democratico americano. Ha poco da guadagnare, dalla china che ha preso la sua figura nell’immaginario collettivo. I nemici che ha sempre avuto, nel partito repubblicano, adesso sono particolarmente virulenti e cercheranno di nuocergli il più possibile: i più grandi nemici di Trump non sono tra i democratici, ma tra i repubblicani. E in questa storia, ripeto, Renzi e Leonardo c’entrano davvero molto poco. Vorrei che tutti coltivassero il dubbio e il senso critico. Nelle elezioni americane, i brogli sono una cosa quasi consustanziale. Quanti brogli, chi li abbia fatti e come: se questo deve essere uno strumento di contestazione del risultato elettorale, i brogli vanno provati.
    La stessa Corte Suprema aveva una maggioranza schiacciante di persone vicine a Trump: eppure ha respinto il ricorso principe che è stato avanzato. Questo non vi dice nulla? Io avrei gradito che Trump fosse rieletto, al netto di tutti gli errori coi quali lui stesso è caduto nelle mille trappole che gli sono state tese. Ma cerchiamo di essere razionali, guardiamo innanzitutto ai fatti: uno di questi è l’emergenza sanitaria. Proprio la pandemia ha creato, nell’opinione pubblica americana, una migrazione di consensi: un presidente che sarebbe stato rieletto facilmente è invece crollato, in molti casi, nei consensi. Non ha saputo gestire bene nemmeno la protesta dei Black Lives Matter: indubbiamente strumentalizzata dai nemici di Trump, ma lui c’è caduto con tutte le scarpe. Cerchiamo di essere seri: sforziamoci di pensare, di utilizzare più fonti e di metterle in confronto tra loro. Scegliamo la “gnosi”, cioè la conoscenza, e non la “pistis” fideistica. In troppi parlano senza sapere quello che dicono: ma per ammaestrare gli altri serve la formazione di una competenza, di un’esperienza. Un invito che rivolgo a tutti: meno parole, per favore, e più fatti.
    (Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate nella diretta web-streaming “Gioele Magaldi Racconta”, condotta su YouTube l’11 gennaio 2021 da Fabio Frabetti di “Border Nights”).

    Leonardo non è direttamente in grado di operare in termini fraudolenti negli Usa, così come altri invece potrebbero aver fatto. E’ un mito, questa storia in base a cui Renzi, Leonardo e altri avrebbero partecipato ai brogli in danno di Trump. Ogni mito nasconde un elemento di verità, che qui però è alla luce del sole: a suo tempo, Renzi si è legato al carrozzone di Obama e dell’ambiente “dem”. Renzi non ha più il potere di un tempo ma è rimasto un player della politica italiana: la sua azione è stata all’origine della formazione del governo Conte-bis. Oggi mette in difficoltà Conte, prova a rimodulare la maggioranza e cerca di ritagliarsi uno spazio anche in ambito internazionale: la sua più grande ambizione sarebbe quella di arrivare a fare il segretario generale della Nato, e quindi coltiva i suoi rapporti statunitensi. Ma di qui a fare questa piroetta abbastanza surreale, per cui sarebbe stato Renzi il grande burattinaio che avrebbe operato attraverso Leonardo, ce ne corre. Se non ci piace Renzi, non per questo dobbiamo pensare che improvvisamente diventi un genio del male che architetta con Leonardo una congiura nei confronti di Trump: sta’ a vedere che i nemici di Trump avevano bisogno di Renzi e di Leonardo, per fargli le scarpe.

  • Trump “usato e gettato” per rottamare speranze: le nostre

    Scritto il 10/1/21 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Negli anni prima di Trump, la successone di presidenti orribili (i Bush, Clinton, Obama) aveva stancato il popolo americano. Non ne poteva più del loro interventismo globalista, che sacrificava gli stessi interessi degli Stati Uniti, favorendo la Fed e il militarismo. E allora che cosa si fa, in questi casi? Si prende un personaggio “nuovo”, che possa sembrare antipolitico (come il nostro Berlusconi). Ad agire è sempre lo stesso Deep State, che dice: devo poter tornare ad avere i miei “mercenari”, quei soggetti che hanno governato finora. Sono famiglie, gruppi, massonerie, personaggi dipendenti da certi ordini religiosi: preparati per lunghi anni, bravissimi a fare le politiche mondialiste di schiavizzazione, di alterazione della cultura, di elettromagnetizzazione del mondo. Solo che la gente, a un certo punto, non si fida più. E allora il potere dice: facciamo finta che ne venga fuori uno “nuovo”. Deve avere però una caratteristica: dev’essere ridicolizzabile, strano, pieno di vizi. Dev’essere criticabile: perché, dal giorno in cui andrà al potere, dovrà essere criticato. Si dovrà poter dire: è vero che ha sposato tanti temi buoni, o quantomeno popolari e contrari a tutte le malafette del potere, ma noi intanto cominciamo a “sporcarlo”. Vuoi vedere che, “sporcando” lui, prima o poi riusciamo a sporcare anche quei temi che la gente ha sposato?
    Vuoi vedere che, così facendo – ragiona il potere – un po’ alla volta la gente tornerà ai nostri temi? Ma intanto, dicono, mandiamolo avanti: perché la gente sta uscendo dall’ovile, e nell’ovile la dobbiamo riportare. Allora cosa serve? Un incantatore: ed ecco Trump. Così come Grillo ha avuto il ruolo di incantatore, da noi. I temi dei 5 Stelle, peraltro, erano migliori di quelli di Trump: meravigliosi, libertari. Trasparenza, scoperchiamo i palazzi, no ai vaccini, niente Tav né Tap. Come è andata a finire, lo si è visto. Ma la manovra è riuscita: mandi avanti il comico, rompi i problemi, crei un seguito di persone e poi tradisci la causa. Nel 2016, in America l’operazione parte nello stesso modo. Trump fa mosse populiste: sugli immigrati, sulla speculazione creata attorno al problema climatico. Si rende conto della minaccia cinese e della vera minaccia atomica iraniana, e le combatte. Ma tutto viene sempre ridicolizzato, dai grandi media: quello è uno col ciuffo biondo, è strano, si appoggia alla destra estremista. Come fa, a essere credibile? E poi: chissà come ha fatto i soldi, probabilmente è stato aiutato da Putin, eccetera. Tutti elementi potenzialmente veri: lui infatti è stato scelto proprio perché ricattabile. Così come, a suo tempo, Berlusconi.
    Al che, fin dal primo giorno, si passa a erodere incessantemente il suo consenso. Probabilmente il consenso c’è ancora, e le elezioni sono state truccate: poco o tanto, le elezioni sono sempre truccate. Ma c’è un problema: Trump resiste. Lo fa perché ha capito, o perché non ha ancora capito? Io temo che non abbia capito, perché non è un’aquila. Ma resiste: fa cose che piacciono alla gente, ma non al potere. Se la prende con la Fed, controllata in fondo dai Rothschild e dai loro alleati della finanza internazionale. Se la prende con la Cina, che – per i poteri oscuri – è destinata ad essere il nuovo strumento imperialista mondiale. Se la prende con gli eccessi della propaganda mondialista (Greta Thunberg) sul ruolo umano nel riscaldamento climatico. Trump non vuole l’immigrazione incontrollata, e la gente lo approva: ma anche qui il presidente esagera – nelle forme, nello stile – e così viene attaccato. Però rimane fedele a queste idee: vuole rimettere in piedi l’America, a partire dall’industria nazionale.
    Ma un po’ alla volta gli scandali, il ridicolo, determinano un’erosione che lo indebolisce, producendo un risultato sul quale poi, alle elezioni, non è difficile intervenire. Conteggi strani, schede fantasma: nulla è impossibile, per il Deep State. Tutto poi viene “sistemato” dalla magistratura, che è uno dei principali strumenti di controllo di cui il Deep State dispone. Le magistrature occidentali, in genere, fanno giustizia solo se la giustizia colpisce l’avversario della corrente dominante. E siamo ai giorni nostri: Trump, pensano, bisogna portarlo in una trappola. Una trappola che lo “sporchi” totalmente: così, “sporcando” lui, “sporchermo” anche tutti i temi (persino quelli “buoni”) che sono contro i mondialisti, i democratici, i gesuito-massonici. Come dire: non ce l’abbiamo con Trump, ce l’abbiamo con quei temi dei quali l’opinione pubblica si stava innamorando. Quelli, vogliamo abbattere, se vogliamo riportare la gente ad apprezzare le politiche degli avversari di Trump (perché sono più tranquilli, più buoni, in apparenza più puliti): non faranno neppure caso, al ritorno delle vecchie politiche. Non piaceranno, ma penseranno: Trump era peggio.
    Per fare questo, occorre montare un’ultima pantomima, forte ed efficace. E allora si sfrutta la campagna elettorale: Trump si rivolge sempre più alle frange estremiste (Q-Anon, Proud Boys), cioè la destra eversiva e ridicola, capace di spaventare un po’ anche l’opinione pubblica repubblicana. Si evidenzia un aspetto estremista, quasi nazista, e le facce dure di quel poveraccio di Trump aiutano, a dipingerlo come un Hitler col ciuffo biondo: un pericolo, per la democrazia. Ma quale pericolo, se quand’era alla Casa Bianca il Deep State gli impediva di fare quasi tutto, costringendolo a cambiare continuamente consiglieri e ministri? Nessuno, in fondo, faceva quello che diceva lui: erano tutti più fedeli al Deep State tradizionale, che non al presidente. Quindi: gli si lascia gonfiare le manifestazioni affollate da questi quattro gatti ridicoli, presentati come pericolossimi, e poi – dopo che tutti i giudici hanno fatto fallire i tentativi di Trump di ribaltare legalmente il risultato delle elezioni – arriva il giorno clou, quello della certificazione parlamentare, dopo la quale non si potrà fare più nulla. Trump che fa? Annuncia una grande manifestazione: invita i suoi a scendere in piazza e a marciare verso il Campidoglio, per protestare. E qui scatta il piano.
    I manifestanti vengono fatti avanzare in modo indisturbato, e qualcuno li guida. Succede sempre: in Italia, succedeva quando c’era la strategia della tensione. I servizi segreti (italiani, inglesi, israeliani, americani) infiltravano tutti i movimenti eversivi, per poterli usare: io faccio il morto, metto le bombe, rapisco, così la gente si spaventa e mi diventa più facile governarla, mandare i governi in certe direzioni, prendere delle misure, rendere le persone meno libere. I servizi segreti non fanno altro: durante il caso Moro, il capo delle Brigate Rosse era un ex fascista infiltrato dei servizi, e nella direzione strategica delle Br uno dipendeva dal Mossad, uno dalla Cia, uno dai servizi inglesi, e così via. Non ce lo dicono mai, ma funziona così: e per un servizio segreto, infiltrare movimenti fatti da ragazzi sprovveduti e fanatizzati è facilissimo. Ed è facilissimo scalare i gradini del gruppo, fino a comandare: è molto semplice. Perché non dovrebbero farlo? E infatti lo fanno sempre. Quindi lo capite, ora, chi c’era alla testa di quei gruppi di invasati che il 6 gennaio si stavano avviando verso Capitol Hill? Persone che dipendevano da quegli stessi soggetti che avevano deciso di montare la pantomima.
    Funziona: la polizia lascia fare, la Guardia Nazionale non arriva, e così si sfondano le finestre. Un assalto ridicolo, che ha smesso di essere ridicolo quando qualcuno ha creato i morti, rendendolo drammatico (altrimenti sarebbe rimasto una pagliacciata). La fine della democrazia? L’attacco alle istituzioni? Ma no: sono entrati quattro gatti, hanno detto qualche stupidaggine e poi se ne sono usciti in buon ordine, dopo qualche scontro. La gravità del fenomeno è venuta da chi ha sparato ad altezza uomo, mirando. Immagino Trump, che pensava a un ultimo atto dimostrativo, veemente ma pacifico, per restare almeno leader dell’opposizione. Immagino la faccia di Trump, quando ha visto che la polizia ha lasciato avanzare i manifestanti, consentendo loro addirittura di entrare nel Parlamento. Se è una persona veramente intelligente l’avrà capito: ecco, mi stranno fregando. Da quel momento in poi, i suoi consiglieri non riescono più a raggiungerlo. Lui a quel punto non si fida più di nessuno, e non sa che pesci pigliare. Quindi, passa del tempo. Per questo, riappare in televisione solo dopo che Biden l’ha spinto a intervenire. Alla fine, Trump si decide a chiamare la Guardia Nazionale. Ma è chiaramente la risposta di uno che ha perso.
    Un minuto dopo, si scatenano tutti: capi di Stato, giornalisti, professoroni. La più grave offesa mai fatta, alla democrazia americana. Certo: era esattamente previsto che si dovesse montare una cosa che dovesse sembrare “la più grave offesa alla democrazia americana”. Per renderla credibile andava resa più drammatica: per questo poi fanno, scientemente, quei poveri morti. E naturalmente, è tutta colpa di Trump: anche le destre, a livello mondiale, ormai ne prendono le distanze. E’ troppo grossa: un assalto al Parlamento, organizzato da Trump? No: Trump aveva promosso una marcia di protesta che arrivasse fin davanti al Parlamento, non dentro. Il troppo facile ingresso non pensiamo che l’abbia organizzato lui. Tutti a gridare al colpo di Stato: un golpe fatto in quel modo? Siamo seri. Non si può fare un colpo di Stato con quei quattro disgraziati, guidati dallo “sciamano con le corna”. Per fare un golpe serve più della metà dei servizi segreti, serve la maggior parte delle forze armate, gli stati maggiori. Servono pezzi di Fbi, di Cia, di Nsa. Dalla tua parte devono esserci la finanza e i veri poteri. Eppure, questa balla – il tentato golpe – viene riferita da tutti i media, quelli che ci ammorbano ogni giorno con la loro versione del virus.
    Non è Trump che ha cercato di fare un colpo di Stato, sono i poteri oscuri ad aver messo a segno un colpo: non solo ai danni di Trump, ma di una vasta fetta dell’opinione pubblica, che ormai sta rientrando nell’ovile. E il colpo, principalmente, è stato dato a tutti quei temi (quegli ideali, quegli interessi) che andavano contro il mondalismo, contro i “papati scientifici”, contro l’Oms, contro un’Onu depravata, contro un’Ue guidata da un gruppo osceno, contro una Cina neo-imperialista. Tutto depotenziato: già durante la presidenza Trump, e ora con questa pantomima finale. Ora si torna all’antico, alla tradizione che gli americani cominciavano a odiare: quella dei Bush, dei Clinton, degli Obama. Tutti finti buoni, come i finti buoni europei. Come Joe Biden, “il nonno d’America”. Guardate quei filmati, in cui riceve le famiglie: voi affidereste un bambino a Biden? Glielo fareste avvicinare? Il “nonno d’America” è suadente, ma solo nelle forme: quando aveva a fare con l’Iraq era un assatanato guerrafondaio, uno dei più feroci. Adesso fa la faccia del buono: così hanno sempre fatto, questi democratici americani. Apparenza vellutata, per mascherate azioni orribili.
    Non è che l’altra piramide di potere sia migliore, quella repubblicana e conservatrice: è solo meno brava, a fare il male. E’ più confusionaria: e quindi, in questa fase, meno pericolosa. E’ il classico gioco delle piramidi oscure, del divide et impera, del potere. Un gioco che, con le sue pantomime e le sue sceneggiate puntualmente riprese dai media, tende a ipnotizzarci. E’ un gioco che ci vuole distrarre, quando in realtà ci vogliono togliere la libertà, quando ci vogliono iper-vaccinare e iper-tassare, così come quando vogliono cambiare i programmi scolastici, devastare l’ambiente, elettromagnetizzare il mondo. Ci distrae, il gioco delle piramidi di potere, quando vogliono renderci degli automi sensoriali. Questo vogliono fare, ma noi resistiamo: per questo sono costretti a inventarsene sempre di nuove. L’umanità, infatti, è in risveglio: un po’ alla volta, cresce l’impulso a volere il bene dell’ambiente, delle persone intorno a noi. Non vogliamo limitazioni alla libertà, vogliamo ideali buoni: una pedagogia sana, una medicina buona che non danneggi la salute.
    Loro cercano di distrarci, per sottometterci alle loro politiche anti-umane. Noi che facciamo? Non certo i colpi i Stato in America o a Palazzo Chigi, e nemmeno in Vaticano, o in Germania. Però una cosa la possiamo fare, quella che a loro dà più fastidio: continuare a essere liberi interiormente. Criticarli, guardarli. Denunciare in tutti modi, senza malanimo, quello che fanno: denunciarlo come cosa, semplicemente, da non fare. Indignarsi, restando però sereni, per poter fare la cosa che a questi poteri dà più fastidio: fare il bene, intorno a noi. Per non cadere nelle loro trappole, coltivare ideali, amare il prossimo. Il nostro compito è orizzontale, intorno a noi: aumentiamo la nostra capacità di fare il bene, e vinceremo questa battaglia contro i poteri, il cui unico intento è ipnotizzarci, per poterci catturare. Restiamo liberi di fare il bene: l’importante è non dare alcuna credibilità, alle voci mediatiche del potere, sapendo che stanno cercando di fregarci. Riuniamoci in gruppi, per fare il bene. Da questi gruppi, un giorno, nascerà una nuova società. Una nuova politica, una nuova collettività: migliore, e più sana.
    (Fausto Carotenuto, estratto dal video-intervento “Colpo di Stato fallito o manovra del Deep State riuscita?”, pubblicata su “Coscienze in Rete” il 7 gennaio 2021. Carotenuto è stato, per lunghi anni, analista strategico dell’intelligence Nato).

