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Archivio del Tag ‘amore’

  • Magaldi: oligarchi, da Pechino all’Ue. Tutto il resto è teatro

    Scritto il 13/10/17 • nella Categoria: idee • (2)

    «Arricchirsi è glorioso», proclamò l’anziano Deng Xiaoping, aprendo alla Cina l’autostrada mondiale dei tassi di crescita a due zeri che ne hanno fatto oggi la prima potenza commerciale del pianeta, al punto da spaventare gli Usa. In particolare i neocon, ancora prima del duemila, avevano avvertito che il gigante asiatico sarebbe diventato il principale avversario strategico degli Stati Uniti entro il 2017. «Perciò non stupitevi dell’escalation teatrale inscenata dalla Corea del Nord», avverte Gioele Magaldi: «Il regime di Pyongyang è solo il cane da guardia di Pechino: i suoi missili sono semplici avvertimenti che la Cina, per interposta persona, sta lanciando a Donald Trump», dopo che la Casa Bianca ha manifestato insofferenza per la “concorrenza sleale” rappresentata dal turbo-capitalismo del regime cinese, senza diritti per i lavoratori. Lo stesso Trump nel frattempo sconta «stucchevoli e pretestuosi attengiamenti di protesta, che ricordano la delegittimazione a priori riservata in Italia a Berlusconi», ma intanto i veri giochi sono ben altri: la Cina fa “abbaiare” la Corea del Nord per dissuadere gli Usa dal cambiare le regole del gioco mettendo fine alla cuccagna. Regole però progettate proprio da quell’Occidente che oggi svuota la sua stessa democrazia, distraendo l’opinione pubblica anche attraverso la demonizzazione di Putin.
    «Non importa che il gatto sia bianco o nero, l’importante è che prenda il topo», disse Deng, il rifondatore della Cina capital-comunista. Ai microfoni di “Colors Radio”, Magaldi sintetizza: non contano le bandiere, ma le azioni. Americani ed europei, russi e cinesi: non è questione di frontiere, ma di democrazia. Tutti d’accordo, finora, su questa globalizzazione dal volto disumano: gli oligarchi di Pechino sono perfettamente in linea con quelli occidentali che permisero alla Cina di entrare nel Wto scatenando la loro potenza industriale priva di protezioni sociali e diritti sindacali. Non a caso Trump si lamenta, denunciando il “dumping” cinese: già in campagna elettorale aveva puntato il doto contro la deindustrializzazione degli Usa, accelerata dalle delocalizzazioni delle multinazionali, attratte dal lavoro a basso costo garantito dall’Asia. «La Cina è uno dei pilastri di questa globalizzazione, e non per caso è in polemica con Trump», dice Magaldi, autore del bestseller “Massoni”, nel quale rivela la sottoscrizione del patto segreto “United freemasons for globalization” in base al quale, all’inizio degli anni Ottanta, le 36 superlogge internazionali del massimo potere mondiale progettarono esattamente questo tipo di mondializzazione, cinicamente affaristica.
    «Se la globalizzazione non è stata democratica – ragiona Magaldi – è dovuto anche al fatto che un grande attore delle reti commerciali globali, la Cina, si è rivelato un cattivo esempio anche per l’Occidente, dove ormai si tende a “cinesizzare” i rapporti di lavoro, instaurando una sorta di neo-schiavitù e di gioco al ribasso nell’impiego della manodopera». A questo corrisponde una crescente “cinesizzazione” delle nostre strutture di governance: «Sempre di più assistiamo al prepotere di strutture oligarchiche, sempre più simili alle strutture di potere e di governo della Cina». Il gigante asiatico resta gestito da «un regime fascio-comunista, dirigista», pur avendo una sua specificità, con «sacche di libertà crescente e di apertura modernizzante». Ma il problema, aggiunge Magaldi, non è della Cina, quanto «di chi l’ha ammessa nel Wto senza richiedere garanzie di natura democratica e liberale», diritti economici, tutele del lavoro, reale libertà del mercato interno: «Gran parte degli oligarchi di partito sono diventati grandi magnati, grandi imprenditori privati, con un piede nelle leve del potere pubblico e l’altro piede nel privato, dove si costruiscono fortune».
    Attenzione: «Non ne usciamo, se non ci diciamo che questa globalizzazione non è nemmeno imperniata sulla tanto sbandierata libertà del mercato, ma è viziata in Europa dal mercantilismo della Germania e altrove dalle carte truccate della Cina», distribuite sul tavolo da gioco grazie alla totale complicità del super-potere economico occidentale. Di questo passo, continua Magaldi, non si aiuta nemmeno la Cina ad evolvere, «il giorno in cui un tale colosso economico e sociale si trovasse di fronte al bivio: doversi adeguare, abbracciando democrazia e libertà interna, o rinunciare all’accesso dei mercati internazionali». Qualcosa sta per cambiare? «Credo che oggi i tempi siamo maturi perché la Cina ripensi se stessa», sostiene Magaldi. «Ma dipende da noi, dall’Occidente, da chi ha costruito culturalmente la democrazia e oggi pare essersi dimenticato di come dovrebbe funzionare – e anzi, la erode anche all’interno delle nostre stesse società». In altre parole: oligarchi al potere, all’Est come all’Ovest, dove l’Europa è finita sotto le grinfie di banchieri e tecnocrati, e anche per questo forse non rinuncia a distrarre l’opinione pubblica attaccando a testa bassa il capo del Cremlino.
    «Devo dire che Putin comincia a starmi simpatico», ammette Magaldi, che pure si definisce solidamente atlantista. Certo il regime di Mosca non risponde agli standard della democrazia liberale. Ma è al centro di una ignobile campagna mediatica, alimentata da una martellante propaganda faziosa: «Dov’erano, i media occidentali oggi così severi con Putin, quando la Russia era in sfacelo sotto il regno corrotto di Eltsin?». Quella post-sovietica era «una società comunque spietata, spesso gangsteristica, egemonizzata dai famosi oligarchi, stuprata da privatizzazioni selvagge». Creazione di miseria, risorse pubbliche destinate all’arricchimento personale improvviso di personaggi corrotti: in quegli anni «penetravano in Russia interessi sovranazionali che hanno fatto carne di porco, della società russa». Ma dall’Occidente, aggiunge Magaldi, «non venivano gli stessi atteggiamenti di malevolenza che invece sono costanti nei confronti di Putin». Un consiglio? La video-intervista di Oliver Stone all’uomo del Cremlino: emerge un ritratto complesso, da valutare con attenzione. Forse Putin «sta cambiando, si sta muovendo su una nuova prospettiva: potrebbe recitare un ruolo costruttivo e interessante, negli svolgimenti globali dei prossimi anni». Sbaglia, chi lo vede come alternativa all’involuzione oligarchica dell’Occidente: «O lo si odia o lo si ama, Putin, come fosse il messia di chissà quale nuovo sistema». Non è un messia, ma merita rispetto, in un mondo di missili veri e peresunti, democrazie apparenti e oligarchie reali: «La storia di Putin va riconsiderata con serenità, perché quell’uomo ha reso la Russia un paese migliore».

    «Arricchirsi è glorioso», proclamò l’anziano Deng Xiaoping, aprendo alla Cina l’autostrada mondiale dei tassi di crescita a due zeri che ne hanno fatto oggi la prima potenza commerciale del pianeta, al punto da spaventare gli Usa. In particolare i neocon, ancora prima del duemila, avevano avvertito che il gigante asiatico sarebbe diventato il principale avversario strategico degli Stati Uniti entro il 2017. «Perciò non stupitevi dell’escalation teatrale inscenata dalla Corea del Nord», avverte Gioele Magaldi: «Il regime di Pyongyang è solo il cane da guardia di Pechino: i suoi missili sono semplici avvertimenti che la Cina, per interposta persona, sta lanciando a Donald Trump», dopo che la Casa Bianca ha manifestato insofferenza per la “concorrenza sleale” rappresentata dal turbo-capitalismo del regime cinese, senza diritti per i lavoratori. Lo stesso Trump nel frattempo sconta «stucchevoli e pretestuosi attengiamenti di protesta, che ricordano la delegittimazione a priori riservata in Italia a Berlusconi», ma intanto i veri giochi sono ben altri: la Cina fa “abbaiare” la Corea del Nord per dissuadere gli Usa dal cambiare le regole del gioco mettendo fine alla cuccagna. Regole però progettate proprio da quell’Occidente che oggi svuota la sua stessa democrazia, distraendo l’opinione pubblica anche attraverso la demonizzazione di Putin.

  • Quando Barcellona sfidò i carnefici, in nome della libertà

    Scritto il 01/10/17 • nella Categoria: segnalazioni • (2)

    Fatale Catalogna: ci provò già nel medioevo, a smarcarsi dal potere centrale – che allora non sedeva a Madrid, ma a Roma. Era il 12 settembre del lontano 1213. La battaglia decisiva si svolse a Muret, alle porte di Tolosa, lungo le rive della Garonna. Quella, per Simone Weil, fu l’ultima vera occasione persa dall’Europa: si era reincarnato lo spirito democratico dell’Atene di Pericle, patria di una civiltà devota alla bellezza della conoscenza. Finì nel peggiore dei modi, in un massacro spaventoso. Da allora, scrive la Weil nel saggio “I Catari e la civiltà mediterranea”, si impose – per secoli – l’altra legge, quella della forza: il modello delle legioni imperiali romane, replicato all’infinito fino alle SS di Hitler. Suggestioni intellettuali? Nella sua monumentale autobiografia, “Confesso che ho vissuto”, il comunista Pablo Neruda rievoca l’assedio di Barcellona sotto le artiglierie franchiste, sottolineando l’indomita vocazione libertaria della capitale catalana, visceralmente antifascista, da sempre ostile all’altrui dominio. Un pericolo, Barcellona, per il potere europeo? Se nel 1213 avesse vinto, ipotizzano storici e analisti, forse il volto dell’Europa sarebbe cambiato.
    All’inizio del ‘200, Barcellona era la capitale del vasto Regno d’Aragona: oltre alla Catalogna includeva la valle dell’Ebro, Saragozza, i Pirenei. Scese in campo per difendere la città alleata, Tolosa, che aveva osato sfidare l’autorità del Papa nell’ostinarsi a non perseguitare l’eresia dei Catari, diffusasi in Linguadoca. All’epoca, insieme alla Catalogna e all’Italia dei Comuni e delle Repubbliche Marinare, la Languedoc era fra i territori più avanzati d’Europa, sul piano economico e sociale. Fioriva nelle corti la rivoluzione letteraria dei trovatori provenzali, che per la prima volta cantavano la libertà dell’amore laico. La contea estendeva il suo controllo dal Mediterraneo all’Atlantico; tollerava i villaggi musulmani, faceva gestire i conti pubblici dagli ebrei sefarditi provenienti dall’Andalusia. Ma peggio: accettava che, nelle chiese, i predicatori catari disputassero apertamente di religione con i sacerdoti cattolici. La misura fu colma, per Roma, quando l’aristocrazia occitanica cominciò a prendere i voti, entrando a far parte della comunità dei “buoni cristiani”, bollati di eresia.
    Il conte di Tolosa, Raimondo VI, rifiutò di consegnare i religiosi eretici. E quando il pontefice Innocenzo III bandì contro di lui la Crociata Albigese, si preparò a resistere. Il giovane re aragonese Pietro II, celebrato campione della cristianità e sovrano di Barcellona, si decise a soccorrere Tolosa, marciando alla testa dell’armata iberica, dopo il massacro di Béziers, la cittadina rivierasca che si era rifiutata di tradire i Catari, cedendoli ai crociati che li avrebbero arsi vivi. «Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi», è la celebre frase che si racconta sia stata pronunciata dall’abate Arnaud Amaury, capo spirituale della guerra di religione, per esortare i crociati a sterminare gli abitanti di Béziers. Tanto bastò a Barcellona per rompere gli indugi e scendere in campo a Muret, al fianco di Tolosa. Ma persero, i catalani: “Combattevano uno a uno, come in un torneo”, racconta la Canzone della Crociata Albigese. Il poema cavalleresco, pur composto da cattolici, riconosce la nobiltà degli sconfitti, decisi a ingaggiare un combattimento leale, secondo l’antica regola del “paratge”, il codice d’onore dell’antica cavalleria occitano-catalana.
    Morì in battaglia anche Pietro II, eroicamente. Quella, dice la Weil, fu l’ultima apparizione del “paratge”, in Europa. Un caso? Forse no: Barcellona e Tolosa (cioè mezza Francia più mezza Spagna) avrebbero potuto dare vita allo Stato europeo di gran lunga più evoluto, liberale e avanzato, il più ricco e prospero, quello con più avvenire davanti a sé. E forse, si interrogano alcuni storici, non è un caso neppure la strana, rigidissima “damnatio memorie” imposta alla stessa eresia cristiano-dualistica del Catarismo, impugnata come pretesto per radere al suolo il Sud-Ovest della futura Francia: una devastazione catastrofica, nel corso di vent’anni di guerra, seguita da settant’anni di spietate persecuzioni a tappeto affidate all’Inquisizione. Faceva paura, l’aristocrazia pirenaica: aveva sposato, con mezzo millennio di anticipo, il motto “libera Chiesa in libero Stato”. L’incendio libertario era partito da Tolosa, ma si era estreso a Barcellona. E quando il conte tolosano fu ridotto al silenzio, e la sua contea declassata a succursale di Parigi mentre la popolazione inerme fuggiva atterrita di fronte ai roghi degli inquisitori, Barcellona ebbe la forza di imporre che, in Catalogna, il tribunale ecclesiastico non potesse emettere condanne a morte.

