Archivio del Tag ‘vaccinazioni’
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L’Italia è nella spazzatura, e loro fan la guerra ai sacchetti
L’Italia è stata trasportata in discarica e serve quanto prima un sacchetto. Possibilmente biodegradabile… Il cervello e l’intelligenza del gregge oramai sono un optional e un vero e proprio mistero. Viviamo in una dittatura oligarchica sfacciatamente manifesta, nella quale ci hanno svuotato e privato di ogni diritto, libertà e sovranità (monetaria, economica, politica) e il popolino si preoccupa e si scandalizza per il sacchetto della spazzatura! Migliaia di persone su Facebook e nel web si stanno mobilitando per acquistare le zucchine senza sacchetto. Spedizioni punitive di consumatori furibondi entrano nei supermercati con la maschera di Anonymous per prendere in ostaggio le bilance pesa-verdura. Ha ragione il grande Natalino Balasso quando dice che siamo un popolo da «rivoluzione polleggiata». «Siamo i Pile Fighter: combattenti con la tuta di pile e le ciabatte a forma di Brunetta che si scandalizzano per le ingiustizie di X-Factor». E’ come affogare in un oceano e preoccuparsi dello schizzetto di fango nella maglietta Nike… Abbiamo una gigantesca trave nel didietro e un anello al naso, ma il gregge si preoccupa di pesare singolarmente frutta e verdura per attaccare le etichette evitando così di pagare l’ingiusto balzello legato al sacchetto.
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Voto inutile? Non per sempre: gli italiani sono in sciopero
Sempre sicuri che un terzo dell’umanità si starebbe risvegliando dal letargo, come scrive l’analista geopolitico Fausto Carotenuto? L’Italia è il paese in cui ha il coraggio di ripresentarsi alle elezioni Beatrice Lorenzin, addirittura alla guida di una coalizione centrista, non paga di aver appena terrorizzato milioni di famiglie, migliaia di scuole e centinaia di Asl con la valanga di vaccinazioni appena imposte, senza l’ombra di un’emergenza sanitaria in atto. Tutti i sondaggi in vista delle politiche 2018 danno i 5 Stelle come primo partito, verso il 30%, ma il centrodestra in lievissimo vantaggio, sommando i voti dell’intramontabile Berlusconi a quelli (in calo) della Lega di Salvini, fatalmente annacquatasi nell’alleanza col Cavaliere, fattosi conciliante con Bruxelles. Dopo la grana Boschi-Etruria, lo stesso Renzi appare in discesa libera, addirittura al 22,8% secondo Ixè, anche per colpa dell’altra fenomenale novità del prossimo 4 marzo, il cartello “Liberi e Uguali” capitanato da due new entry della politica italiana come D’Alema e Bersani, alle spalle degli entusiasmanti Grasso & Boldrini. E’ tutto qui il presunto risveglio degli italiani? Nient’altro, in vista, per gli elettori stufi di farsi prendere in giro da politici che in realtà si limitano da decenni a obbedire a diktat stranieri, soprattutto finanziari?Negli ultimi mesi, è diventato rovinosamente evidente il ruolo di “gatekeeper” del Movimento 5 Stelle, in un certo senso rivendicato dallo stesso Grillo, anni fa: non ci fossimo noi, ci sarebbero le barricate in strada. Finora, dai 5 Stelle, non una parola sulle guerre Nato che minacciano la sicurezza strategica italiana, a cominciare dalle tensioni con la Russia (già costate miliardi, al made in Italy, in termini di mancato export dopo le sanzioni inflitte a Mosca). Soprattutto, i grillini non hanno ancora formulato una ricetta per il problema numero uno, la drammatica crisi economica. Insistono nel proporre un “reddito di cittadinanza”, cioè la paghetta per la rassegnazione definitiva al peggio, pagata peraltro facendo solo la cresta agli “sprechi”. L’Europa “matrigna”? Grillo ha tentato di smarcarsi da Farage, a Strasburgo, per approdare tra gli ultra-europeisti dell’Alde, vicini a Monti, l’uomo del rigore. L’euro? Peggio che andar di notte: quando ormai tutti gli economisti del mondo spiegano che la moneta unica è una trappola mortale per l’Italia, la pentastellata Laura Castelli confessa, in televisione, che a un eventuale referendum sull’euro non saprebbe come votare.Di fronte a questo tipo di offerta, è facile intuire che l’oceano dell’astensionismo crescerà ancora – ma secondo Aldo Giannuli si illudono, Antonio Ingroia e Giulietto Chiesa, se sperano di far breccia nel non-voto con una proposta last minute: «Ammesso che riescano a presentare le liste, c’è il rischio che non raggiungano neppure l’1%». Realisticamente, numeri alla mano, lo spettacolo che ci attende non è allegro: l’ennesimo “inciucio” tra Renzi e Berlusconi o un’alleanza tattica tra D’Alema e Di Maio, che si sta accreditando come un possibile premier rassicurante per i poteri forti, uno che si guarderà bene dal cambiare qualcosa. In entrambi i casi, molti analisti ritengono che le urne produrrano un esecutivo zoppo, di breve durata. Motivi di consolazione? Uno, forse: i milioni di italiani che, magari a torto, nel 2013 presero per buona la freschezza dei 5 Stelle, mandando in tilt l’establishment politico. Poi il seguito è cronaca, a cominciare dalla commedia romana della Raggi. Ma quei voti-contro, espressi ormai quasi cinque anni fa, restano un monito, sommati al gesto dei milioni di italiani che hanno disertato le urne per protesta e sfiducia. Uno su due ha smesso di votare; degli altri, e quasi uno su tre voterà 5 Stelle, illudendosi che serva a qualcosa. Tradotto: in larga maggioranza, l’Italia ha già bocciato questa politica. Prima ancora delle elezioni.Sempre sicuri che un terzo dell’umanità si starebbe risvegliando dal letargo, come scrive l’analista geopolitico Fausto Carotenuto? L’Italia è il paese in cui ha il coraggio di ripresentarsi alle elezioni Beatrice Lorenzin, addirittura alla guida di una coalizione centrista, non paga di aver appena mandato nel panico milioni di famiglie, insieme alle scuole e alle Asl, con la valanga di vaccinazioni imposte senza l’ombra di un’emergenza sanitaria in atto. Tutti i sondaggi in vista delle politiche 2018 danno i 5 Stelle come primo partito, verso il 30%, ma il centrodestra in lievissimo vantaggio, sommando i voti dell’intramontabile Berlusconi a quelli (in calo) della Lega di Salvini, fatalmente annacquatasi nell’alleanza col Cavaliere, fattosi conciliante con Bruxelles. Dopo la grana Boschi-Etruria, lo stesso Renzi appare in discesa libera, addirittura al 22,8% secondo Ixè, anche per colpa dell’altra fenomenale novità del prossimo 4 marzo, il cartello “Liberi e Uguali” capitanato da due new entry della politica italiana come D’Alema e Bersani, alle spalle degli entusiasmanti Grasso & Boldrini. E’ tutto qui il presunto risveglio degli italiani? Nient’altro, in vista, per gli elettori stufi di farsi prendere in giro da politici che in realtà si limitano da decenni a obbedire a diktat stranieri, soprattutto finanziari?
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Mattei: siamo merce da macello, controllata via smartphone
Negli ultimi tre o quattro anni sono stati installati, soltanto nella parte occidentale del mondo, quindi nel nord globale, circa un miliardo e quattrocentomila sensori per l’Internet delle cose. Gran parte dei quali sono costruiti nei muri delle case, nei nuovi televisori – in tutti gli apparecchi elettronici che comperiamo – e nelle automobili. Parte di questi sensori, che sono invece fissi, sono inseriti negli spazi pubblici e sono quelli con i quali i nostri meccanismi elettronici si collegano senza che noi lo sappiamo. Queste cose vengono chiamate “Smart”, nel senso che noi sentiamo parlare costantemente di “Smart City”, “Smart Card”, eccetera. Tutte le volte in cui si sente la parola “Smart” io penso sempre che gli “Smart” siano loro e i cretini siamo noi. Qui la situazione sta diventando davvero molto preoccupante. C’è in costruzione un gigantesco dispositivo (e qui proprio la parola “dispositivo” studiata da Foucault è direttamente utilizzabile per parlare dei dispositivi elettronici che noi compriamo). Un gigantesco dispositivo di controllo sociale di tutti quanti, che viene ovviamente sperimentato per fare un passo in avanti in modo da rendere in qualche modo l’umanità coerente con la nuova frontiera.Parliamo della frontiera di tanto tempo fa, del saccheggio coloniale e così via. Quella era la frontiera della modernità. Con la modernità si scoprono le Americhe, nelle Americhe si sperimenta tutto ciò che non si poteva fare all’interno del nostro continente europeo. Perché non si poteva fare? Perché la tradizione lo impediva. La tradizione giuridica impediva la sperimentazione di ideologie proprietarie come quelle di Locke, che presupponevano la tabula rasa, un’idea di un vuoto che viene colmato attraverso delle istituzioni giuridiche fortemente semplificate. Fra le quali due capisaldi della modernità che sono la proprietà privata assoluta, il dominio dispotico di cui hanno parlato i giuristi da un lato e la sovranità dello Stato. Che sono i due poli organizzativi intorno ai quali noi abbiamo costruito le categorie giuridiche e politiche della modernità: il pubblico e il privato. Oggi la frontiera non è più una frontiera fisica, non abbiamo più le scoperte di Magellano, di Amerigo Vespucci o di Cristoforo Colombo, ma chiaramente è una frontiera di tipo informatico. Quella che Floridi aveva chiamato qualche anno fa “l’Infosfera”.Questa frontiera di tipo informatico condivide con la frontiera fisica, la frontiera dell’inizio della modernità, una caratteristica fondamentale, che ha reso il capitalismo da essa completamente dipendente: oggi è impensabile immaginare il capitalismo nella forma attuale – quindi dei rapporti di produzione capitalistici globali – senza la mediazione della rete di Internet. Se voi pensate alla vostra vita quotidiana, vi rendete conto perfettamente che nulla oggi può funzionare se non mediato dalla rete. Quando andavo a comprare un biglietto del treno, per andare a trovare i miei amici in età giovanile, c’era un signore che me lo faceva a mano. Certo, io sono molto anziano, però oggi se arrivi in stazione e il computer è giù, tu il biglietto non lo compri e il treno non lo prendi. Perché la sostituzione della macchina all’umano, in queste operazioni anche molto semplici come quella di fare un biglietto, è tale per cui semplicemente non è più possibile farne a meno. Se estendete tutto questo al mercato finanziario, alle banche, a tutto quanto, vi rendete perfettamente conto che chi può accedere al Master Switch (come è stato chiamato in un famosissimo libro molto importante di un signore che si chiama Tim Wu, professore della Columbia University), che sarebbe l’interruttore centrale, è colui che in realtà può disattivare il capitalismo.In questa frontiera si sperimentano molte cose. La frontiera dell’Infosfera è una frontiera dalla quale il capitalismo è dipendente e che dev’essere naturalmente tutelata in un modo assolutamente molto forte. Tramite che cosa? Tramite la costruzione di una serie di tabù, di una serie di ideologie, di una serie di convinzioni generalizzate che non si possono mettere in discussione. Faccio un esempio molto semplice. Quando a noi arriva un messaggio di posta elettronica, di solito sotto c’è scritto: “Non stampare questa email, mantieni l’ambiente salubre”. Questo è una sorta di messaggio criptico per cui sostanzialmente la posta elettronica sarebbe, dal punto di vista ecologico, un modo di comunicare totalmente sostenibile, mentre stampare la carta e spedire la lettera non lo sarebbe. Il messaggio che passa è che la rete Internet vive in una sorta di empireo astratto assolutamente pulito (adesso si parla di nuvole, no?). In realtà la rete Internet è fatta, fisicamente, dall’hardware: sono dei giganteschi cavi, estremamente grossi, che passano sotto i mari. Sono una serie di server potentissimi che consumano una quantità spaventosa di energia e che semplicemente nessuno sa dove siano. Si sa vagamente che sono collocati nella zona dell’Occidente degli Stati Uniti, tra la parte – diciamo – nord della Stato della California, dello Stato di Washington e dell’Oregon. Si pensa che pezzi siano nel Canada, ma non v’è certezza. Una delle tesi più accreditate è che il famoso Master Switch, cioè il server centrale, quello davvero importante, stia in un sottomarino nucleare al largo di Seattle.Tutto questo si va a schiantare contro quello che è la nostra impronta ecologica. L’impronta ecologica giusta è 1, ma oggi l’impronta ecologica globale è 1.4 e 1.5, il che significa che tutti gli anni verso luglio-agosto siamo nel cosiddetto Overshoot Day, vale a dire il giorno nel quale abbiamo finito di consumare le risorse che sono teoricamente riproducibili e incominciamo a consumare delle risorse che non saranno mai più riprodotte. 