Archivio del Tag ‘Benito Mussolini’
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Spassosa, l’ultima barzelletta sul conto di Mario Draghi
Una delle più gustose barzellette circolate sul conto di Mario Draghi è la seguente: l’ex banchiere centrale, poverino, non avrebbe nessuna competenza, in materia di sanità. In altre parole: di Covid, non ci capirebbe un tubo. E certo, benedetto figliolo: dopo tutti quegli anni spesi a studiare solo diavolerie finanziarie per fare la felicità dei popoli, come pretendere anche che studiasse, un minimo, il caso della Famosa Emergenza Pandemica? Quella semmai è roba da professoroni, da Premi Nobel, da menti eccelse come quella di Roberto Speranza. Credibile, no? Il problema numero uno – dal 2020 – è esattamente il Covid. O meglio: l’impazzimento generale (normativo, politico, sociale) causato dal Covid. E quindi chi piazzare, a Palazzo Chigi? Ovvio: uno che, con tutto il rispetto, di Covid non capisce una mazza. Non fa una grinza, in effetti. E’ proprio un ragionamento impeccabile, da offrire a quegli italiani che, in questi mesi, hanno seguito con crescente apprensione l’inesorabile avvitarsi degli eventi.Lockdown, coprifuoco, zone rosse. Poi, per fortuna, arriva Draghi. E cosa s’inventa? Il Green Pass. Se ce l’hai, sei libero. Se non ce l’hai, pensi di somigliare agli africani di pelle scura, nel paese di Nelson Mandela, all’epoca in cui la libertà era appannaggio dei soli bianchi. Ma non basta: visto che solo 6 italiani su 10 hanno finora accettato il grazioso ricatto, ora i giornali alzano il volume. E certo, che diamine: bisognarà pure imporlo, l’obbligo, se almeno l’80% del parco zootecnico, tra un mese, non avrà accettato di subire il fatidico inoculo. Che poi la sostanza introdotta nel corpo sia inutile (come parrebbe dimostrare Israele, con gli ospedali pieni di cittadini “vaccinati”) è irrilevante. Così come è irrilevante che gli “inoculati” restino tranquillamente contagiabili, e addirittura contagiosi a loro volta. Questo non ha impedito al Signor Mario di imporre ai medici e agli insegnanti di subire obbligatoriamente l’inoculo. Ma è vero, come dimenticarlo? Il povero Mario, di Covid, non capisce niente. Va scusato: non ha avuto tempo, per prepararsi sulla materia.Non ha avuto tempo, neppure distrattamente, di leggere i nomi dei medici – anche italiani: decine, centinaia – che il mitico Covid lo curano da casa, in pochi giorni. Avrà avuto almeno un minuto per accorgersi della strana morte del dottor Giuseppe De Donno? E’ stata sua l’intuizione – confermata addirittura dal sublime Burioni – della validità della profilassi anticorpale: e infatti si basa proprio sugli anticorpi la nuovissima terapia validata dall’Unione Europea (che notoriamente, proprio come un tempo si diceva del Duce, “ha sempre ragione”). Ora, se tutto questo non è altro che una riedizione del Truman Show, in versione comica, passi. Purché nessuno venga davvero inseguito, braccato dagli “inoculatori”, e magari minacciato – in caso di diniego – di dover rinunciare magari al passaporto, alla patente di guida. Quanto manca, davvero, alla mezzanotte? Resta un’ultima speranza: che almeno, i burloni la smettano di parlare di politica, ostinandosi a distinguere tra progressivi e regressivi. Se non altro, per una questione di estetica: di stomaco.Una delle più gustose barzellette circolate sul conto di Mario Draghi è la seguente: l’ex banchiere centrale, poverino, non avrebbe nessuna competenza, in materia di sanità. In altre parole: di Covid, non ci capirebbe un tubo. E certo, benedetto figliolo: dopo tutti quegli anni spesi a mettere a punto diavolerie finanziarie per fare la felicità dei popoli, come pretendere anche che studiasse, un minimo, il caso della Famosa Emergenza Pandemica? Quella semmai è roba da professoroni, da Premi Nobel, da menti eccelse come quella di Roberto Speranza. Credibile, no? Il problema numero uno – dal 2020 – è esattamente il Covid. O meglio: l’impazzimento generale (normativo, politico, sociale) causato dal Covid. E quindi chi piazzare, a Palazzo Chigi? Ovvio: uno che, con tutto il rispetto, di Covid non capisce una mazza. Non fa una grinza, in effetti. E’ proprio un ragionamento impeccabile, da offrire a quegli italiani che, in questi mesi, hanno seguito con crescente apprensione l’inesorabile avvitarsi degli eventi.
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Vilipendio, Toscano: la libertà sta diventando un reato?
«Eravamo cresciuti sapendo che la libertà di pensiero e di espressione era sacra: unico strumento certo, in grado di distinguere la civiltà dalla barbarie, la democrazia dalla dittatura». Così, Francesco Toscano (coordinatore di “Ancora Italia”, con Diego Fusaro) commenta su “Visione Tv” quelli che gli paiono segnali inquietanti, come l’indagine per “vilipendio all’onore e al prestigio del Capo dello Stato”, scattata nei confronti di personaggi come il progessor Marco Gervasoni, docente universitario in Molise, nonché il direttore di “Imola Oggi”, Armando Manocchia, e la giornalista Francesca Totolo. Vilipendio? «E’ un reato di origine monarchica», ricorda il saggista Enzo Pennetta, «pensato per il Re e poi rinforzato nel 1930 – dal Codice Rocco – in un periodo in cui Mussolini si preoccupava di “blindare” la sua stessa autorità». Altri tempi, dice Pennetta, quando presidenti come Leone e Cossiga accettavano critiche anche pesanti. «Poi le cose sono cambiate, con Napolitano». Ora, i media mainstream sparano nel mucchio: associano al professor Gervasoni anche ipotesi di reato come l’istigazione a delinquere, accostandolo a imprecisate frange estremistiche.«L’unico reato per cui sono indagato è vilipendio al presidente della Repubblica a mezzo social, su Twitter», precisa Gervasoni all’agenzia “AdnKronos”. «La cosa curiosa è che il mio profilo è pubblico: tutti possono andare a vedere cosa ho scritto, quindi non so perché ci sia stato bisogno di cercare altre prove scaricando tutti i miei materiali e portando via due pc». Il professore definisce «molto corretti, gentili e attenti» i carabinieri del Ros, senza nascondere il proprio stupore nel ricevere la visita mattuta di uomini che «normalmente si occupano di Totò Riina e dei jihadisti». Gervasoni ammette di aver apertamente biasimato Mattarella: «Però erano tweet di critica politica, assolutamente non minacce. E se diventa vilipendio la critica politica, allora vuol dire che siamo in regimi di altro tipo: fa effetto». Aggiunge lo storico: «Avevo 21.000 follower, e l’account mi è stato sequestrato: in questo modo la mia libertà di espressione è stata fortemente limitata». In ogni caso, aggiunge: «Io sono tranquillo: non troveranno nei miei dispositivi nessun contatto con ambienti eversivi. E i tweet sono pubblici, quindi non vedo che elementi di novità possano emergere dalle indagini, se non a mio discarico».Da storico, Marco Gervasoni evoca una sorta di “guerra” interna alla magistratura italiana (scossa dal caso Palamara e ora anche dal dossier sulla Loggia Ungheria). «Non è la prima volta che qualcuno viene indagato per vilipendio, è successo anche recentemente, ma si sta alzando il tiro colpendo figure più note e collocate in una certa area politica», afferma il professore, che charisce: «Io non sono di estrema destra: sono vicino a Fratelli d’Italia, quindi non ho nulla a che vedere con l’estremismo». Protesta il docente, sempre parlando con l’agenzia di stampa: «Alcuni giornali hanno sbattuto il mostro in prima pagina, scrivendo anche cose false: che sarei indagato per istigazione alla violenza o associazione per delinquere, e perfino che sarei antisemita: ma uno degli ultimi post che avevo fatto era pro-Israele». Secondo Gervasoni, c’è il tentativo di «deviare su altri problemi» la critica legittima alla gestione dell’emergenza Covid, e ci sarebbe anche il desiderio «di zittire, di impaurire: perché, com’è successo a me, può accadere ad altri. E quindi, prima di scrivere qualcosa contro il Capo dello Stato, la prossima volta ci si penserà due volte, anche perché si tratta di un reato che comporta in teoria fino a 5 anni di carcere».Poi c’è la questione politica che investe i partiti: «Sui social possono istigare alla violenza contro la Meloni e contro Salvini, e non succede niente. E’ vero che loro non sono il capo dello Stato, ma nessun magistrato se ne occupa. E invece si occupano della critica politica al presidente della Repubblica, come quella avanzata dal sottoscritto e dalla giornalista Francesca Totolo, ad esempio». Gervasoni intravede una deriva liberticida, in Italia e in tutti i paesi occidentali, che ora «sta interessando anche media e social, che fino a poco tempo fa erano uno strumento di libertà individuale e adesso sono censurati, sia dai propri ‘editori’ sia dalla magistratura». Verità e diritti a senso unico? L’economista Ilaria Bifarini, autrice del bestseller “Il Grande Reset”, è stata minacciata in modo esplicito: «So dove vivi, sei avvertita», recitava il messaggio ricevuto tempo fa, corredato con la foto di un coltello insanguinato. «Le minacce di morte valgono solo se rivolte a chi è allineato al potere?», si è domandata la vittima, che si rammarica che non abbia avuto alcun seguito la denuncia immediatamente presentata alla Polizia Postale.Francesco Toscano si fa portavoce delle inquietudini di una parte del paese: siamo ancora in una piena democrazia, o chi esprime dissenso politico deve cominciare a preoccuparsi? «Gli occidentali hanno passato gli ultimi trent’anni a fare la morale ai restanti paesi del mondo, nel nome di una supposta supremazia valoriale, garantita proprio dal rispetto dei diritti umani e della dignità della persona», ricorda Toscano. «I fautori dell’atlantismo più acritico hanno benedetto i continui bombardamenti “umanitari” in danno di paesi considerati oscurantisti e violenti, guidati da satrapi che godono nel sottomettere uomini ridotti al rango di sudditi». Adesso, però, «finita l’euforia attorno al mito della globalizzazione dei diritti», ecco che «scopriamo amaramente che le dittature ce le abbiamo in casa». Ovvero: «Coprifuoco, restrizioni, certificati per vivere e viaggiare, repressione del dissenso e divieto di manifestare (valido solo per gli oppositori politici) scandiscono una realtà divenuta improvvisamente pericolosa. Nel silenzio di una società intontita da un clima di emergenza permanente, stiamo scivolando verso una nuova forma di autoritarismo».Un clima come quello che stiamo vivendo oggi è purtroppo “nuovo”, ammette – sempre su “Visione Tv” – il prestigioso vaticanista Aldo Maria Valli: «Questa cappa di conformismo oggi è allarmante, perché è quasi inavvertita dall’opinione pubblica: e sappiamo che le dittature più pericolose sono proprio quelle “morbide”, nelle quali si casca con tutte le scarpe senza quasi averne la cognizione, e da un giorno all’altro ci si ritrova schiavi, senza nemmeno sapere come sia avvenuto». Aggiunge lo stesso Toscano: «Ho l’impressione che si stia scivolando verso un regime, dati i segni che si manifestano: attacco alla libertà di parola e di espressione, utilizzo della forza pubblica per reprimere condotte costituzionalmente tutelate, misure come il coprifuoco, demonizzazione dell’avversario politico (al quale viene impedito di manifestare». Paradossale, per Toscano, la lettura pubblica dell’emergenza sanitaria: «Il mainstream vuole per forza dividere il campo tra chi nega l’esistenza del virus e chi invece legittima l’adozione di misure assolutamente sproporzionate, rispetto al reale pericolo». Tutti i regimi, anche quelli del passato, chiosa Toscano, cavalcano sempre un problema, vero o presunto: «Lo ingigantiscono, per attuare una dittatura politica che viene legittimata proprio dalla strumentalizzazione del problema. Mi domando: dire questo, oggi, sta diventando un reato?».«Eravamo cresciuti sapendo che la libertà di pensiero e di espressione era sacra: unico strumento certo, in grado di distinguere la civiltà dalla barbarie, la democrazia dalla dittatura». Così, Francesco Toscano (coordinatore di “Ancora Italia”, con Diego Fusaro) commenta su “Visione Tv” quelli che gli paiono segnali inquietanti, come l’indagine per “vilipendio all’onore e al prestigio del Capo dello Stato”, scattata nei confronti di personaggi come il professor Marco Gervasoni, docente universitario in Molise, nonché il direttore di “Imola Oggi”, Armando Manocchia, e la giornalista Francesca Totolo. Vilipendio? «E’ un reato di origine monarchica», ricorda il saggista Enzo Pennetta, «pensato per il Re e poi rinforzato nel 1930 – dal Codice Rocco – in un periodo in cui Mussolini si preoccupava di “blindare” la sua stessa autorità». Altri tempi, dice Pennetta, quando presidenti come Leone e Cossiga accettavano critiche anche pesanti. «Poi le cose sono cambiate, con Napolitano». Ora, i media mainstream sparano nel mucchio: associano al professor Gervasoni anche ipotesi di reato come l’istigazione a delinquere, accostandolo a imprecisate frange estremistiche.