    Fatale Catalogna: ci provò già nel medioevo, a smarcarsi dal potere centrale – che allora non sedeva a Madrid, ma a Roma. Era il 12 settembre del lontano 1213. La battaglia decisiva si svolse a Muret, alle porte di Tolosa, lungo le rive della Garonna. Quella, per Simone Weil, fu l’ultima vera occasione persa dall’Europa: si era reincarnato lo spirito democratico dell’Atene di Pericle, patria di una civiltà devota alla bellezza della conoscenza. Finì nel peggiore dei modi, in un massacro spaventoso. Da allora, scrive la Weil nel saggio “I Catari e la civiltà mediterranea”, si impose – per secoli – l’altra legge, quella della forza: il modello delle legioni imperiali romane, replicato all’infinito fino alle SS di Hitler. Suggestioni intellettuali? Nella sua monumentale autobiografia, “Confesso che ho vissuto”, il comunista Pablo Neruda rievoca l’assedio di Barcellona sotto le artiglierie franchiste, sottolineando l’indomita vocazione libertaria della capitale catalana, visceralmente antifascista, da sempre ostile all’altrui dominio. Un pericolo, Barcellona, per il potere europeo? Se nel 1213 avesse vinto, ipotizzano storici e analisti, forse il volto dell’Europa sarebbe cambiato.

  • L’astrofisica è cieca, vede solo il 5% di ciò che ci circonda

    Scritto il 28/9/17 • nella Categoria: idee • (2)

    La notizia che la sonda Kepler della Nasa ha scoperto una Terra simile a 1.400 anni luce di distanza ha eccitato molti, contenti di non essere soli nell’universo e convinti che la vita emerga solo in pianeti abitabili, cioè vicini a una stella gialla come il nostro sole. La Nasa li sta scoprendo e non sono pochi, per ora 2.326, riportano esperti e media, “dimenticando” di chiedersi cos’è la vita. Incredibile ma vero, nessuno lo sa. Dopo lunghe discussioni i biologi hanno raggiungo il seguente accordo: la vita è tutto ciò che si riproduce e mantiene il suo ordine. Una tale definizione include cristalli, pianeti, stelle e sistemi solari, oltre tutti gli organismi sulla superficie terrestre; dimostra che le origini della vita non risalgono a un passato remoto, ma si rinnovano in ogni concepimento. Il nostro sistema solare nasce con l’esplosione di una supernova, 4-5 miliardi di anni fa. L’universo osservato nasce con un Big Bang circa 14 miliardi di anni fa, ma è appena il 5% della massa totale e potrebbe essere la riproduzione di universi simili, “oscuri” ma calcolati, sempre sognati e illustrati dagli artisti. L’universo è un organismo intelligente, dicono saggi e poeti sin dall’antichità.
    Cercando pianeti abitabili, la Nasa fa credere che l’universo osservato (5%) sia un meccanismo su cui questo ente misterioso, la vita, alligna solo se ci sono certe condizioni. Pochi sanno dell’immane energia oscura che pullula dal “vuoto” ed è niente di meno il 70% della massa, secondo dati ufficiali. Non solo; si “dimentica” anche che il “vuoto” permea tutto, persino gli atomi dei nostri corpi, ed è legato al restante 25% che è materia oscura. Così grazie alla pubblicità, quasi tutti “ignorano” che le sonde spaziali non osservano la realtà, ma solo le “ombre”, direbbe Platone, i suoi effetti sul 5%. La notizia strepitosa è che il 95% oscuro è indipendente dalle tre forze universali che consideriamo naturali (gravità, elettromagnetismo e nucleare forte). Allora il 95% è sovrannaturale?! Sì, e può essere organizzato in infiniti mondi intelligenti e avere effetti sul 5% “naturale”. Di fronte a una cecità scientifica così grande, riconosciuta peraltro all’unanimità, di fronte a misteri insoluti quali il concepimento e la morte, a che ci serve sapere che ci sono 2.326 pianeti abitatili a distanza di migliaia di anni luce? A coltivare il grande inganno: l’isolamento della Terra e la solitudine dell’umanità – che nasce, soffre e muore senza sapere perché, è costretta a lottare ogni giorno per un pugno di dollari, euro o yen.
    Milioni di esperienze di pre-morte, memorie di vite passate, auto-guarigioni ed eventi repentini che chiese e accademie non spiegano, sono indizi che le due porzioni – naturale (5%) e sovrannaturale (95%) – sono legate tra loro. «Un’unica Forza, l’Amore, rende vivi infiniti mondi intelligenti», affermava Giordano Bruno, e potremmo confermare oggi, riconoscendo che l’unica “forza” può coincidere con quella che i fisici chiamano “debole”. Le neuroscienze hanno riconosciuto l’opera attiva dell’energia oscura nei cervelli umani. L’energia oscura sfida anche il principio copernicano in base al quale l’astronomia calcola le distanze. Ebbene, questo principio è falsificato da varie osservazioni, tra cui quelle compiute in microonde. Elaborando i dati in queste frequenze, astrofisici francesi hanno dimostrato che il “vuoto” può avere una struttura geometrica che si comporta come una sala di specchi. «Siamo in una realtà umbratile», scriveva Giordano Bruno, bruciato nel 1600 come eretico. «Siamo dentro un videogame», affermano oggi molti astronomi seri, sfidando il principio copernicano ovvero il credo, mai provato, che ciò che ci appare “vuoto” sia davvero tale; può essere pieno non solo di strutture speculari, ma anche di universi intelligenti nascosti “dietro” le stesse strutture.
    Allora gli infiniti mondi intelligenti non sono distanti come crede, o meglio, fa credere la Nasa: sono universi distinti, qui presenti, invisibili perché composti di generi di materia che non riflettono la luce elettromagnetica, universi nascosti dalla nostra stessa credulità nelle “certezze” accademiche. Se l’unica “forza” che li unisce tutti è l’Amore, possiamo capire che sì, siamo dentro un videogame, ma abbiamo anche la sensibilità necessaria per uscirne, superare l’illusione e comprendere che siamo partecipi di un “universo organico” eterno, e che finora abbiamo osservato le “ombre” cioè solo le immagini di un video. Possiamo ascoltare l’audio che è Musica e Canto, dice Bruno, forse il Coro della grande Opera che si sta svelando e ci può liberare dagli inganni. “Lasciate le ombre e abbracciate il vero, non scambiate il presente con il futuro. Tu sei il vaso entro cui il Fiume trabocca, mentre le ombre desiderano solo ciò che divorano” (Parte di una poesia di Giordano Bruno, riportata nel libro “L’eresia di Giordano Bruno e l’eternità del genere umano”).
    (Giuliana Conforto, “Illusioni astronomiche”, dal blog della Conforto, autrice del saggio su Giordano Bruno edito da Noesis, 126 pagine, 15 euro).

    La notizia che la sonda Kepler della Nasa ha scoperto una Terra simile a 1.400 anni luce di distanza ha eccitato molti, contenti di non essere soli nell’universo e convinti che la vita emerga solo in pianeti abitabili, cioè vicini a una stella gialla come il nostro sole. La Nasa li sta scoprendo e non sono pochi, per ora 2.326, riportano esperti e media, “dimenticando” di chiedersi cos’è la vita. Incredibile ma vero, nessuno lo sa. Dopo lunghe discussioni i biologi hanno raggiungo il seguente accordo: la vita è tutto ciò che si riproduce e mantiene il suo ordine. Una tale definizione include cristalli, pianeti, stelle e sistemi solari, oltre tutti gli organismi sulla superficie terrestre; dimostra che le origini della vita non risalgono a un passato remoto, ma si rinnovano in ogni concepimento. Il nostro sistema solare nasce con l’esplosione di una supernova, 4-5 miliardi di anni fa. L’universo osservato nasce con un Big Bang circa 14 miliardi di anni fa, ma è appena il 5% della massa totale e potrebbe essere la riproduzione di universi simili, “oscuri” ma calcolati, sempre sognati e illustrati dagli artisti. L’universo è un organismo intelligente, dicono saggi e poeti sin dall’antichità.

  • Solange Manfredi: papà, uomo di potere, viveva nel terrore

    Scritto il 21/9/17 • nella Categoria: idee • (3)