    Negli anni prima di Trump, la successone di presidenti orribili (i Bush, Clinton, Obama) aveva stancato il popolo americano. Non ne poteva più del loro interventismo globalista, che sacrificava gli stessi interessi degli Stati Uniti, favorendo la Fed e il militarismo. E allora che cosa si fa, in questi casi? Si prende un personaggio “nuovo”, che possa sembrare antipolitico (come il nostro Berlusconi). Ad agire è sempre lo stesso Deep State, che dice: devo poter tornare ad avere i miei “mercenari”, quei soggetti che hanno governato finora. Sono famiglie, gruppi, massonerie, personaggi dipendenti da certi ordini religiosi: preparati per lunghi anni, bravissimi a fare le politiche mondialiste di schiavizzazione, di alterazione della cultura, di elettromagnetizzazione del mondo. Solo che la gente, a un certo punto, non si fida più. E allora il potere dice: facciamo finta che ne venga fuori uno “nuovo”. Deve avere però una caratteristica: dev’essere ridicolizzabile, strano, pieno di vizi. Dev’essere criticabile: perché, dal giorno in cui andrà al potere, dovrà essere criticato. Si dovrà poter dire: è vero che ha sposato tanti temi buoni, o quantomeno popolari e contrari a tutte le malafette del potere, ma noi intanto cominciamo a “sporcarlo”. Vuoi vedere che, “sporcando” lui, prima o poi riusciamo a sporcare anche quei temi che la gente ha sposato?

  • Magaldi: tutti in strada di notte, spero di essere arrestato

    Scritto il 26/11/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    «Vorrei avere il piacere di essere arrestato, fermato, trascinato in un commissariato». Lo annuncia ufficialmente Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, che spiega: «Il 14 dicembre, a Roma – in orario serale, violando il coprifuoco – esordirà la Milizia Rooseveltiana, formazione nonviolenta il cui nome ricorda provocatoriamente la milizia paramilitare fascista». Messaggio esplicito: «Anche oggi, come allora, siamo alle soglie di una sorta di dittatura: stavolta è imposta in modo subdolo, col pretesto di un virus para-influenzale presentato come se fosse la peste bubbonica». In nessun caso, sottolinea Magaldi, si può accettare di perdere quote importanti della propria libertà in cambio del miraggio della sicurezza sanitaria. «Sconcerta l’ingenuità degli italiani che pensano che si tratti solo di avere ancora un po’ di pazienza. Non hanno capito che il vero obiettivo delle misure restrittive è un altro: imporre ai cittadini un’obbedienza cieca e anche assurda, come quando viene richiesto di indossare la mascherina all’aperto, pure se si è soli». A giorni, l’esecutivo riceverà una sorta di “ultimatum”, da parte del Movimento Roosevelt. Due le richieste principali. La prima: abolizione immediata di ogni restrizione. La seconda: adozione (altrettanto celere) di provvedimenti economici per risarcire e supportare aziende ed esercizi fermati da lockdown e “zone rosse”.
    Insomma: si pretenderanno “ristori” veri e propri, non come quelli finora «corrisposti solo in minima parte e con grave ritardo dal governo Conte, che anche in questo si è rivelato particolarmente fellone». Magaldi, poi, denuncia la propaganda “orwelliana” che ha seminato il panico, sul Covid, «creando anche seri problemi di salute: non si contano più i casi di pazienti, affetti da malattie gravi (cardologiche, oncologiche) che in questi mesi non hanno potuto ricevere cure adeguate, proprio grazie all’isteria generale sul Covid», che ha messo in crisi gli ospedali. Un’isteria generata «dai media, dal governo e dalle stesse Regioni, di qualunque colore sia la loro guida politica». Menzione d’onore per i giornalisti: hanno sostanzialmente «abdicato alla loro missione, rinunciando a fare informazione e preferendo invece veicolare l’unico messaggio richiesto, quello del “terrorismo sanitario” per trasformare il Covid-19 in una piaga inaffrontabile». Premette Magaldi: «Io non sono certo “negazionista”: so bene che certe complicanze del Covid possono uccidere, come peraltro la stessa influenza stagionale. Ma mi domando: siamo sicuri che sia attendibile il numero di vittime imputate al Covid? E quanti malati sono invece morti a causa di cure sbagliate?».
    Una certezza: «Andava potenziata da subito la medicina territoriale, con medici istruiti con opportuni protocolli terapeutici per curare i pazienti da casa: ma niente di tutto questo è stato fatto». Al contrario, il paese è stato sprofondato nel caos: «E il panico irrazionale, instillato dalla politica e dai media, è stato utilizzato per imporre restrizioni assurde, avvilenti per la dignità delle persone, inutili contro la pandemia e oltretutto disastrose per l’economia». La misura è colma, insiste Magaldi, che annuncia un Natale “rivoluzionario”, animato da clamorose proteste “rooseveltiane”, una volta scaduto “l’ultimatim” salva-Italia, il prossimo 8 dicembre. «Mi domando però che tipo di rivoluzione potrebbero mai fare, quegli italiani (tantissimi, purtroppo) che ancora tremano all’idea di essere multati, e quindi seguitano a circolare indossando la mascherina». Un invito esplicito: «Toglietevela, tornate a respirare. E se vi fermasse una pattuglia, non temete: sarete assistiti gratuitamente dai tanti avvocati del Sostegno Legale approntato dal Movimento Roosevelt. E quelle multe, ve l’assicuro, non le pagherete mai». Insiste Magaldi: «Perché accettate di rincasare entro le ore 22? Datemi retta: violatelo, il coprifuoco. E’ un’offesa alla vostra dignità, oltre a essere incostituzionale: in Italia, il coprifuoco lo si può imporre legalmente solo in caso di guerra».
    Proprio in momenti come questo, ribadisce Magaldi, il coraggio civile è davvero indispensabile, per non subire il silenzio un regime che si sta facendo oppressivo, «e che obbedisce a una precisa, pericolosa regia internazionale». Il presidente del Movimento Roosevelt accusa il cosiddetto “partito cinese”, composto da potenti oligarchi anche statunitensi: «Speculano sulla paura del virus per imporre una “nuova normalità” aberrante, basata sulla sottomissione, che faccia dimenticare ai cittadini dell’Occidente i diritti e le libertà delle democrazie liberali». Il rischio – aggiunge Magaldi – è che gli italiani non si rendano conto della “novità” che è stata introdotta, in modo surrettizio: chiudersi in casa, al minimo segno di infezione. «Il “corona” non è certo il primo virus, e non sarà l’ultimo. E allora che facciamo, d’ora in poi: ci spranghiamo tra le mura di casa, alla prima avvisaglia di epidemia?». Stupisce che il grosso della popolazione non abbia ancora percepito «la paradossale sproporzione tra la reale entità della minaccia sanitaria e la durezza delle misure imposte col pretesto di contenerla».
    Del resto, lo si sapeva fin dall’inizio: «Gli stessi scienziati avevano previsto che tre quarti della popolazione mondiale sarebbe stata contagiata: l’infezione (raramente letale) non è evitabile, a quanto pare, mentre erano evitabilissimi i danni procurati dal panico emergenziale e dalle restrizioni, che oltretutto non sono state nemmeno risolutive per eliminare il contagio». Cosa aspettano, gli italiani, ad accorgersene? «Triste dirlo, ma la verità è sgradevole: chi non è disposto a combattere, per la sua libertà, quella libertà non la merita». Magaldi indica, come esempio virtuoso, i giovani di Hong Kong finiti in carcere per la loro protesta contro il regime di Pechino, che schiaccia i diritti e azzera la libertà. «E noi in Italia che facciamo, tremiamo all’idea del vigile urbano che ci commina una sanzione? Ci stanno portando via la libertà, senza un minimo segno di ribellione da parte nostra». La musica cambierà, avverte Magaldi: «Mentre molti leggeranno in che modo Conte avrà deciso di rovinare persino il Natale delle famiglie italiane, la Milizia Rooseveltiana scenderà nelle strade, di notte, per dire che quello che sta succedendo non è accettabile, da parte di chi ha a cuore i diritti umani e la propria dignità di cittadino libero».

    «Vorrei avere il piacere di essere arrestato, fermato, trascinato in un commissariato». Lo annuncia ufficialmente Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, che spiega: «Il 14 dicembre, a Roma – in orario serale, violando il coprifuoco – esordirà la Milizia Rooseveltiana, formazione nonviolenta il cui nome ricorda provocatoriamente la milizia paramilitare fascista». Messaggio esplicito: «Anche oggi, come allora, siamo alle soglie di una sorta di dittatura: stavolta è imposta in modo subdolo, col pretesto di un virus para-influenzale presentato come se fosse la peste bubbonica». In nessun caso, sottolinea Magaldi, si può accettare di perdere quote importanti della propria libertà in cambio del miraggio della sicurezza sanitaria. «Sconcerta l’ingenuità degli italiani che pensano che si tratti solo di avere ancora un po’ di pazienza. Non hanno capito che il vero obiettivo delle misure restrittive è un altro: imporre ai cittadini un’obbedienza cieca e anche assurda, come quando viene richiesto di indossare la mascherina all’aperto, pure se si è soli». A giorni, l’esecutivo riceverà una sorta di “ultimatum”, da parte del Movimento Roosevelt. Due le richieste principali. La prima: abolizione immediata di ogni restrizione. La seconda: adozione (altrettanto celere) di provvedimenti economici per risarcire e supportare aziende ed esercizi fermati da lockdown e “zone rosse”.

  • Kraken: il Dark Web fotografa la maxi-frode contro Trump?

