Archivio del Tag ‘fisco’
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Soldi gratis: il mondo vuole la Mmt, e l’Italia ignora Draghi
Finire impiccati dagli interessi passivi sul debito pubblico: succede, se si impedisce allo Stato di rimediare, emettendo liquidità a costo zero. Non a caso, l’Italia è in avanzo primario da decenni: in termini di servizi, lo Stato spende meno di quanto incassi dai cittadini sotto forma di tasse. E allora perché nessuno dà retta a Mario Draghi, che nella sua ultima esternazione da presidente della Bce ha evocato il ricorso alla Modern Money Theory di Warren Mosler, cioè il finanziamento teoricamente illimitato da parte dello Stato mediante immissione di liquidità? Se lo domandano Paolo Becchi e Giovanni Zibordi su “Milano Finanza”, ricordando che la Mmt è oggi sostenuta persino da Jan Hatzius, capo-economista di Goldman Sachs, e da Stefanie Kelton, “mente” economica del candidato democratico Bernie Sanders. Con Trump, il debito pubblico Usa aumenterà di altri 1.200 miliardi di dollari, sforando i 23.000 miliardi, proiettando l’America nel decimo anno consecutivo di espansione «senza avere problemi di inflazione o di debolezza del dollaro». Il debito del Giappone rappresenta il 250% del Pil, e Tokyo ha appena lanciato un altro piano di espansione fiscale, con tassi d’interesse vicini allo zero, «continuando a smentire gli economisti che si preoccupavano del livello del suo debito pubblico».Anche nell’Eurozona si è “stampato moneta”, ricordano Becchi e Zibordi, nel senso che la Bce ha triplicato il suo bilancio (da 1.300 a 4.700 miliardi in pochi anni) comprando più di un terzo dei titoli di Stato sul mercato, e finanziando banche italiane e spagnole che a loro volta ne hanno comprati. «Il risultato è stato che i tassi di interesse sono scesi più o meno a zero o persino sotto zero, e il mercato e lo “spread” è stato addomesticato». A livello globale il debito pubblico negli ultimi dieci anni è più che raddoppiato, aggingono i due analisti, ma i tassi d’interesse sono scesi ai livelli più bassi della storia: un risultato che è più in accordo con la Mmt che con i testi di macroeconomia più diffusi. «La tesi centrale di Warren Mosler è appunto che la politica ottimale sarebbe non emettere titoli di Stato (Treasury o Btp) e tenere i tassi a zero», riassumono Becchi e Zibordi. «I deficit verrebbero finanziati con un misto di finanziamento da parte della banca centrale ed emissione di titoli a breve come i Bot o i T-Bills a cui applicare un limite di rendimento molto basso (0,5% ad esempio)». Da settembre, la Fed sta comprando 60 miliardi di T-Bills al mese, aiutando (pur senza ammetterlo, e dando una motivazione diversa) a finanziare gli enormi deficit pubblici Usa. E non è un caso che Trump le chieda insistemente di portare i tassi a zero.Negli ultimi anni, archiviato l’orrore della Grecia – paese svenduto, licenziamenti in massa, stipendi dimezzati e pensioni decurtate, ospedali senza medicine per i bambini – negli ultimi anni «il mondo assomiglia più a quello che descriveva la Mmt che a quello dei Cottarelli & Company, per i quali invece l’aumento del debito pubblico porta a rischi di default e, se monetizzato, porta a inflazione e svalutazione senza freni». Quello che è stato vietato alla Grecia (e che avrebbe salvato la società allenica, che oggi ha “i conti in ordine” e quindi la peggiore economia europea) viene invece praticato largamente: si smette di considerare lo Stato “una famiglia” e si torna alla verità, cioè alla funzione salvifica del potere di emissione monetaria a costo zero. «Se ora applichiamo la Mmt alll’Italia – scrivono i Becchi e Zibordi su “Milano Finanza” – dobbiamo ricordare che dai primi anni ‘80 lo Stato ha pagato in totale 4.000 miliardi di interessi su Bot, Cct e Btp, per cui si può senz’altro dire che il debito pubblico, di 2.300 miliardi, sia dovuto solo agli interessi cumulati», e dunque «ad un caso, se vogliamo, di “macro-usura”». Se l’Italia avesse applicato la ricetta Mmt di finanziare in parte tramite la banca centrale e in parte con Bot a rendimento limitato – aggiungono i due analisti – avrebbe potuto risparmiare qualcosa come 3.000 miliardi di interessi ed evitare l’austerità, cioè gli “avanzi primari” a cui è obbligata dal 1995.E’ curioso, continuano Becchi e Zibordi, che si finga di non vedere che a salvare il mondo occidentale da una crisi sistemica (e non solo quello, perché la Cina ha aumentato da 7.000 a 40.000 miliardi di dollari i suoi aggregati monetari) sia stato il massiccio intervento di creazione di moneta. Solo la povera Italia, dopo la Grecia, deve restare esclusa dalla soluzione che tutto il mondo pratica da tempo? Dal 1862 al 1980 lo Stato italiano ha finanziato il 54% dei suoi deficit con moneta emessa dalla banca centrale. «Il cuore del problema è la famigerata creazione di moneta da parte dello Stato, che nel mondo moderno è affidata alla banca centrale quando finanzia i deficit pubblici». Un raddoppio dei debiti pubblici nel mondo come quello occorso dalla crisi di Lehman in poi, finanziato in parte da creazione di moneta della banca centrale, «non ha avuto conseguenze negative, anzi: ha consentito di salvare i sistemi bancari e aumentare la spesa (fuori dall’Eurozona), riducendo le tasse e quindi sostenendo l’economia. «Se si guarda a Spagna e Francia, che hanno raddoppiato il debito pubblico dal 2007 tenendo deficit elevati, si vede che hanno potuto riprendersi molto meglio dell’Italia», che invece «ha continuato a tassare più di quello che spendeva».I 60 o 70 miliardi di interessi l’anno, infatti, «ritornavano solo in piccola parte alle famiglie», per cui il deficit del 2% medio italiano, in realtà, «non stimolava l’economia», e le tasse, comunque, «finivano per aumentare sempre». In più, «il vincolo di bilancio ha impedito allo Stato di intervenire a sostegno delle banche italiane in crisi dopo il 2008», come invece è accaduto negli altri paesi. E così, si è lasciato che si tagliasse in modo indiscriminato il credito alle imprese italiane (-25% in dieci anni). «La soluzione – scrivono Becchi e Zibordi – è invece proprio quella di andare avanti sulla strada della monetizzazione del debito, come ha fatto il Giappone dove la banca centrale ne possiede oggi il 44% e una cifra pari al 100% del Pil nipponico». Da trent’anni il Sol Levante ha altissimi deficit primari, «perché ha tenuto la tassazione molto più bassa di noi», e così «il reddito pro capite giapponese è aumentato quanto quello medio dell’Eurozona, mentre il nostro è collassato del -7% dal 2007». Dopo trent’anni (e dopo aver pagato 4.000 miliardi di interessi sui titoli di Stato), secondo Becchi e Zibordi è insensato non ricorrere alla Mmt: significa «continuare a paralizzare per sempre il popolo italiano». Servirebbe «una soluzione una tantum per monetizzare parte di questo debito, che è poi quello che, sotto false spoglie, sta facendo Bankitalia, che ha ora 400 miliardi di debito pubblico».La Mmt, concludono i due analisti, ha il pregio di inquadrare questa soluzione in una teoria della moneta moderna in cui la politica ottimale sarebbe quella di non emettere più Btp, e di finanziare i deficit per metà tramite la banca centrale e per metà con Bot a tasso prefissato. «Un’altra possibilità è emettere debito permanente a cui dare la caratteristica di moneta, cioè tramite cui consentire al pubblico di spendere come da un conto corrente». Attenzione: i Btp decennali non sono sempre esistiti; sono un’invenzione recente, dei primi anni ‘90, e avevano lo scopo di attirare investitori e banche straniere sul nostro debito, che all’epoca era in mano alle famiglie e alle banche (pubbliche) italiane. «Bisogna riconoscere che è stato un errore estromettere le famiglie italiane e affidarsi al mercato estero, anche se non si vuole ammetterlo nonostante l’evidenza delle banche centrali che sono costrette a stampare moneta per ritirare dal mercato titoli, sia in Europa, che in America che in Giappone». La Mmt di Mosler? «Aveva previsto quello che è successo negli ultimi dieci anni». La sua teoria «aiuta a capire che si può uscire dalla paralisi attuale tornando a dare allo Stato il controllo del suo finanziamento». In tutto il mondo, oggi, si discute finalmente della Modern Money Theory, «e persino Draghi l’ha presa in seria cosididerazione». In Italia, invece, «se ne parla solo per screditarla». Nel 2018, Mattarella stoppò Paolo Savona perché, secondo il capo dello Stato, “i mercati” non lo avrebbero gradito, al ministero dell’economia. Eppure, con la Mmt, i “mercati” di cui parla Mattarella – i signori dello spread – sarebbero fuori gioco: neutralizzati dall’emissione di moneta.Finire impiccati dagli interessi passivi sul debito pubblico: succede, se si impedisce allo Stato di rimediare, emettendo liquidità a costo zero. Non a caso, l’Italia è in avanzo primario da decenni: in termini di servizi, lo Stato spende meno di quanto incassi dai cittadini sotto forma di tasse. E allora perché nessuno dà retta a Mario Draghi, che nella sua ultima esternazione da presidente della Bce ha evocato il ricorso alla Modern Money Theory di Warren Mosler, cioè il finanziamento teoricamente illimitato da parte dello Stato mediante immissione di liquidità? Se lo domandano Paolo Becchi e Giovanni Zibordi su “Milano Finanza“, ricordando che la Mmt è oggi sostenuta persino da Jan Hatzius, capo-economista di Goldman Sachs, e da Stephanie Kelton, “mente” economica del candidato democratico Bernie Sanders. Con Trump, il debito pubblico Usa aumenterà di altri 1.200 miliardi di dollari, sforando i 23.000 miliardi, proiettando l’America nel decimo anno consecutivo di espansione «senza avere problemi di inflazione o di debolezza del dollaro». Il debito del Giappone rappresenta il 250% del Pil, e Tokyo ha appena lanciato un altro piano di espansione fiscale, con tassi d’interesse vicini allo zero, «continuando a smentire gli economisti che si preoccupavano del livello del suo debito pubblico».