1.4 è una pessima impronta ecologica! Ma la cosa ancor peggiore è che i luoghi che vengono indicati da tutti come i più avanzati del mondo, la famosa Silicon Valley, dove ci si va a fotografare se si diventa primi ministri, da Twitter a Cupertino, a Palo Alto, a Mellow Yellow Party, i famosi posti della famosa Silicon Valley, ebbene l’impronta ecologica della Silicon Valley è 6. Il che significa che se tutto il mondo vivesse e si sviluppasse per poter diventare come ci dicono che potremmo diventare, cioè come la Silicon Valley («Crescete in modo tecnologicamente avanzato», e noi importiamo questo modello di sviluppo), ci vorrebbero sei pianeti per poter mantenere tutti quanti questo tenore di vita. Il che significa che se l’impronta ecologica è di appena 1.4, è solo perché dal Burkina Faso, all’India alla stessa Cina, l’impronta ecologica è molto più bassa rispetto a quella che è l’impronta ecologica dell’Occidente ricco. D’accordo?La Cina ha un’impronta ecologica di più della metà rispetto a quella degli Stati Uniti, anche se viene normalmente indicata come il posto in cui tutti inquinano e fanno delle cose tremende! E quella pro-capite è doppia negli Stati Uniti. Se poi ci stupiamo dei flussi migratori, delle situazioni drammatiche che si verificano, questo dipende semplicemente dal fatto che l’equilibrio globale è fortemente sbilanciato dal punto di vista dei consumi. Nessuno dei temi, compreso quello della Costituzione, può essere affrontato senza un’analisi seria dello stato del capitalismo attuale. Perché altrimenti noi ci mettiamo a ragionare di categorie astratte e non capiamo le condizioni materiali nell’ambito delle quali l’umanità si trova a vivere. E quali sono le possibilità, i rischi legati alla costruzione di questi dispositivi? Esempio molto semplice: gli untori. «Teniamo fuori i bambini che possono contagiare tutti gli altri». Che cosa significa? Che le mamme di questi bambini sono dei cattivi cittadini perché non investono sufficientemente in precauzione rispetto agli altri. Si costruisce un modello moralistico contro quelle mamme, e questo modello moralistico rende utilizzabile una sorta di implementazione diffusa di un ordine giuridico assolutamente contrario al precetto della Costituzione stessa.La Costituzione prevede che non si possano imporre trattamenti sanitari obbligatori se non in casi assolutamente particolari, ed è chiaro che una vaccinazione a tutto raggio, fatta per tutti quanti, non rientra in quelle categorie di eccezionalità che giustificano il trattamento sanitario obbligatorio. Questo lo capisce chiunque. Allora, il punto vero è che oggi quella sperimentazione che viene fatta in Italia, per poi estendere i vaccini in tutto il mondo, io credo che venga fatta anche per sperimentare una futura possibile frontiera. Che è quella di rendere l’Internet delle cose sempre più inevitabile. In altre parole, se ci fate caso, quando vi comprate un telefonino di questa generazione ultima, non potete più togliere la batteria. Vi sarete chiesti: perché non si può più togliere la batteria? Perché togliendo la batteria ci si può disconnettere. Non la puoi togliere fisicamente! E certo, potresti smontare il telefono, ma guardate che se voi comprate un telefonino di ultima generazione e lo accendete – questo vale per la vostra televisione o per qualunque oggetto Smart – prima di poterlo utilizzare dovete premere una serie di pulsanti sui quali c’è scritto: “I agree. I agree. I agree”. E voi che cosa accettate, naturalmente senza leggerlo? Tu hai accettato in quel momento una serie di cose che non accetteresti mai rispetto a una tua normale proprietà.Per esempio hai accettato il fatto che non lo potrai portare a riparare da chi ti pare, ma dovrai portarlo a riparare soltanto da quello che ti indica il venditore. Hai accettato il fatto che non potrai hackerare, manipolare la tua proprietà per renderla più compatibile con un altro sistema operativo, perché se lo fai commetti un reato! Hai accettato semplicemente una giurisdizione all’interno della quale tutta una serie di comportamenti, che sono comportamenti totalmente normali rispetto a un proprio oggetto, sono in realtà rilevanti dal punto di vista penale. Hai in più accettato anche il fatto di togliere di mezzo ogni giurisdizione, cioè che utilizzando questo strumento e scaricando qualsiasi tipo di App, implicitamente non puoi più andare in una giurisdizione – sia straordinaria che amministrativa – a far causa a uno qualsiasi di questi provider cui hai venduto i tuoi dati. Facebook ha un miliardo e mezzo di utenti. È tanta gente! I nostri giornalisti ci dicono che si tratta della più grande nazione del mondo. Quel miliardo e mezzo di persone hanno accettato il sistema di risoluzione delle controversie tra l’utente e Facebook stesso, ma indovinate quante volte nella storia di Facebook lo hanno utilizzato? Sessantaquattro!Vale a dire che è stato completamente tolto di mezzo qualsiasi strumento di accesso alla giurisdizione ordinaria. E anche quella speciale, che ti viene offerta come giurisdizione privata, non viene semplicemente utilizzata mai. Cosa significa questo? Significa che nella frontiera dell’Infosfera possiamo fare a meno del giurista! La presenza del diritto non è più necessaria per costruire la struttura portante del capitalismo. Il giurista e il diritto sono stati sostituiti dai programmatori che riescono a introdurre dei processi che fondano le basi di transazioni economiche al di fuori di qualsiasi possibilità di controllo da parte dei giuristi. Voi mi direte: «Ma che bella cosa, perché i giuristi ci stanno molto antipatici!», e io sono anche d’accordo, da un certo punto di vista, perché purtroppo li frequento molto. Però il punto è che mentre nella storia tutte le rivoluzioni fin qui hanno sempre cercato di togliersi dai piedi i giuristi, ma non ci sono mai riuscite perché prima o dopo la loro presenza era necessaria per costruire le basi di una società organizzata fondata sullo scambio, oggi per la prima volta è possibile. Il che significa che mentre prima il capitalismo doveva in qualche modo sopportare i pistolotti dei giuristi che gli dicevano: «Ma guarda che ci sono anche gli standard di decenza, ci sono i diritti umani fondamentali, non si possono imporre vaccini obbligatori, non si possono fare una serie di cose senza ragionevolezza», perché quel ceto era un ceto in qualche modo indispensabile per la funzione primaria da cumulo capitalistico, oggi che quel ceto non serve più.Anche le nostre prediche sono destinate a rimanere, come diceva il buon Bob Dylan, Blowin’in the Wind. Sono destinate a rimanere completamente inascoltate, per un semplice fatto: che incentivo hanno ad ascoltare Ugo Mattei che gli fa il predicozzo, se poi non ne hanno bisogno per poter estrarre valore nei rapporti economici commerciali utilizzando le sue dottrine sul contratto sulla proprietà? Semplicemente se lo tolgono dai piedi nell’uno e nell’altro settore. Questa è una sperimentazione che per ora sta avvenendo in frontiera, nell’Infosfera, ma che sempre più rapidamente – io prevedo – arriverà anche nella madrepatria, nel mondo off-line – come oggi si chiama – perché quelle sperimentazioni lì vengono fatte in quel luogo e poi dopo ricadono anche nella nostra vita quotidiana. Proprio come le sperimentazioni di saccheggio nell’America Latina, soprattutto nel Nord America, sono ricadute nella strutturazione del capitalismo della madrepatria. Questo è un punto di una certa gravità, perché né tu né un altro miliardo di persone adesso potete più togliere la batteria: c’è il diritto penale che presiede alla vostra ubbidienza rispetto a quello che avete accettato.E questo è gravissimo, perché nel momento in cui tutti noi, dal primo all’ultimo, commettiamo dei reati senza saperlo, perché premiamo dei pulsanti, noi tutti, dal primo all’ultimo, possiamo essere inquisiti per quello che abbiamo fatto. E quindi noi, dal primo all’ultimo, possiamo finire nei guai proprio come è successo ad Aaron Swartz negli Stati Uniti d’America. Quanti di voi hanno sentito parlare di Aaron Swartz? Era un ragazzo che all’età di 12 anni era un genio informatico, un genio che aveva preso una sua consapevolezza politica. A 12 anni aveva fatto il Coding per il famoso programma, quello di Lawrence Lassie per i CoPilot, quindi insomma era un personaggio di grandissimo livello. A un certo punto capisce l’importanza di questi discorsi e pubblica un piccolo manifesto che si chiama “Guerilla Open Access Manifesto”. Pubblica questa cosa e comincia a dire che l’unico modo di mantenere la società come una società di liberi e non una società di schiavi è quella di rendere la cultura accessibile a tutti. Siccome era un genio e sapeva fare queste cose, penetra nella notte negli archivi del Mit, il Massachusetts Institute of Technology, e scarica tutte le collezioni di Jstor, che è il più grande collettore di dati scientifici che ci siano nel mondo, e le rende pubbliche. Ok?Fa questa operazione di guerriglia per rendere accessibile questa informazione sulla base di una consapevolezza politica impressionante, perché nel Guerrilla Manifesto c’è tutto un ragionamento sul fatto dello iato tra i paesi ricchi e i paesi poveri, sulla cultura e di come deve essere in qualche modo accessibile, distribuita. Insomma, un personaggio di grande spessore nonostante la giovane età. Viene ovviamente preso di mira dall’Fbi e nonostante ottenga un accordo con Jstor per uscire dalla cosa – io conoscevo bene il suo avvocato che mi ha raccontato tutto – distrutto dai conti che ha dovuto pagare, tra avvocati e altre spese, all’età di 26 anni si è suicidato. C’è un bellissimo documentario che ne racconta la storia, si chiama “Killswitch”, vale la pena di vederlo perché è esattamente la storia di come in frontiera la partita si svolga tutta fra programmatori, così come una volta il giurista critico era visto come il peggior nemico del capitalismo stesso. Pashukanis viene ammazzato dallo stesso Stalin perché aveva introdotto una riflessione critica sul diritto che dava fastidio a chiunque volesse costruire delle strutture di sovranità. Quindi era sostanzialmente demonizzato perché conoscitore