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Non furono i partigiani a decidere la fine di Mussolini
Giustiziato dai partigiani, il 28 aprile 1945? A correggere la “vulgata” sulla fine del Duce provvedono ormai in tanti. Tra questi, un giornalista come Luciano Garibaldi, autore di veri e propri “scoop” negli anni Novanta. La sua ricostruzione: Mussolini (già condannato a morte due anni prima da Roosevelt e Churchill, secondo Enrico Montermini, come conferma un’intercettazione telefonica della Gestapo) fu “venduto” ai partigiani dal generale Wolff delle SS, ormai accerchiato dagli alleati. A loro volta, i partigiani – che catturarono il dittatore a Dongo, senza che la scorta militare tedesca opponesse resistenza – fu assassinato poco dopo su ordine di 007 inglesi, accorsi sul Lago di Como per far tacere per sempre il Duce e far sparire i documenti che aveva con sé: provavano il complotto ordito con Churchill, fino all’ultimo, per convincere Hitler a deporre le armi in Europa, per poi fare fronte comune contro l’Urss. Doveva morire anche Claretta Petacci – dice Garibaldi – perché era al corrente di tutto. Bisognava impedire che Mussolini e la donna parlassero, con gli americani o anche solo coi giornalisti che stavano affluendo da mezzo mondo per tentare di intervistarlo, dopo la notizia della sua cattura.In un documentario televisivo trasmesso una decina di anni fa, il partigiano Roberto Remund ricorda: nel sollevare il cadavere di Mussolini si accorse che era assolutamente rigido. Sarebbe stato impossibile, se fosse stato davvero fucilato appena un’ora prima, alle ore 17, davanti al cancello di Villa Belmonte, a Giulino di Mezzegra. Significa che era stato fucilato almeno 10 ore prima, ovvero in mattinata. Altra contraddizione clamorosa nel racconto di Lia De Maria, la contadina a casa della quale, dal “capitano Neri” (il partigiano Luigi Canali), erano stati condotti Benito Mussolini e Claretta Petacci. La donna dichiarò che i due prigionieri, a pranzo, avevano mangiato polenta, latte, pane, salame e frutta. L’autopsia sul cadavere di Mussolini, condotta da Caio Mario Cattabeni, stabilì che Mussolini aveva lo stomaco vuoto. Questo sarebbe verosimile se Mussolini fosse stato ucciso, appunto, in mattinata (non nel pomeriggio). Ancora più clamorose le contraddizioni in cui sono caduti i tre protagonisti della presunta fucilazione: Walter Audisio (il famoso “colonnello Valerio”, che avrebbe sparato la raffica di mitra contro Mussolini), Michele Moretti (il partigiano “Pietro”) e Aldo Lampredi (”Guido”, uno dei massimi esponenti del Cln).Su “L’Unità”, Audisio scrisse che, di fronte all’ordine di fucilarlo, Mussolini cadde in preda al terrore, sbavava e lo implorava tremante: «Ma… Ma… signor colonnello…». Molti anni dopo, intervistato dallo storico Giorgio Cavalleri, Michele Moretti (”Pietro”) nel libro “Ombre sul lago” (Arterigere-Chiarotto Editore, 2007) disse che Mussolini – di fronte al “colonnello Valerio” che gli pronunciava la condanna a morte – si mise sull’attenti ed esclamò: «Viva l’Italia!». Quindi: non sbavava e non tremava. A sua volta Aldo Lampredi, braccio destro del “colonnello Valerio”, scrisse un memoriale che lasciò in eredità al Pci (a Cossutta, in particolare), pubblicato da “L’Unità” solo nel 1996, mezzo secolo dopo, anche a seguito delle polemiche scaturite dopo la pubbicazione dei miei articoli su “La Notte” e sul settimanale “Noi”. Nel memoriale, Lampredi raccontò che Mussolini – di fronte al mitra dei suoi giustizieri – si aprì la giacca e gridò: «Mirate al petto!». Tre storie completamente diverse, dunque, dai tre presunti protagonisti della presunta fucilazione. Mussolini “sbavava in preda al terrore”, gridava “viva l’Italia” o urlava “sparate al petto”? Si fossero almeno messi d’accordo: questo fa crollare la versione ufficiale, che Renzo De Felice definì “la vulgata”.Anche Claretta Petacci doveva morire: sapeva tutto, era addirittura la consulente di Mussolini. Non era solo la sua amante: era una donna intelligente, con cui confidarsi e alla quale chiedere consiglio. Chi aveva un valido motivo per sopprimere anche lei? E’ evidente: la Gran Bretagna. Il professor Aldo Alessiani, noto medico giudiziario della magistratura di Roma, dopo l’uscita dei miei articoli, il 9 giugno 1996 mi inviò una copia del suo studio, durato anni, sulla fine di Mussolini: un centinaio di pagine. Aveva studiato le traiettorie dei proiettili, con i fori di entrata e di uscita, basandosi sulle foto scattate al corpo di Mussolini sia sul lettino autoptico che a piazzale Loreto (quei fori non erano compatibili con la fucilazione, ndr). Sempre dopo i miei articoli su “La Notte”, l’ex partigiano Bruno Giovanni Lonati si dichiarò il vero uccisore di Mussolini. Consegnò un libro autobiografico: scritto bene, ma senza prove. Insieme a tre partigiani, avrebbe risposto all’appello rivoltogli da un agente inglese, il “capitano John”, il quale – a loro – avrebbe dato l’ordine di uccidere Mussolini e la Petacci.Gli inglesi dovevano innanzitutto entrare in possesso della documentazione che Mussolini portava con sé. E dovevano essere certi che non potesse essere interrogato, per esempio, dagli americani, né intervistato dalla stampa: a Dongo stavano arrivando giornalisti da tutto il mondo, e doveva essere evitato a tutti i costi un rischio del genere. Era assolutamente da evitare che diventassero di pubblico dominio le manovre poste in atto da Mussolini – in pieno accordo con Churchill – per convincere Hitler a cessare la resistenza in Occidente, per puntare tutte le sue forze contro l’avanzata russa. Cioè: Churchill complottava con Mussolini contro Stalin, tradendo quindi l’alleato sovietico. Di questo, il libro di Ricciotti Lazzero (”Il sacco d’Italia”) è la fonte principale, grazie a lettere fotografate e conversazioni telefoniche registrate dai tedeschi e consegnate al generale Karl Wolff, capo delle SS in Italia.«Credete, Führer – scrive Mussolini a Hitler – il momento è propizio. Il ponte è gettato, ma è un ponte levatoio: possono ancora abbassarlo. Io conosco le vostre reticenze, ma ritengo estremamente necessario rivedere la nostra linea di condotta. Ci costringe una necessità estrema: abbiamo delle grandi possibilità, abbiamo delle armi formidabili in mano, voi le conoscete. Churchill non solo le conosce, ma anche le teme. Datemi il vostro consenso, mettetemi in condizione di poter agire. Le mie relazioni con Churchill sono ancora oggi tali da poter escludere a priori delle difficoltà». Sono frasi di importanza storica: evidentemente, Churchill puntava su Mussolini affinché convincesse Hitler a por fine alla guerra in Occidente, per rivolgersi esclusivamente contro l’Unione Sovietica. Nel momento in cui i sovietici cadevano a milioni, contro l’esercito di Hitler, venire pugnalati in questo modo dal loro alleato inglese era assolutamente inconcepibile.Quindi questo materiale doveva essere fatto sparire. Il carteggio riporta gli incontri avvenuti, durante il periodo della Rsi, tra Mussolini e agenti di Churchill: invitati da Churchill a parlare con Mussolini, per concordare una linea comune che attenuasse la violenza della guerra e arrivasse a un accordo, insieme con Hitler, per fare fronte comune contro l’avanzata del comunismo verso l’Europa occidentale. Il carteggio originale, quello che Mussolini portava con sé, finì subito in mani inglesi, sicuramente, e non certo al movimento partigiano. Però ne erano state fatte moltissime copie, anche fotografiche, consegnate a personaggi di cui Mussolini si fidava. Ebbene: non una, di queste copie, è mai saltata fuori: evidentemente, anch’esse ritornarono a Churchill.Conobbi personalmente il generale Wolff, plenipotenziario di Himmler. Wolff trattò con Donovan (William Joseph Donovan, generale dell’intelligence Usa, ndr), che gli garantì la vita e un ritorno in libertà in tempi abbastanza rapidi. E’ verosimile che in quella trattativa rientrasse anche l’impegno di Wolff a far sì che il Duce venisse catturato? La prova scritta di questo impegno non esiste, ma dovrebbe essere sufficiente il celebre libro dello scrittore e storico tedesco Erich Kuby, dal titolo “Il tradimento tedesco” (Rizzoli, 1983), per dedurne che sicuramente partì dal generale Wolff l’ordine di non proteggere il Duce e lasciarlo nelle mani dei partigiani. E basta rileggersi la penosa risposta che Wolff diede a Erich Kuby, che gli chiedeva perché gli uomini della colonna Wallmeier non avessero fatto nulla per difendere il Duce. La risposta di Wolff fu la seguente: «Poiché Mussolini non aveva rispettato la parola d’onore datami di non lascare Gargnano (sul Lago di Garda) per recarsi a Milano, ed era partito per Milano il 18 aprile, è perfettamente giustificabile che i tedeschi non lo abbiano difeso a Dongo».Penoso: vuol dire che i tedeschi dovevano vendicarsi di Mussolini per il fatto che fosse andato a Milano senza avvertire Wolff? Non ha senso, è una stupidaggine. La risposta, in realtà, prova che l’ordine di non proteggere Mussolini, lasciandolo nelle mani dei partigiani, era stato veramente impartito da Wolff a Wallmeier, che – guardacaso – nessun giornalista storico riuscì mai a individuare, a ripescare e a intervistare. Addirittura non trovarono neanche i suoi documenti originari, la carta d’identità; tant’è che, secondo alcuni storici, il suo vero nome era Schallmeier, e non Wallmeier. Non riuscì a rintracciarlo nemmeno Erich Kuby, grande giornalista. Il che dimostra che era stata una trappola, organizzata dall’alto, proprio col preciso scopo di consegnare Mussolini a quelli che, poi, sarebbero stati i suoi esecutori. Questa è storia: una pagina che va riletta e riscoperta, assolutamente.(Luciano Garibaldi, dichiarazioni rilasciate nel video “La morte di Mussolini e i misteri inglesi”, con Enrico Montermini, su YouTube il 20 dicembre 2020. Tra i libri citati da Garibaldi: Giorgio Cavalleri, “Ombre sul lago”, Arterigere-Chiarotto Editore, 2007; Bruno Giovanni Lonati, “Quel 28 aprile. Mussolini e Claretta: la verità”, Ugo Mursia Editore, 1994; Ricciotti Lazzero, “Il sacco d’Italia. Razzie e stragi tedesche nella Repubblica di Salò”, Mondadori, 1994).Giustiziato dai partigiani, il 28 aprile 1945? A correggere la “vulgata” sulla fine del Duce provvedono ormai in tanti. Tra questi, un giornalista come Luciano Garibaldi, autore di veri e propri “scoop”, negli anni Novanta. La sua ricostruzione: Mussolini (già condannato a morte due anni prima da Roosevelt e Churchill, secondo Enrico Montermini, come conferma un’intercettazione telefonica della Gestapo) fu “venduto” ai partigiani dal generale Wolff delle SS, ormai accerchiato dagli alleati. A loro volta, i partigiani – che catturarono il dittatore a Dongo, senza che la scorta militare tedesca opponesse resistenza – fu assassinato poco dopo su ordine di 007 inglesi, accorsi sul Lago di Como per far tacere per sempre il Duce e far sparire i documenti che aveva con sé: provavano il complotto ordito con Churchill, fino all’ultimo, per convincere Hitler a deporre le armi in Europa, per poi fare fronte comune contro l’Urss. Doveva morire anche Claretta Petacci – dice Garibaldi – perché era al corrente di tutto. Bisognava impedire che Mussolini e la donna parlassero, con gli americani o anche solo coi giornalisti che stavano affluendo da mezzo mondo per tentare di intervistarlo, dopo la notizia della sua cattura. La celebre fucilazione partigiana a Giulino di Mezzegra? Sarebbe stata soltanto una macabra messinscena: Mussolini era già morto, da ore.
