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Carpeoro: attenti alla magia, il potere la usa contro di noi
La “costruzione dell’effetto” è alla base della magia. Che cos’è la magia? Era la manipolazione antica. Era il modo di manipolare, magari dei sacerdoti egizi, che dovevano “costruire” i miracoli. La magia esiste, ma non la faccio io: la fa la mia “costruzione dell’effetto” sul soggetto passivo. E’ il soggetto passivo che attiva il mago: il mago è attivo se c’è un soggetto passivo. Chomsky lo spiega in cinque parolette. A seconda dell’ordine in cui le mettete, ottenete in effetto diverso. Lo vogliamo chiamare effetto di manipolazione? Effetto magico? Miracolo? Chiamiamolo come vogliamo. Le cinque parole sono: astrazione, estrazione, ostruzione, istruzione, distruzione. Il risultato cambia, a seconda dell’ordine in cui queste parole sono disposte. E il risultato finale è la costruzione dell’effetto magico. Chi era il mago? “Magia” viene da un termine sanscrito, “Mg”, che significa “conoscere”: così, “magia” ha la stessa radice di “magister”. Il mago poi diventa il maestro, cioè lo scienziato, perché conosce: costruisce l’effetto perché conosce i termini della produzione dell’effetto, che è l’effetto magico. Ma la magia quando nasce? Nasce quando l’uomo ha bisogno del potere.La magia è potere. Perché i grandi Rosacroce e i grandi filosofi hanno studiato la magia ma non l’hanno praticata? Perché non erano interessati al potere, erano interessati all’essere. Quindi, l’effetto magico è una costruzione di potere: serve a far fare a qualcuno quello che voglio io, in base a un percorso che io ho disegnato. Il vero esoterismo, la vera esperienza spirituale, non è un’esperienza di attività, è un’esperienza di complementarietà. Si è complementari al corso delle cose, non le si modifica. Tommaso da Kempis, che era un grande Rosacroce e viene invece spacciato dalla Chiesa cattolica per un insegnante di catechismo nelle scuole, scrive che il vero cristiano insegna con l’esempio, non con la predica. E non è una modalità attiva: non interferisco con quello che fai tu, ti faccio solo vedere quello che faccio io. Perché uno dovrebbe studiare la magia, astenendosi però dal praticarla? La magia è intesa come storia dell’esoterismo, come formazione di un pensiero. Noi siamo abituati a studiare una certa storia, sui libri di scuola, e non ci insegnano che c’è anche una meta-storia, come c’è una fisica e una metafisica.C’è una storia fatta di avvenimenti, di date, e c’è una storia fatta di ragionamenti – di pensieri, di mutamenti all’interno del corpo sociale, del costume, della spiritualità delle persone – che porta a dei mutamenti storici. Certo, quella di Hitler è una storia di nazismo, fatta di date. Ma ci sarebbe mai stata, quella storia di nazismo, se non ci fosse stata la storia di un pensiero antecedente, magari dettato da uno scienziato che si chiamava Gobineau, che 60-70 anni prima del nazismo scrisse un libro che si chiama “L’evoluzione delle razze”? Era l’anticamera della discriminazione razziale. Quindi, in realtà, come c’è una storia, c’è anche una meta-storia: quella di chi si occupa di studiare il pensiero, che è l’unica cosa che ci sopravvive, se è valido. Quando Cartesio dice “cogito, ergo sum”, non dice “cogito, ergo sum aeternum”, non ne fa un ragionamento di immortalità, ma di “essere”: io sono, in quanto penso, e non ho bisogno di essere immortale. Perché tutti gli esoteristi che si sono dedicati alla magia – e l’hanno praticata – sono andati incontro a una negatività? Perché la pratica della magia è il perseguimento del potere.Io, con la magia, modifico la tua vita, il corso delle cose. Lo modifico. Se invece pratichi l’essere, tu “sei”. Se vogliono imitarti ti imitano, però non imponi dei modelli comportamentali. Uno dei clichè dell’ufologia è quello dei “vigilanti”, degli “osservatori”, personaggi di una cultura superiore che hanno però il divieto di interferire. Si tratta di un archetipo, piuttosto che di uno stereotipo, presente anche nei fumetti. Anche nella Bibbia troviamo dei personaggi che devono osservare ma non intervenire. Se sono veramente di origine divina, non intervengono mai. E ci sono esempi assolutamente simbolici di non-intervento. Le ultime parole di Cristo in croce: Dio, perché mi hai abbandonato? Sono parole da uomo, non da Dio: Cristo muore da uomo. E quelle parole certificano il non-intervento del Dio che fa morire suo figlio. Potrebbe intervenire e impedire questa cosa tremenda, ma non lo fa. Perché il non-intervento è il divino: se dobbiamo concepire una presenza del divino, dobbiamo concepirla in termini di non-intervento. Invece, tutta la nostra cultura religiosa magica ci ha insegnato a chiederlo, l’intervento. Madonna, fammi vincere al Superenalotto. Ci hanno insegnato a chiedere la grazia. Ma la grazia non è una cosa che ti viene data, è un tuo stato: tu sei nella grazia, se scegli l’essere. E non sei nella grazia – il contrario di grazia si chiama disgrazia – se sei nel potere.La grazia è una condizione dell’essere, non è una cosa che ti viene concessa perché la chiedi. Mi spiace deludere tutti quei napoletani che si rivolgono alla statua di San Gennaro, ma purtroppo è così. Noi abbiamo immaginato la religione in termini magici, ed è solo in termini magici che andiano a Lourdes, a Medjugorje, aspettandoci di vedere le Madonne piangere, perché quello è un effetto magico. Direte: ma allora, i miracoli? I miracoli sono nelle pieghe di questa vita, sono nascosti; quando sono evidenti non sono miracoli. Il miracolo è il nascosto, la magia è il manifesto. Il nascosto è l’essere, il manifesto è il potere. Il potere non è mai occulto. A nascondersi sono i suoi agenti, che si nascondono per non essere individuati. Ma il potere, in quanto tale, è manifesto per sua autodefinizione. Parlare di poteri occulti è un ossimoro: il solo fatto