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La materia è pensiero: Giordano Bruno anticipò la scienza
«Non è la materia che genera il pensiero, è il pensiero che genera la materia», scrive l’astrofisica Giuliana Conforto. «La Forza è la Vita Cosmica». Giordano Bruno? «Non esprime filosofia, ma una scienza del futuro e una saggezza antica. Testimonia l’eterno presente e, con l’Arte della Memoria, indica il modo per viverlo». Di fatto, il grande pensatore rinascimentale bruciato vivo a Roma il 17 febbraio 1600 «anticipa la scoperta della Forza, la Vita Cosmica, e rivela il grande segreto della materia nucleare che la scienza non ha ancora compreso: la comunione diretta e quindi l’etica naturale di ogni essere umano con la Forza». Fu questo, aggiunge la Conforto, il motivo vero della sua condanna, «perché rende vano il ruolo delle chiese come presunte rappresentanti di Dio». Infatti, «la comunione diretta rivela la centralità dell’uomo e spiega il faticoso preludio al grande evento: la nascita dell’uomo nuovo che, per il fatto di “aver mutato intento”, diverrà cosciente, responsabile di sé e capace di creare un nuovo mondo». Da sempre, sulla Terra, sottolinea una studiosa come Manuela Racci, esistono esseri che «indicano la via per edificare un nuovo mondo, per aprire il cammino all’umanità verso una nuova aurora: sono esseri di luce, accomunati dalla stessa forza ed energia, marchiati dalla stessa solitudine». Forse «venuti troppo presto, nati postumi con la mente dinamite», come direbbe Nietzsche.Giordano Bruno potrebbe davvero considerarsi un nobile antesignano di questa specie chiamata “indaco”, giunta a edificare un nuovo mondo, «un mondo di luce per esseri di luce che vedono e sentono con gli stessi occhi e la stessa mente sia gli universi visibili che quelli invisibili», scrive la Racci, in una riflessione ripresa dal blog “Visione Alchemica”. «Un grande pensatore, arso vivo per il vizio di pensare; un filosofo di una modernità quasi inquietante, ma soprattutto un uomo fuori del comune, uno spirito folletto, fantasioso, originale». Quello che trasmetteva «non era solo un’immagine della vita, ma un’emozione del mondo». Giordano Bruno «era un grande: in lui albergava la conoscenza dei mondi paralleli, della metempsicosi, delle energie sottili». Straordinario, per quei tempi. La sua profondità «non è quella che connota il pensiero tecnico-scientifico da secoli imperante in Occidente». Va ricercata nell’inconscio della scienza stessa, «che è a un tempo ciò da cui la scienza scaturisce e ciò che la scienza rimuove». Innegabili sono i miglioramenti che la scienza ha apportato alla vita dell’uomo occidentale. «Ma sotto l’aspetto della felicità, della ricerca di una pace interiore, di una quiete dell’anima in piena armonia con la natura e più ampiamente con il Tutto, risulta più difficile parlare di progresso».Per la professoressa Racci, sembra quasi che la scienza abbia sdradicato l’uomo dal suo habitat naturale, la fusione con la natura, «facendolo sentire meno alienato di fronte a un computer che al cospetto di un tramonto». Allo stesso modo, la religione, «per quanto antiscientifica possa sembrare», ha sovente «cercato il connubio con la ragione, con l’evidenza e la chiarezza del “lumen” naturale, perdendo in realtà la sua vera “quidditas”, la sua dimensione sacrale». Per questo Giordano Bruno fu messo al rogo: «La sua “nova filosofia” non era né scientifica, né strettamente religiosa, in quanto si fondava sulla “magia naturale”, sulla “prisca Aegiptorum sapientia”», l’amtica sapienza egizia. «Bruno è infatti il vero sensitivo immerso nella “fusis”, convinto che si possano abbattere le barriere tra l’umano e il divino». E attenzione: «Niente è più positivo dello sfondamento dei limiti, dello spostare le pietre di confine per arrivare alla comprensione che l’uomo, la Natura e Dio sono la stessa cosa. Nell’universo tutto è Vita, tutto è animato da uno stesso spirito vivificatore». Letteralmente: «Tutte le cose sono nell’universo e l’universo è in tutte le cose», in perfetta armonia.E’ un’innegabile forma di animismo: per Bruno, tra le piante, gli animali, gli uomini non c’è differenza se non di grado. La differenza è nel “Dorso della Forma”, sono fenomeni di un’unica sostanza universale. Pensare che il mondo sia là solo per l’uomo è un grave errore: «Il filosofo esce così dalla cultura occidentale cristiana e modula il suo sentire sul registro affine a quello buddista». Con l’ammirazione dovuta a chi sacrifica la vita per le proprie idee, «Bruno andrebbe inserito in una sfera iniziatica, riferendosi non tanto alla sua laicità, bensì alla sua sacralità, al suo vedere la presenza divina in ogni cosa, alla sua ansia di ricerca che trascende il raziocinio nel suo identificarsi nella natura, che è per lui un vero e proprio “indiamento”», cioè un’unione estatica tra l’umano e il divino. Si tratta di varcare il limite dell’homo sapiens per avviarsi «verso altra natura, altri corsi, altri mondi».La materia dunque non è inerte, ma viva, animata (pampsichismo) e costituisce uno dei centri archimedei del pensiero di Bruno: infatti, continua Manuela Racci, il filosofo perviene a una concezione della materia universale come fonte dell’infinito prodursi di tutta la realtà: come la gestante che riscuote da sé la sua prole, la materia contiene in sé tutte le forme, è «cosa divina e ottima parente, genitrice e madre di cose naturali, anzi la natura tutta in sustanza»; è «fonte de l’attualità» di ogni cosa. Per Bruno la materia è Vita, materia infinita, e tra l’anima dell’uomo e quella delle bestie non c’è alcuna differenza sostanziale. «Potremmo dire che la “magia naturale” di Bruno si colloca in quella sotterranea corrente che prende il nome di “pensiero per immagini” che, pur perdente in Occidente, costituisce la fonte segreta del sapere, fonte a cui si accede non per via logico-architettonica ma per pratica amorosa». La concezione che Bruno ha della forza dell’Amore ribadisce la pregnanza e l’attualità di tale concetto in campo metafisico e metempirico: la forza «che move il sole e l’altre stelle», di cui parla Dante, è «l’unica che muove infiniti mondi e li rende vivi». E quella “magia naturale” che solo il vero saggio da sempre sente.«L’amore, dice il filosofo, sa “comprendere” ciò che la ragione non sa “spiegare”, là dove la scienza può spiegare tutto, senza nulla comprendere». L’astrofisica Giuliana Conforto, in uno studio irrinunciabile sulla futura scienza di Giordano Bruno, evidenzia come il pianeta si stia trasformando e come il filosofo nolano sia uno dei grandi saggi che l’abbiano previsto. «Quella di Bruno è scienza del futuro, coscienza delle infinite potenzialità dell’essere umano e soprattutto della sua immortalità. Egli annuncia la nascita dell’uomo nuovo, libero da tabù e paure, capace di ricevere e di riflettere nelle sue opere l’intero messaggio vitale, oggi noto come Dna, quindi di creare un nuovo mondo di pace e vera giustizia». In altre parole, «Bruno rivela il grande segreto, la magia della natura: la comunione naturale di ogni corpo con il messaggio genetico, che fu poi il motivo vero della sua condanna perché vanifica il ruolo della Chiesa come intermediaria tra l’uomo e Dio: Bruno rivela il ruolo centrale di protagonista dell’uomo nel progetto cosmico, prevede i tempi attuali e l’evento che ristabilirà l’antico volto: il risveglio dell’uomo alla coscienza dell’infinita e vera realtà, l’Amore».Quella forza cosmica prende il nome, in Bruno, di “eroico furore”: «L’uomo nuovo è il furioso, l’ebbro di Dio e arso d’amore che, con uno sforzo eroico (da eros) e appassionato, giunge a una sorta di sovrumana immedesimazione con il processo cosmico per cui l’Universo si dispiega nelle cose e le cose si risolvono nell’Universo, generando una sorta di copula d’amore tra lui e la Natura. Solo il fuoco dell’esperienza dell’Amore è in grado di aprire la strada alla visione di Dio, del Tutto, dell’unità». Scorrendo in particolare i suoi sette scritti magici, tra cui esemplare risulta essere la “Lampas triginta statuarum”, testo di eccezionale bellezza poetica e immaginativa, il lettore non può non cogliere questo moderno senso del divino nell’uomo come appartenenza al Tutto, scintilla perfetta di un Tutto unico e animato. Per Manuela Racci, è una affascinante concezione della metempsicosi di ascendenza orfico-pitagorica: la morte non è altro che una dissoluzione di legami, ma nessun spirito o nessun corpo celeste perisce; è solo un continuo mutare di complessione e combinazioni. Affiora un «senso etico di giustizia cosmica», che spinge le anime «a comunicarsi a corpi sempre diversi, in una sorprendente affinità con il Karma delle religioni orientali, nella commossa intuizione che l’anima possa istituire innumerevoli legami tra piani dell’universo».Prima ancora dello stesso movimento romantico, Giordano Bruno ha quindi riportato l’attenzione sull’intima connessione del Tutto rispetto all’analitica scansione delle parti, in cui il pensiero logico-razionale per natura trattiene se stesso, smarrendo i vincoli che legano tra loro tutte le cose. Dunque, «non essendoci nell’universo parte più importante dell’altra, non è concesso all’uomo quel primato che lo prevede possessore e dominatore del mondo, ma semplice cooperatore dell’operante natura». All’enfatizzazione del soggetto, Bruno contrappone un percorso opposto: non il primato dell’uomo, ma «il primato degli equilibri sempre instabili e sempre da ricostruire tra soggetto e oggetto, tra uomo e natura». La sua “magia”? «Non è potere sulla natura, ma scoperta dei vincoli con cui tutte le cose si incatenano, secondo il modello eracliteo dell’invisibile armonia». Ed è la proposta filosofica di Bruno, «antitetica sia alla matematica sia alla religione». Alla legge dell’uomo occidentale sul Tutto, la “magia” bruniana si volge alla legge del Tutto: siamo parte della natura, non i suoi dominatori. E la nostra possibilità di felicità risiede nella complementarità attraverso cui possiamo combaciare con altri esseri, al tempo stesso naturali e divini.Tra le idee straordinarie che Bruno ha consegnato alla modernità, aggiunge la Racci, è impossibile non citare le due opere in chiave ermetica che si presentano come veri trattati di arte della memoria, la mnemotecnica (“De umbris idearum” e “Cantus circaeus”). Ne sviluppa un’analisi sottile Gabriele La Porta, nel suo libro “Giordano Bruno. Vita e avventure di un pericoloso maestro del pensiero”: le immagini descritte dal filosofo non avrebbero solo il compito di potenziare e raffinare la memoria visiva, ma rivestirebbero anche un significato propriamente “magico”. «Infatti la loro contemplazione e la loro rammemorazione porterebbero in contatto con energie cosmiche primordiali, con la vera “quidditas” delle cose, con le realtà supreme e archetipe, infondendo nell’animo pace, quiete, serenità». Secondo La Porta, Bruno si propone di suscitare una sorta di rivoluzione spirituale: «Seguendo le vie di un sapere esoterico, che ha tutti i caratteri di un’illuminazione, l’uomo si libera dai pregiudizi, dalle passioni negative, dagli egoismi, per diventare saggio, cioè in grado di percorrere la via della Forza, quella Forza che è trasparenza, libertà, verità».Una vera e propria scienza futura, che i saggi come Bruno già conoscevano: «Una coscienza che comprende interamente il messaggio della Vita e soprattutto il ruolo cosmico, immortale dell’essere umano». Come non ricordare poi la sua vulcanica intuizione cosmologica? Giordano Bruno, aggiunge la Racci, fu il primo a dedurre che la vita intelligente è distribuita un po’ dappertutto nell’universo, «ponendo così le basi alla giustificazione dei trasferimenti di essa da pianeti in estinzione ma ad alto livello di tecnologia a pianeti non abitati ma tali da consentire la vita». A ragione, Bruno viene visto come il primo ufologo: «Oggi le sue osservazioni sono considerate il punto di partenza per la ricerca di altre forme di vita nell’universo». Superando la rivoluzione copernicana, Bruno immaginava un universo infinito, popolato da un’infinità di stelle che, abbattute le muraglie del cielo fisso e finito, corrono per ogni dove. «Stelle come il nostro sole, ciascuna circondata da pianeti, su taluni dei quali prosperano altre intelligenze, creature viventi senzienti e razionali».