    Scritto il 25/11/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    «Il Kraken dei patrioti americani ha lasciato il Dark Web ed è uscito allo scoperto, manifestando tutta la sua possanza. Con i suoi tentacoli informatici il mostro liberato dai legali di Trump si è avvinghiato al potente Leviatano dei globalisti, e così si è dato avvio allo stritolamento». La svolta, scrive Gianmarco Landi su “Notizie dal Parlamento”, sarebbe avvenuta «il giorno dopo il rilascio del Kraken», cioè alla presentazione dei ricorsi alla Corte Suprema giovedì 19, quando Rudolph Giuliani, Sidney Powell e Jena Ellis hanno tenuto una conferenza stampa «comunicando che il mostro era stato rilasciato». L’indomani,  venerdì 20 novembre alle ore 10 della East Coast, il comitato governativo della Pennsylvania ha convocato i dirigenti della Dominion, la società che aveva contato i voti in 30 dei 50 Stati americani (tutti quelli significativi). «I tecnici della Dominion avrebbero dovuto relazionare sul funzionamento dei macchinari utilizzati per la raccolta dei voti, ma non lo hanno fatto: nessuno della Dominion si è presentato alla convocazione, ed essendo tutti loro tecnici molto esperti (hacker), evidentemente in questi giorni avranno avuto modo di riflettere e prendere contezza del burrone in cui sono precipitati».
    Quella che Landi definisce «la latitanza dei tecnici della Dominion» renderebbe evidente il fatto che «nessuno possa mai spiegare legalmente il funzionamento della raccolta dei voti, cioè i “glitch” (scambi di voti a favore di Biden) e i “salti in perpendicolare” (cioè interi blocchi di centinaia di migliaia di voti che compaiono solo per un candidato)». Sempre secondo Landi, questo «la dice lunga su come andrà a finire la vittoria mediatica di Biden, cioè la classica vittoria di Pirro, per lui, e la Waterloo di tutti i ‘campioni’ della globalizzazione». Molti, aggiunge Landi, ancora non sanno che, sotto la superficie del web, esiste l’universo del cosiddetto Deep Web, il “web profondo”, in cui «politici, banchieri o miliardari delle élite veicolano informazioni tra di loro». Nel Deep Web, ad esempio, «si muovono gli asset bank security, con cui le banche fanno i bilanci reali». Solo una minima parte delle forze nel Deep Web emerge nel Surface Web e ai nostri occhi, assumendo il carattere di ufficialità. «La reale situazione economico-finanziaria delle banche, così come quella degli Stati, non è quella raccontata ed evidente nel Surface Web, ma quella non visibile alla maggior parte delle persone, cioè nel Deep Web».
    Nel web profondo «si trovano certe dinamiche “swift” attraverso cui le banche si scambiano miliardi di euro in asset e liquidità, talvolta tenendo all’oscuro gli amministratori della banca, gli Stati e qualsiasi stakeholder della banca, perchè il Deep Web ha relazioni con un Deep Web ancora più profondo ed elitario, chiamato Dark Web». In quel “web oscuro”, continua Landi, vari faccendieri «realizzano speculazioni illecite colossali, a scapito dei cittadini ignari». In pratica, operazioni Off Ledger (fuori bilancio) senza coinvolgimento ufficiale del bank officer, «cioè con il banchiere che si volta dall’altra parte quando qualcuno dal Dark Web mette le mani su alcuni conti». Nel Dark Web, «i protagonisti si muovono in forme di totale anonimato, e per poterlo fare bisogna essere entità di grande forza internazionale, come ad esempio l’intelligence dell’esercito degli Stati Uniti (che ha inventato Internet e l’ha data al mondo), o di servizi segreti di Stati importanti». Come nei film, hackeraggi dal Dark Web «avvengono anche su iniziativa di ragazzi genialoidi, che prima o poi finiscono per farsi arrestare, ma subito dopo andranno a lavorare in questi ambiti di intelligence informatica molto particolari».
    Nel Dark Web c’è l’infrastruttura ad 8kun, che permette l’accesso e la scrittura di contenuti in modo del tutto anonimo: ed è questo il luogo dove «l’incubo delle élite globaliste si è manifestato», secondo Landi, che dà credito all’entità chiamata “Q”, che definisce composta da «personale di intelligence militare», il cui obiettivo sarebbe «far emergere nel Surface Web molte verità nascoste negli ultimi 50 anni». Gianmarco Landi ipotizza che “Q” sia capeggiato dal generale Michal Flynn, «che fu il primo a parlare nel 2016 di certe storie agghiaccianti su Twitter, come ad esempio il pedosatanismo e la corruzione della Fondazione Clinton, per poi essere poco dopo letteralmente massacrato dall’Fbi, nonostante Trump fosse stato appena eletto presidente degli Stati Uniti». Sempre secondo Landi, «su 8kun è comunque possibile, tramite l’Id che compare a destra della data di pubblicazione, essere sicuri che due post diversi siano stati scritti dalla stessa persona (postazione)». Ed è per questo motivo, aggiunge, che è possibile fare delle supposioni congetturali seguendo i post di “Q”, «scorgendo in certe sue comunicazioni finanche messaggi di chiaro ancoraggio presidenziale, evidentemente propalati dal Dark Web affinché arrivassero nella superficie della Rete e quindi a tutti noi».
    Molte iniziative attuate dall’amministrazione Trump sono state effettivamente anticipate da “Q”, sostiene Landi: quindi, deduce, «questa modalità è stata messa in atto per far attaccare il presidente e non solo per difenderlo, diffondendo informazioni e controinformazioni sicuramente lette avidamente soprattutto dai nemici dell’amministrazione Trump». Sempre Landi mette in evidenza un recente scambio tra due soggetti, ovvero due Id elettronici: il primo è “17ac60″, che Landi decide di chiamare «hacker di Dominion», e l’altro è “8f656a”, che sempre Landi chiama «Generale Flynn». Lo scambio inizia con un insulto a Flynn, definito “looser”, cioè perdente, ma dopo cinque minuti il presunto hacker riceve la seguente risposta dall’ipotetico Flynn: «Guarda che non ho ancora iniziato a combattere». Visto che il presunto hacker rincara la dose e seguita a insultare, ecco che «spunta fuori il tentacolo del Kraken», ovvero: l’ipotetico Flynn pubblica sulla chat «la foto di un uomo ben preciso, e improvvisamente la conversazione si blocca». Scrive Landi: «E’ plausibile ritenere che l’hacker di Dominion abbia avuto una botta di panico, vedendo che colui che riteneva il ‘loser’ (perdente) solo pochi istanti prima, gli aveva appena spiattellato una sua foto, a cui corrisponde quella di un dirigente della Dominion».
    Cosa è successo? Sempre secondo Landi, l’ipotetico Flynn avrebbe «dato a intendere all’hacker di Dominion, così palesandosi alla catena di comando a cui questa struttura risponde, che tutto quanto fatto dai server di Francoforte in questo ultimo mese, è stato osservato ed evidentemente registrato», anche se gli autori del presunto complotto informatico si credevano al sicuro, grazie all’anonimato teoricamente garantito dal Dark Web. Landi sostiene di aver riconosciuto l’hacker: risulta essere Aleksander Lazarevic, della Dominion. Come faceva, l’ipotetico Flynn, a conoscere la sua identità, disponendo solo dell’Id 8f656a? E visto che questo scambio è arrivato un attimo dopo che il team legale di Trump aveva portato in Corte Suprema le prove dei brogli, potrebbe significare che il vero generale Flynn, e quindi i legali di Trump, «avessero alle spalle un livello di forza tecnologica nel Dark Web superiore a quello di Dominion e Smartmatic controllate dai Dem, da Soros, da Bill Gates e dai grandi banchieri?». Queste due realtà aziendali estere, stando alle accuse dei legali trumpiani, avrebbero eterodiretto i colossali brogli da Francoforte.
    Lo avrebbero fatto «penetrando il software di Dominion installato nei 30 Stati Usa, in modo da truccare i dati elettorali». Come? Manipolandoli a posteriori, «essendo forti della connivenza di funzionari statali che si sarebbero voltati dall’altra parte quando l’algoritmo agiva». Landi tende a pensare che i cospiratori siano stati colti di sorpresa, e oggi «risultino come i topi caduti in trappola, con il generale Flynn che ha chiuso lo sportellino». La storia diventa molto interessante e concreta, secondo Landi, «perché è proprio questo Lazarevic colui che ha scritto l’algoritmo in grado di modificare i risultati elettorali». Si tratterebbe di un algoritmo di manipolazione di dati che, nell’intento originale, «potenziava alla bisogna i voti di Biden in modo che gli osservatori esperti di politica non avrebbero mai potuto accorgersene». Queste incursioni, verificandosi in anonimato, «non avrebbero mai dovuto lasciare prove dell’accaduto». Il problema sarebbe stato amplificato «dai settaggi dell’algoritmo e dai parametri fissati su affluenze troppo basse, supponendo una massa di voti in favore di Trump molto inferiore a quella che il 3 novembre si è registrata mediante espressioni in presenza fisica».
    «I correttivi nella notte tra il 3 e il 4 novembre hanno aggravato i pasticci», scrive ancora Landi, «perchè è stato necessario intervenire con alcune postazioni dal Dark Web lasciando ulteriori ‘impronte’». Landi riferisce che esiste «un paper a carattere scientifico firmato proprio dallo stesso Lazarevic, dove viene documentata l’invenzione di questi tipi di algoritmi per corrompere gli esiti delle elezioni democratiche». Avendo Trump in mano pure i server di Francoforte, secondo Landi la sua vittoria è scontata. E non solo: c’è anche la seria eventualità che l’intera filiera dei brogli possa andare incontro a guai serissimi, inclusa addirittura «una condanna a morte». Anche per questo, forse – aggiunge Landi – si capisce come mai nessuno della Dominion, il giorno dopo la conferenza stampa di Powell, Giuliani ed Ellis, abbia avuto il coraggio di presentarsi in Pennsylvania a chiarire cosa fosse successo nei conteggi. «Si capisce anche per quale motivo la mafia della Pennsylvania, capeggiata da Skinny Joe, si sia fatta avanti autoaccusandosi della esecuzione materiale dei brogli cartacei sul voto postale, la cui ingegneria criminale è ovviamente ascrivibile ad altre entità». Sarà per questo motivo – continua Landi – che Biden sarebbe stato «colto dal panico» e avrebbe «manifestato la disponibilità a ritirarsi in cambio di qualche salvacondotto giudiziario», così come risulterebbe da alcuni “spifferi” provenienti proprio dal Dark Web?
    Tuttavia – ammette lo stesso Landi – questa notizia potrebbe essere stata messa in circolazione da “Q” per diffondere il panico tra le file avversarie. Sempre Landi parla di «alcune decine di dipendenti scomparsi», dagli uffici di Dominion e Smartmatic, «sicuramente atteriti da una situazione giudiziaria e personale che per loro potrebbe diventare drammatica». L’aria che tira è leggibile dalla determinazione di Trump, che nei giorni scorsi «ha avviato al Pentagono una serie di purghe senza precedenti, ha messo la Cia sotto il comando della Difesa riducendo Gina Haspel ad una ‘bambolina’, e ha silurato tutti gli uomini “dem” dalla Cisa», l’agenzia per la cyber-sicurezza «che in realtà aveva commissariato di fatto con una struttura parallela artefice del Watermark (il marcamento occultato alla vista umana dello schede postali)». Lo stesso Landi accenna a «notizie di confessioni di alti funzionari statali che dichiarano di aver sabotato per anni i politici antiglobalizzazione, evidentemente folgorati sulla via di Damasco per il timore di essere sospettati di aver coperto i boicottaggi e i complotti per rovesciare il presidente Trump». Le secondo e terze file dei “dem” sarebbero «in procinto di essere ghigliottinate».
    Il nuovo direttore della Difesa, l’ex generale di brigata Anthony Tata, in questi giorni «ha accusato il presidente Obama e i Clinton di essere stati a capo delle reti terroristiche jihadiste». Il nuovo sottosegretario alla Difesa per l’intelligence e la sicurezza, Ezra Watnick, «ha fatto parte dell’équipe del generale Michael Flynn all’intelligence militare che ha combattuto il terrorismo jihadista». “Renovatio 21″ racconta che, per quattro anni, i responsabili del Pentagono vicini a Obama e Hillary avrebbero «fatto di tutto per non mettere in atto le disposizioni di Trump e far proseguire i conflitti dove c’erano», seguendo direttive-ombra di Obama, «tutte cose che hanno fatto ‘imbestialire’ le alte gerarchie dell’esercito, e non solo l’amministrazione Trump». In ultimo, Gianmarco Landi segnala uno stranissimo tweet di Huma Abedin, fedelissima di Hillary (era vice di Jonh Podesta nella campagna 2016): la Abedine «sembra perorare un contenuto pro-Trump e contro i media». Giallo: «E’ forse un messaggio in codice che annuncia il “si salvi chi può”, oppure il “nascondetevi”?». I personaggi come Huma Abedin, chiosa Landi, comunicano nel Dark Web con meccanismi criptati dai servizi segreti: se non lo fanno più, e saltano fuori «strani tweet e numeri enigmatici», forse «significa che i tentacoli del Kraken sono arrivati fin lì: il Dark Web non è più un posto sicuro per i ‘losers’».

    «Il Kraken dei patrioti americani ha lasciato il Dark Web ed è uscito allo scoperto, manifestando tutta la sua possanza. Con i suoi tentacoli informatici il mostro liberato dai legali di Trump si è avvinghiato al potente Leviatano dei globalisti, e così si è dato avvio allo stritolamento». La svolta, scrive Gianmarco Landi su “Notizie dal Parlamento“, sarebbe avvenuta «il giorno dopo il rilascio del Kraken», cioè alla presentazione dei ricorsi alla Corte Suprema giovedì 19, quando Rudolph Giuliani, Sidney Powell e Jena Ellis hanno tenuto una conferenza stampa «comunicando che il mostro era stato rilasciato». L’indomani,  venerdì 20 novembre alle ore 10 della East Coast, il comitato governativo della Pennsylvania ha convocato i dirigenti della Dominion, la società che aveva contato i voti in 30 dei 50 Stati americani (tutti quelli significativi). «I tecnici della Dominion avrebbero dovuto relazionare sul funzionamento dei macchinari utilizzati per la raccolta dei voti, ma non lo hanno fatto: nessuno della Dominion si è presentato alla convocazione, ed essendo tutti loro tecnici molto esperti (hacker), evidentemente in questi giorni avranno avuto modo di riflettere e prendere contezza del burrone in cui sono precipitati».