che se ne parli dimostra che non sono occulti; se fossero occulti non se ne parlerebbe.Complottismo e massoneria? Ok. Come si chiama la loggia massonica più vituperata? P2. E perché si chiama P2? E’ la secondogenita, evidentemente. Ma della prima, chi parla? Nessuno. E come mai? Elementare: se c’era una P2, ci sarà stata anche una P1. Eppure i giornali sono arrivati fino alla P5, ma della P1 non parleranno mai. Perché? Nella P2 – o meglio: in quei 500 nomi indicati da Gelli – c’erano tutti “vice”, a livello militare e ministeriale. Vicepresidenti, sottosegretari. Quindi, se nella P2 c’erano i vice, nella P1 cosa c’era? Evidente: i numeri uno. E’ così difficile scriverlo? E allora perché non lo scrive nessuno? Dunque, la manipolazione che cos’è, veramente? E’ la costruzione di un effetto magico. Dato che vi devo sopraffare, devo quindi fare l’astrazione (quindi: togliervi dalla realtà), e devo fare l’estrazione, devo fare l’ostruzione, poi devo fare l’istruzione e infine la distruzione. Sono cinque parolette simpatiche da ricordare. A seconda di come le si mette in ordine, è possibile ricostruire tutti gli eventi del mondo degli ultimi cento anni.Tutte le operazioni che sono state fatte sono fondate su queste frasi. Stiamo parlando di magia, di cultura magica. E i grandi maghi non hanno mai operato la magia. Il più grande mago rinascimentale – per definizione non mia, ma di una grande studiosa di Oxford, Frances Yates – era Giordano Bruno. Era un mago: viene chiamato “magus”, ma non operava magie. Il mago dell’epoca si chiamava Geordie, prendeva un insetto di metallo a forma di scarabeo e lo faceva volare. L’insetto volava, c’era la magia. Poi bisogna capire perché volava – la costruzione dell’effetto magico. Il primo atto di magia che ricordiamo è quando Mosè separa le acque. E’ un atto magico, certo. Ma bisogna capire quanto questo atto sia costruito per una situazione gerarchica. E’ il potere, che irrompe nella storia solo quando, nella società nomade, compare la figura dell’uomo modificatore. Chi è il modificatore per eccellenza? Il coltivatore: che ha bisogno di razionalizzare, di stare sempre nello stesso posto, di difendere il territorio o di conquistarlo, quindi nasce la guerra. E ha bisogno di stabilire una gerarchia sociale, col controllo di chi lavora per lui. Quindi nasce la religione.Potere, guerra, religione: tutte componenti magiche, perché devono modificare, in base a delle conoscenze, il corso naturale degli eventi. Ecco perché, mentre l’essere è complementarietà, il potere è magia. La magia è finalizzata al potere. I grandi maghi che hanno praticato la magia non hanno fatto un bella fine. Il satanismo promette un potere straordinario, successo, ricchezza. Perché Faust si vende l’anima? Per il potere. Poi si accorge che non se ne fa niente, di quella roba lì. Prendiamo Oscar Wilde, che era un Rosacroce prima che un massone. Wilde costruisce un’intera sua opera, sul simbolismo del potere, “Il ritratto di Dorian Gray”. Quel ritratto è costruito su uno specchio magico: l’immagine allo specchio invecchia e Dorian Gray rimane giovane. E’ il cosiddetto capovolgimento iniziatico. E’ un effetto magico, no? Oscar Wilde dice: la magia ti dà il potere, ma il frutto di questo potere è che Dorian Gray diventa un infelice maligno, che cerca di creare il male.Noi però possiamo “essere” il male, se scegliamo il potere, ma non possiamo fare in modo che ogni nostra azione sia solo male. Quindi accade che quella che rimane giovane è la parte peggiore. Così alla fine Dorian Gray rompe lo specchio, invecchia improvvisamente e muore felice, perché distrugge il meccanismo di potere che lo aveva reso prigioniero di uno schema. Che lo schema si chiami eterna bellezza, eterna giovinezza o eterna ricchezza, non importa, non cambiano i termini del discorso, perché quello è il potere: il potere di essere eternamente belli, giovani, ricchi, capaci di influire sulla vita degli altri. E’ una trappola, un “maya” che ti rende infelice. E siccome ogni essere umano ha come prima aspirazione la felicità, per essere felici bisogna ritrovare la propria complementarietà e, appunto, “essere”.Io l’ho studiata, la magia, ma come storia del pensiero. E badate, a volte la magia produce anche degli effetti. Ricordo le vecchie del mio paese, che facevano riti per allontanare le malattie. Ma questi effetti sono la costruzione di volontà di potere: non sono mai quegli effetti che noi pensiamo, perché la costruzione dell’effetto magico è sempre un artificio. Qual è il problema? E’ un artificio di cui a volte conosciamo la costruzione, perché siamo in grado di ricostruire tutte le condizioni che l’hanno creato. La natura è dominata dalle sue leggi, ma noi non le conosciamo tutte. A volte si ottengono degli effetti dovuti a leggi che noi non conosciamo, ma che in quel momentio intervengono perché – senza volerlo – ne abbiamo creato le condizioni. Poi magari rifacciamo l’esperiemento, e non riesce. E non ci rendiamo conto che magari non siamo nello stesso posto alla stessa ora, che il magnetismo non è uguale, che magari abbiamo mangiato troppo maiale nei giorni precedenti e quindi il nostro modo di sprigionare energia cambia. Il gesto di riconoscimento dei Rosacroce era un indice rivolto verso l’alto e un indice rivolto verso il basso. E’ lo stesso del Padre Nostro, “come in cielo, così in terra”.Negli ultimi secoli, nella storia del pensiero, c’è stata una deriva magica. La magia è sempre una deriva: essendo una scelta di potere, che consiste nel modificare gli altri, la natura, il prossimo, gli ambienti, non può che portare lì. E’ a monte, il problema. Quando tu scegli il potere, e magari non hai ancora fatto niente di male, devi star sicuro che lo farai, perché la conseguenza del potere è quella. Si dice di un Papa: ha fatto questo e quello. Be’, ci sta. Perché dal momento in cui, ad esempio, diventi Papa