«Apri la porta attraverso la quale possiamo osservare il firmamento senza limiti», era il suo motto. «Così si magnifica l’eccellenza di Dio, si manifesta la grandezza de l’imperio suo: non si glorifica in uno, ma in soli innumerevoli, non in una terra, un mondo, ma in duecentomila, dico in infiniti». Un universo dunque senza limiti, dai caratteri divini: infinito lo spazio, infiniti i mondi, infinite le creature, infinita la vita e le sue forme. Per Manuela Racci si potrebbe chiudere questa riflessione, meramente propedeutica alla necessità di far risorgere le intuizioni bruniane, con un’asserzione efficace del geniale filosofo che più volte sostiene di essere la reincarnazione di Ermes, il messaggero degli dei, sceso per aprire gli occhi agli uomini. «L’umanità ha bisogno di persone che testimonino la possibilità della fratellanza, in nome della conoscenza e della ricerca». Obiettivo: «Gettare i semi per piante che fruttifereranno nel futuro». Non è possibile dire quando, «ma è importante lasciare un segno, dire parole, formulare pensieri, viver in una dimensione di segno opposto a quella dell’attuale imbecillità. E soprattutto, non scoraggiarsi».«Non è la materia che genera il pensiero, è il pensiero che genera la materia», scrive l’astrofisica Giuliana Conforto. «La Forza è la Vita Cosmica». Giordano Bruno? «Non esprime filosofia, ma una scienza del futuro e una saggezza antica. Testimonia l’eterno presente e, con l’Arte della Memoria, indica il modo per viverlo». Di fatto, il grande pensatore rinascimentale bruciato vivo a Roma il 17 febbraio 1600 «anticipa la scoperta della Forza, la Vita Cosmica, e rivela il grande segreto della materia nucleare che la scienza non ha ancora compreso: la comunione diretta e quindi l’etica naturale di ogni essere umano con la Forza». Fu questo, aggiunge la Conforto, il motivo vero della sua condanna, «perché rende vano il ruolo delle chiese come presunte rappresentanti di Dio». Infatti, «la comunione diretta rivela la centralità dell’uomo e spiega il faticoso preludio al grande evento: la nascita dell’uomo nuovo che, per il fatto di “aver mutato intento”, diverrà cosciente, responsabile di sé e capace di creare un nuovo mondo». Da sempre, sulla Terra, sottolinea una studiosa come Manuela Racci, esistono esseri che «indicano la via per edificare un nuovo mondo, per aprire il cammino all’umanità verso una nuova aurora: sono esseri di luce, accomunati dalla stessa forza ed energia, marchiati dalla stessa solitudine». Forse «venuti troppo presto, nati postumi con la mente dinamite», come direbbe Nietzsche.
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Siamo un virus che devasta la Terra: chi ci deviò il genoma?
«Desidero condividere con te, Morpheus, una geniale intuizione che ho avuto, durante la mia missione qui. Mi è capitato mentre cercavo di classificare la vostra specie. Improvvisamente ho capito che voi non siete dei veri mammiferi: tutti i mammiferi di questo pianeta d’istinto sviluppano un naturale equilibrio con l’ambiente circostante, cosa che voi umani non fate. Vi insediate in una zona e vi moltiplicate, vi moltiplicate finché ogni risorsa naturale non si esaurisce. E l’unico modo in cui sapete sopravvivere è quello di spostarvi in un’altra zona ricca. C’è un altro organismo su questo pianeta che adotta lo stesso comportamento, e sai qual è? Il virus. Gli esseri umani sono un’infezione estesa, un cancro per questo pianeta: siete una piaga. E noi siamo la cura» (Agente Smith – Matrix). Perchè l’uomo non è in armonia con il cosmo? Il male è senza dubbio un fenomeno reale sperimentabile nel corso della storia umana. Ma allo stesso tempo è anche un mistero inspiegabile. Qual’è la sua origine? Se il cosmo e la natura umana fossero radicalmente malvagie, come si spiega la nostalgia del bene che abita il cuore umano, il rifiuto del male e dell’ingiustizia? D’altro canto, se il cosmo e l’uomo sono buoni, allora come si è giunti dunque a questa perversione?Spesso si giustifica il male come un’assenza di bene, ma a guardare bene le azioni dell’uomo nella storia, non possiamo limitarci a descrivere il male come una carenza di bene, ma come una vera e propria perversione, una perversione del senso dell’essere e dell’esistere. Il male degrada e violenta l’uomo. Esso lo pone in contraddizione con se stesso. Non è altro, dunque, che nonsenso e perversione. La gente se lo chiede: esiste un problema nella relazione tra l’uomo e l’uomo e tra l’uomo e il creato? Esiste una ferita nell’armonia cosmica che contraddistingue il creato e che l’uomo non è in grado di realizzare nel suo rapporto con la natura e con se stesso? Da più parti giungono segnali di un disagio profondo nel cuore umano, come se questo mondo non fosse il nostro. Non si comprende bene se siamo noi umani stranieri ad esso, vermi ingordi precipitati qui per caso, e perchè abbiamo ridotto questo pianeta, un giorno nostra culla accogliente, in un mondo ostile e minaccioso, tale da fargli assumere i nostri connotati di avidità distruttiva e di cinismo indifferente.L’uomo, da custode a predatore del creato. Forse bisogna andare all’inconoscibile giorno in cui l’uomo non avvertì più se stesso come natura, come figlio della terra. Da uomo della natura si scopri uomo nella natura, con niente simile a sé. Fu allora che si sentì padrone della Terra e non più custode, dominatore di tutto, per dimenticare l’orrore della sua fragilità e del suo destino di morte. Egli ridusse tutte le cose ad “oggetti” da tenere a bada e da sfruttare a suo piacimento. E’ così che nasce la cultura umana, la cultura tecnologica, del dominio e dello sfruttamento razionale, freddo, della natura. Per un po’ le cose vanno bene. La tecnica dà una mano allo spadroneggiare dell’uomo sulla terra, fino a quando il criterio che dirige ogni scelta sul pianeta non diventa l’economia. L’uomo-padrone arraffa quanto è economicamente utile e nel modo in cui è economicamente vantaggioso. Se serve, si devasta un territorio, lo si avvelena anche. Se serve, si cura un nemico o un operaio ferito. Se non serve, lo si lascia morire.La “new economy”, come oggi la si definisce, oltre a devastare la natura, schiaccia l’uomo, gli impedisce di vivere, a meno che non appartenga ad un ristretto numero di privilegiati. Perchè il creato è stato scippato a tutti ed è diventato proprietà di alcuni, con la complicità di chi ha definito diritto divino la proprietà privata. Così l’economia diventa incertezza quotidiana, guerra, annullamento dei diritti umani, menzogna, sovvertimento insensato della natura. Dobbiamo all’economia se oggi a presiedere uno Stato, molto spesso, non è un presidente ma la “banca”. La tecnica è il braccio armato dell’economia, una economia che annulla la dignità umana e che lo asserve all’avidità di pochi gruppi che influenzano la vita dell’intero pianeta. L’atomo gli fa vincere una guerra, ma inquina generazioni e generazioni. La biologia ci assiste nella fecondità umana, ma non è un suo problema se un giorno programmeremo, secondo le nostre esigenze, una generazione di atleti senza sentimenti, oppure soldati ottusi ed ubbidienti, oppure carne per il consumo sessuale. Gli organismi geneticamente modificati possono aumentare la produzione, ma la Monsanto si sente innocente se poi magari scopriremo che ci siamo avvelenati coi nostri soldi. Paradossale ma vero: l’economia non sa che farsene dell’uomo, non vuole la natura umana che in sé è collegata col tutto; vuole solo la propria autoconservazione. Cioè, in fondo, l’idolatria del dollaro e delle merci.Questa civiltà che ogni giorno, rispetto ad uomini e cose, si connota con il cinico usa e getta, non è ancora riuscita a farci dimenticare che se non siamo padroni della natura, tuttavia siamo ad essa inscindibilmente collegati, tanto che deturpare il creato è gesto autodistruttivo, e disprezzare l’uomo predispone ad assalire il creato. Una umanità senza sentimenti, puramente tecnica, non si accorge nemmeno della scomparsa di migliaia di specie animali e vegetali. Non prova nessuna nostalgia per una bellezza sprofondata nel nulla dopo millenni di cammino sulla terra. Dopo averne privato una parte consistente dell’umanità, abbiamo anche privato di diritti animali e piante. Questo discorso, nella logica occidentale viene presa per idiozia! Può una pianta, un animale avere dei diritti? Il punto è che sentendoci padroni di tutto, riconosciamo il diritto alla vita a chi vogliamo noi, secondo le convenienze. Si comincia a ridurre la pianta e l’animale ad oggetto, aprendo così la strada a vergognarci di quanto di animale c’è in noi! Fino a dire che anche certi umani sono sottouomini, privi di ogni dignità. E stabiliamo noi che deve vivere e chi deve morire.L’uomo è nato per distruggere? E’ biologicamente destinato alla distruttività? Quali dinamiche ostacolano o agevolano la possibilità di una società multiculturale? Con la fine della Guerra fredda, molti hanno sperato che si aprisse un’era di pace, in cui tanta parte delle risorse indirizzate a mantenere l’equilibrio del terrore potesse indirizzarsi finalmente al miglioramento delle condizioni di vita dell’umanità. Non è andata così. E’ solo cambiata la tipologia dei conflitti, con una diminuzione di quelli fra Stati, un aumento dei conflitti interni internazionalizzati, ossia di quelli che pur mantenendo l’epicentro all’interno di uno Stato finiscono per coinvolgere altre nazioni, e una prosecuzione inalterata degli altri conflitti interni, ma con potenziale coinvolgimento di un numero sempre superiore di persone, anche in relazione alla diffusione del terrorismo.E’ possibile guardare da una prospettiva scientifica a questo fenomeno? Può la scienza aiutare a chiarire i principali fattori che influenzano il rischio di conflitti e di violenze di massa? La domanda potrà apparire fuori luogo, o quanto meno fuori epoca, a chi ritiene che con l’Olocausto e la bomba atomica la scienza abbia “perso l’innocenza” e posto fine all’ultima delle “grandi narrazioni” che avevano permesso la coesione sociale e ispirato le utopie che si sono succedute nella storia dell’umanità, per aprire le porte a quella società post-moderna descritta da tanti sociologi, da Jean-François Lyotard a Zygmunt Bauman, che, divenuta “liquida” e priva di un senso di comunità, cerca di ritrovarlo attraverso la creazione di ghetti identitari più indifferenti che tolleranti verso gli altri e sempre pronti a entrarvi in conflitto.L’umanità è un virus per la Terra? Tutti noi potremmo essere