Archivio del Tag ‘dignità’
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Maggiani: guai se la val Susa perde il canto dell’acqua
Che cosa significa per una comunità montana perdere il canto dell’acqua? Questo tema credo che dipenda dalla dignità, dalla coscienza che ha di sé una collettività di uomini. Se una comunità montana perde il canto dell’acqua perde la sua dignità. È un po’ come dalle mie parti abbattere un noce, che è l’albero che accoglie tutte le streghe, per farci un posto auto. Ora io mi chiedo se sto davvero comprendendo cosa succede in val di Susa. Quello che c’è di indecente è che ancora una volta si sia usato un metodo fintamente democratico in alcuni casi e non democratico in altri, per paura e disprezzo della democrazia e delle comunità. La guerriglia di questi giorni mi puzza, non ho capito chi abbia mandato quella gente. Al G8 di Genova era chiaro, li ho visti, ma ora non capisco come le comunità montane avrebbero potuto usare questi manganelli umani per risolvere la questione.
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Santoro: via i partiti dalla Rai, Minzolini lo paghiamo noi
«Ora basta, via i partiti dalla Rai: ve ne dovete andare, dovete lasciarci liberi di lavorare. Io poi sono disposto a condurre “Annozero” a un euro a puntata». Sipario tra gli applausi: Michele Santoro esce di scena – per ora – rompendo il protocollo televisivo, davanti a Castelli e Brunetta, Bersani e Di Pietro. «Possiamo fare a meno del canone: siamo noi, è “Annozero”, a finanziare Minzolini, RaiUno, Sgarbi, i programmi che voi avete imposto e che non funzionano, che gli spettatori rifiutano e il mercato pubblicitario non apprezza. Gli spettattori vogliono noi, Grillo, Celentano: è per vedere loro che pagherebbero più volentieri il canone». Ultima chiamata per il direttore generale Paolo Garimberti: «Da domani, sono pronto a discuterne: pur di non chiudere “Annozero”, sono disposto a condurre la trasmissione al prezzo di un euro a serata».
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Giustizia migliore? Buoni consigli da un visionario: Dylan
Anche chi ama perdutamente Bob Dylan e la sua musica può incontrare serie difficoltà nel tentativo di dare senso compiuto ai suoi testi visionari. E del resto è pure difficile riconoscere subito, quando Bob le canta dal vivo, anche le sue ballate più famose. Penso che tante difficoltà abbiano una sola spiegazione: vogliamo usare ragione, grammatica e vocabolario per tentare di capire Dylan, mentre invece dovremmo farlo solo attraverso le emozioni che la sua musica e i suoi testi generano in noi. Dobbiamo essere visionari come lui, insomma. Vocabolario alla mano, infatti, dovremmo concludere che le canzoni di Bob ci parlano di giudici che non sono certo fulgidi esempi di attaccamento al dovere. Anzi appaiono spesso corrotti, ebbri del potere che ossequiano, perfino cinici.
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Cederna: mi vergogno di chi non si vergogna di questa Italia
Nella testa ho due voci, due musiche, due biglietti nel portafoglio: “mi vergogno” e “a testa alta”. Li leggo quasi sempre di seguito, li leggo ogni giorno. Mi vergogno di non riuscire a leggere i giornali; mi sforzo, ma non ci riesco più – be’, non tutti: qualcuno ovviamente lo leggo. Non riesco più a guardare la televisione, ma di questo non mi vergogno: mi vergogno dello schifo che mi fa questa politica; mi vergogno del Capo, mi vergogno dei servi, mi vergogno delle menzogne sulle facce, nelle voci; mi vergogno quando li vedo, mi vergogno quando li sento parlare, mi vergogno di non riuscire a pensare al mio paese senza vergogna.
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Stefano Cucchi, morte oscurata dalla Tac scomparsa?
La situazione è diventata intollerabile. Il travaglio della famiglia Cucchi non finisce, e non soltanto per la perdita di Stefano. Tra burocrazia e reticenze, infatti, non riesce a proseguire senza intoppi sulla strada che porta alla verità sulla morte del giovane, avvenuta pochi giorni dopo il suo arresto. Una verità che non ripagherebbe di certo i familiari per la sua scomparsa, ma che almeno spazzerebbe via l’inquietudine del dubbio. Anche se Giovanni, Rita e Ilaria un’idea su come siano andate le cose ce l’hanno, ma vogliono poterla dimostrare. E per farlo servirebbe anche quella Tac che, seppur richiesta, non viene fuori.