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Basta fango: se tutti i partiti si unissero per salvare il paese
Fango su fango, per produrre altro fango, lungo un desolato orizzonte di fango. Tutto è uguale a niente, ormai? Buio sul povero Giulio Regeni, massacrato in Egitto: anni di parole contro il truce regime del Cairo, e silenzio assordante sugli elusivi committenti di Giulio, le ambigue e reticenti agenzie di Cambridge che probabilmente lo mandarono al macello, a sua insaputa. Fango su fango, anche se si vuole inquadrare il martirio dei migranti: tutto sembra risolversi nell’insulso derby violento all’italiana, pro o contro Salvini, senza uno sputo di analisi sull’immane tragedia dell’Africa. Solo maschere, per questo piccolo avanspettacolo nutrito di personaggi come Carola Rackete e Greta Thunberg (perfetta, la svedese, per eludere – con il suo dogma climatico – il vero dramma dell’avvelenamento terrestre). A vincere è il fango, declinato ovunque. Fango sulla Russia, anche in salsa olimpionica: tutto si esaurisce negli ipotetici Russiagate, senza che nessuno si interroghi sul ruolo di Mosca, di Bruxelles, di Berlino e di Washington. I media fotografano una società che, anziché pensare, insulta. Fango su Trump, per le presunte intrusioni in Ucraina, dopo che il paese fu travolto da una rivoluzione colorata, progettata a tavolino e finita con la consegna del gas ucraino al figlio di Joe Biden, allora vice di Obama. Fango su tutti, a turno: sui siriani e gli iracheni, sui palestinesi, sui curdi.Fango e morte per i libici, gli yemeniti, gli stessi europei fatti a pezzi nelle piazze dal sedicente Isis, sotto il naso di polizie distratte. Fango e botte, per buon peso: sprangate in faccia ai manifestanti di Hong Kong e a quelli di Parigi. C’è chi la chiama terza guerra mondiale a rate, a puntate, a geometria variabile. Con tanto sangue, e soprattutto fango, a ogni latitudine. La piccola Italia (non così piccola, ma rimpicciolita dagli stregoni dell’Ue) diventa addirittura microscopica, nella fanghiglia della sua non-politica di ieri e di oggi. Non un partito vero, che pensi al domani: tutto è fermo alle elezioni del giorno dopo. Sondaggi, telegiornali, talkshow. Il non-governo attanagliato dal terrore del voto, l’opposizione che non va oltre l’ovvio disgusto per le non-decisioni dei prestanome che occupano i palazzi. La cosiddetta crisi morde sempre di più: acciaierie in panne e banche sull’orlo del tracollo, viadotti che si schiantano, fabbriche che chiudono, industrie che scappano all’estero per pagare meno (sia il lavoro che le tasse). Politica assente: massima irrisione, la non-protesta delle Sardine. Una beffa grottesca: festicciole e canzoni, al funerale dell’Italia.Uno spettacolo surreale, offerto al mondo che ci guarda, e che osserva la nostra incapacità strutturale di leggere la crisi, di riconoscerne i mandanti e gli esecutori. Attaccano Salvini, i dimostranti ipnotizzati dalla disinformazione: se la prendono con un micro-leader che domani forse non esisterà nemmeno più, e che comunque (questa la sua colpa) non ha ancora fatto assolutamente niente per restituire al paese una visione precisa, nonché una strategia su come uscire dall’oceano di fango nel quale sta affondando. Quel che non si perdona, alla Lega, è di essere l’unico partito a suo modo vitale, legittimato dal consenso? In effetti sembra fuori posto, questa Lega – prontamente assediata dalle inchieste – nell’Italia dell’anonimo e cardinalizio Conte, dell’esanime Zingaretti, della caricatura Renzi, degli zombie un po’ cialtroni che fino a ieri promettevano un mondo a 5 stelle. Altro? Macché. Fango per tutti, a reti unificate, senza sforzarsi di capire perché siamo finiti così in basso. Cos’è il debito pubblico? Cosa sono l’Eurozona, il Mes, la Brexit, il Fiscal Compact, il pareggio di bilancio? Cos’è davvero l’avanzo primario, che da quasi trent’anni fa sì che lo Stato prelevi dai cittadini, sotto forma di tasse, più di quanto il governo non spenda, per gli italiani, in termini di servizi?Economia, questa sconosciuta: deve provvedere Mario Draghi, nientemeno, a suggerire che la via d’uscita può essere dalla parte opposta, rispetto al plumbeo rigorismo della Bce. Proprio lui, Draghi, è come se dicesse: ci si salva facendo l’esatto contrario di quel che ho fatto io, in tutti questi anni, prima al Tesoro e poi a Bankitalia, quindi a Francoforte. Modern Money Theory: emissione illimitata di liquidità, a costo zero. Altro che super-tasse, altro che austerity imposta per volere divino. Deficit positivo: vuol dire soldi da investire, lavoro, consumi, economia (e alla fine, risanamento del bilancio). Il “nuovo” Draghi, keynesiano e sovranitario, potrebbe essere l’eroe perfetto, per le Sardine – per loro, e per chiunque aspiri a recuperare il senso delle cose, il contatto con la realtà (cos’è lo Stato e a cosa serve, come deve funzionare). “Prestatore di ultima istanza”: parole divenute antiche solo qui, in questa Europa nanizzata dall’Ue, dai trattati intangibili che la recintano, deprimendola. Atroce, storicamente, per un continente dove – tra Parigi e Londra – nacque la democrazia moderna, già incubata in modo larvale nel medioevo italiano dei Comuni, e poi evocata tra le barricate della Repubblica Romana. Mazzini e Garibaldi: non volevano forse una democrazia europea, di popoli fratelli? Sappiamo com’è andata: due guerre mondiali. Poi la pace tra le rovine, la ricostruzione, la prodigiosa rinascita nel Belpaese. Fino a quando, lassù, non s’è deciso che potesse bastare, e che dovessimo tornare a soffrire.Modern Money Theory: massima eresia. La sventola Draghi, e nessuno fiata. Nessuno lo intervista, lo interroga, lo incalza. Sarebbe la notizia del secolo, in teoria, in materia finanziaria. Certo, non è merce maneggevole per l’insultificio. Meglio il fango, certo: è tanto più comodo. Nel fango si sguazza un po’ tutti, perché non è difficile trovare il bersaglio adatto, visto il livello dello zoo politico. Sarebbe bello vedere un altro film. Gente che accetta di sedersi allo stesso tavolo, a discutere. Fine del tifo, della gara di rutti. Tema: rimettere insieme i frantumi. Unirsi, con un obbligo: cancellare la lavagna delle prossime elezioni, e mettersi a pensare. Trovare, insieme, il gusto del bicchiere mezzo pieno. Ce ne sarebbe, da studiare. Prima, però, converrebbe archiviare le bandiere. Si fa così, da sempre, quando si vuole la pace. Si mettono da parte i vecchi rancori, le liturgie rituali, le identità solo formali. Destra e sinistra: che senso hanno, oggi? Cos’ha fatto, di buono, il centrodestra di governo? E in cosa si è distinto, il centrosinistra, rispetto ai tagli sociali dell’era berlusconiana? Entrambe le fazioni hanno obbedito a diktat. L’hanno votata insieme, la legge Fornero. Hanno mostrato il medesimo rispetto reverenziale per lo sciagurato Patto di Stabilità, che in capo a dieci anni ha ridotto le strade dei paesi italiani a campi minati, dove si fa lo slalom tra le buche perché il Comune non ha i soldi per l’asfalto.Hanno ragione, le Sardine, a reclamare una diversa estetica, gentile e dialogante. Mancano il bersaglio, certo: sparano all’orso di cartone, senza avvedersi che il luna park è recintato come un lager, dove tutto è proibito. Siamo prigionieri, ecco il punto. Beninteso, prigionieri europei del terzo millennio: privilegiati, senza nessuna guerra in casa da settant’anni. Siamo persino liberi di parlare, di insultarci allegramente, di vomitare fango contro gli orsetti di cartone. Ma è tutto qui, quel che sappiamo fare? Non ci viene il sospetto che le nostre animose divisioni siano l’habitat perfetto, per chi vuole continuare a portarci via tutto? Nei decenni della sovranità relativa, monetaria, l’Italia divenne la quarta potenza industriale del pianeta. E questo, nonostante le sue piaghe: mafia, evasione fiscale di massa, corruzione dilagante della politica. Eppure il paese cresceva, tutti stavano meglio e sapevano che i figli avrebbero avuto ancora più opportunità. Il deficit aveva fatto da motore, e il mastodonte Iri era il volano di un’economia che trascinava migliaia di aziende. Poi hanno fatto a pezzi tutto, dando la colpa a noi: al debito delle cicale, alla mafia, agli evasori, ai politici corrotti.Con queste miserabili menzogne hanno eretto il recinto spinato dell’attuale luna park, su cui sventola la bandierina blu-stellata della cosiddetta Europa. Mafia, evasione, corruzione? Esattamente come prima. La differenza? Non possiamo più spendere. Il risultato è una specie di catastrofe: meno servizi, meno welfare, meno sanità, meno pensioni. Meno soldi, meno consumi, meno futuro, meno tutto. Rigore, tasse, delimitazioni assurde come la suprema frode del famigerato tetto del 3% alla spesa pubblica: pura invenzione di un’ideologia maligna, spacciata per norma scientifica, per legge economica. Balordo imbroglio, grazie al caos organizzato a tradimento. Dopo decenni di cospicue regalie statali, la grande industria se la svigna in Serbia, in Romania e in Polonia, dove le maestranze costano di meno. La Fiat scappa in Olanda, lasciando a secco il fisco del paese che l’ha coperta di miliardi per decenni. E che dire dell’inflessibile Germania? Trucca i suoi conti pubblici, facendo dimagrire il debito di Stato depennando quello delle Regioni e la spesa pensionistica. E noi in piazza, valorosamente, a intonare gli inni dell’antifascismo di un secolo fa, mentre i predoni del 2019 ridono degli italiani, ingenui incorreggibili.Che bello, se qualcuno mettesse in produzione l’altro film: quello che manca. Tutti seduti allo stesso tavolo. Di Maio e Renzi, Salvini e Zingaretti, la Meloni. Conferenza a reti unificate, per dire: signori, c’è un problema. Le regole vanno cambiate. Siamo tutti d’accordo, finalmente. Vogliamo salvare gli italiani, tornare alla democrazia reale dello Stato. Lanciare una democrazia continentale. Far nascere qualcosa che ancora non esiste: una Unione Europea, di gente che si aiuta. Bello e impossibile? Soltanto un sogno, un’utopia? Pure, proprio da lì si parte: sono i sogni a dissipare il fango. Il resto, poi, viene da sé. Di fronte a un orizzonte nuovo, chi mai perderebbe ancora tempo a vomitare insulti? Molto sta nel crederci, all’orizzonte amico. Serve qualcuno che innanzitutto lo disegni, faccia vedere quanto sarebbe attraente, e spieghi anche quali passi, esattamente, sarebbe necessario compiere, verso la meta. Prima, però, deve tornare il sole almeno nei pensieri: per metter fine al fango, alla paura, alla stupidità dell’odio. Sta a noi, la prima mossa: se scoppia la pace, si mette male per gli sfruttatori. Lo sanno bene, i padroni del luna park. Gli unici a non saperlo ancora, a quanto pare, siamo noi?(Giorgio Cattaneo, “Basta fango: se tutti i partiti italiani si unissero, per salvare il paese”, dal blog del Movimento Roosevelt del 18 dicembre 2019).Fango su fango, per produrre altro fango, lungo un desolato orizzonte di fango. Tutto è uguale a niente, ormai? Buio sul povero Giulio Regeni, massacrato in Egitto: anni di parole contro il truce regime del Cairo, e silenzio assordante sugli elusivi committenti di Giulio, le ambigue e reticenti agenzie di Cambridge che probabilmente lo mandarono al macello, a sua insaputa. Fango su fango, anche se si vuole inquadrare il martirio dei migranti: tutto sembra risolversi nell’insulso derby violento all’italiana, pro o contro Salvini, senza uno sputo di analisi sull’immane tragedia dell’Africa. Solo maschere, per questo piccolo avanspettacolo nutrito di personaggi come Carola Rackete e Greta Thunberg (perfetta, la svedese, per eludere – con il suo dogma climatico – il vero dramma dell’avvelenamento terrestre). A vincere è il fango, declinato ovunque. Fango sulla Russia, anche in salsa olimpionica: tutto si esaurisce negli ipotetici Russiagate, senza che nessuno si interroghi sul ruolo di Mosca, di Bruxelles, di Berlino e di Washington. I media fotografano una società che, anziché pensare, insulta. Fango su Trump, per le presunte intrusioni in Ucraina, dopo che il paese fu travolto da una rivoluzione colorata, progettata a tavolino e finita con la consegna del gas ucraino al figlio di Joe Biden, allora vice di Obama. Fango su tutti, a turno: sui siriani e gli iracheni, sui palestinesi, sui curdi.