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Post antisemita: Torino, s’indigna l’impero delle bugie
Non una riga sulle grandi manovre della dinastia Agnelli-Elkann, ma fiumi di inchiostro per lo scivolone “antisemita” di una consigliera comunale di Torino, che veicola incautamente un post nel quale si associa l’antica spazzatura nazi-razzista alla (sacrosanta) denuncia della mega-concentrazione editoriale nelle mani del sempre più potente gruppo Gedi. Succede nell’Italia del 2021, reduce da un anno di lavaggio del cervello – teoria e pratica del terrorismo sanitario, grazie alla banda Conte – in cui, a parte il totalitarismo informativo sul virus, la casata torinese ha compiuto atti epocali, nel silenzio generale: la storica cessione dell’ex Fiat ai francesi e la trattativa per sbolognare anche Iveco (ai cinesi), dopo aver incassato i miliardi ottenuti da “Giuseppi” col pretesto della crisi pandemica, in realtà utilizzati da Exor per confluire in Stellantis. Da notare, soprattutto, la clamorosa requisizione del gruppo “Espresso”, a cominciare da “Repubblica”, senza il minimo accenno di allarme da parte della politica, o dallo stesso Ordine dei Giornalisti con le sue articolazioni sindacali, un tempo vigili di fronte alla creazione di trust dominanti come quello berlusconiano.
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Natale negato, Magaldi: scandaloso, il silenzio della Chiesa
C’è qualcosa di oscuro e profondo che aleggia su di noi, se si arriva a “negare” persino il Natale (niente messa di mezzanotte, vietati i raduni familiari fuori dal Comune di residenza). Peggio ancora: il Vaticano tace, la Cei non protesta. «La Chiesa cristiana, nella sua storia, è stata anche eroica: ha avuto martiri sbranati dai leoni. Dov’è finito, adesso, quel coraggio?». Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” – straordinaria rivelazione sul ruolo del back-office del potere, che oggi qualcuno chiama Deep State – denuncia il mutismo dell’alto clero cattolico di fronte al Natale 2020 “silenziato” da Conte con l’alibi della pandemia. Cattolico lui stesso, anche se “eretico”, Magaldi prende nota: è come se venisse colpita, anche simbolicamente, la valenza archetipica del Sol Invicuts, la “rinascita cosmica” emblematizzata dalla stessa, potente figura del Cristo, ovvero dalla celebrazione cristiana della natività. Come se “non dovessimo” risorgere, neppure noi, dalle tenebre nelle quali siamo stati sprofondati, da ormai quasi un anno? E’ un messaggio anomalo e sinistro (una specie di resa), quello convalidato da Bergoglio e dai sui vescovi: dovremmo dunque fingere di credere che è meglio stare chiusi in casa «ancora per settimane e mesi, forse per anni, magari per sempre», nell’attesa di uno strano messia – non esattamente cristiano – come il mitico vaccino, presentato come unica soluzione di un problema ingigantito in modo orwelliano?I fatti sono sotto gli occhi di tutti, nonostante la grancassa terroristica dei media mainstream, fondata su dati non trasparenti: per la prima volta nella storia, il mondo è stato paralizzato da un virus influenzale pericoloso, ma la cui letalità non supera lo 0,3%. Un virus che comunque colpisce essenzialmente persone anziane e già prostrate da gravi malattie. Le terapie ormai esistono, per trasformare il Covid in una patologia controllabile da casa, con opportuni farmaci. Ma si continua a fingere di avere di fronte l’Ebola, la peste bubbonica. Si sperava che “passasse”, come un temporale, dopo la drammatica primavera 2020. Così non è stato: in un paese sanitariamente disastrato, con un governo incapace e senza più una medicina territoriale all’altezza della situazione, gli ospedali sono tornati inevitabilmente ad affollarsi, nel corso dell’autunno. E ora, che cosa si ripropone? Le stesse misure (fallimentari) che non hanno eliminato il problema nei mesi precedenti. Fermare l’economia, chiudersi in casa: ma in attesa di che cosa, visto che il virus ha l’aria di essere diventato endemico?L’unica certezza, infatti, riguarda le conseguenze catastrofiche dei lockdown, del coprifuoco, delle zone rosse: l’economia sta crollando, il debito pubblico rischia di esplodere per via dei sussidi (comunque insufficienti) e della cassa integrazione (erogata spesso in scandaloso ritardo). L’Italia, poi, vanta veri e propri record: tra i grandi paesi, è quello più colpito. Registra la peggior performace economica e il più alto numero di vittime. Un fallimento cocente, quello italiano. Il governo più severo e inflessibile coi cittadini è anche quello che sta collezionando i risultati peggiori, in ogni campo: il rigore psico-panico del distanziamento affonda il Pil, disastra interi comparti economici, mette in pericolo la sicurezza sociale ma anche la salute, non garantendo più la giusta assistenza ai pazienti affetti da malattie gravi (cardiologiche, oncologiche) e senza nemmeno riuscire ad alleggerire il pesante bilancio della catastrofe Covid, che vede l’Italia tra i paesi meno efficaci nel contrastare le conseguenze peggiori del virus.La cosa sconcertante, osserva Magaldi, è che un vasto strato della popolazione si sia sottomesso ai diktat, senza protestare: a che serve stare a casa, ancora, se poi – finito il lockdown – i contagi torneranno a salire? Non è già abbastanza evidente il fatto che il distanziamento non può essere la soluzione? Lo dimostrano paesi come la Svezia: niente coprifuoco, verso un’immunità di gregge da raggiungere velocemente. Lo affermano anche i maggiori epidemiologi, quelli che hanno contastrato l’Ebola e che – insieme a decine di migliaia di medici – hanno sottoscritto la Dichiarazione di Great Barrington: dall’incubo Covid si esce in un solo modo, e cioè contagiandosi. In altre parole: secondo quei luminari occorre avere più contagi (non meno) per consentire al virus di adattarsi al nostro organismo e diventare gradualmente inoffensivo. Si tratta insomma di accettare un rischio ragionevole (e comunque inevitabile, come ben si vede anche in Italia), dopo aver messo in sicurezza gli anziani e i malati gravi – quelli sì, da isolare strettamente, in attesa che la situazione migliori. E invece no: si continua a fare la guerra ai contagi (distanziamento, mascherine) come se servisse a qualcosa.Una parte della popolazione, nel frattempo, è come impazzita: manipolata dalla politica e dai media, teme il ruolo degli “untori” e contribuisce così alla disgregazione della società, della scuola, del lavoro e dei redditi, cominciando dal turismo e dal commercio. «A chi ha paura, io dico: stia a casa. Ma non pretenda di rinchiudere chi invece accetta di essere contagiato, e quindi poi immunizzato, come in tutte le epidemie della storia». Gioele Magaldi è battagliero: il Movimento Roosevelt, di cui è presidente, assiste da mesi – in modo gratuito – i cittadini colpiti da sanzioni ingiuste: gli avvocati del Sostegno Legale impugnano le multe, «che non saranno pagate mai, visto in carattere illegittimo dei Dcpm». Non solo: i “rooseveltiani” hanno anche stoppato, insieme ai medici, la folle imposizione del vaccino antinfluenzale pretesa nel Lazio da Zingaretti, ma annullata dal Tar. A proposito: Zingaretti ha fatto spendere al Lazio 14 milioni di euro per mascherine mai consegnate, e poi – insieme alla Calabria – ha speso 118 milioni di euro per vaccini contro l’influenza, che sperava di inoculare obbligatoriamente ad anziani, medici e infermieri.Un classico esempio di sottopolitica a disposizione delle grandi lobby, come quella del farmaco, che hanno bisogno di personaggi disposti a fare da apriprista, da battistrada. Il ruolo dell’Italia – cavia prescelta, in Occidente, a causa dell’inconsistenza dei suoi politici – è ormai vistosamete lampante: e ora infatti si aprirà l’analogo balletto dei vaccini, che gli stessi virologi televisivi temono, e che il “British Medical Journal” definisce prematuri, non sicuri e di efficacia non dimostrata. L’altra notizia, pessima, è lo stato narcolettico dell’opinione pubblica, letteralmente rincoglionita dalle quotidiane fake news psico-terroristiche erogate dai media e controllate, anche sul web, dal grottesco Ministero della Verità che Conte ha affidato al sottosegretario Andrea Martella, nemmeno fossimo in Corea del Nord (e senza un fiato di protesta da parte delle redazioni e degli organismi di garanzia, a cominciare dall’Ordine dei Giornalisti). “Andrà tutto bene”, recitava a marzo lo slogan perfetto della catastrofe incombente. S’è visto, infatti, quanto è andato “tutto bene”.E il peggio è che, davanti, c’è il nulla: nessuna via d’uscita, né economica né sanitaria. In pratica: una trappola micidiale, che qualcuno chiama Great Reset: un’epidemia influenzale “cinese”, prontamente dichiarata pandemica dall’Oms e usata come pretesto per disarticolare l’economia, in un sol colpo, verticalizzando il controllo socio-economico (con lo strumento della paura) su sette miliardi di esseri umani, che ora si vorrebbe sottoporre anche al dominio tecno-vaccinale universale, pena la perdita delle libertà elementari. Gioele Magaldi maneggia con cura la parola “fascismo”: allude proprio al deprecato ventennio mussoliniano il nome della Milizia Rooseveltiana, formazione destinata a mobilitarsi per risvegliare l’Italia dall’ipnosi. Le parole “milizia” e “Roosevelt” fanno a pugni, compongono un ossimoro: evocano l’attivismo battagliero per reclamare il pieno ritorno alla democrazia, «combattendo in modo nonviolento ma anche con durezza, contro il fascismo strisciante di oggi: quello vero, imposto con la sopraffazione in nome di un pericolo sanitario vergognosamente sopravvalutato per danneggiare l’Occidente e soffocarne la libertà».Fascismo? «Attenti alle parole», raccomanda Magaldi: «A dare del fascista (cioè del dittatore) a chiunque non la pensasse come loro erano i comunisti, che democratici non erano mai stati». Lo si è visto anche di recente: «Non si è esitato a evocare il fascismo, quindi il razzismo e il militarismo, anche nei confronti di Trump: ridicolo, visto che Trump è stato il meno bellicoso dei presidenti americani, avendo risolto ogni crisi con la diplomazia e senza ricorrere alle armi». Eppure, è stato attaccato anche con il teppismo (squadristico) di una organizzazione come Antifa, che pratica azioni violente (come quelle delle milizie fasciste) ma nel nome dell’antifascismo, bandiera gloriosa ma oggi abusata da fascistelli d’ogni risma. Fascio-comunisti, li definisce Magaldi. «Quale “fascismo” fa paura, oggi? Quello di minoranze testimoniali come CasaPound e Forza Nuova?». Siamo seri, per favore: che cosa sta attentando, in questo preciso istante, alla nostra libertà?Risposta facile: a metterci nei guai è l’altro “fascismo”, quello vero: tecnocratico, finanziario, politico-sanitario. E globale: «E’ un vero e proprio fascio-comunismo, che mette insieme la dittatura cinese e l’oligarchia occidentale, euro-atlantica, che sta provando a mettere fine – con l’aibi del coronavirus – alla lunga “parentesi” della democrazia, per restaurare una sorta di neo-feudalesimo, il potere assoluto dei pochi sui molti». Anche con l’aiuto del Vaticano? Dolenti note: «Alla vigilia delle presidenziali, Mike Pompeo venne a Roma per “strigliare” Bergoglio in mondovisione. La sua colpa? Aver concesso al regime di Pechino il potere di nomina dei vescovi cattolici in Cina, un paese brutalizzato dall’assenza totale di diritti». A sdoganare la Cina – come possibile modello alternativo per l’Occidente – fu la Commissione Trilaterale di Kissinger, campione della superloggia massonica “Three Eyes”, quella che progettò il golpe in Cile contro Allende (a proposito di fascismo). Per chi ancora non l’avesse capito: la “malattia” da cui siamo aggrediti non è curabile all’ospedale. E’ un morbo insidioso: sembra nuovissimo, e invece è antico. Si chiama: dittatura.