meno umani di quanto pensiamo. Quantomeno è ciò che suggerisce una nuova ricerca, rivelando che il genoma umano è in parte un virus, per la precisione il Bornavirus, portatore di morte per cavalli e pecore. Sembra che 2 milioni di anni fa, questo virus abbia inserito parte del suo materiale genetico nel nostro Dna. La scoperta, pubblicata su “Nature” del 7 gennaio, dimostra come questi virus di tipo Rna possono comportarsi come i retrovirus (ad esempio Hiv) ed integrarsi stabilmente come ospiti dei nostri geni. Questo lavoro di ricerca potrebbe consentire di capirne molto di più sulla nostra evoluzione, rivelando come il mondo attuale sia anche il frutto del lavoro di un virus contenuto in ognuno di noi. «La conoscenza di noi stessi come specie è stata leggermente mal interpretata», afferma Robert Gifford, paleo-virologo presso l’Aaron Diamond Aids Research Center. Insomma non abbiamo tenuto conto che il Dna umano si evoluto anche grazie al contributo di batteri ed altri microrganismi e che le nostre difese immunitarie hanno fatto ricorso a quel materiale genetico per difendersi dalle infezioni. Sembra che fino all’8% del nostro genoma potrebbe ospitare materiale genetico dei virus.Nello studio, ricercatori giapponesi hanno trovato copie di un gene del Bornavirus inserite in almeno quattro zone diverse del nostro genoma. Ricerche condotte su altri mammiferi hanno rivelato la sua presenza in una vasta quantità di specie per milioni di anni. «Hanno fornito le prove di un reperto fossile con tracce del Bornavirus», afferma John Coffin, virologo alla Tufts University School of Medicine di Boston e coautore dello studio “Questo ci dice anche che l’evoluzione dei virus non è andata come pensavamo”. Nei risultati dello studio, i ricercatori guidati da Keizo Tomonaga della Osaka University, hanno scoperto che due geni umani sono molto simili al gene del Bornavirus. Gli scienziati sostengono che il questa “infezione preistorica” potrebbe essere una fonte di mutazione umana, specialmente nei nostri neuroni. A questo punto non si può che dare ragione all’Agente Smith di “Matrix” nella sua convinzione che soltanto un altro organismo sul pianeta si comporta come l’uomo: il virus.Quel misterioso salto evolutivo dell’Homo Erectus. Zecharia Sitchin in molti dei suoi libri afferma la teoria secondo la quale, in un passato molto remoto, un gruppo di viaggiatori extraterrestri provenienti dal pianeta Nibiru, chiamati Anunnaki, sarebbero scesi sulla Terra per sfruttare le risorse minerarie del nostro pianeta. Secondo Sitchin, avendo bisogno di manodopera per l’estrazione di minerali, gli Anunnaki pensarono di manipolare geneticamente la specie terrestre più simile a loro, innestandovi il proprio Dna: fu scelto un ominide, l’Homo Erectus. E’ possibile che questo intervento possa aver alterato il corso della naturale evoluzione umana? La nostra rapida evoluzione, incapace di armonizzarsi con i tempi e le regole della natura, potrebbe dipendere da questo? Nuovi ritrovamenti complicano il dibattito fra quanti ritengono che l’Homo Erectus abbia avuto origine in Africa orientale e quanti sostengono un’origine asiatica. Homo Erectus sarebbe stato in grado di fabbricare sofisticati utensili già 1,8 milioni anni fa, vale a dire almeno 300.000 anni prima di quanto si pensasse. Ad affermarlo è uno studio pubblicato su “Nature”, da un gruppo di paleoantropologi della Rutgers University e del Columbia University Lamont-Doherty Earth Observatory.Homo Erectus apparve circa 2 milioni di anni fa, andando a occupare vaste aree dell’Asia e dell’Africa. E proprio in Africa orientale si è ritenuto a lungo che si fosse evoluto, ma la scoperta nel 1990 di fossili altrettanto antichi in Georgia ha aperto la possibilità che esso abbia avuto origine in Asia. I nuovi reperti complicano ulteriormente la situazione in quanto gli strumenti trovati accanto ai fossili georgiani del sito di Dmanisi sono piccoli strumenti da taglio e raschiatori che mostrano caratteristiche piuttosto semplici simili a quelle della cultura di Olduvai, mentre fra quelli rinvenuti nella regione occidentale del Turkana, in Kenya, vi sono asce, picconi e altri strumenti innovativi che gli antropologi chiamano di tipo “acheuleano”, che permettevano di macellare e smembrare un animale per mangiarlo. Le abilità coinvolte nella produzione di uno strumento di questo tipo suggerisce fra l’altro che Homo Erectus fosse in grado di un pensiero “anticipatorio”.«Gli strumenti acheuleani rappresentano un grande salto tecnologico», ha osservato Dennis Kent, uno degli autori dello studio. «Perché Homo Erectus non avrebbe dovuto portare con sé questi strumenti con sé in Asia?». Gli strumenti analizzati provengono dal sito di Kokiselei, dove erano stati raccolti insieme a parte dei sedimenti immediatamente circostanti per poterne datare l’età. Parlando di salto tecnologico, vale la pena ricordare i misteriosi miti che narrano la nascita della civiltà e della tecnologia. Quasi tutte le culture umane raccontano di una divinità che nella notte dei tempi insegnò agli umani la fabbricazione di oggetti, l’agricoltura, le arti e le leggi civili. Basti pensare al mito greco di Prometeo che ruba il fuoco agli dei per consegnarlo agli uomini, oppure al dio dei Maya Quetzalcoatl, che agli albori della storia umana consegnò la sapienza agli uomini, ed infine, al racconto biblico del peccato originale nel quale l’uomo, sedotto da un serpente, esce dall’ordine cosmico per divenire “simile a Dio”.Gli antichi e misteriosi miti della “Colpa di Origine”. Quasi tutte le culture umane hanno miti che raccontano di una “colpa di origine”, di un evento antico che avrebbe “deviato” l’uomo dal suo percorso evolutivo naturale. Il più conosciuto è sicuramente quello raccontato dalla Bibbia e secondo l’interpretazione di un autore cristiano del III secolo, Ireneo di Lione, quello di Adamo è stato un peccato d’impazienza, un voler bruciare le tappe. Benchè già creato ad “immagine e somiglianza” di Dio, l’uomo cede alle lusinghe del serpente che gli promette di farlo diventare uguale a Dio. Ma chi è questo serpente? E’ possibile che antichi esseri extraterrestri abbiano modificato il genoma umano, intervenendo indebitamente sull’evoluzione naturale dell’umanità?(“Perché l’evoluzione umana è fuori dall’armonia del cosmo?”, dal blog “Il Navigatore Curioso”, 2017).«Desidero condividere con te, Morpheus, una geniale intuizione che ho avuto, durante la mia missione qui. Mi è capitato mentre cercavo di classificare la vostra specie. Improvvisamente ho capito che voi non siete dei veri mammiferi: tutti i mammiferi di questo pianeta d’istinto sviluppano un naturale equilibrio con l’ambiente circostante, cosa che voi umani non fate. Vi insediate in una zona e vi moltiplicate, vi moltiplicate finché ogni risorsa naturale non si esaurisce. E l’unico modo in cui sapete sopravvivere è quello di spostarvi in un’altra zona ricca. C’è un altro organismo su questo pianeta che adotta lo stesso comportamento, e sai qual è? Il virus. Gli esseri umani sono un’infezione estesa, un cancro per questo pianeta: siete una piaga. E noi siamo la cura» (Agente Smith – “Matrix”). Perchè l’uomo non è in armonia con il cosmo? Il male è senza dubbio un fenomeno reale sperimentabile nel corso della storia umana. Ma allo stesso tempo è anche un mistero inspiegabile. Qual’è la sua origine? Se il cosmo e la natura umana fossero radicalmente malvagie, come si spiega la nostalgia del bene che abita il cuore umano, il rifiuto del male e dell’ingiustizia? D’altro canto, se il cosmo e l’uomo sono buoni, allora come si è giunti dunque a questa perversione?
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Bibbia senza Dio? Biglino è un pazzo. E buon Natale a tutti
«Se dovesse succedermi qualcosa non potrò farci niente. Io devo andare avanti col mio lavoro senza condizionamenti esterni». Risponde così, Mauro Biglino, quando gli si chiede se teme per la propria vita: perché, dopo esser stato minacciato e calunniato – nel tentativo di screditare più la persona, che non le idee – niente può essere escluso, scrive Simone Cosimelli sul blog “Mi faccio di cultura”. E si domanda: «Ma chi è questo torinese dallo sguardo severo, gli occhi temerari e il sorriso facile?». Risposta: «Mauro Biglino è un pazzo. Un anarchico curioso. Un visionario errante». È uno che, dopo aver studiato una vita, ed essere finito a tradurre 19 libri dell’Antico Testamento per le prestigiose Edizioni San Paolo, la più importante casa editrice cattolica italiana, direttamente subordinata al Vaticano, un giorno, deliberatamente, «ha perso il senno (e il lavoro, ovviamente)». Pazza idea, prendere la Bibbia alla lettera? Rispettiamola, dice l’autore: e scopriremo che racconta solo di guerre feroci, volute da un certo Jahvè, che poi i teologi hanno deciso di chiamare “Dio” mentre, secondo la Bibbia, era solo uno degli Elohim, uno dei tanti, e neppure tra i più importanti.Elohim? «Non traduciamo questa parola, perché nessuno al mondo sa cosa voglia dire», ripete Biglino nelle affollatissime conferenze che tiene in tutta Italia. Peggio: «Nella Bibbia non esitono i concetti di Dio, creazione ed eternità. L’ebraico antico non ha una sola parola che significhi “Dio”. E i teologi hanno sempre tradotto “olàm”, cioè “tempo molto lungo”, con “eternità”», cioè assenza di tempo. «E hanno tradotto il verbo “barà”, modificare, con “creare dal nulla”». Non è finita: i Cherubini sono mezzi meccanici, «come gli ebrei hanno sempre saputo, grazie al Talmud», e i Malàch – angeli, in greco – non sono graziose creature alate ma cattivi soggetti, i temuti ufficiali degli Elohim. La Bibbia, dice Biglino, scrive che l’Elohim chiamato Jahvè si spostava a bordo del “kavòd”, un veicolo rumoroso e pericoloso, al cui passaggio si levava un gran vento (“ruach”). Traduzione teologica: il “kavòd” di Jahvè diventa “la gloria di Dio”, e di conseguenza il “ruach” cessa di essere un ventaccio e si trasforma in “spirito” (di Dio, ovviamente). «Ovvio: se introduci il soprannaturale, che nella Bibbia non c’è, poi devi scrivere migliaia di trattati inventando spiegazioni».La “colpa” di Biglino, scrive Cosimelli, è quella di aver svelato che la Bibbia non è un libro sacro. E poi «ha cominciato a fantasticare riguardo la possibilità di influenze concrete di individui alieni (nell’accezione latina del termine) che avrebbero avuto un’incidenza significativa nello sviluppo della civiltà umana, se non addirittura nel definitivo salto evolutivo che ha condotto all’homo sapiens». L’autore lo spiega, portando prove: alcuni genetisti cominciano a dar credito ai libri antichi – presi alla lettera – perché potrebbero spiegare l’inspiegabile, ovvero il salto, nel nostro Dna, di svariate sequenze geniche, non rintracciabili nelle specie evolutivamente più prossime a noi. «La Genesi dice, in modo esplicito, che gli Elohim “fabbricarono” l’Adàm nel loro laboratorio, il Gan-Eden». Siamo ibridi semi-extraterrestri? «La nostra è l’unica specie vivente che, allo stato di natura, non potrebbe sopravvivere un solo giorno», dice Biglino. «Ogni altro animale sa nutrirsi e proteggersi dal freddo usando solo il proprio corpo, noi invece abbiamo bisogno di armi, indumenti, utensili».