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Cure precoci: la svolta, malgrado il ministro Speranza
Le prossime settimane non saranno facili, avverte Roberto Speranza, dopo 365 giorni e 52 settimane tutt’altro che allegre, per gli italiani. Sarebbe bello, aggiunge, poter annunciare il ritorno alla vita, e invece tocca rassegnarsi (ancora) alla clausura. No, signor ministro: non ci siamo. Sarebbe bello, semmai, poter finalmente dire – sia pure con almeno sei mesi di ritardo – che ormai abbiamo trovato il modo di uscire dai guai. Sarebbe splendido poter comunicare agli italiani che ora siamo attrezzati, meglio tardi che mai, di fronte alla calamità Covid. Come? Nel modo più semplice: abilitando i medici di base a intervenire subito sui pazienti, ai primissimi sintomi, senza cioè aspettare che si aggravino, al punto da dover ricorrere alla respirazione assistita, in ospedale. E’ francamente sconcertante che i medici del territorio non siano ancora stati istruiti su come procedere, mediante un opportuno protocollo. Ed è surreale che il ministro della salute – dopo un anno intero trascorso a fare non si sa bene cosa – abbia il cattivo gusto di ripresentarsi in pubblico, con la stessa faccia, a ripetere quello che diceva esattamente un anno fa.Si chiama coazione a ripetere: è qualcosa che presuppone, se si è in buona fede, una specie di cortocircuito cognitivo, intellettuale. E’ in buona fede, l’infelice Speranza? Sembrerebbe di sì, visto che ha speso l’estate 2020 a scrivere un libro auto-celebrativo, anziché degnarsi almeno di rispondere ai (tanti) medici italiani che gli si erano rivolti, nei mesi precedenti, per segnalargli terapie efficaci – in fase precoce – nel frattempo sperimentate con successo. Farmaci in grado di “spegnere” l’incendio Covid nei primi giorni, quando il paziente è ancora a casa. La cura quindi non prevede il ricovero: dunque, nessuno stress emergenziale su una struttura ospedaliera resa fragile da decenni di tagli scellerati. Clamoroso il caso dei 30 specialisti italiani che già ad aprile scrissero inutilmente a Speranza per avvisarlo dell’efficacia dei cortisonici: il pupillo di Bersani non si curò nemmeno di rispondere “grazie, leggerò”. Due mesi dopo, i sanitari inglesi raggiunsero le stesse conclusioni: i cortisonici funzionano. E in quel caso il governo di Londra li ascoltò, eccome. Così, riscossero persino il plauso – non scontato – dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.Sono questi gli Oscar, i Nobel che Roberto Speranza ha collezionato, dopo un anno trascorso al ministero della sanità: basterebbero a suggerirgli di rassegnare dignitosamente le dimissioni. Per un presumibile scrupolo morale, nei mesi scorsi fece ritirare dalle librerie il suo libro “Perché guariremo”, immaginabile summa clinico-politica su come uscire indenni dalle pandemie, dall’alto dello scranno ministeriale di un paese che vanta centomila vittime e il record europeo di danni socio-economici da Covid. Alcuni medici in prima linea, come quelli di associazioni come “Ippocrate”, si sono rassegnati a curare i pazienti in modo gratuito e volontaristico, vista la latitanza delle istituzioni sanitarie. E oggi ribadiscono: è essenziale intervenire subito, evitando di abbandonare i pazienti per giorni nelle loro case, perché il Covid può evolvere velocemente facendo danni spesso irreparabili. Lo si è visto negli ospedali: i migliori rianimatori non sono sempre riusciti a utilizzare l’elevato potenziale delle terapie intensive per salvare soggetti, anziani e non solo, ricoverati in condizioni ormai gravemente compromesse.Fare presto: questa, dicono i sanitari, è la chiave vincente. Non per far sparire il Covid dalla circolazione: nessuno maneggia la bacchetta magica. Si tratta però di statistica: avremmo evitato almeno il 60% dei ricoveri. Cifre mostruose: se confermate, basterebbero a cancellare il grande terrore alimentato per un anno intero da cattivi politici e cattivi giornalisti, sempre disattenti di fronte alle notizie positive provenienti dal mondo medico, a sua volta mandato troppo spesso allo sbaraglio, senza mezzi adeguati, di fronte all’invasione dei pronto soccorso. A sottolineare l’importanza decisiva della tempestività è anche un luminare come Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano: ha messo a punto una sorta di protocollo che garantisce di ridurre radicalmente il problema, con la semplice somministrazione domiciliare – purché precoce – di normali farmaci antinfiammatori. La grande notizia è che il nuovo governo, guidato da Mario Draghi, sembra intenzionato a percorrere finalmente la strada giusta, cioè questa: predisporre un protocollo nazionale basato sulle cure precoci da prescrivere a casa. Obiettivo garantito: tagliare di netto la pressione sugli ospedali e trasformare il Covid in quello che è, cioè una malattia il più delle volte regolarmente curabile, se affrontata per tempo.Non è più di moda, la canzone funebre intonata ininterrottamente, per un anno, dagli spaventapasseri di Giuseppe Conte, impegnati a recitare ogni sera la medesima litania tombale destinata ai telespettatori ipnotizzati dalla paura. I medici che hanno imparato a guarire dal Covid ammettono che un anno fa l’esecutivo può esser stato colto di sorpresa, ma aggiungono che – se si fosse fatto tesoro delle scoperte maturate sul campo, in poche settimane – oggi conteremmo decine di migliaia di vittime in meno. Il Sars-Cov-2 è un virus mutante e altamente contagioso: si spera che, nell’immediato, i vaccini “genici” in circolazione possano almeno frenarlo, consentendo di allentare la stretta sociale e rianimare l’economia, di cui interi settori (come il turismo, la cultura, la ristorazione) sono letteralmente allo stremo. Allo scopo, lo stesso Draghi ha appena licenziato uno degli uomini-simbolo del disastro italiano, Domenico Arcuri, ricorrendo addirittura a un militare, il generale Figliuolo, per rimediare almeno alla catastrofica inefficienza del piano vaccinale di Conte, allineando cioè acquisizioni di scorte e somministrazioni celeri.Se ora Draghi recluterà Remuzzi (o qualcuno della sua scuola), in attesa di poter quantificare alla distanza l’effettiva efficacia della copertura vaccinale, si presume che accadrà questo: nel frattempo, i pazienti Covid saranno finalmente curati subito, e la maggior parte di loro guarirà in pochi giorni restando a casa. A quel punto, riascoltare Roberto Speranza nell’edizione marzo 2021 (rassegnarsi al lockdown, ancora) sarà come rivedere un film dell’orrore, pieno di farneticazioni minacciose e inconcludenti come le ciance inutilmente spese, per un anno intero, al capezzale dell’Italia, trasformata in malato terminale. “Così guariremo” sarebbe il titolo (corretto) del libro che Speranza non ha saputo scrivere: guariremo – non è più un mistero, ormai – con i farmaci giusti prescritti nelle prime ore, restando a casa e mettendo fine all’incubo. E magari tornando anche in montagna a sciare: ma solo tra un anno, visto lo scherzetto che il Ministro della Paura ha combinato alle aziende del turismo invernale, bloccate a poche ore dalla riapertura promessa. L’arcano, semmai, riguarda il luogo segreto al quale Roberto Speranza attinge per trovare il coraggio di ripresentarsi in televisione, oggi, a ripetere che non c’è niente da fare, che dobbiamo continuare a soffrire. Senza speranza, appunto.(Giorgio Cattaneo, “Cure precoci: la svolta, malgrado il ministro senza speranza”, dal blog del Movimento Roosevelt del 2 marzo 2021).Le prossime settimane non saranno facili, avverte Roberto Speranza, dopo 365 giorni e 52 settimane tutt’altro che allegre, per gli italiani. Sarebbe bello, aggiunge, poter annunciare il ritorno alla vita, e invece tocca rassegnarsi (ancora) alla clausura. No, signor ministro: non ci siamo. Sarebbe bello, semmai, poter finalmente dire – sia pure con almeno sei mesi di ritardo – che ormai abbiamo trovato il modo di uscire dai guai. Sarebbe splendido poter comunicare agli italiani che ora siamo attrezzati, meglio tardi che mai, di fronte alla calamità Covid. Come? Nel modo più semplice: abilitando i medici di base a intervenire subito sui pazienti, ai primissimi sintomi, senza cioè aspettare che si aggravino, al punto da dover ricorrere alla respirazione assistita, in ospedale. E’ francamente sconcertante che i medici del territorio non siano ancora stati istruiti su come procedere, mediante un opportuno protocollo. Ed è surreale che il ministro della salute – dopo un anno intero trascorso a fare non si sa bene cosa – abbia il cattivo gusto di ripresentarsi in pubblico, con la stessa faccia, a ripetere quello che diceva esattamente un anno fa.
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Rivoluzione: guarire, da casa. Draghi punta su Remuzzi
Smontare il Covid? Possibile: basta agire per tempo, sapendo quali farmaci usare. Non c’è bisogno dell’ospedale: ci si cura a casa, con potenti dosi di antinfiammatori. In questo modo, si impedisce alla patologia di esplodere e la si “spegne” sul nascere. Lo afferma il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’istituto farmacologico Mario Negri di Milano. La notizia? Mario Draghi ha intenzione di “arruolarlo” come suo consulente speciale, facendone il Fauci italiano: uno stratega, in grado di spezzare l’incantesimo del Covid, finora rivelatosi un disastro per l’Italia (niente cure precoci, e corsa all’ospedale quando ormai è tardi, in molti casi). Il primo a rivelare il piano-Draghi è stato il “Foglio”, sottolineando la scelta di utilizzare Remuzzi. Attenzione: nei mesi scorsi, il professore (insieme a Fredy Suter, a lungo primario di malattie infettive all’ospedale di Bergamo) ha diffuso una sorta di protocollo per le cure precoci, destinato a istruire i medici di famiglia, mettendoli finalmente nelle condizioni di trasformare il Covid in un problema affrontabile da casa, in pochi giorni. Istruzioni finora mai recepite dal ministero della sanità.L’attuale protocollo-Covid è ancora «grottesco», come lo definisce il professor Pietro Luigi Garavelli, infettivologo e primario a Novara: le cure efficaci esistono (idrossiclorochina e colchicina, più eventualmente eparina), ma non sono state recepite dai gestori nazionali della sanità. «Ai pazienti alle prese coi primi sintomi si prescrive ancora l’inutile Tachipirina, lasciandoli in attesa a “friggere” nella loro febbre: in questo modo, non si fa nulla per contrastare il peggioramento, che poi gonfia i numeri dei ricoveri in emergenza», dicono i sanitari che assistono gratis i pazienti, attraverso associazioni come “Ippocrate”, che vantano il 100% di successi: tutte guarigioni ottenute senza bisogno di ospedalizzare nessuno. La terapia di Remuzzi è ancora più semplice: tanta vitamina D, e soprattutto antinfiammatori come il Nimesulide. Ma persino l’Aspirina (in dosi elevate) può bloccare l’evoluzione del Covid, scongiurando il pericolo. Sta dunque per cambiare la narrazione dell’emergenza, se Mario Draghi punta sul presidente dell’istituto Mario Negri? Sarà sfatato il tabù che ha finora impedito ai media di raccontare l’esistenza di terapie efficaci?Proprio l’adozione di un protocollo nazionale per le cure precoci domiciliari (finora clamorosamente mancato) potrebbe essere l’arma vincente per uscire dall’incubo. Certo, a pesare come un macigno sono i 12 mesi di ritardo accumulati dal governo Conte, grazie alla sciagurata gestione dell’emergenza affidata al ministro Speranza e al suo consulente Walter Ricciardi. Occorre altro tempo, per mettere a punto la contromossa definitiva? Per questo, probabilmente, lo stesso Draghi convalida la colorazione di arancione di molte Regioni, per il prossimo mese. Primo obiettivo, transitorio: limitare i contagi, trovando il modo (intanto) di arginare il problema con i vaccini, cioè reperendo milioni di dosi e reclutando personale sanitario e siti per le vaccinazioni in ogni angolo d’Italia. Insomma: fine delle storielle imbarazzanti, come le costosissime “primule” di Arcuri. La risposta vaccinale è quella che va per la maggiore, nel mondo: si spera che i “vaccini” mRna («che non sono veri vaccini, ma terapie geniche», precisa Garavelli) possano funzionare, almeno per qualche mese.Molti i dubbi, ovviamente: si teme che un innesto genetico come quello oggi in distribuzione (ancora sperimentale, e con grandi incognite sugli effetti collaterali a medio e lungo termine) possa rappersentare una soluzione solo momentaea, dovendo “inseguire” un virus Rna velocemente mutante. Strategica, invece, la risposta dei sanitari che hanno imparato a guarire i pazienti: vaccino o non vaccino, l’essenziale è sapere come fermare l’infiammazione in modo tempestivo. Se il governo Draghi adotterà questo approccio, raccomandando dai migliori medici italiani, è facile immaginare che il problema Covid sarà destinato a sparire dai titoli d’apertura dei telegiornali. L’importante è che il governo metta finalmente tutti i medici nelle condizioni di intervenire in modo risolutivo. Come? «Se abbiamo qualche sintomo che potrebbe essere riconducibile al Covid, non c’è tempo da perdere», premette “Qui Finanza”, citando un’intervista che Remuzzi ha rilasciato mesi fa a “Repubblica”. «Nessun falso allarmismo, ma soltanto buonsenso. Perché con questo virus non si scherza, e il tempo è una variante assolutamente determinante».Remuzzi e Suter hanno firmato lo scorso dicembre un documento indirizzato ai medici di famiglia: fondamentale per curarsi a casa in sicurezza «anche prima di avere la conferma, tramite tampone, che si tratti proprio di coronavirus». Il protocollo si basa sulla letteratura scientifica e sull’esperienza clinica matirata sul campo, in tutto il mondo: «Strumenti essenziali e semplici, alla portata di tutti, per spiegare come vengono curati i pazienti Covid a casa loro, minimizzando il rischio di ricovero in ospedale». La parola d’ordine è tempestività. «Prima agisci, più hai successo nell’evitare il ricovero», ha spiegato Remuzzi a “Repubblica”. «Moltissimi italiani che si curano a casa ci telefonano perché hanno problemi di assistenza, che poi li inducono a rivolgersi al pronto soccorso. Però non ci vanno subito, ma solo quando si è già instaurata una fase iper-infiammatoria, e allora magari la malattia evolve negativamente».Nei primi 2-3 giorni, quando la malattia è in fase di incubazione e si è presintomatici, inizia ad esserci una carica virale che sale, riassume “Qui Finanza”, sulla base del report di Remuzzi. Nei 4-7 