nel 1963, e rimani Papa fino all’anno 1978, come fai a non parlare con Gelli? Scusate, ci parlavano presidenti della Repubblica, presidenti degli Stati Uniti, pure i cardinali – e tu che fai, non ci parli? Ma questo è legato al fatto che diventi Papa, non al fatto che ti chiami Mario Rossi. Quando i politici fanno determinate cose, sono conseguenti alla loro scelta di vita, che è quella che ti condiziona e ti cambia. Nel momento in cui capisci come la devi gestire, la tua vita, capisci che ti devi sottrarre al gioco del potere.L’homo faber è colui che ha creato l’alchimia. La magia ne è l’aspetto deteriore. La trasmutazione dei metalli degli alchimisti veri non riguarda il potere, ma l’essere, tant’è vero che quelli che volevano ottenere l’oro venivano chiamati, volgarmente, “soffiatori”, perché soffiavano nel mantice, mentre l’alchimista spirituale era quello che doveva trasformare il proprio “piombo” in “oro”. L’alchimista vero non insegna nulla agli altri, e scrive testi così ermetici di cui, nella maggior parte dei casi, nessuno ci capisce niente. Perché scrivono, allora? Perché, nel momento in cui capisci qual è la loro chiave, loro te l’hanno trasmessa. Ci sono due modi di trasmettere la conoscenza: uno si chiama iniziazione, l’altro si chiama tradizione. Quando io ti inizio, ti spiego: ti do la scatola e la chiave. Quando invece trasmetto soltanto la scatola, ma non la chiave, ti do lo stesso contenuto, ma tu non sai cosa c’è dentro, quando a tua volta lo trasmetti. E’ come quando si diceva la messa in latino: mia nonna quelle parole le sapeva perfettamente, ma non sapeva cosa significassero.I testi alchemici conservano quella conoscenza – per chi si sa procurare le chiavi. Credo che la ricerca della chiave faccia parte di un percorso formativo che è fondamentale. C’è da fare un percorso, che fa parte della formazione iniziatica. Compiere questo percorso è la migliore garanzia per difendersi dalla tentazione della magia. Perché il potere è tentatore. Ti tenta, approfittando delle tue debolezze contestualizzate: approfittando di quando sei povero e offrendoti del denaro, di quando sei solo offrendoti compagnia, di quando hai fame offrendoti del cibo. Perché l’altra componente che il potere ha costruito, rispetto a questa società – e questo non emerge sufficientemente dagli studi sulla manipolazione fatti finora – è l’incapacità dell’accettazione: diventi incapace di accettare quello che dovresti. Mago è chi usa la conoscenza per modificare la realtà, ma noi non dobbiamo modificare la realtà: dobbiamo modificare gli occhi con cui la guardiamo. Se avessimo la percezione della realtà totale, non avremmo bisogno di nulla. Ma al potere fa comodo quel tipo di cultura, quella che aiuta la sottomissione degli altri, la soggezione, la manipolazione. Non gli fa comodo la cultura della libertà.La libertà è: non aver bisogno. Se uno ha bisogno, non è libero. Se ho bisogno di conquistare le donne, gli uomini, le macchine, il denaro, il potere, il trono, l’ermellino, lo scettro, il maglietto del massone – se ne ho bisogno, non sarò mai un uomo libero. Per eliminare il bisogno occorre avere la consapevolezza dell’essere – la consapevolezza della nostra divinità, che è nel pensiero. Tutto quello in cui abbiamo creduto ci conduce a perseguire la magia, quindi il potere, invece dell’essere. La nostra storia politica, sociale, umana, è stata danneggiata da interpretazioni magiche, sempre. Tutta la cultura cristiana del miracolo, della retribuzione paradisiaca, ha effetti deleteri perché funzionali al potere: trasformare la religione cristiana in quella di Costantino. Ma Costantino non era cristiano, è stato battezzato solo in punto di morte. Non bisogna confondere la religione con la spiritualità. Io la spiritualità la chiamo religione individuale. Quando la religione è individuale non fa danni; quando diventa collettiva bisognare stare attenti, perché lì succedono i guai. La religione collettiva serve alla società, non all’uomo. Alla nostra società sono serviti i benedettini che hanno copiato (a modo loro) le cose, hanno conservato documenti e opere d’arte. Agli individui invece sarebbe servito, per esempio, non cominciare a combattere i Mori, che ai tempi erano molto più civili di noi: nella Terza Crociata, il “feroce Saladino” firma col suo nome, mentre Riccardo Cuor di Leone ci mette la croce, perché non sa scrivere.Quello tra magia, religione e potere è un rapporto drammatico, uno schema che bisogna rompere. Non bisogna praticare la magia, non bisogna praticare la religione come prassi e come struttura. E non bisogna assoggettarsi al potere – né come soggetti passivi, né tantomeno come soggetti attivi. Non vale la regola “se comando io sono il padrone”, perché se comando io sono prigioniero di quelli che comando, senza saperlo. Ovviamente non mi fanno compassione, i potentati del mondo, ma so che sono prigionieri come posso esserlo io. Sono prigionieri di un sistema di privilegi, non importa se goduti o subiti – sempre privilegi sono. Il grande sogno dei Rosacroce del ‘600 si manifesta quando Tommaso Moro scrive “Utopia”, quando Campanella scrive “La città di Dio”, quando Bacone scrive “La nuova Atlantide”, quando Johann Valentin Andreae (che è il rifondatore dei Rosacroce con questo nome) scrive “Cristianopolis”. Di cosa parlano? Di una società che non ha le regole del potere. Ognuno è utile, perché tutti condividono. Società che sarà l’anticamera di cosa? I Rosacroce sono i padri del socialismo, l’utopia di una società giusta.Poi il potere si impadronirà del socialismo, cioè dell’abolizione della proprietà privata. E nascerà anche il comunismo: una diagnosi giusta, che però mira a costruire un potere diverso, collettivo e non più individuale, ma sempre potere. Tutti questi passaggi ruotano attorno alla magia. Quella del mago è la figura più antica che possiate immaginare. Possono