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Magaldi: se rimane nel centrodestra, Salvini non ha futuro
«Non scherziamo, sul fascismo: è stato un fatto storico, serio e tragico. Evocarlo a casaccio, oggi, significa mancare di rispetto a chi lo ha subito davvero». Gioele Magaldi attacca «l’analfabetismo funzionale» degli slogan delle Sardine, che riempiono le piazze grazie all’odio per Salvini ma senza proporre niente: «Non vanno oltre le generiche dichiarazioni di principio, il livello è quello del concorso di Miss Italia». Vuoi un mondo migliore? Bene, ma allora perché non riesci a formulare una sola proposta? «L’Italia ha bisogno di investimenti per 200 miliardi, da non computare nel deficit: possibile che dalle Sardine non arrivi nemmeno un’idea?». Possibile, sì: a loro basta vomitare disprezzo su Salvini, cui rimproverano persino l’uso dei social media. «Mi vorrebbero proibire Facebook?», si domanda l’Uomo Nero, che ha appena festeggiato il trionfo di Boris Johnson. Male, prende nota il presidente del Movimento Roosevelt: «E’ ora di finirla, con la politica tribale. Non ha senso esultare perché a Londra ha vinto la destra», sostiene Magaldi. «Lo stesso Johnson ammise si avere mentito, al referendum, garantendo che la Brexit avrebbe regalato chissà cosa, agli inglesi». Per inciso: «Il leader del Brexit Party, Nigel Farage, tutela gli interessi dei suoi amici affaristi. E il primo “regalo” della Brexit, infatti, sarebbe la privatizzazione della sanità britannica».Cosa c’è da festeggiare? Proprio niente, dice Magaldi, in web-streaming su YouTube. Per contro, non è il caso di commettere i soliti errori ottici: «Johnson non è affatto “un fascista”, intendiamoci: come conservatore inglese è anzi antifascista. Certo è un neoliberista radicale, mentre Blair e Clinton erano per il neoliberismo “soft” della cosiddetta Terza Via teorizzata da Anthony Giddens, poi imitati da epigoni italiani come D’Alema e Renzi». Variazioni cosmetiche sul tema, e medesimo risultato: privatizzazioni selvagge. «In questi decenni – dice Magaldi – il finto scontro fra centrodestra e centrosinistra, a colpi di insulti tribali, è servito solo a proteggere i manipolatori: gli stessi poteri hanno imposto la loro agenda, sia alla destra che alla sinistra». Non l’ha ancora capito, Salvini? «Se resta ancorato al centrodestra, il leader della Lega non ha futuro», afferma Magaldi. «La Lega – aggiunge – avrebbe persino qualcosa da imparare, dai conservatori inglesi: con Cameron hanno varato i matrimoni gay quando in Italia non s’era ancora arrivati nemmeno alle “unioni civili” volute da Renzi». Altro capitolo del classico trazionalismo della destra italiana, la criminalizzazione della droga: «Salvini è riuscito a fare una crociata persino contro i negozi di cannabis terapeutica, in un paese dove tutti si possono drogare in barba alla legge, facendo la felicità del narcotraffico mafioso».Magaldi è antiproibizionista: «Legalizzare le droghe vorrebbe dire controllarne il mercato, sottraendolo alla criminalità. Accadde la stessa cosa negli Usa, quando Roosevelt mise fine all’ipocrisia del proibizionismo sull’alcol». Un consiglio al leader della Lega: prosegua nel cammino intrapreso per trasformare l’ex Lega Nord in un soggetto diverso, non più ancorato al centrodestra, capace di opporsi agli abusi di questa Ue presidiata da finti europeisti come Merkel e Macron. Quanto alle Sardine, c’è poco da aggiungere: «Anche a me piace cantare Bella Ciao, senza dimenticare però che a cantarla non erano solo i partigiani artefici della futura democrazia, ma anche i comunisti che sognavano di trasformare l’Italia in un incubo come la Jugoslavia, l’Albania, l’Ungheria». Se la Lega può stonare e la Gran Bretagna si affida agli squali del neoliberismo che nuotano all’ombra di Boris Johnson, certo non brilla la sinistra inglese: «Sono contento che abbia perso, Jeremy Corbyn. Comunque, non poteva vincere: troppo estremista sulle nazionalizzazioni». Magaldi cita l’esempio virtuoso del socialista svedese Olof Palme: impegnava lo Stato come partner delle aziende in crisi, per salvare il lavoro. «Corbyn poi ha insistito solo sulle tasse: ma persino Draghi ha appena evocato la Modern Money Theory, cioè la via ultra-keynesiana per finanziare lo Stato (emettendo moneta) senza per forza inasprire il carico fiscale».Magaldi cita un saggio dei Premi Nobel per l’Economia, la francese Esther Duflo e l’indiano Abhijit Banerjee, marito e moglie, presentato da Goffredo Buccini sul “Corriere della Sera”. Titolo: “Good economics for hard times”. In uscita da Laterza, questa “buona economia per tempi duri” ha una premessa: vaccinarsi dall’odio politico quotidiano, fatto solo di slogan e insulti. Primo: tornare a riconoscere la dignità dell’avversario. Viceversa, se prevale la rissa, vincono i soliti poteri invisibili e ci rimettono gli elettori, tutti insieme. «La sinistra “illuminata” parla in termini “millenaristici” dell’ascesa mondiale della nuova destra, la quale ricambia i pregiudizi», scrive Buccini. «I punti di vista sono “tribalizzati”, non solo sulla politica ma anche sui problemi sociali: tutte questioni che richiederebbero qualcosa più di un tweet». L’Italia agonizza, vaso di coccio tra vari di ferro, mentre la politica balbetta. Il Mes, l’Ilva, i mille fronti aperti. Il Conte-bis sembra già morto, i 5 Stelle sono allo sbando e il Pd spera nelle Sardine, che si limitano a sparare su Salvini: il quale, ora, tende la mano per un possibile patto di salvezza nazionale, viste le troppe emergenze concomitanti. Sarà tattica, ma è sempre meglio dei latrati che salgono dalle piazze dei giovani odiatori.«Non scherziamo, sul fascismo: è stato un fatto storico, serio e tragico. Evocarlo a casaccio, oggi, significa mancare di rispetto a chi lo ha subito davvero». Gioele Magaldi attacca «l’analfabetismo funzionale» degli slogan delle Sardine, che riempiono le piazze grazie all’odio per Salvini ma senza proporre niente: «Non vanno oltre le generiche dichiarazioni di principio, il livello è quello del concorso di Miss Italia». Vuoi un mondo migliore? Bene, ma allora perché non riesci a formulare una sola proposta? «L’Italia ha bisogno di investimenti per 200 miliardi, da non computare nel deficit: possibile che dalle Sardine non arrivi nemmeno un’idea?». Possibile, sì: a loro basta vomitare disprezzo su Salvini, cui rimproverano persino l’uso dei social media. «Mi vorrebbero proibire Facebook?», si domanda l’Uomo Nero, che ha appena festeggiato il trionfo di Boris Johnson. Male, prende nota il presidente del Movimento Roosevelt: «E’ ora di finirla, con la politica tribale. Non ha senso esultare perché a Londra ha vinto la destra», sostiene Magaldi. «Il leader del Brexit Party, Nigel Farage, ammise si avere mentito, al referendum, garantendo che la Brexit avrebbe regalato chissà cosa, agli inglesi». Per inciso: «Farage tutela gli interessi dei suoi amici affaristi. E il primo “regalo” della Brexit, infatti, sarebbe la privatizzazione della sanità britannica».
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Brexit, Carpeoro: siamo perduti, perché l’Europa non esiste
La Brexit è voluta soprattutto dagli Stati Uniti, che fin dall’inizio sono stati contro l’Europa: si sono resi conto che l’Europa poteva essere un interlocutore indipendente, autonomo, e questo gli Usa non lo vogliono. Per loro, il soggetto più affidabile (sotto il profilo della ancillarità) è la Gran Bretagna, e così se la sono recuperata. C’è poco da esultare, perché comunque la Brexit è una ferita a una speranza: quella di fare dei veri Stati Uniti d’Europa che non siano questa Europa (che fa pena) e che realizzino un’aggregazione storica e culturale di un mondo. Alla gente non importa? La gente ragiona di pancia: per chi è cristiano, è la gente che ha deciso che dovesse essere crocifisso Gesù, e non Barabba. Spesso, la gente si schiera dalla parte sbagliata. La prospettiva europea è ineludibile, a mio parere, perché quello dell’Europa è un mondo che si è evoluto secondo accavallamenti di culture diverse, che necessita dell’integrazione e della formattazione, poi, di un progetto unico. Il mondo dell’Europa prevede una serie di componenti: la penisola greca, l’Italia, la penisola ispanica, la Francia, poi il perfezionamento del contatto con i popoli britannici, e poi le popolazioni del Nord. Ed è mancata la fase finale, la sintesi culturale: cioè il mettere assieme tutte queste voci e farne un’armonia, una musica.
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Le finte rivoluzioni del 2019: la previsione di Carotenuto
«Cari amici, nel 2019 aspettiamoci altre finte rivoluzioni». Era il 29 dicembre dell’anno “gialloverde”, quello in cui gli italiani si erano illusi di poter avere un governo a 5 Stelle, deciso a farsi rispettare in Europa e a restituire giustizia sociale in Italia. Dodici mesi dopo, eccoci qua: alle prese con Greta e con le Sardine. Seppellito da Grillo il famoso “uno vale uno”, archiviato l’inguardabile Salvini vestito da poliziotto. Il copione è cambiato: piazze sempre piene, ma per lo sciopero climatico o i flash-mob contro “il fascismo”. Animi sempre accesi, naturalmente: contro qualcosa, o qualcuno, che (esattamente come prima) non è mai chi comanda, davvero. Autore della “profezia” sul 2019, Fausto Carotenuto, già analista politico dell’intelligence Nato. Previsioni peraltro già formulate a partire dal 2015: «La guida occulta mondiale rimarrà saldamente nelle mani della piramide gesuita-massonica, anche se il superiore gioco del divide et impera comincerà a creare fratture competitive anche in questo fronte». Nel 2018, la messa a fuoco si è fatta progressiva: il caos sulla Brexit, la presidenza Trump, il ruolo dei sovranisti «solo apparentemente anti-sistema». E poi le manifeste debolezze del quadro intereuropeo, i fallimenti e le spaccature del Pd, il risorgere delle destre “parafasciste”, le voci di dissenso a Papa Francesco nelle gerarchie cattoliche.