giorni successivi, iniziano febbre e tosse e la carica virale diventa altissima. «Quello è il momento cruciale, ma è anche il momento in cui di solito non si fa niente, perché magari ci si limita a prendere l’antipiretico aspettando il tampone». Così, si può arrivare rapidamente al periodo di infiammazione eccessiva, quella che gli inglesi chiamano “hyper inflammation”, con sindrome respiratoria acuta: «E’ questa che mette le basi perché il virus arrivi ai polmoni, e lì si crei quella che gli immunologi chiamano “tempesta di citochine”, ovvero una reazione eccessiva del sistema immunitario che danneggia l’organismo». Un dramma che si può benissimo evitare, sostiene Remuzzi, se il medico di base sa come agire, da subito. Prevenire la fase di iper-infiammazione, dice Remuzzi, «è la cosa più importante in assoluto, per scongiurare un’evoluzione negativa della malattia».Ovviamente non si tratta di una “cura fai da te”: è una strategia da seguire a casa sotto controllo medico (a patto che il medico, appunto, sia stato finalmente ragguagliato sui farmaci da somministrare). Prima ancora, il professor Remuzzi raccomanda l’assunzione di vitamina D, a scopo preventivo: alza le difese immunitarie, e quindi riduce di molto la possibilità di inconvenienti seri. Quando invece la malattia dovesse manifestarsi, secondo Remuzzi il medico di famiglia dovrebbe visitare il paziente, a casa, almeno una prima volta, per impostare la terapia (per seguire l’evoluzione, basteranno contatti solo telefonici). Prima mossa: «Appena si avvertono i primi sintomi, occorre suggerire subito l’antinfiammatorio, mentre il paziente aspetta il tampone». Remuzzi spiega anche cosa non fare. E cioè: «Non seguire la solita trafila ma chiamare subito il medico, non prendere la Tachipirina mentre si aspetta il tampone, non aspettare altri giorni per i risultati del tampone».Quello che raccomandano Remuzzi e i suoi colleghi, aggiunge “Qui Finanza”, è di prendere vantaggio sul virus non appena si può. «Appena si avvertono i primissimi sintomi – come tosse, febbre, spossatezza, mal di testa, dolori ossei e muscolari – bisogna iniziare subito il trattamento, senza aspettare i risultati del tampone». Alle prime avvisaglie, «non bisogna assumere un antipiretico (come la Tachipirina) ma un farmaco antinfiammatorio, così da limitare la risposta infiammatoria dell’organismo all’infezione virale». Quali farmaci si possono prendere a casa, dietro prescrizione medica, prima dell’esito del tampone? «Quando la febbre supera i 37,3 gradi o se ci sono mialgie, dolori articolari o altri sintomi dolorosi, si possono assumere farmaci antinfiammatori chiamati “inibitori della ciclo-ossigenasi 2” (o Cox-2 inibitori), come il Celecoxib. Il medico può prescriverne, ovviamente se per quel paziente non ci sono controindicazioni, una dose iniziale di 400 milligrammi seguita da una di 200 nel primo giorno di terapia, e poi un massimo di 400 milligrammi per giorno nei giorni successivi, se necessario».Un altro farmaco Cox-2 inibitore, utile a prevenire l’infiammazione eccessiva, è il Nimesulide, il più famoso dei quali è l’Aulin. «In questo caso la dose consigliata è di 100 milligrammi due volte al giorno, dopo i pasti, per un massimo di 12 giorni». Se invece ci sono problemi o controindicazioni per il Celecoxib e il Nimesulide, «si può anche ricorrere all’Aspirina, anch’essa in grado di inibire Cox-2». La semplice Aspirina? Sì, certo: in dosi da 500 milligrammi, due volte al giorno, dopo i pasti. Poi: «Se c’è febbre persistente, dolori muscoloscheletrici o altri segnali di infiammazione, il dottore può prescrivere anche un corticosteroide, come il Desametasone: i corticosteroidi inibiscono molti geni pro-infiammatori che producono citochine». Uno studio sul Nimesulide, pubblicato sull’”International Journal of Infective Diseases”, dimostra che riduce le componenti della famosa “tempesta di citochine”.Un altro studio, pubblicato su “Anesthesia and Analgesia” rivela che «l’uso dell’Aspirina si associa a minor bisogno di ventilazione meccanica, minore necessità di essere ammessi in terapia intensiva e minore mortalità del paziente». Attenti, soprattutto, a non usare la Tachipirina: «La Società di Farmacologia francese ha trovato che l’utilizzo di paracetamolo, in persone che hanno forme avanzate della malattia, potrebbe persino nuocere, perché sottrae glutatione, antiossidante naturale prodotto dal fegato, sostanza importante per la capacità di difenderci dalle infezioni virali». Tutte notizie “lunari”, per il pubblico italiano, a cui giornali e televisioni – per un anno – hanno raccontato che dal Covid ci si “salva” solo all’ospedale, o ricorrendo al vaccino. Introdurre finalmente terapie precoci, gestibili da casa, significa compiere una sorta di “rivoluzione copernicana”, trasformando il Sars-Cov-2 (incluse le sue ovvie e continue “varianti”, essendo un virus Rna) in una patologia normalmente affrontabile, come tantissime altre. Il che permetterebbe di uscire davvero dall’incubo, mettendo fine all’allucinazione collettiva del panico e del distanziamento: se la malattia diventa curabile (e lo è già, come confermano Remuzzi e colleghi) l’emergenza non ha più ragione di esistere.https://quifinanza.it/info-utili/video/covid-antinfiammatori-ricovero-remuzzi/444694/Smontare il Covid? Possibile: basta agire per tempo, sapendo quali farmaci usare. Non c’è bisogno dell’ospedale: ci si cura a casa, con potenti dosi di antinfiammatori. In questo modo, si impedisce alla patologia di esplodere e la si “spegne” sul nascere. Lo afferma il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’istituto farmacologico Mario Negri di Milano. La notizia? Mario Draghi ha intenzione di “arruolarlo” come suo consulente speciale, facendone il Fauci italiano: uno stratega, in grado di spezzare l’incantesimo del Covid, finora rivelatosi un disastro per l’Italia (niente cure precoci, e corsa all’ospedale quando ormai è tardi, in molti casi). Il primo a rivelare il piano-Draghi è stato il “Foglio”, sottolineando la scelta di utilizzare Remuzzi. Attenzione: nei mesi scorsi, il professore (insieme a Fredy Suter, a lungo primario di malattie infettive all’ospedale di Bergamo) ha diffuso una sorta di protocollo per le cure precoci, destinato a istruire i medici di famiglia, mettendoli finalmente nelle condizioni di trasformare il Covid in un problema affrontabile da casa, in pochi giorni. Istruzioni finora mai recepite dal ministero della sanità.
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Garavelli: non sono vaccini. Meglio le cure precoci, a casa
Per favore, non chiamateli vaccini: sono terapie geniche sperimentali, e non è detto che bastino a neutralizzare un virus Rna, difficilissimo da “inseguire” proprio perché mutante. Ma soprattutto: perché dannarsi tanto per questi controversi non-vaccini, quando ormai è assodato che per ridurre la minaccia Covid sono più che sufficienti le cure precoci da somministrare ai primi sintomi, lasciando i pazienti a casa ed evitando quindi la corsa agli ospedali? A uscire dal coro è il professor Pietro Luigi Garavelli, che dirige il reparto malattie infettive dell’Ospedale Maggiore di Novara, centro sanitario universitario. Che si arrivasse ai vaccini «era prevedibile, ma non in questo modo», protesta Garavelli, da sempre favorevole alle vaccinazioni ma più che perplesso su quelle progettate per il coronavirus. «Purtroppo, dovendo fare di necessità virtù e ritenendo di non avere altro in mano (le cure precoci domiciliari) la politica ha puntato tutto sulla vaccinazione». Un rimprovero preciso: se un anno fa si poteva comprendere lo sbandamento generale di fronte a un virus “nuovo”, «ora è imperdonabile» il caos che continua a regnare, tra i gestori dell’emergenza.Ormai, «del Sars-Cov-2 si conosce quasi tutto», inclusa «l’inefficacia dei lockdown». E i vaccini? Se non vengono rapidamente somministrati fanno presto a risultare inutili, secondo Garavelli, «perché il virus si replica e muta». Il professore giudica inammissibile che la politica trascuri l’importanza strategica delle terapie precoci, alcune con farmaci “aspecifici” come idrossiclorochina, ivermectina e colchicina, e altre con l’impiego di medicinali mirati come gli anticorpi monoclonali. Tutte terapie salva-vita, finora incredibilmente «soppiantate dalla grottesca indicazione a dare la Tachipirina», completamente inutile in caso di Covid. La battaglia – ribadisce Garavelli – non la si può vincere negli ospedali, dove i malati arrivano in condizioni già gravi. La vera trincea resta il territorio, finora gravemente trascurato: serve «la possibilità di fare diagnosi rapide negli studi medici e nelle farmacie». La verità è che, dopo un anno, l’Italia sembra rimasta all’età della pietra. Le cure esistono e funzionano, ma la politica le ignora. In compenso punta tutto sui nuovi vaccini sperimentali, che veri vaccini non sono.Quelli ora disponibili per tentare di immunizzarsi dal Covid, dice Garavelli, sono tutti a base di mRna: «Difficile definirli vaccini: forse è più corretto denominarli “terapie geniche”». Interessanti? Sì: «Sono totalmente innovativi, nella filosofia di immunizzazione». Ma attenzione: «In altri momenti sarebbero stati immessi con prudenza», cioè secondo il “principio di precauzione”, per scoprire se funzionano davvero e se non rappresentano un pericolo per le persone vaccinate. Ora, invece, «dopo un breve periodo di sperimentazione su categorie selezionate», questi non-vaccini sono stati utilizzati su larga scala, «ed è accaduto quello che poteva essere previsto». Ovvero: «In tutto il mondo, tranne che dai “giornaloni”, sono segnalati tutta una serie di effetti collaterali precoci, che ha portato in alcune situazioni al blocco della campagna vaccinale stessa». A questo dato, prosegue l’infettivologo, si aggiunga «la mancata conoscenza» di troppi elementi, per esempio «gli effetti collaterali a breve e lungo termine». Inoltre, non si sa «quanta parte della popolazione sarà immunizzata, e quanto a lungo».Secondo il professor Garavelli, non si conosce ancora «la reale efficacia nel prevenire l’infezione e la malattia, che sono cose diverse», visto che la maggior parte dei contagiati è asintomatica. Non solo: la comparsa di vari ceppi virali, sotto la pressione anche degli stessi vaccini, potrebbe rendere «poco utili» questi farmaci, la cui produzione peraltro procede a rilento, così come la loro distribuzione in Italia. Uno spiraglio forse si avrà nei prossimi mesi: «A breve arriveranno vaccini più classici, costruiti con le metodiche tradizionali, più rassicuranti per un vecchio infettivologo come me, convinto pro-vax», dice Garavelli. Ma intanto, «dato che la vaccinazione procede lentamente, escludendo larghe fasce di popolazione (quelle socialmente attive e produttive), da cittadino e da medico mi chiedo perché si debba fare il piano vaccinale imposto dalle autorità, direi il “vaccino di Stato”, e non consentirne invece la libera scelta, sotto la guida di medici esperti, magari con un acquisto in proprio. In fin dei conti, è in gioco la salute. E in questo campo si deve poter volere ciò che si ritiene il meglio».Pochi segreti, ormai, sul Sars-Cov-2: è un virus Rna estremamente mutevole, che può eludere il nostro sistema immunitario (grazie alle sue continue “varianti”, note da subito), causando «reinfezioni, riattivazioni e forme croniche», e capace anche di «rendere inefficaci i vaccini, a meno che questi vengano rapidamente aggiornati». In ogni caso, sottolinea il professor Garavelli, il nostro sistema immunitario «si trova a combattere una battaglia estremamente difficile e complessa, dall’esito incerto». Secondo il medico, «l’immunità di gregge, naturale o post-vaccinale, non sarà in grado di contenere la pandemia». E quindi, «prima di trovarsi con un pugno di mosche in mano e la gente disillusa e inferocita, urge sempre più pensare ad un approccio combinato di tipo comportamentale e di terapie precoci a domicilio, essendoci la disponibilità di farmaci, ora arricchitasi coi monoclonali». Domanda retorica: «Dato che le nozioni sopra riportate sono ben note agli specializzandi di malattie infettive, perché questo settore è silenzioso?».«Mi è stato detto che sono pessimista», si sfoga Garavelli su Facebook. «Semplicemente, mi sono rotto: oltre che fisicamente, anche moralmente». La situazione non è allegra: «Si “colorano” le Regioni, mentre forse agli italioti farebbe bene un po’ di educazione sanitaria, affinché non sembrino pecore al pascolo quando viene concesso il quarto d’ora d’aria». Per fortuna, aggiunge l’infettivologo, si sta avvicinando la bella stagione: «Col caldo, il Sars-Cov-2 ridurrà la sua capacità di trasmissione: alla faccia di lockdown e vaccini». Con il prossimo autunno scomparirà? «E’ scarsamente probabile», visto che si tratta di una patologia «divenuta endemica, da ceppi virali mutanti e subentranti con periodiche riaccensioni epidemiche». Conclude Garavelli: «Mi auguro che per allora accada un miracolo, cioè che si diventi più pragmatici si accetti il Covid-19 una infezione con mediocre mortalità e cure sempre più efficaci. Altrimenti, leggere sempre le stesse cose senza risolvere nulla è veramente fonte di rottura morale, tale da invidiare gli eremiti che nulla hanno a che fare con la pazza folla».Per favore, non chiamateli vaccini: sono terapie geniche sperimentali, e non è detto che bastino a neutralizzare un virus Rna, difficilissimo da “inseguire” proprio perché mutante. Ma soprattutto: perché dannarsi tanto per questi controversi non-vaccini, quando ormai è assodato che per ridurre la minaccia Covid sono più che sufficienti le cure precoci da somministrare ai primi sintomi, lasciando i pazienti a casa ed evitando quindi la corsa agli ospedali? A uscire dal coro è il professor Pietro Luigi Garavelli, che dirige il reparto malattie infettive dell’Ospedale Maggiore di Novara, centro sanitario universitario. Che si arrivasse ai vaccini «era prevedibile, ma non in questo modo», protesta Garavelli, da sempre favorevole alle vaccinazioni ma più che perplesso su quelle progettate per il coronavirus. «Purtroppo, dovendo fare di necessità virtù e ritenendo di non avere altro in mano (le cure precoci domiciliari) la politica ha puntato tutto sulla vaccinazione». Un rimprovero preciso: se un anno fa si poteva comprendere lo sbandamento generale di fronte a un virus “nuovo”, «ora è imperdonabile» il caos che continua a regnare, tra i gestori dell’emergenza.