    Paolo (Franceschetti) in questo blog ha scritto alcuni articoli su alcune associazioni esoteriche che hanno fatto sorgere tra i lettori confronti, a volte, anche accesi. Diverse persone hanno commentato gli articoli scrivendo le proprie esperienze, e non solo. Altri sono intervenuti per mettere in guardia dal “fascino” che dette associazioni possono avere su alcune persone. In ultimo, ieri, un’amica di Paolo, letto il suo ultimo articolo sulla Rosa Rossa, gli ha detto che leggerlo fa venir voglia di iscriversi, più che di combattere il fenomeno… fa venire voglia di dire “voglio anche io avere conoscenze superiori, voglio anche io avere potere”. Ed ecco il perché del mio intervento. Ho avuto la straordinaria (nel senso letterale del termine, ovvero fuori dall’ordinario) possibilità di vivere in una famiglia che tale potere aveva, inserita ai massimi livelli italiani. Per tale motivo ritengo opportuno dare la mia testimonianza sull’altra faccia di questo potere che tante persone può affascinare. Questo tipo di potere ha un costo enorme ed è quello della vita e della libertà tua e della tua famiglia. Certo, la mia famiglia aveva potere e denaro, ma a che prezzo cercherò di spiegarvelo nel modo più semplice.
    Non ho mai visto, un solo giorno, mio padre senza la paura negli occhi. Non l’ho mai visto veramente sereno e sorridente. Era un bravissimo attore e, in società, era considerato un uomo bello, intelligente, simpatico, ironico, tollerante, comprensivo e disponibile. A casa era un uomo chiuso, sospettoso, iroso, intollerante e cinico. Era un uomo spaventato. Perché quando accetti di far parte di questo mondo, o di queste organizzazioni, il prezzo da pagare è questo. Non hai la possibilità di difendere né te stesso, né la tua famiglia. Tutto è loro concesso e tu non puoi rifiutare ai gradi pari, o superiori, nulla. Sei, sostanzialmente, al loro servizio. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che ti viene tolta la dignità e la libertà. Diventi, niente di più e niente di meno, che uno schiavo strapagato. Uno schiavo che deve essere sempre pronto ad esaudire i desideri dell’organizzazione, qualunque essi siano, legali o no.
    Uno schiavo che non ha la possibilità di difendere neanche la sua famiglia, perché anche quella appartiene all’organizzazione. Uno schiavo che potrà chiedere grandi vantaggi anche per la sua famiglia, certo, ma che se attaccata dall’organizzazione non avrà la possibilità di difenderla. Anzi, se chiesta, sarà lui a doverla concedere. Sarai a conoscenza, quando addirittura non complice od esecutore, di reati che servono sia agli scopi dell’organizzazione sia per renderti uomo ricattabile. Dovrai scattare ad ogni loro richiamo. Dovrai sottostare a qualsiasi loro richiesta. Vivrai nel terrore di sbagliare, sapendo che la pena per tale errore è la più atroce. Ogni giorno vivrai con l’ansia che il telefono squilli, o che qualcuno arrivi nel tuo studio a farti l’ennesima richiesta oscena a cui tu dovrai obbedire; perché hai potere, certo, ma c’è sempre qualcuno sopra di te. Perché magari un giorno, se ti verrà chiesto, dovrai dare l’ordine di uccidere un uomo onesto, solo perché, svolgendo il suo lavoro, si è avvicinato pericolosamente a scoprire l’organizzazione di cui fai parte.
    E sarà difficile prendere sonno quella notte. Ma lo sarà ancora di più la notte seguente all’attentato che hai ordinato di fare, quando saprai che l’autobomba imbottita di tritolo ha ucciso anche una madre con i suoi due figli, colpevoli soltanto di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Sarà difficile quella sera rientrare a casa e vederti correre incontro tua figlia, che ha più o meno la stessa età dei bambini morti nell’attentato che hai ordinato, per un abbraccio. Sarà difficile, quasi impossibile, ricevere quell’abbraccio, perché quel contatto potrebbe farti pensare a quei bambini, i cui corpi sono stati ritrovati a decine di metri di distanza, spiaccicati sulla facciata di un palazzo, e farti crollare emotivamente. E allora, probabilmente, allontanerai con rabbia tua figlia, le impedirai qualsiasi contatto, lasciandola delusa e confusa. O forse passerai settimane intere tornando a casa tardi la sera, per essere sicuro che già dorma, per poi svegliarti la mattina quando è già uscita per andare a scuola.
    Negli anni questo stato ti porterà a chiuderti dentro una corazza, che ogni giorno si farà più stretta, fino a soffocarti. Perché denaro e potere non riescono a cancellare il fatto che ti hanno annullato come uomo, privandoti di dignità e libertà. E anche quando qualcuno dell’organizzazione causerà un danno alla tua famiglia e questa ti chiederà tutela, il non poterla dare, il non poter loro spiegare che quel danno, o quel reato, non può essere denunciato, sarà difficile. Perché tra voi non vi potete denunciare, in quanto considerate i tribunali dello Stato “tribunali profani”, indegni di giudicarvi. Cercherai scuse per non agire e, se la tua famiglia cercherà di tutelarsi da sola, arriverai perfino a rubare da casa i documenti che comprovano il reato per impedire la denuncia. E allora per la tua famiglia diventerai, nella migliore delle ipotesi, un uomo che causa sofferenza e incomprensioni.
    Sarà difficile reggere tutto ciò. Perché sarà difficile da reggere la recita in pubblico, sempre in tensione ad ogni persona che ti si avvicina e ti dice: “Sono un amico di….le posso parlare?”. Con una “corte” attorno a te di uomini che ti adulano, certo, ma che – tu sai perfettamente – aspettano solo un momento di tua debolezza per pugnalarti alle spalle e prendere il tuo posto, e il relativo potere, nell’organizzazione. E sarà difficile reggere le incomprensioni che il tuo atteggiamento ha causato in casa. Certo, cercherai disperatamente di compensare quelle incomprensioni con quel denaro tanto facile e immeritato che a fiumi ti viene fatto scorrere nelle tasche. Ma può capitare che alla tua famiglia non interessi tanto denaro, interessi avere un padre ed un uomo, ovvero quello che tu non sei più. E allora ogni giorno sarà una sofferenza per te e per chi ti sta accanto.
    Il momento peggiore, poi, sarà quando non riuscirai più a sopportare tutto ciò e cercherai un modo per uscirne, per trovare una scusa all’ennesima indecente richiesta. Sarà proprio allora che ti verrà ricordato che non sei libero di scegliere, e te lo ricorderanno nei modi peggiori. Magari faranno avvicinare tua figlia da qualcuno che le farà un discorso strano, che lei non sarà in grado di capire, ma che le verrà chiesto di riferirti, perché tu, invece, ne comprenderai perfettamente il significato. E allora inizierà il panico. Un panico incontrollato. E inizierai a tremare ogni qualvolta tua figlia uscirà di casa, ogni volta che ti racconterà di aver conosciuto un ragazzo. Reagirai con la tipica rabbia dettata dalla paura chiedendole di non vedere mai più quella persona, adducendo scuse a tale richiesta, scuse banali e per tua figlia incomprensibili. Questo allontanerà ancora di più tua figlia che, per vivere, inizierà a mentirti e a nasconderti la propria vita. Tutto ciò aumenterà ancora di più la tua paura e la tua sensazione di impotenza.
    Così avanzerai verso di lei pretese sempre più assurde, cercando di controllare ogni sua amicizia, ogni suo spostamento e, quando tua figlia ti chiederà spiegazioni per questo tuo comportamento, non saprai cosa dire. Perché probabilmente non avrai la forza di spiegarle che rischia la vita, che è pericoloso uscire con un ragazzo incontrato in discoteca, perché lei è usata come strumento di pressione e di ricatto perché tu obbedisca. Perché non potrai spiegarle che quella persona con cui lei ti dice aver passato una bella serata e che, conoscendoti, ti manda i suoi saluti, in realtà voleva farti sapere che è stato così vicino a tua figlia da poterla uccidere con una sola mano. Non potrai. Né potrai spiegarle che vive questa situazione perché tu hai scelto anni prima di avere potere e denaro per poter avere una bella casa, per poter avere incarichi che non meritavi, per non rispondere giudizialmente di eventuali errori nella tua professione, per poter fare le vacanze nei posti più esclusivi, per poter ottenere con facilità cose che non ti spettavano, ecc..
    Non potrai spiegarle che la sua vita appartiene ad altri perché tu volevi il potere. E non potrai spiegarlo perché, anche se tu trovassi la forza di farlo, sapresti perfettamente che non servirebbe a nulla, se non a far vivere nel panico anche i tuoi cari. E’ a questo punto che ti accorgerai di quanto ti sia costato quel potere, ma non potrai più tornare indietro. Non potrai più porre rimedio a quella scelta fatta per l’ambizione di arrivare dove altrimenti non saresti mai arrivato. Non avrai più via di scampo, come non ce l’avrà la tua famiglia, che vivrà in un incubo senza sapere perché. Nessun rapporto, solo recite in pubblico per la società, che tu obbligherai la tua famiglia a recitare con la paura e il ricatto, i soli strumenti che ti saranno rimasti avendo perso il loro amore, la loro stima e la loro fiducia. E neanche la tua morte salderà il conto, perché la tua famiglia sarà costretta a scegliere: se entrerà nell’organizzazione manterrà ciò che ha, se rifiuterà le verrà tolto tutto.
    Sì, perché le strutture che tu hai messo in piedi, siano aziende o studi professionali, sono strutture dell’organizzazione, e tu eri solo lo schiavo strapagato che le portava avanti, la cosiddetta testa di legno. Così, se la tua famiglia rifiuterà, le verrà tolto tutto. Se cercherà di ottenere ciò che ritiene suo, e che la legge dice esserlo, verrà massacrata (morte civile, calunnie, minacce, denunce pretestuose, ecc). Se poi un componente della tua famiglia, magari tua figlia, sceglierà di aiutare le persone che cadono vittime della tua organizzazione (e sono tante) perché, grazie alla sua esperienza di vita, vi conosce e riconosce, o cercherà di informare sul meccanismo del vostro potere, saprà che sarà un progetto che non potrà pianificare. Saprà che, probabilmente, una sera ci sarà qualcuno che, come tante volte hai fatto tu in passato, darà l’ordine di eliminare il problema. E l’esecutore, con rapidità ed efficienza, entrerà in azione assicurandosi che il decesso venga archiviato come incidente o suicidio. Questo è il prezzo del potere. Alle singole persone scegliere se vale la pena pagarlo. Io, ho scelto la libertà per poter, come ebbe a dire Paolo Borsellino: «sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità, e quindi della complicità».
    (Solange Manfredi, “Il prezzo del potere”, dal blog di Paolo Franceschetti del 20 novembre 2008).

    Paolo (Franceschetti) in questo blog ha scritto alcuni articoli su alcune associazioni esoteriche che hanno fatto sorgere tra i lettori confronti, a volte, anche accesi. Diverse persone hanno commentato gli articoli scrivendo le proprie esperienze, e non solo. Altri sono intervenuti per mettere in guardia dal “fascino” che dette associazioni possono avere su alcune persone. In ultimo, ieri, un’amica di Paolo, letto il suo ultimo articolo sulla Rosa Rossa, gli ha detto che leggerlo fa venir voglia di iscriversi, più che di combattere il fenomeno… fa venire voglia di dire “voglio anche io avere conoscenze superiori, voglio anche io avere potere”. Ed ecco il perché del mio intervento. Ho avuto la straordinaria (nel senso letterale del termine, ovvero fuori dall’ordinario) possibilità di vivere in una famiglia che tale potere aveva, inserita ai massimi livelli italiani. Per tale motivo ritengo opportuno dare la mia testimonianza sull’altra faccia di questo potere che tante persone può affascinare. Questo tipo di potere ha un costo enorme ed è quello della vita e della libertà tua e della tua famiglia. Certo, la mia famiglia aveva potere e denaro, ma a che prezzo cercherò di spiegarvelo nel modo più semplice.

  • Scordatevi i parchi italiani: fanno gola, vogliono mangiarseli

    Scritto il 04/9/17 • nella Categoria: segnalazioni • (5)

    Di fronte a un aumento galoppante dell’effetto serra, alla minaccia di estinzione di migliaia di specie animali e vegetali importantissime sia per l’equilibrio di interi habitat sia per il sostentamento umano, quale obiettivo si dovrebbe prefiggere un governo? Il buon senso direbbe un obiettivo di salvaguardia e incremento delle aree protette, di incentivi politici ed economici per la protezione del territorio e degli esseri viventi che lo abitano. E infine un obiettivo culturale per sviluppare nella popolazione e soprattutto nei giovani amore, rispetto e conoscenza della natura. Ma nel nostro paese sta succedendo esattamente il contrario. Con 249 voti a favore, 115 contrari e 2 astenuti, la Camera dei Deputati ha approvato la nuova legge in materia di parchi ed aree protette. E chi ne è stato informato, se ha a cuore l’ambiente, ha fatto davvero fatica a non cadere nello sconforto. La nuova legge è un’accozzaglia di concessioni e favoritismi nei confronti dei privati, di lobbies potenti come i cacciatori, di categorie come gli agricoltori. La politica entra a gamba tesa nella gestione dei parchi e lo fa come una ruspa in una foresta vergine, con protervia e ignoranza e con l’unico obiettivo di favorire interessi economici e speculazioni.
    Ma vediamo nel dettaglio cosa comporta questa legge e perché ha fatto levare un coro di proteste da parte di tutte le associazioni ambientaliste. In primo luogo, a chi governerà i parchi, ovvero i presidenti e i direttori, non sarà più richiesta alcuna competenza scientifica e i presidenti saranno nominati dal ministro e dalle Regioni, cioè dai politici; nei consigli direttivi dei parchi la metà dei membri sarà scelta dalle amministrazioni comunali, un quarto sarà composto di sindaci, ma ci sarà posto anche per gli agricoltori. Si apre la strada a interessi economici privati, interessi politici e clientelistici (d’altra parte si dichiara che questa riforma è fatta per lo sviluppo economico), alle ditte del legname e all’industria del turismo. Viene scardinata l’idea che un’area naturale protetta sia prima di tutto necessaria alla salvaguardia dell’ambiente, a preservare il futuro di un territorio, oltre che il presente. Passa l’idea che l’economia e il profitto siano l’unico obiettivo e metro di giudizio nei riguardi della natura. Il mondo scientifico viene emarginato nella gestione dei parchi, e anche il mondo ambientalista è messo in un angolo, a favore di categorie politiche ed economiche.
    Si apre la strada a possibili trivellazioni ed estrazioni petrolifere, si potrà inquinare pagando delle royalties, si apre alle attività di caccia col pretesto del controllo degli ungulati, con le conseguenze di disturbo, danneggiamento e migrazione di altre specie anche rare e protette. Una serie di vergognose scelte difese con assoluta facciatosta da voltagabbana dell’ambientalismo come Ermete Realacci, che da presidente di Legambiente è passato armi e bagagli al carrozzone politico e riesce a elogiare con accanimento una legge “mostro” inqualificabile. Tale legge, tra l’altro, considera marginali le aree marine protette, privandole dei fondi e delle organizzazioni che spettano ai parchi naturali. C’è poi la questione del delta del Po, da anni tema di proteste e proposte per realizzare un parco nazionale. Un’area che l’Unesco ha dichiarato area prioritaria, che rientra nella Convenzione di Ramsar sugli uccelli migratori, e che ora è spezzettata in tre provincie con diverse concezioni e gestioni.
    Questa legge-pastrocchio indecente ha fatto infuriare il Wwf Italia, che parla di aree naturali protette «usate come merce di scambio da mettere in mano ai poteri di parte e locali, invece che un bene comune che appartiene ai cittadini», e rincara la dose dichiarando: «La Camera ha portato indietro di 40 anni la legislazione di salvaguardia della natura». Anche la Lipu parla di «mortificazione di una legge storica fondamentale per la conservazione della natura in Italia, e una delle pagine più grigie della legislazione ambientale italiana». Ecco dunque le disastrose decisioni prese dal nostro governo e avvallate da una parte dell’opposizione. Le ricadute ambientali, sociali e anche economiche potrebbero essere devastanti ma, per avvantaggiare interessi economici privati, si buttano alle ortiche i nostri beni più preziosi. Beni che non appartengono solo a noi ma anche alle generazioni future e che con questa legge saranno invece compromessi. Ancora una volta una decisione politica antipopolare e che distrugge il patrimonio e l’immagine dell’Italia.
    (Martino Danielli, “Addio parchi italiani”, da “Il Cambiamento” dell’11 agosto 2017).

    Di fronte a un aumento galoppante dell’effetto serra, alla minaccia di estinzione di migliaia di specie animali e vegetali importantissime sia per l’equilibrio di interi habitat sia per il sostentamento umano, quale obiettivo si dovrebbe prefiggere un governo? Il buon senso direbbe un obiettivo di salvaguardia e incremento delle aree protette, di incentivi politici ed economici per la protezione del territorio e degli esseri viventi che lo abitano. E infine un obiettivo culturale per sviluppare nella popolazione e soprattutto nei giovani amore, rispetto e conoscenza della natura. Ma nel nostro paese sta succedendo esattamente il contrario. Con 249 voti a favore, 115 contrari e 2 astenuti, la Camera dei Deputati ha approvato la nuova legge in materia di parchi ed aree protette. E chi ne è stato informato, se ha a cuore l’ambiente, ha fatto davvero fatica a non cadere nello sconforto. La nuova legge è un’accozzaglia di concessioni e favoritismi nei confronti dei privati, di lobbies potenti come i cacciatori, di categorie come gli agricoltori. La politica entra a gamba tesa nella gestione dei parchi e lo fa come una ruspa in una foresta vergine, con protervia e ignoranza e con l’unico obiettivo di favorire interessi economici e speculazioni.