del segreto iniziatico. Stessa cosa successa per Aaron Swartz.Quindi questa è una partita molto importante. Che cosa impedirà un domani di far uscire una legge che, per ragioni di sicurezza e per lotta contro il terrorismo, ci obblighi a introdurci con una piccola iniezione un microchip sottocutaneo che si collega automaticamente con i vari sensori che ci sono nel mondo? Assolutamente nulla! Dal punto di vista tecnico è già totalmente possibile – ci sono già state sperimentazioni sull’introduzione di particelle talmente piccole che possono essere sostanzialmente iniettate sotto cute. Poi mi dicono che sono un “Conspiracy theorist”, che è il modo di dire di qualcuno che cerca di pensare criticamente: gli dicono che fa la “Conspiracy theory“, ma la verità vera è che oggi la tecnologia – se non oggi fra 3 anni, 5 anni, 8 anni, ma in un tempo molto vicino – consentirà cose di questo genere in modo assolutamente banale. Perché sono già totalmente possibili. Oggi il mio telefono, che è di un livello medio-scarso, è già molto più potente del top di gamma dell’Apple computer nel 2005. L’accelerazione tecnologica legata alla cosiddetta Legge di Moore, fa sì che oggi noi abbiamo un telefonino di livello medio-basso molto più potente del top di gamma non di 30 anni fa, ma di quattro, cinque, otto anni fa. Io credo che la questione della tecnologia debba essere affrontata in modo molto serio, perché ha trasformato profondamente i nostri sistemi politici portando alla sparizione totale della famosa contrapposizione fra pubblico e privato, sulla quale abbiamo costruito la civiltà liberale che ci governa, o comunque la civiltà moderna.Quando Barack Obama fu eletto presidente degli Stati Uniti, io dissi: «Secondo me Obama è come Gorbaciov». Gorbaciov era stato l’ultimo dei comunisti all’interno del sistema sovietico, che aveva cercato di trasformare dall’interno senza riuscirci. Barack Obama è stato l’ultimo degli americani a provare a trasformare il sistema liberale dall’interno, a provarci secondo diciamo le possibilità concrete di farlo, che erano assai limitate perché non era un uomo particolarmente coraggioso. L’esito è stato da un lato la rivoluzione che ha portato a Putin, dall’altro Donald Trump, e poi questo modello di governo che stiamo vedendo ovunque, da Modi in India, alle trasformazioni del partito comunista cinese. Ovunque si sono istituite delle Costituzioni tecno-fasciste. In altre parole delle Costituzioni, delle strutturazioni che si sono liberate completamente dal vecchio controllo, dalla vecchia dicotomia pubblico/privato. Oggi nel consiglio di amministrazione di Facebook, delle cinque grandi corporation di grandi gruppi farmaceutici, siedono tanto dei rappresentanti del capitale quanto dei rappresentanti del Dipartimento di Stato, della Cia all’Fbi. Perché non c’è più sostanzialmente nessuna separazione, e non può più esserci.Chi è il proprietario di queste grandi strutture dentro Internet? Chi mantiene quei cavi? Chi ha le chiavi per entrare ad aggiustare quel Master Server? Chi è che fa gli investimenti per migliorarlo? Semplicemente non lo sappiamo. Io sarò un ricercatore ignorante, zuccone e asino, ma sono tre anni che provo a trovare dei lavori scientifici seri sull’hardware, sulla parte hard della rete Internet, e non si trova assolutamente niente. Non c’è un paper scientifico che affronti dal punto di vista teorico quella che è la questione della proprietà delle infrastrutture materiali che governano l’Infosfera. Questo è un buco nelle nostre conoscenze estremamente pericoloso. Allora, se così stanno le cose, io credo che noi non possiamo trovare soluzioni che si facciano carico dei problemi, così come essi si verificano a questo livello di sviluppo tecnologico, all’interno delle vecchie strutture dell’ordinamento costituito. Noi non possiamo immaginare che possano essere i legislatori ordinari dei paesi del mondo, siano essi i paesi deboli e semiperiferici come il nostro, ma siano anche i grandi blocchi avanzati, a riuscire a mettere sotto controllo il potere economico così come è venuto a svilupparsi oggi. I rapporti di forza tra privato e pubblico sono drammaticamente cambiati.Il Leviatano un tempo era un signore pubblico, contro il quale avevamo costruito il diritto costituzionale liberale, per proteggere l’individuo vivo, la proprietà privata, la privacy, la nostra entità o la persona rispetto alle potenziali deviazioni del potere concentrato. Oggi le cose non stanno più così. Oggi non è più il privato a essere più debole del pubblico e a necessitare della tutela nei confronti del pubblico stesso, ma è il pubblico, sono questi sistemi burocratici che sono stati talmente colonizzati dal capitale privato, per cui nessuna delle scelte che vengono fatte può essere più considerata una scelta politica. Ma voi pensate che sia stata davvero la Lorenzin a decidere questa cosa dei vaccini? Ma stiamo scherzando? E pensate davvero che siano state le istituzioni europee sulla base di qualche think-tank di alto livello? Ma scherzate proprio? Sono stati i consigli di amministrazione di due, tre, quattro grosse multinazionali, che erano le stesse che ai tempi della mucca pazza – ogni tanto vengono costruite queste situazioni d’emergenza – avevano creato le condizioni per poter operare delle “estrazioni” – come dire – molto importanti.Perché per la mucca pazza in Italia avevamo comprato una quantità di vaccini, che poi abbiamo buttato via, impressionante! Milionate di vaccini! Avremmo finanziato la ricerca nei beni comuni, nel territorio e tutto quel che volevamo, ma c’è stato l’allarme mucca pazza, no? Adesso si è capito – come spesso avviene – che il momento di estrazione e di accumulo originario, quello che il vecchio Marx chiamava l’“Accumulazione Primitiva” non è un momento specifico (le Torri Gemelle, e allora dichiaro la guerra). No! Semplicemente si tratta di un modello permanente di strutturazione della società che consente a questi processi di andare avanti in modo lineare sempre in quella particolare direzione. Allora, come si risponde a questo? Io credo che prima di tutto bisogna avere l’umiltà di provare a capire questi processi. E provare a capire questi processi non è facile perché ti oppongono: «Ma tu, Mattei, sei un giurista. Che ne capisci di informatica? Tu, sociologo, che ne capisci di medicina? La medicina e l’informatica non sono democratiche, no?».Esattamente questo è il punto! Si sente la necessità di una cultura che sia nuovamente una cultura di tipo olistico, una cultura di tipo interdisciplinare che sia capace una volta tanto di esercitare un controllo critico sulle cose che lo specialismo cerca di farci ingurgitare. Questo è un punto – secondo me – molto molto importante. La seconda cosa è capire che oggi noi come individui non contiamo più niente: non importa niente a nessuno di noi come individui. Noi siamo delle categorie merceologiche. Nel momento in cui qualcosa ci viene dato gratis, significa che noi siamo la merce. Quando qualcosa è gratis, il prodotto sei tu. Siamo categorie merceologiche che sono interessanti nel momento in cui veniamo raggruppati attraverso la forza computazionale, che sta aumentando in modo rapidissimo. Vi ricordate von Hayek? La teoria della conoscenza liberale qual era? Che il piano sovietico è destinato a perdere perché il libero mercato ha molte più informazioni di quante ne abbia il piano. Per cui i sovietici, non avendo il mercato libero che produce informazione, erano destinati al fallimento perché non si sapeva quanti stivali e quante scarpe col tacco lungo erano desiderati in quel momento, e quindi si producevano troppi stivali e troppo poche scarpe col tacco. E questo comportava l’impossibilità di far funzionare il piano.Oggi non è più così. Oggi la capacità computazionale crea una capacità pianificatoria molto più forte rispetto alla catalessi del mercato. Non c’è più – secondo me – un elemento per cui il potere diffuso possa imporsi rispetto al potere concentrato, nel momento in cui il potere concentrato mette sotto controllo la tecnologia ai livelli in cui la tecnologia è messa sotto controllo oggi. Il che significa che dobbiamo ripensare le stesse basi del dibattito teorico-filosofico che ci hanno accompagnati dalla modernità fino ad oggi. E’ un compito molto serio, molto molto importante e di cui però bisogna cominciare ad occuparsi. Bisogna che qualcuno abbia il coraggio di prendersi del buffone, ma andare a parlare di queste cose dove di queste cose bisogna parlare. Siccome non contiamo più come individui, ma come categoria merceologica, abbiamo la necessità di ricostruire istituzioni del collettivo. L’individuo è morto. L’individualismo basato sul diritto soggettivo assoluto è, come diceva Rosa Luxemburg a proposito della socialdemocrazia tedesca dell’epoca, un fetido cadavere, cioè qualcosa che non ha più senso di esistere perché oggi ci sono i collettivi che vanno ricostruiti.O ricostruiamo una situazione di collettivizzazione, anche di quelle persone che non accettano di essere merci da estrazione capitalistica, o ci siamo fatti riempire la testa di nozioni che ci depotenziano. Io sento dire che su alcune cose, i diritti civili liberisti sono più avanzati e quindi gli vogliamo dare spazio. Non si capisce che i diritti più importanti, come quelli sul nostro corpo, quelli sulla nostra identità sessuale, sono destinati a non servire assolutamente a nulla. Quindi ricostruire condizioni del senso comune, ricostruire solidarietà, ricostruire strutture di condivisione anche fondate sull’amore è secondo me molto importante, perché quello è il solo modo grazie al quale si può avere il coraggio di opporsi in modo radicale a delle leggi che sono leggi insostenibili, ingiuste e che creano obblighi collettivi di resistenza.(Ugo Mattei, “Perché non ti fanno più togliere la batteria dallo smartphone”, da “ByoBlu” del 26 novembre 2017. Il post è la trascrizione di un intervento di Mattei al convegno “Costituzione, comunità e diritti” tenutosi all’università di Torino il 19 novembre 2017. Giurista, Ugo Mattei è professore di diritto internazionale e comparato alla California University e docente di diritto privato nell’ateneo torinese).Negli ultimi tre o quattro anni sono stati installati, soltanto nella parte occidentale del mondo, quindi nel nord globale, circa un miliardo e quattrocentomila sensori per l’Internet delle cose. Gran parte dei quali sono costruiti nei muri delle case, nei nuovi televisori – in tutti gli apparecchi elettronici che comperiamo – e nelle automobili. Parte di questi sensori, che sono invece fissi, sono inseriti negli spazi pubblici e sono quelli con i quali i nostri meccanismi elettronici si collegano senza che noi lo sappiamo. Queste cose vengono chiamate “Smart”, nel senso che noi sentiamo parlare costantemente di “Smart City”, “Smart Card”, eccetera. Tutte le volte in cui si sente la parola “Smart” io penso sempre che gli “Smart” siano loro e i cretini siamo noi. Qui la situazione sta diventando davvero molto preoccupante. C’è in costruzione un gigantesco dispositivo (e qui proprio la parola “dispositivo” studiata da Foucault è direttamente utilizzabile per parlare dei dispositivi elettronici che noi compriamo). Un gigantesco dispositivo di controllo sociale di tutti quanti, che viene ovviamente sperimentato per fare un passo in avanti in modo da rendere in qualche modo l’umanità coerente con la nuova frontiera.