  • Green Deal, maxi-raggiro: raddoppia la razzia della Terra

    Scritto il 24/11/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Ogni anno l’uomo estrae dal suolo e dal sottosuolo terrestre 50 miliardi di tonnellate di materiali da costruzione, combustibili fossili, minerali e metalli. Per intenderci, una massa pari a quella di 140.000 Empire State Building. A questo gigantesco prelievo di risorse naturali è correlato un devastante impatto ambientale. Tutti abbiamo in mente le immagini delle petroliere in avaria che riversano in mare migliaia di tonnellate di greggio. Non tutti sanno, invece, che uno dei disastri ambientali più gravi degli ultimi decenni è stato causato da una miniera di rame (il disastro di Ok Tedi) o che una delle principali cause degli incendi boschivi in Amazzonia e in Africa è proprio l’attività estrattiva. Per allentare la pressione antropica (umana) sull’ecosistema terrestre un gruppo agguerrito di scienziati, comunicatori, attivisti e politici è riuscito gradualmente a imporre a un’ampia fetta dell’opinione pubblica occidentale una nuova prospettiva di sviluppo, incentrata apparentemente su un consumo più razionale delle risorse naturali. Invece di estrarre miliardi di tonnellate l’anno di carbone, petrolio e gas naturale dovremo imparare a sfruttare l’energia del Sole e del vento, risorse rinnovabili il cui sfruttamento non danneggia l’ecosistema. Tutto giusto, no? No, tutto sbagliato.
    Pannelli solari, pale eoliche, batterie e auto elettriche sono dispositivi tecnologici fatti di cemento, plastica, acciaio, titanio, rame, argento, cobalto, litio e decine di altri minerali. Un commentary uscito su “Nature Geoscience” pochi anni fa stima che, solo per convertire un settimo della produzione di energia primaria mondiale (25.000 TWh), potrebbe essere necessario triplicare la produzione di calcestruzzo (da poco più di 10 miliardi di tonnellate l’anno a quasi 35), quintuplicare quella di acciaio (da poco meno di due miliardi di tonnellate a poco più di 10) e moltiplicare di varie volte quella di vetro, alluminio e rame. E stiamo parlando di convertire alle energie rinnovabili neanche il 15% del fabbisogno energetico mondiale. Non solo, va considerato anche un aspetto tecnico: il “filone d’oro” esiste solo nei fumetti. Per fare un esempio, in un giacimento di rame, mediamente il rame è presente con una concentrazione di circa lo 0,6%. Questo vuol dire che per estrarre una tonnellata di metallo bisogna sbriciolare più di 150 tonnellate di roccia. Le grandi miniere d’oro sudafricane macinano 5/6.000 tonnellate di roccia al giorno per estrarre meno di 20 tonnellate di metallo prezioso l’anno. Ma non basta.
    Come si produce l’alluminio? Beh, con un procedimento che consuma moltissima energia: per produrre una tonnellata di alluminio, infatti, sono necessari circa 30.000 kwh (tra energia termica ed elettrica). E anche la siderurgia è un’attività energivora: la produzione di una tonnellata di acciaio richiede tra gli 800 e i 5.000 kwh equivalenti. Quindi, solo per produrre l’acciaio necessario a costruire pannelli e turbine eoliche sufficienti a generare 25.000 Twh l’anno di energia rinnovabile, potremmo avere bisogno di 7.000/40.000 Twh l’anno di energia fossile in più. E non è finita qui. Di circa una decina di materiali alla base della “rivoluzione verde”, infatti, le riserve conosciute basterebbero a coprire solo pochi di anni di consumo in uno scenario 100% rinnovabili. L’Unione Europea, per esempio, prevede che, per centrare gli ambiziosi target del Green Deal, avrà bisogno di molte più terre rare di quante ne vengano estratte attualmente in tutto il mondo. È bene sottolineare che queste stime non sono le maldicenze di un mercante di dubbi pagato da Big Oil. L’Onu, la Commissione Europea, la Banca Mondiale hanno prodotto ampi rapporti in cui arrivano a conclusioni analoghe: serviranno moltissime risorse naturali in più. Gli studi che approfondiscono l’argomento d’altro canto sono numerosi, e pubblicati sulle riviste scientifiche più autorevoli del mondo: “Pnas”, “Science”, “Nature”.
    Eppure, nonostante il vasto panorama di riviste divulgative che seguono da vicino la “rivoluzione verde”, da “Le Scienze” alle tante testate digitali, curiosamente in lingua italiana non esiste un singolo approfondimento su questo aspetto, così enorme e così contraddittorio. La percezione, piuttosto diffusa a dire il vero, è che chi fa divulgazione scientifica da un po’ di tempo si sia arrogato il diritto di scegliere cosa divulgare e cosa no. Abbia deciso di fare politica invece che informazione, insomma. Non si spiega, altrimenti, come sia possibile scagliarsi quasi quotidianamente contro il paradigma della crescita e, nello stesso tempo, appoggiare una “rivoluzione verde” che immagina di raddoppiare – quantomeno – il prelievo di risorse naturali in pochi decenni. Oppure come sia possibile che, mentre ci si indigna per i disastri ambientali in Amazzonia o in Australia, si progetti di scavare fosse profonde 170 km per cercare i metalli necessari a soddisfare il fabbisogno dell’industria eolica e solare (una prospettiva che per il momento, tra l’altro, è fantascienza pura, dato che si parla di operare a temperature e pressioni ingestibili con la tecnologia attuale).
    La miniera d’oro di TauTona, in Sud Africa, è la miniera a cielo aperto più profonda del mondo e arriva a 3,9 km di profondità. Immaginatela 40 volte più grande. Su “Econopoly” ci eravamo già occupati di questo aspetto e lo avevamo fatto ben prima che la pandemia di Covid-19 mettesse in luce che la scienza non è affatto monolitica come la dipingono alcuni media (sul clima impazzito ascoltate gli scienziati: ok, ma quali?). In definitiva, dietro a quella che chiamiamo “rivoluzione verde” si nasconde in realtà un programma per accrescere rapidamente e drasticamente il prelievo di risorse naturali. Con tutto quello che consegue per la salute degli ecosistemi e anche degli esseri umani: per estrarre miliardi tonnellate di ghiaia, argilla, ferro, bauxite e rame in più, distruggeremo altre foreste incontaminate, inquineremo ulteriormente aria e acqua, spingeremo verso l’estinzione decine di migliaia di specie animali. Quindi, in buona sostanza, uno scenario molto diverso da quello che viene venduto all’opinione pubblica.
    Non si tratta di una distopia, di un futuro lontano avvolto nelle nebbie del probabilmente e del forse: la Commissione Europea ha appena annunciato un programma di finanziamenti per l’industria mineraria europea e il prezzo del rame vola (+40% da marzo a oggi), trainato proprio dalla domanda legata alle auto elettriche cinesi e al Green Deal europeo. Ci siamo già dentro, stiamo già devastando centinaia di ecosistemi alla ricerca di litio e cobalto per le batterie o terre rare per i magneti delle turbine eoliche. Sospinti dall’emotività, alimentiamo una bolla epocale. Ci sono altre soluzioni? La temperatura continua ad aumentare, non possiamo fare finta di niente. Certo che ci sono altre soluzioni. E di nuovo, ci si scontra con il muro di gomma della divulgazione: l’opinione pubblica è stata convinta che non ci siano altre strade ma in realtà non è così. Prendiamo un caso esemplare: la Cattura Diretta in Atmosfera (Dac). La cattura diretta è una tecnologia dall’apparenza pionieristica, ma in realtà molto semplice, che permette di separare l’anidride carbonica dall’aria. Niente di fantascientifico, esistono decine di impianti pilota perfettamente funzionanti in tutto il mondo.
    Genericamente questa tecnologia viene ridicolizzata in quanto molto costosa: i risultati certificati a livello scientifico si attestano su un costo minimo di 94 dollari per ogni tonnellata di anidride carbonica catturata dall’atmosfera. Oggettivamente, un costo non indifferente dato che ne emettiamo quasi 37 miliardi di tonnellate l’anno. Chiunque faccia notare che stiamo parlando dei dati relativi a un impianto pilota, molto piccolo, e che in un impianto di grandi dimensioni i costi potrebbero essere già ora molto più bassi, viene accusato di pensiero magico, nonostante il potenziale delle economie di scala sia noto e facilmente misurabile. Oltretutto, si pretende che la cattura diretta competa con le rinnovabili senza beneficiare di incentivi pubblici, mentre le rinnovabili vengono generosamente sussidiate. Beh, la cosa curiosa è che le stime attuali sui costi della “rivoluzione verde” si aggirano intorno ai 5.000/6.000 miliardi l’anno, mentre catturare l’anidride carbonica direttamente dall’atmosfera a 94 dollari la tonnellata (ripetiamolo: un costo irragionevolmente gonfiato immaginando un impiego su larga scala) costerebbe “solo” 3.000 miliardi l’anno! È veramente difficile capire come si possa definire la cattura diretta costosa, appoggiando contemporaneamente una soluzione che costa il doppio.
    Da non dimenticare, poi, come sottolinea proprio “Nature”, che la cattura diretta ha un vantaggio fondamentale rispetto a tutte le altre soluzioni: minimizza l’incertezza, aggredisce il nocciolo del problema. Da una parte parliamo di ridurre l’aumento della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera attraverso complessi meccanismi culturali e sociali, dall’altra di toglierla direttamente con una tecnologia. Ancora più curioso è il caso della riforestazione e dell’agricoltura rigenerativa (da non confondere con l’agricoltura biologica o biodinamica: parliamo di agricoltura intensiva con rese superiori a quella chimica tradizionale), due opzioni perfettamente ecosostenibili che ci permetterebbero di tamponare rapidamente il problema del cambiamento climatico, con un dispendio di risorse limitato e ricadute socioeconomiche allettanti. Eppure, le iniziative in questa direzione sono continuamente sotto il fuoco degli scienziati, dei divulgatori e degli attivisti green. Un paradosso. L’accusa è spiazzante: l’adozione di queste soluzioni potrebbe rallentare la transizione verso le energie rinnovabili.
    Ma l’obiettivo finale di questo gigantesco sforzo è mettere al sicuro il pianeta dall’incertezza climatica oppure far fare un mucchio di soldi alla lobby delle energie rinnovabili? Oramai è diventato molto difficile capirlo. Elon Musk è indubbiamente un imprenditore brillante, un genio del nostro tempo, ma non per questo ci dobbiamo sentire obbligati a versargli 1.000/2.000 miliardi di dollari l’anno, generosamente irrorati da fondi pubblici che togliamo alla sanità o all’educazione, solo per fare due esempi. Sarebbe bello poter chiosare, come d’altronde va molto di moda in questi tempi, dicendo che è sempre più importante studiare, informarsi, approfondire, perché ne va del nostro futuro. Ma se a monte c’è un filtro che seleziona quali informazioni devono arrivare ai media e quali no, questo diventa solo l’ennesimo esercizio di stile altezzoso e inconcludente. «Va notato che l’Ipcc nel suo quinto rapporto, coerentemente con tutte le precedenti relazioni di valutazione, non affronta esplicitamente la questione delle implicazioni materiali degli scenari di sviluppo climatico» (World Bank).
    (Enrico Mariutti, “La grande eresia: la rivoluzione verde è un’enorme fake news?”, dal “Sole 24 Ore” dell’11 novembre 2020; l’articolo è pubblicato nel supplemento “Econopolis”. Ricercatore e analista in ambito economico ed energetico, nonché autore de “La decarbonizzazione felice”, Mariutti è il “founder” della piattaforma di microconsulenza Getconsulting e presidente dell’Isag, Istituto Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie).

    Ogni anno l’uomo estrae dal suolo e dal sottosuolo terrestre 50 miliardi di tonnellate di materiali da costruzione, combustibili fossili, minerali e metalli. Per intenderci, una massa pari a quella di 140.000 Empire State Building. A questo gigantesco prelievo di risorse naturali è correlato un devastante impatto ambientale. Tutti abbiamo in mente le immagini delle petroliere in avaria che riversano in mare migliaia di tonnellate di greggio. Non tutti sanno, invece, che uno dei disastri ambientali più gravi degli ultimi decenni è stato causato da una miniera di rame (il disastro di Ok Tedi) o che una delle principali cause degli incendi boschivi in Amazzonia e in Africa è proprio l’attività estrattiva. Per allentare la pressione antropica (umana) sull’ecosistema terrestre un gruppo agguerrito di scienziati, comunicatori, attivisti e politici è riuscito gradualmente a imporre a un’ampia fetta dell’opinione pubblica occidentale una nuova prospettiva di sviluppo, incentrata apparentemente su un consumo più razionale delle risorse naturali. Invece di estrarre miliardi di tonnellate l’anno di carbone, petrolio e gas naturale dovremo imparare a sfruttare l’energia del Sole e del vento, risorse rinnovabili il cui sfruttamento non danneggia l’ecosistema. Tutto giusto, no? No, tutto sbagliato.

  • Usa, rivoluzione colorata: così Cadavere imbrogliò Buffone

    Scritto il 11/11/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Indiscrezioni su un’esercitazione per una Rivoluzione Colorata perfetta e autoctona, nome in codice Blu, sono trapelate da un importante think tank che ha la propria sede nelle stesse contrade imperiali che, per prime, avevano concepito l’idea di Rivoluzione Colorata. Non tutte le informazioni che divulgheremo sul’esercitazione Blu sono state declassificate. Questo potrebbe suscitare una dura risposta da parte del Deep State, anche se uno scenario simile era già stato esplorato da un’organizzazione chiamata Transition Integrity Project. Entrambi gli scenari dovrebbero essere considerati una sorta programmazione predittiva, con il Deep State che prepara in anticipo l’opinione pubblica su come andranno esattamente le cose. Le regole standard del manuale della perfetta Rivoluzione Colorata, di solito, la fanno iniziare nella capitale dello Stato-nazione X, durante una tornata elettorale, con i “ribelli” che combattono per la libertà e che godono del pieno sostegno dei media nazionali ed internazionali. Blu riguarda un’elezione presidenziale nel regno dell’Egemone. Nella simulazione, il presidente in carica, nome in codice Buffone, è di colore rosso. Lo sfidante, nome in codice Cadavere, è di colore blu.
    Blu, la simulazione, è stata di un livello superiore, perché, a differenza di quelle passate, il punto di partenza non è stata una semplice insurrezione, ma una pandemia. E non una pandemia qualsiasi, ma una pandemia globale, veramente cattiva, con un esplosivo tasso di mortalità inferiore all’1%. Per una fortunata coincidenza, questa letale pandemia ha permesso agli operatori di Blu di promuovere il voto per corrispondenza come procedura elettorale sicura e socialmente distanziante. Il tutto poi collegato ad una serie di sondaggi, che prevedevano una quasi inevitabile vittoria elettorale di Blu, magari anche un’Onda Blu. La premessa è semplice: abbattere l’economia e fare le scarpe presidente in carica, la cui missione dichiarata è portare l’economia ad una forte espansione. Allo stesso tempo, convincere l’opinione pubblica che andare di persona alle urne è un pericolo per la salute. Il comitato di produzione di Blu non ha corso rischi, annunciando pubblicamente che avrebbe contestato qualsiasi esito che osasse contraddire il risultato preconfezionato: la vittoria finale di Blu in un organo democratico bizzarro, anacronistico e contorto chiamato “collegio elettorale”.
    Se dovesse in qualche modo vincere Rosso, Blu aspetterebbe fino a quando ogni singolo voto non sarà stato contato e debitamente contestato ad ogni livello di giurisdizione. Facendo affidamento sull’enorme supporto dei media e sul marketing dei social media spinto al parossismo, Blu proclama che “in nessun caso” sarebbe consentito a Rosso di dichiarare vittoria. Arriva il giorno delle elezioni. La verifica dei voti procede senza intoppi, il conteggio delle schede arrivate per posta, il conteggio di quelle di giornata, conteggi aggiornati al minuto, però soprattutto a favore di Rosso, specialmente nei tre Stati da sempre essenziali per la conquista della presidenza. Rosso è in testa anche in quelli che vengono definiti “swing States”, gli “Stati incerti.” Ma, proprio mentre una rete televisiva annuncia prematuramente la vittoria di Blu in uno Stato che, presumibilmente, avrebbe dovuto essere di Rosso, prima della mezzanotte il conteggio dei voti viene fermato nelle principali aree urbane dei principali Stati incerti con governatori Blu, ma con Rosso in vantaggio.
    Gli scrutatori Blu smettono di contare, per verificare se sia plausibile lo scenario di una vittoria blu senza dover visionare le schede arrivate per posta. Il loro meccanismo preferito è manipolare la “volontà del popolo”, mantenendo un’illusione di equità. In ogni caso, possono sempre fare affidamento, come Piano B, su schede postali a volontà, calde e fredde, fino a quando Blu non riesce ad intrufolarsi in due Stati incerti particolarmente importanti, stati che Rosso si era già aggiudicato in una precedente elezione. Ecco cosa succede. A partire dalle 2 del mattino, e più tardi nella notte, pacchi di voti “magici” arrivano in questi due Stati chiave. L’improvviso “aggiustamento” verso l’alto include il caso di un lotto di oltre 130.000 voti, tutti da una singola contea, pro-Blu e senza neanche un voto per il Rosso, un miracolo statistico grande come lo Spirito Santo. Ingolfare le urne è la tipica truffa messa in atto nella Rivoluzione Multicolorata di questa Repubblica delle Banane.
    Gli scrutatori di Blu utilizzano il collaudato metodo che viene utilizzato nei mercato dei futures sull’oro, quando con un improvviso calo dei naked shorts si fa scendere il prezzo dell’oro, proteggendo così il dollaro Usa. Gli scrutatori di Blu giocano sul fatto che la compiacente alleanza fra media mainstream e Big Tech non metterà in dubbio che, beh, all’improvviso, il voto si è spostato verso il blu con un margine di 2 a 3 o di 3 a 4. Scommettono che non verranno poste domande su come mai, in alcuni stati, una previsione di voto dal 2% al 5% a favore di Rosso si sia trasformata in una tendenza dallo 0,5% all’1,4% a favore di Blu, intorno alle 4 del mattino. E sul perché questa discrepanza si sia verifica quasi simultaneamente in due Stati incerti. E sul perché alcune circoscrizioni abbiano generato più voti di quanti fossero i votanti. E su come mai negli Stati incerti, il numero di questi ultramisteriosi voti per Blu supera di gran lunga i voti espressi per i candidati al Senato di questi Stati, quando è noto che il totale dei votanti nelle elezioni per Camera/Senato è tradizionalmente paragonabile a quello delle votazioni presidenziali. E l’affluenza alle urne in uno di questi Stati sarebbe stata dell’89,25%.
    Il giorno dopo a quello delle elezioni sono apparse vaghe spiegazioni sul fatto che uno dei possibili scarichi di voti postali [ballot dump] sia stato solo un “errore materiale”, mentre in un altro stato conteso non è stata data alcuna giustificazione per l’accettazione di schede senza timbro postale. Gli operatori di Blu si rilassano, visto che l’alleanza tra media mainstream e Big Tech spazza via ogni lamentela, definendola una “teoria del complotto”. Non si può dire che i due candidati alla presidenza facciano tutto il possibile per perorare la propria causa. Nome in codice Cadavere, in un lapsus freudiano, aveva rivelato che il suo partito aveva messo in piedi il progetto di frode più ampio e “diversificato” mai realizzato. Non solo Cadavere sta per essere indagato per una losca truffa di tipo informatico. È un paziente con demenza di stadio 2, con una personalità in rapido disfacimento, mantenuto a malapena funzionale dai farmaci, che però non possono impedire alla sua mente di spegnersi lentamente. Nome in codice Buffone, fedele al suo istinto, ha messo le mani avanti, dichiarando che l’intera votazione è una frode, ma senza offrire la prova decisiva. Così viene continuamente smentito dall’alleanza media mainstream/Big Tech e accusato di diffondere “false affermazioni”.
    Tutto questo mentre un’astuta, vecchia e amareggiata maneggiona non solo aveva dichiarato che l’unico scenario ammissibile era una vittoria di Blu, ma si era anche già posizionata per un incarico della massima importanza. Blu prevede anche che Rosso intraprenda immediatamente un’azione risoluta: arruolare di un esercito di avvocati che chiedano la verifica di tutti i registri elettorali per spulciare, rivedere e verificare ogni singola scheda elettorale per corrispondenza, un vero e proprio processo di analisi forense. In ogni caso, Blu non può prevedere quante false schede verranno smascherate dai riconteggi. Mentre Cadavere è pronto a cantar vittoria, Buffone pensa al gioco lungo ed è disposto ad andare fino alla Corte Suprema. Lo schieramento di Rosso aveva già previsto tutto, poiché conosceva perfettamente quali sarebbero state le mosse di Blu. La Controrivoluzione Rossa ha il potenziale di dare scacco matto strategico a Blu. Si tratta di un attacco su tre fronti, perchè Rosso può avvalersi della Commissione Giustizia, del Senato e del Procuratore Generale, tutti sotto l’autorità di nome in codice Buffone fino al giorno dell’insediamento.
    Lo scopo del gioco, dopo una feroce battaglia legale, è rovesciare Blu. I migliori strateghi di Rosso hanno la possibilità, su richiesta della Commissione Giustizia, di istituire una Commissione Senatoriale, o richiedere un Consigliere Speciale, che sarà nominato dal Dipartimento di Giustizia, per indagare su Cadavere. Nel frattempo, per certificare il vincitore delle presidenziali, sono necessari due voti del collegio elettorale, ad un mese di distanza. Queste votazioni avverranno nel mezzo di una o forse due indagini incentrate su Cadavere. Qualsiasi Stato rappresentato al collegio elettorale può opporsi all’investitura di un Cadavere sotto inchiesta; in questo caso sarebbe illegale per quello stato consentire ai suoi grandi elettori di certificare i risultati presidenziali dello Stato. Cadavere potrebbe anche essere messo sotto impeachment dal suo stesso partito, in base al 25° Emendamento, a causa del suo irreversibile declino mentale. Il caos risultante dovrebbe essere risolto da una Corte Suprema di tendenza Rossa. Non esattamente il risultato sperato da Blu.
    Il nocciolo della questione è che questo gioco di think-tank trascende sia Rosso che Blu. Riguarda il gioco finale del Deep State. Non c’è niente come una massiccia operazione psicologica in un’arena del Wrestling sotto il segno del divide et impera per scatenare una guerra dei poveri, con metà della folla che si ribella contro quello che percepisce come un governo illegittimo. Lo 0,00001% intanto osserva comodamente dall’alto una carneficina non solo metaforica. Anche se il Deep State, usando i seguaci di Blu, non avrebbe mai permesso a nome in codice Buffone di prevalere, ancora una volta, il divide et impera potrebbe essere visto come il risultato meno disastroso per il resto del mondo. In teoria, un contesto di guerra civile distrarrebbe lo Stato Profondo dal bombardare altri paesi nel Sud del mondo, vista la distopica farsa di “democrazia” che sta mettendo in atto. Oppure, un blocco all’interno dell’Impero del Caos potrebbe incoraggiare ancora più avventure all’estero, come indispensabile diversivo, necessario per mandare avanti la baracca.
    (Pepe Escobar, “Banana Follies: la madre di tutte le Rivoluzioni Colorate”, da “Unz.com” del 6 novembre 2020, articolo tradotto da Markus per “Come Don Chisciotte”).