chiamarlo sciamano, stregone, ma sempre mago rimane. Poi il mago antico si scinde: diventa sacerdote, diventa medico e guaritore, diventa capo del villaggio. Ma in origine è il primo riferimento vero dei primi coltivatori che stanno creando la gerarchia, stanno creando la guerra (perché tutte le guerre nasceranno per il territorio), stanno creando il potere, stanno creando la religione. E nasce tutto dalla magia: nasce dal configurare la conoscenza come potere, e non più come essere. E questo avviene per necessità: perché serve, non perché è giusto; perché è utile a quell’evoluzione sociale, in quel momento. La magia è un archetipo fortissimo, tutti quanti ne siamo affascinati, soggiogati, in qualche modo coinvolti, pur rifiutandola. Dobbiamo averne consapevolezza: gli effetti magici sono storia, sono pensiero, ma non sono fatti – e non sono neanche vita.Dobbiamo conoscerla, la magia, per imparare a evitarla. Il cerchio magico tracciato dal mago non è mai reale, ma è efficace: la costruzione dell’effetto magico funziona sulle regole che detta il mago, o che il mago conosce ma non svela. Chomsky ha codificato 10 forme di manipolazione collettiva, ma non si è mai occupato di manipolazione individuale. E sappiate che la manipolazione individuale, nonostante quello che pensano i complottisti, è infinitamente più pericolosa, perché è infinitamente meno riconoscibile. C’è un Chomsky che spiega come funziona la manipolazione collettiva, mentre la manipolazione individuale non l’ha mai codificata nessuno. Sapete quante persone sono state danneggiate seriamente da gente che le ha manipolate? Massoni, esoteristi, maghi, Golden Dawn, stregoni da strapazzo, gente che voleva fare le orge. Sapete quanta gente finisce a farsi di pasticche, o in manicomio, o a pensare di essere posseduta dal demonio? Avete idea dei danni della manipolazione individuale? Contate le casistiche, andate nei reparti psicologici degli ospedali e scoprite quante persone sono finite in terapia.(Gianfranco Carpeoro, estratti dell’intervento alla conferenza su magia e manipolazione il 23-24 agosto 2014 a Subiaco. Massone, ex avvocato, giornalista e saggista, studioso di esoterismo e già “gran maestro” del Rito Scozzese, Carpeoro è uno dei massimi esperti di simbologia ermetica).La “costruzione dell’effetto” è alla base della magia. Che cos’è la magia? Era la manipolazione antica. Era il modo di manipolare, magari dei sacerdoti egizi, che dovevano “costruire” i miracoli. La magia esiste, ma non la faccio io: la fa la mia “costruzione dell’effetto” sul soggetto passivo. E’ il soggetto passivo che attiva il mago: il mago è attivo se c’è un soggetto passivo. Chomsky lo spiega in cinque parolette. A seconda dell’ordine in cui le mettete, ottenete un effetto diverso. Lo vogliamo chiamare effetto di manipolazione? Effetto magico? Miracolo? Chiamiamolo come vogliamo. Le cinque parole sono: astrazione, estrazione, ostruzione, istruzione, distruzione. Il risultato cambia, a seconda dell’ordine in cui queste parole sono disposte. E il risultato finale è la costruzione dell’effetto magico. Chi era il mago? “Magia” viene da un termine sanscrito, “Mg”, che significa “conoscere”: così, “magia” ha la stessa radice di “magister”. Il mago poi diventa il maestro, cioè lo scienziato, perché conosce: costruisce l’effetto perché conosce i termini della produzione dell’effetto, che è l’effetto magico. Ma la magia quando nasce? Nasce quando l’uomo ha bisogno del potere.
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Massoni e Opus Dei, la strana cupola della finanza italiana
Sono massone dal 1981. Ho fatto tutti i gradini del rito scozzese, che sono 33. Nel 1999 sono diventato “sovrano gran maestro” della “legittima e storica comunione di Piazza del Gesù”, che era la storica obbedienza del rito scozzese in Italia. Era un’obbedienza di ottantenni, sempre gli stessi dal dopoguerra: si erano resi conto che la gente voleva entrare in massoneria solo per fare carriera, per opportunismo, e quindi non facevano entrare nessuno. Il più giovane ero io. Una volta divenuto “sovrano gran maestro”, mantenni la stessa linea. Di questo passo, però, si andava all’estinzione. Finché nel 2005 ho deciso di scioglierla, di dimettermi, indicando ai confratelli la strada di un’altra obbedienza italiana di rito scozzese, quella di Palazzo Vitelleschi, perché sapevo che il suo “sovrano gran maestro” è una persona seria e loro avrebbero potuto continuare a fare massoneria tranquillamente lì. Io invece non ho continuato, per motivi a me presenti fin dall’inizio: solo che, avendo cercato di cambiare determinate cose e non essendoci riuscito, ho capito che dovevo dedicare il mio tempo ad altro, pur rimanendo massone – io sono massone a tutti gli effetti e sono convinto della dottrina massonica; quello che non mi convince sono alcune contraddizioni strutturali.Da questo osservatorio, che è stato per me essere “sovrano gran maestro” della massoneria, ho potuto fare delle ricostruzioni storiche, anzi meta-storiche, perché a volte gli storici non usano il buon senso. Presentando un mio libro a Cosenza, mia città natale, discussi coi due ordinari di storia di quell’ateneo. Si parlava di Alarico, il re dei Goti, che avrebbe nascosto il tesoro di Roma alla confluenza di due fiumi. Pretendevano che Alarico fosse un furfante. Dico: ma quell’oro, i romani a loro volta a chi l’avevano preso? Lo so che noi abbiamo una strana logica. Il principe di Montecarlo, Grimaldi, era un pirata – non un corsaro, di quelli al servizio degli Stati e quindi, tra virgolette, legittimati: no, era proprio un pirata, di quelli con la bandiera col teschio. Poi è diventato Grimaldi. Col passare delle generazioni, c’è stata una sorta di nobilitazione. Non pretendo che i figli paghino le colpe dei bisnonni, ma non è accettabile che debbano essere considerati superiori solo perché oggi