«Mauro Biglino è un pazzo», scrive Cosimelli. «Perché, attraverso la filologia e la profonda conoscenza della storia delle religioni, sta scardinando il concetto stesso del monoteismo, sta rivoltando il significato della Bibbia traducendola alla lettera e allontanando dogmi, simbolismi e artefatti teologici che per secoli sono stati propinati da sacerdoti, inquisitori e supposti uomini di fede: e che ancora oggi sono considerati inoppugnabili». Da cinque anni lo studioso torinese scrive libri con ritmo sorprendente, tradotti in paesi diversi (gli ultimi due, dal titolo emblematico, “La Bibbia non parla di Dio” e “L’invenzione di Dio”), e le sue conferenze in tutta Italia, a ciclo continuo, sono affollatissime. «L’effetto che produce su chi lo segue, o chi lo teme, è sempre lo stesso: destabilizzante». Nella Bibbia, letta testualmente, «non ci sarebbe nessun Dio onnisciente e onnipresente, non ci sarebbe nessuna creazione dal nulla, non ci sarebbe traccia dell’eternità». Tutt’altro: non uno ma più dèi, gli Elohim, in realtà semidei non immortali, proprio come i semidei omerici. L’Antico Testamento? «Non si sa chi l’abbia scritto, né quando, né in che lingua. L’unica cosa certa è che la versione attuale, riscritta da il VI e il IX secolo dopo Cristo, epoca Carlomagno, non è certo l’originale».Un libro riscritto continuamente, a più mani, per secoli. Peraltro sembra la copia dei miti fondativi della cività sumera, che gli ebrei conobbero durante la “cattività babilonese”. Solo che per i teologi quella dei Sumeri (l’originale) è leggenda, mentre la Bibbia (la copia) è un libro autentico, nonché sacro, addirittura proveniente da Dio. Peccato racconti la medesima storia, dice Biglino: cambia solo il nome dei potenti signori dell’epoca, gli Annunaki sumeri diventano gli Elohim biblici. Nient’altro che «un grande inganno, sotto cui organismi monarchici e oscurantisti sono nati, si sono strutturati, ramificati, e hanno sperperato, defraudato e ucciso per motivazioni di natura più secolare che spirituale», scrive ancora Cosimelli. «Mauro Biglino è un pazzo. Perché considera la Bibbia l’asse portante di un castello di carte destinato a crollare: e, sapendo questo, la svuota del suo atavico valore. Lo fa con la precisione cinica delle traduzioni letterali, lo fa svelando contraddizioni e incongruenze da sempre celate e tenute ben lontane dagli occhi indiscreti dei più». Un libro “aggiustato”, manipolato, ritoccato con aggiunte e omissioni.«Professori universitari da Gerusalemme a Los Angeles assecondano queste tesi», continua Cosimelli. «Rabbini dalle reticenti risposte o infervorati esegeti ebrei – cioè chi più di altri può a ragione occuparsi dell’Antico Testamento – ritengono esatto buona parte del lavoro presentato da Biglino. E la scienza sembra confermare ipotesi ardite, al limite del possibile». Biglino? «E’ un pazzo, perché ipotizza che la Bibbia sia stata concepita e scritta come un libro cronachistico inteso a narrare eventi realmente accaduti, in tempi in cui gli Elohim favorirono, o assoggettarono, gli uomini». Sicché, «dogmi, simbolismi e allegorie spirituali non c’entrerebbero nulla col testo». Il concetto di monoteismo, sorto intorno al V secolo prima di Cristo «sarebbe stato – e si sarebbe rivelato – il più efficiente e gravoso sistema di controllo delle masse». Le tesi di Biglino, insiste Cosimelli, «attaccano integralmente il paradigma attorno cui si è sviluppata la cultura umana moderna: è il –teismo ad entrare in crisi». La forza di questo autore? «Va oltre la competenza: la si trova nella ferrea umiltà di non imporre la propria verità a nessuno che non voglia ascoltarla, pur difendendo quest’ultima a spada tratta».Inoltre, Biglino è riuscito a «far assurgere il dibattito a livello accademico, cercando di aprire al pubblico con criterio». Ad oggi, peraltro, nessuno ha potuto smentirlo. Dove arriverà? «Difficile dirlo. Sembra essere la passione a spingerlo, non il protagonismo». Ecco perché «Mauro Biglino è un pazzo. E un eretico», ben sapendo che «se non fosse stato per le eresie, la Terra oggi sarebbe ancora piatta». Jahvé, cioè il Dio signore del cielo e creatore della Terra? «Non per la Bibbia». Attenzione, avverte Biglino: «Io non entro nel problema di Dio, mi limito a dire che è la Bibbia a non parlarne». Nel libro “La Bibbia non è un libro sacro”, scriove: «La realtà testuale si trova sotto i nostri occhi, in superfice, e, proprio per questo, è stata coperta da spesse coltri di invenzioni ed elaborazioni, arricchita da attribuzioni di nebbiose valenze misteriche. Questo è stato fatto perché su quella storia, conosciuta nella sua autentica sostanza scritturale, non si sarebbe potuto costruire nulla: né religioni, né ideologie nazionaliste, né sistemi di potere». E buon Natale a tutti.«Se dovesse succedermi qualcosa non potrò farci niente. Io devo andare avanti col mio lavoro senza condizionamenti esterni». Risponde così, Mauro Biglino, quando gli si chiede se teme per la propria vita: perché, dopo esser stato minacciato e calunniato – nel tentativo di screditare più la persona, che non le idee – niente può essere escluso, scrive Simone Cosimelli sul blog “Mi faccio di cultura”. E si domanda: «Ma chi è questo torinese dallo sguardo severo, gli occhi temerari e il sorriso facile?». Risposta: «Mauro Biglino è un pazzo. Un anarchico curioso. Un visionario errante». È uno che, dopo aver studiato una vita, ed essere finito a tradurre 19 libri dell’Antico Testamento per le prestigiose Edizioni San Paolo, la più importante casa editrice cattolica italiana, direttamente subordinata al Vaticano, un giorno, deliberatamente, «ha perso il senno (e il lavoro, ovviamente)». Pazza idea, prendere la Bibbia alla lettera? Rispettiamola, dice l’autore: e scopriremo che racconta solo di guerre feroci, volute da un certo Jahvè, che poi i teologi hanno deciso di chiamare “Dio” mentre, secondo la Bibbia, era solo uno degli Elohim, uno dei tanti, e neppure tra i più importanti.
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La Bibbia alla lettera: dal cielo nessun Dio, solo guerrieri
“Quelli là”. Li chiama proprio così, Mauro Biglino, gli dei che i libri antichi hanno tramandato fino a noi. Nei testi vedici, nell’epica mesopotamica, nella poesia greca, nella Bibbia, riconosce gli stessi protagonisti: individui arrivati da un altro mondo, per dominare il nostro. Esseri assai avanzati dal punto di vista tecnologico, ma per nulla spirituali. Anzi. Fin troppo materiali, iracondi, vendicativi, passionali, gelosi. Tutto, fuorché entità trascendenti. Biglino ha espresso queste sue teorie nei vari saggi che ha scritto fino ad oggi: “Il libro che cambierà per sempre le nostre idee sulla Bibbia”, “Il Dio alieno della Bibbia”, “Non c’è creazione nella Bibbia”, e l’ultimo, “La Bibbia non è un libro sacro”. Teorie che ripete nelle sue conferenze, in giro per l’Italia, sempre affollatissime. Le ha elaborate traducendo il Codice di Leningrado, scritto in ebraico masoretico: da questa pergamena, risalente all’XI secolo, derivano tutte le Bibbie che noi abbiamo in casa. Scartando le interpretazioni teologiche, metaforiche, allegoriche, simboliche e concentrandosi solo su quella letterale, lo studioso è arrivato ad una conclusione scioccante: nell’Antico Testamento di Dio non c’è traccia.«Sì, esattamente. Tra i tanti dubbi che ho, questa è una delle mie poche certezze: la Bibbia non parla di Dio. Quando parla di Jahwè, intende un individuo che fa parte di un gruppo di individui chiamati Elohìm, guidati da uno che chiamava Eliòn. Questi individui hanno avuto un rapporto con l’umanità, ma un rapporto speciale, nel senso che se la sono un po’ fabbricata. Jahwè era uno di questi, tra l’altro anche uno dei meno importanti. Emerge insomma una realtà che è confermata dai libri sacri degli altri popoli, di tutti i continenti della Terra, che nella sostanza ci raccontano esattamente le stesse cose: ovviamente con una terminologia diversa perché sono lingue diverse, culture diverse, ma la realtà è sempre quella». Una visione sconcertante e destabilizzante, come ho avuto modo di dire più volte allo stesso autore. In sostanza, in quelle pagine che abbiamo letto e studiato più o meno tutti a catechismo, sarebbe raccontata una storia ben diversa da quella che ci hanno spiegato.A partire dalla stessa Genesi, racconto simbolico – ci hanno insegnato – di come dal nulla Dio abbia generato l’intero creato, umanità inclusa. Ma Biglino dissente in toto, in virtù dell’etimologia del verbo ebraico utilizzato per descrivere la nascita dell’Universo. «Creazione è un termine improprio, perché il termine “barà” non ha quel significato, non soltanto nell’Antico Testamento, ma proprio come radice semitica: non significa mai creare né tantomeno creare dal nulla. Significa intervenire su una situazione già esistente per modificarla, che è esattamente quello che hanno fatto questi signori. Cioè hanno introdotto un pezzettino del loro Dna all’interno di esseri che hanno trovato già su questo pianeta per modificarli e per renderli, per loro, utilizzabili. Ci hanno reso capaci, diciamo così, di capire ed eseguire degli ordini», dice il ricercatore, condividendo di fatto l’idea che noi uomini – così come siamo ora – saremmo il prodotto di un intervento di ingegneria genetica. Una affermazione già sostenuta nei suoi libri da Zecharia Sitchin, sulla base di quanto descritto dai testi mesopotamici: basta sostituire il termine Annunna (o Annunaki) con Elohìm, e tutto corrisponderebbe.Sarebbero vari i passi “incriminati” dai quali emergerebbe una realtà tutt’altro che divina di queste entità – “quelli là”, direbbe Mauro Biglino. Ad esempio, vengono citati i mezzi sui quali si spostavano nel cielo, con precise caratteristiche materiali: sono pesanti, metallici, lucenti e pure pericolosi. Descrizioni – al di là delle traduzioni teologiche – che sembrano coincidere con i moderni “Ovni”, oggetti volanti non identificati. «Certo – conferma lo studioso delle religioni – oltre alla Genesi ci sono altri libri dell’Antico Testamento che danno indicazioni completamente diverse: penso al Libro di Ezechiele, piuttosto che al Libro di Zaccaria, in genere interpretati come allegorie e metafore, ma che al contrario sono di una chiarezza evidente. Questi libri in particolare ci raccontano degli strumenti sui quali questi signori si muovevano». Tutto molto inquietante. E assurdo. Ma a voler credere all’interpretazione – letterale – del testo ebraico così come lo traduce Biglino, allora quelli lì, gli Elohìm, chi erano? Se davvero si trattava di creature in carne ed ossa, da dove erano arrivate? E cosa volevano?«Purtroppo la Bibbia non ce lo dice, ma erano sicuramente individui dotati di tecnologia superiore, inarrivabile per i tempi, forse in parte inarrivabile anche per noi. Si sono spartiti la Terra, come afferma il Libro del Deuteronomio, come ci racconta Platone nel “Crizia”, come ci tramandano i popoli di tutti i continenti della Terra. Insomma, si sono suddivisi il pianeta e l’hanno governato comportandosi come normali colonizzatori. Jahwè era uno di questi. Tra l’altro, Jahwè è definito dalla Bibbia “uomo di guerre”, quindi combatteva». Uno dei libri più noti di Mauro Biglino, non a caso, ha un titolo emblematico: “Il Dio alieno della Bibbia”. Fino a poco tempo fa, a tutti coloro che gli domandavano quale ne fosse il pianeta d’origine, lo scrittore rispondeva sempre di ignorarlo e di voler parlare solo delle cose che conosceva, ovvero quelle scritte dagli autori veterotestamentari. Ma proprio da quel testo e da analogie scoperte in altre culture antiche, adesso è giunto quanto meno ad una ipotesi, per spiegare la provenienza di questa presunta stirpe di dominatori extraterrestri.