  • Il filosofo: diventare vegani è un obbligo, per noi occidentali

    Scritto il 02/9/17 • nella Categoria: idee • (11)

    Amo gli animali e credo che abbiano il nostro stesso diritto di stare al mondo. Spesso si dice che essere “vegan” è una moda degli ultimi anni? La questione animale non coincide col veganismo ma è nata con la stessa filosofia. Già Aristotele, Platone, Pitagora, Plutarco parlano della relazione tra uomo e animali. Ma anche Cartesio o Heiddeger la affrontano. Possiamo dire che la questione animale è intrinsecamente legata alla cultura umana. In una delle prime opere d’arte di cui abbiamo testimonianza, le pitture nella Grotta di Chauvet, in Francia, troviamo raffigurati bisonti, mammut, rinoceronti, leoni, orsi, cervi. E così via. Il veganismo, invece, è un progetto culturale nato recentemente e strettamente legato al problema che lo ha generato: lo specismo, nato con l’industrializzazione della produzione del cibo. Sintetizzando, possiamo dire che nel dibattito sulla “questione animale” è diventato più stringente il tema del “mangiare o meno gli animali”. Per questo il veganismo è un prodotto tipicamente occidentale, che ha senso solo in una società dove esistono delle alternative al non mangiare carne.
    Cioè: non ha senso parlare di veganismo in Africa, ad esempio. Il veganismo è un prodotto tipico della società borghese occidentale. E ritengo, se vogliamo portare questo concetto alle estreme conseguenze, che dovremmo considerare molto più “vegano” un pescatore di un villaggetto thailandese che si nutre di quello che pesca rispetto a un turista occidentale che vola in aereo a Bangkok e si mette a cercare un supermercato dove acquistare un hamburger di soia preconfezionato. Nella nostra società, la scelta “vegan” è la migliore. Noi occidentali, se vogliamo vivere una vita giusta, abbiamo l’obbligo di diventare vegani. Non abbiamo altra scelta. L’uomo è un consumatore di suolo e la scelta “vegan” a livello alimentare – ad esempio – è la soluzione più veloce per ridurre il nostro impatto ambientale. Ma l’etica è contestuale, e la filosofia ha senso solo se tiene insieme l’utopia radicale e il mondo concreto. Bisogna anche prendere atto della realtà: un mondo umano senza violenza, sia contro gli altri uomini che contro gli altri animali, non è possibile. Anche se io lotterò sempre, fino alla fine, contro questa violenza.
    Come mi spiego un clima abbastanza diffuso di “diffidenza” verso chi ha scelto uno stile di vita non violento verso gli altri animali? L’animalismo è fatto anche di prese di posizioni radicali perché è nato in ambienti radicali negli anni ’70. Per questo spesso fa fatica ad accettare cambiamenti positivi, ad esempio nella situazione degli animali negli allevamenti o nelle tendenze di consumo. È abolizionista e non riduzionista. Inoltre dobbiamo tenere conto che gran parte del nostro sistema economico si regge sullo sfruttamento animale, e una critica a questo sistema è problematica. Bisogna poi sottolineare che quando il sistema in cui vivi giustifica un tipo di violenza (in questo caso contro gli animali) è difficile cambiare prospettiva. Per questo ritengo che oggi essere animalisti sia una scelta di infelicità. Perché è impossibile “integrarsi”, mescolarsi con altre culture (per esempio quando non puoi assaggiare e condividere certi cibi) e perché ogni giorno è fonte di sofferenza nel sapere e vedere cosa accade agli animali. Per questo non riesco a biasimare la miriade di persone che, coscienti della violenza delle nostra società, scelgono di non vedere. Lottare per cambiare questa situazione? Sì, certo. La mia vita perderebbe di senso se io stesso non lo facessi. L’animalismo è un esercizio di realtà, oltre che di amore. Recentemente è morto il mio cane, e non posso smettere di pensare a quante cose mi ha trasmesso. Gli animali sono una fonte meravigliosa di scoperta del mondo, e nutrirsi di loro è semplicemente una follia.
    (Leonardo Caffo, dichiarazioni rilasciate a Beatrice Montini per l’intervista “Noi occidentali abbiamo l’obbligo di diventare vegani”, pubblicata dal “Corriere della Sera” il 2 agosto 2017. Caffo, ricorda il “Corriere”, è uno dei pochissimi filosofi che in Italia si occupino di “antispecismo”. E’ autore di libri come “Il maiale non fa la rivoluzione”, edito da Sonda nel 2013).

    Amo gli animali e credo che abbiano il nostro stesso diritto di stare al mondo. Spesso si dice che essere “vegan” è una moda degli ultimi anni? La questione animale non coincide col veganismo ma è nata con la stessa filosofia. Già Aristotele, Platone, Pitagora, Plutarco parlano della relazione tra uomo e animali. Ma anche Cartesio o Heiddeger la affrontano. Possiamo dire che la questione animale è intrinsecamente legata alla cultura umana. In una delle prime opere d’arte di cui abbiamo testimonianza, le pitture nella Grotta di Chauvet, in Francia, troviamo raffigurati bisonti, mammut, rinoceronti, leoni, orsi, cervi. E così via. Il veganismo, invece, è un progetto culturale nato recentemente e strettamente legato al problema che lo ha generato: lo specismo, nato con l’industrializzazione della produzione del cibo. Sintetizzando, possiamo dire che nel dibattito sulla “questione animale” è diventato più stringente il tema del “mangiare o meno gli animali”. Per questo il veganismo è un prodotto tipicamente occidentale, che ha senso solo in una società dove esistono delle alternative al non mangiare carne.

  • Rousseau: noi, schiavi del benessere indotto dalla scienza

    Scritto il 15/8/17 • nella Categoria: idee • (1)

    «Mentre il governo e le leggi provvedono alla sicurezza e al benessere degli uomini consociati, le scienze, le lettere e le arti, meno dispotiche e forse più potenti, stendono ghirlande di fiori sulle catene di ferro ond’essi son carichi, soffocano il loro sentimento di quella libertà originaria per la quale sembravan nati, fan loro amare la loro schiavitù e ne formano i così detti ‘popoli civili’. Se le nostre scienze son vane nell’oggetto che si propongono, sono ancor più pericolose per gli effetti che producono. Quanti pericoli, quante false vie nella ricerca scientifica! Era antica tradizione, passata d’Egitto in Grecia, che un Dio nemico della quiete degli uomini fosse l’inventore delle scienze. Popoli, sappiate dunque una buona volta che la natura ha voluto preservarvi dalla scienza, come una madre strappa un’arma pericolosa dalle mani del figlio. Le apparenze di tutte le virtù, pur senza il possesso di alcuna… La preferenza degli ingegni piacevoli sugli utili… Hanno messo una gioventù frivola in grado di dare il tono alla vita. Che penseremo mai di quei compilatori di opere, che hanno indiscretamente infranta la porta delle scienze e introdotto nel loro santuario una plebaglia indegna d’accostarvisi… Socrate non aiuterebbe mai ad accrescere questa folla di libri che ci inonda d’ogni parte… I disordini orribili che la stampa ha già prodotto in Europa».
    «Da che i sapienti han cominciato ad apparir fra noi, dicevan i loro propri filosofi, le persone dabbene sono scomparse…S enza saper discernere l’errore dalla verità, possederanno l’arte di renderli irriconoscibili agli altri con argomenti speciosi…A sentirli non li si piglierebbe per un branco di ciarlatani, gridanti ognuno dal canto suo sopra una piazza pubblica: ‘Venite da me, io solo non inganno nessuno’?… Il falso è suscettibile d’una infinità di combinazioni; ma la verità non ha che un sol modo di essere. Oggi, che le ricerche più sottili e un gusto più fine hanno ridotto a princìpi l’arte di piacere, regna nei nostri costumi una vile e ingannevole uniformità, e tutti gli spiriti sembrano esser stati fusi in uno stesso stampo: senza posa la civiltà esige, la convenienza ordina; senza posa si seguono gli usi e mai il proprio genio».
    «Non si osa più apparire ciò che si è…Che se per caso, fra gli uomini straordinari per il loro ingegno, se ne trovi qualcuno che abbia fermezza nell’anima e che rifiuti di prestarsi al genio del suo secolo e di avvilirsi con produzioni puerili, guai a lui! Morrà nell’indigenza e nell’oblio. Gli antichi politici parlavano senza posa di costumi e di virtù: i nostri non parlano che di commercio e di danaro… un uomo non vale per lo Stato che il consumo che vi fa… i Principi sanno benissimo che tutti i bisogni che il popolo si dà, sono altrettante catene di cui si carica… qual giogo potrebbe imporsi ad uomini che non han bisogno di nulla?… L’anima si proporziona insensibilmente agli oggetti che l’occupano. O Dio onnipotente, tu che tieni nelle tue mani gli spiriti, liberaci dai lumi e dalle funeste arti e rendici l’ignoranza, l’innocenza e la povertà, i soli beni che possan fare la nostra felicità e che sian preziosi al tuo cospetto».
    Queste espressioni sono tratte dal “Discorso sulle scienze e sulle arti” di Rousseau del 1750. Rousseau è un illuminista – perché il “contratto sociale” è uno dei fondamenti della democrazia, peraltro intesa come democrazia diretta, in spazi limitati – ma è un illuminista molto, molto particolare. In questo straordinario “Discorso sulle scienze e sulle arti”, non a caso pochissimo richiamato ai giorni nostri, Rousseau anticipa alcune delle conseguenze più devastanti della democrazia. Si oppone alle scienze, “idola” che oggi dominano incontrastate, in quanto asserviscono a sé gli uomini e invece di renderli liberi li fa schiavi («soffocano il loro sentimento di quella libertà originaria per la quale sembravan nati, fan loro amare la loro schiavitù»). Anticipa la società dello spettacolo con le sue futilità, il prevalere dell’apparire sull’essere («Le apparenze di tutte le virtù, pur senza il possesso di alcuna»). Sottolinea come l’eccesso di comunicazione e di divulgazione abbia dato spazio a ogni tipo di ciarlatani. E come la parola possa essere fonte di ogni falsità (del resto lo stesso Cristo ha affermato: «Il tuo dire sia sì, sì, no, no. Tutto il resto è farina del diavolo»).
    Quando Rousseau afferma «a sentirli non li si piglierebbe per un branco di ciarlatani, gridanti ognuno dal canto suo sopra una piazza pubblica: ‘Venite da me, io solo non inganno nessuno’», non sembra di sentir parlar Renzi o Berlusconi o qualsiasi altro leader politico, italiano e anche non italiano? E, in aggiunta, c’è anche un accenno alle “fake news” («Il falso è suscettibile d’una infinità di combinazioni; ma la verità non ha che un sol modo di essere»). Si scaglia contro l’omologazione – tema di scottante attualità, portato al suo apice dalla globalizzazione – che cancella il merito e annulla l’ingegno. Nell’ultima parte del “Discorso” c’è la considerazione che, forse, riguarda più da vicino la modernità. Dopo l’affermarsi della Rivoluzione Industriale sono stati introdotti bisogni di cui l’uomo non aveva mai sentito il bisogno. Si è affermata la pazzesca legge di Say, “l’offerta crea la domanda”, su cui si regge tutta la società di oggi. La stragrande maggioranza degli oggetti che oggi ci circondano e che, come osserva Rousseau contribuiscono a formare la nostra mentalità, sono del tutto superflui ma essenziali al meccanismo che ci domina e che ormai è uscito fuori dal nostro controllo: noi non produciamo più per consumare ma produciamo perché il meccanismo possa costantemente autoriprodursi e autorafforzarsi. Questa è la straordinaria modernità di Rousseau, l’antimoderno.
    (Massimo Fini, “Rousseau e la lotta al consumismo”, dal “Fatto Quotidiano” del 25 luglio 2017).

    «Mentre il governo e le leggi provvedono alla sicurezza e al benessere degli uomini consociati, le scienze, le lettere e le arti, meno dispotiche e forse più potenti, stendono ghirlande di fiori sulle catene di ferro ond’essi son carichi, soffocano il loro sentimento di quella libertà originaria per la quale sembravan nati, fan loro amare la loro schiavitù e ne formano i così detti ‘popoli civili’. Se le nostre scienze son vane nell’oggetto che si propongono, sono ancor più pericolose per gli effetti che producono. Quanti pericoli, quante false vie nella ricerca scientifica! Era antica tradizione, passata d’Egitto in Grecia, che un Dio nemico della quiete degli uomini fosse l’inventore delle scienze. Popoli, sappiate dunque una buona volta che la natura ha voluto preservarvi dalla scienza, come una madre strappa un’arma pericolosa dalle mani del figlio. Le apparenze di tutte le virtù, pur senza il possesso di alcuna… La preferenza degli ingegni piacevoli sugli utili… Hanno messo una gioventù frivola in grado di dare il tono alla vita. Che penseremo mai di quei compilatori di opere, che hanno indiscretamente infranta la porta delle scienze e introdotto nel loro santuario una plebaglia indegna d’accostarvisi… Socrate non aiuterebbe mai ad accrescere questa folla di libri che ci inonda d’ogni parte… I disordini orribili che la stampa ha già prodotto in Europa».