    Indiscrezioni su un’esercitazione per una Rivoluzione Colorata perfetta e autoctona, nome in codice Blu, sono trapelate da un importante think tank che ha la propria sede nelle stesse contrade imperiali che, per prime, avevano concepito l’idea di Rivoluzione Colorata. Non tutte le informazioni che divulgheremo sul’esercitazione Blu sono state declassificate. Questo potrebbe suscitare una dura risposta da parte del Deep State, anche se uno scenario simile era già stato esplorato da un’organizzazione chiamata Transition Integrity Project. Entrambi gli scenari dovrebbero essere considerati una sorta programmazione predittiva, con il Deep State che prepara in anticipo l’opinione pubblica su come andranno esattamente le cose. Le regole standard del manuale della perfetta Rivoluzione Colorata, di solito, la fanno iniziare nella capitale dello Stato-nazione X, durante una tornata elettorale, con i “ribelli” che combattono per la libertà e che godono del pieno sostegno dei media nazionali ed internazionali. Blu riguarda un’elezione presidenziale nel regno dell’Egemone. Nella simulazione, il presidente in carica, nome in codice Buffone, è di colore rosso. Lo sfidante, nome in codice Cadavere, è di colore blu.

  • Il virus dei banchieri svende i paesi con i lockdown-paura

    Scritto il 26/10/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Il piano (da sventare) è questo: hanno deciso di bloccare le economie con ripetuti lockdown, causare una spaventosa crisi sociale, costringere gli Stati, le aziende e i privati a sovraindebitarsi: così che i banchieri, prestandoci la loro moneta creata dal nulla (e passando quindi per salvatori del mondo), possano impadronirsi di tutto e noi si finisca a lavorare, come schiavi cinesi, per pagare a loro gli interessi sui debiti. Lo afferma l’avvocato e saggista Marco Della Luna, che punta il dito contro Fmi e Bce, che avrebbero premuto per le nuove strette. Il giro di vite «metterà l’Italia come i banchieri franco-tedeschi la vogliono: a 90°, posizione detta ‘della troika’». Secondo Della Luna, la comunità bancaria mondiale si sta preparando: «Quando le economie saranno indebolite e indebitate dalle misure cosiddette anti-contagio, quando la popolazione sarà esasperata dalla povertà e dalla disoccupazione, quando ogni capacità di resistenza sarà fiaccata, allora si faranno avanti con la moneta che creano dal nulla grazie alla loro sovranità monetaria sottratta agli Stati, e compreranno tutto e tutti dalle macerie, istituzionalizzando il loro nuovo ordine sociale sul modello della dittatura cinese, con un pensiero unico obbligatorio e divieto di dissenso».
    Non saremo più padroni di nulla, sottolinea Della Luna: i governi saranno «perennemente commissariati dai banchieri», e noi «lavoreremo solo per pagare gli interessi sul nuovo debito, contratto col prendere a prestito denaro che essi creano dal nulla senza indebitarsi, e che anche gli Stati potrebbero creare dal nulla senza indebitarci, se i governanti non fossero i valletti stupidi dei banchieri predoni». Sovranità monetaria contro signoraggio: su questo, per Della Luna, «si giocherà la partita finale tra libertà e schiavizzazione». Insiste l’avvocato: «I governi stanno lavorando molto bene, per conto dei banchieri: hanno ritardato e sbagliato le misure di contenimento del contagio, hanno sbagliato diagnosi e protocolli di cura, hanno volutamente omesso di prescrivere l’assunzione di sostanze come la vitamina D e la vitamina C e altre, pure naturali, che proteggono dall’infezione e dalla malattia (ma costano poco e rendono poco a Big Pharma)». E ora continuano a imporre «misure assurde e improduttive che distruggono l’economia», persino le insalubri mascherine, «il che assicura che ci ammaliamo e che le statistiche restino alte e giustifichino il nuovo lockdown».
    Quello che Della Luna definisce «lo strangolamento dell’economia» è ritenuto necessario «per il piano dei banchieri e per sostenere l’avanzata cinese nel mondo». Pechino annuncia una crescita del 10% del suo export: «Stanno comperando tutto». Le nuove restrizioni colpiscono le attività produttive, quindi anche il reddito nazionale (che consente di pagare la sanità e gli altri servizi). E la catastrofe socio-economica fa più vittime del Covid-19. Inoltre, aggiunge Della Luna, «i governi stanno abituando la gente ad accettare sistematiche e radicali privazioni di diritti fondamentali e costituzionali, come il diritto di riunione politica, quello di spostamento, di libertà personale, di scelta terapeutica, di dissenso espresso». Di questo passo, «consegneranno al potere bancario una società non solo indebitata fino al collo, ma pure ammaestrata ad obbedire e a non opporre resistenza, e incapace di distinguere la realtà dalla mistificazione del regime e dei mass media». Sarà una popolazione «senza coscienza dei principi del diritto, della democrazia, della legalità», e quindi «semplicemente perfetta per un nuovo ordine zootecnico».
    Indifferente alle denunce di illegittimità che si levano da illustri costituzionalisti, «questa prassi di violazione della Costituzione continua ormai dal 31 gennaio, appoggiata dai mass media in coro e non ostacolata dal presidente della Repubblica», mentre le opposizioni «non si oppongono», sulle fondamentali questioni di legalità costituzionale. «Ma che senso avrebbe opporsi – si domanda Della Luna – data l’indifferenza morale e politica della popolazione bovina, che non si interessa alla legalità costituzionale, alla libertà, alla dignità?». Dal canto suo, l’avvocato non si sottrae alla necessità di formulare un Piano-B. «Cosa farei io contro la pandemia? Innanzitutto, ripristinerei la legalità costituzionale revocando i provvedimenti illegittimi come lo stato di emergenza e i Dpcm». Dopodiché, «preso atto che il virus è dappertutto, e che tutti verremo prima o poi in contatto con esso, quindi non ha senso proporsi di impedire il contatto», sarebbe meglio da un lato «rafforzare le difese dell’organismo per prevenire l’infezione o perlomeno minimizzare i sintomi», e dall’altro «diluire il contagio nel tempo, per non sovraccaricare le strutture sanitarie».
    In concreto, Della Luna propone un piano in 7 punti. Primo: distribuire gratis le vitamine D e C, nonché altre sostanze utili a migliorare le difese. Mascherine? No, grazie: «Imporrei l’uso del parasputi di plastica, che non costringe a respirare aria viziata attraverso un tessuto che si riempie di germi». Diradare gli incontri? Sì, ma in modo selettivo: «Limiterei gli assembramenti, soprattutto quelli superflui, ma non le riunioni culturali, politiche e religiose». Quanto allo “smart working”, sarebbe da limitare «in modo che non rallenti o deteriori la prestazione, soprattutto nella pubblica amministrazione». In via temporanea, meglio la didattica a distanza: «Chi è predisposto impara anche da casa, mentre gli altri imparano poco o niente anche se vanno a scuola». Tra i consigli: stroncare il consumo di tabacco, raddoppiando i prezzi delle sigarette. Ma soprattutto: «Emetterei moneta di Stato, senza debito, a circolazione nazionale in parallelo all’euro». Servirebbe a sostenere l’economia, gli investimenti utili, i redditi e i consumi, e quindi ad evitare disoccupazione e indebitamento, cioè infine «la svendita del paese agli speculatori».
    Della Luna mette nel mirino la Cina: «Preso atto che il Covid-19 ormai risulta essere il prodotto della ricerca militare cinese e che la sua diffusione sta tremendamente avvantaggiando l’espansionismo cinese nel mondo ai danni dell’Occidente», l’avvocato porrebbe apertamente, nelle sedi internazionali, il seguente problema: «La dittatura cinese  potrebbe decidere di fabbricare e diffondere un virus all’anno, se le conviene nel quadro della sua strategia di potenza», e potrebbe farlo «anche a costo di milioni di morti cinesi e di un crollo momentaneo delle esportazioni cinesi» (crollo che peraltro non sta avvenendo, anzi: l’export del Made in China sta vivendo un vero e proprio boom, mentre il resto del mondo barcolla). «Infine, in sede militare – conclude Della Luna – farei presente che, se il Covid-19 viene usato come arma contro paesi membri della Nato o dell’Asean, allora la competenza a difenderci da esso spetta a questi organismi».

    Il piano (da sventare) è questo: hanno deciso di bloccare le economie con ripetuti lockdown, causare una spaventosa crisi sociale, costringere gli Stati, le aziende e i privati a sovraindebitarsi: così che i banchieri, prestandoci la loro moneta creata dal nulla (e passando quindi per salvatori del mondo), possano impadronirsi di tutto e noi si finisca a lavorare, come schiavi cinesi, per pagare a loro gli interessi sui debiti. Lo afferma l’avvocato e saggista Marco Della Luna, che punta il dito contro Fmi e Bce, che avrebbero premuto per le nuove strette. Il giro di vite «metterà l’Italia come i banchieri franco-tedeschi la vogliono: a 90°, posizione detta ‘della troika’». Secondo Della Luna, la comunità bancaria mondiale si sta preparando: «Quando le economie saranno indebolite e indebitate dalle misure cosiddette anti-contagio, quando la popolazione sarà esasperata dalla povertà e dalla disoccupazione, quando ogni capacità di resistenza sarà fiaccata, allora si faranno avanti con la moneta che creano dal nulla grazie alla loro sovranità monetaria sottratta agli Stati, e compreranno tutto e tutti dalle macerie, istituzionalizzando il loro nuovo ordine sociale sul modello della dittatura cinese, con un pensiero unico obbligatorio e divieto di dissenso».