«C’è un’indicazione del termine Nephilim, un termine plurale, che indica però una razza diversa rispetto a quella degli Elohìm. Il termine Nephilà al singolare, in aramaico, indica la costellazione di Orione. Questo mi fa venire in mente quello che c’è scritto nei testi vedici, dove si parla di una possibile provenienza di questi qui da una zona vicino alla stella Betelgeuse, che corrisponde alla spalla destra della costellazione di Orione, una zona che veniva chiamata Mrigashira – ovvero, testa d’antilope – perché il cacciatore Orione se la portava sulla spalla destra. Quindi ci sarebbe una corrispondenza tra dei possibili Orioniani, diciamo così, o comunque provenienti da quella parte del cielo, indicati dal termine Nephilìm, e almeno una parte di quegli altri che in Oriente dicevano provenire dalla stessa porzione di cielo. È solo un’ipotesi, ovviamente. Tra l’altro Betelgeuse – ed è una cosa molto curiosa – deriva dall’arabo Ibn al-Jawzā. Ma Beth El significa Casa di El, cioè Casa dell’Elohim. Chissà…».(Sabrina Pieragostini, “Mauro Bigliono e gli Elohim venuti dallo spazio”, da “Panorama” del 4 luglio 2014).“Quelli là”. Li chiama proprio così, Mauro Biglino, gli dei che i libri antichi hanno tramandato fino a noi. Nei testi vedici, nell’epica mesopotamica, nella poesia greca, nella Bibbia, riconosce gli stessi protagonisti: individui arrivati da un altro mondo, per dominare il nostro. Esseri assai avanzati dal punto di vista tecnologico, ma per nulla spirituali. Anzi. Fin troppo materiali, iracondi, vendicativi, passionali, gelosi. Tutto, fuorché entità trascendenti. Biglino ha espresso queste sue teorie nei vari saggi che ha scritto fino ad oggi: “Il libro che cambierà per sempre le nostre idee sulla Bibbia”, “Il Dio alieno della Bibbia”, “Non c’è creazione nella Bibbia”, e l’ultimo, “La Bibbia non è un libro sacro”. Teorie che ripete nelle sue conferenze, in giro per l’Italia, sempre affollatissime. Le ha elaborate traducendo il Codice di Leningrado, scritto in ebraico masoretico: da questa pergamena, risalente all’XI secolo, derivano tutte le Bibbie che noi abbiamo in casa. Scartando le interpretazioni teologiche, metaforiche, allegoriche, simboliche e concentrandosi solo su quella letterale, lo studioso è arrivato ad una conclusione scioccante: nell’Antico Testamento di Dio non c’è traccia.
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Insegnava a non avere paura, per questo Osho fu ucciso
Osho Rajneesh fu assassinato dalla Cia mediante avvelenamento da tallio. Morì il 19 gennaio 1990, all’età di 60 anni. Faceva paura, perché insegnava a non avere paura di nulla. La morte, scrisse, va accolta con gioia: è come “addormentarsi in Dio”. «Che fu assassinato non lo dice un complottista come me», scrive Paolo Franceschetti. «Lo dice lui stesso, lo dicono i suoi allievi, e la storia del suo assassinio è narrata nel libro “Operazione Socrate”, che spiega anche le ragioni per cui venne avvelenato». Negli anni ‘80, i media lo presentavano come un guru spirituale così anomalo da viaggiare in Rolls Royce, a capo di un clan di appassionati di orge e fumatori di hashish. Non faceva nulla per allontanare da sé l’immagine di personaggio incongruente: secondo Gianfranco Carpeoro, esoterista e studioso di simbologia, il guru indiano emigrato negli Usa aveva capito perfettamente di essere sotto tiro, in pericolo di morte: aveva un enorme ascendente su milioni di giovani, e non voleva fare la fine di John Lennon. Meglio rischiare di passare per ciarlatano, pur di evitare l’omicidio?Osho era una potenza, con qualcosa come 400 titoli usciti a suo nome. Libri praticamente su tutto: vita e morte, religione, amore, denaro, depressione, felicità, etica. E politica. I suoi seguaci italiani? «Sembravano un po’ sciroccati», scrive Franceschetti sul suo blog. Convinti, i “Sannyasin”, che il Maestro se ne fosse semplicemente “andato” per sua scelta. «Dopo aver parlato con loro – confessa Franceschetti – mi convincevo che la storia del suo assassinio doveva essere una balla, prima di tutto perché nessuno dovrebbe aver interesse a uccidere il leader di un branco di sciroccati». La storia della Cia? «Una stupidaggine: quando non si sa a chi dare la colpa, si tira sempre fuori la Cia o gli extraterrestri». Le cose cambiarono quando Francheschetti, avvocato con alle spalle accurate indagini su alcuni dei più atroci casi insoluti della cronaca nera italiana, dal giallo di Cogne al Mostro di Firenze fino alle “Bestie di Satana”, prese in mano un libro di Osho, “La via delle nuvole bianche”. «Rimasi colpito dalla bellezza e della profondità del libro», racconta. «Poi ne lessi altri e via via mi convincevo che il suo pensiero era di una profondità fuori dal comune, che mal si attagliava all’immagine di orge e Rolls Royce che i media ne avevano tramandato».La data della sua morte era quanto meno sospetta, scrive Franceschetti, perché ai giorni nostri è difficile morire a sessant’anni per cause naturali, «specie se stiamo parlando di un uomo che viveva seguendo una dieta sana e principi anche spirituali sani». Osho aveva lavorato, e poi fondato una comunità spirituale, in India. Nel 1981 si trasferì in America e fondò una comunità nell’Oregon, ad Antelope: Raineeshpuram. Venne arrestato il 28 ottobre del 1985 a Charlotte, nella Carolina del Nord, e fu tenuto in stato di arresto per 12 giorni. Motivo del fermo: immigrazione clandestina. «Per quello che, in Oregon, è un semplice illecito amministrativo, Osho fu tenuto, illegalmente, 12 giorni in prigione». Poi gli fu comminata una pena di 10 anni di galera, con la sospensione condizionale, in aggiunta all’espulsione dagli Usa. «Venne accusato perché alcuni cittadini americani che frequentavano la comunità di Osho avevano contratto matrimoni di convenienza con degli stranieri, per far acquisire loro la cittadinanza americana. L’accusa poi era sicuramente falsa, perché Osho era il leader di una comunità che contava oltre 7.000 persone: difficile immaginare che fosse direttamente colpevole di questi reati».Osho venne sottoposto a «una serie di procedimenti illegali», e tenuto in stato di arresto per molti giorni in più rispetto a quella che sarebbe stata la normale procedura, senza che i suoi avvocati fossero avvisati dell’arresto. Venne trasferito in 12 giorni prigioni diverse, «senza motivo e senza una regolare procedura». In un carcere fu registrato col falso nome di David Washington: perché? Fu tradotto in un penitenziario di contea e non nel carcere federale, dove per giunta rimase 4 notti anziché una, come previsto in genere per i prigionieri in transito. Leggendo la sua biografia, e il libro che alcuni suoi discepoli hanno scritto sulla sua morte, saltano agli occhi poi alcune cose. Anzitutto la testimonianza di un detenuto in carcere per omicidio, Jonh Wayne Hearu, che al processo dichiarò di essere stato avvicinato per gettare una bomba sulla comunità di Osho. Furono addirittura insabbiate le testimonianze di alcuni agenti federali, che dichiararono che stavano indagando su un’altra bomba, destinata non alla comunità di Osho ma al carcere nel quale il leader spirituale era stato tradotto. Gli uomini dell’Fbi fecero capire che si trattava di «telefonate partite da centri istituzionali», ma «l’inchiesta su questa vicenda venne insabbiata e il funzionario che stava indagando venne trasferito».Il giorno dell’arresto, continua Franceschetti, erano pronti centinaia di militari che avevano circondato la comunità di Osho. Erano «in assetto da guerra e con elicotteri da combattimento». Il leader spirituale però «fu avvertito della cosa e quel giorno si fece trovare a casa di una sua seguace, dove si consegnò pacificamente». Per giunta, da giorni, i suoi legali chiedevano notizie circa l’eventuale possibile arresto di Osho «il quale, nell’eventualità, voleva consegnarsi spontanemente». Le autorità americane rassicuravano gli avvocati, ripetendo che non dovevano temere nulla. Eppure, «l’arresto fu effettuato a sorpresa e con la preparazione di un vero esercito». Motivo? «A mio parere – dice Franceschetti – avevano preparato una strage, che fu sventata dall’allontanamento di Osho dalla comunità». Probabilmente, «per il governo la cosa migliore sarebbe stato provocare un incidente per poter uccidere Osho direttamente il giorno dell’arresto». Giornali e televisione, che avevano sempre creato problemi alla comunità dipingendola come un covo di satanisti orgiastici, avrebbero liquidato l’aventuale massacro come l’inevitabile esito di un atto di ribellione da parte di fanatici fondamentalisti, una rivolta «repressa con le armi dall’eroico esercito americano».Altro fatto inspiegabile: Osho disse di essere stato in carcere per 11 giorni, quando invece i giorni erano stati 12. «In altre parole, per un giorno Osho perse la memoria. Non fu mai chiarito il perché e il come». Resta il fatto che al guru fu riscontrato un avvelenamento da tallio che lo portò alla morte in pochi anni. «Nei giorni successivi all’arresto, Osho fu trattenuto in carcere più del dovuto perché doveva prepararsi l’avvelenamento da tallio», che avvenne probabilmente «spargendo la sostanza nel letto dove Osho dormì». Era solito dormire su un fianco, e la parte del corpo che risultò agli esami maggiormente contaminata era proprio quella dove Osho aveva dormito. Una morte così sospetta, da mettere in allarme politici e intellettuali anche in Italia, firmatari di una denuncia scritta. Tra questi Lorenzo Strik Lievers, Luigi Manconi, Marco Taradash, Michele Serra, Giorgio Gaber, Lidia Ravera, Giovanna Melandri, Gabriele La Porta. «Il quadro dei fatti è impressionante», scrissero, «e gravissimi sono gli interrogativi che ne escono». Per cui, «se coloro cui spetta non vorranno o non sapranno dare risposte persuasive, saranno essi a legittimare come fondata la denuncia dei discepoli di Osho». I firmatari chiesero l’apertura di un’inchiesta internazionale, per «far luce su questa pagina oscura», e per sapere «se, ancora una volta nella storia, il “diverso” sia stato prima demonizzato e poi eliminato nell’indifferenza generale».Perché fu ucciso, Osho Rajneesh? I suoi allievi accusarono «i fondamentalisti cristiani, che vedono Satana in tutto ciò che non è cristiano». Secondo Franceschetti, erano completamente fuori strada. Tanto per cominciare, «Bush padre, come il figlio e come Reagan (presidente al tempo dell’arresto di Osho) non sono cristiani nel senso “cristiano” del termine». Il cristiano vero «dovrebbe essere tollerante e amorevole verso tutti, e non dovrebbe per nessun motivo uccidere». Loro? «Sono cristiani nel senso “rosacrociano”; fanno parte cioè di quel ramo dei Rosacroce deviato, l’Ordine della Rosa Rossa e della Croce d’Oro», e quando parlano di Dio e di Cristo «intendono questi termini in senso esattamente opposto al senso cristiano: non a caso in nome di Dio scatenano guerre uccidendo milioni di persone». Bush ha spesso ha ripetuto che “Dio è con lui”. Già, ma «il Dio in nome del quale scatenano la guerra è il loro dio, Horus, non il Dio dei cristiani». Bush quindi «non è un cristiano», mentre Osho «è più cristiano di molti “cattolici”, in quanto seguiva alla lettera i principi di amore e tolleranza che sono scritti nei 4 Vangeli».Franceschetti indaga il profilo spirituale del