«Questi e numerosi altri segnali mostrano con evidenza che il blocco granitico di potere gesuita-massonico ha ormai delle forti incrinature. Foriere di forti tempeste, di feroci scontri», scriveva Carotenuto su “Coscienze in Rete”, esattamente un anno fa. «Come già per Matteo Salvini in uniforme da poliziotto lo scorso anno, la presidenza Trump appare come un elemento di forte rottura degli equilibri precedenti, e continuerà ad avere certamente un ruolo destabilizzante – come dimostrano le prese di posizione filo-sioniste su Gerusalemme, l’attiva campagna industrialista e antiecologista, le guerre commerciali al resto del mondo e l’aperto sostegno ai peggiori ambienti economici americani». Da una parte, scriveva Carotenuto, «sarà il più forte ostacolo ai disegni di dominazione del gruppo gesuita-massonico», ma dall’altra «anche un elemento amplificatore di forme-pensiero degradanti, aggressive, violente, antiumane». Secondo l’analista, «una modalità molto diversa da quella “gesuitica”, fredda e apparentemente “buona”, ma sempre per fini manipolatori. Che tuttavia già da qualche anno non stava dando i risultati sperati di “seduzione” ampia ed efficace dell’opinione pubblica».I gruppi di manipolazione mondialisti, scriveva sempre Carotenuto, «hanno ormai chiaramente deciso di puntare su un periodo di emergenze e di spaccature, che prepari il terreno in modo forzoso ad una nuova, successiva spinta alla centralizzazione, e ad una ulteriore perdita di libertà e sovranità locali». Temi che, manco a dirlo, non sono neppure sfiorati né dai “gretini” né dalle Sardine: i baby-ecologisti non menzionano nessuna delle minacce reali, a partire dal 5G, mentre gli odiatori di Salvini ignorano del tutto il primo problema italiano, l’Unione Europea. Tutto questo accade, anche, dopo il crollo del governo gialloverde: la Lega all’opposizione, e i 5 Stelle (dimentichi di ogni promessa) aggrappati alle poltrone del Conte-bis. «Avevamo scritto che avremmo probabilmente visto un Cinquestelle chiaramente indirizzato a cercare di agguantare le poltrone di comando di Palazzo Chigi. E avevamo anticipato che, qualora questo fosse avvenuto, la dirigenza M5S avrebbe svelato il proprio vero volto di strumento del potere, di nuovi camuffamenti manipolatori delle solite vecchie congreghe. Una presidenza del Consiglio e altri incarichi di governo nelle mani di uomini chiaramente vicini ai gesuiti, e le stupefacenti virate in senso filo-americano, filo-Nato, filo-euro, filo-Unione Europea, filo-finanza internazionale, filo-vaccini, filo-spese militari, filo-Tap e altro, la dicono lunga su chi veramente si cela dietro gli impulsi sani di tanti bravi ragazzi».Bravi idealisti, «illusi per anni dalle seduttive parole di una maschera Grillo ormai ridotta al silenzio». Sono e saranno i primi, scriveva Carotenuto, «a soffrire per i brutali “tradimenti”, che vedremo crescere e farsi evidenti nel 2019». L’analista intravedeva «un nuovo teatro di finta alternanza democratica, nel quale la Lega si porrà come nuova destra egoica e conservatrice, e il M5S come nuova sinistra fintamente progressista». Dietro le quinte, «i soliti poteri occulti» continuano «a gestire e manipolare la struttura istituzionale politica, economica, scientifica e culturale». Oggi, a un anno di distanza, Carotenuto è estremamente preoccupato dal Conte-bis: lo vede come un terminale pericoloso del potere centralista. Grazie alla sua debolezza politica (lo zombie Zingaretti, il defunto M5S) l’esecutivo giallorosso guidato da Conte, «espresso dal medesimo network di potere vaticano che gestiva Andreotti», è perfetto per infliggere all’Italia un’overdose di rigore: guerra al contante e inasprimento fiscale, fino all’incubo del Mes. E nelle piazze, “gretini” e Sardine, a cantare Bella Ciao. «Anche nel 2019 – scriveva Carotenuto – ogni crisi verrà fomentata o usata per controllarci meglio, per spingerci infine verso formazioni centralizzate mondialiste o premondialiste. Faranno tutto questo, come nel 2018 e negli anni precedenti, solamente per bloccare il più grande fenomeno dei nostri tempi: il risveglio delle coscienze».«Cari amici, nel 2019 aspettiamoci altre finte rivoluzioni». Era il 29 dicembre dell’anno “gialloverde”, quello in cui gli italiani si erano illusi di poter avere un governo a 5 Stelle, deciso a farsi rispettare in Europa e a restituire giustizia sociale in Italia. Dodici mesi dopo, eccoci qua: alle prese con Greta e con le Sardine. Seppellito da Grillo il famoso “uno vale uno”, archiviato l’inguardabile Salvini vestito da poliziotto. Il copione è cambiato: piazze sempre piene, ma per lo sciopero climatico o i flash-mob contro “il fascismo”. Animi sempre accesi, naturalmente: contro qualcosa, o qualcuno, che (esattamente come prima) non è mai chi comanda, davvero. Autore della “profezia” sul 2019, Fausto Carotenuto, già analista politico dell’intelligence Nato. Previsioni peraltro già formulate a partire dal 2015: «La guida occulta mondiale rimarrà saldamente nelle mani della piramide gesuita-massonica, anche se il superiore gioco del divide et impera comincerà a creare fratture competitive anche in questo fronte». Nel 2018, la messa a fuoco si è fatta progressiva: il caos sulla Brexit, la presidenza Trump, il ruolo dei sovranisti «solo apparentemente anti-sistema». E poi le manifeste debolezze del quadro intereuropeo, i fallimenti e le spaccature del Pd, il risorgere delle destre “parafasciste”, le voci di dissenso a Papa Francesco nelle gerarchie cattoliche.
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Ilva, Mes, Alitalia, Unicredit: quanto ci costa il Conte-bis?
«Care madamine italiane, visto dalla Cina il catalogo è questo». Ilva e Mes, Alitalia e Unicredit: crisi gravissime, governo assente. «E’ il prezzo che dovete pagare per tenervi Conte», scrove Lao-Xi sul “Sussidiario”. Bollettino di una catastrofe annunciata, a partire dall’Ilva di Taranto: attorno alla più grande acciaieria d’Europa «è in gioco tra l’1,5% e il 3% del Pil». Può essere chiusa e, come minimo, verrà dimezzata. «La Puglia salterebbe come un birillo e darebbe inizio a una crisi finanziaria nazionale». Poi c’è Unicredit, la seconda banca italiana (ma solo per il 2% in mano a italiani, come ricorda “Panorama”): ha annunciato 5.000 licenziamenti e la chiusura di una cinquantina di filiali. «Ha già venduto gli investimenti all’estero, la finanziaria Pioneer, la sede storica, i quadri, e impone già tassi negativi ai risparmiatori: è a evidente rischio di saltare, mettendo in pericolo centinaia di miliardi di asset». Poi c’è Alitalia, a cui è stato dato un nuovo prestito-ponte semestrale. «Non ci sono prospettive di rilancio», scrive Lao-Xi. la compagnia di bandiera «ha già bruciato decine di miliardi e non si sa a cosa possa servire il nuovo prestito». Ma non è tutto: sono in stato pietoso le infrastrutture. «Ponti e strade crollano per un temporale un po’ più forte o un terremoto di entità modesta». Secondo alcune stime «ci vorrebbero 40-60 miliardi per rimettere tutto a norma».A fare veramente paura è il Mes, il “fondo ammazza-Stati” oggi nell’occhio del ciclone. «L’anno scorso di questi tempi l’allora ministro Paolo Savona fece una proposta alternativa al Mes, ma non trovò sponde o orecchie tra i leader di M5S e Lega», ricorda Lao-Xi. Ora Di Maio e Salvini vogliono dire no al “meccanismo di salvaguardia” europeo: secondo Salvini e Meloni, Conte sarebbe stato coinvolto (in gran segreto, insieme al ministro dell’economia Gualtieri) nella revisione dell’accordo. Si esporrebbe l’Italia a pericoli esiziali: la teorica possibilità di “ristrutturazione” del debito, in caso di ricorso al Mes, costringerebbe le banche a praticare il bail-in, il prelievo forzoso dai conti correnti. Osservando dalla Cina tutte le trappole che assediano l’Italia, Lao-Xi osserva: «Sono problemi enormi, che avrebbero bisogno di idee concrete su come rilanciare il paese e quindi trovare iniziative e risorse per far fronte allo tsunami in corso». Domanda: «Davanti a tutto ciò, cosa sta facendo il governo di Giuseppe Conte? E che cosa sta facendo l’opposizione, che pare solo solo concentrata sul voto regionale in Emilia-Romagna? Basta sommare il breve elenco – aggiunge l’analista – e si nota a vista d’occhio che il conto potrebbe superare le centinaia di miliardi, che non ci sono».La verità, continua Lao-Xi, è che «l’Italia sta precipitando in un pozzo senza fondo». La lotta contro l’immigrazione di Salvini o quella del movimento delle Sardine contro Salvini? «Dividono su come affrontare un dramma che sta cambiando il paese», certo. «Ma alla luce dell’elenco appena fatto, paiono giochi di distrazione di massa». Si inrerroga l’analista: «Perché con questi drammi non si cerca di smuovere le acque e andare al voto anticipato? Perché Salvini non va a Taranto e presidia l’Ilva? Perché non chiede ragioni di Unicredit, dei ponti, di Alitalia?». Quanto a ministri e parlamentari, «sembrano viaggiare in una nuvola, preoccupati solo di prendere lo stipendio a fine mese». Ovvero: «Dai professionisti della politica sembra si sia passati ad allucinati tossicodipendenti della politica: i problemi non importano, vivo nel mio mondo col solo orizzonte di un altro stipendio e di evitare le elezioni anticipate». Nelle ultime tre tornate politiche, il 40% del corpo elettorale ha cambiato le proprie intenzioni di voto. In queste condizioni, conclude Lao-Xi, il 90% dei parlamentari non è sicuro della sua rielezione. «Per tutti costoro, altri due anni e mezzo a Montecitorio significano 500.000 euro netti: una fortuna, specie per i tanti che a fine legislatura potrebbero prendere meno di 10.000 euro all’anno».Il debito pubblico è alto, ammette Lao-Xi, ma i tassi d’interesse sul maxi-debito sono bassi. Non solo: «I risparmi degli italiani sono alti, e il surplus commerciale florido». Indicatori teoricamente decisivi, per il rating del paese: eppure, “l’Europa” non li considera mai. L’Ue preferisce colpire l’Italia, piegandola ai suoi voleri (complice, oggi, il docilissimo Conte) solo in virtù dei conti pubblici, per giunta in un’Unione che tollera le legislazioni tributarie di paesi come Olanda e Lussemburgo, veri e propri paradisi fiscali che drenano in modo sleale le risorse finanziarie dei “partner” europei. L’Italia ne soffre moltissimo: «I soldi per gli investimenti non ci sono – scrive Lao-Xi – ma almeno una certa fetta di italiani, l’Italia che produce, resta ricca». Che succederà? «Tutto può impazzire se arriva una crisi internazionale che fa schizzare i tassi di interesse. Ci sarà? Nessuno può saperlo». I parlamentari incollati alla poltrina ostentano scetticismo, anche per tutelare i loro interessi. E se la tempesta scoppierà, chiosa Lao-Xi, «sarà colpa del mondo, del diavolo, del bieco destino, della sfortuna… Mai della loro impreparazione».«Care madamine italiane, visto dalla Cina il catalogo è questo». Ilva e Mes, Alitalia e Unicredit: crisi gravissime, governo assente. «E’ il prezzo che dovete pagare per tenervi Conte», scrive Lao-Xi sul “Sussidiario“. Bollettino di una catastrofe annunciata, a partire dall’Ilva di Taranto: attorno alla più grande acciaieria d’Europa «è in gioco tra l’1,5% e il 3% del Pil». Può essere chiusa e, come minimo, verrà dimezzata. «La Puglia salterebbe come un birillo e darebbe inizio a una crisi finanziaria nazionale». Poi c’è Unicredit, la seconda banca italiana (ma solo per il 2% in mano a italiani, come ricorda “Panorama“): ha annunciato 5.000 licenziamenti e la chiusura di una cinquantina di filiali. «Ha già venduto gli investimenti all’estero, la finanziaria Pioneer, la sede storica, i quadri, e impone già tassi negativi ai risparmiatori: è a evidente rischio di saltare, mettendo in pericolo centinaia di miliardi di asset». Poi c’è Alitalia, a cui è stato dato un nuovo prestito-ponte semestrale. «Non ci sono prospettive di rilancio», scrive Lao-Xi. la compagnia di bandiera «ha già bruciato decine di miliardi e non si sa a cosa possa servire il nuovo prestito». Ma non è tutto: sono in stato pietoso le infrastrutture. «Ponti e strade crollano per un temporale un po’ più forte o un terremoto di entità modesta». Secondo alcune stime «ci vorrebbero 40-60 miliardi per rimettere tutto a norma».