si trovano in una posizione privilegiata. Mi infastidisce: tu parti in vantaggio rispetto a me perché qualche tuo antenato era un mascalzone.Questo per farvi capire quanto noi procediamo per stereotipi. E il luogo comune ci frega, perché non lo mettiamo mai in discussione. I gesuiti, per esempio: erano il braccio armato della Chiesa e divennero i tutori spirituali e gli educatori dei principi, ma poi furono addirittura disciolti. Perché, incontrando i popoli del Sud America, scoprirono quello che in Europa sosteneva Rousseu: che il “buon selvaggio” è spesso migliore di noi. Per questo i gesuiti dell’America Latina si impegnarono così a fondo al fianco dei movimenti di liberazione. Oggi, a capo del Vaticano, in un momento tanto difficile per la Chiesa, è stato eletto un gesuita proveniente dal Sudamerica. Al di là di quello che riuscirà a fare – lo vedremo – si tratta di un messaggio chiarissimo.La rottura coi gesuiti risale al 1928, quando la Chiesa capisce che i gesuiti non le possono più servire, e nasce l’Opus Dei. L’Opus Dei nasce perché la Chiesa non si fida più dei gesuiti. Ha bisogno di qualcosa di più “hard”, di più avanzato: ha bisogno di fare una sorta di massoneria cristiana, perché l’Opus Dei ha esattamente lo stesso schema funzionale della massoneria così come si è configurata con i Grandi Orienti. Con una differenza: che ogni tre mesi escono liste di massoni sputtanati su tutti i giornali italiani. Avete mai visto un elenco dell’Opus Dei? Se volete ve lo dico io, il nome di qualche appartenente: Gianni Letta, il nipote di Gianni Letta, Dell’Utri. Tutti quanti attribuiscono questi personaggi alla massoneria, e invece sono dell’Opus Dei. Li attribuiscono alla massoneria perché la massoneria e l’Opus Dei hanno fatto l’incesto, si sono sposati. Ma non si sono sposati sul piano filosofico, dottrinale: si sono sposati sui soldi. E qui dobbiamo scrivere la storia delle banche e dell’economia italiana.L’economia italia del dopoguerra innanzitutto eredita una realtà importante, l’Iri, fondato da Mussolini nel 1926 con a capo un grande economista, Beneduce. Nel dopoguerra, in seno all’Iri, avviene la prima alleanza tra laici e cattolici. E siccome i laici erano soprattutto massoni, indirettamente è una prima alleanza tra finanza massonica e finanza cattolica, tramite le banche di riferimento. La banca di riferimento della finanza massonica era la Banca Commerciale Italiana, mentre le banche di riferimento della finanza cattolica erano il Credito Italiano e le banche legate alle casse di risparmio. Questi organismi, a loro volta, danno origine a due grandi gruppi, che litigano tra loro solo in apparenza: per la finanza laica c’è Mediobanca, che nasce per volere di Mattioli, il massone a capo della Banca Commerciale Italiana (e Mediobanca viene comandata per tanti anni da un altro massone, Enrico Cuccia), e per la finanza cattolica c’è il gruppo SanPaolo, più il Banco Ambrosiano, una realtà minore, limitata alla Lombardia. Tutto questo va avanti finché, in qualche modo, sul Banco Ambrosiano non cerca di entrare la finanza massonica con un capo che si chiama Calvi, che era un massone.L’Opus Dei e la massoneria si mettono alla fine d’accordo e fondano una banca. Lo Ior nasce perché durante il papato di Pio XII vengono decise alcune cose, deliberate nel 1942 e poi eseguite nel 1950. La Chiesa e la massoneria decidono di avere un organo, che pochi conoscono, di gestione comune. Decidono quindi di far affluire personaggi dell’Opus Dei in una specie di ordine di cavalieri, che si chiamava Ordine di San Maurizio e Lazzaro. Ne sono stato anch’io priore, in quanto “gran maestro”, ma solo fino a quando il responsabile di quest’ordine era un galantuomo, il cardinale Oddi, di Genova; poi, non appena hanno deciso che con lo Ior dovevano fare un po’ di porcherie (il cavalierato era collegato con lo Ior, la banca vaticana), hanno fatto fuori Oddi e nominato Marcinkus, così io ho smesso di andare alle riunioni. Marcinkus è un personaggio che fino a pochi mesi fa giocava a golf nel suo campo personale, annesso alla sua casa di New York. Marcinkus non era massone, era dell’Opus Dei. Il suo Ior ha cominciato a operare come una banca normale: non ha fatto niente di più grave di quello che fanno tutte le banche del mondo.Sappiate che una delle prime cose su cui ha messo le mani il potere mafioso è il potere bancario: negli anni ‘70 e ‘80, il capo della mafia di allora, Stefano Bontade, veniva ricevuto in pompa magna dalle principali banche d’affari europee, come Crédit Monégasque, Lazard, la stessa Goldman Sachs per cui lavorò anche Prodi. Le banche, Bontade lo ricevevano come fosse Onassis. Tutti i principali enti pubblici di questo Stato hanno fatto affari con la mafia. Anche nella Rai c’era il rappresentante della mafia, si chiamava Vanni Calvello. Era una specie di principe, di barone palermitano, e curava i rapporti della mafia con la Rai. Non a caso Andreotti, per farsi assolvere, ha citato come testimoni tutti gli ambasciatori americani a partire dal dopoguerra: tu non puoi andare a processare una persona per mafia quando sai benissimo che gli americani, sbarcati in Sicilia, hanno fatto sindaco di Mazara del Vallo Vito Genovese, che era il numero due di Cosa Nostra. Se ti metti a processare il passato, non ne esci più. Devi metterti a processare il presente.A volte, comunque, accade che nel potere si litighi. Quando il mondo veniva nominato finanziariamente da 7 realtà, e Agnelli era una di queste 7 realtà, successe che litigarono Agnelli e i Rothschild. E un minuto dopo Agnelli vendette le quote della Fiat a Gheddafi – un bel segnale, no? Al capo del gruppo bancario di riferimento dei Rothschild chiesero un commento, e lui disse una parola francese che equivale alla nostra “conturbante”, e pregò che venisse scritta separando “con” da “turbante”, per dire che stavano cercando di coinvolgere quelli che portano il turbante. Fare entrare Gheddafi nella Fiat era uno sfregio non solo ai Rothschild, ma anche al fronte economico sionista (che non significa ebreo: identificare il popolo ebreo col sionismo è una grossissima ingiustizia dei nostri tempi). La bellezza delle cose del potere – che è la nostra fortuna, per cui continuiamo a mantenere dei margini di libertà – è che questi litigano. Perché non nascerà mai il Nuovo Ordine Mondiale? Perché poi si devono mettere d’accordo su chi si piglia la fetta più grossa. Quindi, sotto questo profilo non sono molto pessimista, sento che gli spazi di sopravvivenza sono garantiti.