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Di Maio e i vaccini obbligatori: aprite gli occhi, amici 5 Stelle
Di Maio & company? Non abbiamo ancora visto niente: se vanno al potere i 5 Stelle (non la base: i dirigenti), «ci terremo intatto lo strapotere delle multinazionali del farmaco, della chimica, dell’alimentazione devitalizzata, dei megamedia del potere». E soprattutto «il dominio della finanza, i livelli di inquinamento, l’ossequienza al Vaticano e alle massonerie varie, alla Trilateral, a Goldman Sachs». Parola di Fausto Carotenuto, promotore del network “Coscienze in Rete” e già analista internazionale per l’intelligence: un uomo esperto, che conosce a fondo – dall’interno – le dinamiche del vero potere, quello che indossa diverse maschere per compiacere e illudere i cittadini-elettori. Ma perché tanto allarme per Di Maio? durante una visita all’ateneo di Harvard, «una delle università dove oramai i candidati premier vanno a prendere la benedizione», lo scorso maggio il beniamimo di Beppe Grillo ha dichiarato che i vaccini «in Italia sono obbligatori per legge», e quindi, ha aggiunto, «noi non abbiamo intenzione di eliminarla», quella legge. «E lo dice quello che poi verrà “unto” con un plebiscito di finta “democrazia diretta” come capo politico del 5 Stelle e candidato alla presidenza del Consiglio», protesta Carotenuto.Domanda che sorge spontanea: «Per chi lavora questo signore? Per chi lavorano i vertici manifesti e occulti del 5 Stelle? Non certo per la gente e per la nostra libertà», scrive Carotenuto su “Coscienze in Rete”. «E’ chiaro che chi è contro l’obbligatorietà dei vaccini non potrà mai votare per questo signore», Di Maio, che appare «al servizio di chi vuole vaccinare obbligatoriamente i nostri bambini». Per l’analista, semplicemente «occorre svegliarsi», perché «con questa gente al governo – e non parliamo dei militanti, ma di chi li dirige in modo del tutto privo di vera democrazia – si verificheranno anche altri fatti, che i votanti grillini pieni di ingenuo entusiasmo non immaginano nemmeno: rimarremo saldissimamente in Europa, ci terremo l’euro, l’appartenenza alla Nato e gli interventi militari “umanitari”». Peggio: Big Pharma non ha nulla da temere dai grillini, e nemmeno Wall Street, la super-oligarchia, i ras della devastazione agroalimentare, gli scienziati del cibo-killer, cancerogeno. Nessuno trema, di fronte a Di Maio: né i media mainstream, professionisti della disinformazione, né le multinazionali onnivore e globaliste, né i santuari supermassonici dell’élite finanziaria.«Stiamone certi», aggiunge Carotenuto: «Se vogliamo che nulla di importante cambi nel sistema di potere che ci manipola, votiamo tranquillamente per questo signore». Non che Di Maio sia il peggiore il campo, sia chiaro: «Certo, anche se voteremo per gli altri partiti ora in Parlamento, nulla cambierà di tutto questo». Ma almeno, evitando di votare 5 Stelle, «non avremo sprecato le nostre migliori energie e le nostre scelte facendoci abbindolare da questa ennesima trappola per le coscienze in risveglio». La tesi di Carotenuto: il potere lavora per rendere eterno il nostro “letargo”, ben sapendo che – statistiche alla mano – un cittadino su tre ha ormai fiutato l’imbroglio e non crede più a nessuno, né ai politici né ai media. «Il nostro vero terreno di operazioni – sottolinea il fondatore di “Coscienze in Rete” – non è delegare a comici o a giovanottini legati a “nonsisachi”, comunque dipendenti dalla finanza internazionale, come minimo. E nemmeno delegare agli altri partiti, che dipendono dagli stessi poteri di controllo».Carotenuto propende per il rifiuto del potere istituzionale che viene dall’alto, frutto di “piramidi” irrimediabilmente compromesse e inattendibili, a prescindere dai personaggi dietro i quali si nascondono: meglio la solidarietà circolare dei territori, dal basso. «Utilizziamo le nostre energie e la nostra voglia di bene senza delegare, facendo il bene là dove siamo, nel locale, orizzontamente, intorno a noi», sapendo che un giorno «da questa crescita orizzontale, quando sarà ampia e solida, verranno fuori istituzioni nuove». Ma non oggi, non ancora: «Ora è il momento della maturazione delle coscienze attraverso l’impegno diretto là dove siamo e possiamo verificare che le nostre forze alimentano veramente il bene di tutti». Poù in alto, la nostra possibilità di controllo è pari a zero: restiamo in balia delle solite manipolazioni. L’ultima, in ordine di tempo, sarebbe proprio quella del Movimento 5 Stelle: pura illusione ottica, certificata dal Di Maio “pro-vax”, di fronte alla potentissima platea di Harvard. «Non dimentichiamo…».Di Maio & company? Non abbiamo ancora visto niente: se vanno al potere i 5 Stelle (non la base: i dirigenti), «ci terremo intatto lo strapotere delle multinazionali del farmaco, della chimica, dell’alimentazione devitalizzata, dei megamedia del potere». E soprattutto «il dominio della finanza, i livelli di inquinamento, l’ossequienza al Vaticano e alle massonerie varie, alla Trilateral, a Goldman Sachs». Parola di Fausto Carotenuto, promotore del network “Coscienze in Rete” e già analista internazionale per l’intelligence: un uomo esperto, che conosce a fondo – dall’interno – le dinamiche del vero potere, quello che indossa diverse maschere per compiacere e illudere i cittadini-elettori. Ma perché tanto allarme per Di Maio? durante una visita all’ateneo di Harvard, «una delle università dove oramai i candidati premier vanno a prendere la benedizione», lo scorso maggio il beniamimo di Beppe Grillo ha dichiarato che i vaccini «in Italia sono obbligatori per legge», e quindi, ha aggiunto, «noi non abbiamo intenzione di eliminarla», quella legge. «E lo dice quello che poi verrà “unto” con un plebiscito di finta “democrazia diretta” come capo politico del 5 Stelle e candidato alla presidenza del Consiglio», protesta Carotenuto.
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Bagnai: il grillismo è una religione, funzionale al potere Ue
Elaborare il lutto, dopo aver scoperto di aver votato ancora una volta per il partito sbagliato? Impossibile, purtroppo: non ce la faranno, ad ammettere l’errore. Lo sostiene l’economista Alberto Bagnai, a proposito della delusione che starebbe invadendo milioni di elettori del Movimento 5 Stelle, inizialmente entusiasti del giustizialismo moralista grillino. «Quella dei 5 Stelle è una religione», dichiara Bagnai, a colloquio con Claudio Messora su “ByoBlu”. Ammette Bagnai: «Io stesso scelsi i 5 Stelle, nel 2013, ma in modo strumentale: volevo votare contro Bersani, specie dopo l’appello pubblico di Eugenio Scalfari che chiedeva di boicottare Grillo». Autocritico, l’economista di “Goofynomics”, anche sul sistema elettorale maggioritario: «All’epoca votai a favore, ma oggi me ne pento e anzi me ne vergogno: anziché l’alternanza destra-sinistra, il maggioritario ci ha offerto solo una scelta tra due destre, e soprattutto ci costringe a poter votare solo “contro”», cioè a scegliere il (presunto) meno peggio, come appunto il Movimento 5 Stelle alle politiche del 2013, quelle “non vinte” dal Pd bersaniano. Salvo poi verificare che i grillini non hanno fatto assolutamente nulla, a parte canalizzare il dissenso, addormentandolo su binari innocui per il grande potere finanziario.«Intendiamoci, so benissimo che tra i 5 Stelle esistono persone ottime, e anche politici che hanno cercato onestamente di darsi da fare», puntualizza Bagnai, che è tra gli economisti italiani che guidano con decisione il fronte anti-euro. Ma la sua analisi politica è netta: scagliandosi contro un bersaglio apparente ed economicamente irrilevante, “la casta”, cioè la politica tout-court e quindi lo Stato, i grillini – secondo Bagnai, docente universitario di economia della globalizzazione – non hanno fatto altro che assecondare i dogmi-cardine del neoliberismo oligarchico, il cui avversario potenziale è appunto lo Stato, se “impugnato” come strumento democratico contro i poteri forti. I 5 Stelle (in altri tempi molto vociferi su temi come la medicina alternativa) non hanno battuto ciglio di fronte alla mostruosa campagna sui vaccini obbligatori promossa dal governo Gentiloni attraverso Beatrice Lorenzin. Ma Bagnai sottolinea soprattutto la farsa tragicomica dei 5 Stelle a Strasburgo, con il tentativo (poi anche pateticamente abortito) di traslocare tra i “falchi” pro-euro dell’Alde, il gruppo centrista ultra-europeista in cui è rappresentato Mario Monti.Grillo ha gettato la maschera? Quand’anche, il popolo dei VaffaDay non lo ammetterà facilmente, sostiene Bagnai. «In realtà – dichiara il professore – il grillismo è una religione, che predica l’odio contro lo Stato». E da una religione non è facile smarcarsi, con l’abiura. «Stessa musica per gli esponenti di Sinistra Italiana: capiscono perfettamente che razza di trappola sia l’euro, ma – avendo sostenuto per anni l’euro-sistema, non hanno il coraggio di ammettere apertamente il loro errore». La riflessione offerta su “ByoBlu”, peraltro datata, fotografa comunque in modo mestissimo lo scenario politico italiano: di fatto (forse, con la sola eccezione della Lega di Salvini) l’offerta non offre nessuna vera alternativa alla completa sudditanza rispetto al potere di Bruxelles, che ha creato deliberatamente la crisi nella quale l’Italia si sta dibattendo da anni. I grillini? Da dividere in due: una base quasi fanatizzata “religiosamente”, disponibile a migliorare l’Italia ma frenata da un vertice che ha rivelato la vera natura di “gatekeeper” del movimento, semplice camera di sfogo della rabbia sociale, ben attento a non disturbare mai il manovratore, sulle cose che contano. Ma la disillusione – l’amara ammissione dell’equivoco – costerà dolore e richiederà tempo, dice Bagnai: per questo, ancora per un po’, l’inutile Movimento 5 Stelle ingombrerà la scena politica italiana.Elaborare il lutto, dopo aver scoperto di aver votato ancora una volta per il partito sbagliato? Impossibile, purtroppo: non ce la faranno, ad ammettere l’errore. Lo sostiene l’economista Alberto Bagnai, a proposito della delusione che starebbe invadendo milioni di elettori del Movimento 5 Stelle, inizialmente entusiasti del giustizialismo moralista grillino. «Quella dei 5 Stelle è una religione», dichiara Bagnai, a colloquio con Claudio Messora su “ByoBlu”. Ammette Bagnai: «Io stesso scelsi i 5 Stelle, nel 2013, ma in modo strumentale: volevo votare contro Bersani, specie dopo l’appello pubblico di Eugenio Scalfari che chiedeva di boicottare Grillo». Autocritico, l’economista di “Goofynomics”, anche sul sistema elettorale maggioritario: «All’epoca votai a favore, ma oggi me ne pento e anzi me ne vergogno: anziché l’alternanza destra-sinistra, il maggioritario ci ha offerto solo una scelta tra due destre, e soprattutto ci costringe a poter votare solo “contro”», cioè a scegliere il (presunto) meno peggio, come appunto il Movimento 5 Stelle alle politiche del 2013, quelle “non vinte” dal Pd bersaniano. Salvo poi verificare che i grillini non hanno fatto assolutamente nulla, a parte canalizzare il dissenso, addormentandolo su binari innocui per il grande potere finanziario.