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Monti e Berlusconi in piazza con le Sardine, il Mes ringrazia
Ovazioni a Mattarella e piazze piene di Sardine. L’Italia? Minacciata dal Mes. Ma non ne parlano né il capo dello Stato, né i “pesciolini” che odiano Salvini. Cha razza di cortocircuito è mai questo? E per quale motivo il presidente della Repubblica dovrebbe meritarsi un tributo circense, da impero romano, alla prima della Scala? E perché i ragazzi-sardina (coccolati dal massimo potere, giornali e televisioni) ora cianciano di buoni sentimenti, evitando però di citare qualsiasi rogna che affligga il paese, tacendo persino di fronte al letale Fondo Ammazza-Stati? Ragazzi per modo di dire, poi: perché, oltre ai Papa-Boys attesi a Roma per l’annunciata consacrazione politica del 14 dicembre, nell’acquario delle Sardine si tuffa felice l’arci-nemico degli italiani, Mario Monti, insieme a lady Francesca Pascale, domestica sodale di quello stesso Berlusconi fischiato per anni e demonizzato dagli antenati delle Sardine, Girotondini e Popolo Viola. Ancora: dal trampolino di Torino (città che riesce sempre a brillare di luce propria, in questa Italia al tramonto) nella piscina di lusso delle Sardine si accingono a sguazzare anche le Madamine Sì-Tav, tipico esempio sabaudo di rivoluzione colorata (di palazzo, anzi di salotto, e di strettissima osservanza Fiat-Pd). E tutto questo, per cosa? Per fermare l’Uomo Nero?Seriamente: un tale polverone, fondato sulla nulla, servirebbe sostanzialmente a impedire che in Emilia Romagna, dopo 40 anni, possa governare qualcun altro, al posto del Pci-Pds-Ds-Pd? Ma l’alternanza, in teoria, non sarebbe il sale della democrazia? Non sono democratiche, le Sardine? Hanno paura, anche loro, degli elettori italiani? Sono le Marie Antoniette del terzo millennio, cucinate all’amatriciana, nel paese semiserio di Di Maio? Sono il riflesso tricolore della fobia per la democrazia manifestata dal supremo potere globalista neoaristocratico e dai suoi media di regime, spiazzati negli ultimi anni dalle proteste populiste? Domande retoriche, che Gioele Magaldi rilancia nel vuoto pneumatico della non-politica in cui sta affondando il paese. Penosa, la scialuppa di Conte e Zingaretti, con le sue euro-protesi ortopediche (Gualtieri, Gentiloni, Ursula-Sassoli). Pericolante navicella su cui sgomita Renzi, mentre gli effimeri 5 Stelle svaniscono come neve al sole. Tutti i sondaggi, intanto, decretano un unico verdetto: gli italiani oggi darebbero fiducia proprio a lui, l’orrendo Uomo Nero, in tandem con la sua collega romana e altrettanto tribunizia, Giorgia Meloni. Brrr, che paura: arrivano i fascisti?Questa la linea pletorica del Piave, su cui si accampa il branco delle Sardine. Parola d’ordine: volemose bene, morte al puzzone. «Cioè, fatemi capire: “morto” Salvini, i problemi dell’Italia sarebbero risolti?». Fondato nel 2015, il Movimento Roosevelt (di cui Magaldi è presidente) predica il ritorno alla sovranità della politica. Si spende – in modo trasversale – per spingere i partiti a ritrovare il loro posto nella storia: meglio se si spogliano dei loro panni di maggiordomi del potere finanziario. Da Milano, in un recente convegno, i “rooseveltiani” (tra cui l’economista Nino Galloni) hanno evocato il fantasma di Olof Palme, ineguagliato campione mondiale del welfare. Non sarebbe l’eroe perfetto, per le Sardine? A quanto pare, no: sembra non interessi, l’esplosivo cocktail tra diritti civili e diritti sociali. Cioè: ben venga l’accoglienza dei migranti, benché spacciata come unico surrogato di felicità obbligatoria, in un paese derubato da poteri superiori. Vogliamo dimenticare gli anziani impoveriti, che faticano ad arrivare alla fine del mese? O i giovani laureati costretti a fare i camerieri, se non a fuggire all’estero? Qui crollano i viadotti, si ferma l’Ilva. Disoccupazione, precarietà, rassegnazione: è il tragico declino del sistema-Italia, ma per Palazzo Chigi va tutto bene. Sardine, dove siete? Su che pianeta vivete?Pazzesco, dice Magaldi, l’endorsement del funesto Mario Monti: dove passa lui, non cresce più l’erba. Gli italiani lo ricordano cone un Attila in doppiopetto: è il boia che ha imposto la legge Fornero, il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio in Costituzione. Che c’azzecca, con le Sardine? E che dire della Pascale, ventriloqua di quel Cavaliere sempre pronto a qualsiasi inciucio, con chiunque, pur di garantirsi un posto al sole lasciando il paese sottomesso ai poteri neo-feudali che lo ricattano? Begli amici, care Sardine: ma chi siete, veramente? «Cosa volete? Non lo si è ancora capito (a parte la morte politica di Salvini, ovviamente). Se volessi scendere in piazza con voi, da semplice cittadino – domanda Magaldi – voi Sardine cosa mi proporreste, di preciso?». Le idee non mancherebbero. Tanto per cominciare, un’Unione Europea (quella di oggi, la Disunione Europea, è solo il comitato d’affari di potentati privati). Non c’è una Costituzione democratica, né un governo federale eletto dai popoli, tramite il Parlamento Europeo. Non c’è una politica estera comune. Non c’è nemmeno una politica fiscale: il Conte-bis si appresta a vessare ulteriormente il signor Rossi, mentre l’Ue ammette che Olanda e Lussemburgo restino paradisi fiscali dov’è più conveniente pagare le tasse, se ti chiami Fiat-Fca.E tutto questo le Sardine non lo sanno? Non lo capiscono, che il loro chiasso contro un falso obiettivo (Salvini) è un regalo favoloso per gli sfruttatori del Belpaese? Non si domandano il perché di tanta calorosa accoglienza, da parte di quei media che nel 2011 stesero un tappeto rosso al macellaio Monti? Quanto alla Lega, Magaldi non fa sconti: deve fare ancora tanta strada, l’ex Carroccio, se vuole davvero candidarsi ad aiutare l’Italia a rialzare la testa. «Se non altro – puntualizza il presidente del Movimento Roosevelt – Salvini ha almeno il merito di averci provato, a contestare lo status quo, attaccando il regime dello spread con l’aiuto dei suoi economisti keynesiani come Bagnai e Rinaldi». Certo non l’ha fatto Mattarella, che nel 2018 ha stoppato il professor Paolo Savona negandogli il ministero dell’economia. «Stiamo parlando di un ex ministro di Carlo Azeglio Ciampi, futuro presidente della Repubblica e, prima ancora, governatore di Bankitalia». A proposito: l’attuale capo della banca centrale, Ignazio Visco, ha lanciato l’allarme: il Mes potrebbe devastare le banche italiane e prosciugare i conti correnti. Dai palazzi del governo, silenzio. Idem dalle piazze: non è roba per Sardine, il Mes. In compenso, applausi a Mattarella dal lussuoso parterre milanese della lirica.Ma scusate, insiste Magaldi: «Che particolari meriti avrebbe, il capo della Stato? Ha silurato Savona, sostenendo di voler proteggere l’Italia dai mercati. E ora rieccoli, i mercati, in grande spolvero col Mes: la più grande minaccia per la finanza italiana e per i risparmiatori». Un trattato-capestro, «da respingere in blocco». Silenti le Sardine, chi si agita contro il Mes? Lui: Salvini. Ve lo figurate, un Mes, in un’Europa in cui ci fosse ancora un tipo come Olof Palme, fuoriclasse scandimavo dello Stato sociale? Era il vero leader carismatico dei socialisti europei: le Ilva svedesi le supportava coi soldi del governo, imponendo un management più vicino ai lavoratori. Socialismo liberale: assassinato – con Palme – nel 1986, a Stoccolma, proprio perché (sgombrato il campo dai progressisti, quelli veri) potesse nascere questo aborto di Ue, questa Eurozona infame e senza eurobond, in mano ai banchieri privati della Bce, unici sovrani di mezzo miliardo di persone. Arbitrio e business, senza democrazia, grazie anche al sangue di Olof Palme e di tutti gli altri combattenti, caduti nelle varie macellerie mediatiche, giudiziarie e criminali di quest’Europa tragica e ridicola. Ultima puntata della farsa: le Sardine in piazza contro Salvini. Insieme a Mario Monti, la Pascale e le Madamine Sì-Tav. Prosit: morte al leghista, e buon Natale a tutti.Ovazioni a Mattarella e piazze piene di Sardine. L’Italia? Minacciata dal Mes. Ma non ne parlano né il capo dello Stato, né i “pesciolini” che odiano Salvini. Che razza di cortocircuito è mai questo? Per quale motivo, peraltro, il presidente della Repubblica dovrebbe meritarsi un tributo circense, da impero romano, alla prima della Scala? E perché i ragazzi-sardina (coccolati dal massimo potere, giornali e televisioni) ora cianciano di buoni sentimenti, evitando però di citare qualsiasi rogna che affligga il paese, tacendo persino di fronte al letale Fondo Ammazza-Stati? Ragazzi per modo di dire, poi: perché, oltre ai Papa-Boys attesi a Roma per l’annunciata consacrazione politica del 14 dicembre, nell’acquario delle Sardine si tuffa felice l’arci-nemico degli italiani, Mario Monti, insieme a lady Francesca Pascale, domestica sodale di quello stesso Berlusconi fischiato per anni e demonizzato dagli antenati delle Sardine, Girotondini e Popolo Viola. Ancora: dal trampolino di Torino (città che riesce sempre a brillare di luce propria, in questa Italia al tramonto) nella piscina di lusso delle Sardine si accingono a sguazzare anche le Madamine Sì-Tav, tipico esempio sabaudo di rivoluzione colorata (di palazzo, anzi di salotto, e di strettissima osservanza Fiat-Pd). E tutto questo, per cosa? Per fermare l’Uomo Nero?
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La Fiat riapre, ma in Marocco. E Conte le regala 136 milioni
Sapete benissimo che la Fca, ex Fiat, non è più una società italiana, da anni. Ha la sede legale ad Amsterdam, in Olanda. Ha la sede fiscale nel Regno Unito e quindi paga le tasse a Londra, pur di non pagarle in Italia, ed è quotata alla Borsa di New York. Sapete anche che sta per fondersi, anzi per essere rilevata da una società francese di automotive, la Psa (Citroen-Peugeot), all’interno della quale c’è lo Stato francese. Ebbene, sapete che cosa ha fatto il ministero dello sviluppo economico, nella serata del 26 novembre? Attenti: per chi non paga le tasse in Italia, per chi ha portato all’estero le produzioni, per chi se ne fotte degli operai italiani (perché non gli dà lavoro, glielo sottrae, e li mette in cassa integrazione a spese non della Fiat, ma nostre), be’, il ministero dello sviluppo economico di questo governo ha stanziato 27 milioni di euro di agevolazioni per il gruppo Fca. Ripeto: agevolazioni per 27 milioni di euro. Ma l’investimento complessivo di questo accordo, che è stato firmato tra il ministero ed Fca, non prevede solo questi 27 milioni della prima tranche, ma ben 136,6 milioni di euro, tra il 2019 e il 2022. Quindi, tra pochi mesi, noi regaleremo un pacco di milioni a una società francese. E li stiamo già dando a una società che non paga neanche le tasse in Italia.I primi 27 milioni forniti dal ministero, hanno subito detto in una nota, serviranno all’acquisto di macchinari per l’aggiornamento degli impianti. Ma quanto ci vuole, per acquistare un macchinario, farlo arrivare e aggiornarlo? Ci vogliono un po’ di mesi. E tra poche settimane, questi soldi verrano dati a una società francese, la quale se ne sbatterà delle esigenze italiane e incasserà questi soldi. E attenzione: mentre arrivano questi nostri milioni, 27 subito e gli altri (fino a 136,6 milioni) entro il 2022, Fca ha annunciato che, insieme a Peugeot-Psa, apre una fabbrica italiana in… Marocco! Non in Basilicata o in Campania: in Marocco. E la notizia ha destato un grande entusiasmo da parte dell’industria, del commercio e dell’economia marocchina. Esulta il signor Moulay Hafid Elalamy, uomo d’affari marocchino: il Marocco si prende una nuova fabbrica della Fiat. A rivelarlo non sono giornali italiani, ma il quotidiano economico francese “Les Échos”. Ecco quindi una duplice beffa: abbiamo regalato dei milioni di euro ai francesi, i quali per tutta risposta – insieme al loro amico John Elkann – apriranno una fabbrica in Marocco.Questo è il massimo, se uno pensa alla famosa frase di Stefano Ricucci, “so’ capaci tutti de da’ i froci cor culo degli altri”: in questo caso con il nostro, e soprattutto con i soldi nostri. Complimenti quindi al ministro dello sviluppo economico, complimenti a John Elkann. E complimenti a tutti noi, che stiamo per pagare la seconda rata delle tasse, cui poi seguirà l’Imu, eccetera. Noi almeno le tasse in Italia le paghiamo, questi non le pagano: ammesso che lo facciano, le pagano a Londra o in Lussemburgo. Noi gli regaliamo 27 milioni di euro (anzi, in totale 136,6), e loro aprono lo stabilimento, con i francesi, in Marocco. Questo è il paese delle banane: non il Marocco, ma l’Italia. I 5 Stelle, ora di fronte anche al Mes? Mi meraviglio del fatto che un movimento che aveva promesso di aprire la scatoletta del tonno sia diventato più tonno del tonno. La cosa più incredibile è che si regalino milioni ad Fca proprio in un momento come questo.(Gigi Moncalvo, dichiarazioni rilasciate nella rubrica “Silenzio stampa” della trasmissione web-radio “Forme d’Onda” il 28 novembre 2019. L’attuale ministro dello sviluppo economico, citato da Moncalvo, è il grillino Stefano Patuanelli).Sapete benissimo che la Fca, ex Fiat, non è più una società italiana, da anni. Ha la sede legale ad Amsterdam, in Olanda. Ha la sede fiscale nel Regno Unito e quindi paga le tasse a Londra, pur di non pagarle in Italia, ed è quotata alla Borsa di New York. Sapete anche che sta per fondersi, anzi per essere rilevata da una società francese di automotive, la Psa (Citroen-Peugeot), all’interno della quale c’è lo Stato francese. Ebbene, sapete che cosa ha fatto il ministero dello sviluppo economico, nella serata del 26 novembre? Attenti: per chi non paga le tasse in Italia, per chi ha portato all’estero le produzioni, per chi se ne fotte degli operai italiani (perché non gli dà lavoro, glielo sottrae, e li mette in cassa integrazione a spese non della Fiat, ma nostre), be’, il ministero dello sviluppo economico di questo governo ha stanziato 27 milioni di euro di agevolazioni per il gruppo Fca. Ripeto: agevolazioni per 27 milioni di euro. Ma l’investimento complessivo di questo accordo, che è stato firmato tra il ministero ed Fca, non prevede solo questi 27 milioni della prima tranche, ma ben 136,6 milioni di euro, tra il 2019 e il 2022. Quindi, tra pochi mesi, noi regaleremo un pacco di milioni a una società francese. E li stiamo già dando a una società che non paga neanche le tasse in Italia.