(Gianfranco Carperoro, estratti delle dichiarazioni rese il 13 maggio 2014 alla conferenza pubblica dell’associazione “Salusbellatrix” a Vittorio Veneto, ripresa integralmente su YouTube. Studioso di simbologia, esoterista, già avvocato e magistrato tributario, giornalista e pubblicitario, Carpeoro è autore di svariati romanzi ed è stato “sovrano gran maestro” della comunione massonica di Piazza del Gesù).Sono massone dal 1981. Ho fatto tutti i gradini del rito scozzese, che sono 33. Nel 1999 sono diventato “sovrano gran maestro” della “legittima e storica comunione di Piazza del Gesù”, che era la storica obbedienza del rito scozzese in Italia. Era un’obbedienza di ottantenni, sempre gli stessi dal dopoguerra: si erano resi conto che la gente voleva entrare in massoneria solo per fare carriera, per opportunismo, e quindi non facevano entrare nessuno. Il più giovane ero io. Una volta divenuto “sovrano gran maestro”, mantenni la stessa linea. Di questo passo, però, si andava all’estinzione. Finché nel 2005 ho deciso di scioglierla, di dimettermi, indicando ai confratelli la strada di un’altra obbedienza italiana di rito scozzese, quella di Palazzo Vitelleschi, perché sapevo che il suo “sovrano gran maestro” è una persona seria e loro avrebbero potuto continuare a fare massoneria tranquillamente lì. Io invece non ho continuato, per motivi a me presenti fin dall’inizio: solo che, avendo cercato di cambiare determinate cose e non essendoci riuscito, ho capito che dovevo dedicare il mio tempo ad altro, pur rimanendo massone – io sono massone a tutti gli effetti e sono convinto della dottrina massonica; quello che non mi convince sono alcune contraddizioni strutturali.
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La Grande Ipocrisia del nostro cinema marcio: i partiti
Il film è stato prodotto da un importante rampollo della dinastia Letta, il cugino dell’ex premier. Si chiama Giampaolo Letta, è uno dei quattro baroni del cinema italiano (lui è il più importante, non a caso è un altro dei nipotini) il cui compito principale consiste nell’impedire che in Italia esista e si manifesti il libero mercato multimediale, mantenendo un capillare controllo partitico dittatoriale sull’industria cinematografica. E’ l’amministratore delegato della Medusa film, il cui 100% delle azioni appartiene a Mediaset. Il vero oscar, quindi (in Usa conta il produttore, essendo il padre del film) lo ha vinto Silvio Berlusconi, al quale va tutto il merito per aver condotto in porto questo business nostrano. Ma nessuno in Italia lo ha detto. E’ un prodotto Pdl-Pd-Lega Nord tutti insieme appassionatamente.In teoria (ma soltanto in teoria) è stato prodotto da Nicola Giuliano e Francesca Cima (quota Pd di stretta marca burocratica di scuola veltroniana) per conto della Indigo Film, i quali – senza Berlusconi – non sarebbero stati in grado neppure di pagarsi le spese dell’ufficio, dato che su 9 milioni di euro di budget, il buon Berluska ne ha messi 6,5. E’ stata buttata dentro anche la Lega Nord, che ha partecipato con la Banca Popolare di Vicenza (500 mila euro come favore amicale) e con la sponsorizzazione del Biscottificio Verona (in tutto il film non si vede neppure una volta qualcuno mangiare uno dei suoi biscotti), entrambe le aziende vogliose di entrare nel grande giro (sono bastate due telefonate per convincerli).Grazie alla malleverie politiche, attraverso fondazioni di partito hanno ottenuto altri 2 milioni di euro incrociati: il Pd se li è fatti dare grazie al solerte lavoro di relazioni europee attraverso il “programma Media Europa” (650 mila euro) mentre Renata Polverini ha partecipato alla produzione dando 500 mila euro per conto della presidenza della Regione Lazio attraverso il “fondo per il cinema e audiovisivi per il rilancio delle attività cinematografiche dei giovani” (soldi che ha dato a Giampaolo Letta, sulla carta lui sarebbe “il giovane” che andava aiutato).Nicola Giuliano ha messo su la squadra partitica. In teoria fa il produttore, ma fa anche il docente, il consulente.Ha la cattedra al corso di produzione della Scuola nazionale di cinema di Roma, ma allo stesso tempo ha anche la cattedra di docente di produzione cinematografica presso l’Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, oltre che docente di “low cost production” a San Antonio De los Banos nell’isola di Cuba e consulente per la Rai. E’ un funzionario tuttofare che mette su pacchetti partitici, il che poco ha a che fare con il cinema, ma molto ha a che vedere con l’idea italiana di come si fa il cinema. O meglio: molto ha a che fare con l’idea di come si uccide e si annienta una cinematografia.Secondo gli esaltatori di questo “prodotto Italia”, il film vincente aprirebbe la strada a investimenti, stimolando i giovani autori e lanciando il nuovo cinema italiano; mentre, invece, l’unico risultato che otterrà sarà quello di far capire a tutti, come severo ammonimento, che “o prendete la tessera di Forza Italia/Pd oppure non lavorate”, chiarendo a chiunque intenda investire anche 1 euro nel cinema che bisogna però passare attraverso la griglia dell’italianità partitica, il che metterà in fuga chi di cinema si occupa e attirerà invece squali di diversa natura il cui unico