crimine e la sua traduzione politica: «La comprensione e l’interiorizzazione dei principi su cui si basa la filosofia di Osho è idonea a scardinare proprio quei capisaldi su cui la massoneria rosacrociana basa la sua forza: ovvero il concetto della morte e il concetto del denaro». Di fatto, con i suoi scritti, «Osho incita a non temere la morte, e a viverla come uno stato di passaggio, in cui addirittura si vivrà meglio che nel corpo fisico». Quanto ai soldi, «nonostante girasse in Rolls Royce, non era attaccato al denaro: da giovane insegnava all’università ma rifiutò una promozione perché, disse, non voleva regalare ancora più soldi allo Stato con le tasse». Non si preoccupò mai del denaro, «perché sosteneva che nell’universo arriva sempre esattamente ciò di cui hai bisogno, nel momento giusto». Le Rolls Royce? «Arrivarono perché la sua comunità attirava anche gente ricca, e ciascuno metteva in comune ciò che aveva: gli avvocati gestivano gratis i problemi della comunità, i muratori costruivano, i medici curavano, i docenti di varie discipline insegnavano e, ovviamente, chi aveva soldi, donava soldi».Secondo Osho, «il denaro e il lusso sono un mezzo come un altro, possono esserci o meno, ma non devono intaccare la serenità interiore, che invece si acquista con altri mezzi». Insegnava ad amare la vita, ma non ne era attaccato. Lo dimostrano le testimonianze dei seguaci che raccontano la sua ultima notte: rifiutò l’assistenza del medico personale. «E’ il momento che me ne vada», disse. «Inutile forzare ancora le cose. Ormai soffro troppo, in questo corpo». Per Franceschetti, dunque, «Osho faceva paura perché il sistema massonico in cui viviamo si basa su due fondamenti, la paura della morte e la paura della perdita economica». Senza queste paure, il potere, che vive di minacce dirette o indirette (se ti opponi perderai il lavoro, perderai la vita, perderai l’onore perché ti infagheremo) non potrebbe resistere. Senza la paura della morte (tua e dei tuoi cari) svanisce anche il ricatto familiare che si riassume nella frase: non ti opporre al sistema, se tieni alla tua famiglia. A questo sistema la comunità di Osho contrapponeva un modello alternativo, basato sul mutuo aiuto: baratto e libero scambio di beni e competenze quotidiane, senza mercificazione.«Anche dal punto di vista religioso, Osho poteva far paura», conclude Franceschetti. «Non ha fondato una sua religione, né si ispirava ad una religione particolare. Nei suoi libri e nei suoi discorsi utilizzava il Vangelo quando parlava a persone cattoliche, i Sutra buddisti quando parlava a buddisti, i Veda indiani quando parlava a induisti, e attingeva da fonti ebraiche, sufi e chassidiche». Tra i tanti libri, scrisse anche “Le lacrime della Rosa mistica”, quella a cui si ispirano i Rosacroce. «Si possono leggere i suoi scritti, quindi, pur restando buddisti, cristiani, o ebrei. Ma dava una lettura dei testi sacri più moderna e al passo coi tempi, il che poteva far paura a coloro che ancora ragionano con schemi che risalgono a migliaia di anni fa, e che usano la religione come uno strumento per tenere sotto controllo le menti degli adepti». Osho, in altre parole, «fu ucciso per lo stesso motivo per cui furono uccisi altri leader spirituali famosi, come Gandhi e Martin Luther King». Soprattutto, «fu ucciso per la stessa ragione per cui vengono uccisi tutti quelli che si ribellano al sistema denunciandolo fin nelle fondamenta, dai cantanti, agli scrittori, ai registi, ai magistrati, ai giornalisti». Il potere aveva ragione di temerlo: «La diffusione delle idee di Osho poteva contribuire a scardinare il sistema». Se non altro, il suo pensiero non è andato perduto: lo testimonia la continua ristampa dei suoi libri, sempre più diffusi. «Per certi versi, Osho è più vivo che mai».Osho Rajneesh fu assassinato dalla Cia mediante avvelenamento da tallio. Morì il 19 gennaio 1990, all’età di 60 anni. Faceva paura, perché insegnava a non avere paura di nulla. La morte, scrisse, va accolta con gioia: è come “addormentarsi in Dio”. «Che fu assassinato non lo dice un complottista come me», scrive Paolo Franceschetti. «Lo dice lui stesso, lo dicono i suoi allievi, e la storia del suo assassinio è narrata nel libro “Operazione Socrate”, che spiega anche le ragioni per cui venne avvelenato». Negli anni ‘80, i media lo presentavano come un guru spirituale così anomalo da viaggiare in Rolls Royce, a capo di un clan di appassionati di orge e fumatori di hashish. Non faceva nulla per allontanare da sé l’immagine di personaggio incongruente: secondo Gianfranco Carpeoro, esoterista e studioso di simbologia, il guru indiano emigrato negli Usa aveva capito perfettamente di essere sotto tiro, in pericolo di morte: aveva un enorme ascendente su milioni di giovani, e non voleva fare la fine di John Lennon. Meglio rischiare di passare per ciarlatano, pur di evitare l’omicidio?
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Biglino: ma nella Bibbia non c’è Dio né creazione del mondo
La Bibbia è uno dei tanti libri che l’umanità ha scritto nel corso della sua storia, quindi va letta come tale, secondo me. Parla del rapporto tra un popolo e un individuo, che noi conosciamo con il nome di Jahwè, e che poi successivamente ci è stato presentato come Dio. Leggo la Bibbia dai tempi del liceo e la trovo affascinante, più l’approfondisco e più mi piace. La Bibbia contiene moltissimi errori, contraddizioni e discrepanze. Di errori, i docenti israeliti ne hanno trovati almeno 1.500 (tra errori e sviste), e poi ci sono un sacco di contraddizioni e discrepanze, veramente tantissime. Sicuramente la contraddizione che mi ha colpito di più quella che è stata tradotta dall’esterno, cioè la volontà di vedere nella Bibbia la presenza di Dio, che assolutamente in realtà non c’è. Il modo corretto per affrontare la Bibbia? Leggerla, appunto, come uno dei tanti libri che l’umanità ha scritto nel corso della sua storia, cercando di dare credito a ciò che c’è scritto. Dobbiamo leggerla e studiarla perché, piaccia o non piaccia, almeno un paio di miliardi di persone hanno la vita condizionata, direttamente o indirettamente, da quel libro.Se la Bibbia viene da Dio? Assolutamente no – e per fortuna, direi. Se Dio ci ha fatto a sua immagine? Non Dio, ma gli Elohìm, cioè quel gruppo di individui di cui parla la Bibbia, che ci hanno costruiti – loro sì, a loro immagine. Cosa cambierei della Bibbia? Nulla. La Bibbia va presa così com’è, altrimenti non sarebbe più la Bibbia. Salverei la Genesi, perché è il libro che, essendo stato preso da libri più antichi di altri popoli del Medio Oriente – quindi, quello meno toccato dalla teologia, per certi aspetti – è quello che ha più probabilità di contenere delle verità, almeno dal punto di vista della cronaca e della storia. La prima volta che ho letto la Bibbia ho provato stupore, per le differenze che ci sono tra ciò che leggo nella Bibbia e ciò che della Bibbia avevo sempre sentito raccontare. I dubbi mi sono nati mentre ero alla mia scrivania, mentre facevo le mie traduzioni professionali della Bibbia per conto delle Edizioni San Paolo.Conosciamo tutto, del nostro passato? Per fortuna no, così abbiamo ancora un sacco di cose da studiare. Cosa sia la creazione non lo so, ovviamente penso che non lo sappia nessuno. Non so come sia nato l’universo. Di certo so che non se occupa neppure la Bibbia. Cioè, nemmeno la Bibbia parla di creazione. Né tantomeno del diavolo: il diavolo biblico non esiste, come non esistono né l’inferno né il paradiso biblico. Nella Bibbia non esistono neppure gli angeli. Esisterà l’Apocalisse? Se per Apocalisse intendiamo Rivelazione, allora io spero che prima o poi ci sia la rivelazione di una qualche forma di verità. Gli alieni? Mi stupirei se non esistessero. La Bibbia oggi è sicuramente ancora attuale: siamo in Italia, e la stessa politica italiana è comunque condizionata da ciò che da quel libro è stato ricavato. Quanto c’è di vero e quanto di falso? Stabilire percentuali è quasi impossibile. Direi che nella Bibbia c’è sicuramente una sostanza cronachistica e storica vera, su cui è stato costruito un castello di falsità.Se la Bibbia è in grado di rispondere a tutte le domande? Assolutamente no. Direi che non era neppure il suo obiettivo: la Bibbia si occupava solo del rapporto tra un popolo e un individuo di nome Jahwè. A un certo punto – parliamo della storia di Adamo ed Eva, ovviamente – questo gruppo di Elohìm ha avuto la necessità di fabbricarsi qualcuno che lavorasse per loro. Hanno fatto prima il maschio, un gruppo che noi conosciamo come l’Adàm, e con ogni probabilità lo hanno fatto con un intervento di ingegneria genetica. Dopo un po’ di tempo si sono accorti, bontà loro, che il maschietto da solo non stava tanto bene. E hanno deciso di fargli la femminuccia, e anche questa l’hanno fatta – stando a quel che racconta la Bibbia – compiendo un ulteriore intervento di ingegneria genetica. E di lì in avanti, poi, si è sviluppato il tutto.Penso che questo possa essere considerato l’inizio, perlomeno della specie che conosciamo come homo sapiens, perché prima probabilmente gli ominidi hanno seguito il loro normale processo evolutivo. Io penso che la vita, come espressione del Dna, chieda ad ogni essere vivente di realizzare se stesso al meglio e sviluppare al meglio i suoi talenti. Il senso della Bibbia è quello di raccontarci una storia, dalla quale probabilmente possiamo ricavare delle informazioni sulle nostre origini. A un religioso cristiano non ho da dire assolutamente nulla, anche perché non ho la necessità di convincere nessuno. Io a metto a disposizione le mie cose, poi ciascuno ne fa quello che vuole.(Mauro Biglino, affermazioni rilasciate a “Luoghi Misteriosi” per la video-intervista parallela con monsignor Avondios, arcivescovo della Chiesa Ortodossa di Milano, pubblicata su YouTube. Saggista e già traduttore per le Edizioni San Paolo di 19 libri dell’Antico Testamento, Biglino ha suscitato molto clamore con volumi recenti come “Il Dio alieno della Bibbia”, “Non c’è Creazione nella Bibbia” e “La Bibbia non è un libro sacro”, pubblicati da Uno Editori, nei quali si sostiene che – traduzione letterale alla mano – la Bibbia non fa cenno ad alcuna divinità, né tantomeno alla creazione del mondo).La Bibbia è uno dei tanti libri che l’umanità ha scritto nel corso della sua storia, quindi va letta come tale, secondo me. Parla del rapporto tra un popolo e un individuo, che noi conosciamo con il nome di Jahwè, e che poi successivamente ci è stato presentato come Dio. Leggo la Bibbia dai tempi del liceo e la trovo affascinante, più l’approfondisco e più mi piace. La Bibbia contiene moltissimi errori, contraddizioni e discrepanze. Di errori, i docenti israeliti ne hanno trovati almeno 1.500 (tra errori e sviste), e poi ci sono un sacco di contraddizioni e discrepanze, veramente tantissime. Sicuramente la contraddizione che mi ha colpito di più quella che è stata tradotta dall’esterno, cioè la volontà di vedere nella Bibbia la presenza di Dio, che assolutamente in realtà non c’è. Il modo corretto per affrontare la Bibbia? Leggerla, appunto, come uno dei tanti libri che l’umanità ha scritto nel corso della sua storia, cercando di dare credito a ciò che c’è scritto. Dobbiamo leggerla e studiarla perché, piaccia o non piaccia, almeno un paio di miliardi di persone hanno la vita condizionata, direttamente o indirettamente, da quel libro.