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Il Mes e i Miserabili: come siamo caduti in basso, e perché
Ma che razza di paese siamo? Si sprecano commenti sul look del conducente, mentre qualcuno ha manomesso i freni del pullman, e non da oggi. Ancora stiamo lì a disputare sulle briciole miserabili del Mes, anziché rovesciare finalmente il banco? E’ un tavolo truccato, dove i bari si giocano a dadi il futuro dei popoli, parlando abusivamente a loro nome. Un teatro dell’assurdo, questa Unione Europea spacciata per Europa. Il club ha reclutato tra le sue comparse anche Giuseppe Conte, l’ex avvocato del popolo gialloverde: ricondotto all’ovile sorvegliato da figuranti di lungo corso come Paolo Gentiloni e David Sassoli, uno commissario Ue e l’altro presidente del Parlamento Europeo. Esponenti dell’immortale Pd, premiati dopo aver perso le elezioni e messi lì per assicurare ai dormienti l’eterno riposo. Finito nella bufera, e subito smentito dall’Eurogruppo (il Mes è già stato approvato, dicono i tecnocrati), il povero Conte ha balbettato in aula la sua tiepida versione sull’ultimo trattato-capestro, vendendolo come ancora negoziabile, e comunque nient’affatto “segreto” nella sua gestazione. Falso, lo smentisce il leghista Claudio Borghi: la scorsa estate, rivela, il testo è stato visionato solo di sfuggita, a Palazzo Chigi, da tre parlamentari leghisti e un emissario del grillino Fraccaro.«Non firmiamo niente», conclusero, dopo aver solo potuto guardare da lontano quelle 40 pagine, scritte in inglese, senza la possibilità di fotocopiarle. Alla faccia della sovranità parlamentare. L’ha ripetuto, Borghi, nella diretta web-streaming su ByoBlu con Claudio Messora e Francesco Toscano, poche ore dopo l’infuocata assise delle Camere: la bozza di revisione del micidiale Mes, i cui funzionari si pongono al di sopra di qualsiasi legge, non punibili in nessun caso, ha seguito la stessa procedura clandestina del Ttip, il trattato-fantasma concepito per scavalcare i governi e lasciare alle multinazionali l’ultima parola sui contenziosi con gli Stati. Qui è ancora peggio, rincara Borghi: almeno, l’accesso formale al testo del Ttip (sempre in inglese, non fotografabile neppure con lo smartphone) era previsto dall’agenda. Invece, quei 40 fogli del Mes-2 sarebbero stati esibiti la scorsa estate solo per gentile concessione di Conte, in imbarazzo con i suoi azionisti di riferimento, Lega e 5 Stelle. Uno strappo alla regola: in base al rigido protocollo, le informazioni riservatissime sul rinnovato Meccanismo Europeo di Stabilità, in teoria, si sarebbero dovute limitare unicamente al premier, assistito d’ufficio dal solo ministro dell’economia (all’epoca, Giovanni Tria).Citato da Salvini nella sua requisitoria in aula contro Conte, l’esperto Guido Salerno Aletta, di “Milano Finanza”, conferma l’allarme già lanciato da Antonio Patuelli dell’Abi e, ancor più autorevolmente, dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. E cioè: se l’Italia fosse costretta a ricorrere al Mes, il nuovo Fondo potrebbe chiedere in cambio pesantissime “condizionalità”, inclusa la “ristrutturazione” del debito. Tradotto: le banche, detentrici dei titoli di Stato, potrebbero attingere direttamente ai conti correnti degli italiani. In alternativa, il governo dovrebbe imporre una patrimoniale. Lo conferma, sempre a “ByoBlu”, un tecnocrate come Carlo Cottarelli: per l’Italia il rischio è serio, visto l’attuale sistema di finanziamento (titoli di Stato, con moneta non sovrana) e un debito che galleggia oltre il 130% del prodotto interno lordo. Il documento, infatti, prevede che tutto vada liscio solo per i paesi con un debito non superiore al 60% del Pil, in linea con la “teologia” di Maastricht. Problema: le regole del rigore, pensate trent’anni fa per un’Europa in crescita, si sono scontrate con la realtà della stagnazione, riuscendo solo ad aggravare la crisi e condannare intere economie. E oggi, nel 2019, ancora si insiste con una ricetta perversa e socialmente devastante, votata alla rovina generale?“Non venitemi a dire che non lo sapevate”, è la fragile autodifesa di Conte, che tenta di coinvolgere Salvini e Di Maio, entrambi vicepremier all’epoca dell’incubazione del Mes-2. Vero a metà, a quanto pare: da un lato, il capo della Lega e il portavoce dei 5 Stelle non hanno mai rigettato, a prescindere, la prospettiva dell’ex Fondo salva-Stati. Dall’altro, però, si erano riservati di analizzarlo in modo approfondito. Salvo scoprire, oggi, che il Mes avrebbe viaggiato in clandestinità: un piatto avvelenato, da servire ai Parlamenti solo a cose fatte. E qui, Conte traballa. Accusato frontalmente da Salvini e Giorgia Meloni, è isolato dalla freddezza di Di Maio: i 5 Stelle potrebbero ribellarsi e staccare la spina al governo, pur di bloccare il fondo “ammazza-Stati”? Se il Pd e i renziani fanno quadrato attorno all’attuale titolare dell’economia, cioè il tecnocrate Roberto Gualtieri (creatura di Buxelles), dalla sinistra si sfila “Liberi e Uguali”: per Stefano Fassina, già viceministro di Enrico Letta, l’Italia deve rispedire al mittente, rifiutandosi di approvarlo, questo pericoloso congegno a orologeria.Conte avrebbe già dato il suo ok, all’insaputa di tutti? Malissimo: proprio su questo sembra giocarsi la sopravvivenza del professor-avvocato a Palazzo Chigi, incalzato dalla Lega che si prepara alla mobilitazione popolare, a suon di firme, prima ancora di valutare una mozione di sfiducia, nel caso in cui una frangia dei 300 parlamentari grillini prendesse le distanze da quello che, sulla carta, si presenta come il più insidioso attentato alle tasche degli italiani. Mesi fa, un ex analista dell’intelligence come Fausto Carotenuto aveva confessato: «Temo il Conte-bis, la sua debolezza politica ne farà lo strumento perfetto per l’élite europea intenzionata a farci del male». Oggi, di fronte alla rissa parlamentare sull’ipotetico Fondo Monetario Europeo, un osservatore privilegiato come Gioele Magaldi, massone progressista e presidente del Movimento Roosevelt, allarga decisamente l’orizzonte: ma ci rendiamo conto, dice, di cosa stiamo parlando? Lo capiamo, per quale motivo siamo finiti così in basso? Vogliamo deciderci a vederlo, il problema? Alzi la mano chi sa spiegarsi, precisamente, per quale motivo la moneta (europea) è diventata qualcosa da mendicare, da prendere in prestito a caro prezzo, lasciando in pegno interi paesi (e ora, magari, anche il patrimonio di milioni di cittadini).Chiarisce l’economista Nino Galloni, che del Movimento Roosevelt è vicepresidente: ci rendiamo conto che l’Italia ha sì un enorme debito pubblico, ma in compenso vanta un debito privato irrisorio e un ingentissimo patrimonio fatto di risparmi, di capitali e immobili, a garanzia del sistema economico nazionale? E perché allora il rating delle agenzie, adottato da Bruxelles come unico parametro, considera solo il debito contabile dello Stato? Chiedetelo a Prodi, taglia corto un altro “rooseveltiano” come Gianfranco Carpeoro: fu il professore di Bologna, osannato come salvatore della patria dopo aver sfasciato l’Iri che sorreggeva l’industria italiana, a genuflettersi ai signori dell’euro, rinunciando a far pesare il valore reale dell’Italia. Quanto agli eurocrati, un grande imprenditore come Fabio Zoffi, che opera in Germania, ha avuto il coraggio di sbugiardare i guardiani dell’austerity altrui: al “Giornale” ha ricordato che Berlino, mediante svariati artifici contabili, omette enormi cifre nel computo del deficit. Il debito tedesco (quello reale) sarebbe il doppio di quello italiano. Attenzione, avverte Zoffi: proprio grazie al super-debito, sia pure occulto, la Germania funziona meglio dell’Italia. Ergo: anziché tagliare la spesa, perché non allargarla? Il famoso tetto del 3% non è certo una legge economica: è solo un diktat politico-ideologico, che ha finora depresso l’economia.Né si creda che sia intelligente prendersela col signor Franz, dice da parte sua il comunista Marco Rizzo, consultato sempre da Messora: il popolo tedesco non ha idea di quello che combina, alle sue spalle, l’élite che lo governa. Vale per tutti gli altri, inclusi i francesi. La soluzione? Sincronizzare i popoli, coalizzarli contro questa oligarchia che ha privatizzato la moneta. Da tutt’altro versante, quello social-liberale, Gioele Magaldi (in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”), punta il dito contro lo scandaloso dumping fiscale, su cui nessuno fiata: «Che Europa è mai questa, dove si consente che in paesi come l’Olanda e il Lussemburgo sia più conveniente pagare le tasse?». Risultato: l’emorragia di entrate fiscali (Fiat docet), grazie alla fuga delle grandi aziende. Su questo, niente da ridire? Meglio la piccola crociata, vagamente infame, contro l’idraulico che lavora in nero? E i media che fanno, continuano a dormire? Marco Travaglio, addirittura, s’è messo ad incensare Conte: «Saprebbe indicare, Travaglio, un solo illuminante atto di governo che abbia contraddistinto il premier, da quando è a Palazzo Chigi, con l’unica evidente intenzione di restarvi il più a lungo possibile, non importa come, obbedendo ai politici che contano in Europa, anche a scapito degli italiani?».Mai stato tenero, Magaldi, nemmeno con Lega e 5 Stelle. L’accusa: dovevano almeno avviare il cambiamento promesso. «Invece si sono limitati alle chiacchiere: esattamente come Renzi, proprio per questo scaricato a suo tempo dagli elettori». Renzi s’era rimesso in pista, ma ora è stato speronato dalle inchieste sul finanziamento della fondazione Open. «Giusto che la magistratura indaghi, ma senza far politica su questo: ipocrita pensare che i partiti vivano d’aria. Ma sopprattutto: Renzi va bocciato politicamente, perché