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Il Virus del Terrore e il sottile alchimista Mario Draghi
Il Virus del Terrore ha le settimane contate? E’ quello che si augurano tutti: sia la maggioranza dei cittadini, ipnotizzati per un anno dalla sovragestione del panico, sia la vasta minoranza vigile che non ha smesso di porsi domande, ascoltando i medici indipendenti (quelli che al Covid hanno preso le misure a partire dall’aprile 2020, con farmaci in grado di disinnescarne l’evoluzione peggiore). Generalmente, dalle catastrofi si può uscire in due modi: con un Processo di Norimberga che metta alla sbarra i protagonisti delle scelte più sciagurate, oppure optando per un risanamento silenzioso e pragmatico, che faccia a meno della vendetta politica e affidi semmai alla storia il giudizio sugli errori commessi. Evidente la natura della scelta adottata da Mario Draghi: amnistiare i partiti che hanno partecipato al disastro direttamente, dai banchi del governo Conte, o anche indirettamente, attraverso Regioni che non si sono mai discostate dal delirio fobico-mediatico nazionale, basato sui numeri “impazziti” della pandemia e su una imbarazzante impreparazione del sistema sanitario, colonizzato da Big Pharma (a partire dalla ricerca scientifica) e falcidiato da decenni di tagli selvaggi e sconsiderati.A scagliare la pietra dello scandalo sono i sanitari estranei al circo televisivo del mainstream: medici in prima linea negli ospedali e, prima ancora, impegnati sul territorio nei loro ambulatori. La loro denuncia si basa ormai anche su evidenze statistiche: è rarissimo che possa incorrere in seri pericoli chi viene curato a casa in modo tempestivo, ai primi sintomi, ricorrendo a farmaci appropriati (di uso comune, collaudati, sicuri). La strage – dicono i sanitari, come quelli riuniti in modo volontaristico in associazioni come “Ippocrate” – sarebbe stata determinata proprio dalla rinuncia alle cure tempestive, domiciliari: gli ospedali, incluse le terapie intensive, sarebbero stati intasati da malati abbandonati a se stessi per giorni, lasciati a casa senza terapie, dando tempo al Covid di sviluppare le conseguenze più gravi. Questo, dicono, spiegherebbe anche l’elevata percentuale di insuccessi, nei centri ospedalieri, troppo spesso costretti ad assistere pazienti ormai gravemente compromessi.Devastante, in questo, l’assenza dello Stato: si commenta da sola la scelta, da parte di molti medici, di condividere un loro efficace protocollo terapeutico, da utilizzare per trattare i pazienti: l’invito, se si vuole guarire, è a saltare i passaggi ordinari (medico di famiglia, pronto soccorso) rivolgendosi direttamente a loro, i medici che sanno come guarire dal Covid. Medici – altro aspetto increscioso – che prestano la propria opera in modo gratuito, assistendo pazienti a cui il sistema sanitario, troppe volte, non offre risposte efficaci, cioè appropriate e tempestive. Di sfuggita, lo stesso Draghi ne ha accennato nel suo discorso al Senato, quando ha sottolineato l’assoluta necessità di riabilitare innanzitutto la medicina territoriale, lasciando agli ospedali solo i casi più gravi. Non una parola, in questo senso, si era sentita in tutto il 2020, quando l’unica preoccupazione di Conte e dei suoi tecnici sembrava quella di terrorizzare la popolazione, rinchiusa in casa a colpi di Dpcm, mentre il ministro della sanità – anziché mettersi al lavoro per proteggere gli italiani in vista dell’autunno – perdeva l’estate a scrivere un libro surreale sui suoi “successi”, che poi non ha neppure osato distribuire nelle librerie.Ogni Norimberga – la spada simbolica della giustizia – necessita di un esercito nettamente vincitore. Non è il nostro caso: nessuno, dei partiti italiani, può dirsi innocente. Tutti hanno ceduto alla tentazione della paura, collaborando in vario modo (sia pure con gradazioni diverse) alla Legge del Terrore, che – con Conte – ha messo l’Italia sul binario morto della depressione: sanitaria, sociale, economica e psicologica. A essere defunto è il peggior governo possibile, non contrastato da un’opposizione degna (capace cioè di avanzare proposte radicalmente alternative, anche sulla gestione della pandemia). E’ per questo, probabilmente, che tutti i partiti neo-governativi – nessuno escluso – oggi sono ricoverati in terapia intensiva, nello strano ospedale del dottor Draghi, sperando che l’illustre clinico li possa miracolare. Cosa che, evidentemente, non succederà: almeno, non nei termini auspicati dalle attuali, incolori dirigenze, tutte largamente impresentabili. La fedina in discussione non è penale, ma politica: non hanno saputo leggere il mondo, e tradurre i bisogni in risposte.Tra gli ousider, poi, non manca chi paventa – con Draghi – l’avvento di una sorta di sottomissione definitiva, post-democratica, all’insegna del cosiddetto post-umanesimo vaticinato dalle élite di Davos, quelle del Grande Reset: una riconversione globale (ecologistica ma anti-sociale), capace di rendere permanente la mutazione anche antropologica della società che l’irruzione del virus ha indotto, distanziando le persone e costringendole a un auto-isolamento infinito: a scuola, al lavoro, in ognuno dei luoghi in cui fino a ieri si esprimeva liberamente la socialità. Un incubo distopico, figlio – ancora e sempre – della paura: in questo, il coronavirus (presentato come minaccia invincibile) ha rimpiazzato ottimamente le fobie di ieri, scatenate con le crisi finanziarie e con il ricorso al terrorismo. Il virus è un nemico ancora più subdolo: può sempre colpire chiunque, ovunque. Per soccombere, basta fingere di non sapere che le cure esistono (e funzionano), rendendo quindi sostanzialmente superflua la stessa vaccinazione, presentata invece come unica possibile salvezza.Sembra la storiella dell’alleanza clandestina tra il vetraio e il monello con la fionda, se poi si scopre che i profeti della vaccinazione universale sono i medesimi soggetti che hanno a lungo maneggiato i virus, nei loro laboratori. L’enormità degli accadimenti del 2020 – lo scontro epocale con la Cina, la manipolazione delle presidenziali negli Usa – è stata in qualche modo preparata anche da fenomeni mediatici come la bolla-Greta, sostenuta da precisi settori della grande finanza mondiale per deformare la realtà e convincere miliardi di persone che le alterazioni del clima (sempre avvenute, e oggi gravi) dipendano dall’attività antropica. I creatori di Greta sono gli stessi protagonisti dell’inquinamento terrestre, che oggi hanno imposto la loro agenda “green” basata su suggestive interpretazioni (industriali, finanziarie) della pretesa riconversione ecologica del sistema, partendo dalla colpevolizzazione del singolo, mortificato nelle sue capacità di consumo anche “grazie” agli effetti devastanti della sovragestione terroristica della crisi epidemica, con la brutale imposizione degli inutili, disastrosi lockdown.E’ soverchiante, la narrazione (disonesta) che è stata imposta dal pensiero unico, nella sua dimensione inevitabilmente mondiale, sorretta dal grande potere onnipervasivo che nei decenni precedenti – anche a suon di ricatti e guerre – ha attuato una rivoluzione violenta, imposta dall’alto, come la globalizzazione finanziaria, sottomettendo interi popoli attraverso il regime dell’emissione monetaria “privatizzata”, che trasforma il debito in schiavitù. Sono bastate le mediocri fanterie giornalistiche, nei singoli paesi, a sbaragliare i cosiddetti sovranismi politici, intimiditi e neutralizzati con pochissima fatica, mentre si lascia volentieri al complottismo chiassoso il ruolo di opposizione solo virtuale, cioè verbosa e sostanzialmente innocua, nell’immensa deriva di società un tempo vitali e democratiche, oggi narcotizzate dalla digitalizzazione che trasforma l’individuo in uno spettatore apatico, ormai indifferente persino alle più feroci limitazioni della libertà personale.La verità è che nessun soggetto politico, in questi anni, ha saputo organizzare una risposta all’altezza dei pericoli, dopo aver elaborato un’analisi dei problemi. Ogni denuncia è rimasta circoscritta nel perimetro ristretto di sparuti gruppuscoli, di fronte alla storica diserzione di intellettuali, artisti e pensatori. Gli stessi partiti si sono ridotti a comitati elettorali, affidati a piccoli leader acefali e, di conseguenza, pronti a eseguire semplicemente direttive calate dall’alto, in un pianeta in cui tutti i grandi agglomerati – Big Tech, Big Money – sono riconducibili al controllo esercitato da una manciata di persone, sempre le stesse, che siedono a turno nei consigli di amministrazione dei tre maggiori fondi d’investimento (State Street, Vanguard e BlackRock) che dominano banche e multinazionali in ogni angolo della Terra.E’ questo, il pianeta in cui si muovono determinate élite che hanno cominciato in vario modo a mostrarsi dissonanti, rispetto alla narrazione corrente: per esempio, quelle che nel 2016 sostennero l’eretico tentativo di Donald Trump: proteggere la comunità nazionale dagli effetti più deteriori del globalismo. Già dopo le proteste di Occupy Wall Street, alcune voci autorevoli – Premi Nobel come Paul Krugman – iniziarono a denunciare il carattere calamitoso del capitalismo finanziarizzato. Oggi, con l’alibi del Covid e grazie a Christine Lagarde, la Bce si è trasformata in una vera banca centrale, teoricamente pronta a sostenere l’economia in misura virtualmente illimitata. In questo percorso fatto di autorevolissime voci di dissenso si è fatta notare quella di Mario Draghi: ieri spietato architetto dell’austerity, e oggi profeta di una possibile conversione post-keynesiana dell’economia, sia pure tenendo conto (inevitabilmente) delle disastrose condizioni di partenza, quelle di un pianeta che si è lasciato ipnotizzare dagli stregoni del virus, dopo aver tolto la parola persino al presidente degli Stati Uniti, mettendolo al bando, per mano di poteri oligarchci che pretendono di plasmare le vostre vite al punto da imporre un’unica verità, la loro.Non essendo ancora stata smantellata la democrazia formale, ed essendo lo Stato (o quel che ne rimane) l’unità-base su cui si articola l’esercizio del potere, pare evidente la necessità di calarsi nella dimensione politica, parlamentare e governativa, se si vuole agire direttamente nella materia, per provare a trasformarla. La fisionomia del governo Draghi – affollato di zombie e superstiti grotteschi – sembra dimostrare la volontà di intraprendere un procedimento tipicamente alchemico, partendo cioè dalla “nigredo” della putrefazione, la decadenza fisiologica di partiti-fantasma, nel tentativo di trasmutarne l’essenza attraverso un percorso virtuoso che possa portare un giorno all’oro filosofale, dopo una dolorosa e incessante revisione delle proprie devastanti manchevolezze. Se il sistema unico mondiale prescrive i vaccini per fermare il Covid, è scontato che Draghi si concentri nell’immediato proprio su quelli (garantendo però che vengano finalmente somministrati in tempi velocissimi), ma è fondamentale che non si fermi alla sola campagna vaccinale, sia pure depurata dalle impressionanti cialtronerie della gestione Conte.Nel neonato esecutivo sembra di poter ravvisare una notevole specularità, pratica e simbolica: al “nuovo” Mario Draghi, distanziatosi da un passato prestigioso ma funestato da immani, colpevoli tragedie (le privatizzazioni, l’euro-rigore finanziario) corrisponde, a vista, una pletora di parlamentari e di partiti che, in quasi trent’anni, non hanno saputo far altro che piegarsi ai diktat del potere sovranazionale ultra-privatizzatore, e che da oggi possono cogliere la prima vera occasione per emendare se stessi, verso una rigenerazione culturale e democratica da cui non si può prescindere, se si vuole uscire dall’autismo neoliberista del “non ci sono alternative”, pur in un mondo dominato dall’istinto totalitario di forze potentemente distruttrici, mimetiche e manipolatrici, veri e propri lupi travestiti da agnelli. In piccolo, sarà dirimente la stessa “prova del Covid”: rassicurati gli atterriti (e placata la bulimia di Big Pharma), dopo l’overdose vaccinale non ci saranno più alibi. Riuscirà il governo a resuscitare la sanità, mettendo i medici in condizione di intervenire tempestivamente, contro il Covid e qualsiasi altra minaccia? E soprattutto: riuscirà il sottile alchimista Mario Draghi a inaugurare una diplomazia della lungimiranza, che permetta all’Italia di distinguersi e tornare nella storia, come protagonista di una politica non-orwelliana, in questo fatidico millennio aperto da menzogne sanguinose, come quelle esplose insieme alle Torri Gemelle?Il Virus del Terrore ha le settimane contate? E’ quello che si augurano tutti: sia la maggioranza dei cittadini, ipnotizzati per un anno dalla sovragestione del panico, sia la vasta minoranza vigile che non ha smesso di porsi domande, ascoltando i medici indipendenti (quelli che al Covid hanno preso le misure a partire dall’aprile 2020, con farmaci in grado di disinnescarne l’evoluzione peggiore). Generalmente, dalle catastrofi si può uscire in due modi: con un Processo di Norimberga che metta alla sbarra i protagonisti delle scelte più sciagurate, oppure optando per un risanamento silenzioso e pragmatico, che faccia a meno della vendetta politica e affidi semmai alla storia il giudizio sugli errori commessi. Evidente la natura della scelta adottata da Mario Draghi: amnistiare i partiti che hanno partecipato al disastro direttamente, dai banchi del governo Conte, o anche indirettamente, attraverso Regioni che non si sono mai discostate dal delirio fobico-mediatico nazionale, basato sui numeri “impazziti” della pandemia e su una imbarazzante impreparazione del sistema sanitario, colonizzato da Big Pharma (a partire dalla ricerca scientifica) e falcidiato da decenni di tagli selvaggi e sconsiderati.