  • Fausto Carotenuto: perché il potere ha fabbricato i 5 Stelle

    Scritto il 28/7/17 • nella Categoria: idee • (12)

    Votate 5 Stelle, per ripulire la politica. Quanti italiani ci sono cascati? Tantissimi, a quanto pare: quasi un elettore su tre. «Un colossale equivoco». Le vittime? «Gli elettori stessi, ma anche moltissimi parlamentari grillini, che pure si impegnano con serietà. Senza capire che i loro vertici non gli consentiranno mai di affrontare, davvero, i problemi dell’Italia». Perché il format-Grillo non è stato creato per quello. «E’ stato fabbricato, come già la Lega di Bossi, solo per sostituire una classe dirigente corrotta con un ceto politico ancora più prono ai grandi poteri economici». E’ la ricostruzione di Fausto Carotenuto, analista internazionale di lungo corso, già consulente dell’intelligence Nato. Il suo riassunto: «Prima c’era una casta semi-ladra ma politicamente capace. Era corrotta, ma faceva anche gli interessi del paese. Quindi andava rimossa. Come? Facendo degenerare nel ridicolo il ventennio berlusconiano, fino a indurre nausea e rigetto nell’elettorato, al punto da esprimere un voto in apparenza anti-sistema». Stesso schema, ripetuto due volte: prima con Bossi, impegnato a “picconare” la Prima Repubblica, e poi con Grillo, per far piazza pulita di Berlusconi.
    Un’analisi che Carotenuto ripropone ai microfoni di “Border Nights”, trasmissione web-radio condotta da Fabro Frabetti. «State certi – dice Carotenuto – che non lo vedrete mai, un “grillino” puro, al ministero dell’interno – a meno che, appunto, non sia affatto puro». Uno come Di Battista, per dire, dalla sapiente mimica mediatica? «Appunto: si vede benissimo che è manipolato. Bisognerebbe scoprire da chi». Retroscena a parte, Carotenuto si concentra sulla sostanza: finora, i 5 Stelle non hanno affrontato un solo tema centrale, per esempio di politica economica: nulla, mai, che potesse anche solo lontamente impensierire il potere. «Attaccano Renzi, e certamente i parlamentari grillini sono in buona fede. Ma non capiscono – aggiunge Carotenuto – che in fondo fanno lo stesso mestiere: anziché produrre buona politica, si adoperano per togliere spazi alla politica. Chi taglia stipendi, chi Province. Cambiano i dettagli, non il succo: è il potere che ha interesse a sabotare la politica, verticalizzando i centri decisionali. E anche i 5 Stelle fanno parte di questo schema».
    Per Carotenuto, il potere è abilissimo nell’allestire «un teatrino raffinato e drammatico». Cambiano gli attori, ma gli sceneggiatori sono sempre gli stessi, «da alcune centinaia di anni». Due correnti: una conservatrice e l’altra sedicente progressista. «Quella conservatrice vuole concentrare gli egoismi umani, e sulla predazione costruisce imperi finanziari, politici, religiosi». Poi c’è l’altra corrente, «che è infilata negli stessi posti, nelle stesse nazioni, nelle stesse religioni e organizzazioni massoniche. Sempre per il potere, quindi in ossequio al suo lavoro anti-coscienza, questa corrente cerca di incamerare tutto il desiderio di solidarietà e di amore che c’è nella gente». Brutto spettacolo: «Da una parte gli sfruttatori dell’egoismo, e dall’altra gli sfruttatori dell’altruismo. Ma sempre sfruttatori sono. E non so cosa sia peggio», continua Carotenuto. «Quando dominano i poteri conservatori a me viene il mal di pancia. Quando invece finalmente arrivano a dominare i grandi poteri che sfruttano la voglia di bene della gente, mi viene il mal di fegato». I peggiori? Forse questi ultimi: «E’ più difficile accorgersi di loro, di quello che fanno veramente. Ti dicono: vieni, ti ho fatto un partito apposta, una nuova loggia massonica, una nuova forma di religione, t’ho fatto anche un nuovo modo di essere Papa. Ma poi ti portano sempre nello stesso posto, che è quello della non-crescita della coscienza».

    Votate 5 Stelle, per ripulire la politica. Quanti italiani ci sono cascati? Tantissimi, a quanto pare: quasi un elettore su tre. «Un colossale equivoco». Le vittime? «Gli elettori stessi, ma anche moltissimi parlamentari grillini, che pure si impegnano con serietà. Senza capire che i loro vertici non gli consentiranno mai di affrontare, davvero, i problemi dell’Italia». Perché il format-Grillo non è stato creato per quello. «E’ stato fabbricato, come già la Lega di Bossi, solo per sostituire una classe dirigente corrotta con un ceto politico ancora più prono ai grandi poteri economici». E’ la ricostruzione di Fausto Carotenuto, analista internazionale di lungo corso, già consulente dell’intelligence Nato. Il suo riassunto: «Prima c’era una casta semi-ladra ma politicamente capace. Era corrotta, ma faceva anche gli interessi del paese. Quindi andava rimossa. Come? Facendo degenerare nel ridicolo il ventennio berlusconiano, fino a indurre nausea e rigetto nell’elettorato, al punto da esprimere un voto in apparenza anti-sistema». Stesso schema, ripetuto due volte: prima con Bossi, impegnato a “picconare” la Prima Repubblica, e poi con Grillo, per far piazza pulita di Berlusconi.

  • Viene dal futuro, è la Forza che sta per cambiare il mondo

    Scritto il 23/7/17 • nella Categoria: segnalazioni • (8)