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Bavaglio Gentiloni: non avrete altro web che quello “amico”
Fine del web come l’abbiamo finora conosciuto, fine del libero accesso alle informazioni su blog e social media? «Benvenuti nell’Italia della sorveglianza di massa», averte Fulvio Sarzana sul “Fatto”, annunciando l’inquietante giro di vite deciso in sordina da Paolo Gentiloni con un decreto legge, “aggravato” da un emendamento del Pd (primo firmatario, Davide Baruffi). Procedura-sprint, come per i vaccini: e silenzio assordante della politica. Due le notizie, la fine della privacy e il filtro dell’Agcom sui contenuti “scomodi”, che diventeranno semplicemente irraggiungibili. «Un’amara sorpresa attende gli italiani», anuncia Sarzana: il Senato “impacchetta” in via definitiva una disposizione che «all’apparenza richiama l’esigenza di rispettare le norme europee», e la approva con un iter velocissimo per evitare la discussione parlamentare. «La prima norma dispone l’allungamento dei tempi di conservazione dei dati Internet e telefonici a sei anni, ed è stata già oggetto di aspre critiche, provenienti anche dallo stesso Garante della privacy italiano, Antonello Soro», spiega Sarzana. «La seconda norma assegna all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Agcom, il potere di intervenire in via cautelare sulle comunicazioni elettroniche dei cittadini italiani, al fine di impedire l’accesso agli stessi cittadini a contenuti presenti sul web».Le norme, fa notare il giornalista, non possono essere modificate: passeranno così come sono. «La scusa ufficiale è che non si possono procrastinare gli impegni europei». E cosa prevedono queste nuove normative, già approvate alla Camera? La prima impone ai provider italiani, «per ragioni di repressione di attività legate al terrorismo», di conservare i dati di tutti i cittadini, nel caso le autorità inquirenti decidessero di richiedere informazioni su quei dati. «In soldoni, gli operatori di Internet privati (ovvero chi ci dà accesso ad Internet, ci fa telefonare e ci consente di chattare) deterranno per sei anni (quindi per sempre, considerando che la norma entrerà in vigore da oggi) i dati di tutti gli italiani, a prescindere dalla effettiva commissione di un reato. Se poi si indaga su un reato, quei dati potranno essere richiesti ai provider». E di che dati stiamo parlando? «Di tutto ciò che abbiamo detto o fatto attraverso il telefono, le chat o Internet». E se i dati venissero “rubati” e rivenduti da un hacker? Qualcuno potrebbe “bucare” il profilo di un parlamentare, di un giornalista scomodo di un oppositore, e quindi scoprire a chi ha telefonato e quando, quali siti web ha visitato. «Altro che immunità: questo qualcuno avrà accesso a tutte le conversazioni telematiche».Si dirà: “Ma questo vale solo per il terrorismo”, e qui sta il secondo malinteso, continua Sarzana: «Il provider, infatti, deve comunque raccogliere i dati, senza sapere se e quando queste informazioni verranno richieste, né può sapere quest’ultimo il perché gli vengano richiesti i dati: l’operatore, infatti, se viene raggiunto da una richiesta non la può sindacare, né l’autorità di polizia può comunicare, per non pregiudicare le indagini, a un soggetto privato il motivo della richiesta». E se questa situazione è già di per sé owelliana, «la seconda norma è ancora più inquietante», scrive il giornalista del “Fatto”. «La proposta di legge sottrae ai giudici il compito di intervenire in via cautelare sui contenuti sul web», come invece «prevedono la nostra Costituzione e le nostre leggi, prima fra tutte la legge sul diritto d’autore». Come ha detto lo stesso Baruffi, «da oggi, con un regolamento dell’Agcom, in Italia si sperimenta la “notice and stay down” e le piattaforme dovranno rimuovere i contenuti illeciti e impedirne la riproposizione». Il famoso bavaglio, in automatico e per legge.«Ora, poiché il web è composto di milioni di informazioni che cambiano in nanosecondi e la maggior parte di questi dati sono all’estero – osserva Sarzana – non c’è modo di conoscere in anticipo la riproposizione dei contenuti che la norma vorrebbe censurare, se non con una tecnica di intercettazione di massa denominata Deep Packet Inspection». L’unico modo, insomma, di fare ciò che il governo sta per fare approvare, è di ordinare ai provider italiani di “seguire” i cittadini su Internet per vedere dove vanno, al fine poi di realizzare questo “impedimento” alla riproposizione, attraverso un meccanismo di analisi e raccolta di tutte le comunicazioni elettroniche dei cittadini che intendano recarsi su siti “dubbi”. «Questo, naturalmente, senza alcun controllo preventivo da parte di un magistrato». L’Agcom, infatti, non ha potere su operatori che non siano in Italia. «E’ per questo che, invece, in sede europea si sta discutendo in modo bilanciato di risolvere il problema alla fonte, dove nasce l’informazione, e non agendo sui cittadini presenti sul territorio nazionale». La cosa, ancorché contraria alle norme europee già approvate, ha fatto gridare allo scandalo le associazioni italiane di diritti civili, quelle internazionali, le associazioni di consumatori più sensibili e gli stessi operatori del web. «Riavvolgiamo dunque il nastro: grazie al Parlamento, i dati dei cittadini saranno raccolti in banche dati custodite dai provider per un tempo pressoché illimitato. L’autorità amministrativa, ovvero l’Agcom, avrà il potere di ordinare ai provider di “seguire” i cittadini italiani senza l’ordine di un magistrato».Fine del web come l’abbiamo finora conosciuto, fine del libero accesso alle informazioni su blog e social media? «Benvenuti nell’Italia della sorveglianza di massa», avverte l’avvocato Fulvio Sarzana sul “Fatto”, annunciando l’inquietante giro di vite deciso in sordina da Paolo Gentiloni con un decreto legge, “aggravato” da un emendamento del Pd (primo firmatario, Davide Baruffi). Procedura-sprint, come per i vaccini: e silenzio assordante della politica. Due le notizie, la fine della privacy e il filtro dell’Agcom sui contenuti “scomodi”, che diventeranno semplicemente irraggiungibili. «Un’amara sorpresa attende gli italiani», annuncia Sarzana: il Senato “impacchetta” in via definitiva una disposizione che «all’apparenza richiama l’esigenza di rispettare le norme europee», e la approva con un iter velocissimo per evitare la discussione parlamentare. «La prima norma dispone l’allungamento dei tempi di conservazione dei dati Internet e telefonici a sei anni, ed è stata già oggetto di aspre critiche, provenienti anche dallo stesso Garante della privacy italiano, Antonello Soro», spiega Sarzana. «La seconda norma assegna all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Agcom, il potere di intervenire in via cautelare sulle comunicazioni elettroniche dei cittadini italiani, al fine di impedire l’accesso agli stessi cittadini a contenuti presenti sul web».
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C’era una volta Enrico Mentana, ora è l’eroe del fanta-Cicap
«C’era una volta Enrico Mentana», scrive Massimo Mazzucco, segnalando che il direttore del telegiornale de La7 è stato insignito del premio “In difesa della ragione” istituito dal Cicap, il comitato di controllo sulle “affermazioni sulle pseudoscienze” (fino a ieri, “sul paranormale”), che in realtà sembra occuparsi più che altro di “normalizzare la verità”, rendendo accettabile la versione ufficiale dei fatti, grazie anche all’alto patrocinio del suo nume tutelare, l’intoccabile Piero Angela. «Ormai passato definitivamente dalla parte dei debunkers, Mentana viene premiato proprio dai bugiardi di professione che lui stesso ha aiutato ad acquisire credibilità davanti al pubblico televisivo negli anni passati», lo accusa Mazzucco, autore di documentari “esplosivi” sulla vera storia del maxi-attentato dell’11 Settembre. «Con le sue trasmissioni fintamente “equilibrate”, dove apparentemente metteva a confronto tesi e controtesi, ma in realtà si preoccupava di lasciare sempre l’ultima parola ai debunkers, Mentana ha finito per distruggere l’unica possibilità che restava al giornalismo televisivo di proporre agli spettatori un punto di vista veramente neutrale».Mazzucco, il cui primo film sull’attacco alle Torri Gemelle era pure stato trasmesso in anteprima da “Matrix”, il talkshow di Mentana su Canale 5, definisce oggi il giornalista «divorato dall’ansia di piacere ai potenti». Già mezzobusto (craxiano) del Tg2, poi artefice del rivoluzionario del Tg5, secondo Mazzucco ormai Mentana «ha finito per allinearsi ufficialmente al pensiero mainstream su tutti gli argomenti più importanti degli ultimi anni». Ovvero: «Prende in giro apertamente chi denuncia le scie chimiche, ignorando (volutamente?) che lo stesso presidente Napolitano ha riconosciuto l’esistenza del problema». In più, «si è schierato apertamente a favore delle vaccinazioni obbligatorie, ignorando (volutamente?) la marea di documentazione scientifica che attesta invece alla loro pericolosità». Lo stesso Mentana «si è schierato apertamente a favore della versione ufficiale dell’11 Settembre, ignorando volutamente (e qui non c’è bisogno del punto interrogativo, lo sappiamo con certezza) tutti gli argomenti scientifici di Architects&Engineers che dimostrano la demolizione controllata delle Torri Gemelle».Evidentemente, aggiunge Mazzucco sul blog “Luogo Comune”, «a Mentana interessa molto di più piacere ai potenti che non fare veramene il suo lavoro di giornalista». Forse gli è rimasta adosso «la nostalgia di quando conduceva un telegionale importante in Italia, e cerca in tutti i modi di recuperare l’audience perduta compiacendo in ogni modo possibile i poteri forti». Ma il direttore-mattatore «non si rende conto che la vera opportunità di lavorare a La7 era proprio quella di presentare al pubblico italiano qualcosa di diverso, e non semplicemente una versione impoverita del pensiero mainstream». Secondo Mazzucco, «Mentana avrebbe potuto trasformare il canale La7 nel primo degli ultimi, invece ha finito tristemente per accontentarsi di essere l’ultimo dei primi. E lo ha fatto nel modo peggiore per un giornalista: allinearsi diligentemente al pensiero maistream, rinunciando alle sue capacità analitiche e alle sue qualità investigative». Sottinteso: Mazzucco ha stima di Mentana, e questo peggiora le cose. Come dire: talento sprecato, degno di miglior causa.Eppure, rinunciando alle sue armi per motivi tattici, «Mentana continua soltanto a perdere audience», dice Mazzucco, che cita la recente “ribellione” contro di lui verificatasi sul web per non aver nemmeno degnato di una risposta il suo video du quelle che Mazzucco definisce “le bugie” di Paolo Attivissimo, principe dei debuker nostrani, numero uno degli ammazza-complottisti. «Con uno share che arranca faticosamente intorno al 5%, ormai Mentana riesce ad influenzare l’opinione pubblica quanto un predicatore muto che parli in aramaico fra le mura di casa sua», infierisce Mazzucco, secondo cui Mentana «presto rischia di fare la fine di Enrico Deaglio, l’altro famoso giornalista “indipendente” che finì per perdere quel poco di credibilità che gli restava proprio quando sposò – in modo palesemente acritico – la versione ufficiale dell’11 Settembre». Amarezza e rimpianto: «Peccato, c’era una volta Enrico Mentana».«C’era una volta Enrico Mentana», scrive Massimo Mazzucco, segnalando che il direttore del telegiornale de La7 è stato insignito del premio “In difesa della ragione” istituito dal Cicap, il comitato di controllo sulle “affermazioni sulle pseudoscienze” (fino a ieri, “sul paranormale”), che in realtà sembra occuparsi più che altro di “normalizzare la verità”, rendendo accettabile la versione ufficiale dei fatti, grazie anche all’alto patrocinio del suo nume tutelare, l’intoccabile Piero Angela. «Ormai passato definitivamente dalla parte dei debunkers, Mentana viene premiato proprio dai bugiardi di professione che lui stesso ha aiutato ad acquisire credibilità davanti al pubblico televisivo negli anni passati», lo accusa Mazzucco, autore di documentari “esplosivi” sulla vera storia del maxi-attentato dell’11 Settembre. «Con le sue trasmissioni fintamente “equilibrate”, dove apparentemente metteva a confronto tesi e controtesi, ma in realtà si preoccupava di lasciare sempre l’ultima parola ai debunkers, Mentana ha finito per distruggere l’unica possibilità che restava al giornalismo televisivo di proporre agli spettatori un punto di vista veramente neutrale».