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Rivoluzione Draghi: cure a domicilio per guarire dal Covid
Nel paese dove ora si indaga sugli oltri 50 milioni di euro che sarebbero stati intascati come “compenso” per le primissime forniture di mascherine, lo scandalo forse maggiore riguarda l’approccio sanitario alla pendemia: tuttora, come denunciano molti medici coraggiosi, l’Italia non ha ancora un protocollo terapeutico che preveda, in modo sistematico, efficaci cure (domiciliari) per disinnescare il Covid già ai primi sintomi della malattia. «Per questo – affermano i sanitari di associazioni come “Ippocrate” – gli ospedali sono stati presi d’assalto da pazienti in condizioni ormai gravi: erano stati abbandonati a casa e lasciati senza cure, grazie a disposizioni che tuttora prescrivono la somministrazione della sola Tachipirina, farmaco completamente inutile in caso di Covid». Parole che non sono rimaste inascoltate, se è vero che il neo-premier, Mario Draghi, ha chiarito che (accanto alle misure d’emergenza, come una adeguata fornitura di vaccini efficacemente distribuiti) sarà strategico l’allestimento di una risposta sanitaria territoriale, capace di curare in modo tempestivo i malati, evitando il ricovero in ospedale.Proprio la demenziale inefficienza del sistema sanitario, imputabile in primis a Giuseppe Conte e Roberto Speranza, ha gonfiato i numeri del bilancio pandemico italiano (oltre 90.000 vittime, stando ai dati ufficiali – pur contestati da medici come Matteo Bassetti, secondo cui sarebbero stati conteggiati come Covid moltissimi pazienti deceduti per via di altre, gravi malattie). In ogni caso, si tratta di «cifre che hanno messo a dura prova il sistema sanitario nazionale, sottraendo personale e risorse alla prevenzione e alla cura di altre patologie, con conseguenze pesanti sulla salute di tanti italiani», sottolinea Mario Draghi. «L’aspettativa di vita, a causa della pandemia, è diminuita: fino a 4 – 5 anni nelle zone di maggior contagio; un anno e mezzo – due in meno per tutta la popolazione italiana. Un calo simile non si registrava in Italia dai tempi delle due guerre mondiali». Attenzione: «La diffusione del virus ha comportato gravissime conseguenze anche sul tessuto economico e sociale del nostro paese, con rilevanti impatti sull’occupazione, specialmente quella dei giovani e delle donne: un fenomeno destinato ad aggravarsi quando verrà meno il divieto di licenziamento».Si è anche aggravata la povertà, aggiunge Draghi: la Caritas rivela che, in appena un anno, l’incidenza dei “nuovi poveri” è passata dal 31% al 45%: quasi una persona su due che oggi si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta. «Tra i nuovi poveri aumenta in particolare il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, degli italiani che sono oggi la maggioranza (52% rispetto al 47,9 % dello scorso anno) e delle persone in età lavorativa, di fasce di cittadini finora mai sfiorati dall’indigenza». E’ catastrofico, il bilancio del governo Conte: «Il numero totale di ore di cassa integrazione per emergenza sanitaria dal 1° aprile al 31 dicembre dello scorso anno supera i 4 milioni. Nel 2020 gli occupati sono scesi di 444.000 unità», lasciando a casa in particolare i titolari di contratti a termine e i lavoratori autonomi. «La pandemia ha finora ha colpito soprattutto giovani e donne: una disoccupazione selettiva, ma che presto potrebbe iniziare a colpire anche i lavoratori con contratti a tempo indeterminato».Gravi e con pochi precedenti storici – aggiunge Draghi – gli effetti sulle diseguaglianze: «Il nostro sistema di sicurezza sociale è squilibrato, non proteggendo a sufficienza i cittadini con impieghi a tempo determinato e i lavoratori autonomi». Altra brutta notizia: l’Italia è il fanalino di coda, in Europa. E’ vero, le previsioni della Commissione Europea indicano che la recessione continentale sia stata meno grave di quanto ci si aspettasse, e che quindi nel giro di un anno si dovrebbero recuperare i livelli di attività economica pre-pandemia. Ma questo in Italia «non accadrà prima della fine del 2022», e per giunta «in un contesto in cui, prima della pandemia, non avevamo ancora recuperato pienamente gli effetti delle crisi del 2008-09 e del 2011-13». Tutto questo, senza contare le «ferite profonde» non solo sul piano sanitario ed economico, «ma anche su quello culturale ed educativo». I ragazzi devono tornare subito a scuola, insiste Draghi, che cita un dato deprimente: solo il 61% degli studenti ha avuto accesso alla didattica a distanza, spesso impraticabile al Sud.Ovviamente, le priorità immediate per ripartire investono la sanità. «Questa situazione di emergenza senza precedenti impone di imboccare, con decisione e rapidità, una strada di unità e di impegno comune», chiarisce Draghi, partendo dalla campagna vaccinale. «La nostra prima sfida è, ottenutene le quantità sufficienti, distribuire il vaccino rapidamente ed efficientemente» (sottinteso: sonora bocciatura per l’operato di Conte, Speranza e Arcuri). «Abbiamo bisogno di mobilitare tutte le energie su cui possiamo contare, ricorrendo alla protezione civile, alle forze armate, ai tanti volontari», scandisce Draghi. «Non dobbiamo limitare le vaccinazioni all’interno di luoghi specifici, spesso ancora non pronti» (altro siluro contro le costosissime tensostrutture acquistate da Arcuri). «Abbiamo il dovere di renderle possibili in tutte le strutture disponibili, pubbliche e private, facendo tesoro dell’esperienza fatta con i tamponi che, dopo un ritardo iniziale, sono stati permessi anche al di fuori della ristretta cerchia di ospedali autorizzati».E soprattutto, rincara la dose Draghi, occorre procedere «imparando da paesi che si sono mossi più rapidamente di noi, disponendo subito di quantità di vaccini adeguate». Quanto ha dormito, l’inaudito governo Conte? «La velocità è essenziale – insiste Draghi – non solo per proteggere gli individui e le comunità sociali, ma ora anche per ridurre le possibilità che sorgano altre varianti del virus». Sulla base del disastro italiano, il nuovo premier avverte: «Dobbiamo aprire un confronto a tutto campo sulla riforma della nostra sanità», come chiedono i migliori tra i nostri medici in prima linea. Ecco la questione-chiave: «Il punto centrale è rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale, realizzando una forte rete di servizi di base (case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà sanitaria)». È questa, ribadisce Draghi, «la strada per rendere realmente esigibili i “livelli essenziali di assistenza”», in modo da affidare agli ospedali solo «le esigenze sanitarie acute, post-acute e riabilitative». Parole chiarissime: «La “casa come principale luogo di cura” è oggi possibile con la telemedicina, con l’assistenza domiciliare integrata».Nel paese dove ora si indaga sugli oltre 50 milioni di euro che sarebbero stati intascati come “compenso” per le primissime forniture di mascherine, lo scandalo forse maggiore riguarda l’approccio sanitario alla pendemia: tuttora, come denunciano molti medici coraggiosi, l’Italia continua a non avere un protocollo terapeutico che preveda, in modo sistematico, efficaci cure (domiciliari) per disinnescare il Covid già ai primi sintomi della malattia. «Per questo – affermano i sanitari di associazioni come “Ippocrate” – gli ospedali sono stati presi d’assalto da pazienti in condizioni ormai gravi: erano stati abbandonati a casa e lasciati senza cure, grazie a disposizioni che tuttora prescrivono la somministrazione della sola Tachipirina, farmaco completamente inutile in caso di Covid». Parole che non sono rimaste inascoltate, se è vero che il neo-premier, Mario Draghi, ha chiarito che (accanto alle misure d’emergenza, come una adeguata fornitura di vaccini efficacemente distribuiti) sarà strategico l’allestimento di una risposta sanitaria territoriale, capace di curare in modo tempestivo i malati, evitando il ricovero in ospedale.
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Covid, cure negate. Medici: rimediate, o vi denunciamo
O ci ascoltate, o stavolta ci rivolgiamo al giudice: serve un protocollo per garantire cure efficaci, a casa, per i malati di Covid. Con i farmaci adeguati – che esistono – è possibile intervenire con successo, se si agisce nelle fasi iniziali. Lo affermano i medici presenti nel “Comitato per il diritto alla cura tempestiva domiciliare nell’epidemia di Covid-19”, presieduto dall’avvocato Erich Grimaldi. L’invito, riporta un periodico altoatesino, è a condividere lo schema terapeutico (redatto da oltre 200 specialisti italiani), per il trattamento del Covid in fase precoce. Si chiede anche di sperimentare con urgenza due sostanze, l’ivermectina e la colchicina, rivelatesi molto promettenti per sconfiggere il virus. L’appello del Comitato è stato recapitato all’Aifa, alla presidenza del Consiglio dei ministri e, naturalmente, al ministero della salute. Devastante la denuncia di sanitari come quelli dell’associazione “Ippocrate”, che curano gratis i malati a casa, guarendoli: «All’ospedale arrivano solo i casi già gravi: pazienti lasciati soli per giorni, senza cure domiciliari, dando tempo al Covid di fare danni anche molto seri e, a quel punto, spesso irreparabili».I medici di “Ippocrate” considerano scandaloso che le indicazioni attuali – dopo un anno di crisi pandemica – si limitino alla semplice somministrazione di Tachipirina, farmaco ritenuto assolutamente inutile. «E’ inaudito che, mentre si parla solo di vaccini, ancora non esista un elementare protocollo nazionale per la cura tempestiva, domiciliare, cioè quando è decisivo “spegnere” il problema sul nascere». Se si fosse agito in questo modo, sostengono i sanitari, «avremmo evitato la strage» e non ci sarebbe stata nessuna “seconda ondata”, negli ospedali, nell’autunno 2020. Un’accusa pesantissima, quella formulata nei confronti del governo Conte e del ministro Speranza. A rilanciarla è ora il “Comitato per il diritto alla cura tempestiva domiciliare”: dopo le prime richieste presentate già il 30 aprile 2020, e poi rinnovate il 13 gennaio scorso, i medici non demordono. Insistono sulla necessità di curare il Covid ai primi sintomi e a livello domiciliare. E ripetono: è inaccettabile che queste richieste siano rimaste prive di riscontro.«Il nostro paese, come ben noto, non dispone di un adeguato protocollo, condiviso con i medici che hanno curato il Covid a domicilio e in fase precoce, sia nella prima, sia nella seconda ondata», scrivono i sanitari, nel comunicato ora trasmesso alle autorità di governo. Sanno di cosa parlano: a gennaio avevano inutilmente invitato il ministero a «considerare uno schema terapeutico di cura domiciliare precoce, realizzato da oltre duecento medici, secondo le evidenze e le esperienze dei territori, condiviso anche negli Stati Uniti dai dottori Harvey Risch e Peter Andrew McCullough», due luminari di fama mondiale. Il primo è professore di epidemiologia alla Yale University; il secondo, cardiologo, è docente e aiuto primario di medicina interna al Medical Center della Baylor University. Nelle ultime settimane, lo schema terapeutico del Comitato è stato sottoposto alla commissione sanità della Regione Lombardia, e richiesto da numerosi medici.Inoltre, l’avvocato Erich Grimaldi invita le autorità sanitarie, in particolare Aifa e ministero della salute, a valutare con urgenza la sperimentazione di nuovi farmaci: «Alcuni studi randomizzati impongono al nostro paese, in assenza di valide alternative terapeutiche in fase precoce, di valutare con urgenza anche la sperimentazione di ivermectina e colchicina». Somministrata a pazienti non ospedalizzati, la colchicina «ha ridotto i ricoveri del 25%, il ricorso alla ventilazione meccanica del 50% e il tasso di mortalità del 44%». Un test importante, effettuato su ben 4.000 pazienti. «All’inizio della sperimentazione, svolta tra Canada, Stati Uniti, Brasile, Spagna e Sudafrica, i pazienti non erano ospedalizzati ma presentavano almeno un fattore di rischio per complicanze di Covid-19». La colchicina, peraltro, «è un farmaco usato da decenni per il trattamento di infiammazioni provocate dall’accumulo di acido urico (gotta), ma anche in cardiologia, per curare pericarditi e prevenirne le recidive».Si tratta, dunque, di una sostanza ben conosciuta: può essere utilizzata in sicurezza dal medico, con costi contenuti. Inieme all’ivermectina, quindi, dunque, potrebbe rappresentare un’arma in più contro il Covid-19, in fase precoce domiciliare. «Motivo per cui è opportuno (come chiarito anche dal Consiglio di Stato, nella recente ordinanza dell’11 dicembre 2020, con riferimento all’idrossiclorochina), sino alla pubblicazione di studi randomizzati, che possano dichiararne l’inefficacia, sperimentarne l’uso off-label in condizioni di sicurezza ed appropriatezza». A sostegno di quanto dichiarato, si cita la documentazione scientifica comprovante l’efficacia dell’ivermectina della colchicina. Il Comitato è determinato a non cedere: qualora rimanesse inascoltato pure quest’ultimo appello, «depositerà esposto presso la competente Procura della Repubblica, al fine di poter accertare le responsabilità penali di tutte le parti coinvolte, per le reiterate omissioni, circa gli inviti e le istanze più volte rivolte, a tutela dei cittadini italiani».O ci ascoltate, o stavolta ci rivolgiamo al giudice: serve un protocollo per garantire cure efficaci, a casa, per i malati di Covid. Con i farmaci adeguati – che esistono – è possibile intervenire con successo, se si agisce nelle fasi iniziali. Lo affermano i medici presenti nel “Comitato per il diritto alla cura tempestiva domiciliare nell’epidemia di Covid-19”, presieduto dall’avvocato Erich Grimaldi. L’invito, riporta un periodico altoatesino, è a condividere lo schema terapeutico (redatto da oltre 200 specialisti italiani), per il trattamento del Covid in fase precoce. Si chiede anche di sperimentare con urgenza due sostanze, l’ivermectina e la colchicina, rivelatesi molto promettenti per sconfiggere il virus. L’appello del Comitato è stato recapitato all’Aifa, alla presidenza del Consiglio dei ministri e, naturalmente, al ministero della salute. Devastante la denuncia di sanitari come quelli dell’associazione “Ippocrate”, che curano gratis i malati a casa, guarendoli: «All’ospedale arrivano solo i casi già gravi: pazienti lasciati soli per giorni, senza cure domiciliari, dando tempo al Covid di fare danni anche molto seri e, a quel punto, spesso irreparabili».