    Io parlo di un messaggio diretto all’umanità. E’ il Messaggio Vitale, lo stesso citato dai Vangeli. Gesù ha definito se stesso come il “Messiah”, ovvero il messaggero, nome cancellato nel primo Concilio di Nicea, nel 325 d. C. con il dogma secondo cui Gesù è “consustanziale al Padre”, un “Dio” che avrebbe bisogno di suoi “rappresentanti” sulla Terra per comunicare con gli uomini. Il Messaggio Vitale si riconosce nel codice genetico o Dna di cui sono evidenti l’intelligenza e il contatto diretto con tutti gli organismi. Le scienze dello spazio si limitano a osservare la luce elettromagnetica, portata dai fotoni, messaggeri privi di massa, e non l’unica esistente. “C’è un’altra Luce”, è scritto nei Vangeli. Nel 1973, la fisica infine la scopre: è una Forza portata da bosoni, messaggeri massicci, capaci di animare, co-muovere le macromolecole che compongono tutti i corpi viventi. La Forza è la sintesi di due forze già note – elettromagnetica e debole – perciò chiamata “elettrodebole”. La sua scoperta è stata premiata con vari Nobel, per la teoria e per la conferma sperimentale avvenuta al Cern a Ginevra. Definita come una “nuova” forma di luce, la Forza è sempre esistita in natura, è una e trina, portata da tre tipi di bosoni vettoriali (noti come W+, Z e W-) che cooperano tra loro, ed è onnipresente.
    La Forza ha le stesse note attribuite a “Dio”, con una sorpresa in più: il corpo umano è in comunione naturale con il flusso dei bosoni neutri Z che possiamo chiamare “il lato luminoso”. È invisibile con gli occhi, ma sensibile come emozioni, sensazioni o intuizioni. Per me coincide con il “fiume della vita” già cantato da Eraclito 2500 anni fa, testimoniato da tanti saggi, poeti e civiltà considerate “primitive”. Non si è parlato molto di questo flusso nella divulgazione scientifica, è stato ignorato. Le relazioni tra questo flusso e i metalli, di cui sono composti gli strumenti scientifici, sono rare e difficili da osservare. Sono facili invece le sue relazioni con le molecole organiche che ci compongono, quelle che i fisici di norma non considerano. Per riconoscerle dovremmo superare i “confini” tra fisica e biologia e soprattutto riportare al centro della ricerca l’essere umano, cioè noi stessi. Citando i Vangeli, possiamo dire che questo flusso “discerne il grano dal loglio”, cioè il vivente da ciò che lo inquina. Come l’alchimista che separa il puro dall’impuro: il flusso dei bosoni Z può favorire l’alchimia, il transito dal Nigredo all’Albedo, cioè consentirci di passare dal caos, legato a Saturno e all’inverno, alla Primavera Cosmica, l’alba di una nuova era. È quello che sta succedendo, secondo me, e questo spiega perché i “potenti” cercano di provocare guerre.
    I “potenti” dominano il mondo con la paura e “devono” esasperarla per conservare il loro potere, perché la Forza sta mutando ciò che finora abbiamo creduto immutabile: il tempo. Il tempo comune è il giorno, legato alla rotazione della Terra che sta… rallentando. Per ben 36 volte negli ultimi 30 anni hanno aggiunto un “leap second” agli orologi atomici. Ciò significa che non c’è un unico tempo sul quale basare tutti i conti (finanze, lavoro, scienze, ecc.). Siamo alla “fine dei tempi” com’è scritto nell’Apocalisse di Giovanni, e non è la fine del mondo, ma la Rivelazione della Grande Opera che compone i tempi, suscitando in noi sensazioni. Ora abbiamo trovato la “scarpetta di Cenerentola” e non è una favola, bensì la Materia Bianca, la porzione più cospicua del nostro cervello. Questa Materia forma la “calzatura” della materia grigia – Cenerentola ridotta a un servomeccanismo – e può riportarla a un ruolo sovrano. La Materia Bianca usa un’energia oscura ed è composta di cellule speciali, dalle forme stellari: sono le cellule chiamate astrociti. Connettono ad alta velocità i neuroni, le cellule della lenta e rigida materia grigia. Per questo la Materia Bianca è anche chiamata “la metropolitana del cervello”.
    È la sede biologica della coscienza, secondo i neuro-scienziati; il senso d’identità che ci accompagna sempre, indipendente dall’età, dal tempo e dal momento storico, secondo me. La descrivo nel mio ultimo video “Universo organico e l’evoluzione umana”.  La nostra identità è quindi data dalla materia bianca del cervello, dalla sua abilità a usare l’altra Luce che agli occhi appare “oscura”, il Messaggio Vitale o flusso dei bosoni Z, il “fiume della vita” che è eterno e unisce ogni essere vivente all’infinito universo. L’identità è il contatto con il Messaggio Cosmico che anima tutti e che quasi tutta la “conoscenza” ignora. Messaggio che mina qualsiasi potere, perché connette ogni individuo all’intera collettività umana, alla terra e al cielo; il Messaggio implica un’etica naturale, non ha bisogno di morale imposta, né di leggi che ci vincolano a un unico tempo immutabile. Il Messaggio è come un abile direttore d’orchestra, dirige gli infiniti tempi o ritmi della Grande Opera.
    Siamo uniti al cosmo? Sì, siamo uniti al tutto, e non solo alla misera porzione osservata che, secondo i calcoli, è appena il 5% della massa totale. Siamo uniti anche al restante 95% che non vediamo, ma che possiamo sentire, effetti dell’Intelligenza Organica che ha creato la Matrix. Intendo che siamo in una realtà virtuale di cui osserviamo lo schermo – lo spazio-tempo in 4d – e di cui ignoriamo il cyberspazio e il Messaggio Vitale, il campo o Forza che lo percorre e ci rende vivi. Se è la Forza Elettrodebole, abbiamo la conferma della millenaria tradizione ermetica. Secondo il modello standard della fisica, i tre bosoni (W+, Z e W-) sono in comunione con tre generi di materia composti ciascuno di quattro particelle, in totale dodici, come gli apostoli intorno a Gesù. I tre generi di materia possono comporre i tre corpi di ogni essere umano, quelli che la tradizione ermetica chiama fisico, eterico e astrale. Sono tutti e tre mortali ma in comunione con quello eterno, composto dei tre bosoni, il corpo igneo, o di fuoco. Quest’ultimo è l’identità eterna che oggi possiamo riconoscere più facilmente perché assistiamo a eventi travolgenti, tra cui la comparsa dell’antimateria.
    L’antimateria è materia con cariche e rotazioni opposte a quelle della materia. Se la materia gira in senso orario, l’antimateria in quello antiorario e proviene dal futuro che… già esiste. Non lo vediamo perché la “mela”, la magnetosfera che ci avvolge, lo nasconde. Forse per questo “mangiare la mela” è un “peccato”: significa ignorare l’eternità di cui siamo partecipi. Ora l’antimateria sta apparendo all’improvviso ovunque, persino nei nuclei atomici che compongono i corpi fisici. In noi si manifesta come sensazione di un cambio epocale. L’antimateria compare in molti modi diversi. Il più evidente è connesso ai Flash Gamma Terrestri (Tgf – Terrestrial Gamma Flashes, in inglese). Le sonde spaziali li osservano in alta atmosfera ma possono avvenire anche al suolo ed essere inosservabili, perché l’atmosfera è opaca per queste frequenze. Sono osservati 1.100 Tgf al giorno e ogni flash emette in millisecondi tanta energia quanta ne emette il sole in miliardi di anni. Inoltre i Tgf precedono i fulmini luminosi che osserviamo con gli occhi …
    I Flash Gamma portano antimateria, e questo è un indizio della loro provenienza: un mondo nel futuro che già esiste e ora si svela in modo improvviso, ma già annunciato da molte profezie, sin dall’antichità. I Flash Gamma sono processi nucleari e non sono nocivi come si crede; al contrario sono benefici, partecipi del grandioso Progetto della Vita. È l’evoluzione genetica, un cambio della materia organica che compone il corpo umano e consente a chi vuole di divenire il sale della terra. Guarda caso, i fisici chiamano oggi “sapore” il numero quantico che dipende dalle relazioni tra un corpo e il Messaggio, relazioni che dipendono in fondo dalla nostra volontà. Oggi possiamo contribuire a un nuovo sapore del mondo, compiere l’alchimia organica. C’è un allineamento degli “spin” nucleari che compongono il nostro corpo, una sintropia che ci può guarire dal caos, ovvero l’entropia che determina la malattia, come oggi dimostra una diagnosi ben nota, la Risonanza Magnetica Nucleare. L’allineamento implica coerenza con il Progetto della Forza e il suo lato luminoso: la libertà individuale e l’armonia collettiva.
    Il lato luminoso della Forza… fa pensare a “Guerre Stellari”. E’ uno dei suoi tanti nomi. In pratica è la comunione, ovvero il contatto, con il Messaggio Vitale che non vediamo, ma che sentiamo come sensazione o intuizione, creatività o innovazione. E l’attenzione al Messaggio dipende dalla nostra volontà. Io do una interpretazione particolare del termine “pane quotidiano” che nel “Padre Nostro” sembra una richiesta di nutrimento materiale. Secondo me il “pane quotidiano” è il pacchetto di ormoni secreti dalle nostre ghiandole endocrine ogni notte poco prima dell’alba. Sono centinaia di ormoni, grosse molecole organiche che appaiono dal nulla e influenzano i nostri umori. La secrezione ormonale è diretta dalla ghiandola pineale al centro della testa. Ghiandola che corrisponde al “chakra della corona”. E’ un’altra occasione per uscire dalla babele dei nomi. Chakra, in sanscrito, significa “ruota”. Secondo me, i chakra sono buchi bianchi ruotanti che emettono materia (ormoni) e sono in istantaneo contatto con i buchi neri ruotanti che, invece, l’assorbono. Molti sanno dei buchi neri in cielo. Se i chakra sono buchi bianchi ruotanti, c’è la comunione tra ogni essere umano e l’universo.
    Giordano Bruno parlava di “invisibili fili” che lo connettono al tutto. Oggi possiamo capire che il corpo umano è un terminale intelligente di una realtà cibernetica. Una realtà che si potrebbe paragonare a Internet, con in più l’elemento cruciale che manca a Internet: il Messaggio Vitale. Gli “invisibili fili” sono stati ritrovati. Un’équipe mondiale di astronomi ha studiato i movimenti dei nuclei di 100.000 galassie e ha riconosciuto che sono tutti allineati lungo fili. Il campo elettromagnetico impiegherebbe miliardi di anni per allinearli. Che cosa li lega all’istante? Il Messaggio, il flusso dei bosoni neutri che i fisici ora chiamano “corrente neutra debole”. Qualunque sia il nome, gli effetti sono i movimenti che ci uniscono al tutto, quelli che possiamo sentire come emo-zioni (moti del sangue – “emo” è sangue, in greco), espressioni di quella Forza straordinaria che è la Vita, capace di superare catastrofi, morire e risorgere.
    Ci sarà un grande cambiamento imminente sulla terra? Secondo me si, e non solo sulla superficie, ma anche nel cielo in alto e nel cuore della Terra in basso, soprattutto nella sensibilità umana. I moti in basso sono osservati dai geofisici che studiano la propagazione dei sismi – in fondo, onde acustiche. Questi moti hanno scarsa eco nei media, più attenti agli astrofisici che osservano solo le luci, cioè le onde elettromagnetiche. Inoltre l’antimateria è stata osservata anche nei nuclei atomici e potrebbe essere perciò anche nei nostri corpi, percepita come progetto, cambio imminente. Secondo certe teorie esoteriche abbiamo sette corpi? Si, è proprio così. Ho detto che la Forza comunica con tre generi di materia, per semplicità, ma è provato che comunica anche con tre generi di antimateria. Quelli di materia ruotano in senso orario, vanno dal passato al futuro, quelli di antimateria viceversa (senso antiorario), e il corpo igneo è l’eterno presente. Con il risveglio della Forza i sette corpi possono essere le sette note di un’ottava. La loro sintonia è il matrimonio alchemico, prima riservato a pochi eroi e ora, grazie al risveglio della Forza, esteso a tutti quelli che lo vogliono.
    Come dicono certe scuole esoteriche, certe persone cambieranno vibrazione e saranno in sintonia con i tempi e altre no. E’ probabile una selezione, in fondo un’auto-selezione. Attenzione ai nomi ingannevoli. Le “vibrazioni” sono effetti effimeri, legati all’illusoria luce elettromagnetica. Le rotazioni o “spin” coinvolgono i nuclei atomici che hanno una massa pari al 99,99% di ogni corpo. Se cambiano le rotazioni del “cuore”, il balzo è pratico e reale. Comunque questa è una realtà cibernetica, in fondo una scuola di emozioni. E lo scopo è la loro comprensione, necessaria per fondersi con l’identità vera, il corpo di luce che è eterno e non muore. È difficile dire quando si realizzerà il balzo, perché dipende anche da noi. A livello individuale molti lo stanno compiendo o lo hanno già compiuto. Il balzo collettivo potrebbe avvenire nel giro di pochi anni. La piccola mela – la magnetosfera terrestre – sta svanendo con ritmi accelerati. Secondo le accademie è uno “scudo protettivo”, ma chi sente e ama la vita sa che è una Forza cosmica e non ha alcun bisogno di protezione.
    Ora c’è un’altra novità, osservata anche dalla Nasa: la riconnessione magnetica tra la piccola magnetosfera terrestre e la Grossa Mela che avvolge l’intero sistema solare, l’eliosfera. Quest’ultima s’inverte ogni undici anni. La sua prossima inversione dovrebbe avvenire nel 2025 e potrebbe coinvolgere anche quella della piccola mela. Porterà catastrofi? Il cambiamento è già evidente in eventi naturali che stanno avvenendo, e non comportano catastrofi. Secondo me saranno provocate più dai conflitti umani che dalla natura. Per questo, gli “eletti” o meglio gli auto-eletti possono svolgere un ruolo importante. La natura sta ascendendo sulla scala celeste, i cui gradini sono gli “spin”. Quelli che partecipano all’ascesa – cioè compiono azioni pratiche e utili al bene comune – cambiano le proprie relazioni con il Messaggio, che così diventa più intenso e favorisce l’ascesa degli altri, pronti ad abbandonare il gradino inferiore. Quest’ultimo è dominato dal credo nel bipolarismo e/o nella lotta tra i presunti “opposti”, è il gradino che ci ha reso “nemici”. L’ascesa ci rende amici, disposti ad amare il prossimo, ad abbandonare armi e produzioni nocive, a superare i limiti, cioè capire che sono falsi.
    (Giuliana Conforto, dichiarazioni rilasciate a Florinda Balli per l’intervista “La Forza che sta per cambiare il mondo”, pubblicata sul sito della Conforto, luglio 2017. Astrofisica, impegnata di una intensa azione divulgativa, la professoressa Conforto ha pubblicato recenti ricerche come quella su Giordano Bruno, le cui rivelazioni vengono messe in relazione diretta con le più recenti scoperte scientifiche. Florinda Balli è giornalista, traduttrice e scrittrice, autrice di romanzi premiati).

    Io parlo di un messaggio diretto all’umanità. E’ il Messaggio Vitale, lo stesso citato dai Vangeli. Gesù ha definito se stesso come il “Messiah”, ovvero il messaggero, nome cancellato nel primo Concilio di Nicea, nel 325 d. C. con il dogma secondo cui Gesù è “consustanziale al Padre”, un “Dio” che avrebbe bisogno di suoi “rappresentanti” sulla Terra per comunicare con gli uomini. Il Messaggio Vitale si riconosce nel codice genetico o Dna di cui sono evidenti l’intelligenza e il contatto diretto con tutti gli organismi. Le scienze dello spazio si limitano a osservare la luce elettromagnetica, portata dai fotoni, messaggeri privi di massa, e non l’unica esistente. “C’è un’altra Luce”, è scritto nei Vangeli. Nel 1973, la fisica infine la scopre: è una Forza portata da bosoni, messaggeri massicci, capaci di animare, co-muovere le macromolecole che compongono tutti i corpi viventi. La Forza è la sintesi di due forze già note – elettromagnetica e debole – perciò chiamata “elettrodebole”. La sua scoperta è stata premiata con vari Nobel, per la teoria e per la conferma sperimentale avvenuta al Cern a Ginevra. Definita come una “nuova” forma di luce, la Forza è sempre esistita in natura, è una e trina, portata da tre tipi di bosoni vettoriali (noti come W+, Z e W-) che cooperano tra loro, ed è onnipresente.

  • Come vaccinarsi contro decreto-vaccini e politici impostori

    Scritto il 20/7/17 • nella Categoria: idee • (4)

    «Con l’infame decreto vaccini stiamo vivendo una delle pagine più nere dell’aggressione di forze anticoscienza alla costituzione umana ed alla sua evoluzione». Lo sostiene Fausto Carotenuto, già analista internazionale dell’intelligence, ora promotore del network “Coscienze in Rete”. La sua tesi di fondo: il potere si sta imbarbarendo perché scorge, ancora sottotraccia, un potenziale “risveglio” delle coscienze, e dunque tenta di reprimerlo. «Negli ultimissimi decenni», secondo Carotenuto, «è in corso la più grande rivoluzione della storia: la rivoluzione delle coscienze, che stanno cominciando a risvegliarsi in grandi numeri, per la prima volta nella storia umana». E’ una lotta per far emergere «la propria interiorità che vuole il bene, il bene vero per tutti e non solo per sé», in un mondo «dominato da istituzioni oscure e di potere». Cresce la voglia di consapevolezza, cioè «sapere la verità delle cose che ci circondano, che siano alimenti, medicine, malattie, avvenimenti, politica, economia, finanza, lavoro, arte, cultura, ambiente, spiritualità». E se la conoscenza rende più liberi, i vaccini obbligatori rappresentano «una campagna di indebolimento del sistema immunitario umano, ideata per minare alle basi le possibilità di ulteriore crescita della coscienza».
    Se il punto di partenza di Carotenuto è spiritualistico, la sua analisi affronta anche i passaggi politici e sociologici, osservando ad esempio le proteste spontanee contro il decreto-vaccini. Proteste che rappresentano «una fiammata di voglia di libertà che sta coagulando tutto lo sparso e disorganizzato mondo del “risveglio di coscienza”», ovvero «quel mondo di persone libere che stanno cercando una vita diversa, fatta di una alimentazione e di una medicina consapevoli, nuove, etiche. Il mondo dell’olismo, delle medicine nuove, della nuove spiritualità, del biologico, della economia solidale, della finanza etica, della cultura del bene per tutti». Un mondo su cui è caduta la tegola del decreto-vaccini: «Questa aggressione fino ad ora ha prodotto solamente il meraviglioso risultato di far vibrare insieme un esercito di coscienze fino ad ora troppo sparse e disorganizzate, finalmente unite al grido di “libertà”», scrive Carotenuto su “Coscienze in Rete”. L’analista parla di «protervia, cecità e sfrenato egoismo» da parte dei «poteri anticoscienza», che forse hanno compiuto «un passo eccessivamente azzardato, per loro infine controproducente».
    Con i vaccini, aggiunge Carotenuto, «stanno perseguendo il disegno di indebolire il sistema immunitario umano», cioè «la presenza dello spirito nella nostra costituzione psico-fisica», come uno degli strumenti principali «per frenare la crescita della coscienza umana, ora in pieno sviluppo». Ma, aggiunge, quelli che chiama Poteri Oscuri «non hanno calcolato il livello già raggiunto dal risveglio di coscienza». E spiega: «Solamente dieci anni fa avrebbero potuto fare meglio questa operazione: non ci sarebbero state masse di persone consapevoli in rivolta in nome della libertà. E poi hanno aggredito un tema, quello della salute dei figli, capace di generare reazioni enormi in qualsiasi popolo. Ma forse ancora di più in quello italiano, più fortemente legato ai sentimenti familiari». Folle nelle piazze, dunque. E questa fiammata inattesa ha spiazzato i partiti. «Più furba di tutti la Lega, che ha colto subito la possibilità di avere voti sposando le tesi “no vax”. Ma sarebbe il colmo se, mossi dalla voglia di bene e dall’amore, si finisse per votare il partito dell’odio. Così come un altro partito che ha fatto dell’odio la sua bandiera, il 5 Stelle, si è ritrovato in grave difficoltà: lanciato verso il governo dai gruppi internazionali di potere che lo hanno creato, è costretto a mostrare il suo vero volto, e a sposare sostanzialmente le tesi pro-vaccino, quando moltissimi di quegli elettori che ha illuso fino ad ora sono proprio nel movimento del risveglio».
    Tutto questo, sostiene Carotenuto, «servirà a molte persone ad aprire gli occhi e a capire cosa è in effetti il vertice dei 5 Stelle», ovvero «uno strumento gattopardesco degli stessi poteri che dice di combattere». Un imbroglio: «Un modo per illudere proprio le coscienze in risveglio» è proprio quello di presentarsi come «grande partito nel quale ritrovarsi e che potrà cambiare le cose in meglio, per lasciarle con un po’ di cosmesi esattamente nelle mani di chi il potere lo ha da millenni». Ormai è chiaro – e lo dimostrano anche le grandi città che ora governa – che man mano che il grillismo si avvicina al potere, «mostra le stesse, identiche propensioni degli altri partiti: servire i poteri internazionali a danno della gente». Il Pd da parte sua «ha mostrato ancora il suo vero volto di partito strumento del potere e delle lobbies a discapito dei cittadini». e infatti «non riesce a provare alcuna sensibilità nei confronti dei veri interessi della gente». Così come Forza Italia, «che sta ora facendo l’occhiolino ai “no vax” con l’unico scopo di guadagnare qualche voto ed eventualmente tornare a governare nel modo pessimo che le è tipico».
    Aggiunge Carotenuto: è singolare come tutti questi poteri, «che hanno sempre dominato facendosi abusivamente “pastori” di greggi di “pecore” umane, che come tali andavano quindi trattate, stiano ora assistendo alla rivolta delle coscienze su un tema che comprende proprio la tanto decantata balla della “immunità di gregge”». Una parte del “gregge” non vuole più esserlo, e non solo per i vaccini: per tutto, in nome della libertà. «E’ un segnale molto forte, al quale il potere risponde ancora giocando sul fatto che la maggioranza della popolazione ancora non si è risvegliata». E’ sempre utilizzabile come “gregge”. E va usata «come clava maggioritaria contro i diritti umani della gente in risveglio». La tattica è antoca, quella del divide et impera, basata «sul creare una spaccatura tra gli “obbedienti” ciechi e sordi e gli “untori”». Un gioco di manipolazione del sistema democratico. Ma lo stesso movimento di opposizione al decreto-vaccini non è immune da pericoli, avverte Carotenuto: è fontamentale «che l’elemento coagulante sia la voglia di bene per tutti e non l’odio», rendendosi conto «dei lupi che già circolano nel movimento “no vax” per farsene guide e strumentalizzarlo per successive operazioni».