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Maggiani: addio Pd, rinuncio a votare alle regionali
L’altra mattina ho ricevuto la telefonata di un candidato alle prossime elezioni regionali che mi ha chiesto se gli facevo la cortesia di dichiarare pubblicamente la mia intenzione di voto a suo favore. Ho risposto che no, grazie, e il richiedente si è proclamato sinceramente addolorato per il mio diniego. La sincerità del suo addoloramento mi ha colpito. Quell’uomo è una brava persona, come amministratore so che si è comportato correttamente e so anche che gode di un certo seguito tra i suoi potenziali elettori. Se decidessi mai di andare a votare per il governo regionale, è probabile che nel segreto dell’urna darei a lui la mia preferenza
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Moni Ovadia: cosa fanno gli ebrei contro il nuovo razzismo?
Ricorderai! Ogni bimbo ebreo questo monito etico lo riceve in consegna sin dalla primissima infanzia, non solo da che la shoàh ha reso la terra d’Europa una terra contaminata, ma da secoli e secoli prima. Il dovere della memoria è uno dei pilastri su cui si edifica un mondo di giustizia. Come ogni anno, anche quest’anno, mi sforzo di assolvere a questo impegno, pur nei limiti delle mie forze. Ricorderò lo sterminio della mia gente come popolo e come singoli esseri umani. Ma da molto tempo a questa parte sento un crescente disagio e avverto che il senso autentico della memoria rischia di essere sfregiato e pervertito fino a farlo sprofondare nel fango della falsa coscienza.
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Airaudo: Tav senza futuro, figlia dell’economia della crisi
Mi aspettavo questa risposta, penso che il movimento popolare fosse forte e chi gufava – confondendo l’iniziativa di contrasto e di presidio sulle trivelle con l’opinione diffusa contro la Tav in valle di Susa – si sbagliava: non c’è il riflusso del movimento, l’opinione è molto forte e, dentro questa crisi, pensare di investire le poche risorse pubbliche su grandi infrastrutture vuol dire avere ancora in mente l’economia che ha generato questa crisi. E quindi credo che questo movimento oggi stia dando una lezione pacifica, di democrazia, di determinazione e di consenso.
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Sicurezza e rieducazione, in un carcere meno feroce
Ho partecipato a un incontro pubblico in un comune del pavese, il tema: sicurezza e rieducazione. Come se questo diritto e questo dovere inalienabili, fossero improvvisamente percepiti come ingannevoli, poli opposti che non debbono convergere, perché fondamenta di una architettura malamente consumata. Eppure si tratta di diritto e rovescio della stessa partita da giocare, insieme, e non del risultato di una informazione malata, di una incapacità comunicazionale, di una notizia moltiplicata per mille, un fucile imbracciato così male da essere puntato nel mucchio
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Andraous: il popolo della galera e la giustizia ingiusta
Quante volte abbiamo scritto su quel perimetro deliberatamente dimenticato qual è il carcere, infinite volte ai silenzi assordanti sono seguiti sofismi e editti che sono rimasti lettera morta. Grosse fette della Società, delle Istituzioni, dei Governi, hanno speso parole e intenzioni, ma opere ben poche, se non quelle del redigere rapporti di morti sopravvenute e di utopie tutte a venire: nonostante le dimensioni di una disumanità ormai divenuta regola, di un moltiplicarsi tragico di suicidi, di autolesionismi, di miserie umane così profondamente deliranti. Senza più una professione di fede, neppure quella della strada.
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Uomini in cella, la giustizia e il coraggio della coscienza
Quando si parla di carcere, di pena, di giustizia, in ballo non c’è soltanto l’equità degli uomini, la democrazia di un paese, la capacità della società di non cadere nell’oblio delle assenze, dell’indifferenza. Il carcere è stracolmo di colpa, di dolore cieco, di corpi differenti, di linguaggi della memoria e delle relazioni ridotti all’ammasso. Quanto più forte è uno Stato, più forte è il diritto di indignarsi di quanti non vedono riconosciuti i propri diritti: fare giustizia significa sanare una ferita, una lacerazione, costringendo il dolore a trasformarsi nella sofferenza, nella scoperta di essere meno indifesi e impreparati se esiste la possibilità concreta di affidarsi agli altri, a quegli altri che siamo noi.
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Mannoia, lettera a Fini: ci aiuti a ridare dignità al Paese
Onorevole Fini, varchi il Rubicone: rompa gli indugi e si metta al lavoro per ricostruire una destra “onesta”, in grado di restituire dignità alle istituzioni. Questo il tono della lettera aperta che, attraverso “Micromega”, la cantante Fiorella Mannoia ha rivolto al presidente della Camera, sempre più critico nei confronti del premier e della Lega Nord. «Spesso le sue opinioni mi irritavano», premette Mannoia, «ma da un po’ di tempo a questa parte alcune sue dichiarazioni mi sorprendono, mi pare di trovare in lei quel buon senso di cui abbiamo così tanto bisogno