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Negazionisti al potere: oscurano le terapie anti-Covid
“L’opera buffa che l’Europa non ci perdona”, titola Massimo Giannini il 31 gennaio sulla “Stampa”, che l’indomani – con una foto che mostra finalmente gente a spasso per strada (sia pure imbavagliata nelle mascherine) – rilancia l’allarme di Agostino Miozzo, coordinatore del Cts: “Niente assembramenti, o la curva riparte”. Due titoli che, da soli, riassumono il mondo parallelo in cui vivono i grandi media, massimi portavoce della nuova religione basata su due dogmi fasulli eppure intoccabili. Il primo: l’Unione Europea e l’Europa sono la stessa cosa, per cui l’Europa (cioè l’Unione Europea) ha sempre ragione, e l’Italia sempre torto. Il secondo: l’epidemia di coronavirus è realmente apocalittica e inarrestabile, non esistono terapie efficaci per guarire dal Covid; la diffusione dei contagi è un male, l’unico rimedio è la clausura, e la colpa del disastro è da imputare soprattutto ai cittadini. Questo il ragionamento offerto: se gli italiani rimettono il naso fuori di casa, e i contagi riprendono a crescere, l’unica soluzione è richiudere tutto – a oltranza, anche per sempre – mentre il paese nel frattempo crolla. L’altra notizia è che questo mare di falsità continui a circolare, dopo un anno di libertà negate e democrazia sospesa.Il nostro primo nemico sono i media, ha detto Donald Trump nel suo ultimo discorso alla Casa Bianca. Quello di Trump resta un nome divisivo: in tanti considerano ancora una specie di rozzo outsider, un quasi-mascalzone, il presidente sconfitto dal voto postale arrivato fuori tempo massimo, e “aggiustato” col favore delle tenebre dal sistema digitale Dominion. Vent’anni fa, la stessa canzone la cantava un solista come Giulietto Chiesa: da tempo, i grandi media ci raccontano il contrario della verità. Un altro analista controcorrente, Marcello Pamio, ricorda che oggi sono soltanto 4, i grandi gruppi cui fanno capo tutti gli editori e i broadcaster televisivi. Un reporter indipendente del calibro di Franco Fracassi insiste su un punto: un unico gruppo ristrettissimo, composto dalle stesse persone, siede nei consigli di amministrazione delle tre entità finanziarie (BlackRock, Vanguard e State Street) che controllano il pianeta: industria, finanza, grandi banche, multinazionali. Big Tech e Big Web, Big Pharma e Big Money, incluso Big Media.Fin che si scherza, disquisisendo di calcio o di politica, passi; ma che succede, se qualcuno decide che una sindrome influenzale deve fermare il mondo intero? Chi sarebbe così ingenuo da credere che i grandi media potrebbero, anche volendo, uscire dal coro del nuovo credo religioso, che impone la Bibbia dell’Emergenza come unica modalità possibile per affrontare il coronavirus? E’ questo, probabilmente, il “dono” più prezioso del Covid: l’aver messo in luce la gravità del problema, quello vero. E cioè: la costante, tenace, orwelliana sparizione della realtà, in favore di una rappresentazione del tutto virtuale della situazione. Con due soli titoli nella stessa pagina, “La Stampa” mostra i sintomi dello stesso male: la falsa narrazione dell’Europa e la falsa narrazione della “pandemia”. Nel mirino di Massimo Giannini, la “pazza” crisi di governo italiana, innescata da Matteo Renzi e giudicata rovinosamente inopportuna. Com’era iniziata? Contestando il Recovery Plan, cioè il presunto aiuto europeo.Renzi lo ha criticato sia nel merito (una misera bozza, senza idee), sia nel metodo: in prima battuta, Giuseppe Conte avrebbe affidato anche quello, come tutto il resto, a un pugno di tecnici di sua esclusiva fiducia, scavalcando governo e Parlamento, ministri e partiti. Sarebbero in ballo oltre 200 miliardi di euro, si racconta. Ma è vero? Non proprio, precisano esperti come Davide Gionco: arriverebbero al massimo 50 miliardi a fondo perduto, il resto sarebbero solo prestiti da restituire. E cioè: lo Stato italiano, sottoposto all’Ue e all’Eurozona, deve ricorrere a elemosine esterne, non potendo più generare da sé le necessarie risorse, come aveva sempre fatto, da quando ha accettato di sottostare al regime di Bruxelles, il cui paternalismo “patrigno” è smaccato: finora l’Italia ha largamente finanziato l’Unione Europea, più di quanto l’Ue abbia finanziato l’Italia (lo stesso Gionco calcola che il saldo è a nostro sfavore, per un ammontare di oltre 112 miliardi di euro).Non solo: gli aiuti del Recovery Plan – pure “concessi” in un momento in cui, col pretesto del Covid – il feudalesimo imperiale ha elargito una deroga alla spietata austerity del Patto di Stabilità – non sarebbero affatto “gratis”: in cambio, infatti, si chiede all’Italia di adottare le famigerate “riforme strutturali”, inclusa quella delle pensioni, già tentate dall’indimenticabile ticket rappresentato da Mario Monti ed Elsa Fornero. Né c’era da illudersi che lo stesso Matteo Renzi, l’uomo del Jobs Act, trovasse nulla da eccepire, su questo. Figurarsi Massimo Giannini, aureo cantore della Bella Europa, quella che – per definizione – ha sempre ragione, nel maltrattare l’Italia. E chi è Giannini? Quali speciali meriti può vantare, l’ex vicedirettore di “Repubblica” ora passato a dirigere il giornale della famiglia Elkann, che – per inciso, nel silenzio generale – si è comprata anche “Repubblica” e l’intero gruppo “Espresso”, alla faccia del mitico pluralismo dell’editoria, per il quale – decenni or sono – fu scatenata la grande guerra contro Berlusconi?Il signore che spiega ai lettori che la crisi Renzi-Conte è “l’opera buffa che l’Europa non ci perdona” è stipendiato dai signori di Torino che pagano le tasse all’estero, ma un anno fa hanno prontamente ottenuto quasi 7 miliardi di sussidi governativi, anche se la gran parte delle automobili Fiat sono fabbricate, a basso costo, lontano dall’Italia. Non solo: nel silenzio assordante di Landini e degli altri sindacalisti-eroi, Fiat-Fca ha praticamente ceduto il timone ai francesi di Psa, ipotecando di fatto l’archiviazione degli ultimi stabilimenti nazionali, con tutto il loro indotto. Non è finita: gli Elkann stanno cedendo (stavolta ai cinesi, i veri dominatori della crisi Covid) il florido segmento dei veicoli industriali, Iveco e New Holland. Quanto al coronavirus, sempre Fiat-Fca ha ottenuto oltre 100 milioni di euro per fabbricare mascherine. E’ dall’alto di questo pulpito, fatto di fulgida indipendenza e puro giornalismo, che Massimo Giannini ammaestra i lettori de “La Stampa”, spiegando loro che il collasso del Conte-bis – proprio ora, in piena “pandemia” e di fronte all’imperdibile “occasione storica” del Recovery – è davvero inammissibile: è davvero “l’opera buffa che l’Europa non ci perdona”.Poi c’è il fronte interno, quello strettamente sanitario: la religione dei lockdown, del coprifuoco, delle zone rosse. A cosa sono servite, queste misure incostituzionali? A niente, se è vero che – appena si allenta la morsa, nella stagione fredda – il coronavirus riprende a galoppare. Esistono, le terapie per neutralizzarlo? Sì, ma Giannini e colleghi – tutti quanti, o quasi – non ne parlano mai. Molti medici pare che non le conoscano neppure: ufficialmente, nessuno li ha ancora informati. Dopo un anno di ricoveri (e decine di migliaia di morti) il protocollo non è cambiato: lasciare i pazienti a casa, in attesa che si aggravino, somministrando solo l’inutile Tachipirina. Uno scandalo? Di più: una strage colposa. Secondo i sanitari recentemente interpellati da “Fuori dal coro”, su “Rete 4″, in una rara finestra-verità concessa dal mainstream media, si sarebbero potuti evitare anche 50.000 decessi, se solo fosse stato adottato in modo tempestivo e sistematico un protocollo nazionale, univoco, per curare i pazienti – da casa – ai primi sintomi. Con che farmaci? Quelli che notoriamente guariscono dal Covid: idrossiclorochina ed eparina.La notizia è gigantesca, oltraggiosa e schiacciante: ma viene regolarmente occultata. Uno dei medici che vantano il 100% di successi – uno dei tanti, il dottor Mariano Amici di Roma – è stato letteralmente massacrato da tale Corrado Formigli, su “La7″, con il contributo del viceministro Sileri e di una donna, l’influencer Selvaggia Lucarelli, non si capisce a quale titolo invitata in trasmissione per smentire medici. Come si permette, il dottor Amici, di dire che i suoi pazienti guariscono senza neppure essere ricoverati? Non sarebbe il caso di far intervenire l’Ordine dei Medici – propone l’inquietante Formigli – per punire in modo esemplare un dottore che si vanta di guarire i malati con dei semplici antinfiammatori? Analogo linciaggio a “Rai1″, nel salotto di Maria Venier, dove è stato letteralmente insolentito l’attore Kabir Bedi. La sua colpa? Aver ricordato che, se in un paese come l’India (arretrato e densamente popolato) la mortalità è un terzo di quella italiana, è per via delle misure di prevenzione saggiamente adottate: tante vitamine, anziché i disastrosi lockdown.Chiaro: se i giornalisti avessero fatto il loro dovere (informare il pubblico), oggi la maggioranza degli italiani saprebbe che a fare miracoli sono una dieta equilibrata, uno stile di vita salutare (moto all’aria aperta) e l’assunzione delle vitamine C e D3. Se si contrae il contagio, si resta spesso asintomatici e non infettivi. Se poi si innesca il Covid, esistono normali terapie per guarire in pochi giorni, a patto che le cure inizino subito. Se invece si attende, “friggendo nella febbre”, poi non resta che l’ospedale. Ma a quel punto, dicono i tanti medici italiani dell’associazione “Ippocrate”, potrebbe essere troppo tardi: perché il Covid, se trascurato, può innescare complicanze anche letali, specie negli anziani e nei soggetti già afflitti da gravi malattie. Queste sono le verità offerte dai medici in prima linea, e che politica e media continuano a rifiutare. Davvero la cattiva politica (supportata dal sistema media) avrebbe provocato 50.000 morti in più? Se così fosse, saremmo di fronte a una strage storica, che non potrebbe non essere sanzionata, un giorno, per via giudiziaria.Eppure, il minestrone medatico non accenna a migliorare. La tesi (falsa) secondo cui non esistono cure efficaci è l’arma con cui ancora si dispongono i lockdown, devastando l’economia e la società, inclusa la salute (fisica e psichica) degli italiani, obbedendo peraltro a un oscuro ordine di scuderia, emanato da una regia mondiale. Vi si opponeva Trump, ma è stato disarcionato. L’India viene ridicolizzata. L’altro avversario della Religione della Paura, il russo Putin, viene quotidiamente criminalizzato a reti unificate. Se non altro, gli eccessi sfrontati del nuovo regime (sanitario, politico e mediatico) mettono in luce la frode, sempre più evidente: se dico che non esistono cure, ho la scusa per tenere la gente in casa e per vendere l’unico prodotto che mi interessa piazzare, i vaccini, a prescindere dalla loro efficacia e dalla loro sicurezza. Se invece emerge che dal Covid si può guarire senza neppure finire all’ospedale, addio: non ha più senso niente. L’emergenza infinita, il distanziamento, il coprifuoco e le zone rosse, i vaccini: tutto diventa insensato, se so che posso curare i pazienti in una settimana, lasciandoli a casa.Dov’è il problema? Ce l’abbiamo di fronte, e ha tanti nomi: Giuseppe Conte e Massimo Giannini, Mara Venier, Selvaggia Lucarelli, Corrado Formigli e tutti gli altri, inclusi gli inguardabili virologi televisivi. Decine di migliaia di medici, in tutto il mondo, hanno aderito alla Dichiarazione di Great Barrington, promossa dai massimi epidemiologi – quelli veri – che hanno affrontato l’Ebola. Dicono: lockdown e distanziamento sono un rimedio peggiore del male, perché ritardano la soluzione. Che è semplice: fare in mondo che si contagino tutti, tranne gli anziani malati (quelli sì, da tenere in isolamento), dando modo al virus di mutare e adattarsi al nostro organismo, fino a diventare innocuo. Ci si può ammalare? Sì, certo: bisogna essere vigili. Ma le cure esistono: basta conoscerle (e farle conoscere, finalmente, senza più ostacolarle). I medici eroici come quelli di “Ippocrate” sopperiscono alla colpevole latitanza dello Stato: curano le persone gratis, a casa. Basta chiamarli, e arrivano. Il fatto che ancora oggi sembrino una rete clandestina la dice lunga, sulla “dittatura” che si è insediata, utilizzando il terrorismo sanitario.Riuscirà la catastrofe-Covid a far rinsavire chi ha perso il senno, e continua a vivere nella paura come se fossimo davanti alla peste bubbonica? L’ottuso accenderà il cervello e smetterà di chiamare “negazionista” chi diffida della versione ufficiale regolarmente propinata al popolo bue? Si deciderà a smettere di comprare i giornali come quello di Giannini, e a spegnere la televisione dei non-giornalisti alla Formigli? Farà finalmente lo sforzo di informarsi, ascoltando le voci delle migliaia di persone guarite (a casa) perché curate tempestivamente, coi farmaci giusti e dai medici giusti, quelli che i giornali e la televisione vorrebbero cancellare, esattamente come i dittatori cancellano le voci libere? Oppure crederà ancora che sia un problema, il cosiddetto “assembramento” dei reclusi che si godono l’ora d’aria? Crederà ancora al potere salvifico della mascherina indossata all’aperto?L’altro grande lascito del disastro-Covid è la divisione in due dell’umanità: da una parte gli ottenebrati, i pigri, gli egoisti impauriti; dall’altra i cittadini che hanno aperto gli occhi, scoprendo – tra l’altro – di non essere affatto in buona compagnia, in mezzo a pecore pericolsamente pronte a subire (e far subire) ogni vessazione, incluso il pass vaccinale come precondizione per lavorare e viaggiare, grazie all’alibi di una terribile malattia curabile da casa in pochi giorni. L’attraversamento del guado è appena cominciato: la Svizzera annuncia il primo referendum al mondo contro i lockdown, mentre la Germania appronta lager speciali per renitenti alle misure disposte dalla polizia sanitaria. Di fronte al dilagare di notizie imbarazzanti, come i contagi a valanga che esplodono nelle Rsa dove è stato somministrato il vaccino Pfizer, i media non si smentiscono: tacciono, oppure si dicono certi che non vi sia correlazione, tra l’arrivo del vaccino e quello del Covid, in case per anziani dove fino al giorno prima il contagio non esisteva.L’Italia brilla: è il peggior paese al mondo, di fronte al coronavirus, mettendo insieme i suoi record (numero di vittime e disastro economico). Nessuno, sul pianeta, ha fatto peggio di noi. Merito di Giuseppe Conte e del suo commissario, Domenico Arcuri, che per i padiglioni vaccinali nelle piazze ha scelto quelli da 459.000 euro, scartando padiglioni (analoghi) che costavano solo 70.000 euro. Indagare Arcuri? Ci sta pensando la Corte dei Conti, che ha aperto 7 procedimenti sulle spese pazze del commissario. Che però se la ride: il decreto “Cura Italia”, varato da Conte, all’articolo 122, comma 8, prevede lo “scudo penale per il commissario”, perché “ha dovuto agire in emergenza”. E il paese di Conte, di Renzi e di Arcuri oggi si strugge per i rischi dell’affollamento al Festival di Sanremo. Organizzarlo senza il pubblico? «Volendo anche senza i cantanti, per il bene della musica», chiosa Sgarbi con una battuta, in un mondo dove tutto è diventato clandestino: le notizie, drenate dall’inaudito Ministero della Verità istituito da “Giuseppi”, e le stesse terapie che riducono il Covid, se curato senza indugi, a una normalissima malattia da cui uscire indenni in una manciata di giorni. Ma guai a dirlo: se lo si ammette, il business dell’emergenza è finito.“L’opera buffa che l’Europa non ci perdona”, titola Massimo Giannini il 31 gennaio sulla “Stampa”, che l’indomani – con una foto che mostra finalmente gente a spasso per strada (sia pure imbavagliata nelle mascherine) – rilancia l’allarme di Agostino Miozzo, coordinatore del Cts: “Niente assembramenti, o la curva riparte”. Due titoli che, da soli, riassumono il mondo parallelo in cui vivono i grandi media, massimi portavoce della nuova religione basata su due dogmi fasulli eppure intoccabili. Il primo: l’Unione Europea e l’Europa sono la stessa cosa, per cui l’Europa (cioè l’Unione Europea) ha sempre ragione, e l’Italia sempre torto. Il secondo: l’epidemia di coronavirus è realmente apocalittica e inarrestabile, non esistono terapie efficaci per guarire dal Covid; la diffusione dei contagi è un male, l’unico rimedio è la clausura, e la colpa del disastro è da imputare soprattutto ai cittadini. Questo il ragionamento offerto: se gli italiani rimettono il naso fuori di casa, e i contagi riprendono a crescere, l’unica soluzione è richiudere tutto – a oltranza, anche per sempre – mentre il paese nel frattempo crolla. L’altra notizia è che questo mare di falsità continui a circolare, dopo un anno di libertà negate e democrazia sospesa.