    «Con l’infame decreto vaccini stiamo vivendo una delle pagine più nere dell’aggressione di forze anticoscienza alla costituzione umana ed alla sua evoluzione». Lo sostiene Fausto Carotenuto, già analista internazionale dell’intelligence, ora promotore del network “Coscienze in Rete”. La sua tesi di fondo: il potere si sta imbarbarendo perché scorge, ancora sottotraccia, un potenziale “risveglio” delle coscienze, e dunque tenta di reprimerlo. «Negli ultimissimi decenni», secondo Carotenuto, «è in corso la più grande rivoluzione della storia: la rivoluzione delle coscienze, che stanno cominciando a risvegliarsi in grandi numeri, per la prima volta nella storia umana». E’ una lotta per far emergere «la propria interiorità che vuole il bene, il bene vero per tutti e non solo per sé», in un mondo «dominato da istituzioni oscure e di potere». Cresce la voglia di consapevolezza, cioè «sapere la verità delle cose che ci circondano, che siano alimenti, medicine, malattie, avvenimenti, politica, economia, finanza, lavoro, arte, cultura, ambiente, spiritualità». E se la conoscenza rende più liberi, i vaccini obbligatori rappresentano «una campagna di indebolimento del sistema immunitario umano, ideata per minare alle basi le possibilità di ulteriore crescita della coscienza».

  • La materia è pensiero: Giordano Bruno anticipò la scienza

    Scritto il 16/7/17 • nella Categoria: idee • (18)

    «Non è la materia che genera il pensiero, è il pensiero che genera la materia», scrive l’astrofisica Giuliana Conforto. «La Forza è la Vita Cosmica». Giordano Bruno? «Non esprime filosofia, ma una scienza del futuro e una saggezza antica. Testimonia l’eterno presente e, con l’Arte della Memoria, indica il modo per viverlo». Di fatto, il grande pensatore rinascimentale bruciato vivo a Roma il 17 febbraio 1600 «anticipa la scoperta della Forza, la Vita Cosmica, e rivela il grande segreto della materia nucleare che la scienza non ha ancora compreso: la comunione diretta e quindi l’etica naturale di ogni essere umano con la Forza». Fu questo, aggiunge la Conforto, il motivo vero della sua condanna, «perché rende vano il ruolo delle chiese come presunte rappresentanti di Dio». Infatti, «la comunione diretta rivela la centralità dell’uomo e spiega il faticoso preludio al grande evento: la nascita dell’uomo nuovo che, per il fatto di “aver mutato intento”, diverrà cosciente, responsabile di sé e capace di creare un nuovo mondo». Da sempre, sulla Terra, sottolinea una studiosa come Manuela Racci, esistono esseri che «indicano la via per edificare un nuovo mondo, per aprire il cammino all’umanità verso una nuova aurora: sono esseri di luce, accomunati dalla stessa forza ed energia, marchiati dalla stessa solitudine». Forse «venuti troppo presto, nati postumi con la mente dinamite», come direbbe Nietzsche.
    Giordano Bruno potrebbe davvero considerarsi un nobile antesignano di questa specie chiamata “indaco”, giunta a edificare un nuovo mondo, «un mondo di luce per esseri di luce che vedono e sentono con gli stessi occhi e la stessa mente sia gli universi visibili che quelli invisibili», scrive la Racci, in una riflessione ripresa dal blog “Visione Alchemica”. «Un grande pensatore, arso vivo per il vizio di pensare; un filosofo di una modernità quasi inquietante, ma soprattutto un uomo fuori del comune, uno spirito folletto, fantasioso, originale». Quello che trasmetteva «non era solo un’immagine della vita, ma un’emozione del mondo». Giordano Bruno «era un grande: in lui albergava la conoscenza dei mondi paralleli, della metempsicosi, delle energie sottili». Straordinario, per quei tempi. La sua profondità «non è quella che connota il pensiero tecnico-scientifico da secoli imperante in Occidente». Va ricercata nell’inconscio della scienza stessa, «che è a un tempo ciò da cui la scienza scaturisce e ciò che la scienza rimuove». Innegabili sono i miglioramenti che la scienza ha apportato alla vita dell’uomo occidentale. «Ma sotto l’aspetto della felicità, della ricerca di una pace interiore, di una quiete dell’anima in piena armonia con la natura e più ampiamente con il Tutto, risulta più difficile parlare di progresso».
    Per la professoressa Racci, sembra quasi che la scienza abbia sdradicato l’uomo dal suo habitat naturale, la fusione con la natura, «facendolo sentire meno alienato di fronte a un computer che al cospetto di un tramonto». Allo stesso modo, la religione, «per quanto antiscientifica possa sembrare», ha sovente «cercato il connubio con la ragione, con l’evidenza e la chiarezza del “lumen” naturale, perdendo in realtà la sua vera “quidditas”, la sua dimensione sacrale». Per questo Giordano Bruno fu messo al rogo: «La sua “nova filosofia” non era né scientifica, né strettamente religiosa, in quanto si fondava sulla “magia naturale”, sulla “prisca Aegiptorum sapientia”», l’amtica sapienza egizia. «Bruno è infatti il vero sensitivo immerso nella “fusis”, convinto che si possano abbattere le barriere tra l’umano e il divino». E attenzione: «Niente è più positivo dello sfondamento dei limiti, dello spostare le pietre di confine per arrivare alla comprensione che l’uomo, la Natura e Dio sono la stessa cosa. Nell’universo tutto è Vita, tutto è animato da uno stesso spirito vivificatore». Letteralmente: «Tutte le cose sono nell’universo e l’universo è in tutte le cose», in perfetta armonia.
    E’ un’innegabile forma di animismo: per Bruno, tra le piante, gli animali, gli uomini non c’è differenza se non di grado. La differenza è nel “Dorso della Forma”, sono fenomeni di un’unica sostanza universale. Pensare che il mondo sia là solo per l’uomo è un grave errore: «Il filosofo esce così dalla cultura occidentale cristiana e modula il suo sentire sul registro affine a quello buddista». Con l’ammirazione dovuta a chi sacrifica la vita per le proprie idee, «Bruno andrebbe inserito in una sfera iniziatica, riferendosi non tanto alla sua laicità, bensì alla sua sacralità, al suo vedere la presenza divina in ogni cosa, alla sua ansia di ricerca che trascende il raziocinio nel suo identificarsi nella natura, che è per lui un vero e proprio “indiamento”», cioè un’unione estatica tra l’umano e il divino. Si tratta di varcare il limite dell’homo sapiens per avviarsi «verso altra natura, altri corsi, altri mondi».
    La materia dunque non è inerte, ma viva, animata (pampsichismo) e costituisce uno dei centri archimedei del pensiero di Bruno: infatti, continua Manuela Racci, il filosofo perviene a una concezione della materia universale come fonte dell’infinito prodursi di tutta la realtà: come la gestante che riscuote da sé la sua prole, la materia contiene in sé tutte le forme, è «cosa divina e ottima parente, genitrice e madre di cose naturali, anzi la natura tutta in sustanza»; è «fonte de l’attualità» di ogni cosa. Per Bruno la materia è Vita, materia infinita, e tra l’anima dell’uomo e quella delle bestie non c’è alcuna differenza sostanziale. «Potremmo dire che la “magia naturale” di Bruno si colloca in quella sotterranea corrente che prende il nome di “pensiero per immagini” che, pur perdente in Occidente, costituisce la fonte segreta del sapere, fonte a cui si accede non per via logico-architettonica ma per pratica amorosa». La concezione che Bruno ha della forza dell’Amore ribadisce la pregnanza e l’attualità di tale concetto in campo metafisico e metempirico: la forza «che move il sole e l’altre stelle», di cui parla Dante, è «l’unica che muove infiniti mondi e li rende vivi». E quella “magia naturale” che solo il vero saggio da sempre sente.
    «L’amore, dice il filosofo, sa “comprendere” ciò che la ragione non sa “spiegare”, là dove la scienza può spiegare tutto, senza nulla comprendere». L’astrofisica Giuliana Conforto, in uno studio irrinunciabile sulla futura scienza di Giordano Bruno, evidenzia come il pianeta si stia trasformando e come il filosofo nolano sia uno dei grandi saggi che l’abbiano previsto. «Quella di Bruno è scienza del futuro, coscienza delle infinite potenzialità dell’essere umano e soprattutto della sua immortalità. Egli annuncia la nascita dell’uomo nuovo, libero da tabù e paure, capace di ricevere e di riflettere nelle sue opere l’intero messaggio vitale, oggi noto come Dna, quindi di creare un nuovo mondo di pace e vera giustizia». In altre parole, «Bruno rivela il grande segreto, la magia della natura: la comunione naturale di ogni corpo con il messaggio genetico, che fu poi il motivo vero della sua condanna perché vanifica il ruolo della Chiesa come intermediaria tra l’uomo e Dio: Bruno rivela il ruolo centrale di protagonista dell’uomo nel progetto cosmico, prevede i tempi attuali e l’evento che ristabilirà l’antico volto: il risveglio dell’uomo alla coscienza dell’infinita e vera realtà, l’Amore».
    Quella forza cosmica prende il nome, in Bruno, di “eroico furore”: «L’uomo nuovo è il furioso, l’ebbro di Dio e arso d’amore che, con uno sforzo eroico (da eros) e appassionato, giunge a una sorta di sovrumana immedesimazione con il processo cosmico per cui l’Universo si dispiega nelle cose e le cose si risolvono nell’Universo, generando una sorta di copula d’amore tra lui e la Natura. Solo il fuoco dell’esperienza dell’Amore è in grado di aprire la strada alla visione di Dio, del Tutto, dell’unità». Scorrendo in particolare i suoi sette scritti magici, tra cui esemplare risulta essere la “Lampas triginta statuarum”, testo di eccezionale bellezza poetica e immaginativa, il lettore non può non cogliere questo moderno senso del divino nell’uomo come appartenenza al Tutto, scintilla perfetta di un Tutto unico e animato. Per Manuela Racci, è una affascinante concezione della metempsicosi di ascendenza orfico-pitagorica: la morte non è altro che una dissoluzione di legami, ma nessun spirito o nessun corpo celeste perisce; è solo un continuo mutare di complessione e combinazioni. Affiora un «senso etico di giustizia cosmica», che spinge le anime «a comunicarsi a corpi sempre diversi, in una sorprendente affinità con il Karma delle religioni orientali, nella commossa intuizione che l’anima possa istituire innumerevoli legami tra piani dell’universo».
    Prima ancora dello stesso movimento romantico, Giordano Bruno ha quindi riportato l’attenzione sull’intima connessione del Tutto rispetto all’analitica scansione delle parti, in cui il pensiero logico-razionale per natura trattiene se stesso, smarrendo i vincoli che legano tra loro tutte le cose. Dunque, «non essendoci nell’universo parte più importante dell’altra, non è concesso all’uomo quel primato che lo prevede possessore e dominatore del mondo, ma semplice cooperatore dell’operante natura». All’enfatizzazione del soggetto, Bruno contrappone un percorso opposto: non il primato dell’uomo, ma «il primato degli equilibri sempre instabili e sempre da ricostruire tra soggetto e oggetto, tra uomo e natura». La sua “magia”? «Non è potere sulla natura, ma scoperta dei vincoli con cui tutte le cose si incatenano, secondo il modello eracliteo dell’invisibile armonia». Ed è la proposta filosofica di Bruno, «antitetica sia alla matematica sia alla religione». Alla legge dell’uomo occidentale sul Tutto, la “magia” bruniana si volge alla legge del Tutto: siamo parte della natura, non i suoi dominatori. E la nostra possibilità di felicità risiede nella complementarità attraverso cui possiamo combaciare con altri esseri, al tempo stesso naturali e divini.
    Tra le idee straordinarie che Bruno ha consegnato alla modernità, aggiunge la Racci, è impossibile non citare le due opere in chiave ermetica che si presentano come veri trattati di arte della memoria, la mnemotecnica (“De umbris idearum” e “Cantus circaeus”). Ne sviluppa un’analisi sottile Gabriele La Porta, nel suo libro “Giordano Bruno. Vita e avventure di un pericoloso maestro del pensiero”: le immagini descritte dal filosofo non avrebbero solo il compito di potenziare e raffinare la memoria visiva, ma rivestirebbero anche un significato propriamente “magico”. «Infatti la loro contemplazione e la loro rammemorazione porterebbero in contatto con energie cosmiche primordiali, con la vera “quidditas” delle cose, con le realtà supreme e archetipe, infondendo nell’animo pace, quiete, serenità». Secondo La Porta, Bruno si propone di suscitare una sorta di rivoluzione spirituale: «Seguendo le vie di un sapere esoterico, che ha tutti i caratteri di un’illuminazione, l’uomo si libera dai pregiudizi, dalle passioni negative, dagli egoismi, per diventare saggio, cioè in grado di percorrere la via della Forza, quella Forza che è trasparenza, libertà, verità».
    Una vera e propria scienza futura, che i saggi come Bruno già conoscevano: «Una coscienza che comprende interamente il messaggio della Vita e soprattutto il ruolo cosmico, immortale dell’essere umano». Come non ricordare poi la sua vulcanica intuizione cosmologica? Giordano Bruno, aggiunge la Racci, fu il primo a dedurre che la vita intelligente è distribuita un po’ dappertutto nell’universo, «ponendo così le basi alla giustificazione dei trasferimenti di essa da pianeti in estinzione ma ad alto livello di tecnologia a pianeti non abitati ma tali da consentire la vita». A ragione, Bruno viene visto come il primo ufologo: «Oggi le sue osservazioni sono considerate il punto di partenza per la ricerca di altre forme di vita nell’universo». Superando la rivoluzione copernicana, Bruno immaginava un universo infinito, popolato da un’infinità di stelle che, abbattute le muraglie del cielo fisso e finito, corrono per ogni dove. «Stelle come il nostro sole, ciascuna circondata da pianeti, su taluni dei quali prosperano altre intelligenze, creature viventi senzienti e razionali».
    «Apri la porta attraverso la quale possiamo osservare il firmamento senza limiti», era il suo motto. «Così si magnifica l’eccellenza di Dio, si manifesta la grandezza de l’imperio suo: non si glorifica in uno, ma in soli innumerevoli, non in una terra, un mondo, ma in duecentomila, dico in infiniti». Un universo dunque senza limiti, dai caratteri divini: infinito lo spazio, infiniti i mondi, infinite le creature, infinita la vita e le sue forme. Per Manuela Racci si potrebbe chiudere questa riflessione, meramente propedeutica alla necessità di far risorgere le intuizioni bruniane, con un’asserzione efficace del geniale filosofo che più volte sostiene di essere la reincarnazione di Ermes, il messaggero degli dei, sceso per aprire gli occhi agli uomini. «L’umanità ha bisogno di persone che testimonino la possibilità della fratellanza, in nome della conoscenza e della ricerca». Obiettivo: «Gettare i semi per piante che fruttifereranno nel futuro». Non è possibile dire quando, «ma è importante lasciare un segno, dire parole, formulare pensieri, viver in una dimensione di segno opposto a quella dell’attuale imbecillità. E soprattutto, non scoraggiarsi».