«Poveri illusi, quelli che ancora adesso – dopo un anno di mostruosi sacrifici completamente inutili – tuttora sperano che basti aspettare ancora un po’, rintanati in casa, confidando che la bufera passi da sola, prima o poi». Non passerà, da sola: e non è per scansare la tempesta che siamo stati rinchiusi, maltrattati come animali d’allevamento. Oggi, il “morbo” prevede la folle clausura – teoricamente infinita, sine die – di un’umanuità imbavagliata e traumatizzata, impoverita e ridotta a gregge impaurito. Si scrive Covid, ma si legge Grande Reset: e non ha niente a che fare, con il virus “scappato” dal laboratorio di Wuhan giusto in tempo per sabotare la rielezione (scontata) di Trump, vigoroso avversario del Great Reset. A confermare la gravità della situazione, e la vastità della compromissione dei poteri coinvolti nel progetto, ecco l’inaudita arrendevolezza di Bergolio di fronte alla tesi – bugiarda, e già smentita – degli autori del piano: stiamo a casa (fino a quando?) e “andrà tutto bene”. Una menzogna epocale, capace di oscurare persino il Natale. Ora sì, siamo davvero in pericolo, se è vero che il “progetto” non si ferma davanti a niente, e pretende di privare i nonni dell’abbraccio dei nipoti anche in un giorno sacro come il 25 dicembre. Niente rinascita: è proibita, per decreto. Stavolta, l’agnello sacrificale siamo noi.C’è qualcosa di oscuro e profondo che aleggia su di noi, se si arriva a “negare” persino il Natale (niente messa di mezzanotte, vietati i raduni familiari fuori dal Comune di residenza). Peggio ancora: il Vaticano tace, la Cei non protesta. «La Chiesa cristiana, nella sua storia, è stata anche eroica: ha avuto martiri sbranati dai leoni. Dov’è finito, adesso, quel coraggio?». Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” – straordinaria rivelazione sul ruolo del back-office del potere, che oggi qualcuno chiama Deep State – denuncia il mutismo dell’alto clero cattolico di fronte al Natale 2020 “silenziato” da Conte con l’alibi della pandemia. Cattolico lui stesso, anche se “eretico”, Magaldi prende nota: è come se venisse colpita, anche simbolicamente, la valenza archetipica del Sol Invicuts, la “rinascita cosmica” emblematizzata dalla stessa, potente figura del Cristo, ovvero dalla celebrazione cristiana della natività. Come se “non dovessimo” risorgere, neppure noi, dalle tenebre nelle quali siamo stati sprofondati, da ormai quasi un anno? E’ un messaggio anomalo e sinistro (una specie di resa), quello convalidato da Bergoglio e dai sui vescovi: dovremmo dunque fingere di credere che è meglio stare chiusi in casa «ancora per settimane e mesi, forse per anni, magari per sempre», nell’attesa di uno strano messia – non esattamente cristiano – come il mitico vaccino, presentato come unica soluzione di un problema ingigantito in modo orwelliano?
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Teodori: legge marziale e golpe di Trump contro Biden?
Mentre i sostenitori di Trump temono che elezioni (per le quali è in svantaggio, stando ai sondaggi) gli possano essere “scippate”, magari attraverso il voto per corrispondenza, gli avversari del presidente uscente evocano addirittura la possibilità di una sorta di golpe presidenziale. «Un fantasma si aggira sugli Stati Uniti a tre settimane dal voto del 3 novembre: è l’eventualità che Donald Trump, qualora si prospetti la vittoria di Joe Biden, impedisca il regolare passaggio dei poteri al nuovo presidente eletto, ribaltando così la regola istituzionale del consenso tra avversari politici che ha sempre dominato la democrazia americana». Lo scrive sull’”Huffington Post” il politologo Massimo Teodori, già deputato radicale e appassionato studioso degli Stati Uniti. «Tra i segnali di tale eventualità – afferma Teodori – v’è la dichiarazione del presidente repubblicano di non riconoscere la vittoria del democratico qualora fosse ottenuta con frode: dichiarazione accompagnata dal corollario che il voto postale (ampiamente usato nell’attuale circostanza) appare già oggi come fraudolento».
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“Il piano di Conte: 5.000 contagi e lockdown a novembre”
«Ci restano 2-3 settimane», avrebbe detto Walter Ricciardi a “Repubblica”, il giornale degli Elkann che è in prima linea nella drammatizzazione della “crescita dei contagi” (per lo più di asintomatici) registrata di pari passo con l’aumento dei tamponi. Lo fa notare Diego Fusaro su YouTube: l’intento sarebbe quello di tornare rapidamente alla fase-1, cioè al lockdown, incolpando i cittadini “irresponsabili” e “negazionisti”. «Il piano del governo Conte per arrivare al lockdown si sta delineando nella sua chiarezza», scrive “Il Mondo Quotidiano”, rilanciando l’allarme di Fusaro. «Dopo una estate a cui è stato dato modo alla gente di rilassarsi e un numero di test giornaliero risibile, si è passati alla Fase 2 con l’innalzamento del numero dei tamponi alla caccia di nuovi positivi», scrive il blog. «Vi è però una sostanziale differenza rispetto ai primi mesi dell’epidemia: i nuovi positivi sono per lo più asintomatici, poiché il virus è mutato e si è adattato all’organismo ospite. Ciò ha portato il professor Zangrillo a concludere che, dal punto di vista clinico, il coronavirus era da considerarsi finito». In compenso, «dal punto di vista della strumentalizzazione politica il coronavirus è più vivo che mai», e anche se «non è più in grado di mettere a rischio la tenuta delle strutture sanitarie», come parrebbe, «la proroga dello stato d’emergenza viene giustificata in funzione preventiva».In breve, secondo “Il Mondo Quotidiano”, Conte afferma che con i Dpcm è più facile intervenire laddove si renda necessario; ma se le strutture sanitarie non sono in affanno, «non ha senso prorogare lo stato di eccezione che il premier, a questo punto, vorrebbe infinito». Anche da questo punto di vista, il discorso di Conte non regge: «Nel caso in cui si rendesse necessario intervenire rapidamente, basterebbe una seduta d’urgenza del Consiglio dei Ministri per ripristinare lo stato d’emergenza». Secondo il blog, il vero fine di Conte è quindi quello di gestire il potere in maniera assoluta, e prepararsi a “spendere” i soldi dell’eventuale Recovery Fund. «Pd e M5S non hanno altra scelta che sostenerlo. Conte lo sa e ne approfitta per ricattarli (”o me o Salvini”)». L’attuale emergenza – sostiene il “Mondo Quotidiano” – non potrebbe esistere «senza il terrorismo mediatico attuato da giornali, Tv e scienziati compiacenti (come Burioni, Crisanti, Ilaria Capua, Lopalco) presentati come autorità nel campo della virologia quando in realtà non lo sono». Il piano di Conte sarebbe dunque quello di attuare in Italia «una dittatura personale», addirittura «come quella di Mussolini». Per ottenere questo risultato, «gli occorre procedere a passi spediti verso il lockdown».Nuovo “coprifuoco” in arrivo? Magari «non proprio come a marzo, ma chiudendo tutte le attività pubbliche, salvo quelle produttive: i cittadini saranno quindi reclusi nelle loro case, da cui potranno uscire solo per andare al lavoro». Il “Mondo Quotidiano” sottoscrive la più inquietante delle previsioni: «Tutte le attività commerciali falliranno e milioni di disoccupati dovranno essere sfamati dal governo». Conte avrebbe pensato anche a loro: «Con la politica dei bonus darà agli italiani come mangiare, proprio come se si fosse in guerra. Ma non si potrà lavorare, se non in fabbrica o negli uffici». Ed ecco il pronostico: «Per raggiungere questo obiettivo, Conte deve arrivare almeno a 5.000 contagiati al giorno». E per fare ciò «il numero dei test dovrà essere portato almeno a 300.000 tamponi al giorno (rispetto agli attuali 120.000)». La volontà di aumentare il tracciamento – che di per sé rappresenta una forma di monitoraggio – è dimostrata dall’allestimento di 24 nuovi laboratori. «Non farà differenza il fatto che il 95% o più dei positivi risulteranno asintomatici», avverte il blog: «Nella propaganda terroristica del coronavirus, anche chi non ha sintomi viene considerato malato e potenzialmente un untore».Sempre secondo “Il Mondo Quotidiano”, la nuova chiusura totale «scatterà verso novembre», e addirittura «sarà mantenuta fino ad aprile», ovvero quando arriverà «il micidiale vaccino di AstraZeneca, multinazionale già al centro di vari scandali». Non c’è da sperare che un’inversione di rotta, «nella grande fiction del coronavirus», possa giungere dal Quirinale: anche Mattarella ha convalidato la preoccupazione governativa per l’aumento dei contagi, senza distinguere tra sintomaci e non. Per il “Mondo Quotidiano”, si evita di ammettere che «la crescita della curva è la diretta conseguenza dell’abnorme aumento del numero dei test, come denunciato dalla dottossa Maria Rita Gismondo», dell’ospedale Sacco di Milano. «A drammatizzare il quadro», inoltre, «è arrivata la notizia dell’intervento dei militari che aiuteranno le forze dell’ordine nei controlli». Secondo il blog «il vaccino non sarà reso obbligatorio, ma verrà presentato come via d’uscita dalla “reclusione de facto” a cui milioni di cittadini saranno stati costretti». Si vivrebbe quindi «in un regime autoritario, controllato e senza più possibilità di tornare alla vita di un tempo». Anche il “Mondo Quotidiano” guarda alle presidenziali americane di novembre: «Se vincerà Trump, il mondo avrà una chance di tornare libero. Se vincerà Biden, il mondo intero precipiterà in una dittatura di stampo cinese».«Ci restano 2-3 settimane», avrebbe detto Walter Ricciardi a “Repubblica”, il giornale degli Elkann che è in prima linea nella drammatizzazione della “crescita dei contagi” (per lo più di asintomatici) registrata di pari passo con l’aumento dei tamponi. Lo fa notare Diego Fusaro su YouTube: l’intento sarebbe quello di tornare rapidamente alla fase-1, cioè al lockdown, incolpando i cittadini “irresponsabili” e “negazionisti”. Già dirigente dell’Oms, Ricciardi (consulente di Speranza al ministero della sanità) appare di fatto come uno dei massimi ispiratori della strategia anti-Covid. «Il piano del governo Conte per arrivare al lockdown si sta delineando nella sua chiarezza», scrive “Il Mondo Quotidiano“, rilanciando l’allarme di Fusaro. «Dopo una estate a cui è stato dato modo alla gente di rilassarsi e un numero di test giornaliero risibile, si è passati alla Fase 2 con l’innalzamento del numero dei tamponi alla caccia di nuovi positivi», scrive il blog. «Vi è però una sostanziale differenza rispetto ai primi mesi dell’epidemia: i nuovi positivi sono per lo più asintomatici, poiché il virus è mutato e si è adattato all’organismo ospite. Ciò ha portato il professor Zangrillo a concludere che, dal punto di vista clinico, il coronavirus era da considerarsi finito». In compenso, «dal punto di vista della strumentalizzazione politica il coronavirus è più vivo che mai», e anche se «non è più in grado di mettere a rischio la tenuta delle strutture sanitarie», come parrebbe, «la proroga dello stato d’emergenza viene giustificata in funzione preventiva».