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Medici: cure ignorate e tardive, ed ecco la strage Covid
«Dare la Tachipirina a casa, restando “in vigilante attesa”, è una follia. Noi potremmo avere gli ospedali vuoti, e non avremmo un bollettino con tutti questi morti. Sono più di 70.000. Diciamo che magari, all’inizio, non sapevamo come agire. Ma almeno 50.000, di questi 70.000 decessi, li potevamo evitare». Parola di medico: a esprimersi così è il dottor Andrea Stramezzi, medico volontario Covid a Milano. Lo ha intervistato Angela Camuso, in un servizio giornalistico per la puntata del 20 gennaio di “Fuori dal coro”, trasmissione condotta da Mario Giordano su “Rete 4″. Una pagina esemplare di giornalismo, attorno a una notizia sconcertante: si può morire di Covid se è anziani e già affetti da altre patologie. Ma si muore soprattutto perché ormai è tardi, perché nessuno è intervento tempestivamente – a casa – nelle prime fasi della malattia. Preso per tempo, il Covid fa meno paura: guariscono praticamente tutti, anche i più vecchi. Basta usare i farmaci giusti: che esistono, ma sono medicinali-fantasma. Il governo Conte non ha pensato di inserirli in un protocollo da far applicare in modo metodico, sistematico. Se lo si fosse fatto, dicono i medici, non avremmo avuto nessuna catastrofe. Nessuna strage, nessuna emergenza nazionale.L’Italia, premette Angela Camuso, ha il tasso di letalità da Covid più alto d’Europa: il 3,5%. Siamo tra i peggiori al mondo. Imbarazzante: peggio di noi solo Messico e Iran, oltre al Regno Unito. In Spagna, la mortalità è al 2,7, come anche in paesi molto meno dotati di strutture sanitarie, come Argentina e Brasile. Francia, Romania e Ungheria sono al 2,4%. Negli Stati Uniti si è messo in croce Trump per le sue indecisioni su come affrontare l’emergenza, ma il tasso di letalità statunitense è sotto il 2%. La Russia dichiara un tasso dell’1,7%, la Germania dell’1,6. Meglio ancora l’India, col suo 1,5%: un terzo, rispetto al disastro italiano (prendendo per buoni, ovviamente, i dati ufficiali che classificano alla voce Covid un numero elevatissimo di decessi). «Centinaia di medici – racconta la giornalista di “Fuori dal coro” – hanno scoperto che la ragione principale di questa ecatombe è che gli ammalati restano a casa senza cure per giorni e giorni, finché le loro condizioni sono così gravi da imporre il ricovero: il guaio è che, spesso, finiscono in ospedale quando ormai è troppo tardi».Chiarisce Andrea Mangiagalli, medico di base a Milano: «Questa è un’influenza molto più complicata delle altre, ma pur sempre una malattia influenzale virale, come quelle che personalmente curo da trent’anni. I miei pazienti li ho curati già nella prima fase, nessuno è stato ricoverato: e sono tutti vivi». Conferma il dottor Umberto Rossi, pneumologo di Livorno: «Se si interviene per tempo con i farmaci giusti nelle prime fasi, tutti (o quasi tutti) guariscono». Gli fa eco la collega livornese Tiziana Felice, anestesista: a salvare vite umane «sono banalissimi farmaci del nostro prontuario medico, che usiamo da anni». Farmaci di cui, però, nessuno parla. Lo afferma il dottor Riccardo Szumski, medico di base a Treviso: «Il dramma è che le autorità sanitarie negano questa possibilità: non la diffondono». Nessun tam-tam ufficiale, istituzionale, sui farmaci salva-vita. «L’indicazione nazionale dell’Aifa è stata “Tachipirina e aspettare”. Ma aspettando si finisce molto male», sottolinea Szumski. E’ ormai accertato: «Nell’arco di 10 giorni, questa malattia può fare un disastro», ribadisce il dottor Mangiagalli. E’ essenziale intervenire subito, e coi protocolli di cura appropriati: che ancora non vengono diffusi presso tutti i medici italiani.«Il paziente Covid ha diritto a essere visitato, come chiunque altro», protesta la dottoressa Tiziana Felice: «La persona va curata: non è che può essere abbandonata al suo destino». Da nord a sud, conferma Angela Camuso, l’abbandono dei malati nella prima fase della malattia è registrato in tutta la penisola. «Con mio grande rammarico, vedo che a essere trasportate in ospedale sono tutte persone che erano state lasciate a casa, senza una terapia adeguata», denuncia un medico del 118 che lavora in provincia di Biella. E tra la casa del paziente e l’ospedale, dice la dottoressa Felice, dopo un anno di emergenza contina a esserci «una terra di nessuno», in cui si aspetta inutilmente (senza cure) per poi finire in reparto quando ormai, in molti casi, è troppo tardi. «Se tutti continuano a pensare che la malattia si possa “curare” solo in ospedale, non ne verremo fuori più», si allarma il dottor Mangiagalli.Curare il Covid? Si può fare, e con ottimi risultati: basta agire per tempo, e con i medicinali giusti. A quel punto, spesso guarisce anche chi – per l’età avanzata e la presenza di altre malattie, anche gravi – non è esattamente in buona salute. «Io ho curato quasi 200 pazienti, per lo più anziani: anche oltre gli 80 anni, e persino oltre i 90», dice da Milano il dottor Andrea Stramezzi: «Molti hanno co-patologie. Decessi, però, nemmeno uno. Ho trattato persino pazienti con due tumori compresenti, e persino metastasi polmonari». Solo nella cosiddetta “seconda ondata”, a Treviso, il dottor Szumski sta curando 150 persone. Bilancio: «Ho 5 ricoverati e zero decessi». Sottolinea il medico: «Questa non è un’esperienza solo mia, è di moltissimi altri colleghi. Siamo entrati in collegamento, in tutta Italia, e stiamo cercando di intervenire». Essendo latitante lo Stato, a cominciare dal ministero della sanità, a rimboccarsi le maniche sono i medici in prima linea, ospedialieri e terroriali. Si sono organizzati nell’ambito di associazioni mediche come “Ippocrate”, che offrono assistenza domiciliare gratuita ai malati di Covid. Loro sì, hanno messo a punto «un vero e proprio protocollo per le cure precoci».«E se i risultati dalla nosta esperienza sul campo sono ottimi – si domanda lo stesso Szumski – perché non dare delle indicazioni precise?». Inutile aspettare il governo: «Dobbiamo tutti darci una svegliata». Ricapitolando: le cure esistono, ma non ci sono linee-guida. I medici sono abbandonati a se stessi, più o meno come i malati alle prese coi primi sintomi. Certo, «la prima fase della malattia ha sopreso tutti, noi compresi», ammette il dottor Andrea Mangiagalli. «Poi però ci siamo dati da fare, in modo totalmente autonomo, per capire come si poteva intervenire per evitare che i malati finissero in ospedale». Il problema, ricorda il medico, è che questa malattia che ha delle fasi che si susseguono in tempi piuttosto rapidi. Dunque, «bisogna stare molto attenti, perché le condizioni di alcuni pazienti (non tutti: quelli che hanno qualche patologia preesistente) possono evolvere in tempi molto rapidi». La soluzione non può essere quella prospettata dalle autorità sanitarie. Limitarsi ad aspettare, somministrando solo Tachipirina? «Noi non abbiamo mai seguito questa tattica, per curare nessuna malattia».Insiste il dottor Mangiagalli: «Se a un paziente con dolore cardiaco dicessimo “prendi l’Aspirina e aspetta, poi vedi come va”, probabilmente poi finiremmo in galera». All’inizio del 2020, è vero, il Covid aveva spiazzato tutti. Ma il disorientamento è durato solo qualche settimana: «Già dopo il primo mese, ci siamo resi conto che non si poteva più fare così». Andrea Mangiagalli ricorda una data, il 27 marzo. «Quel giorno abbiamo deciso che avremmo iniziato a curarli, i pazienti, anziché lasciarli a casa a “friggere” nella loro febbre. Lo abbiamo deciso nel giro di nemmeno un mese, dopo aver visto che i pazienti ricoverati con l’ambulanza non tornavano più a casa». Nessun mistero, sulle guarigioni: «Abbiamo farmaci assolutamente disponibili in tutto il mondo, in tutte le farmacie. Sono principi che usiamo bene, alcuni usati da trent’anni: come l’idrossiclorochina, che abbiamo utilizzato (funziona, anche se è stata raccontata come un farmaco che uccide: e invece a uccidere è il Covid). Abbiamo utilizzato l’eparina come anticoagulante, perché questa è una malattia che ha una fase trombotica molto pericolosa e spesso asintomatica. E abbiamo usato anche gli antibiotici».Però non esistono linee-guida: ci sono i farmaci, ma non le istruzioni su come usarli – distribuite in modo sollecito e uniforme a tutti i medici d’Italia. «Le ultime indicazioni pubblicate – dice ancora Mangiagalli – parlano solo di “vigile attesa”, misurazione della saturazione e controllo della temperatura. Una modalità assolutamente attendistica, che non è propria della medicina generale, e neppure della medicina in senso assoluto». Parole pesanti come una condanna, nel paese dove il ministro della sanità Roberto Speranza perdeva tempo a scrivere libri, nell’estate 2020, anziché ascoltare i medici che guariscono e quindi convocare le Regioni perché diramassero ai sanitari, attraverso le Asl, il protocollo che insegna a traformare il Covid in una malattia facilmente curabile. «Tutti i pazienti che abbiamo trattato a casa sono guariti», conclude Mangiagalli. «Quei pochi che sono transitati dall’ospedale ci sono rimasti per pochissimi giorni, e non ne è morto nessuno. E non solo i miei: ormai sono migliaia, in Italia, i pazienti trattati e guariti così».«Dare la Tachipirina a casa, restando “in vigilante attesa”, è una follia. Noi potremmo avere gli ospedali vuoti, e non avremmo un bollettino con tutti questi morti. Sono più di 70.000. Diciamo che magari, all’inizio, non sapevamo come agire. Ma almeno 50.000, di questi 70.000 decessi, li potevamo evitare». Parola di medico: a esprimersi così è il dottor Andrea Stramezzi, medico volontario Covid a Milano. Lo ha intervistato Angela Camuso, in un servizio giornalistico per la puntata del 20 gennaio di “Fuori dal coro“, trasmissione condotta da Mario Giordano su “Rete 4″. Una pagina esemplare di giornalismo, attorno a una notizia sconcertante: si può morire di Covid se si è anziani e già affetti da altre patologie. Ma si muore soprattutto perché ormai è tardi, perché nessuno è intervento tempestivamente – a casa – nelle prime fasi della malattia. Preso per tempo, il Covid fa meno paura: guariscono praticamente tutti, anche i più vecchi. Basta usare i farmaci giusti: che esistono, ma sono medicinali-fantasma. Il governo Conte non ha pensato di inserirli in un protocollo da far applicare in modo metodico, sistematico. Se lo si fosse fatto, dicono i medici, non avremmo avuto nessuna catastrofe. Nessuna strage, nessuna emergenza nazionale.