per l’Italia non ha fatto nulla». Oggi, il mostro ha le sembianze del Mes. E prima ancora: Trattato di Maastricht e Trattato di Lisbona, Fiscal Compact, pareggio di bilancio in Costituzione. «Io sono ultra-europeista», dice Magaldi, «ma intendiamoci: un’Unione Europea non è mai esistita». Chi l’ha detto, ad esempio, che a decidere tutto sia la Bce, non controllata da politici, a loro volta tenuti a rispondere agli elettori? Ora siamo all’apice dell’aberrazione: anziché un ente prestatore di ultima istanza, deputato a finanziare gli Stati in modo virtualmente illimitato, si darebbe vita allo strozzinaggio istituzionale di un organismo ancora meno democratico, super-bancario, abilitato a ricattare popoli scavalcando definitivamente i governi.Al di là di come andrà a finire la miserabile vicenda Mes, incluso lo scaricabarile tra politici, Magaldi sintetizza: tutta quella robaccia va stracciata e riscritta da zero. E’ che ora di svegliarsi, tutti, ma per davvero. Le piccole Sardine? Si decidano: chiedano conto della situazione a chi comanda davvero, in Italia. I sovranisti? Vicolo cieco: a che serve trincerarsi entro i confini, quando è Bruxelles che detiene le leve strategiche, le regole che condizionano l’economia? Vale anche per i rossobruni di Vox Italia: l’oligarchia non ha nulla da temere, da chi rifiuta la battaglia continentale. La risposta? Democrazia, da imporre ai gerarchi dell’Ue. In pillole: «L’Italia sta crollando: viadotti che cadono, scuole a pezzi. Disoccupazione, tasse altissime, aziende che non vengono pagate. Servono 200 miliardi, per rimettere in corsa il paese». E si pensa di elemosinarli al Mes, mettendosi al collo il cappio degli usurai? Non è questione di virgole o di percentuali, insiste Magaldi: c’è da far saltare tutto. Cambiare le regole, da cima a fondo. Primo: «Un’Europa democratica, con la sua Costituzione, e un governo federale finalmente eletto dal Parlamento Europeo». Secondo: «Una banca centrale che emetta eurobond, e sostenga in modo illimitato i debiti pubblici, mettendo fine al ricatto dello spread». O così, o moriremo: malati di Mes, o si qualsiasi altro morbo letale fabbricato in provetta, nei laboratori segreti che hanno sabotato la democrazia per dare vita a questo morto vivente, questo zombie travestito da Sacro Romano Impero, senza più cittadini ma soltanto sudditi.Ma che razza di paese siamo? Si sprecano commenti sul look del conducente, mentre qualcuno ha manomesso i freni del pullman, e non da oggi. Ancora stiamo lì a disputare sulle briciole miserabili del Mes, anziché rovesciare finalmente il banco? E’ un tavolo truccato, dove i bari si giocano a dadi il futuro dei popoli, parlando abusivamente a loro nome. Un teatro dell’assurdo, questa Unione Europea spacciata per Europa. Il club ha reclutato tra le sue comparse anche Giuseppe Conte, l’ex avvocato del popolo gialloverde: ricondotto all’ovile sorvegliato da figuranti di lungo corso come Paolo Gentiloni e David Sassoli, uno commissario Ue e l’altro presidente del Parlamento Europeo. Esponenti dell’immortale Pd, premiati dopo aver perso le elezioni e messi lì per assicurare ai dormienti l’eterno riposo. Finito nella bufera, e subito smentito dall’Eurogruppo (il Mes è già stato approvato, dicono i tecnocrati), il povero Conte ha balbettato in aula la sua tiepida versione sull’ultimo trattato-capestro, vendendolo come ancora negoziabile, e comunque nient’affatto “segreto” nella sua gestazione. Falso, lo smentisce il leghista Claudio Borghi: la scorsa estate, rivela, il testo è stato visionato solo di sfuggita, a Palazzo Chigi, da tre parlamentari (di cui due leghisti) e un emissario del grillino Fraccaro.
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Sapelli: all’Italia servono l’Ilva e una Lega non più anti-Ue
Mai come in questo momento l’Italia ha bisogno della produzione di Taranto. Perché quegli acciai piani sono, qualitativamente, tra i migliori al mondo. Perché, in un paese fatto di piccole e medie imprese, coprono il 70% del fabbisogno nazionale a un prezzo inferiore rispetto all’oligopolio internazionale. E perché servono a costruire i rapporti con la Mesopotamia, ossia la Siria e l’Iraq ma anche la Libia, e per ricucirci un nuovo ruolo in Europa. Il problema più urgente sembra che per Mittal sia il cattivo affare di un’azienda che perde 2 milioni al giorno? E per il governo quello di arrivare a un compromesso (l’entrata di Cdp, l’accettazione di una parte degli esuberi)? Il governo non mi pare che sia all’altezza. Perché non ha le competenze, e perché nel suo stesso interno ha una forte componente antiindustriale, a sua volta divisa in un’ala esoterica dei 5 Stelle, che vede qualunque elemento d’industria come una connotazione del male, e in un’altra, non necessariamente ambientalista ma legata a certa concezione ideologica del capitalismo.Dati i suoi stabilimenti nel resto d’Europa, Mittal si è buttata su Ilva non per salvarla, ma per chiuderla? Finora, questo tipo di strategia, i grandi investitori tendono raramente a perseguirla. In molti casi, come General Electrics e Avio, si sono sempre mantenuti gli impianti produttivi. E, a dirla tutta, nel lungo periodo, non vedo in giro una sovracapacità produttiva dell’acciaio, anzi. E se ne ha bisogno anche per ragioni strategiche industriali verso l’Africa. Ma di cosa ci stupiamo ora, quando a Venezia assistiamo tranquillamente ogni giorno al transito delle grandi navi a due passi da piazza San Marco? È un atteggiamento italiano. Come il fatto che continuiamo a non avere la separazione delle carriere in magistratura, una giustizia che è quello che è, un apparato tecnocratico abnorme. Dovremmo finirla di fare gli ipocriti. Si parla tanto di investimenti in infrastrutture. Ma se si esclude un accenno alla “golden rule” (lo scorporo dal calcolo del deficit, appunto, degli investimenti pubblici), il governo, almeno sulla carta, ci sta mettendo meno di 1 miliardo. Si cresce, così? Paolo Savona, che è un tecnico inoppugnabile, parla di un alto numero di opere pubbliche già cantierizzate. Mi domando, dato che per esse i soldi sono già stati stanziati, perché non vadano avanti.Il ministro dell’economia Gualtieri conta molto sul decreto fiscale, sulle tasse ecologiche e sul fatto che l’Europa ci dia flessibilità per 12-14 miliardi. Troppo timido e ottimista? Gualtieri è persona molto competente, è uno storico che ha scritto una bella tesi sull’Europa e ha la fortuna di non essere un economista con la testa riempita di sciocchezze. Ma rischia di avere una spiccata visione della manovra influenzata da ideologie del passato, diciamo così. Cos’ho pensato quando si è tornato a parlare di Alitalia? Con Alitalia la situazione non è inedita. Eppure si era arrivati, fondamentalmente, ad un ottimo contratto. Ma i sindacati hanno fatto votare anche i non iscritti (ma come si fa?) e quel contratto è stato respinto. A questo punto bisognerebbe aprire un dibattito pubblico su domande fondamentali: interessa davvero conservare l’italianità? O meglio, un rilancio di proprietà straniera in cui solo la sede legale e produttiva rimangano in Italia? E le risposte non sono semplici, specie considerando che siamo il paese in cui l’alta velocità sulla tratta ferroviaria Milano-Roma ha, di fatto, distrutto la tratta aerea; o dove s’ è scelto di usare Malpensa invece di optare per l’aeroporto di Verona. E posso andare avanti…Una notte, nel 2018, mi proposero di fare il presidente del Consiglio. Semplicemente, un amico mi chiese di mettermi a disposizione per Palazzo Chigi. Siccome io sono piemontese, con un alto senso dello Stato, l’ho fatto. La prospettiva di impedire che Di Maio diventasse premier mi avrebbe spinto a fare qualunque cosa. Il governo reggerà fino alla legge di bilancio? Della manovra interessa a pochi. In realtà i partitelli appena nati, ma anche tutti gli altri, stanno aspettando le nomine degli enti pubblici (circa 500) per applicare lo spoil system e “bassaninizzare” la pubblica amministrazione. E la Lega? Penso che Lega abbia degli ottimi amministratori locali e lavori egregiamente sul territorio. Ma la sua vera strategia per fare la differenza è quella di liberarsi dei suoi estremismi e abbracciare l’Europa. Deve parlare con la Merkel e con quelli che lì contano. Io non concepisco l’idea di sovranismo se non nell’ottica filosofica di Jean Bodin («potere assoluto e perpetuo dello Stato» nell’ambito della tolleranza e della libertà religiosa).(Giulio Sapelli, dichiarazioni rilasciate nell’ambito dell’intervista “La profezia sull’Ilva: salvarla è vitale, ma il governo non è all’altezza”, realizzata da Francesco Specchia per “Libero” il 19 novembre 2019).Mai come in questo momento l’Italia ha bisogno della produzione di Taranto. Perché quegli acciai piani sono, qualitativamente, tra i migliori al mondo. Perché, in un paese fatto di piccole e medie imprese, coprono il 70% del fabbisogno nazionale a un prezzo inferiore rispetto all’oligopolio internazionale. E perché servono a costruire i rapporti con la Mesopotamia, ossia la Siria e l’Iraq ma anche la Libia, e per ricucirci un nuovo ruolo in Europa. Il problema più urgente sembra che per Mittal sia il cattivo affare di un’azienda che perde 2 milioni al giorno? E per il governo quello di arrivare a un compromesso (l’entrata di Cdp, l’accettazione di una parte degli esuberi)? Il governo non mi pare che sia all’altezza. Perché non ha le competenze, e perché nel suo stesso interno ha una forte componente antiindustriale, a sua volta divisa in un’ala esoterica dei 5 Stelle, che vede qualunque elemento d’industria come una connotazione del male, e in un’altra, non necessariamente ambientalista ma legata a certa concezione ideologica del capitalismo.