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Se vincerebbe il Sì: come non dare un dispiacere a Di Maio?
«Se vincerebbe il Sì», è riuscito a dire l’incorreggibile Di Maio nei giorni scorsi, parlando del referendum sul taglio dei parlamentari. Un voto a cui i 5 Stelle si aggrappano, per tentare di nascondere lo squallore assoluto in cui sta annegando il partito-caserma creato da Grillo, l’ex comico che nei giorni scorsi avrebbe mandato all’ospedale un giornalista di Mediaset, Francesco Selvi, che tentava di intervistarlo. «Se vincerebbe il Sì», ha osato dire l’ex vicepremier e attuale ministro (degli esteri). A proposito: l’Italia – ormai sparita persino dalla Libia – non ha più uno straccio di politica estera. Quanto alla politica interna, se la fa dettare per intero dall’Agenda Mondiale dell’Emergenza, elaborata da quella stessa “casta” che fece la fortuna dei grillini, nati come alternativa elettorale, giustizialista, agli abusi dei soliti noti. Non poteva trovare esecutori più docili, il peggior potere internazionale: nessuno, come i grillini, sa obbedire – all’istante – anche agli ordini più indecenti. E nessuno come i grillini ha saputo tradire in modo così atroce gli ingenui elettori, che avevano creduto alle favole sull’Ilva, sul gasdotto Tap, sulla Torino-Lione, sulle trivelle in Adriatico, sugli F-35. In altre parole: su tutto. La beffa più ignobile? La promessa di abolire l’obbligo vaccinale, imposto da Big Pharma tramite Beatrice Lorenzin, sapendo di poter fare dell’Italia un paese-cavia, data l’inconsistenza della sua classe politica.In questa catastrofe epocale, ancor prima che il mondo intero venisse declassato a reparto ospedaliero popolato di pazienti in libertà vigilata, la narrazione del grillismo riesce a deformare anche il grottesco, con le deprimenti sgrammaticature di Di Maio e le solennità tragicomiche ricamate attorno alla barzelletta del reddito di cittadinanza, grazie alla quale poi dichiarare «abbiamo sconfitto la povertà». Tutto questo, un minuto prima che il sistema-Italia si impoverisse per intero e in modo spaventoso, in un colpo solo, precipitando nel baratro del Pil (-15%) per effetto del lockdown “cinese” imposto dall’Oms al prestanome che siede a Palazzo Chigi. Anche lui, l’ex “avvocato del popolo” (in realtà, del potere vaticano amico della Cina), è un regalo del grillismo che ha ingannato il Belpaese, fuorviandolo, proprio mentre cresceva l’insofferenza verso la classe politica. L’ipnosi collettiva ha sdoganato scemenze come il mitico “uno vale uno”, nella caserma politica fondata dal padrone Casaleggio (con Enrico Sassoon) e capitanata dal demiurgo Grillo, che Alessandro Meluzzi definisce «un vecchio arnese del potere democristiano», trasformato in utile pedina dell’élite finanziaria mondiale. «Grillo era in quota alla sinistra Dc alleata dell’ex Pci, e fu chiamato a bordo del Britannia, al servizio dei poteri forti intenzionati a depredare l’Italia, per poi essere riciclato come finto rivoluzionario, allo scopo di depistare la rabbia di milioni di italiani e impantanarla su lidi innocui».Luigi Di Maio è un esemplare perfetto, dello zoo grillino. Prima con Salvini, poi contro. Prima coi Gilet Gialli, poi con Macron. Prima contro l’euro, poi in ginocchio di fronte alla Merkel («ce l’avessimo in Italia, un politico così). Se il mandante occulto è l’élite del Britannia – la “casta”, tradotto in grillese – è persino ovvio che l’ordine sia sempre lo stesso: tagliare l’Italia, rimpicciolendola. Viva la Cina, dunque: e se Pechino non ama la democrazia, tanto meglio. Del resto, dal lockdown in poi, è proprio la democrazia a esser stata tagliata, anche in Italia, e nel modo più brutale, nel silenzio-assenso degli zelanti grillini. Il Parlamento non piaceva granché a Mussolini, e nemmeno a Licio Gelli. Il taglio dei parlamentari era nei piani della P2, ma anche nell’orientamento politico dei magistrati di Mani Pulite, che rasero al suolo i partiti della Prima Repubblica proprio mentre i signori del Britannia allungavano le mani sull’Italia, ormai indifesa. Chiusa la parentesi Berlusconi, comparvero loro: i rivoluzionari all’amatriciana. In pochissimi anni, fino all’attuale apocalisse targata Giuseppe Conte, i grillini sono riusciti a distruggere anche l’ultimo barlume democratico: la fiducia nella possibilità di una politica degna. Scontato, oggi, che premano per tagliare il Parlamento: cosa che andrebbe in porto, «se vincerebbe il Sì». Come resistere, alla tentazione di dare un dipiacere a Di Maio?(Giorgio Cattaneo, 15 settembre 2020).«Se vincerebbe il Sì», è riuscito a dire l’incorreggibile Di Maio nei giorni scorsi, parlando del referendum sul taglio dei parlamentari. Un voto a cui i 5 Stelle si aggrappano, per tentare di nascondere lo squallore assoluto in cui sta annegando il partito-caserma creato da Grillo, l’ex comico che nei giorni scorsi avrebbe mandato all’ospedale un giornalista di Mediaset, Francesco Selvi, che tentava di intervistarlo. «Se vincerebbe il Sì», ha osato dire l’ex vicepremier e attuale ministro (degli esteri). A proposito: l’Italia – ormai sparita persino dalla Libia – non ha più uno straccio di politica estera. Quanto alla politica interna, se la fa dettare per intero dall’Agenda Mondiale dell’Emergenza, elaborata da quella stessa “casta” che fece la fortuna dei grillini, nati come alternativa elettorale (giustizialista) agli abusi dei soliti noti. Non poteva trovare esecutori più docili, il peggior potere internazionale: nessuno, come i grillini, sa obbedire – all’istante – anche agli ordini più indecenti. E nessuno come i grillini ha saputo tradire in modo così atroce gli ingenui elettori, che avevano creduto alle favole sull’Ilva, sul gasdotto Tap, sulla Torino-Lione, sulle trivelle in Adriatico, sugli F-35. In altre parole: su tutto. La beffa più ignobile? La promessa di abolire l’obbligo vaccinale, imposto da Big Pharma tramite Beatrice Lorenzin, sapendo di poter fare dell’Italia un paese-cavia, data l’inconsistenza della sua classe politica.