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Renzi, Grillo e Draghi: piano massonico per far fuori Salvini
Quella di Matteo Salvini è una mossa disperata, ma l’unica possibile: il leader della Lega ha capito che sarebbe stato stritolato entro fine anno. «E’ stato isolato dai 5 Stelle, che hanno votato in modo nazista Ursula von der Leyen, candidata del potere Ue, ed è spaventato dall’inchiesta sul Russiagate: un imprenditore italiano in Russia lo ha tradito, raccontando che gli incontri a Mosca erano stati più d’uno». Ancora una volta Gianfranco Carpeoro, massone, già a capo del “rito scozzese” italiano e con salde relazioni tra i piani alti della massoneria progressista europea, offre clamorose rivelazioni sulla crisi italiana. La scorsa estate aveva svelato la manovra francese, condotta con la collaborazione di Napolitano e Berlusconi per sbarrare l’accesso a Marcello Foa alla presidenza della Rai: denuncia che di fatto ha “smontato” il complotto, aiutando Foa. Ora, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, Carpeoro afferma: «L’unica possibilità per Salvini è che riesca a mobilitare gli italiani, riempiendo le piazze per reclamare le elezioni. E’ una corsa contro il tempo: se non ce la fa, è finito. Ha contro Berlusconi, che rappresenta poteri forti. E ha contro Grillo, che salì sul Britannia e deve riconoscenza a quell’establishment». Salvini ha contro anche Renzi, a cui quegli stessi ambienti (supermassonici e reazionari, in contatto con Berlusconi e Grillo) hanno fatto una promessa: «Gli daranno una chance per tornare in campo, se riuscirà a evitare le elezioni». E Zingaretti? «E’ un altro agnello sacrificale, come Salvini».
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Magaldi: noi massoni coi Gilet Gialli, mentre Roma dorme
La rivolta dei Gilet Gialli? Un clamoroso “assist” destinato proprio al governo italiano, l’unico che abbia finora contestato il rigore europeo da un’aula istituzionale. Chi si è opposto frontalmente ai gialloverdi, fin da subito? Lui, Emmanuel Macron. E proprio ora che il presidente francese barcolla, travolto dalla marea della protesta, l’Italia che fa? «Abbassa le orecchie, e accetta di farsi amputare il deficit che aveva orgogliosamente rivendicato, illudendo mezza Europa che proprio da Roma fosse cominciato il grande disgelo, la fine dello strapotere della tecnocrazia Ue». Ma se qualcuno pensa che i Gilet Gialli siano un fenomeno esclusivamente spontaneo, non sorretto da una precisa regia, si illude come chi pensa che l’attentato di Strasburgo non sia stato cinicamente pianificato, per aiutare Macron, da settori deviati dei servizi segreti francesi. «Secondo i loro piani doveva finire 1-1, con l’attentato destinato a sedare la protesta, pareggiando i conti. E invece è finita 2-0, la partita, perché tutti – tranne i media mainstream – hanno mangiato la foglia: una strage smaccatamente tempestiva, attuata all’indomani della “resa” di Macron ai Gilet Gialli e condotta nel solito modo, con il misterioso attentatore sbucato dal nulla e poi immancabilmente ucciso, prima che potesse essere interrogato».Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente del circuito massonico progressista internazionale, rilancia le accuse anticipate da Gianfranco Carpeoro in web-streaming su YouTube” con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Vero, la strage dell’11 dicembre a Strasburgo è stata condotta da manovalanza pseudo-jihadista. Ma Cherif Chekatt, collegato alle brigate Al-Nusra asserragliate a Idlib in Siria sotto protezione francese, era solo l’ennesima, sciagurata pedina della famigerata “sovragestione” del peggior potere: quella che ha insanguinato l’Europa negli ultimi anni, con attentati “a orologeria” affidati a killer dell’Isis, filiazione diretta del network terroristico prima noto come Al-Qaeda ma sempre controllato da settori dell’intelligence Nato. Si tratta di servizi infiltrati dalla stessa supermassoneria neo-oligarchica che ha sfigurato il mondo, a partire dall’11 Settembre. Una guerra sporca, sotto falsa bandiera e nutrita di “fake news” governative: gli attentati “false flag” (che attaccano la folla inerme, mai i centri di potere) sono perfettamente simmetrici rispetto al marmoreo autoritarismo neo-feudale di Bruxelles, che ha confiscato democrazia e sovranità in Europa sulla base di dogmi ideologici come il rigore di bilancio imposto agli Stati.Contro questo diktat si era levato il governo gialloverde. E proprio per sostenere l’esecutivo italiano contro il suo maggiore nemico – afferma Magaldi – in Francia “qualcuno” ha promosso la sollevazione dei Gilet Gialli. Ma a Roma, anziché approfittarne, si sono lasciati spaventare dalla Commissione Europea. Sono esplosive, le dichiarazioni che Magaldi rilascia a Frabetti, nel colloquio online trasmesso su YouTube il 17 dicembre: ebbene sì, il circuito massonico progressista agisce dietro le quinte della protesta francese dei Gilet Gialli. «E’ vero», ammette Magaldi, «dovrei fare nomi e cognomi: sigle, associazioni». Ma, assicura, «non mancherò di metterli per iscritto, i nomi dei massoni sostenitori della rivolta francese». Per ora, il presidente del Movimento Roosevelt fa appello «alla sottigliezza di tutti». Come dire: aprite gli occhi, signori. Pensare che un paese come la Francia possa esser messo ko da una protesta di massa esclusivamente spontanea è davvero ingenuo, almeno quanto il credere che un giovane malavitoso, pluri-pregiudicato e sospettato di radicalismo islamista, possa davvero andarsene a spasso (armato) per il centro ultra-presidiato di Strasburgo, a due passi dal Parlamento Europeo, per poi fare comodamente una strage – 4 morti e 16 feriti – e quindi tornarsene a casa indisturbato, in taxi, senza che nessuno abbia vigilato sulla sua ignobile impresa.«Stavolta – dice Magaldi – il teatro mostra quello che c’è dietro il palcoscenico, nei camerini: il Re è sempre più nudo». Peccato che l’ultimo ad accorgersene sembra sia il governo italiano: non toccava proprio ai gialloverdi salire per primi sulle barricate francesi per rilanciare in Europa la sfida della democrazia contro l’oligarchia? E se qualcuno pensa che Magaldi vaneggi, quando intesta alla massoneria progressista un ruolo determinante, dietro le quinte dello scenario europeo in rivolta, si sbaglia di grosso. Magaldi non è solo l’autore del bestseller “Massoni”, che svela il ruolo occulto delle superlogge neo-oligarchiche nella globalizzazione neoliberista, fino alle estreme conseguenze del terrorismo “false flag”. Il presidente del Movimento Roosevelt è organico al circuito massonico progressista che a livello internazionale si oppone al dominio neo-feudale dell’élite finanziaria. E il primo a saperlo è proprio il governo italiano. Non a caso, racconta sempre Magaldi nello streaming su YouTube con Frabetti, alcuni esponenti della Lega lo hanno avvicinato, nei giorni scorsi, per chiedergli una sorta di intercessione: intervenire, a livello europeo, per aiutare l’Italia nella drammatica trattativa con Bruxelles. La risposta: ma non vedete quello che sta succedendo in Francia? Di cos’altro avete bisogno, per mandare a stendere gli spaventapasseri della Commissione Europea?Magaldi cita il rammarico di un amico come Aldo Storti, «uno degli animatori della scuola politica della Lega, che è forse lo strumento migliore grazie a cui la Lega è maturata negli ultimi anni». Scontenti, i leghisti, delle pesanti critiche mosse da Magaldi all’eccessiva timidezza della manovra gialloverde: «Nonostante i proclami altisonanti e le dichiarazioni virili, muscolari e sprezzanti – ribadisce il presidente del Movimento Roosevelt – alla fine il governo italiano ha abbassato le orecchie e adesso sta col fiato sospeso per paura che la manovra non venga approvata dall’Ue, cui ha purtroppo riconosciuto l’ultima parola». Di fatto quella del governo Conte «è una manovrina, nonostante tutti ripetano che contiene le misure innovative e rivoluzionarie annunciate: in realtà contiene poche cose, alcune anche interessanti, ma non la sfida ai paradigmi europei che gli elettori si aspettavano». Esponenti della maggioranza gialloverde chiedono più impegno, da parte della massoneria progressista, nel sostenere il governo Conte in sede politica europea e magari anche sul piano finanziario, contribuendo a spuntare l’arma di ricatto dello spread? Un po’ di franchezza a questo punto non guasterebbe: perché non essere trasparenti?Sarebbe stato meglio, sottolinea Magaldi, se questa richiesta di aiuto fosse stata formulata in modo esplicito. Invece il governo, in modo ipocrita, ha messo addirittura nel suo “contratto” l’incompatibilità tra massoneria e cariche istituzionali, senza neppure distinguere tra massoni neoaristocratici e massoni progressisti, salvo poi reclutare alcuni grembiulini (non dichiarati) in vari ministeri, come quello di Giovanni Tria. In realtà, ribadisce Magaldi, quell’aiuto c’è stato, eccome, anche se «di segno diverso, più intonato a questo modo di comportarsi alquanto sibillino, da parte di tutti – anche di quelli che chiedono aiuti ma non sono disposti a offrire una narrazione sincera, sul rapporto con la massoneria». Un soccorso pesantissimo, dunque, proprio dalla Francia: «Un aiuto tanto importante, ancorché raffinato, sottile e benignamente machiavellico, al punto da creare qualche difficoltà ai negoziatori europei». E l’Italia? Se c’era, dormiva. Lega e 5 Stelle non bastano? Anche per questo, probabilmente, Magaldi pensa – tra le altre cose – al progetto del “partito che serve all’Italia”, i cui promotori si incontreranno il 22 dicembre a Roma per mettere insieme un’agenda che, dal 2019, possa ispirare la costruzione di un progetto politico non disponibile a cedere alle mediazioni con l’Ue alle quali si è rassegnato il governo Conte.Se non altro, dal fronte francese arrivano soltanto ottime notizie: la “sovragestione” è in affanno, Macron alza bandiera bianca di fronte ai Gilet Gialli (annunciando che sforerà il 3% del deficit per alzare i salari) e le solite “manine” specializzate nella strategia della tensione non vanno oltre il sanguinoso autogoal di Strasburgo, dove tutti hanno capito che chi vigilava sulla sicurezza non poteva non sapere cosa stesse accadendo. «Non nascondiamoci dietro ai veli», insiste Magaldi: «Abbiamo rivisto il solito copione dell’attentatore misteriosamente sfuggito alle maglie della polizia e dei servizi, per poi allontanarsi in taxi e venire immancabilmente ucciso, ad evitare la possibilità di interrogatori». Aggiunge: «Questo bisogna dirlo, perché ormai il teatro è tragicamente farsesco». Ovvero: «Si immagina che si cerchi di prenderlo vivo, un killer dai contorni come al solito irrisolti. E infatti ci sono molti modi in cui le forze di sicurezza (polizia, antiterrorismo, servizi) possono braccare un uomo solo, metterlo in condizioni di non nuocere, arrestarlo e interrogarlo». Invece la sceneggiatura è ancora una volta la seguente: compare dal nulla «un lupo solitario, che poi naturalmente viene rivendicato come “soldato” dell’Isis, ma poi viene fatto fuori. E così la questione viene chiusa».Certo, magari «i complottisti le sparano grosse, perché non sanno bene di cosa parlano: vedono il complotto, ma non capiscono di che complotto si tratti». Però, aggiunge Magaldi, l’evento di Strasburgo «è riuscito male, stavolta è stato davvero grossolano – così come la tempistica, troppo smaccata – e quindi non avrà affetti su quello che sta accadendo in Francia e nel resto d’Europa». I servizi francesi? Pagine ingloriose: gli organi di sicurezza transalpini «hanno dato dimostrazione della loro efficienza anche sotto Hollande, con gli attentati di Parigi a due passi dal presidente stesso». Magaldi allude a «segmenti deviati, asserviti a interessi non istituzionali». Uno spettacolo increscioso: «Nessuno, sano di mente (se non il coro mediatico mainstream) avrebbe potuto ritenere “normale”, a suo tempo, quello che è stato fatto dai terroristi. E nessuno, sano di mente, penserebbe che un tizio come l’attentatore di Strasburgo possa davvero agire indisturbato, senza aiuti da parte di precisi settori delle forze di sicurezza». Ma stavolta, insiste ancora Magaldi, ai gestori dell’auto-terrorismo è andata male: otto francesi su dieci continuano a sostenere i Gilet Gialli, e non credono affatto che Cherif Chekat, a Strasburgo, abbia fatto tutto da solo. Meglio ancora: non credono neppure alle ultime promesse di Macron, e infatti continuano a protestare.Credevano che la rivolta finisse, in Europa, rimettendo in riga il ribelle governo gialloverde? Errore: il focolaio della protesta anti-establishment si è trasferito proprio nel paese il cui governo si era maggiormente distinto nel bacchettare l’Italia. E non è che l’inizio, dice Magaldi. A maggior ragione, c’è da mangiarsi le mani per la pavidità dell’esecutivo Conte: ha sbagliato un goal a porta vuota, sempre per restare nella metafora calcistica. Proprio così: il “governo del cambiamento” «si è messo nella condizione di non poter sfruttare (come andava sfruttato) quello che sta accadendo in Francia», accontentandosi di ricevere pacche sulle spalle dagli oligarchi Ue. «I signori dell’Europa ora dicono: va bene, vi concediamo questo 2,04% di deficit; fatevi pure le vostre cosine, tanto avete abbassato le penne e vi siete rimessi in riga, e questo è più importante di qualunque numero decimale, al di là delle dichiarazioni fokloristiche di Salvini». Il leader leghista giura che i numeri non gli interessano? Strano: «Proprio di numeri, invece, è andato a parlare il premier a Bruxelles. Si preoccupano tutti, dei numeri: tant’è che adesso l’Italia – da nazione che sembrava in procinto di sfidare il vigente paradigma tecnocratico dell’austerity – è una nazione che non osa nemmeno fare le cose che Macron è ora costretto a fare, sull’onda della protesta».Per Magaldi, la rivolta dei Gilet Gialli è «molto proficua, anche sul piano dell’immaginario collettivo – più ancora che su quello dei risultati che potrà ottenere, e più della confusione che regna tra chi mette in atto la protesta stessa». Quello che conta, riassume il presidente del Movimento Roosevelt, è che la contestazione francese «è animata anche da un’intenzione più profonda: ed è a questa che mi riferisco – precisa – quando parlo dei massoni democratici e progressisti». Circuiti che, sempre secondo Magaldi, «stanno dimostrando – in Europa – di agire nel back-office nella giusta direzione, che è quella che deve mettere in discussione il paradigma esistente e far tremare le poltrone di quelli che pensavano di poter guidare impunemente il carretto nella direzione da loro auspicata». Loro, i sovragestori dell’Unione: «Da parte di alcuni c’è una incapacità di gestire lo “strumento Macron”, e c’è anche l’incapacità di gestire questi attentati, nel tentativo di arginare il valore anzitutto simbolico, evocativo e ideologico della protesta dei Gilet Gialli». Come dire: governo gialloverde o meno, quelli che Magaldi chiama “fratelli progressisti” starebbero di fatto «riguadagnando terreno». Una previsione: «Giocheranno questa grande partita a scacchi con sapienza e lungimiranza». L’altra buona notizia? «Sul fronte opposto vedo molta confusione, molta ansia, molti errori». Qualcosa sta cambiando, insomma, in modo radicale. Ne prendano nota, i mancati “rivoluzionari” gialloverdi.La rivolta dei Gilet Gialli? Un clamoroso “assist” destinato proprio al governo italiano, l’unico che abbia finora contestato il rigore europeo da un’aula istituzionale. Chi si è opposto frontalmente ai gialloverdi, fin da subito? Lui, Emmanuel Macron. E proprio ora che il presidente francese barcolla, travolto dalla marea della protesta, l’Italia che fa? «Abbassa le orecchie, e accetta di farsi amputare il deficit che aveva orgogliosamente rivendicato, illudendo mezza Europa che proprio da Roma fosse cominciato il grande disgelo, la fine dello strapotere della tecnocrazia Ue». Ma se qualcuno pensa che i Gilet Gialli siano un fenomeno esclusivamente spontaneo, non sorretto da una precisa regia, si illude come chi pensa che l’attentato di Strasburgo non sia stato cinicamente pianificato, per aiutare Macron, da settori deviati dei servizi segreti francesi. «Secondo i loro piani doveva finire 1-1, con l’attentato destinato a sedare la protesta, pareggiando i conti. E invece è finita 2-0, la partita, perché tutti – tranne i media mainstream – hanno mangiato la foglia: una strage smaccatamente tempestiva, attuata all’indomani della “resa” di Macron ai Gilet Gialli e condotta nel solito modo, con il misterioso attentatore sbucato dal nulla e poi immancabilmente ucciso, prima che potesse essere interrogato».