obiettivo consiste nel fare affari lucrosi in Italia con Berlusconi e il Pd, in tutt’altri lidi.I giovani autori, i cineasti italiani in erba, le giovani produzioni speranzose, il cinema indipendente, ricevono da questo premio un danno colossale perchè il segnale che viene dato loro è quella della contundente italianità, quella della Grande Ipocrisia, la vera cifra di questo paese che si rifiuta di aprire il mercato ai meritevoli, ai competenti, a quelli senza tessera. Il film ha vinto esattamente nello stesso modo in cui aveva vinto “Nuovo cinema Paradiso” nel 1990.Due parole tecniche per spiegarvi come funziona il meccanismo di votazione dell’oscar. Per votare bisogna essere iscritti al Mpaa (Motion Pictures Academy of Art) e bisogna essere sindacalizzati; dal 1960 vale anche il principio per cui chi è disoccupato non vota, nel senso che bisogna dimostrare con documenti alla mano che “si sta lavorando” da almeno gli ultimi 24 mesi ininterrottamente, garantendosi in tal modo il voto di chi sta veramente dentro al mercato. Perchè per gli americani l’unica cosa che conta per davvero è il mercato, per questo Woody Allen (autore indipendente) detesta Hollywood e non ci va mai, la considera una truffa. I votanti sono all’incirca 6.000 e sono presenti tutte le categorie dei lavoratori (si chiamano industry workers): produttori, registi, sceneggiatori, direttori di fotografia, macchinisti, tecnici del suono, delle luci, scenografi, sarti, guardarobiere, guardie di sicurezza, perfino i gestori degli appalti per gestire i catering sul set, ecc. Ogni voto vale uno, il che vuol dire che il voto di Steven Spielberg vale quanto quello di un ragazzino il cui lavoro consiste nel tenere l’asta del microfono in direzione della bocca del divo di turno nel corso delle riprese, purchè lo faccia da almeno due anni e paghi i contributi.Quando si avvicina il giorno della votazione scattano i cosiddetti “pacchetti” e a Los Angeles la lotta è furibonda e comincia la caccia già verso i primi di novembre, con i responsabili marketing degli “studios” (sarebbero le grandi majors) che minacciano, ricattano, assumono, licenziano, per convincere chi ha bisogno di lavorare a votare per chi dicono loro. Per ciò che riguarda i film stranieri la procedura è la stessa ma su un altro binario: vale il cosiddetto “principio Hoover” lanciato dal capo del Fbi alla fine degli anni ‘50: vince la nazione che più di ogni altra in assoluto farà fare affari alle sei grosse produzioni che contano, acquistando i suoi prodotti. E’ il motivo per cui l’Italia è la nazione al mondo che ha collezionato più oscar di tutti (la più serva e deferente) e la Russia e il Giappone quelle che ne hanno presi di meno.Quando l’Italia, per motivi politici (o di affari) ha bisogno dell’oscar, allora costruisce un poderoso business (per la serie: vi compro questi quattro telefilm che nessuno al mondo vuole e ve li pago tre volte il suo valore) e lo va a proporre a società di intermediazione di Los Angeles collegate ai due sindacati più potenti californiani, da 40 anni gestiti da famiglie calabresi e siciliane, quelli che danno lavoro alla manovalanza tecnica e gestiscono i pacchetti, dato che controllano il 65% dei voti complessivi. Per i film stranieri bisogna avere un forte “endorsement”, ovvero un sostegno di persona nota nell’industria che garantisce a nome dei sindacati, come è avvenuto quest’anno con Martin Scorsese che si è fatto il giro presso la comunità di amici degli amici a Brooklyn.Nel 1989 accadde la stessa cosa: Berlusconi doveva entrare nel mercato americano per mettere su un gigantesco business (quello per il quale è stato definitivamente condannato dalla Cassazione, il cosiddetto “processo media-trade”); doveva entrare a Hollywood dalla porta principale con la Pentafilm. Ma non c’erano film italiani che valessero, era già piombata la mannaia dei partiti, tanto è vero che perfino il compianto Fellini girava a vuoto da un produttore all’altro ed era disoccupato, motivo per cui finì per ammalarsi. Alla fine, l’abile Berlusconi riuscì a convincere il più intelligente e bravo produttore di quei tempi (che se la passava maluccio) Franco Cristaldi, a dargli un prodotto perchè lui doveva vincere comunque. Cristaldi era disperato e non sapeva che cosa fare perchè non poteva fare delle figuracce con gli americani che conoscono il buon cinema e non è facile ingannarli, ma si fece venire in mente un’idea geniale. Aveva fatto una marchetta con RaiTre e aveva prodotto un film, “Nuovo Cinema Paradiso”, che era stato un flop clamoroso, sia alla tivvù, con indici di ascolto minimi, che al cinema, dove era uscito e dopo dieci giorni era stato ritirato per mancanza di pubblico. Il film durava 155 minuti ed era francamente inguardabile, di una noia mortale. Senza dire nulla al regista, Cristaldi ci lavorò da solo – letteralmente – per tre mesi. Rimontò totalmente il film, tagliò e buttò via 72 minuti e usando dei filtri cambiò anche le luci, riuscendo anche a modificare dei dialoghi. Lo fece uscire in Usa dove ottenne un buon successo di critica, sufficiente per passare.Berlusconi fu contento ma non gli diede ciò che era stato pattuito. Il giorno in cui Tornatore prese l’oscar, nel 1990, accadde un fatto inaudito per la comunità hollywoodiana. La statuetta venne data al regista e all’improvviso Franco Cristaldi fece un salto sul palco, si avvicinò, strappò di mano la statuetta a Tornatore, prese il microfono in mano e disse «questo oscar è mio, questo premio l’ho vinto io, questo è il mio film, questo è un film del produttore». Fu l’inizio della fine della sua carriera in Italia, perchè il giorno dopo l’intera critica statunitense (in Italia non venne mai fatta neppure menzione degli eventi) lo volle intervistare e lui raccontò come i partiti stessero distruggendo quella che un tempo era stata una delle più importanti industrie cinematografiche