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Galloni: il Mes è una follia, ma il tradimento risale al 1981
Alto tradimento, da parte di Giuseppe Conte, se ha firmato un accordo segreto sul Mes che espone gli italiani al rischio di dover sostenere di tasca propria l’eventuale “ristrutturazione” del debito pubblico? «Se Conte avesse stipulato un patto segreto contro il suo paese, il reato di alto tradimento dovrebbe essere accertato dai magistrati competenti». Lo afferma l’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, richiamando l’allarme lanciato da Paolo Becchi. Per Galloni, «Becchi ha sollevato una questione reale, ma il problema – sottolinea – è dimostrare che questi accordi ci siano stati». In ogni caso, aggiunge, «le grandi decisioni di politica economica, come il divorzio del 1981 tra Tesoro e Bankitalia, non sono mai passate per il Parlamento». Galloni sgombra il campo da un equivoco: non è stata “l’Europa” a mettere nei guai l’Italia. E’ stata la classe dirigente italiana a smontare l’industria pubblica e svendere quella privata. «A quel punto, Francia e Germania hanno fatto dell’Italia una colonia a vantaggio dei loro interessi», ma solo dopo la decisione dell’Italia di rinunciare a valorizzare il proprio grande potenziale economico.A Galloni, il Mes sembra «una follia», letteralmente: «Dato che il credito privato è più elevato del debito pubblico, allora i privati pagheranno la differenza?». Assurdo, visto che «chi compra i titoli di debito sta dando risorse allo Stato». Quanto ex Fondo salva-Stati, ora Meccanismo Europeo di Stabilità (creato per assicurare fondi ai governi, nel caso il mercato non comprasse i bond), Galloni è netto: «Non si può decretare la depenalizzazione per un istituto come il Mes», i cui funzionari non rispondono alle leggi dei paesi membri. «Casomai, gli Stati avrebbero dovuto accordarsi sull’istituzione di un tribunale penale europeo per le questioni monetarie, finanziarie e tributarie», sostiene l’economista. «Sarebbe stato coerente con la Costituzione italiana, laddove parla di limitazioni della sovranità (ma certo non contro la logica del diritto, depenalizzando reati commessi da qualcuno che è al di sopra della legge)». Aggiunge Galloni: «Se tutta questa manfrina sul Mes serve a introdurre nel sistema la categoria del “legibus solutus”, cioè del sovra-sovrano, è chiaro che siamo tornati indietro dal punto di vista della civiltà».Il problema però non è di oggi, ricorda Galloni: innanzitutto, «i partner Ue hanno sottoscritto accordi basati su parametri che non tenevano conto del fatto che l’economia potesse andare male: si riteneva che l’Ue e l’euro, di per sé, avrebbero garantito una crescita costante, attorno al 2% annuo». Poi c’è stata la doccia fredda del 2009, eppure le premesse allarmanti non mancavano: i tassi di sviluppo negli anni ‘70 erano altissimi, ma sono calati già negli anni ‘80. Negli anni ‘90 sono ulteriormente scesi, e così negli anni duemila, fino a crollare negli ultimi anni. L’economia è in crisi, ma i parametri Ue sono ancora quelli della crescita presunta. «In base al principio “ad impossibilia nemo tenetur”, questi parametri sono annullabili». In una situazione recessiva, che senso ha limitare ancora il deficit al 3% del Pil, e il debito pubblico al 60% del prodotto interno lordo? «Non si era prevista una situazione di crisi e recessione? Male: allora l’accordo era mal fatto, quindi bisogna modificarlo».Comunque, ragiona Galloni, «riguardo al parametro debito-Pil, quelli che firmarono per l’Italia ai tempi di Maastricht non lo sapevano, che il debito italiano aveva superato il Pil già da anni? Perché sono andati a firmare che il debito pubblico doveva scendere sotto il 60%, quando già era al 115%?». Secondo l’economista, «sarebbe stato meglio dire: debito pubblico e debito privato non possono superare il 400%». In quel caso, oltretutto, noi italiani «saremmo “virtuosi” insieme alla Germania, mentre oggi tutti gli altri paesi sono oltre il 400%, se si somma il debito dello Stato a quello delle famiglie e delle imprese». In altre parole, «noi siamo le pecore nere solo per il debito dello Stato, ma si sa che grossomodo il debito pubblico corrisponde alla ricchezza privata». Vie d’uscita, a parte le polemiche sul Mes? Per Galloni, «qui bisogna mettersi intorno a un tavolo seriamente – Italia, Francia e Germania in primis – e dire: rispettiamo solo i parametri che abbiano un senso (e questi non ne hanno: lo sanno pure i sassi). E che siano parametri espressi da organi che sanno di cosa stanno parlando, e non da politici che vanno a svendere i loro paesi».(Fonte: video-intervento di Nino Galloni su YouTube registrato con Marco Moiso il 20 novembre 2019).Alto tradimento, da parte di Giuseppe Conte, se ha firmato un accordo segreto sul Mes che espone gli italiani al rischio di dover sostenere di tasca propria l’eventuale “ristrutturazione” del debito pubblico? «Se Conte avesse stipulato un patto segreto contro il suo paese, il reato di alto tradimento dovrebbe essere accertato dai magistrati competenti». Lo afferma l’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, richiamando l’allarme lanciato da Paolo Becchi. Per Galloni, «Becchi ha sollevato una questione reale, ma il problema – sottolinea – è dimostrare che questi accordi ci siano stati». In ogni caso, aggiunge, «le grandi decisioni di politica economica, come il divorzio del 1981 tra Tesoro e Bankitalia, non sono mai passate per il Parlamento». Galloni sgombra il campo da un equivoco: non è stata “l’Europa” a mettere nei guai l’Italia. E’ stata la classe dirigente italiana a smontare l’industria pubblica e svendere quella privata. «A quel punto, Francia e Germania hanno fatto dell’Italia una colonia a vantaggio dei loro interessi», ma solo dopo la decisione dell’Italia di rinunciare a valorizzare il proprio grande potenziale economico.
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Della Luna: la lotta all’odio nasconde la schiavitù per debiti
«Le persistenti campagne istituzionali e mediatiche contro l’espressione di idee e sentimenti di odio, razzismo, nazismo, fascismo, stanno producendo effetti contrari a quelli dichiarati, cioè stimolano e confermano nella gente proprio quelle idee e quei sentimenti». Secondo Marco Della Luna, «la gente sembra percepire che si tratta di montature strumentali ed esagerazioni isteriche adoperate dalla casta e dai suoi ‘intellettuali’ per non parlare dei mali veri e presenti, di cui essa è responsabile: disoccupazione, impoverimento, continua perdita di efficienza, di prospettive, e i continui fallimenti di governanti incapaci e falsi». Per l’avvocato e saggista, autore di “Euroschiavi”, la causa di questi mali socio-economici italiani sta in alcuni precisi fattori di moneta e mercato: l’Italia è inserita in un sistema in cui, partendo da condizioni di svantaggio in quanto a debito pubblico e liquidità di sistema, deve competere con paesi più efficienti, con un cambio monetario bloccato (cioè senza poter svalutare la propria moneta per recuperare competitività), subendo un mercato commerciale non protetto da barriere doganali. Impossibile limitare la fuga di capitali, né concedere aiuti di Stato alle proprie industrie, tentate di vendersi agli stranieri o emigrare all’estero.L’Italia deve competere «sottostando al potere legislativo, fiscale e politico di un’Unione Europea diretta proprio dai paesi competitori controinteressati (che adattano le regole ai propri interessi), e senza nemmeno il meccanismo federale della condivisione del debito pubblico con redistribuzione dei surplus verso le aree in difficoltà (come avviene negli Usa)». Ovvio che, in queste condizioni, per Della Luna «l’Italia non ha speranze di risanarsi e risollevarsi: è matematicamente spacciata, chiunque sia al governo, e la gente starà sempre peggio, sarà sempre più povera, più tassata, più privata di servizi, più esclusa dalle decisioni, più gestita da investitori e decisori stranieri». A un livello più profondo e globale, di cui non si parla nei mass media, la causa dei mali economici è sempre nel sistema monetario, ma in un senso ulteriore: «Per scambiare i beni e i servizi che producono, i soggetti economici (persone, aziende, enti pubblici) sono costretti a servirsi, prendendola a prestito contro interesse, di moneta», la quale «è prodotta (a costo zero) in regime di monopolio da un cartello bancario in mano a poche persone».Dato che tutta la moneta è immessa nel mercato come prestito (debito) soggetto a interesse composto, costantemente deve essere presa a prestito ulteriore moneta. Questo rende i produttori di ricchezza reale, nell’insieme (quindi anche la società nel suo complesso e lo Stato stesso) sempre più indebitati verso i produttori di moneta, sia in termini di capitale che in termini di interessi, «finché il debito capitale espropria tutto il risparmio e gli interessi espropriano tutto il reddito, e si finisce a lavorare come schiavi per pagare gli interessi su un debito inestinguibile». L’obiettivo del capitalismo neoliberista, cioè il modello dominante e adottato dalla Ue, «è la generale schiavitù per debito, e ci siamo vicini», sostiene della Della Luna. «Questo esito viene accelerato dai banchieri con le note manovre di “pump and dump”, cioè di allargamento-restringimento del credito, organizzati ad arte: le bolle di mercato». Ovviamente, la posizione di monopolio dei “padroni della moneta” è tutt’uno con una posizione di potere politico «soprastante a quello dei governi e dei parlamenti (e di potere culturale soprastante a quello dell’accademia)».Matematico: «Uno Stato che, per funzionare (per finanziarsi), dipende da una moneta che non controlla e che gli deve essere prestata da speculatori internazionali privati, riceve la politica economica ed estera da questi medesimi speculatori come condizionalità: non ha alcuna autonomia decisionale sostanziale». Questo tipo di Stato, osserva Della Luna, non fa neppure più le privatizzazioni: è già esso stesso privatizzato. Essenzialmente, «non è al servizio dei cittadini e non li può rappresentare, bensì è al servizio dei suoi finanziatori, che lo usano come schermo e capro espiatorio per deresponsabilizzarsi dei mali che essi causano alle popolazioni nel perseguire i propri interessi e disegni globali». Per queste ragioni, il modello socioeconomico in atto è imposto senza alternative. «Il sovranismo, il populismo, il socialismo, la dottrina sociale della Chiesa, come ogni critica del suddescritto modello di potere monetario sulla politica, possono aver successo sul piano teorico, ma non hanno alcuna possibilità di affermarsi su quello politico e concreto», perché per farlo dovrebbero abbattere, su scala perlomeno continentale, «un sistema immensamente potente di interessi contrari».Consci di ciò, Salvini e di Maio, che erano partiti da posizioni incompatibili con alcuni aspetti (peraltro secondari) del sistema, «avvicinandosi al potere si sono ravveduti e allineati ideologicamente ad esso, dichiarandosi per l’euro, per l’Unione Europea e per la sua dottrina economica». Inutile illudersi che la politica – almeno, quella in campo oggi, con l’attuale offerta elettorale – possa davvero risollevare le sorti di un paese come l’Italia, da decenni costretto all’avanzo primario: lo Stato incamera con le tasse più soldi di quanti ne spenda per famiglie e aziende, in termini di servizi. Un siffatto sistema di dominio, conclude Della Luna, «potrà cadere solo per effetto di una rottura interna, oppure di una catastrofe globale climatica o geofisica o biologica o bellica». Ma la sua naturale evoluzione, che l’autore ha descritto nel saggio “Tecnoschiavi”, ormai procede «verso la tecnocrazia assoluta, zootecnica».«Le persistenti campagne istituzionali e mediatiche contro l’espressione di idee e sentimenti di odio, razzismo, nazismo, fascismo, stanno producendo effetti contrari a quelli dichiarati, cioè stimolano e confermano nella gente proprio quelle idee e quei sentimenti». Secondo Marco Della Luna, «la gente sembra percepire che si tratta di montature strumentali ed esagerazioni isteriche adoperate dalla casta e dai suoi ‘intellettuali’ per non parlare dei mali veri e presenti, di cui essa è responsabile: disoccupazione, impoverimento, continua perdita di efficienza, di prospettive, e i continui fallimenti di governanti incapaci e falsi». Per l’avvocato e saggista, autore di “Euroschiavi”, la causa di questi mali socio-economici italiani sta in alcuni precisi fattori di moneta e mercato: l’Italia è inserita in un sistema in cui, partendo da condizioni di svantaggio in quanto a debito pubblico e liquidità di sistema, deve competere con paesi più efficienti, con un cambio monetario bloccato (cioè senza poter svalutare la propria moneta per recuperare competitività), subendo un mercato commerciale non protetto da barriere doganali. Impossibile limitare la fuga di capitali, né concedere aiuti di Stato alle proprie industrie, tentate di vendersi agli stranieri o delocalizzarsi scappando all’estero.