    «Non è la materia che genera il pensiero, è il pensiero che genera la materia», scrive l’astrofisica Giuliana Conforto. «La Forza è la Vita Cosmica». Giordano Bruno? «Non esprime filosofia, ma una scienza del futuro e una saggezza antica. Testimonia l’eterno presente e, con l’Arte della Memoria, indica il modo per viverlo». Di fatto, il grande pensatore rinascimentale bruciato vivo a Roma il 17 febbraio 1600 «anticipa la scoperta della Forza, la Vita Cosmica, e rivela il grande segreto della materia nucleare che la scienza non ha ancora compreso: la comunione diretta e quindi l’etica naturale di ogni essere umano con la Forza». Fu questo, aggiunge la Conforto, il motivo vero della sua condanna, «perché rende vano il ruolo delle chiese come presunte rappresentanti di Dio». Infatti, «la comunione diretta rivela la centralità dell’uomo e spiega il faticoso preludio al grande evento: la nascita dell’uomo nuovo che, per il fatto di “aver mutato intento”, diverrà cosciente, responsabile di sé e capace di creare un nuovo mondo». Da sempre, sulla Terra, sottolinea una studiosa come Manuela Racci, esistono esseri che «indicano la via per edificare un nuovo mondo, per aprire il cammino all’umanità verso una nuova aurora: sono esseri di luce, accomunati dalla stessa forza ed energia, marchiati dalla stessa solitudine». Forse «venuti troppo presto, nati postumi con la mente dinamite», come direbbe Nietzsche.

  • Tino Aime, il timido maestro che ha fatto parlare l’invisibile

    Scritto il 10/7/17 • nella Categoria: segnalazioni • (Commenti disabilitati)

    Quando un maestro trasloca, tace il rumore e l’aria si popola di parole sospese, che restano lì e non se ne andranno. Tino Aime, riconosciuto caposcuola ed elegantissimo incisore, cresciuto nella Torino del dopoguerra, quella di Casorati, fu iniziato alla Libera Accademia sotto la guida di Idro Colombi. Era nato a Cuneo 86 anni fa. Discendeva da una stirpe di pastori annidata sulle impervie alture di Roaschia, valle Gesso, zona Nuto Revelli. Memorabile il primo incontro tra i due, in alta val Maira: lo scrittore a caccia di sopravvissuti in carne e ossa, il pittore in cerca di altre sopravvivenze, ancora più impalpabili. Nuto Revelli e poi anche Davide Lajolo, Nico Orengo, Massimo Mila, finissimi cantori come Francesco Biamonti. Tutti innamorati del segno inimitabile dell’ex ragazzo di Roaschia. Fino al grande Mario Rigoni Stern, vera e propria anima gemella, accomunato dallo stesso amore per i silenzi del bosco, la montagna scabra e nuda, la lingua nitida e sincera della neve. Il vero nome di Aime, Battista, rivela quasi una vocazione: un battesimo della luce, fatto di nuovi occhi per scrutare l’orizzonte e scoprire che, volendo, la meraviglia abita ovunque.
    Chi l’ha conosciuto ha potuto constatare la perfetta coincidenza tra l’opera e la vita: stessa capacità di dire tutto, con pochissimo, senza parlare quasi mai. Arte figurativa, in apparenza, ma con dentro le stimmate del vasto Novecento, il codice cifrato dei Sironi, dei Morandi. Le tele degli esordi raccontano periferie desolate, urbane, travolte dall’industria. Lo spirito del tempo: un carotaggio nel dolore, tra le macerie della guerra appena spentasi – tanto più vivo nell’artista giovanissimo, scampato con terrore (per due volte, da bambino) alle bombe degli alleati. Poi, però, Tino ha lasciato la città. Ha scelto la montagna, seguendo l’istinto: il ritorno alla terra magra degli antenati. E non ne ha fatto un’elegia, ma un cantico, riuscendo sempre a far vibrare l’aria. Schivo e ritroso, timidissimo, si è avventurato nel sua homeland che non ha confini, ha per frontiera solo il cielo. Niente alpinismo, nessuna cartolina. Terra vissuta, scura e primordiale, dentro un’archeologia di case diroccate, un’antropologia di assenze. Un viaggio nel silenzio, rischiarato dalla luna. Un’armonia di essenze indecifrabili e misteri, oltre il fraseggio elementare della geografia, dell’apparenza.
    Vedere quello che non c’è. Mostrare quel che c’è, ma non si vede. Una missione: condotta fino in fondo, per tutta la vita, come un dovere segreto, una promessa impossibile da estinguere. Tutto nasce da una strana confidenza, che avvicina all’invisibile. Narrazioni sottili, la finezza laconica dell’haiku. Ovunque espressa: nella solarità mediterranea del Ponente ligure, nei deserti spagnoli dell’Estremadura, nel bianco abbacinante dell’Andalusia. E tra le lande dell’amatissima Provenza dove Tino, ancora giovane, fu scelto – per elezione – dalla chiassosa banda dei gitani, il favoloso popolo migrante, alle prese coi festeggiamenti della loro regina, sulla spiaggia che ricorda il leggendario sbarco delle Marie venute dal mare, appena dopo il supplizio del Calvario. Tra i misteri di Tino Aime, il Battista cuneese, la passione con la quale – da laico irriducibile – ha offerto la sua arte alla simbologia spirituale, religiosa, con Cristi crocefissi – plastici, inteneriti – che adornano abbazie, chiese, cappelle di montagna.
    Si è spinto in Romania, tra le selve dei germani, nella laguna di Venezia – ricamando l’intarsio dei palazzi che si specchiano in un cielo d’acqua. Ma la sua vera casa è stata soprattutto la montagna piemontese, dalle natìe vallate d’Occitania fino alla patria di più recente acquisizione, la tormentata val di Susa, esplorata in profondità e fatta parlare in modo insospettabile, sciorinando storie e lingue sconosciute. Un’epica silente, che ricorda le cadenze di Neruda, l’attitudine domestica alla gioia, là dove non l’aspetti. Compaiono giganti, ma sono solo pettirossi, merli, ortensie. E tutto è misteriosamente sacro, in Tino Aime. Le sue notti incantate, i suoi inverni. L’impenetrabile splendore delle cose, recitato col cuore, rispondendo a una chiamata antica.
    Era anche amaro, a volte, il vecchio Tino. Scoraggiato, dalla barbarie incorreggibile del mondo. Siate onesti, ha mandato a dire – di recente – a una scolaresca di artisti in erba. E state in guardia: non fidatevi di quel che vi raccontano. Tino ha ascoltato tutti, ma poi ha sempre scelto in solitudine. Sapeva cosa fare, dove andare. Che verità evocare, sapendole tacere. Usava specchi, per incidere le lastre. Come Leonardo, conosceva l’arte del contrario – certo che il tutto, poi, si rivelasse alla distanza, senza strappi. Niente e nessuno in prima fila, mai, nel suo mosaico: parti dell’armonia, l’insieme risuonante. Amava lavorare a suon di musica, spesso sceglieva Bach. Ha frequentato – in buona compagnia, la sua – il gran paese da cui scendono silenzi e sogni. Quelli rimasti qui non svaniranno, grazie a lui.

    Quando un maestro trasloca, tace il rumore e l’aria si popola di parole sospese, che restano lì e non se ne andranno. Tino Aime, riconosciuto caposcuola ed elegantissimo incisore, cresciuto nella Torino del dopoguerra, quella di Casorati, fu iniziato alla Libera Accademia sotto la guida di Idro Colombi. Era nato a Cuneo 86 anni fa. Discendeva da una stirpe di pastori annidata sulle impervie alture di Roaschia, valle Gesso, zona Nuto Revelli. Memorabile il primo incontro tra i due, in alta val Maira: lo scrittore a caccia di sopravvissuti in carne e ossa, il pittore in cerca di altre sopravvivenze, ancora più impalpabili. Nuto Revelli e poi anche Davide Lajolo, Nico Orengo, Massimo Mila, finissimi cantori come Francesco Biamonti. Tutti innamorati del segno inimitabile dell’ex ragazzo di Roaschia. Fino al grande Mario Rigoni Stern, vera e propria anima gemella, accomunato dallo stesso amore per i silenzi del bosco, la montagna scabra e nuda, la lingua nitida e sincera della neve. Il vero nome di Aime, Battista, rivela quasi una vocazione: un battesimo della luce, fatto di nuovi occhi per scrutare l’orizzonte e scoprire che, volendo, la meraviglia abita ovunque.

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