  • Se un giorno ci chiedessero di camminare a quattro zampe

    Scritto il 23/10/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Si sveglieranno anche i dormienti senza speranza, quelli in preda all’eterno riposo del letargo profondo, il giorno in cui qualcuno dovesse ordinare loro di camminare a quattro zampe, proprio come le pecore, magari perché il mitico virus galleggia a mezz’aria e quindi insidia solo chi passeggia eretto? Che faccia avrebbe fatto, l’Uomo di Vitruvio, se gli avessero raccontato che un giorno lontanissimo, nel 2020, sarebbero esistiti italiani in grado di circolare da soli, in aperta campagna, con il volto coperto e i polmoni in carpione, marinati a fuoco lento con pochissimo ossigeno e un’overdose di anidride carbonica? E se davvero esistesse, il mefistofelico Dottor Stranamore, cosa mai dovrebbe pensare di una popolazione siffatta, così docilmente ingenua? Si potrebbero concepire prede più facili? In altre parole: non c’è neppure gusto, se ad abboccare all’amo è il pesciolino rosso nella boccia. Siamo a questo? O meglio: com’è potuto accadere? Come ci siamo arrivati? Com’è che le notizie sono letteralmente sparite, lasciando il posto alle leggende? La risposta è banale: lentamente, a poco a poco. “Pedetemptim”, dicevano i latini. Versione recente, da cartoon: la storia della rana bollita. Un grado centigrado alla volta, niente traumi: si suda un po’, ma è per il nostro bene. E poi, andiamo, mica sarà per sempre. Questo pensa, il cervello, prima di essere lessato nel modo più impercettibile?
    E’ persino nauseante ricapitolare le tappe della lunga, lunghissima trafila messa in atto per la Grande Dismissione dell’intelligenza collettiva. Punto di partenza, l’aggettivo: la rimozione della dimensione comunitaria dell’esistere. Come se il singolo (produttore, consumatore) potesse fare a meno del sistema che gli consente di vivere, come soggetto che lavora, guadagna, crea profitto, spende soldi e quindi genera benessere diffuso. Le regole, appunto: il sistema. Su cosa si basa? Sulla velocità formidabile del mezzo di scambio più efficace, il denaro: un valore solo simbolico (le banconote non si mangiano) però perfettamente funzionale, addirittura rivoluzionario nel decretare la fine dell’era paleozoica del baratto. Di fronte al disastro epocale della finanza speculativa, l’estremismo millenaristico tende a cestinare radicalmente qualsiasi transazione mediata con il supporto della valuta, gettando via il bambino con l’acqua sporca. Ma dove saremmo, oggi, senza l’accelerazione prodigiosa innescata dalle prime banche medievali, dalle prime assicurazioni che garantivano la continuità degli scambi commerciali in mezzo a mari infestati di minacce? Per contro, oggi, gli illusionisti del debito pubblico sono riusciti a imporre la più spericolata delle magie: la presunta carenza di denaro, in un mondo dove ormai il denaro si crea necessariamente dal nulla.
    Se riesci a far credere che lo Stato abbia davvero speso troppo, ovviamente per colpa dei politici corrotti e dei cittadini incorreggibili, niente ti potrà più fermare: arriverai addirittura a paralizzare il pianeta con la più colossale pandemia di asintomatici della storia della medicina, al netto delle vittime (reali, purtroppo, ma non lontane – nei numeri – rispetto a quelle di un’influenza stagionale). A valle del blackout mentale, tutto capitola: e il corto circuito frigge tutte le zanzare che vuole, a cui racconta qualsiasi cosa, dopo aver accuratamente militarizzato le fonti ufficiali. I numeri sono sballati? L’allarme è gonfiato? Le misure sono intempestive, inadatte e spesso assurde? Non è vero: quella è roba da dementi complottisti. Esistono terapie efficaci, misteriosamente trascurate? Bastava trasferirle ai medici di base, tramite il ministero e le Asl, per affidare ai sanitari la soluzione per gestire al meglio, cioè da casa e in sicurezza, l’eventuale “seconda ondata” materializzatasi a orologeria, di cui si è andati affannosamente in cerca eseguendo improvvisamente milioni di test. Ed è possibile tollerare ancora tutto questo, scambiandolo per qualcosa che non sia una presa in giro? Là fuori, intanto, l’economia sta andando in pezzi. E il governo – immobile, di fronte alla catastrofe che ha procurato – si sente dire dal capo della polizia che gli agenti non faranno irruzione nelle case, interrompendo cene tra amici a parenti, perché in quel modo violerebbero l’articolo 14 della Costituzione.
    La verità è che l’impensabile sta avvenendo, giorno per giorno, sotto i nostri occhi. Si può tutto, ormai: la diga è crollata. In America, poi, siamo alle bande armate: violenti squadristi all’assalto, sotto le bandiere gloriose dell’antifascismo e quelle, altrettanto nobili, della lotta contro la segregazione razziale. E c’è chi ancora perde tempo con etichette ormai stucchevoli – l’America, la Cina – come se le nazioni fossero ancora tali, e non eterodirette da decenni tramite il poderoso lavorio di conventicole apolidi, senza più passaporti né frontiere, capaci di progettare disegni arditamente trasversali e inconfessabili. Infiniti gli indizi convergenti, nel delirio planetario che sovrintende alla gestione dell’arma letale, la paura: il terrorismo internazionale assistito da troppi 007 distratti, il panico climatico supportato dai grandi inquinatori ora ansiosi di tuffarsi nel paradiso finanziario “green”. E siamo al passaggio finale, tanto atteso: il disvelamento apocalittico. Fantascienza? Magari: parla da sola l’esultanza di Mister Tesla per gli esperimenti sui maiali, fortunati pionieri dell’inoculo di particelle “quantiche”, interattive. I cosiddetti cospirazionisti demonizzano Bill Gates, l’uomo-vaccino, ma è la televisione a presentare le mirabilie universali del microchip, di pari passo con la crociata definitiva contro la vera, grande minaccia per l’umanità: il denaro contante. Ebbene sì: l’homo sapiens rischia l’estinzione per colpa del tabaccaio all’angolo, del bar che ha omesso lo scontrino.
    Se tutte queste erano solo ciance per appassionati, fino allo scorso anno – solo ipotesi su cui argomentare (teorie, sospetti, opinioni discutibili) – ora l’arbitro ha fischiato, e la ricreazione è finita. Parola d’ordine: obbedire. Quand’è successo? Appena Trump ha detto stop a Xi Jinping. Il giorno dopo, il mondo ha scoperto l’esistenza di un posto chiamato Wuhan. Scorciatoie imperdonabili, di nuovo: additare “l’America” o “la Cina”. Perché è successo? Il Dottor Stranamore – sempre che esista – ha temuto che masse considerevoli potessero finire di svegliarsi, mandando a stendere un bel po’ di bellimbusti? I segnali non mancavano: le rivolte elettorali contro la politica-spazzatura, l’insofferenza per i vaccini obbligatori, le proteste per il wireless 5G. C’era anche l’immenso problema della finanza planetaria, finita in una bolla di fantastiliardi immaginari: serviva uno choc platealmente indiscutibile, capace di “resettare” i numeri del pianeta, proprio come avviene dopo una guerra mondiale? Porsi domande è la virtù di Socrate, dell’Uomo di Vitruvio. Domande elementari: cosa sta succedendo, e perché proprio adesso, e in questo modo. Chi evita l’ostacolo, rimanda solo il problema. Va a scuola con la mascherina, lavora da casa, si mette in fila senza protestare. Dà retta ancora alla televisione, e scopre che gli zombie del millennio scorso – D’Alema e Prodi, Bersani, Gentiloni – escogitano soluzioni geniali, rivoluzionarie: una patrimoniale sulla prima casa, per far fronte al collasso dell’economia.
    Daccapo: ma il denaro non è quel bene volatile che viene emesso all’occorrenza illimitatamente, e a costo zero? Da dove si immagina che escano, i miliardi con cui la Bce ha tenuto in piedi l’Italia in questi mesi? Se si pensa alla sottrazione, anziché all’emissione, non sarà perché l’intento non è esattamente quello di chi vuole salvare qualcuno? E poi: c’è qualcosa di non minaccioso, negli eventi che hanno devastato il 2020? Esiste qualche atto condiviso, non imposto, non inflitto punitivamente ai cittadini? Qualcuno ha registrato posizioni serie, correttamente argomentate, documentate da evidenze inattaccabili? Qualcuno ha assistito in televisione a un confronto aperto, dialettico e scientifico, fra tesi contrapposte? C’è chi può dire di aver ascoltato parole forti e chiare, almeno dall’opposizione? Qualcuno può pensare davvero che tutto questo sia normale? Che sia inevitabile, per il nostro bene, e destinato comunque a passare in fretta, senza strascichi?
    C’è chi parla persino di eterogenesi dei fini: non tutti i mali vengono per nuocere. Se la rana è quasi bollita, ma ancora viva, solo una gran fiammata potrebbe farla saltar fuori dalla pentola. Di questo un giorno bisognerà ringraziare l’oscuro Conte? Bisognerà essere grati allo sconcertante Speranza, il ministro che non si è degnato di rispondere ai medici che, già ad aprile, lo avvertivano delle proprietà sbalorditive del banalissimo cortisone, per guarire dal Covid? Di fronte a questo, e allo spettacolo quotidiano della rassegnazione imposta per decreto con disposizioni cervellotiche, senza timore di sconfinare nel ridicolo, viene da domandarsi dove porti, davvero, tutto questo male. E’ la fiammata dolorosa che ustionerà i dormienti e donerà la vista ai non vedenti? E a quale prezzo? E quando, esattamente? Forse il giorno in cui davvero, per assurdo, dovesse esserci richiesto di marciare a quattro zampe? Se questa fosse davvero la meta recondita, l’uscita di sicurezza per i superstiti dell’apocalisse, è difficile misurare la distanza che rimane, per raggiungerla. Si temono accelerazioni spaventose, a cominciare dall’esito delle presidenziali americane. Cadranno cocci ovunque? Verranno giù balconi, e poi palazzi?
    Niente sarà più come prima, ripetono i registi dell’emergenza infinita: loro sperano semplicemente di tracciare il gregge, per l’eternità, plasmandolo a loro piacimento. Cosa tecnicamente possibile, oggi, e in tempi brevissimi: grazie alla globalizzazione sistemica (incluse, appunto, le eventuali epidemie globali). A dire che cambierà tutto, però, sono anche i loro oppositori: certificano la fine di un sistema che, già prima, era marcio dalla testa ai piedi. Chi vincerà? Dipende anche dalle pecorelle, da noi ranocchie nella pentola: per quanto ancora resteremo lì a bollire? Uno dei nostri difetti – uno dei tanti – consiste probabilmente nella faziosità istintiva, nell’animosità che avvelena le dispute, diffondendo rancore. Davanti allo spettacolo cui ci tocca assistere oggi, non manca chi si ostina a scovare – pateticamente – differenziazioni politiche, vizi e virtù in base all’appartenenza di clan, alla scuderia elettorale, come se esistessero ancora vere differenze tra Fontana e Zingaretti, tra Di Maio e Renzi. Sul fronte opposto, chi è esasperato dagli abusi (governativi, ma anche regionali) tende a insultare i dormienti, definendoli complici e codardi. La zizzania – poveri scemi sottomessi contro mentecatti irresponsabilmente “negazionisti” – non fa che cementare le divisioni, ritardando l’ipotetico risveglio, ovvero l’intuizione: siamo tutti sulla stessa barca. Ci vuole tempo, certo. Quanto ce ne sarà concesso, ancora?
    (Giorgio Cattaneo, “Se un giorno ci chiedessero di camminare a quattro zampe”, dal blog del Movimento Roosevelt del 20 ottobre 2020).

    Si sveglieranno anche i dormienti senza speranza, quelli in preda all’eterno riposo del letargo profondo, il giorno in cui qualcuno dovesse ordinare loro di camminare a quattro zampe, proprio come le pecore, magari perché il mitico virus galleggia a mezz’aria e quindi insidia solo chi passeggia eretto? Che faccia avrebbe fatto, l’Uomo di Vitruvio, se gli avessero raccontato che un giorno lontanissimo, nel 2020, sarebbero esistiti italiani in grado di circolare da soli, in aperta campagna, con il volto coperto e i polmoni in carpione, marinati a fuoco lento con pochissimo ossigeno e un’overdose di anidride carbonica? E se davvero esistesse, il mefistofelico Dottor Stranamore, cosa mai dovrebbe pensare di una popolazione siffatta, così docilmente ingenua? Si potrebbero concepire prede più facili? In altre parole: non c’è neppure gusto, se ad abboccare all’amo è il pesciolino rosso nella boccia. Siamo a questo? O meglio: com’è potuto accadere? Come ci siamo arrivati? Com’è che le notizie sono letteralmente sparite, lasciando il posto alle leggende? La risposta è banale: lentamente, a poco a poco. “Pedetemptim”, dicevano i latini. Versione recente, da cartoon: la storia della rana bollita. Un grado centigrado alla volta, niente traumi: si suda un po’, ma è per il nostro bene. E poi, andiamo, mica sarà per sempre. Questo pensa, il cervello, prima di essere lessato nel modo più impercettibile?