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Violenza-spettacolo, le amnesie dei media e le regie occulte
Inorridisce giustamente, l’italiano medio, di fronte alla brutalità della polizia spagnola che a Barcellona prende a calci i giovani inermi finiti a terra, maltratta le donne tirandole per i capelli, rompe nasi e spezza braccia, spara nel mucchio proiettili di gomma ad altezza uomo, spintona e strattona persino le nonne, trascinadole via come pericolose terroriste. Inorridisce, ma senza chiedersi come mai tanta violenza di Stato venga esibita di colpo a reti unificate. E si domanda invece, giustamente, per quale motivo il governo democratico di Madrid non si vergogni nemmeno un po’ dello spettacolo barbarico dei suoi agenti antisommossa, i robocop neri a cui è stato semplicemente ordinato di picchiare senza riguardi, di pestare gente con le mani alzate, di spedire all’ospedale cittadini, popolo, anziani. Sono le domande naturali, ovvie, che assillano e disturbano lo spettatore neutrale, estraneo ai fatti, turbato dalla violenza andata in scena a Barcellona. Quegli interrogativi se li pongono anche gli addetti all’informazione ospiti dei talkshow. Ma, attenzione: sono gli stessi giornalisti mainstream che si guardarono bene dal fiatare quando a prendere a calci i cittadini – italiani – erano le forze antisommossa spedite dal governo di Roma in valle di Susa col medesimo ordine: mandare all’ospedale la gente che aveva osato protestare, presidiare spazi e invocare giustizia, molto prima che la battaglia NoTav venisse inquinata dalle derive rabbiose nate dall’esperazione.«Giornalisti bugiardi e cialtroni: ne caccerei nove su dieci», ebbe a dire recentemente un reporter di razza come lo statunitense Seymour Hersh, Premio Pulitzer. La sua tesi: se la stampa non avesse abdicato al suo ruolo, rinunciando a fare il proprio dovere, in questi ultimi decenni avremmo avuto meno vittime. Meno abusi e meno stragi, meno guerre, meno terrorismi opachi. E forse, costringendo politici e governi a dire la verità, qualche oscuro mandante sarebbe stato costretto a venire allo scoperto. I grandi media sono ormai “Presstitutes”: così li chiama Paul Craig Roberts, liberale, già viceministro di Reagan. Non sono più veri mass media, ma strumenti orwelliani di propaganda, megafoni di un regime finanziario unificato, proprietario universale dell’editoria cartacea e radiotelevisiva che ha trasformato l’informazione in gossip, in politica-marketing e tifoseria da stadio contro nemici apparenti come la Russia di Putin, o fabbricati a tavolino come i tagliagole-kamikaze dell’Isis. E’ tutto spettacolo, soltanto spettacolo – senza mai analisi, spiegazioni, memoria storica, retroscena e denunce argomentate, al punto da spingere milioni di utenti a spegnere il televisore cercando rifugio nella galassia magmatica del web, alla ricerca affannosa di informazioni e ricostruzioni (attendibili, o almeno plausibili) su qualsiasi guaio contemporaneo, dall’euro alle scie chimiche, dalle guerre ai vaccini obbligatori.Lo spettacolo, oggi, è quello della violenza imposta dagli uomini neri che Madrid ha spedito a Barcellona? Ieri era quello della Troika euro-tedesca impegnata a gambizzare un altro popolo alle prese con un referendum, quello greco. Quando i primi NoTav si agitavano in corteo nella loro valle di Susa, appena dopo il duemila, non immaginavano neppure lontanamente la reale geografia della partita in corso: ancora non era arrivato Mario Monti a usare il manganello (finanziario) contro gli italiani. In Francia, il pallido François Hollande era riuscito a conquistare l’Eliseo promettendo la fine del rigore imposto da Berlino? E’ stato “sistemato” a colpi di attentati, insieme ai francesi: che adesso si godono Macron, l’omino-Rothschild confezionato in vitro direttamente dalle officine supermassoniche cui sovrintendono personaggi come Jacques Attali, il finto-socialista che spinse a destra la politica di Mitterrand, nel segno euro-imperiale dell’ordoliberismo da cui è appena scappata la Gran Bretagna votando la Brexit. E’ tutto spettacolo, quello che va in televisione: e se ci va, è sempre bene chiedersi perché. Secondo un analista indipendente come Federico Dezzani, a manipolare la Catalogna indipendentista sarebbero gli stessi super-poteri oligarchici che orchestrarono il crollo della Prima Repubblica in Italia, corrotta ma ancora relativamente sovrana, ostile al falso europeismo neo-feudale degli oligarchi interessati a smantellare l’economia della penisola, aprendo la stagione della crisi infinita.La polizia che malmena gli inermi non è mai un bello spettacolo, e a Madrid non potevano non saperlo. Non poteva non sapere, il debolissimo governo Rajoy, che l’intera Europa avrebbe simpatizzato, in diretta televisiva, con gli abitanti di Barcellona. Ha ragione Dezzani: non può essere a Madrid, la vera regia di questa pagina imbarazzante, con troppo sangue e troppe ossa rotte. Forse non è nemmeno a Marsiglia, dove – in contemporanea – le forze di sicurezza francesi hanno abbattuto a pallettoni, tanto per cambiare, l’ennesimo presunto jihadista accoltellatore, destinato come tutti gli altri a non parlare più. La regia dell’orrore non è nemeno a Nizza, dove la polizia locale (un po’ come i Mossos catalani) si rifiutò di obbedire agli ordini di Parigi, quando il ministro dell’interno le impose di distruggere i filmati delle telecamere che avevano ripreso la strage del 14 luglio sulla Promenade des Anglais. Una parte di questa ipotetica regia probabilmente risiede proprio a Parigi, dove – dopo il non-suicidio di un valente commissario – il governo silenziò e chiuse le indagini su Charlie Hebdo con l’imposizione del segreto di Stato (segreto militare), togliendo il dossier al coraggioso magistrato che aveva scoperto una strana triangolazione per la fornitura delle armi al commando stragista, Kalashnikov slovacchi giunti in Francia via Belgio attraverso un uomo della Dgse, il servizio segreto parigino.Se tutto è spettacolo, in televisione, manca sempre il vero mandante, perché sfugge regolarmente il movente. Era di quello che si occupava il giudice italiano Gabriele Chelazzi, stranamente morto dopo aver scritto una lettera di protesta alla Procura di Firenze, che accusava di averlo lasciato solo, senza uomini e mezzi. Lo racconta un super-poliziotto, Michele Giuttari, che fece condannare i “compagni di merende”. Prima del Mostro di Firenze (la cui vera storia si è rassegnato a scriverla nei suoi romanzi), Giuttari aveva sgominato – con Chelazzi – la gang di Cosa Nostra impegnata a realizzare gli attentati dinamitardi di Milano, Firenze e Roma. Un’indagine record, con decine di mafiosi in manette. Per ordine di chi avevano agito? Totò Riina, Leoluca Baragarella. D’accordo, si domanda Giuttari: ma chi aveva ordinato a Riina e Bagarella di piazzare ordigni fuori dalla Sicilia? E per quale oscuro motivo? Per una ragione formidabile e al tempo stesso indicibile: terremotare l’Italia e renderla fragile, mentre i poteri forti organizzavano la tagliola fatale del Trattato di Maastricht, l’inizio della fine delle economie prospere e sovrane. A dirlo non è Giuttari ma Dezzani, lo studioso che ora accusa i politci catalani di essersi fatti strumento di quegli stessi poteri oligarchici che – c’è da giurarci – spingeranno il vento nelle vele degli autonomisti lombardi e veneti al referendum del 22 ottobre, sperando di veder presto anche l’Italia sbriciolarsi, come la Spagna, per meglio dominare, finanziariamente, un popolo ormai ipnotizzato dalla televisione.Inorridisce giustamente, l’italiano medio, di fronte alla brutalità della polizia spagnola che a Barcellona prende a calci i giovani inermi finiti a terra, maltratta le donne tirandole per i capelli, rompe nasi e spezza braccia, spara nel mucchio proiettili di gomma ad altezza uomo, spintona e strattona persino le nonne, trascinandole via come pericolose terroriste. Inorridisce, ma senza chiedersi come mai tanta violenza di Stato venga esibita di colpo a reti unificate. E si domanda invece, giustamente, per quale motivo il governo democratico di Madrid non si vergogni nemmeno un po’ dello spettacolo barbarico dei suoi agenti antisommossa, i robocop neri a cui è stato semplicemente ordinato di picchiare senza riguardi, di pestare gente con le mani alzate, di spedire all’ospedale cittadini, popolo, anziani. Sono le domande naturali, ovvie, che assillano e disturbano lo spettatore neutrale, estraneo ai fatti, turbato dalla violenza andata in scena a Barcellona. Quegli interrogativi se li pongono anche gli addetti all’informazione ospiti dei talkshow. Ma, attenzione: sono gli stessi giornalisti mainstream che si guardarono bene dal fiatare quando a prendere a calci i cittadini – italiani – erano le forze antisommossa spedite dal governo di Roma in valle di Susa col medesimo ordine: mandare all’ospedale la gente che aveva osato protestare, presidiare spazi e invocare giustizia, molto prima che la battaglia NoTav venisse inquinata dalle derive rabbiose nate dall’esasperazione.
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Sids: 300 neonati morti in Italia ogni anno, uno su mille
Morti bianche: 300 neonati ogni anno, in Italia, muoiono “in culla”. Uno su mille. Si chiama Sids, sindrome da morte infantile improvvisa (Sudden Infant Death Syndrome). Il sistema sanitario, accusa il naturopata Marcello Pamio, sottovaluta il problema: «Poco importa se tutti i bambini morti in culla hanno sempre fatto le vaccinazioni qualche giorno o qualche settimana prima». Casi archiviati come coincidenze, fatalità. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, la Sids «colpisce i bambini tra un mese e un anno di età», cioè nel periodo in cui vengono fatti i primi inoculi. A riferire di questa “strage silenziosa” è un giornale come “Il Gazzettino”: il 25 maggio 2016, il quotidiano di Venezia titola: “Vaccini, bimba a due mesi muore nel sonno a Torino dopo esavalente”. Sempre per l’Istituto Superiore di Sanità, «dopo le malformazioni congenite, la Sids è la causa principale di morte post-neonatale negli Stati Uniti». Secondo il National Vital Statistics Report del 2004, «l’incidenza della Sids è di circa 1,7 per mille nati vivi. Dati simili sembrano essere registrati anche in Europa. In Italia, la stima fornita dal centro di riferimento della Regione Lombardia, è di 1 su 1000 nati vivi».Quindi in Italia vi sarebbe un morto ogni mille bambini nati, sintetizza Pamio sul blog “Riflessioni”, in cui segnala il bugiardino del vaccino trivalente “Tripedia” per difterite-tetano-pertosse. Secondo Sanofi-Pasteur, «la percentuale di morti in culla, secondo alcuni studi osservazionali, negli Stati Uniti (periodo dal 1985 al 1991) è pari a 1,5 bambini ogni 1000 nati, mentre in Germania è di circa 0,4». Sempre dal bugiardino del trivalente Tripedia: «In uno studio caso-controllato tedesco e in uno studio di sicurezza negli Stati Uniti, su 14.971 neonati che hanno ricevuto il vaccino Tripedia ne sono morti 13». Quindi, sottolinea Pamio, 13 morti su circa 15.000 neonati significa una percentuale pari a 0,86 morti per ogni 1000 nati. «In Italia sono nati nel 2016 circa 470.000 bambini. Se la percentuale di mortalità del Tripedia è di circa 0,86/1000 nati, tenuto conto che da noi sono nati 470.000 l‘anno scorso, il vaccino se ne è portati via circa 400. Morti per cosa? Da Sids, ovviamente, ma non solo. Almeno 300 ne muoiono per Sids ogni anno, ma se teniamo conto che non è l’unica causa di morte, si fa presto ad ottenere le cifre riportate».Ancora il bugiardino del Tripedia segnala che «gli eventi avversi riportati durante l’uso post-approvazione del vaccino Tripedia includono: porpora trombocitopenica idiopatica, Sids, reazione anafilattica, autismo, convulsione, encefalopatia, ipotonia, neuropatia, sonnolenza e apnea». Lo dicono gli stessi produttori dei vaccino, commenta Pamio: «Lo mettono nero su bianco nel bugiardino», mentre da noi «i grandi medici e la grande scienza ufficiale negano con tutte le forze e con ogni mezzo la correlazione tra vaccini-autismo e la correlazione tra vaccini-Sids. Beata ignoranza e soprattutto malafede, e intanto i bambini continuano a morire». Pamio definisce “olocausto” la morte in massa dei neonati, e sollecita un’azione legale, da parte della magistratura, per accertare eventuali responsabilità delle autorità italiane, per esempio «il ministro della salute, il direttore dell’Istituto Superiore di Sanità e il direttore dell’Aifa, nonché il presidente della Repubblica che ha firmato e avvallato la conversione del decreto in legge», quello sui 10 vaccini obbligatori voluto dalla “ministra” Beatrice Lorenzin.Se l’Italia è un caso unico al mondo per il numero di vaccini resi obbligatori, conclude Pamio, ha viaggiato a lungo in direzione esattamente opposta (e con ottimi risultati) il Giappone, che ha cambiato il calendario d’inizio per la vaccinazione «spostandolo dai tre mesi a due anni». Risulato: «Subito il loro tasso di Sids è crollato. Come mai?». E’ un fatto: al ritardo della vaccinazione “trivalente” Dpt (difterite-pertosse-tetano) posticipata all’età successiva ai 2 anni, ha corrisposto «un drastico calo di effetti collaterali». Nel periodo 1970-1974, quando la vaccinazione Dpt veniva effettuata dai 3 a 5 mesi di età, il Giappone erogò indennizzi per ben 57 casi gravi di bambini danneggiati da vaccino (danni permanenti) e 37 bambini morti. Durante il periodo 1975-1980, quando le iniezioni di Dpt venivano effettuate in ritardo, le gravi reazioni al vaccino sono state ridotte a un totale di tre morti. Il che significa una enorme riduzione – dall’85 al 90% – dei casi più gravi di danni, fino alla “morte bianca”. E ancora: «Nel 1988 il governo giapponese raccomandò la non-vaccinazione fino a due anni di età». La Sids però è ricomparsa, anche in Giappone, «da quando il governo è tornato a raccomandare le vaccinazioni a tre mesi», come afferma la dottoressa Viera Scheibner sul “New England Journal of Medicine”.Morti bianche: 300 neonati ogni anno, in Italia, muoiono “in culla”. Uno su mille. Si chiama Sids, sindrome da morte infantile improvvisa (Sudden Infant Death Syndrome). Il sistema sanitario, accusa il naturopata Marcello Pamio, sottovaluta il problema: «Poco importa se tutti i bambini morti in culla hanno sempre fatto le vaccinazioni qualche giorno o qualche settimana prima». Casi archiviati come coincidenze, fatalità. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, la Sids «colpisce i bambini tra un mese e un anno di età», cioè nel periodo in cui vengono fatti i primi inoculi. A riferire di questa “strage silenziosa” è un giornale come “Il Gazzettino”: il 25 maggio 2016, il quotidiano di Venezia titola: “Vaccini, bimba a due mesi muore nel sonno a Torino dopo esavalente”. Sempre per l’Istituto Superiore di Sanità, «dopo le malformazioni congenite, la Sids è la causa principale di morte post-neonatale negli Stati Uniti». Secondo il National Vital Statistics Report del 2004, «l’incidenza della Sids è di circa 1,7 per mille nati vivi. Dati simili sembrano essere registrati anche in Europa. In Italia, la stima fornita dal centro di riferimento della Regione Lombardia, è di 1 su 1000 nati vivi».