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Ebola e bioterrorismo, chi tocca muore: strage di scienziati
«Il pericolo, nella ricerca della verità, è che qualche volta la si trova» (William Faulkner). Nel periodo compreso tra il 12 novembre 2001 e l’11 febbraio 2002, ben sette microbiologi scoprono a proprie spese che fare il loro mestiere è più pericoloso che correre in Formula Uno, fare bungee-jumping tutti i week-end e coltivare l’hobby del sesso non protetto. Anche altri microbiologi faranno in seguito una brutta fine. Non tutti i microbiologi sono tuttavia egualmente a rischio; i microbiologi specializzati in sequenziamento del Dna sarebbero i più suscettibili di morire in circostanze “strane ed inconsuete”. Precisiamo che il sequenziamento del Dna è una delle tecniche necessarie dell’emergente campo di applicazione delle armi biologiche di distruzione di massa, soprattutto per ciò che riguarda la creazione di nuovi virus e batteri. Tuttavia, il mestiere di microbiologo era diventato a rischio già qualche tempo prima. Curiosamente, proprio all’indomani dell’11 Settembre o giù di lì.Il 4 ottobre 2001, infatti, un aereo commerciale in volo tra Israele e Novosibirsk fu abbattuto “per errore” sopra il Mar Nero da un missile terra-aria ucraino fuori rotta di 100 chilometri rispetto a presunte esercitazioni in atto. Inizialmente si diffuse la voce che si trattasse di un volo charter, invece si trattava di un regolare volo di linea, il volo “Air Sibir 1812”. Novosibirsk è nota come la capitale scientifica della Siberia, ed è riconosciuta come sede di importanti ricerche microbiologiche. Si ritiene che sull’aereo precipitato si trovassero almeno cinque microbiologi israeliani. Il 12 novembre 2001, Benito Que, 52 anni, esperto in malattie infettive e biologo cellulare, venne trovato in coma per strada vicino al laboratorio della Università Medica di Miami, dove lavorava. Il “Miami Herald” scrisse che sarebbe stato assalito da quattro persone armate di mazze da baseball, ma la versione ufficiale fu che era stato colto da malore. Morì il 6 dicembre. Era esperto di sequenziamento del Dna. Aveva lavorato con Don C. Wiley e con David Kelly, altri due microbiologi morti “suicidi”.Quattro giorni dopo, il 16 novembre 2001, Don C. Wiley, 57 anni, uno dei più eminenti esperti americani del settore, scomparve. La sua auto a noleggio fu trovata abbandonata sull’Hernando de Soto Bridge vicino a Memphis, Tenn, col serbatoio pieno e le chiavi nel cruscotto. Wiley era appena uscito da una cena ed era in procinto di partire per una vacanza con la famiglia. Il suo corpo fu trovato il 20 dicembre nel Mississipi, a 500 chilometri di distanza. La tesi ufficiale fu che, forse a causa di una vertigine, fosse caduto nel fiume dal ponte. Wiley era un esperto su come il sistema immunitario risponda ad attacchi virali come l’Hiv, l’Ebola e l’influenza. Aveva vinto un importante premio per il suo lavoro nel campo dei vaccini anti-virali. Si occupava di sequenziamento del Dna. Aveva lavorato con David Kelly.Il 23 novembre 2001, Vladimir Pasechnik, 64 anni, biologo specializzato in passatempi simpatici come la vaporizzazione di peste bubbonica, fu trovato morto a Wiltshire, Inghilterra, non lontano da casa. Pasechnik era stato responsabile per lo sviluppo di armi biologiche in Unione Sovietica ed era passato al blocco occidentale nei primi anni Novanta. Il giorno dopo, 24 novembre, un aereo della Crossair precipitò in Svizzera. Tra i passeggeri vi erano tre eminenti israeliani: Yaakov Matzner, 54 anni, preside di medicina della Università Ebraica, Amiramp Eldor, 59 anni, capo del dipartimento di ematologia dell’ospedale Ichilov di Tel Aviv, e Avishai Berkman, 50 anni, direttore del dipartimento di salute pubblica di Tel Aviv. Il 10 dicembre, Robert Schwartz, 57 anni, fu trovato assassinato nella sua casa di campagna nella contea di Loudoun, in Virginia. Si occupava di sequenziamento del Dna e organismi patogeni.L’11 dicembre, Set Van Nguyen, 44 anni, fu trovato morto all’ingresso di una camera refrigerata nel laboratorio dove lavorava, a Geelong nello Stato di Victoria, in Australia. Van Nguyen era entrato nella camera refrigerata senza accorgersi che era satura di un gas velenoso, che lo aveva ucciso rapidamente. Nello stesso centro di ricerca, cinque anni prima era stato isolato un virus della famiglia delle Paramyxoviridae, lo stesso ceppo al quale appartiene il virus della Sars. Tale virus era stato identificato come trasmissibile agli esseri umani. Il 9 febbraio 2002, Victor Korshunov, 56 anni, direttore della subfacoltà di microbiologia alla Università statale medica di Mosca, fu trovato morto in una strada. Altri due scienziati russi, Ivan Glebov ed Alexi Brushlinski, erano stati uccisi nelle settimane precedenti.L’11 febbraio 2002, Ian Langford, 40 anni, fu trovato morto nella sua residenza a Norwich, Inghilterra. Il 27 febbraio, Tanya Holzmayer, 46 anni, scienziata russa emigrata negli Stati Uniti, fu uccisa a colpi di pistola da un altro microbiologo, Guyang Huang, il quale poco dopo fu trovato morto in un parco con la pistola vicino alla propria mano. La Holzmayer si occupava di genoma umano. David Wynn-Williams, 55 anni, astrobiologo impegnato nella ricerca sulla possibile esistenza di microbi extraterrestri, il 24 marzo morì investito da un’auto mentre faceva jogging. Il giorno dopo, Steven Mostow, 63 anni, noto come “dottor influenza” per la sua esperienza nel trattamento dell’influenza, morì schiantandosi col suo Cessna in fase di atterraggio, apparentemente per il distacco di uno dei motori. Mostow era anche un noto esperto in bioterrorismo.Il 24 giugno 2003 morì in Africa il dottor Leland Rickman, 47 anni, apparentemente per un malore. Era un esperto di malattie infettive, nonché consulente in materia di bioterrorismo. Da ultimo (ma siamo sicuri?), il 17 luglio, David Kelly, 59 anni, esperto microbiologo nonché consulente in armi biologiche di distruzione di massa per il governo britannico, fu trovato morto in un bosco. L’inchiesta terminò con una dichiarazione di suicidio, ma ogni evidenza suggerisce che si sia invece trattato di un omicidio. Mesi dopo, emersero testimonianze sul fatto che Kelly sarebbe stato in procinto di scrivere un libro sui programmi di guerra biologica delle grandi nazioni. C’è chi aggiunge alla lista anche Jeffrey Paris, 49 anni, trovato spiaccicato a fianco di un parcheggio automobilistico il 6 novembre 2001, e Christopher Legallo, 33 anni, analista di problemi del terrorismo, schiantatosi in aereo il 30 settembre 2002. Su quest’aereo avrebbe dovuto trovarsi anche sua moglie, Laura Koepfler, analista nel campo delle armi di distruzione di massa, ma aveva cambiato programma all’ultimo momento. Qui mi fermo, ma gli strambi decessi di microbiologi sarebbero proseguiti in seguito.Secondo Maurizio Blondet, nel giugno 2004 la somma dei microbiologi morti in circostanze anomale sarebbe giunta a ventiquattro. Per sapere se la morte di tutti questi microbiologi è solo un’anomalia statistica degna di nota, bisognerebbe conoscere la quantità esatta di microbiologi che ci sono al mondo e calcolare se il tasso percentuale di decessi bizzarri è superiore alla norma. Non ho questo dato, né tutto sommato mi interessa. Certe volte, il dubbio è di gran lunga preferibile alla certezza. Preferisco sbagliarmi senza esserne sicuro piuttosto che essere sicuro di non sbagliarmi. Per la seconda edizione del libro (“Il mito dell’11 Settembre, l’opzione del dottor Stranamore”), nel 2007 aggiungiamo per scrupolo che la Sfiga dei Microbiologi prosegue imperterrita. I 15 microbiologi sono nel frattempo cresciuti sino a varie decine. Elencarli tutti non avrebbe alcun senso, ne riportiamo solo alcuni a mo’ di esempio.John Clark, un microbiologo i cui studi avevano aperto la strada alla clonazione della famosa pecora Dolly, si impicca il 12 agosto 2004. Leonid Strachunsky, specialista nella creazione di microbi resistenti alle armi biologiche, ucciso l’8 giugno 2005 da una bottiglia di champagne che anziché dargli alla testa gli ha dato sulla testa. Un bel colpo secco. David Banks, esperto in prevenzione di epidemie e quarantene, muore l’8 maggio 2005 a bordo del solito aereo che casca. Matthew Allison, biologo molecolare, il 13 ottobre 2004 entra nella sua auto parcheggiata che esplode come succede solo nei film. E terminiamo i nostri esempi con Antonina Presnyakova, scienziata che si occupava direttamente di armi biologiche e che il 25 maggio 2004 crede anch’essa di trovarsi in un film e quindi si punge per sbaglio con un ago infetto di Ebola, che ovviamente la uccide. Se non ne avete abbastanza, su Internet la lista continua.Non è la prima volta che scienziati di un settore specifico muoiono in rapida successione temporale in condizioni misteriose. Era accaduto pochi anni prima in Inghilterra ad almeno sei scienziati della Marconi (c’è chi dice che furono parecchi di più), a quel tempo colosso industriale, oggi sull’orlo del fallimento. Tuttavia, siamo appena usciti dal cinema dove abbiamo rivisto “America under Attack”, in versione Director’s Cut, e già ci troviamo alle prese con un nuovo film che si preannuncia così tosto da farci completamente dimenticare quello che abbiamo appena visto. Forse arriveremo addirittura a rimpiangere “America under Attack” e con esso i bei tempi in cui la partecipazione di tutti gli spettatori alla realizzazione di un colossal mediatico non era ancora un dovere sociale. O un destino inevitabile. Con “Sars Attack II” oppure “Sars Attack III”, la musica potrebbe infatti essere completamente diversa.(Roberto Quaglia, “Il caso dei microbiologi scomparsi”, da “Mondialisation” del 3 novembre 2014, ripreso da “Come Don Chisciotte”).«Il pericolo, nella ricerca della verità, è che qualche volta la si trova» (William Faulkner). Nel periodo compreso tra il 12 novembre 2001 e l’11 febbraio 2002, ben sette microbiologi scoprono a proprie spese che fare il loro mestiere è più pericoloso che correre in Formula Uno, fare bungee-jumping tutti i week-end e coltivare l’hobby del sesso non protetto. Anche altri microbiologi faranno in seguito una brutta fine. Non tutti i microbiologi sono tuttavia egualmente a rischio; i microbiologi specializzati in sequenziamento del Dna sarebbero i più suscettibili di morire in circostanze “strane ed inconsuete”. Precisiamo che il sequenziamento del Dna è una delle tecniche necessarie dell’emergente campo di applicazione delle armi biologiche di distruzione di massa, soprattutto per ciò che riguarda la creazione di nuovi virus e batteri. Tuttavia, il mestiere di microbiologo era diventato a rischio già qualche tempo prima. Curiosamente, proprio all’indomani dell’11 Settembre o giù di lì.