  • Magaldi: fango sulla Marogna, vogliono ucciderla in carcere

    Scritto il 20/10/20 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Vogliono “suicidare” in carcere Cecilia Marogna, dopo che la stampa nazionale l’ha dipinta a reti unificate come fatua e disonesta millantatrice. Vero obiettivo: minacciare l’ex capo dei nostri 007 (ora presidente di Leonardo), in modo che taccia sull’infame business dei rapimenti e delle lucrose liberazioni degli ostaggi italiani in Africa. Lo afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente del circuito massonico progressista internazionale. Forte di solide relazioni coi servizi segreti, italiani e non solo, Magaldi denuncia «la squallida montatura (giudiziaria e mediatica) che ha colpito la donna arrestata a Milano, che in realtà aveva scoperto come riscattare con poca spesa padre Pierluigi Maccalli, sequestrato in Mali, per la cui liberazione invece sono stati appena spesi 10 milioni di euro». L’improvviso arresto della Marogna, diffamata come “la dama del cardinale Becciu”, per Magaldi è un avvertimento di stampo mafioso rivolto al generale Luciano Carta, di cui la Marogna è stata strettissima collaboratrice. Obiettivo: indurre l’ex direttore dell’Aise a non rivelare nulla sulla verminosa speculazione che si organizza regolarmente dilatando i tempi di rilascio degli ostaggi, allo scopo di aumentare il prezzo del riscatto.
    «In questa operazione i veri bersagli sono tanti: nel mirino c’è anche Papa Francesco, che aveva nominato il cardinale Giovanni Angelo Becciu come “numero due” della Segreteria di Stato vaticana. Ma quello più grosso – assicura Magaldi – è costituito da un’impresa prestigiosa come Leonardo SpA, punta di lancia dell’hi-tech italiano nel mondo e, ormai, unico soggetto in grado di svolgere un po’ di politica estera per conto del nostro paese, vista l’assenza di ministri all’altezza (e anzi, la presenza alla Farnesina di emeriti imbecilli)». Il presidente roosvetiano lancia quindi un’accusa gravissima: dietro al «polverone mediatico-giudiziario» scatenato contro Cecilia Marogna, valente operatrice collegata all’intelligence italiana e vaticana (presentata invece come un’avventuriera dalle mani bucate) c’è un preciso avvertimento, di stampo intimidatorio, rivolto proprio al generale Luciano Carta, passato dall’Aise a Leonardo: guai, se si lascia scappare qualcosa riguardo al lucroso business che ruota attorno agli italiani rapiti in Africa. «Funziona così: rapitori e liberatori si mettono d’accordo sulla durata del sequestro, in modo da far lievitare la cifra pattuita per il loro rilascio».
    Magaldi è lettaralmente furibondo con il sistema mediatico italiano: il 13 ottobre, la trasmissione “Fuori dal coro” (Rete 4) non ha mandato in onda una sua intervista, in cui chiariva i retroscena inconfessabili dell’arresto di Cecilia Marogna, fermata il 15 ottobre a Milano su mandato di cattura internazionale emesso dal Vaticano. «E non è tutto: l’agenzia “Adn Kronos” ha pubblicato solo una parte (quella meno rilevante) dell’intervista che ho concesso il 19 ottobre, omettendo quindi gli aspetti sostanziali delle mie rivelazioni». Per questo, annuncia Magaldi l’indomani, nella diretta web-streaming su YouTube condotta da Fabio Frabetti di “Border Nights”, il presidente del Movimento Roosevelt denuncerà la direzione dell’”Adn Kronos” all’Ordine dei Giornalisti e anche in altre sedi, comprese quelle giudiziarie. «Lo stesso – aggiunge – accadrà se il “Corriere della Sera” ostacolerà la pubblicazione dell’intervista concessa all’ottimo Ferruccio Pinotti, che ho scoperto essere in possesso di informazioni concordanti con le mie». Magaldi segnala – come “voce nel deserto”, finora – il reportage pubblicato da Luca Fazzo il 15 ottobre sul “Giornale”, dal titolo “La guerra tra spie dietro Lady Vaticano”: «Un articolo imperfetto, ma che almeno non si beve la storiella della “dama del cardinale”: eppure, è rimasto lettera morta».
    Attenzione, avverte Magaldi: nel caso accadesse qualcosa di irreparabile, a Cecilia Marogna, i «giornalisti cialtroni» ne sarebbero moralmente corresponsabili: «Non hanno indagato sul vero ruolo di quella donna, appassionata di intelligence e preparatissima in materia di questioni geopolitiche». Al contrario: «L’hanno dipinta come una millantatrice anche un po’ ladruncola, che avrebbe estorto mezzo milione di euro al Vaticano: come se la Segreteria di Stato fosse una comitiva di babbei, a cominciare dal cardinale Becciu». Di più: «Mezzo milione di euro in cinque anni, tra compensi e spese operative, in quel modo sono un’inezia: e Cecilia Marogna – rivela Magaldi – era arrivata a un passo dalla liberazione di padre Pierluigi Maccalli, detenuto in Mali. Liberazione che invece è poi stata ritardata deliberatamente per far salire il prezzo del riscatto, 5 milioni di euro a carico del governo italiano e altri 5 sborsati direttamente dal Vaticano».
    E’ questo – afferma Magaldi – il verminaio per coprire il quale è stata arrestata e messa alla gogna la Marogna, e non solo lei: «Di questo disegno fa parte anche la recentissima condanna, per una questione legata al caso Mps, di Alessandro Profumo, attuale amministratore dell’ex Finmeccanica», galassia cui appartiene la stessa Leonardo. «Anziché straparlare di come la Chiesa di Francesco scialacquerebbe l’obolo dei fedeli – dichiara Magaldi – ai cialtroni come Mario Giordano di “Fuori dal coro” consiglio di controllare i “balletti” di Borsa subiti in questi giorni dal gruppo Leonardo-Finmeccanica, che evidentemente si vuole intimorire». L’arma di ricatto? «Le tangenti che ogni operatore internazionale di qual calibro deve normalmente versare, purtroppo, se vuole lavorare in paesi senza democrazia». Soldi che passano di mano in mano, tra politici africani, 007 e «sedicenti terroristi», quelli che tengono in piedi «l’industria dei sequestri, che colpisce anche religiosi (da qui l’inevitabile coinvolgimento del Vaticano, per cui operava Cecilia Marogna, agendo in stretto contatto con il capo dell’intelligence italiana all’estero)».
    Secondo Magaldi, la donna è ora in pericolo di vita: «Se da San Vittore venisse estradata Oltretevere, dove la giustizia è meno trasparente di quella italiana, c’è chi pensa che potrebbe venir “suicidata”: c’è infatti un “progettino”, per far fare anche a lei la stessa fine già toccata a tanti altri, in passato, anche nelle carceri italiane». Facilissimo, oggi, inscenare una sua disperazione da “peccatrice pentita”, «dopo l’infame trattamento a cui l’hanno sottoposta i giornali, senza un minimo di pudore e di scrupolo professionale». Giornali che alle inchieste serie preferiscono le “veline” di regime e il facile scandalismo, che produce solo disinformazione (in questo caso addirittura criminale, se finisse per mettere a repentaglio la vita della detenuta). «Troppi giornalisti si guardano bene dal fare i necessari collegamenti, che consentirebbero loro di domandarsi, per esempio, chi trae vantaggio dall’attacco condotto in Borsa contro il gruppo Leonardo-Finmeccanica». Ma attenzione, avverte Magaldi: «Cecilia Marogna non è sola: c’è chi vigila sulla sua incolumità personale». E non è tutto: «I manipolatori sono avvisati: monitoriamo le loro mosse, daremo loro battaglia e li cacceremo a pedate».

    Vogliono “suicidare” in carcere Cecilia Marogna, dopo che la stampa nazionale l’ha dipinta a reti unificate come fatua e disonesta millantatrice. Vero obiettivo: minacciare l’ex capo dei nostri 007 (ora presidente di Leonardo), in modo che taccia sull’infame business dei rapimenti e delle lucrose liberazioni degli ostaggi italiani in Africa. Lo afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente del circuito massonico progressista internazionale. Forte di solide relazioni coi servizi segreti, italiani e non solo, Magaldi denuncia «la squallida montatura (giudiziaria e mediatica) che ha colpito la donna arrestata a Milano, che in realtà aveva scoperto come riscattare con largo anticipo e con meno denaro padre Pierluigi Maccalli, sequestrato in Mali, per la cui liberazione invece sono stati poi spesi 10 milioni di euro». L’improvviso arresto della Marogna, diffamata come “la dama del cardinale Becciu”, per Magaldi è un avvertimento di stampo mafioso rivolto al generale Luciano Carta, di cui la Marogna è stata strettissima collaboratrice. Obiettivo: indurre l’ex direttore dell’Aise a non rivelare nulla sulla verminosa speculazione che si organizza regolarmente dilatando i tempi di rilascio degli ostaggi, allo scopo di aumentare il prezzo del riscatto.

  • L’opposizione di burro ha accettato la “dittatura sanitaria”

    Scritto il 07/10/20 • nella Categoria: idee • (1)

    Si sa: i politici che hanno bisogno di essere eletti contano poco, prendono ordini, sono teatrino; il potere reale non viene messo in gioco con le votazioni popolari; i veri decision makers, gli ingegneri socio-economici, non si mettono in pubblica discussione. Si sa pure: gli eletti non possono rappresentare gli interessi degli elettori, perché sono poco più che figuranti, devono innanzitutto ripagare chi li sovvenziona e chi li mette in lista, poi fare i propri interessi. Si sa anche: metà della popolazione è analfabeta funzionale e solo un quinto è in grado di capire gli articoli di un giornale quotidiano; perciò la comunicazione per il pubblico, specie in campagna elettorale, è necessariamente fasulla. Alle elezioni del 20-21 settembre, la sedicente opposizione ha preso più voti e più seggi, ma è uscita sconfitta, siccome le affrontava sulla fortissima aspettativa di una travolgente avanzata e di una spallata liberatoria al governo, che sono mancate completamente, sicché il governo ne è uscito corroborato. Adesso potrà prorogare l’illegittimo stato di emergenza e l’illegittima sospensione dei diritti costituzionali e continuare a governare per decreti altrettanto illegittimi, con l’avallo del Quirinale.
    Potrà imporre lo stato di sorveglianza sanitaria e vaccinazioni con prodotti industriali di pessima qualità, poco o punto efficaci, pieni di sostanze tossiche e venduti da case farmaceutiche con fedine penali molto sporche, anche per corruzione politica. Potrà reprimere l’informazione e la critica su tutte queste realtà. Adesso potrà nominarsi un nuovo Presidente di comodo che blocchi nuovamente ogni alternativa che possa scaturire prossime elezioni politiche. Adesso potrà aprire a un’immigrazione selvaggia, deprimente per il mercato del lavoro, destabilizzante per l’ordine pubblico, costosa finanziariamente, pericolosa sanitariamente, lucrosa per l’apparato imprenditoriale legato alla sinistra e al Vaticano. E abolire i decreti sicurezza e dare lo jus soli per crearsi una nuova riserva elettorale. Adesso potrà imporre il denaro elettronico per far guadagnare le commissioni ai banchieri e facilitare le loro maxi-truffe; potrà restringere l’uso del contante per soffocare ulteriormente il lavoro autonomo a vantaggio delle multinazionali straniere.
    Adesso potrà spendere Mes e Recovery Fund per finanziare il suo consenso clientelare e indebitare più fortemente l’Italia, così da poter poi, quando bisognerà rimborsare i prestiti, imporre la tassa patrimoniale sul pingue risparmio mobiliare e immobiliare degli Italiani, come da tempo esige la Germania egemone (cioè si pagheranno l’acquisto dei voti con i soldi dei contribuenti). Adesso potrà perfezionare l’insabbiamento degli scandali del braccio giudiziario del suo sistema di potere, mentre il medesimo braccio potrà archiviare serenamente le cento e più denunce contro Conte e soci per la gestione della pandemia: una mana lava l’altra. Accettare oppure rifiutare il dominio dei finanzieri, il monopolio monetario privato, l’egemonismo germanico, la sostituzione etnica, il pensiero unico, il nichilismo gender, e ora la biocrazia o dittatura sanitaria: queste sono le scelte reali, morali, strutturali.
    Alla ricerca di ingresso al potere, sedicenti opposizioni, in due anni sono passate dal rifiuto incompleto di quel modello organico, all’accettazione condizionata, e ora all’accettazione incondizionata – modello che esse però non hanno mai ardito nemmeno descrivere come modello, come programma: come il nome del dio ebraico, non può nemmeno essere detto. E’ lo Stato orwelliano, il Moloch egregiamente analizzato da “Teoria della dittatura” di Michel Onfray. Avendo sin dall’inizio deciso di non fare opposizione al detto modello, non hanno mai formulato un modello organico alternativo: facendolo, si sarebbero legati le mani e reso più difficile il transito al modello dei poteri forti. Le loro proposte alternative sono sempre state, e rimangono, su elementi singoli, magari importanti, però mai sulla struttura complessiva.
    (Marco Della Luna, “Opposizione per analfabeti 2020″, dal blog di Della Luna del 27 settembre 2020).

    Si sa: i politici che hanno bisogno di essere eletti contano poco, prendono ordini, sono teatrino; il potere reale non viene messo in gioco con le votazioni popolari; i veri decision makers, gli ingegneri socio-economici, non si mettono in pubblica discussione. Si sa pure: gli eletti non possono rappresentare gli interessi degli elettori, perché sono poco più che figuranti, devono innanzitutto ripagare chi li sovvenziona e chi li mette in lista, poi fare i propri interessi. Si sa anche: metà della popolazione è analfabeta funzionale e solo un quinto è in grado di capire gli articoli di un giornale quotidiano; perciò la comunicazione per il pubblico, specie in campagna elettorale, è necessariamente fasulla. Alle elezioni del 20-21 settembre, la sedicente opposizione ha preso più voti e più seggi, ma è uscita sconfitta, siccome le affrontava sulla fortissima aspettativa di una travolgente avanzata e di una spallata liberatoria al governo, che sono mancate completamente, sicché il governo ne è uscito corroborato. Adesso potrà prorogare l’illegittimo stato di emergenza e l’illegittima sospensione dei diritti costituzionali e continuare a governare per decreti altrettanto illegittimi, con l’avallo del Quirinale.

  • Maddalena: il debito con l’Ue ci rende schiavi degli stranieri

    Scritto il 03/10/20 • nella Categoria: idee • (Commenti disabilitati)

    Per la prima volta nella storia si assiste a una doppia tragedia di carattere universale. Da un lato la distruzione ambientale che avanza senza soste, destando enormi preoccupazioni soprattutto per lo scioglimento delle calotte polari e l’estinzione dei ghiacciai che alimentano le sorgenti di acqua potabile. Dall’altro lato l’aumento, che sembra irrefrenabile, dell’infezione da corona virus, che, secondo dati ufficiali, ha superato il milione di decessi e 33 milioni di contagi, creando più morti di Aids e malaria messi insieme, accertati nel 2019. E c’è una malattia ancora più grave, quella che Cicerone chiamava la imbecillitas mentis, cioè l’indebolimento della logica e l’indifferenza generale, al punto che il negazionismo ha raggiunto quote inimmaginabili (si pensi ai due veneziani, convinti che la terra è piatta, i quali su una barca volevano raggiungere il confine del mondo e sono stati salvati per miracolo nei pressi dell’isola di Ustica). Per quanto riguarda l’economia, c’è oscurità nelle proposte avanzate dal nostro governo, che si dibatte tra 557 proposte (tra loro scollegate) per l’utilizzo del Recovery Fund, mentre non decide, come vorrebbero il Pd e lo stesso Visco, governatore della Banca d’Italia, per l’acquisizione dei prestiti del Mes.
    Nessuno ha capito che più l’Italia si indebita, più diviene schiava degli stranieri, ed è costretta a continuare a svendere le proprie fonti di produzione di ricchezza e, addirittura, l’intero territorio nazionale. L’Italia, invero, ha una sola via da percorrere, revisionare il debito attuale, che per la quasi totalità è stato messo sulle nostre spalle dalle ciniche operazioni del mercato generale, che fece schizzare i tassi d’interesse fin oltre il 30%, dopo che Andreatta, con lettera del 12 febbraio 1981, impedì alla Banca d’Italia di comprare i buoni del Tesoro rimasti invenduti. Si tenga presente in proposito che dalla speculazione, che è un fatto illecito, non possono nascere diritti di credito, e quindi detto debito pubblico, come ha già scritto Paolo Ferrero, deve ritenersi inesistente. Non bisogna poi assumere nuovi debiti di qualsiasi natura e far ricorso invece all’emissione di una moneta di Stato, la cui circolazione è limitata al territorio nazionale. Fatto questo non vietato dai Trattati e ritenuto necessario da economisti della portata di Joseph Stiglitz e James Kenneth Galbraith. Fondamentale poi è ricorrere ricostituzione del “patrimonio pubblico italiano”, facendo ricorso alle rinazionalizzazioni dei servizi pubblici essenziali, delle fonti di energia e delle situazioni di monopolio, come prescrive il più volte citato articolo 43 della nostra Costituzione.
    Se l’Italia non riprende la ricchezza nazionale che le appartiene a titolo di sovranità, non uscirà mai dal ginepraio nel quale l’hanno gettata molti governanti traditori della Patria attraverso le micidiali “privatizzazioni”. E a questo punto bisogna ricordare che le delocalizzazioni e le svendite di imprese strategiche devono essere vietate dal governo con l’uso del Golden power. Per quanto ci risulta mai utilizzato. Solo ricostruendo l’Italia sul piano finanziario ed economico, riprendendoci il patrimonio pubblico, che è nella proprietà pubblica del popolo a titolo di sovranità, potremo uscire da questa impasse, piuttosto che asservirci allo straniero. Ma i nostri governanti, con a capo il ministro del Tesoro Gualtieri, e ora anche il governatore della Banca d’Italia Visco, vivono ancora in un mondo diverso, e non si rendono conto, ad esempio, che le Autostrade sono proprietà pubblica del popolo italiano e che Atlantia è soltanto gestore di questo bene. Mentre il governo ha il dovere imprescindibile, se davvero volesse agire con disciplina e onore, di utilizzare l’unica via che la legge gli impone: quello della revoca delle dette gestioni a causa delle inadempienze contrattuali del detto gestore, anche se avvenute due anni fa. Si ricorda che la prescrizione contrattuale è di 10 anni, mentre quella aquiliana è di 5 anni, secondo il vigente Codice civile.
    Inappropriate sono anche le discussioni che si fanno nei confronti dell’Europa, alla quale noi non abbiamo “ceduto” la nostra sovranità, ma soltanto “limitato” il suo esercizio per perseguire, in condizioni di parità con gli altri Stati, la pace e la giustizia fra le nazioni, e non per arricchire i paesi più forti ai danni dei più deboli, come vuole il pensiero predatorio neoliberista, accolto in pieno dai manovratori dell’Europa (con qualche recente eccezione da parte della Ursula von der Leyen). Tale pensiero predatorio neoliberista ha portato addirittura la Corte Europea a dichiarare lecita la costituzione di paradisi fiscali all’interno dell’Unione, fatto che dimostra una subordinazione a detto pensiero anche da parte di detti giudici. L’Italia deve agire con dignità ed onore e deve essa scegliersi i suoi partner internazionali, escludendo, allo stato dei fatti, Olanda, Austria, Danimarca, Finlandia, Svezia e i paesi del blocco di Visegrad, e aprendo invece ai paesi a lei più vicini per tradizione e cultura, come Spagna, Grecia e Portogallo. “Quisque artifex fortunae suae”, ciascuno è artefice della propria fortuna, e mai, come in questo momento, l’Italia deve liberarsi da idee sopraffattrici imposte dagli stranieri e agire per la sua salvezza, tenendo presente che l’obiettivo ultimo da raggiungere è la “salus rei pubblicae”, la salvezza della Patria.
    (Paolo Maddalena, “L’Italia più si indebita più diventa schiava degli stranieri, serve l’emissione di una moneta di Stato”, da “L’Antidiplomatico” del 28 settembre 2020. Il professor Maddalena, eminente giurista italiano, è vicepresidente emerito della Corte Costituzionale e presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”).