del mondo. Lo scaricarono tutti in Italia e finì per lavorare all’estero. Di lì a qualche anno morì.Fu in quell’occasione che Tornatore, in una intervista, spiegò come si faceva il regista in Italia: «Bisogna occuparsi di politica, quella è la strada. Io mi sono iscritto al Pci e poi sono riuscito a farmi eleggere alle elezioni comunali in un piccolo paesino della Calabria dove sono diventato assessore. Mi davano da firmare delle carte e io firmavo senza neppure leggerle, dovevo fare soltanto quello. Dopo un po’ di tempo mi hanno detto che potevo anche dimettermi e andare a Roma a fare i film». Aveva ragione lui: in Italia funziona così;24 anni dopo è la stessa cosa, con l’aggravante del tempo trascorso. “La Grande Bellezza” appartiene a questo filone dell’italianità e il solo fatto di accostarlo a Fellini o a De Sica è un insulto all’intelligenza collettiva della nazione: è una marchetta politica.E si vede, si sente, lo si capisce; nell’arte non si riesce a mentire perchè l’arte è basata su uno squisito paradosso: poichè è finzione totale – e quindi menzogna pura – chi la produce non può darla ad intendere perchè la verità sottostante salta sempre fuori. E’ la cartolina di un piccolo-borghese costruita (a tavolino) per venire incontro agli stereotipi degli americani votanti, attraverso un’operazione intellettualistica che non regala emozioni, ma soltanto suggestioni di provenienza pubblicitaria marketing negativa. In maniera ingegnosa e diabolicamente perversa propone delle maschere in un paese dove la verità artistica passa, invece, nella necessità dello smascheramento, cioè nel suo opposto. E’ la quintessenza del paradosso italiano trasformato nel consueto ossimoro: un brutto film che si pone e si qualifica come la Grande Bellezza; proprio come Mario Monti che lanciò il decreto “salva Italia” che ha affondato il paese e Letta (Enrico) che lanciò il “governo del fare” licenziato dopo pochi mesi perchè non è riuscito a fare nulla.Il film, davvero noioso e privo di spessore, è un prodotto subliminare, promosso dai partiti politici italiani al governo solo e soltanto dopo che i due protagonisti, Toni Servillo e Paolo Sorrentino, si sono messi pubblicamente a disposizione della famiglia Letta. Il film, infatti, doveva uscire a settembre del 2013, ma hanno anticipato l’uscita a giugno perchè era il momento in cui era assolutamente necessario usare ogni mezzo per poter azzannare l’opposizione. Il 7 giugno del 2013, Servillo e Sorrentino vengono invitati da Lilli Gruber nella sua trasmissione “8 e 1/2” per l’emittente La7. L’intervista dura 32 minuti. I primi 20 minuti sono noiosi e si parla del film che, si capisce da come andava l’intervista, nessuno avrebbe mai visto. Dal 21esimo minuto in poi, avviene la svolta, fino alla fine. L’attore e il regista, ben imboccati dalla Gruber, si lanciano in un attacco politico personale contro Beppe Grillo e il M5s. Un fatto che non aveva alcun senso, dato che si trattava di un film che nulla – per nessun motivo – aveva a che fare con la vita politica italiana e con il dibattito in corso.Servillo fu durissimo nel sostenere a un certo punto che «mi faccio dei nemici ma me li faccio volentieri», spiegando ai telespettatori (che pensavano di ascoltare un attore che parlava di cinema) come «Grillo ripropone un’immagine di leader vecchio che passa da Masaniello a Berlusconi» – cioè il suo produttore – «e usa un linguaggio violento…. ». Sorrentino gli andò dietro e insieme, per dei motivi incomprensibili a chiunque si occupi di cinema in qualunque parte del mondo (tranne che in Italia) spiegavano che il M5s «è un movimento che vuole togliere la sovranità al Parlamento». Da quel momento i due sono andati in giro a promuovere il loro film in ambito politico nazionale allertando la popolazione sul pericolo rappresentato dal M5s, e così l’establishment nazionale l’ha imposto come moda propagandandolo in maniera esorbitante. Riguardando quell’intervista, ho scoperto, pertanto, che Toni Servillo ha stabilito che io sono un suo nemico. Non lo sapevo. Ieri sera, la Gruber, sempre attenta nel rispettare i codici della rappresentanza che conta, ha dedicato un’altra intervista al film, ma in questo caso ha invitato Walter Veltroni. Forse c’è stato qualche telespettatore che si sarà chiesto «ma che cosa c’entra con questo film?». Appunto.(Sergio Di Cori Modigliani, “La Grande Ipocrisia, trionfano le larghe intese consociative spacciandole per prodotto Italia”, dal blog di Modigliani del 4 marzo 2013).Il film è stato prodotto da un importante rampollo della dinastia Letta, il cugino dell’ex premier. Si chiama Giampaolo Letta, è uno dei quattro baroni del cinema italiano (lui è il più importante, non a caso è un altro dei nipotini) il cui compito principale consiste nell’impedire che in Italia esista e si manifesti il libero mercato multimediale, mantenendo un capillare controllo partitico dittatoriale sull’industria cinematografica. E’ l’amministratore delegato della Medusa film, il cui 100% delle azioni appartiene a Mediaset. Il vero oscar, quindi (in Usa conta il produttore, essendo il padre del film) lo ha vinto Silvio Berlusconi, al quale va tutto il merito per aver condotto in porto questo business nostrano. Ma nessuno in Italia lo ha detto. E’ un prodotto Pdl-Pd-Lega Nord tutti insieme appassionatamente.
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Per favore, non applaudite Rania di Giordania
Se siete coerenti non applauditela. Non sorridete. E nemmeno trattatela con la sufficienza dedicata a una qualche vip esotica. Non chiamatela meravigliosa, come se fosse un’attrice qualsiasi. Non raccontatene la sua modernità: lo shopping, twitter, il tubino di seta, l’amore per l’arte. Non mischiatela alle notizie di un qualsiasi gossip. E non parlate del suo fascino. Se siete coerenti rimanete in silenzio di fronte alla regina Rania di Giordania.