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Francia terrorista: fa strage a Strasburgo e protegge Battisti
Francia terrorista: i servizi segreti di Parigi hanno organizzato la strage di Strasburgo per aiutare Macron, messo in difficoltà dai Gilet Gialli, mentre in Brasile hanno reso improvvisamente irreperibile Cesare Battisti, un attimo prima che venisse arrestato. Perché la Francia dovrebbe proteggere Battisti, evitandogli di essere estradato in Italia, dove lo attenderebbe l’ergastolo per omicidio? Semplice: «All’epoca degli anni di piombo, sospetto che Battisti sia stato infiltrato dai francesi nel sottobosco dell’eversione italiana». Sono di questo tenore le dichiarazioni rilasciate il 16 dicembre dall’avvocato Gianfranco Pecoraro, alias Carpeoro, in diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Adesso basta», si sfoga Carpeoro: «Se qualcuno a Roma ha le palle, convochi l’ambasciatore francese e gli chieda conto dell’operato dei servizi segreti di Parigi. L’Italia ne ha titolo, anche perché a Strasburgo è morto un ragazzo italiano di 28 anni», Antonio Megalizzi, colpito dai proiettili esplosi all’impazzata, l’11 dicembre, dal giovane Cherif Chekatt, noto pregiudicato, con 27 condanne già rimediate in tre diversi paesi. Classificato “islamico radicalizzato” dalla polizia francese, Chekatt ha ucciso sul colpo 3 persone (salite a 4, con Megalizzi) ferendone altre 16. Carpeoro accusa Parigi: il killer è stato appositamente reclutato attraverso le brigate Al-Nusra, eredi di Al-Qaeda in Siria, stanziate a Idlib e segretamente protette dalla Francia.Giornalista e scrittore, studioso di simbologia e già a capo della più tradizionale obbedienza massonica italiana del Rito Scozzese, non è la prima volta che Carpeoro fornisce clamorose rivelazioni. Di recente, tramite suoi rapporti con logge tedesche, ha svelato l’imbarazzante retroscena dietro alla prima bocciatura di Marcello Foa alla guida della Rai, ottenuta su pressione di Jacques Attali, “king maker” di Macron, che si sarebbe rivolto a Giorgio Napolitano e quindi ad Antonio Tajani per premere su Berlusconi affinché revocasse il consenso sulla nomina di Foa che in prima battuta il Cavaliere aveva già assicurato a Salvini. Non è escluso che la retromarcia di Berlusconi, grazie a cui oggi Foa ha raggiunto la presidenza Rai, sia dovuta anche alle scomode rivelazioni di Carpeoro. Fuoriuscito dalla massoneria, nel 2016 l’avvocato ha pubblicato il saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che denuncia la regia occidentale (non islamica) del “neoterrorismo” europeo targato Isis: opera di manovalanza islamista reclutata da servizi segreti Nato al soldo della “sovragestione” di potere, che interseca trasversalmente governi e apparti di polizia tramite superlogge internazionali come la “Hathor Pentalpha”. Schema classico: strategia della tensione, alimentata da attentati “false flag”, sotto falsa bandiera (attribuiti all’Isis). «Così come già Al-Qaeda, anche l’Isis è il prodotto della medesima sovragestione occidentale», sottolinea Carpeoro. «E l’ultimo attentato, quello di Strasburgo, ne è un esempio perfetto». Obiettivo? «Politico: aiutare Macron a resistere all’assedio dei Gilet Gialli, depistando l’opinione pubblica e indirizzandola verso un nemico esterno».Mai come nel caso di Strasburgo, dichiara Carpeoro in video-chat con Frabetti, è apparso chiaro il carattere artificioso della strage, progettata dai servizi segreti a poche ore dalla clamorosa “resa” televisiva di Macron, messo in croce dai Gilet Gialli. L’attentatore è stato presentato come “islamico radicalizzato”, ma testimoni raccontano di averlo visto ubriaco fradicio, qualche sera prima, in una birreria. «Il sindaco di Strasburgo ha dichiarato di non riuscire a spiegarsi come Cherif Chekatt, pregiudicato e schedato dalla polizia come sospetto terrorista islamico, possa essere riuscito a inoltrarsi – armato – nel perimetro super-vigilato del centro di Strasburgo, giungendo indisturbato fino al mercatino di Natale dove poi ha compiuto la strage». Ma peggio: «Poco prima – aggiunge Carpeoro – Chekatt era sfuggito all’arresto. Strano, che qualcuno compia una strage (anziché sparire) poco dopo esser sfuggito all’arresto. E ancora più strano è che la polizia non si attivi per braccarlo, non diffonda foto segnaletiche, non disponga posti di blocco». Attenzione: «Chi c’era, a proteggere il centro di Strasburgo? Le forze speciali antiterrorismo». In altre parole: qualcuno che, il killer, “doveva” lasciarlo passare – armato – evitando di perquisirlo?Il tentato arresto, aggiunge Carpeoro, è chiaramente un alibi per allontanare i sospetti dalle forze di sicurezza. E non è tutto: «Da una perquisizione domiciliare, il killer è risultato essere in possesso di un’altra pistola, diversa da quella usata per la strage, e addirittura di una granata». Domanda: «Se voleva fare una carneficina, perché non ha portato con sé anche le altre armi?». E soprattutto: «Perché ancora oggi non sappiamo che tipo di pistola fosse, quella usata per sparare sulla folla?». Stranezze su stranezze: subito, era corsa voce che Chekatt si fosse rifugiato in Germania. Invece, stranamente, non si era allontanato da Strasburgo. Nessuno si stupisce più che sia stato ucciso, alla fine, come tutti gli altri killer che negli ultimi anni hanno insanguinato l’Europa: nessun magistrato ha mai potuto interrogarli, sono tutti stati messi a tacere dai cecchini. Carpeoro insiste sull’arma della strage: «Dato che non è stata fatta circolare nessuna informazione, su quella pistola, è altamente probabile che sia di importanza decisiva per risalire alla verità». Un’arma fornita al killer direttamente dai servizi segreti francesi?Dopo la strage della redazione di Charlie Hebdo, l’Eliseo insabbiò le indagini – apponendo il segreto di Stato (segreto militare) – nel momento in cui un magistrato aveva scoperto che le armi del commando kamizake erano state acquistate, in Belgio, da agenti della Dgse, l’intelligence di Parigi. Uno degli 007 era in contatto con la fidanzata di uno dei giovani attentatori (anch’essi poi freddati dai cecchini, esattamente come Cherif Chekatt). Per Carpeoro, ormai il gioco è spudorato: non si era mai vista tanta tempestività nel fare ricorso al terrorismo per motivi di stringente necessità politica. «Temo che all’attentato di Strasburgo ne possano seguire altri», aggiunge Carpeoro, secondo cui – intanto – un risultato è stato ottenuto: è vero che il Gilet Gialli sono tornati in piazza, ma intanto si sono divisi politicamente. «L’attentato ha prodotto questo effetto: ha costretto i manifestanti a dividersi». Da una parte quelli intenzionati a protestare a oltranza, e dall’altra chi pensa sia meglio una pausa di riflessione, un gesto di solidarietà nazionale. Carpeoro è indignato: i cittadini francesi, dice, dovrebbero sapere che il loro governo protegge in Siria le milizie terroristiche di Al-Nusra, asserragliate a Idlib. «Al-Nusra è la filiazione diretta di Al-Qaeda, e il governo di Damasco vorrebbe cacciarla da Idlib. Ma non ci riesce, perché Al-Nusra è protetta dalla Francia».Non è un caso che il killer di Strasburgo abbia rivendicato la strage facendo riferimento ai “caduti siriani”. E, dato che tra le vittime c’è anche un italiano, si rivolge direttamente agli inquirenti italiani: proprio la pistola “fantasma” di Chekatt, sparita nel nulla, potrebbe essere la chiave per collegare l’esecutore ai mandanti. Servizi-colabrodo, alle prese con relazioni pericolose? Dipende: «E’ normale che i servizi segreti infiltrino loro uomini anche nelle strutture terroristiche, è il loro mestiere. L’importante è il fine: un conto è se collaborano per evitarli, gli attentati (come avvenuto in Italia in questi anni), e un altro è se invece collaborano per farli». Quanto all’Italia, appunto, forse è giunta l’ora di ribellarsi ai soprusi dell’intelligence “sovragestita” di Parigi: «Non è accettabile che la Francia protegga sottobanco un suo ex agente come Battisti, mentre da noi Alberto Torregiani ha trascorso la vita su una sedia a rotelle, reso paraplegico durante la rapina in cui Battisti uccise suo padre, Pierluigi, a Milano, il 16 febbraio 1979». Insiste, Carpeoro: «Mi assumo la piena responsabilità di quello che dico. E insisto: Roma dovrebbe richiamare l’ambasciatore francese e chiedergli spiegazioni sull’operato dei servizi segreti transalpini, anche a costo di incrinare le relazioni diplomatiche con la Francia».Francia terrorista: i servizi segreti di Parigi hanno organizzato la strage di Strasburgo per aiutare Macron, messo in difficoltà dai Gilet Gialli, mentre in Brasile hanno reso improvvisamente irreperibile Cesare Battisti, un attimo prima che venisse arrestato. Perché la Francia dovrebbe proteggere Battisti, evitandogli di essere estradato in Italia, dove lo attenderebbe l’ergastolo per omicidio? Semplice: «Sono convinto che, all’epoca degli anni di piombo, Battisti sia stato infiltrato dai francesi nel sottobosco dell’eversione italiana». Sono di questo tenore le dichiarazioni rilasciate il 16 dicembre dall’avvocato Gianfranco Pecoraro, alias Carpeoro, in diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Adesso basta», si sfoga Carpeoro: «Se qualcuno a Roma ha le palle, convochi l’ambasciatore francese e gli chieda conto dell’operato dei servizi segreti di Parigi. L’Italia ne ha titolo, anche perché a Strasburgo è morto un ragazzo italiano di 28 anni», Antonio Megalizzi, colpito dai proiettili esplosi all’impazzata, l’11 dicembre, dal giovane Cherif Chekatt, noto pregiudicato, con 27 condanne già rimediate in tre diversi paesi. Classificato “islamico radicalizzato” dalla polizia francese, Chekatt ha ucciso sul colpo 3 persone (salite a 4, con Megalizzi) ferendone altre 16. Carpeoro accusa Parigi: il killer è stato appositamente reclutato attraverso le brigate Al-Nusra, eredi di Al-Qaeda in Siria, stanziate a Idlib e segretamente protette dalla Francia.