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I nemici alle porte: l’Occidente psichiatrico di Ezio Mauro
Leggo ieri, sul sito di “Repubblica”, un editoriale di Ezio Mauro che riesce a riassumere due secoli di paranoia in quattro luoghi comuni. Mauro ci spiega che esiste l’Occidente e che l’Occidente ha un “nemico ereditario”, l’Oriente. Egli adopera in modo intercambiabile il termine “Occidente” e il pronome “noi”, e già questo è clinicamente interessante. Il signor Ezio Occidente precisa comunque di non essere paranoico: è il mondo, spiega, che ce l’ha con lui/noi. Ci rivela che «l’anima imperiale e imperialista della Russia è eterna e insopprimibile», e vuole bloccare «la libertà di destino dei popoli». Poi ci sono i musulmani. Ezio Occidente, parlando del cosiddetto califfato islamico a cavallo tra Siria e Iraq, si chiede se l’Occidente (anzi “la comunità del destino”) abbia «almeno la consapevolezza che quel pugnale islamista è puntato alla sua gola». E si pone l’eterna domanda di tutti coloro che temono la Decadenza dell’Occidente: «Ma nel momento in cui due parti del mondo lo designano contemporaneamente come il nemico finale e l’avversario eterno, l’Occidente ha una nozione e una coscienza di sé all’altezza della sfida?».La risposta, per lui è chiara: «Per questo l’Occidente oggi va difeso, con ogni mezzo, da chi lo condanna a morte». Ragionare con i matti, in particolare con quelli paranoici, non è sempre facile, perché richiede che si applichi una regola di buon senso, che si può riassumere così: 1) Se qualcuno dice che Jack lo Squartatore fu colpevole di alcuni omicidi avvenuti nella Belle Epoque londinese, se ne può discutere; 2) Se qualcuno dice che Jack lo Squartatore lanciò la bomba atomica su Hiroshima, ho il diritto di esprimere i miei dubbi, senza per questo diventare necessariamente un difensore del personaggio. Quindi, premetto che la parte antirussa degli ucraini ha tanti validi motivi per non voler restare nella sfera di Mosca, e non ho particolari simpatie per l’attuale governo russo (e nemmeno per altri governi, se è per questo). Però constato che nessuno sta cercando di conquistare né l’Ucraina, né l’Occidente: c’è la parte di ucraini – diciamo un terzo della popolazione – che si sente russa che non ha intenzione di farsi sottomettere o cacciare dalla parte antirussa, e in questo godono del sostegno del governo russo.Il signor Ezio Occidente sappia quindi che i russi non vogliono far abbeverare i loro cavalli nella fontana di San Pietro, al massimo faranno abbeverare le loro Ferrari dai benzinai della Versilia. Per quanto riguarda l’Isis, non si tratta di una «parte del mondo» – come scrive Ezio Occidente – che ha come «nemico definitivo» l’Occidente. Si tratta piuttosto dell’ennesima tegola in testa agli iracheni, da quando hanno scoperto il petrolio da quelle parti. Mettere i fatti in ordine cronologico è istruttivo. A giugno l’Isis si è vantato di aver fucilato in un solo giorno tra 600 e 3.000 prigionieri iracheni (accusati di appartenere al “criminale esercito safavide”, un termine che mette insieme i concetti di sciita e di iraniano) catturati nell’ex-base statunitense di Camp Speicher. Tutto in video, ovviamente; e devo dire che è il video più terrificante che mi sia mai capitato di guardare. Lo so che ogni battaglia della Rivoluzione Messicana finiva con la fucilazione finale dei soldatini-contadini prigionieri; e più o meno lo stesso capitava durante tutti i grandi eventi del Novecento, però questa volta i media non hanno la scusa che non ci sono le immagini.Che cosa ne avrà pensato Ezio Occidente? Vado su Google: Nessun risultato trovato per “camp speicher”, “ezio mauro”. Evidentemente i soldatini sciiti non fanno Occidente Minacciato. Per sostenere il governo che avevano installato in Iraq, e perché una nuova guerra ogni tanto ci vuole, gli Stati Uniti hanno in seguito bombardato alcune basi dell’Isis. Basi, ricordiamo, messe in piedi grazie alla lunga accondiscendenza del governo turco. Infatti, l’Isis è il nemico più agguerrito e capace del governo siriano, un governo da anni ormai sotto sanzioni e minacce di ogni sorta proprio da parte dell’Occidente: lo scorso giugno, Obama ha proposto di dare 500 milioni di dollari per addestrare e armare chi sta combattendo contro il governo siriano. Anche il governo siriano avrà le sue pecche, ma non ha certo mai minacciato l’Occidente. Solo dopo i bombardamenti statunitensi, è avvenuto il video-omicidio del giornalista Sotloff: il decapitatore ha spiegato chiaramente il messaggio: «Un’occasione per avvertire i governi che entrano in questa malvagia alleanza con l’America contro lo Stato Islamico: si tirino indietro e lascino il nostro popolo in pace». E, rivolto a Obama: «Fintanto che i tuoi missili continueranno a colpire il nostro popolo, i nostri coltelli continueranno a colpire il collo del tuo popolo». Non esiste, insomma, nessun pugnale puntato alla gola dell’Occidente.Non escludo che se l’aeronautica americana bombardasse di nuovo una città controllata dall’Isis, a qualche giovane esaltato potrebbe venire in mente di farsi saltare in aria in un supermercato di Parigi, e sarebbe una cosa sicuramente orribile. Ma il punto è che l’Occidente non salta per un supermercato che chiude (ne hanno chiuso uno dietro casa mia l’altro giorno, e ti assicuro che l’Occidente respira uguale). L’Occidente salterebbe, casomai, se non arrivasse più petrolio. Ma anche lì, non c’è da preoccuparsi. L’Isis, infatti, pare che viva del petrolio che riesce a vendere. Come tutto ciò che riguarda il Medio Oriente, sarà una cifra un po’ a caso, ma qualcuno calcola che l’Isis guadagni tre milioni di dollari al giorno grazie proprio al petrolio (e vendono pure l’energia elettrica prodotta dalla diga di Raqqa, che si sono ben guardati dal danneggiare).Passiamo a guardare la filosofia sottostante alla costruzione di Ezio Occidente. Lui che scrive e il lettore formano un “noi”, unito dal nemico che ci odia perché il nemico è intrinsecamente perverso: odia la libertà, la pace e probabilmente anche i bambini. Questa condivisione paranoica permette di spazzare sotto il tappeto tutto ciò che in realtà “ci” divide, a partire dal fatto che lui ha alle spalle Benetton – e io no, ad esempio. Il nemico viene ingigantito oltre ogni misura: stendiamo un velo pietoso sui disastrati villaggi polverosi da cui il Califfato emana i suoi video, sgozza i suoi sciiti e vende il suo petrolio. Ma anche il Pil di tutta la vasta Russia rimane inferiore a quello della nostra piccola Italia. La comunità paranoica non è mai dichiaratamente aggressiva: il suo motto è dobbiamo difenderci – dagli slavi, dagli sciiti, dagli ebrei, dagli arabi, dai cristiani, dai serbi, dai musulmani, dai neri che violentano le nostre donne, dagli Invasori di Lampedusa, dagli alieni di Zeta Reticuli… Il «bersaglio», scrive il direttore di Repubblica, «è questo nostro insieme di valori e questo nostro sistema di vita».Una difesa da condurre, come scrive in tono sinistro il nostro (ricordiamo che sta parlando di un vertice della Nato, cioè della massima organizzazione armata del pianeta), «con ogni mezzo». Ma dietro le parole difensive, Ezio Occidente si lascia sfuggire un concetto interessante. Egli accusa infatti Putin di voler che si «fermi l’America, delimiti l’Europa». Nessuno osi delimitarci. Anzi, «la democrazia» (ricordiamo che per il nostro autore, i termini “Occidente”, “Ezio Mauro”, “democrazia” e “noi” sono tutti sinonimi perfettamente intercambiabili) ha un «carattere universale che può parlare a ogni latitudine». Che è all’incirca ciò che sostengono alcuni a proposito dell’Islam. I difensori paranoici non sono mai contenti. Lo scarto tra le loro fantasie di trionfo totale e la realtà la attribuiscono in genere a una caduta di morale.Il difensore paranoico vive sempre all’undicesima ora, in cui solo uno scossone potrà risvegliare la Fibra Morale; e quindi cerca avidamente i segni del declino e del pericolo, da agitare confusamente davanti a coloro che vorrebbe appunto risvegliare. E l’articolo di cui parliamo è pieno di preoccupazioni per i dubbi che pervadono un Occidente che invece dovrebbe pensare solo a combattere. Qui non ci piace giocare con la parola fascismo. Però nella sequenza filosofica che abbiamo esposto, credo che troverete la chiave per capire tante caratteristiche di movimenti che i media chiamano neofascisti. La differenza però è sempre quella del vecchio detto su chi rapina una banca e chi la fonda. Ezio Occidente non è Roberto Fiore perché Roberto Fiore non fa il direttore del principale quotidiano italiano.(Miguel Martinez, “L’Occidente psichiatrico di Ezio Mauro”, dal “Kelebekler Blog” del 6 settembre 2014).Leggo ieri, sul sito di “Repubblica”, un editoriale di Ezio Mauro che riesce a riassumere due secoli di paranoia in quattro luoghi comuni. Mauro ci spiega che esiste l’Occidente e che l’Occidente ha un “nemico ereditario”, l’Oriente. Egli adopera in modo intercambiabile il termine “Occidente” e il pronome “noi”, e già questo è clinicamente interessante. Il signor Ezio Occidente precisa comunque di non essere paranoico: è il mondo, spiega, che ce l’ha con lui/noi. Ci rivela che «l’anima imperiale e imperialista della Russia è eterna e insopprimibile», e vuole bloccare «la libertà di destino dei popoli». Poi ci sono i musulmani. Ezio Occidente, parlando del cosiddetto califfato islamico a cavallo tra Siria e Iraq, si chiede se l’Occidente (anzi “la comunità del destino”) abbia «almeno la consapevolezza che quel pugnale islamista è puntato alla sua gola». E si pone l’eterna domanda di tutti coloro che temono la Decadenza dell’Occidente: «Ma nel momento in cui due parti del mondo lo designano contemporaneamente come il nemico finale e l’avversario eterno, l’Occidente ha una nozione e una coscienza di sé all’altezza della sfida?».