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Magaldi: una rivoluzione, contro i falsari degli 11 Settembre
Samuel Huntington, chi era costui? Politologo americano, lo presenta Wikipedia. Analista geopolitico dell’amministrazione Usa dai tempi di Jimmy Carter, direttore degli studi strategici e internazionali di Harvard, fondatore di “Foreign Policy” e autore di una ventina di saggi che hanno fatto storia. Uno su tutti, quello sullo “scontro di civiltà”, di risonanza pari alla tesi sulla “fine della storia” teorizzata da Francis Fukuyama, insieme al quale nel 1975 firmò il saggio sulla “crisi della democrazia”, promosso dalla neonata Commissione Trilaterale, suprema istituzione del potere paramassonico. La tesi del volume, firmato da Huntington e Fukuyama insieme a Michel Crozier: troppa democrazia fa male, bisogna tagliarla e ridurre i cittadini all’apatia, alla passività. A sedici anni dall’attacco alle Torri Gemelle c’è ancora chi si interroga sui possibili, veri mandanti del più spettacolare attentato della storia? Non Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” che rivela l’esistenza di 36 Ur-Lodges internazionali nella cabina di regia dei destini del pianeta. Attenti alle date, avverte: il disastro delle Twin Towers il è “sequel” di un altro 11 Settembre, quello del 1973, quando in Cile fu abbattuto Allende dal golpe di Pinochet. Obiettivo strategico: piegare quel che restava del socialismo e avvelenare il mondo con l’ideologia neoliberista. Fine dello Stato sovrano e “dittatura” del capitale finanziario.Un personaggio sinistro, Samuel Huntington: così lo definisce Magaldi parlando ai microfoni di “Colors Radio”, nel ricostruire i retroscena dell’ecatombe newyorkese del 2001 destinata a innescare la “guerra infinita”, comiciata da Afghanistan e Iraq con l’improvvisa comparsa del fantomatico terrorismo globale “islamico”, incarnato da Al-Qaeda e dalla sua ultima filiazione, l’Isis. Uno “scontro di civiltà” solo presunto, quello evocato da Huntington, ma utilissimo a far marcire, a colpi di leggi securitarie, la “crisi della democrazia”, dal Patriot Act di Bush «fino a una legge italiana come quella sui vaccini, imposta in modo autoritario: lo afferma anche un magistrato del calibro di Ferdinando Imposimato». Magaldi articola la sua analisi partendo dal punto di vista esclusivo e privilegiato del retroterra massonico da cui proviene: già figura di spicco del Goi, poi fondatore del Grande Oriente Democratico e affiliato alla Thomas Paine, la più progressista delle superlogge internazionali alla radice del potere attuale, apolide e globalizzato. Da qui l’impegno civile nel Movimento Roosevelt, entità metapartitica che – anche attraverso figure come l’economista Nino Galloni – propone il risveglio democratico della politica italiana, sconfessando il dogma neoliberista: abbiamo bisogno di più Stato e più sovranità. Meglio archiviare Huntington: non è vero che la crisi della democrazia si “cura” riducendo la democrazia stessa, come oggi avviene grazie all’attuale mostro giuridico chiamato Unione Europea.Se siamo in questa situazione, sintetizza Magaldi, è anche perché la storia del secondo ‘900 ci è stata raccontata in modo spesso impreciso e incompleto: il grande progetto di riduzione della democrazia non è cominciato nel 2001 a New York, ma nel 1973 a Santiago del Cile, dove il massone Pinochet tradì il massone Allende, «un uomo forse troppo buono, un sincero socialista nutrito degli ideali filantropici della massoneria progressista». Dietro al complotto, c’era il gruppo allora rappresentato da Henry Kissinger, segretario di Stato sotto Gerald Ford ma soprattutto «esponente di punta della Ur-Lodge “Three Eyes”, massima espressione della destra reazionaria in ambito supermassonico». Forse Allende aveva nazionalizzato l’economia cilena in modo troppo esteso e precipitoso. Tuttavia, per i golpisti, la posta in palio non era il piccolo Cile, ma il resto del mondo. Da quel momento, continua Magaldi, l’élite supermassonica neo-feudale ha messo in atto, meticolosamente, il suo piano: progressivo smantellamento dell’economia mista (Italia compresa), erosione del protagonismo economico statale, dottrina neoliberista dello “Stato minimo”, fine della sinistra sindacale, crisi del welfare, privatizzazioni selvagge e deregulation della finanza: Reagan (e poi Clinton) negli Usa, la Thatcher in Europa.Henry Kissinger, David Rockefeller, Jacob Rothschild, Zbigniew Brzezinski: se gli strateghi della “Three Eyes” avevano scelto la modalità del “guanto di velluto”, lo stile in doppiopetto nell’imporre i vari “regime change” funzionali allo sviluppo neoliberista dell’economia, privatizzata e finanziarizzata, poi questa dinamica – inesorabile, ma relativamente lenta – ha subito un’accelerazione imprevedibile nel 2001, con la catastrofe delle Twin Towers, in realtà «preparata da lungo tempo» in un altro “santuario” supermassonico, la superloggia “Hathor Pentalpha” fondata dai Bush all’inizio degli anni ‘80. Una struttura internazionale che secondo Magaldi ha poi reclutato personaggi come Tony Blair, l’inventore delle “armi di distuzione di massa” di Saddam, e come Nicolas Sarkozy, il liquidatore di Gheddafi (senza dimenticare il turco Erdogan, massimo padrino dell’Isis nella sanguinosa conquista della Siria). Le macerie della tragica geopolitica di oggi, fino ai recenti attentati in Europa, secondo Magaldi sono il risultato ultimo dello sciagurato progetto “Hathor Pentalpha”. Il terrorismo come mezzo principe per ottenere tutto e subito, in modo sbrigativo e spaventoso: alle peggiori stragi seguono colossali affari, carriere-lampo, razzie sistematiche di risorse strategiche, drastica centralizzazione del potere, leggi speciali e soppressione progressiva di libertà civili.E’ lo spettacolo dell’orrore, a cui i media ormai ci hanno abituato. Ma guai a pensare che sarà così per sempre, insiste Magaldi: «Questi poteri non sono affatto invincibili, il loro tragico successo dipende in larga parte dalla nostra inerzia». La passività civile, l’apatia raccomandata dal “sinistro” profeta Huntington. La rissa polemica sull’ultimo 11 Settembre? Errore ottico, dice Magaldi, frutto dello scontro tra negazionisti (scettici o bugiardi) e complottisti poco lucidi. «In realtà non servono chissà quante persone per propiziare una catastrofe come quella di Ground Zero: bastano pochi uomini nei posti giusti, che li limitino ad allargare le maglie della sicurezza e, sostanzialmente, a lasciar fare». Nessun dubbio, per Magaldi, sulla partenità massonica del super-attentato: le Twin Towers, «due torri gemelle, appunto», richiamano immediatamente «le due colonne che campeggiano in ogni tempo massonico», e per giunta a New York, cioè «in una delle città più massoniche al mondo». Oggi, poi, sarebbe in corso una guerra nella guerra: segmenti dell’impenetrabile mondo delle Ur-Lodges, quelli “progressisti”, sarebbero in rivolta contro gli abusi della filiera “reazionaria”, avviati in Cile dalla “Three Eyes” e completati con il terrificante cambio di passo imposto dalla “Hathor Pentalpha” a Manhattan, sedici anni fa. Da allora, stesso copione ovunque: guerra in Medio Oriente e terrorismo in Occidente. «Non durerà per sempre», insiste Magaldi. «Ma tocca a noi uscire dal letargo: serve una vera e propria rivoluzione, civile e politica, per rivendicare i diritti che ci sono stati confiscati e tornare a condizioni di sovranità democratica».Samuel Huntington, chi era costui? Politologo americano, lo presenta Wikipedia. Analista geopolitico dell’amministrazione Usa dai tempi di Jimmy Carter, direttore degli studi strategici e internazionali di Harvard, fondatore di “Foreign Policy” e autore di una ventina di saggi che hanno fatto storia. Uno su tutti, quello sullo “scontro di civiltà”, di risonanza pari alla tesi sulla “fine della storia” teorizzata da Francis Fukuyama. Nel 1975, Huntington produsse un altro saggio epocale, quello sulla “crisi della democrazia”, promosso dalla neonata Commissione Trilaterale, suprema istituzione del potere paramassonico. La tesi del volume, firmato da Huntington con Joji Watanuki e Michel Crozier: troppa democrazia fa male, bisogna tagliarla e ridurre i cittadini all’apatia, alla passività. A sedici anni dall’attacco alle Torri Gemelle c’è ancora chi si interroga sui possibili, veri mandanti del più spettacolare attentato della storia? Non Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” che rivela l’esistenza di 36 Ur-Lodges internazionali nella cabina di regia dei destini del pianeta. Attenti alle date, avverte: il disastro delle Twin Towers il è “sequel” di un altro 11 Settembre, quello del 1973, quando in Cile fu abbattuto Allende dal golpe di Pinochet. Obiettivo strategico: piegare quel che restava del socialismo e avvelenare il mondo con l’ideologia neoliberista. Fine dello Stato sovrano e “dittatura” del capitale finanziario.