    Per la prima volta nella storia si assiste a una doppia tragedia di carattere universale. Da un lato la distruzione ambientale che avanza senza soste, destando enormi preoccupazioni soprattutto per lo scioglimento delle calotte polari e l’estinzione dei ghiacciai che alimentano le sorgenti di acqua potabile. Dall’altro lato l’aumento, che sembra irrefrenabile, dell’infezione da corona virus, che, secondo dati ufficiali, ha superato il milione di decessi e 33 milioni di contagi, creando più morti di Aids e malaria messi insieme, accertati nel 2019. E c’è una malattia ancora più grave, quella che Cicerone chiamava la imbecillitas mentis, cioè l’indebolimento della logica e l’indifferenza generale, al punto che il negazionismo ha raggiunto quote inimmaginabili (si pensi ai due veneziani, convinti che la terra è piatta, i quali su una barca volevano raggiungere il confine del mondo e sono stati salvati per miracolo nei pressi dell’isola di Ustica). Per quanto riguarda l’economia, c’è oscurità nelle proposte avanzate dal nostro governo, che si dibatte tra 557 proposte (tra loro scollegate) per l’utilizzo del Recovery Fund, mentre non decide, come vorrebbero il Pd e lo stesso Visco, governatore della Banca d’Italia, per l’acquisizione dei prestiti del Mes.

  • L’Italia ha in cassa 98 miliardi: usi quelli, non i prestiti Ue

    Scritto il 12/9/20 • nella Categoria: segnalazioni • (1)

    «Sembra che l’appoggio francese al Recovery Fund sia stato condizionato alla disponibilità italiana a cedere asset strategici a gruppi espressione o collegati all’economia transalpina. Occorrerà quindi vedere se ci saranno transazioni bilaterali in cui la proprietà francese dei nostri asset strategici andrà a consolidarsi». Non solo: «Oltre a una condizionalità formale palese, potrebbe essercene una occulta, concordata nell’ambito dei negoziati che hanno preceduto il Consiglio Europeo che ha dato il via libera al Recovery Fund». Lo afferma Domenico Lombardi, ex consigliere economico del Fmi, intervistato da Lorenzo Torrisi per il “Sussidiario”. Lombardi segnala inoltre che il saldo di Tesoreria, cioè l’ammontare del conto corrente che lo Stato detiene presso la Banca d’Italia (con cui gestisce gli incassi e i pagamenti), non solo ha raggiunto livelli record, ma continua a crescere, e oggi sfiora i 100 miliardi di euro. Perché non usare subito quei soldi per salvare le aziende – che stanno per chiudere, massacrate dal lockdown – anziché insistere con l’elemosina del Mes, vincolata a pesanti condizionalità? In altre parole: il governo ha in cassa una somma enorme, grazie ai massicci aiuti garantiti dalla Bce dopo che Christine Lagarde ha provveduto ad acquistare titoli di Stato italiani. Soldi a palate, spendibili subito: perché il governo esita? Oltretutto, dice Lombardi, l’iter per il Recovery Fund si annuncia lunghissimo e incerto.
    Se l’esecutivo ha presentato una prima bozza su come spendere i soldi che arriverebbero forse tra un anno, la Commissione Europea deve ancora inviare a Roma le sue linee guida. Dopodiché, come ha spiegato Conte, a metà ottobre inizieranno delle interlocuzioni (prima a livello nazionale, poi tra governo e Bruxelles) per individuare i progetti che potranno essere finanziati con le risorse del Recovery Fund. «Di fatto – scrive Torrisi sul “Sussidiario” – si sta prendendo sempre più consapevolezza che bisognerà attendere almeno la primavera per ricevere la prima tranche dei complessivi 209 miliardi di euro». Anche per questo motivo «si è tornati a invocare, specie dal Pd, il ricorso dell’Italia al Mes», tanto più che il ministro della salute, Speranza, ha presentato al premier «un piano di investimenti nella sanità da 68 miliardi di euro in sei anni». Eppure, stando alle risorse attualmente già in cassa, non ci sarebbe alcuna necessità di ricorrere al Mes. Per Domenico Lombardi, è stata «sopravvalutata la facilità» con cui si potrà attingere alle risorse europee. Tra l’altro, ricorda Torrisi, il Recovery Fund dovrà essere ratificato da tutti i paesi membri. E anche in questo caso, precisa Lombardi, «gli esperti avevano avvertito che si trattava di risorse condizionate».
    L’ex consulente del Fmi sottolinea l’esigenza di pretendere «la necessaria trasparenza nelle interlocuzioni tra governo e Commissione, così che tutti gli stakeholder siano debitamente informati sulle condizionalità che si andranno formando e che non conosciamo». Prima fra tutte, l’incognita rappresentata dalla Francia, che secondo fonti di stampa avrebbe richiesto il controllo di quote crescenti dell’economia italiana, in cambio dell’ok di Macron al piano di aiuti per il nostro paese. Quanto alla citata trasparenza, osserva Torrisi, «non è detto che il Parlamento italiano verrà chiamato ad approvare quello che sarà il Recovery Plan, frutto del negoziato tra governo e Commissione Europea». Su questo, Lombardi afferma: «Mi auguro che dinanzi a ogni prestito internazionale, soprattutto di dimensioni significative, la maggioranza che sostiene questo governo abbia l’opportunità di esprimersi in Parlamento, così come è stato del resto annunciato nel caso di accesso al Mes». Un sospetto: «Temo che la decisione sul Mes sia stata già presa tempo fa, e che adesso si stia cercando il momento opportuno per garantirne l’attuazione politica», dice Lombardi. «Così si spiegano le reiterate sottolineature sulle condizioni finanziarie convenienti legate a questo prestito».
    In realtà, aggiunge Lombardi, «trovo goffo questo tentativo di ottenere un suggello politico sulla base degli aspetti di convenienza finanziaria, anche perché – spiega – se siamo dinanzi a una scelta fondamentale legata al ruolo dell’Italia nell’Europa, la semplice valutazione finanziaria appare del tutto inadeguata». Proprio a livello finanziario, infatti, emerge l’importante saldo attivo di Tesoreria: il 3 luglio era di circa 70 miliardi di euro, oggi sappiamo che a fine luglio è salito a 80 miliardi, e a fine agosto è arrivato addirittura a 98 miliardi. Oltretutto – aggiunge Lombardi – il 4 settembre il Mef ha annunciato di aver cancellato l’asta dei Bot trimestrali prevista per il 9 settembre «in seguito all’assenza di specifiche esigenze di cassa». Se il Mes fosse così strategico, il ricorso al fondo speciale «dovrebbe fondarsi su dati accurati», cosa che secondo Lombardi «non sembra stia avvenendo». Insiste l’ex stratega del Fondo Monetario: «Non possiamo assistere alla scomparsa di imprese dal tessuto economico e sociale del paese e contemporaneamente avere un saldo di Tesoreria così elevato», che oltretutto tiene conto persino del calo delle entrate tributarie (-7,7%) registrato nei primi sette mesi dell’anno, per colpa del lockdown.
    «Credo che insistere sulla necessità di accedere al Mes di fronte a un saldo del genere – scandisce Lombardi – testimoni in modo incontrovertibile la scelta politica sottostante alla richiesta di ricorrere al Meccanismo Europeo di Stabilità». Tradotto: sottoporre l’Italia alle pesanti condizionalità previste, nonostante il paese disponga oggi di una straordinaria liquidità. Pressioni esterne, dunque? Il fatto che il pacchetto Mes sia ancora in discussione, ragiona Lombardi, significa sue cose: da un lato testimonia «la volontà di una parte del governo di ponderare bene questa scelta», e dall’altro risulta «coerente con pressioni che l’Italia potrebbe avere ricevuto, magari anche nell’ambito di quei negoziati per il buon esito del Recovery Fund». Non c’è la “pistola fumante”, ma gli indizi abbondano: «Può darsi che, nell’ambito delle varie condizionalità di tipo politico (non tecnico) concordate in sede di negoziato prima o durante il Consiglio Europeo di luglio, sia stato compreso anche l’accesso dell’Italia al Mes». Si andrebbero quindi a sommare pesantissime condizionalità? «Per un’economia a elevato debito come quella italiana – sostiene Lombardi – potrebbero facilmente scattare delle clausole di salvaguardia che rischierebbero di introdurre nel nostro paese delle scelte che non verrebbero prese esclusivamente dal governo italiano».
    Il rischio, chiarisce lo stesso Torrisi, è quello di un’eterodirezione nella gestione del debito, soprattutto nel momento in cui torneranno in vigore le regole del Patto di Stabilità, attualmente sospese. Chiaramente – conferma Lombardi – l’Italia sarebbe più esposta, su quel fronte: «Quando si hanno dei rapporti creditizi in essere, l’opinione dei creditori conta». E così, «la visione che altri paesi europei hanno dei problemi italiani e delle loro soluzioni avrebbe un peso ancora maggiore, rispetto alla situazione attuale». Un rischio che sarebbe meglio evitare, ovviamente. In questi giorni, mentre è stata cancellata l’asta dei Bot trimestrali, è stato collocato un Btp ventennale, le cui richieste hanno superato gli 80 miliardi di euro. Questo si inserisce in una serie di altre iniziative, come il Btp Italia e il Btp Futura, che mirano a migliorare la gestione del debito pubblico e il “classamento” dei titoli, cosa che magari costa al Tesoro un po’ di più, ma che garantisce maggior stabilità e minor esposizione alle fronde speculative. Sono tutte iniziative ottime, aggiunge Lombardi, che testimoniano un eccellente accesso al mercato di cui oggi l’Italia gode. E visto che il Mes è destinato a paesi in difficoltà con i mercati finanziari, conclude Lombardi, «non vedo perché l’Italia dovrebbe crearsi uno stigma quando è invece in grado di soddisfare pienamente la sua domanda di cassa e addirittura avere un saldo di Tesoreria a livelli record».
    Questo saldo record, ipotizza Torrisi, potrebbe essere tenuto alto in via precauzionale, temendo un cambio di linea della Bce: finora, grazie a Christine Lagarde, la banca centrale ha acquistato in maniera massiccia titoli di Stato italiani, mettendo al sicuro il bilancio di Roma. E se domani tutto dovesse mutare? Se la Bce dovesse cambiare veramente linea – obietta Lombardi – il prestito del Mes, a livello quantitativo, «sarebbe una goccia nel mare». Detto questo, «effettivamente il motivo precauzionale per il saldo di Tesoreria è importante», ammette l’ex consulente del Fmi. «Ma non possiamo dimenticare – aggiunge – che nel contempo ci sono imprese che stanno morendo o sono già morte». Proprio perché gli operatori economici «stanno fronteggiando un’incertezza inedita, nella nostra storia recente», secondo Lombardi «sarebbe utile che lo Stato onorasse il pagamento dei suoi debiti con le imprese in tempi assai più brevi, utilizzando proprio parte di quel saldo di Tesoreria». Avendo un’esigenza di rifinanziamento così massiccia, per via dell’enorme debito pubblico, «la migliore assicurazione per l’Italia è rivitalizzare il tessuto economico». chiosa Lombardi: «Questo lo si fa non solo stanziando contabilmente risorse, ma aumentando la velocità di circolazione delle stesse».

    «Sembra che l’appoggio francese al Recovery Fund sia stato condizionato alla disponibilità italiana a cedere asset strategici a gruppi espressione o collegati all’economia transalpina. Occorrerà quindi vedere se ci saranno transazioni bilaterali in cui la proprietà francese dei nostri asset strategici andrà a consolidarsi». Non solo: «Oltre a una condizionalità formale palese, potrebbe essercene una occulta, concordata nell’ambito dei negoziati che hanno preceduto il Consiglio Europeo che ha dato il via libera al Recovery Fund». Lo afferma Domenico Lombardi, ex consigliere economico del Fmi, intervistato da Lorenzo Torrisi per il “Sussidiario“. Lombardi segnala inoltre che il saldo di Tesoreria, cioè l’ammontare del conto corrente che lo Stato detiene presso la Banca d’Italia (con cui gestisce gli incassi e i pagamenti), non solo ha raggiunto livelli record, ma continua a crescere, e oggi sfiora i 100 miliardi di euro. Perché non usare subito quei soldi per salvare le aziende – che stanno per chiudere, massacrate dal lockdown – anziché insistere con l’elemosina del Mes, vincolata a pesanti condizionalità? In altre parole: il governo ha in cassa una somma enorme, grazie ai massicci aiuti garantiti dalla Bce dopo che Christine Lagarde ha provveduto ad acquistare titoli di Stato italiani. Soldi a palate, spendibili subito: perché il governo esita? Oltretutto, dice Lombardi, l’iter per il Recovery Fund si annuncia lunghissimo e incerto.

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