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Giorgio Bocca, partigiano: ma nel fascismo c’era del buono
La cultura italiana si è resa conto che la storia del fascismo, così come è stata scritta dagli antifascisti in questi anni, è storia da rivedere. È una storia che io chiamerei di famiglia. Il più grave errore mi sembra quello di aver raccontato la storia del fascismo come la storia di un movimento autoritario, violento… Ma la realtà del fascismo nascente è tutt’altra: il fascismo è un movimento violento e autoritario che reagisce a un’altra minoranza, altrettanto violenta e autoritaria, come quella socialcomunista. Tra socialismo e fascismo c’è una matrice culturale comune, ci sono delle illusioni comuni: che gli uomini possano essere cambiati in breve spazio di tempo. Nel 1936, all’epoca dell’impero, credo che il 90% degli italiani approvasse quello che rappresentava anche il loro sogno. Il consenso ci fu per tutto il periodo, diciamo così riformistico del fascismo, fino al patto con la Germania. Gli intellettuali italiani, secondo la loro tradizione millenaria, passarono subito al servizio del fascismo. Si sa che i professori universitari che non giurarono fedeltà al fascismo furono tre e non di più (in realtà erano 11 e diventarono 12, ndr). Tutti gli altri si misero dalla parte del fascismo che verso di loro, in verità, a differenza di altri regimi totalitari, fu piuttosto morbido.Il fascismo si differenziò proprio nell’essere largo nel lasciare autonomia alle scienze e alle arti. C’era una posizione abbastanza permissiva da parte del fascismo. Mussolini in campo culturale è stato un grandissimo giornalista e un politico professionale del suo tempo…come Gramsci, Togliatti, Nenni. Rispetto agli altri dittatori totalitari Mussolini era un uomo di mondo, aveva letto i libri giusti, aveva dei rapporti corretti con la cultura, mentre Hitler e Stalin non li avevano. Al di fuori del giornalismo non ha mai preso un soldo dallo Stato. Per il delitto Matteotti non credo che si possa parlare di mandante diretto, credo che sia stato interpretato in modo estensivo un suo scatto di malumore… Mussolini diede in escandescenza contro di lui ma senza mai dire “uccidetelo”. La politica sociale del fascismo fu nei primi anni una politica riformista normale, furono introdotte alcune leggi che facilitavano l’agricoltura, mettevano un primo ordine nei luoghi di lavoro; assicuravano con l’Iri un industrialismo assistito, una rinuncia al capitalismo feroce. Eravamo un paese arretrato, con una classe imprenditoriale anch’essa arretrata, e ad un certo punto fu giocoforza fare un’economia protezionista.Il fascismo, nato come regime di massa, fece partecipare alla vita politica un numero maggiore di persone. I ceti medi, infatti, che nel regime liberale non avevano contato, sotto il fascismo, pur nei modi e nei limiti previsti, partecipavano alla vita politica. Non è esistito un razzismo degli italiani diverso dal razzismo di tipo coloniale… era politica di dominio, non di sterminio. Il popolo italiano le leggi razziali non le ha sentite per niente; l’adozione delle leggi razziali per adeguarsi alla Germania nazista furono una prova di subalternità rispetto alla Germania. In tutto il fascismo fino al 1935, non c’è la minima traccia di razzismo antisemita. Le affinità tra nazismo e fascismo sono pochissime e sono affinità di metodo: sono due regimi di massa, a partito unico, autoritari; ma le differenze sono molto più grandi delle somiglianze. Veramente fra fascismo e nazismo non c’è alcuna parentela. La concezione della razza resta fondamentale per differenziare il fascismo dal nazismo. Il Mussolini dell’ultimo periodo è stato un Mussolini con le mani legate, indubbiamente. Io credo che il motivo dominante dell’alleanza con la Germania sia stata la paura.(Giorgio Bocca, dichiarazioni sul fascismo estratte dal volume collettivo “Il fascismo ieri e oggi”, a cura di Enzo Palmesano, pubblicato nel 1985 dall’editore Ciarrapico. La sintesi, che rivela il revisionismo storico del grande giornalista, già comandante partigiano, è stata riproposta da Marcello Veneziani su “La Verità” il 26 agosto 2020. Riguardo all’omicidio Matteotti, Bocca coglie nel segno: il mandante non fu Mussolini, ma il Re. Lo scrive Gianfranco Carpeoro, nel saggio “Il compasso, il fascio e la mitra”, uscito nel 2017 per UnoEditori. La ricostruzione di Carpeoro si basa su documenti riservati della massoneria: Matteotti fu assassinato dai killer reclutati da Filippo Naldi, vicino a Casa Savoia, perché a Londra il leader socialista aveva scoperto che Vittorio Emanuele III era il grande beneficiario dell’accordo stipulato con la Standard Oil dei Rockefeller, cui era stata concessa l’esclusiva per le forniture di petrolio all’Italia).La cultura italiana si è resa conto che la storia del fascismo, così come è stata scritta dagli antifascisti in questi anni, è storia da rivedere. È una storia che io chiamerei di famiglia. Il più grave errore mi sembra quello di aver raccontato la storia del fascismo come la storia di un movimento autoritario, violento… Ma la realtà del fascismo nascente è tutt’altra: il fascismo è un movimento violento e autoritario che reagisce a un’altra minoranza, altrettanto violenta e autoritaria, come quella socialcomunista. Tra socialismo e fascismo c’è una matrice culturale comune, ci sono delle illusioni comuni: che gli uomini possano essere cambiati in breve spazio di tempo. Nel 1936, all’epoca dell’impero, credo che il 90% degli italiani approvasse quello che rappresentava anche il loro sogno. Il consenso ci fu per tutto il periodo, diciamo così riformistico del fascismo, fino al patto con la Germania. Gli intellettuali italiani, secondo la loro tradizione millenaria, passarono subito al servizio del fascismo. Si sa che i professori universitari che non giurarono fedeltà al fascismo furono tre e non di più (in realtà erano 11 e diventarono 12, ndr). Tutti gli altri si misero dalla parte del fascismo che verso di loro, in verità, a differenza di altri regimi totalitari, fu piuttosto morbido.
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Una strana religione politica, contro la teologia mondialista
Le Forze della Luce contro le Forze delle Tenebre: a esprimersi in questi termini non è Tolkien nel “Signore degli Anelli”, ma il cardinale Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Usa, nella sua celebre lettera aperta indirizzata alla Casa Bianca. Un’esortazione rivolta a Donald Trump perché si metta alla testa dell’Esercito del Bene contro le Armate del Male che, manipolando le masse con il terrorismo psicologico costruito attorno al coronavirus, darebbero corso a un piano “infernale” teso alla sottomissione definitiva dell’umanità. Coglie nel segno, l’alto prelato, nell’individuare una possibile, evidente regia occulta nell’affare-Covid, sovragestito da élite pericolosamente influenti sulla finanza, sui media e sui governi. Diversamente non sarebbero spiegabili gli incredibili “errori” commessi ovunque, fin dall’inizio dell’esplosione epidemica: ritardato allarme, misure sanitarie errate e controproducenti, lockdown e distanziamenti indiscriminati e coercitivi, abusi di potere, sottovalutazione delle terapie efficaci, psicosi diffusa a reti unificate. Un mix devastante: epidemia di panico e collasso dell’economia.Una vera e propria strategia della tensione a livello globale, per far accettare misure inaccettabili come la sospensione delle libertà democratiche, dopo aver ridotto i cittadini a sudditi docilissimi e terrorizzati, grazie alla piena complicità dei grandi media, trasformati in organi di propaganda (in Italia, assistiti persino da una censura governativa sfrontatamente ufficiale, istituzionalizzata da Giuseppe Conte con apposita task-force a Palazzo Chigi). Se l’analisi di monsignor Viganò offre spunti altamente suggestivi e utili per riflettere sul “male oscuro” che sembra intenzionato a impossessarsi del pianeta, e contro cui si ergerebbe Trump per opporvisi coraggiosamente, è la configurazione del “bene” disegnata dal cardinale a lasciare decisamente perplessi, laddove il “male”, secondo Viganò, sarebbe incarnato da un nemico come “la massoneria”, presa in blocco e senza nessun distinguo. Dettaglio quasi umoristico: Viganò sembra ignorare il fatto che lo stesso Trump, come moltissimi altri presidenti americani, sia un massone, e per giunta – come pubblicamente ammesso da più parti – aiutato in modo decisivo, nel 2016, dalla massoneria “progressista”, che scelse The Donald per metter fine all’ipocrisia finto-democratica dei Clinton, potente ingranaggio dell’élite finanziaria ultra-oligarchica.Non sorprende che i riferimenti socio-culturali di Viganò, esponente del clero cattolico più tradizionalista e ostile alle libertà garantite dai diritti civili, restino quelli – Dio e famiglia – che risuonavano nella Chiesa reazionaria di Pio IX, grande avversario della modernità e campione di un oscurantismo autoritario di antica data, proprio mentre le avanguardie sociali dell’Italia ottocentesca ribollivano di fervore libertario e risorgimentale. A stupire, semmai, sono i richiami patriottici dei tanti fan di Viganò, che al Moloch del globalismo contrappongono il baluardo dell’identità nazionale, intendendo l’Italia essenzialmente come comunità religiosa, cattolica e pure anti-massonica, quasi ignorando l’origine interamente libero-muratoria dell’Unità d’Italia, strenuamente contrastata proprio dal Vaticano. Come ogni storico sa, infatti, se la massoneria partorì la carboneria per dare corso al piano di emancipazione del Balpaese, furono massoni come Cavour e Garibaldi a progettare e condurre a termine il processo unitario, mettendo fine a quello “spezzatino di Stati e staterelli” che condannava l’Italia a restare una mera espressione geografica.Forse, gli estimatori di Viganò dimenticano anche che il neonato Stato unitario era marcatamente anticlericale, e lo rimase per mezzo secolo: il crocifisso nelle scuole fu introdotto solo nel ‘900 da Mussolini, quando il regime fascista si alleò con la Chiesa dando vita al clerico-fascismo, cioè lo sciagurato assetto politico che finì per accettare anche il gemellaggio con Hitler, dopo che il Duce – in ossequio all’Oltretevere – aveva accettato di rinnegare sia l’aiuto ricevuto in prinicipio dai massoni, sia le sue stesse origini profondamente radicate nel socialismo rivoluzionario, corrente politica tradizionalmente ostile all’oscurantismo clericale che, in Italia e nell’Europa cattolica, aveva frenato in ogni modo il progresso sociale, civile e culturale, ostacolando la diffusione delle conquiste scientifiche. Di norma è il cosiddetto fondamentalismo a mescolare religione e politica, spesso con esiti imbarazzanti: si può arrivare fino alla teocrazia degli ayatollah, anche se in Italia è difficile che si vada oltre al rosario lungamente sventolato da Matteo Salvini nei suoi comizi.Se da un lato suscita sconcerto l’arrendevolezza di Bergoglio (duramente contestato da Viganò) nei confronti del regime di Pechino, che oggi è addirittura autorizzato a influire nelle nomine dei vescovi cattolici presenti in Cina, dall’altro non può che preoccupare i laici, credenti e non, la tendenza a non distinguere tra le varie anime del mondialismo, demonizzando qualsiasi pulsione internazionalistica e prospettando la sola dimensione nazionale (per giunta, interpretata in chiave ierocratica e quasi medievale) come argine contro il devastante dominio neoliberista, mercantile e globalizzato. Chiunque abbia a cuore la libertà, in altre parole, non può accettare l’idea che possa essere una militanza di tipo religioso, quale che sia, a cementare istanze sacrosante come la legittima autodifesa dei cittadini, oggi più che mai trasformati in sudditi. Religione, spiritualità e coscienza sono risorse virtualmente fondamentali, a livello inviduale: ma non è certo su una presunta religione nazionalistica, per giunta aliena rispetto all’universalismo cattolico e condizionata dall’imposizione di dogmi di fede che presuppono obbedienza e sottomissione, che si può fondare un pensiero pubblico in grado di contrastare l’obbedienza e la sottomissione che la nuova religione neoliberista oggi cerca di imporre, con la forza della paura, grazie a un virus dall’origine sospetta e tuttora misteriosa.Le Forze della Luce contro le Forze delle Tenebre: a esprimersi in questi termini non è Tolkien nel “Signore degli Anelli”, ma il cardinale Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Usa, nella sua celebre lettera aperta indirizzata alla Casa Bianca. Un’esortazione rivolta a Donald Trump perché si metta alla testa dell’Esercito del Bene contro le Armate del Male che, manipolando le masse con il terrorismo psicologico costruito attorno al coronavirus, darebbero corso a un piano “infernale” teso alla sottomissione definitiva dell’umanità. Coglie nel segno, l’alto prelato, nell’individuare una possibile, evidente regia occulta nell’affare-Covid, sovragestito da élite pericolosamente influenti sulla finanza, sui media e sui governi. Diversamente non sarebbero spiegabili gli incredibili “errori” commessi ovunque, fin dall’inizio dell’esplosione epidemica: ritardato allarme, misure sanitarie insufficienti e controproducenti, lockdown e distanziamenti indiscriminati e coercitivi, abusi di potere, sottovalutazione delle terapie efficaci, psicosi diffusa a reti unificate. Un mix devastante: epidemia di panico e collasso dell’economia.