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Se il popolo di Vasco marciasse contro il governo zootecnico
Accorrono in 220.000 al concerto oceanico di Vasco, ma nessuno che muova un dito contro il “governo zootecnico mondiale”, ovvero «la riduzione del cittadino a pollame». Maurizio Blondet commenta così l’ultimo lavoro editoriale dell’avvocato Marco Della Luna, “Oltre l’agonia”, ovvero “Come fallirà il dominio tecnocratico dei poteri finanziari” (Arianna Editrice). I giovani ipnotizzati dal Blasco? «Dico: pensate se fossero capaci di farlo per uno scopo politico. Se arrivassero in 220.000 a Roma, una volta, per protestare contro la sottrazione di diritti come cittadini, lavoratori, elettori. Che so, contro le vaccinazioni come inaudita “pretesa dello Stato, giuridicamente obbligatoria, di metterci dentro sostanze di cui non sappiamo la composizione”, manco fossimo animali», oppure «contro l’immigrazione senza limiti al costo di 4,5 miliardi l’anno, mentre “in Italia gli indigenti sono passati in 5 anni da 1,5 e 4 milioni”». Si potrebbe protestare, «per un insieme di scelte politico-economiche “assurde”, ostinatamente imposte dalle oligarchie nonostante i “risultati rovinosi”, il che “non può essere accidentale ma il prodotto di un sistema progettato, implementato e difeso”».Bisognerebbe «gridare che le mitiche speranze dell’europeismo sono state tradite», e che «nel mondo reale, il liberismo di mercato non ha gli effetti promessi dal modello ideale, ossia che il mercato non è “libero” ma gestito da cartelli: non tende a evitare o assorbire le crisi, ma le genera e amplifica», onde «non a distribuire le risorse, ma concentrarle in mano a pochi monopolisti». E’ un sistema che «dissolve la società invece di renderla più efficiente», anzi «dissolve l’idea stessa dell’uomo», scrive Della Luna. «Se i giovani per una volta dormissero all’addiaccio, pagassero i trasporti verso Roma, si comportassero per qualche giorno da soldati politici – dice Blondet nel suo blog – farebbero paura al governo che ci è stato imposto dalla Banca Centrale e da Bruxelles, ai parlamentari che dipendono dalle lobbies e comitati d’affari, e che hanno svenduto l’Italia, le sue industrie e la sua sovranità agli interessi stranieri». Della Luna, annota Blondet, è stato «il primo in Italia ad avvertirci che il capitalismo terminale globale fa soldi non più producendo merci ma bolle finanziarie per poi farle scoppiare: non ha più bisogno di lavoratori, produttori, operai, eserciti di massa – né quindi di mantenere sani, efficienti, istruiti, men che meno prosperi e soddisfatti i popoli». Non servono più, i popoli, e neppure i consumatori (risale infatti al 2010 il suo saggio “Oligarchie per popoli superflui”).In questo nuovo saggio, Della Luna ci avverte che il sistema è entrato in una fase ulteriore e più letale, anti-umana. Ormai persino il profitto finanziario «ha perso importanza, sia come scopo che come mezzo». Basta ricordare «le migliaia di miliardi che le banche centrali (appartenenti alla finanza privata) creano dal nulla per mantenere a galla il sistema, mettendoli a disposizione di chi comanda in misura illimitata». E il denaro creato dal nulla «genera un flusso di cassa positivo, ossia un reddito, che la banca incassa, ma su cui non paga le tasse», perché a pagare sono i contribuenti. Della Luna giunge a preconizzare perfino «il tramonto della finanza», inteso come «sistema di dominio della società». Un tramonto che però non coinciderà con la nostra liberazione: è già in arrivo «il dominio diretto e materiale sulla società», attraverso la «gestione coercitiva del demos, potente e unilaterale, e insieme non responsabile delle scelte verso i suoi amministrati». Questo nuovo potere, «non diversamente dalla zootecnia», non è responsabile verso gli animali che “alleva”, cioè noi. Governo zootecnico: «L’allevamento-condizionamento di masse umane per l’utilità degli allevatori». Già lo fanno per via mediatica, «restringendo e omogeneizzando le rappresentazioni che gli umani hanno della realtà».Di fatto, continua Della Luna, stanno già «tabuizzando e psichiatrizzando il dissenso e la contro-informazione», fino a renderla penalmente perseguibile. Lo fanno con “la Buona Scuola”, l’attuale sistema educativo congegnato in modo da non sviluppare facoltà cognitive, né l’attenzione sostenuta, né la capacità di auto-dominio: è il metodo perfetto per «produrre persone deboli, dipendenti, condizionabili, incapaci di opporsi». Non si tratta di risultati fallimentari e ideologie erronee. Al contrario, dice Della Luna: sono effetti perseguiti deliberatamente per «semplificare» l’uomo, standardizzandolo in vista dell’allevamento zootecnico. «Impressionante – aggiunge Blondet – è l’esempio che fa della scomparsa della borghesia produttiva, culturalmente vivace e reattiva, rovinata dalle crisi deflattive continue e dal fisco rapacissimo». Non è un caso malaugurato. E’ che «la piramide sociale va interrotta lasciando uno spazio vuoto sotto il suo apice», il famigerato 1% che concentra l’80% delle ricchezze, «così che l’apice sia al sicuro dalle scalate (mobilità verticale) e dagli attacchi delle classi intermedie erudite».L’obiettivo del vertice è «realizzare tra l’oligarchia e i popoli la medesima distanza e differenziazione qualitativa che c’è tra l’allevatore e gli animali allevati», secondo il modello zootecnico. «Nella chiave del governo zootecnico – scrive Blondet – diventano perfettamente spiegabili la plurivaccinazione obbligatoria dei cuccioli», cioè bambini. Se fossimo cittadini, e non polli d’allevamento, dovremmo rifiutare «la potestà giuridica di immettere nel corpo della gente sostanze attive», fra cui quelle basate su nanotecnologie e biotecnologie, «e molte di esse coperte da segreto militare o commerciale», rileva Della Luna. Sempre nella prospettiva dell’allevamento zootecnico acquista senso anche «il dogma dell’accoglienza e della mescolanza dei popoli», imposto come «evidente, dimostrato», presentando chi li contraddice come «irragionevole, malintenzionato, pericoloso, immorale». La verità è che, oltre ad essere in Italia un business, il «circuito dell’affarismo parassitario» che succhia denaro pubblico, il “dogma” pro-migranti «ha perfettamente senso dal punto di vista dell’allevatore: la trasformazione dall’alto del popolo, il popolo-bestiame, imponendo l’immigrazione sostitutiva delle popolazioni nazionali» nello stesso modo in cui l’allevatore inserisce nella stalla nuovi tori e nuove fattrici, per “migliorare la razza”.L’immigrazione caotica è anti-economica, diminuisce l’efficienza della società e costa moltissimo? Infatti, conferma l’autore: ciò dimostra che «la comprensione economicistica del divenire attuale è palesemente scavalcata». Quando la casta politica-amministrativa «lascia senza tetto e senza cibo i cittadini italiani mentre alloggia gli immigrati in alberghi a tre e quattro stelle», scrive Della Luna, quel che attua è «l’annullamento programmatico del concetto di cittadino come titolare di diritti specifici verso la sua polis», cioè «l’annullamento del “demos”, ossia del “popolo” come entità politica, padrona collettivamente delle proprie scelte». Un modello che «non implica affatto pace, sicurezza, efficienza per le popolazioni, esattamente come non le implica il modello zootecnico». Per gli allevatori, gli animali allevati «sono solo fonte di utilità; non hanno diritti né dignità riconosciuta». Dalla robotizzazione dell’industria all’elemosina elettorale degli 80 euro di Renzi: «La mancanza di redditi e servizi sicuri, la dipendenza da interventi anno per anno, rende queste masse sempre più passive, remissive», dunque «politicamente inattive». Ecco lo scopo.Se infatti il “capitalismo finanziario terminale” tende a «togliere alla gente tutto il reddito e tutti i risparmi disponibili», facendo passare a tutti la voglia di pagare le tasse, “lorsignori” sanno come scongiurare la possibile rivolta: «Contrariamente a quel che fa credere la narrativa hollywoodiana – scrive Blondet – le rivoluzioni non le fanno gli affamati», in coda alle mense della Caritas, ma «le classi emergenti nella prosperità», pronte a reclamare diritti politici. «Quelli con la pancia vuota sono passivi e remissivi, aspettano il bonus da 80 euro; i giovani passano da un precariato all’altro e non avranno mai una pensione sufficiente a farli sopravvivere: dunque pietiranno dallo Stato interventi, che saranno anno per anno, incerti, caritativi». Siamo ormai al “precariato ontologico”, lo stato nel quale puntano a ridurci come condizione naturale. La precarietà «assunta a paradigma normativo» ormai è la condizione standard dei giovani: uno “stipendio” da 450 euro al mese o, in alternativa, l’emigrazione in Nord Europa. «Siete già precari ontologici?», conclude Blondet, rivolgendosi ai giovani. «Per Vasco l’avete fatta, la marcia su Modena. Ne rifarete un’altra per rifiutare il governo zootecnico?».Accorrono in 220.000 al concerto oceanico di Vasco, ma nessuno che muova un dito contro il “governo zootecnico mondiale”, ovvero «la riduzione del cittadino a pollame». Maurizio Blondet commenta così l’ultimo lavoro editoriale dell’avvocato Marco Della Luna, “Oltre l’agonia”, ovvero “Come fallirà il dominio tecnocratico dei poteri finanziari” (Arianna Editrice). I giovani ipnotizzati dal Blasco? «Dico: pensate se fossero capaci di farlo per uno scopo politico. Se arrivassero in 220.000 a Roma, una volta, per protestare contro la sottrazione di diritti come cittadini, lavoratori, elettori. Che so, contro le vaccinazioni come inaudita “pretesa dello Stato, giuridicamente obbligatoria, di metterci dentro sostanze di cui non sappiamo la composizione”, manco fossimo animali», oppure «contro l’immigrazione senza limiti al costo di 4,5 miliardi l’anno, mentre “in Italia gli indigenti sono passati in 5 anni da 1,5 e 4 milioni”». Si potrebbe protestare, «per un insieme di scelte politico-economiche “assurde”, ostinatamente imposte dalle oligarchie nonostante i “risultati rovinosi”, il che “non può essere accidentale ma il prodotto di un sistema progettato, implementato e difeso”».
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Ma ormai la gente sa che non può fidarsi di questi vaccini
Ora che l’infame capitolo sul decreto Lorenzin si è concluso, possiamo trarre alcune riflessioni. La prima è la seguente: la vera “notizia” di oggi non è tanto che il decreto sia stato finalmente convertito in legge, quanto piuttosto il fatto che alcuni parlamentari del Pd siano stati “aggrediti dagli attivisti No-vax”. Ovviamente, per chi abbia visto il video dell’episodio, non si è trattato affatto di un’aggressione vera e propria, come vorrebbero descriverla i nostri giornalisti. Ma naturalmente questa “succulenta notizia” riesce a prevalere su quella più importante – l’approvazione definitiva della legge – e questo la dice lunga su come siano schierati i pennivendoli del mainstream. La seconda riflessione è a più ampio respiro, e riguarda l’intera battaglia sui vaccini, che molti di noi hanno combattuto fin dall’inizio. Furono infatti i David Gramiccioli, i Marcello Pamio, i Massimo Mazzucco, e moltissimi altri insieme a noi, a denunciare la pericolosità dei vaccini fin dall’inizio dell’era di Internet. E quello che sta succedendo oggi, in realtà non è che la conseguenza di questa battaglia iniziata 15 anni fa.Cerco di spiegarmi meglio: se ben ricordate, questa recente offensiva sul vaccini è iniziata, circa un anno fa, al grido generalizzato del mainstream che “le percentuali di gente vaccinata si stanno abbassando pericolosamente!”. E’ sulla base di questo mantra che è partita la contro-reazione da parte di Big Pharma. Ebbene, questo calo nelle percentuali di cittadini vaccinati non è stato certamente un caso, ma è stato la diretta conseguenza del fatto che in Internet abbiano iniziato a circolare, da 15 anni a questa parte, informazioni alternative sulla sicurezza dei vaccini. La gente ha smesso di vaccinare i figli “in automatico” nel momento in cui ha iniziato a capire i rischi a cui andava incontro. In un certo senso, quindi, siamo noi stessi che abbiamo diffuso queste informazioni ad essere “responsabili” per il giro di vite è stato imposto di recente alla popolazione, con l’introduzione dell’obbligo vaccinale. In altre parole, se non ci fosse stata la diffusione capillare di informazioni alternative in rete sulla pericolosità dei vaccini, molto probabilmente non saremmo mai arrivati ad una situazione in cui Big Pharma dovesse sentire la necessità di imporre l’obbligo vaccinale.C’è però un fatto a nostro favore, ed è questo lo sguardo a lungo termine che vorrei proporre: tutto ciò che abbiamo imparato sui vaccini negli ultimi 15 anni non si può più disimparare. Una volta che hai capito una cosa non puoi più tornare indietro: la sai e basta. Tutte le persone quindi che hanno acquisito la consapevolezza dei rischi collegati alle vaccinazioni ormai non tornano più indietro. Queste persone costituiscono uno zoccolo duro che nel futuro non potrà che andare ad aumentare, visto che anche le informazioni sui pericoli da vaccino sono disponibili ormai a tutti, e non potranno più essere cancellate. E quindi, la misura dell’obbligo che oggi potrebbe sembrare sufficiente a Big Pharma, un domani non lo sarà più. È solo questione di raggiungere la massa critica. Ma indietro non si torna.(Massimo Mazzucco, “Vaccini: si chiude un capitolo. Quale sarà il prossimo?”, dal blog “Luogo Comune” del 28 luglio 2017).Ora che l’infame capitolo sul decreto Lorenzin si è concluso, possiamo trarre alcune riflessioni. La prima è la seguente: la vera “notizia” di oggi non è tanto che il decreto sia stato finalmente convertito in legge, quanto piuttosto il fatto che alcuni parlamentari del Pd siano stati “aggrediti dagli attivisti No-vax”. Ovviamente, per chi abbia visto il video dell’episodio, non si è trattato affatto di un’aggressione vera e propria, come vorrebbero descriverla i nostri giornalisti. Ma naturalmente questa “succulenta notizia” riesce a prevalere su quella più importante – l’approvazione definitiva della legge – e questo la dice lunga su come siano schierati i pennivendoli del mainstream. La seconda riflessione è a più ampio respiro, e riguarda l’intera battaglia sui vaccini, che molti di noi hanno combattuto fin dall’inizio. Furono infatti i David Gramiccioli, i Marcello Pamio, i Massimo Mazzucco, e moltissimi altri insieme a noi, a denunciare la pericolosità dei vaccini fin dall’inizio dell’era di Internet. E quello che sta succedendo oggi, in realtà non è che la conseguenza di questa battaglia iniziata 15 anni fa.