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Magaldi: Trump salvi l’Italia, se ci tiene ai voti progressisti
Cosa sta succedendo? Giuseppe Conte annaspa, tra i malumori di chi ormai vorrebbe scaricarlo, di fronte a un’Italia che sta prendendo nota di quanto fossero vane le sue promesse. Impietoso l’ultimo report di Bankitalia: il lockdown più severo d’Europa, non compensato da veri aiuti economici per chi è stato rinchiuso in casa, sta colpendo il reddito di metà della popolazione. Un vero massacro sociale, a partire dai lavoratori autonomi: «Un terzo delle famiglie ha riserve per soli 3 mesi, e nel 40% dei casi gli italiani sono in difficoltà con il mutuo», riassume l’Ansa. Di fronte a una catastrofe come la pandemia – chiarì Mario Draghi a fine marzo, sul “Financial Times” – c’è un’unica strada: metter mano al bazooka e spargere miliardi a fondo perduto, come in tempo di guerra. Dove trovarli? Chiedendo all’Ue di fare la sua parte, smettendo quindi di accettare i diktat dei signori di Bruxelles. Oppure, Piano-B, l’ipotesi caldeggiata dal “rooseveltiano” Nino Galloni: emissione a costo zero di moneta parallela, non a debito, spendibile solo in Italia. Un toccasana, per puntellare stipendi e consumi. Giuseppe Conte? Non pervenuto: dopo aver preso in giro gli italiani anche coi prestiti bancari (mai erogati) e la cassa integrazione (tuttora attesa), seguita a cianciare di chimere solo ipotetiche come il Recovery Fund, che scatterebbe soltanto nel 2021 e solo dopo l’accettazione, da parte dell’Italia, di un prestito-capestro come quello del Mes. La soluzione? Più che a Roma, probabilmente risiede a Washington.Ad affermarlo è Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt nonché esponente italiano del network massonico che appoggiò Trump nel 2016 contro Hillary Clinton, progressista solo a parole. «Se vuole essere rieletto alla Casa Bianca con l’aiuto dei massoni democratici, come già avvenne quattro anni fa – avverte Magaldi – il presidente uscente si impegni a cambiare volto all’Europa sostenendo l’Italia, inguaiata dal lockdown imposto da Conte e frenata dall’oligarchia Ue, dominata dai kapò franco-tedeschi che usano Olanda e Austria come “cani da guardia” del rigore». Le affermazioni di Magaldi, rilasciate il 7 luglio nell’ambito della trasmissione in web-streaming “Pane al pane”, su YouTube, risuonano in una giornata particolare, in cui “Libero” dà per imminente la caduta di Conte dopo presunti contatti riservati fra Trump e Mattarella. Altro segnale, quello lanciato dal viceministro alla sanità, Pierpaolo Sileri: «Non ci sarà una seconda ondata di coronavirus, in autunno», ha detto, a “La Verità”: «E comunque, quand’anche fosse pronto un vaccino anti-Covid, non dovrà in nessun caso essere imposto alla popolazione». Parole seccamente dissonanti rispetto a quelle appena pronunciate dal ministro Roberto Speranza, giunto a ventilare la possibilità di sottoporre a Tso gli italiani contagiati dal virus.In altre parole, Sileri ha l’aria di sfilarsi da un bastimento che sembra stia per colare a picco: lo stesso Speranza è stato denunciato, insieme al resto del governo Conte, dai 2.000 medici, avvocati e giudici dell’associazione “L’Eretico”, guidata da ricercatore Pasquale Bacco, dal virologo Giulio Tarro e dal magistrato Angelo Giorgianni. Gravissima l’accusa, inoltrata alla Procura di Roma: il governo avrebbe ostacolato le cure per il Covid, nel frattempo messe a punto, obbligando i sanitari a insistere nel trattare i pazienti con terapie sbagliate, che ne avrebbero provocato la morte, trasformando così in una strage (35.000 vittime) un’epidemia che sarebbe stata facilmente controllabile con un’oculata politica sanitaria. Tanti i medici, come Alberto Zangrillo, che rilanciano le accuse: assurdo reiterare allarmismo e restrizioni, per un virus che ormai non uccide più nessuno, e per il quale i medici italiani hanno trovato, da mesi, tutte le contromisure cliniche. Perché allora Speranza insiste – come la stessa Oms – a parlare di seconda ondata, e addirittura di Tso? «Scoveremo i contagiati stanandoli casa per casa», avvertiva minaccioso il governatore emiliano Stefano Bonaccini, altro campione – come il veneto Zaia – del terrorismo psicologico provocato cavalcando il Covid.«Quella costruita attorno al coronavirus è stata una psicosi alimentata dallo stesso Conte», ricorda Magaldi: «Il governo stava per cadere già a inizio anno, e così ha scommesso sull’emergenza per prolungare la sua vita politica». Solo che adesso, a quanto pare, è arrivato al capolinea. «Probabilmente cadrà fra pochi giorni, entro luglio», scommette lo storico Nicola Bizzi, editore di Aurora Boreale, tra i primi a leggere – tra le righe della cronaca – il destino di “Giuseppi”, la cui caduta sarebbe accelerata dagli Stati Uniti: «Si può scorgere la mano dell’intelligence di Trump dietro le due grandi bombe a orologeria che stanno squassando l’establishment italiano succube dell’Ue, che finora ha sorretto Conte: l’Obamagate e lo scandalo Palamara». Due terremoti: il primo indebolisce Renzi e Gentiloni, che avrebbero chiesto ai servizi italiani (su ordine di Obama) di fabbricare prove false contro Trump per il Russiagate. Il secondo sisma, che Bizzi paragona alla Tangentopoli degli anni ‘90, è quello che sta travolgendo la magistratura: il verminaio delle correnti, della giustizia a orologeria, degli scambi di favori di cui avrebbe beneficiato soprattutto l’area Pd.«E’ impossibile – dice Bizzi – che dietro alla pubblicazione di tutte queste intercettazioni non vi sia l’opera dei servizi Usa, decisi a colpire e abbattere un sistema corrotto che ha sacrificato l’Italia per favorire interessi stranieri, e in occasione dell’emergenza Covid ha fatto anche di peggio: ha sospeso le libertà costituzionali, obbedendo alle direttive dell’Oms ispirate direttamente dal regime cinese». A Washington guarda anche Magaldi, indossando i panni del massone progressista ben inserito nel circuito sovranazionale delle superlogge. Un mondo parallelo, che lo stesso Magaldi ha svelato nel saggio “Massoni”, edito da Chiarelettere nel 2014: un bestseller italiano divenuto ormai un long-seller, nonostante il tenace silenzio dei grandi media. «In Italia – accusa l’autore – si scade invariabilmente nel ridicolo, quando si parla di massoneria: i giornali strillano periodici titoloni su ipotetiche infiltrazioni mafiose tra logge che non contano niente, mentre continuano a ignorare il carattere supermassonico dei maggiori player politici». Che Monti, Napolitano e lo stesso Draghi siano esponenti di importanti Ur-Lodges «non è certo un mistero, per i giornali: e il fatto che non ne parlino mai dimostra la loro sostanziale insincerità».Nel fingere di non conoscere il ruolo democratico della massoneria, ribadisce Magaldi, l’Italia sconta la sua storia, a partire dallo scontro col Vaticano – che arrivò a sostenere Mussolini pur di colpire i massoni democratici che avevano voluto l’Unità d’Italia e la fine dello Stato Pontificio. «Da noi resiste ancora un tenace atteggiamento massonofobico e ipocrita, dovuto al culturame del retaggio clerico-fascista, cui si è aggiunta l’altrettanto liberticida tradizione comunista». Tra massoneria e politica, invece, «in paesi come la Francia e il Regno Unito intercorrono normalissimi rapporti alla luce del sole». E questo è tanto più vero negli Usa, aggiunge Magaldi: chi regge quel paese sa bene che gli Stati Uniti, con la loro Costituzione, sono una costruzione interamente massonica. Non fa eccezione il “fratello” Trump, che nel 2016 fu preferito alla “sorella” Hillary Clinton. «Se vuole, Donald Trump sa essere molto sollecito nel recepire le nostre indicazioni, pubbliche e riservate», dice oggi Magaldi: «Abbiamo infatti apprezzato il richiamo a Martin Luther King che ha espresso il 4 luglio nel suo discorso ai piedi del Monte Rushmore».«Sono stati proprio personaggi come Martin Luther King a “fare grande l’America”, insieme a Roosevelt e ai Kennedy», precisa Magaldi: «Certo, Trump non ha loro statura, e come massone non è né progressista né reazionario. E’ un Maverick, un “cavallo pazzo”: noi massoni progressisti lo ritenemmo adatto a sparigliare le carte, smontando l’ipocrisia finto-progressista dei democratici, troppo legati all’esuberanza dei grandi poteri finanziari». Missione compiuta? «Prima del disastro-Covid, l’economia americana viaggiava a gonfie vele: sono stati costretti ad ammetterlo anche gli avversari di Trump». La politica della Casa Bianca? Meno tasse, e maxi-deficit. Risultato: crollo della disoccupazione, a beneficio dei lavoratori americani. Ovvio che la regia “cinese” della crisi Covid, esplosa un minuto dopo lo stop imposto da Trump alla Cina con l’instaurazione dei dazi, rischia di complicare la sua rielezione. «Se ci tiene a essere riconfermato a Washington con il nostro appoggio – afferma Magaldi, a nome del circuito massonico progressista – è bene che Trump si impegni a farla “tornare grande” davvero, l’America: recuperi il terreno perduto, a livello geopolitico, dall’insipiente Obama, a cominciare dall’Europa e dall’Italia».«Con l’aiuto americano – sostiene Magaldi – il nostro paese può essere il punto da cui far ripartire un vero progetto europeo, pienamente democratico e social-liberale, che sappia far dimenticare l’austerity imposta dai sovranismi franco-tedeschi». Sono gruppi di potere «pilotati da élite massoniche di segno reazionario, più affini all’oligarchia cinese e alla “democratura” di Putin che non al liberalismo occidentale, difettoso fin che si vuole ma fondato pur sempre sui diritti democratici, inclusi quelle delle minoranze». I neri, per l’appunto: «Proprio il Martin Luther King citato da Trump sarebbe potuto diventare il vicepresidente degli Stati Uniti, se non fosse stato ucciso insieme al candidato alla presidenza, Bob Kennedy». Era il “ticket” su cui puntava la massoneria “rooseveltiana”, che tanti anni dopo – archiviata «la fiction del terrorismo globale recitata dai Bush» e le ambiguità finto-democratiche di Obama e Hillary – ha scommesso su “The Donald”, per mettere fine al dominio di un progressismo solo di facciata, asservito all’élite finanziaria speculativa, braccio operativo dell’oligarchia massonica reazionaria che ha promosso i diritti civili affossando i diritti sociali, fino a imporre la Cina come modello per un Occidente non più democratico.Bene ha fatto, Trump, a evocare Martin Luther King – dice Magaldi – per smarcarsi dalle accuse strumentali di chi gli rinfaccia di non aver fatto nulla per eliminare il razzismo che ancora serpeggia in vasti settori della polizia. «Un problema rispetto al quale Obama, il primo presidente “nero”, in otto anni di presidenza non ha fatto assolutamente nulla: e questo va ricordato, per onestà intellettuale». Attenzione: «La massoneria neoaristocratica è filo-cinese, e quindi avversa a Trump». Se vuole essere rieletto, avverte Magaldi, il presidente uscente dovrà prestare ascolto ai “grembiulini” progressisti, che negli Usa restano molto influenti: «Parliamo di grandi elettori, deputati, governatori, circoli e associazioni, ma anche militari: la presenza di tanti massoni progressisti tra i vertici del Pentagono è dimostrata dal rifiuto di impiegare le forze armate per reprimere le proteste, pure violente e inaccettabili, contro gli abusi della polizia nei confronti degli afroamericani». L’appoggio degli Usa, sottolinea Magaldi, è di fondamentale importanza per aiutare l’Italia a non subire più i diktat dell’oligarchia finto-europeista che – attraverso l’austerity – ha creato una Disunione Europea composta da paesi che ormai si guardano in cagnesco.L’alternativa? «Una sola: far nascere, davvero, l’Unione Europea. Chi oggi chiede “più Europa” – sostiene Magaldi – parla di qualcosa che non esiste». Altrettanto vuote, per il presidente “rooseveltiano”, sono le posizioni velleitarie di chi invoca l’uscita dall’Ue, e magari dall’euro e dalla Nato, «magari senza accorgersi di essere sapientemente manipolato da quella stessa oligarchia massonica sovranazionale che negli Usa scommette su Joe Biden e in Europa sulla Merkel, strizzando l’occhio a Putin e aprendo le porte dell’Europa all’egemonia della Cina». Per gli Usa, la situazione non è confortante: come riporta Angelo Panebianco sul “Corriere della Sera”, l’ultimo sondaggio Demos rivela che solo il 31% di italiani dichiara simpatie per gli Stati Uniti, mentre è cresciuta la fiducia nei confronti della Cina (26%) e della Russia (28%). In più, lo stesso sondaggio dimostra che il favore degli italiani verso l’Ue è sceso al di sotto del 50%. «In occasione dell’emergenza coronavirus – ricorda Magaldi – Donald Trump accolse con prontezza i nostri consigli, affrettandosi a inviare aiuti concreti all’Italia». Oggi, la partita è doppia: da un lato le presidenzali americane di novembre, dall’altro il baratro in cui l’Italia sta sprofondando dopo il severo lockdown imposto dal governo Conte, a cui il Movimento Roosevelt sta per inviare un “ultimatum” con la richiesta di misure urgenti per tamponare il disastro economico.«A Trump – ribadisce Magaldi – come massoni progressisti chiediamo di lanciare segnali precisi già da adesso, in campagna elettorale, per un impegno concreto». Patti chiari, amicizia lunga: «Deve impegnarsi a recuperare lo storico legame privilegiato con l’Italia: è la premessa per fare del nostro paese un protagonista della rinascita democratica di un’Europa più giusta e più forte, fondata su precisi diritti sociali». Obiettivo: «Uscire da questa lunghissima crisi e mantenere le distanze da regimi come quello russo e cinese, dove sarebbe impensabile assistere a proteste contro la polizia come quelle che abbiamo appena visto negli Usa». Anche per questo, Magaldi diffida dei “fronti popolari per l’alternativa” che fioriscono da ogni parte, spesso animati dalle migliori intenzioni: «Intanto, i gruppetti “alternativi” non hanno mai ottenuto niente. E spesso il loro radicalismo, nutrito anche di antiamericanismo, è usato sapientemente proprio dall’oligarchia reazionaria che credono di combattere». Un po’ come per il complottismo: chi detiene il potere non ha nessuna paura chi le spara grosse, perché sa che otterrà invariabilmente la diffidenza della maggioranza. Magaldi ragiona da insider, e ha il pregio di parlare chiaro: si sappia che l’Italia uscirà dal tunnel solo se sarà aiutata dagli Usa, nel caso rivincesse Trump. E a sua volta, il presidente è avvisato: se vuole essere rieletto, ascolti le richieste dei massoni progressisti.Cosa sta succedendo? Giuseppe Conte annaspa, tra i malumori di chi ormai vorrebbe scaricarlo, di fronte a un’Italia che sta prendendo nota di quanto fossero vane le sue promesse. Impietoso l’ultimo report di Bankitalia: il lockdown più severo d’Europa, non compensato da veri aiuti economici per chi è stato rinchiuso in casa, sta colpendo il reddito di metà della popolazione. Un vero massacro sociale, a partire dai lavoratori autonomi: «Un terzo delle famiglie ha riserve per soli 3 mesi, e nel 40% dei casi gli italiani sono in difficoltà con il mutuo», riassume l’Ansa. Di fronte a una catastrofe come la pandemia – chiarì Mario Draghi a fine marzo, sul “Financial Times” – c’è un’unica strada: metter mano al bazooka e spargere miliardi a fondo perduto, come in tempo di guerra. Dove trovarli? Chiedendo all’Ue di fare la sua parte, smettendo quindi di accettare i diktat dei signori di Bruxelles. Oppure, Piano-B, l’ipotesi caldeggiata dal “rooseveltiano” Nino Galloni: emissione a costo zero di moneta parallela, non a debito, spendibile solo in Italia. Un toccasana, per puntellare stipendi e consumi. Giuseppe Conte? Non pervenuto: dopo aver preso in giro gli italiani anche coi prestiti bancari (mai erogati) e la cassa integrazione (tuttora attesa), seguita a cianciare di chimere solo ipotetiche come il Recovery Fund, che scatterebbe soltanto nel 2021 e solo dopo l’accettazione, da parte dell’Italia, di un prestito-capestro come quello del Mes. La soluzione? Più che a Roma, probabilmente risiede a Washington.
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Conte cade a luglio, governo-tampone e poi Draghi al Colle
Conte avrà gioco facile nel dire che non ha abbassato l’Iva perché il Pd non ha voluto. Qualcosa si sta rompendo, perché in questa situazione, in cui si sa che il Pil andrà sotto del 10% e il rapporto debito-Pil arriverà al 160%, ormai i politici populisti vanno a briglie sciolte. Siamo al “tana libera tutti”. È come mettere un obeso in pasticceria. Nel disastro totale, che differenza fa spendere 10 miliardi in più o in meno? È per questo che il Pd sente tremare la terra sotto i piedi. Gualtieri deve stare attento, perché è lui quello che paga le pensioni e gli stipendi degli statali. Questo potrebbe indurre il Pd ad accelerare la resa dei conti, cioè a tentare la strada della crisi. Potrebbe: le certezze sono poche. L’unica cosa che si sa del Recovery Fund è che non arriverà prima del 2021. Il Mes provocherà una scissione nel M5S, ci saranno almeno 20-30 parlamentari grillini che voteranno contro. Finché possiamo emettere Btp a tassi bassi grazie all’aiuto della Bce, il gioco regge. Ma potrebbe anche scatenarsi la speculazione, e a quel punto cambierebbe tutto. Ci ritroveremmo nel 2011 con Monti o nel 1992 con Amato.Il Pd si è imbarcato in questa avventura di governo nella convinzione di condizionare Conte, ma non pare ci stia riuscendo. Sta accadendo l’opposto: la linea di Bettini e Zingaretti è fallita anche sul fronte 5 Stelle. Il Pd sperava di completare l’annientamento dei grillini realizzato a metà da Salvini, che li ha fatti scendere dal 32 al 17%. Invece il M5S si mantiene intorno al 15-16% nei sondaggi. C’è un precedente storico che dovrebbe preoccupare il Pd: esattamente cento anni fa, i liberali di Giolitti si illudevano di addomesticare i fascisti. Fecero il listone e Mussolini se li mangiò. Sarà Berlusconi a salvare Conte sul Mes e non solo, se dovessero esserci defezioni nei 5 Stelle? Sì. Forza Italia – e non solo la Carfagna, da sempre favorevole – è pronta a subentrare, e direi che non vede l’ora. Ovviamente non gratis. A quali condizioni? Via Conte da Palazzo Chigi, e Forza Italia puntella la maggioranza Pd-M5S in cambio di un nuovo premier. Noi vi appoggiamo, ma si apre una nuova fase politica, eccetera. Potrebbe essere prima di settembre? Difficile dirlo. La politica è imprevedibile. Anche la crisi economica.Se a Conte va male, va avanti fino a luglio, se gli va bene può durare fino a settembre. Anche le regionali, non solo la crisi economica, potrebbe scalzarlo da Palazzo Chigi. Il 20 settembre i grillini verranno ulteriormente massacrati, al Nord scenderanno sotto il 10%, quindi non si capirà perché debbano esprimere il premier. Chi accreditare come capo del governo? Guerini o Franceschini? Sono nomi possibili. Girano anche outsider tipo Cantone. Salvini ha lanciato un amo al M5S, auspicando l’elezione del prossimo presidente della Repubblica con il centrodestra, ma il M5S non vuole escludere il Pd. Salvini tecnicamente ha ragione: dopo la terza votazione non ci vogliono più i due terzi, basta la maggioranza assoluta. Quella di Pd e M5S sarebbe risicata. Potrebbero riuscire ad imporre il Capo dello Stato se anche Fi votasse con loro. Le danze sono già iniziate. Alcuni nomi? Prodi, Veltroni… Anche Mattarella ci crede? Non penso ci possa essere un bis del Napolitano-bis. Se a un anno e mezzo di distanza dovessi scommettere, direi Draghi. Avrebbe con sé la maggioranza assoluta degli italiani.Non è la prima volta che si parla di uno scenario in cui lo Stato non ha più soldi per pagare gli stipendi agli statali. Cosa succederebbe? La stessa cosa del novembre 2011, quando lo spread arrivò a 500 e cadde il governo Berlusconi. Come allora si arrivò subito a una unità nazionale con Monti, così adesso salterebbe il quadro politico e si farebbe un governo di emergenza. È il rischio cui andiamo incontro. Adesso i lavoratori privati sono protetti dal divieto di licenziamento, ma vietare i licenziamenti significa dover pagare miliardi di cassa integrazione. Quando cadrà il divieto, i disoccupati fioccheranno a decine di migliaia. Subentrerà il sussidio di disoccupazione, il Naspi, che però dura 6 mesi, e a scalare. Allora il M5S dovrà elargire ad altri il suo reddito di cittadinanza, ma non si sa con quali soldi.(Mauro Suttora, dichiarazioni rilasciate a Federico Ferraù per l’intervista “Conte sfiduciato a luglio e governo Fi-Pd-M5S”, pubblicata sul “Sussidiario” il 23 giugno 2020. Già redattore per “L’Europeo” e “Oggi”, Suttora ha lavorato come inviato e corrispondente per varie testate, italiane e americane).Conte avrà gioco facile nel dire che non ha abbassato l’Iva perché il Pd non ha voluto. Qualcosa si sta rompendo, perché in questa situazione, in cui si sa che il Pil andrà sotto del 10% e il rapporto debito-Pil arriverà al 160%, ormai i politici populisti vanno a briglie sciolte. Siamo al “tana libera tutti”. È come mettere un obeso in pasticceria. Nel disastro totale, che differenza fa spendere 10 miliardi in più o in meno? È per questo che il Pd sente tremare la terra sotto i piedi. Gualtieri deve stare attento, perché è lui quello che paga le pensioni e gli stipendi degli statali. Questo potrebbe indurre il Pd ad accelerare la resa dei conti, cioè a tentare la strada della crisi. Potrebbe: le certezze sono poche. L’unica cosa che si sa del Recovery Fund è che non arriverà prima del 2021. Il Mes provocherà una scissione nel M5S, ci saranno almeno 20-30 parlamentari grillini che voteranno contro. Finché possiamo emettere Btp a tassi bassi grazie all’aiuto della Bce, il gioco regge. Ma potrebbe anche scatenarsi la speculazione, e a quel punto cambierebbe tutto. Ci ritroveremmo nel 2011 con Monti o nel 1992 con Amato.